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Sommario del 10/02/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus sottolinea che il significato della Quaresima è quello di guardare il male in faccia e lottare contro i suoi effetti e le sue cause, fino alla causa ultima, che è satana
  • Domani la Chiesa celebrerà la memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, nel 150.mo anniversario della prima apparizione della Madonna a Bernadette
  • Riscoprire nel silenzio la parola profonda di Dio e dell’uomo: la riflessione di mons. Ravasi sull’invito del Papa per il periodo quaresimale
  • Si devono trasmettere i giusti valori dell'esistenza: così il cardinale Stanislaw Rylko a conclusione del convegno “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza”
  • Oggi in Primo Piano

  • L'Italia commemora le vittime delle foibe. Intervista con la professoressa Licia Cossetto, sopravvissuta all’eccidio
  • Road map per la riconciliazione e la ricostruzione della Somalia stilata dalla società civile e dalla diaspora
  • Accanto ai bisognosi e ai poveri di Roma: la realtà dell’Ostello Caritas, raccontata dalla sua responsabile Roberta Molina
  • Chiesa e Società

  • I vescovi turchi si mobilitano per la celebrazione dell’Anno Paolino
  • In Turchia, il parlamento approva gli emendamenti che abrogano il divieto del velo nelle università
  • Francia: si celebra oggi la Giornata di sensibilizzazione per il rincaro dei prezzi delle case parigine, promossa dalla diocesi di Nanterre
  • Incontro tra i segretari delle Conferenze episcopali tedesca e polacca
  • In Rwanda ed Etiopia, importanti risultati contro la malaria
  • In Vietnam, gruppi di volontari cattolici aiutano poveri e ammalati
  • India: assemblea plenaria dei vescovi per promuovere il ruolo della donna, nella Chiesa e nella società
  • In India, la prima trasmissione tele-evangelica in lingua hindi
  • Nella diocesi di Perugia-Città della Pieve, campagna di raccolta di viveri da destinare a circa 20 mila bambini delle Ande peruviane
  • 24 Ore nel Mondo

  • Negli Stati Uniti prosegue la corsa per la nomination alla Casa Bianca
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus sottolinea che il significato della Quaresima è quello di guardare il male in faccia e lottare contro i suoi effetti e le sue cause, fino alla causa ultima, che è satana

    ◊   “Entrare in Quaresima significa rinnovare la decisione personale e comunitaria di affrontare il male insieme con Cristo”. E’ quanto afferma il Papa all’Angelus ricordando anche che la via della Croce è “l'unica che conduce alla vittoria dell'amore sull'odio, della condivisione sull'egoismo, della pace sulla violenza”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
     
    Il Papa all’Angelus, dopo aver ricordato che mercoledì scorso, con il digiuno ed il rito delle ceneri, siamo entrati nella Quaresima, pone una domanda: cosa significa “entrare in Quaresima” e come si deve vivere questo tempo che precede la festa della Pasqua? Il Santo Padre risponde indicando nella lotta contro il male la strada da seguire:

    “Significa iniziare un tempo di particolare impegno nel combattimento spirituale che ci oppone al male presente nel mondo, in ognuno di noi e intorno a noi. Vuol dire guardare il male in faccia e disporsi a lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è satana”.

    Il significato della Quaresima – aggiunge poi Benedetto XVI – è anche quello di rendere il senso di responsabilità un orientamento imprescindibile:

    “Significa non scaricare il problema del male sugli altri, sulla società o su Dio, ma riconoscere le proprie responsabilità e farsene carico consapevolmente. A questo proposito risuona quanto mai urgente, per noi cristiani, l’invito di Gesù a prendere ciascuno la propria ‘croce’ e a seguirlo con umiltà e fiducia”.

    La Croce – afferma quindi il Papa – “non è sinonimo di sventura, di disgrazia da evitare il più possibile, ma opportunità per porsi alla sequela di Gesù e così acquistare forza nella lotta contro il peccato”:

    “La Via della Croce è infatti l’unica che conduce alla vittoria dell’amore sull’odio, della condivisione sull’egoismo, della pace sulla violenza. Vista così, la Quaresima è davvero un’occasione di forte impegno ascetico e spirituale fondato sulla grazia di Cristo”.

     
    L’inizio della Quaresima – sottolinea inoltre il Santo Padre – coincide con il 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes. Quattro anni dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione da parte del beato Pio IX, Maria si mostrò per la prima volta l’11 febbraio del 1858.

    “Il messaggio che la Madonna continua a diffondere a Lourdes richiama le parole che Gesù pronunciò proprio all’inizio della sua missione pubblica e che noi riascoltiamo più volte in questi giorni di Quaresima: “Convertitevi e credete al Vangelo”, pregate e fate penitenza. Accogliamo l’invito di Maria che fa eco a quello di Cristo e chiediamoLe di ottenerci di 'entrare' con fede nella Quaresima, per vivere questo tempo di grazia con gioia interiore e generoso impegno”.

    Benedetto XVI ha ricordato poi che domani, memoria della Madonna di Lourdes, si celebrerà la Giornata del Malato. Dopo aver salutato i pellegrini che si recheranno domani nella Basilica di San Pietro, guidati dal presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, cardinale Lozano Barragán, il Papa ha anche ricordato che nel tardo pomeriggio parteciperà agli esercizi spirituali. “Nel silenzio e nel raccoglimento – ha detto infine il Santo Padre - pregherò per tutte le necessità della Chiesa e del mondo”.

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    Domani la Chiesa celebrerà la memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, nel 150.mo anniversario della prima apparizione della Madonna a Bernadette

    ◊   Si celebra quest’anno il 150.mo anniversario delle apparizioni a Lourdes della Beata Vergine Maria a Santa Bernadette Soubirous. La prima delle 18 apparizioni è avvenuta l’11 febbraio del 1858 nella Grotta di Massabielle. All’abbé Réné Laurentin, teologo, uno dei maggior esperti in mariologia e il più profondo conoscitore vivente della realtà di Lourdes, Giovanni Peduto ha chiesto qual è il significato di queste apparizioni:


    R. – Innanzitutto, la scelta di Maria di porre Bernadette, la sola veggente riconosciuta, al centro di Lourdes, lei la più povera del luogo: abitava con la famiglia nel noto “cachot”, che era stato il carcere della città, poi abbandonato per la sua insalubrità. Qui i carabinieri si erano recati a cercare François Soubirous: siccome era il più povero al tempo della carestia che imperversò a Lourdes, pensavano che fosse stato lui a rubare la farina ad un fornaio. Come i carabinieri erano andati a cercarlo un paio di anni prima, la Vergine l’11 febbraio 1858 andò a cercare la figlia che dimorava con la famiglia nel peggiore domicilio di Lourdes: per accogliere, simbolicamente in lei, tutti i poveri, per porre lei, la povera Bernadette, all’attenzione di tutta Lourdes. E per dare origine, assieme a Bernadette, a qualcosa di nuovo a Lourdes.

     
    D. – Père Laurentin, sono passati 150 anni dalla prima apparizione della Madonna a Lourdes: quali sono stati i frutti di queste apparizioni?

     
    R. – Moltissimi: molte conversioni e anche tanti miracoli, molti dei quali difficili da controllare. Ce ne sono infatti molti che non sono riconosciuti perché mancano tutti i certificati; bisognerebbe saperne di più. Io faccio il possibile perché sempre di più siano riconosciute anche le guarigioni che non hanno prove scientifiche e che sono tanto fruttuose nel popolo. E poi ci sono le testimonianze di tanti ammalati che pregano a Lourdes e trovano la pace: loro sono il centro della preghiera.

     
    D. – Il Santuario di Lourdes è particolarmente legato al mistero della sofferenza e della malattia …

     
    R. – Perché la Vergine, come Madre, viene in soccorso dei più poveri e degli ammalati che sono poveri nel loro corpo, e qualche volta anche nella loro psiche. Per questo, sono i preferiti della Vergine che viene in loro soccorso, per manifestare che essi sono il valore supremo della Chiesa: continuano nel loro corpo e nella loro anima la sofferenza di Cristo nel suo corpo, che è la Chiesa.

     
    D. – Père Laurentin, perché la Madonna appare?

     
    R. – Perché è una Madre ed ha tenerezza per coloro che soffrono e per tutti in generale. Ecco perché, al centro di Lourdes, ci sono gli ammalati. E poi ci sono le folle bisognose che la Vergine attira in questo luogo. Dal principio, fin dai primi giorni delle apparizioni, la Vergine ha richiamato prima qualche persona, alla fine delle apparizioni erano 20 mila; oggi sono 6-7 milioni ogni anno.

     
    D. – La sua esperienza personale di Lourdes?

     
    R. – Ho lavorato come storico, prima come teologo ... Ho meditato molto, ho scrutato meticolosamente tutte le cose, ma non sono un buon pellegrino perché rifletto troppo: sono l’ultimo dei pellegrini, dopo i malati e dopo la gente che va a Lourdes perché si è convertita ... Io vado per meglio comprendere e per meglio esprimere: è la deformazione del teologo! Non sono un buon esempio ...

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    Riscoprire nel silenzio la parola profonda di Dio e dell’uomo: la riflessione di mons. Ravasi sull’invito del Papa per il periodo quaresimale

    ◊   Ha destato ampia eco l’invito del Papa a fare della Quaresima un tempo di silenzio, di digiuno dalle immagini e dalle parole per fare spazio alla Parola di Dio. Nell’incontro di giovedì scorso, con i sacerdoti romani, Benedetto XVI ha sottolineato che è importante “crearci spazi di silenzio e anche senza immagini, per riaprire il nostro cuore all'immagine vera e alla Parola vera”. Una dimensione, quella del silenzio, su cui si sofferma il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Gianfranco Ravasi, intervistato da Fabio Colagrande:
     
    R. – Scoprire nell’interno del silenzio la voce, autentica e profonda, è un esercizio tanto necessario ai nostri giorni, in cui la moltiplicazione dei suoni, delle parole e delle chiacchiere e di parole secondarie impedisce di ritrovare non soltanto il silenzio della coscienza, ma anche la parola suprema, la Parola profonda di Dio e dell’uomo stesso.

     
    D. – In una civiltà, come la nostra, dove siamo bombardati da immagini, anche attraverso la facilità e la velocità dei mezzi elettronici, quali sono i rischi proprio per riscoprire un cammino spirituale?

     
    R. – Direi che abbiamo la necessità di purificare innanzitutto il nostro sguardo, che è uno sguardo sporcato da troppe immagini. Io non intendo soltanto le immagini oscene; ci sono anche le immagini di violenza, ma anche le immagini inutili: un numero enorme di immagini secondarie che ci impediscono, per esempio, di conservare le immagini più preziose. Noi tutti abbiamo nell’interno della memoria dei nostri occhi il volto di una persona cara, magari quando questa persona è stata persa o l’abbiamo perduta nella morte. Dovremmo riuscire ad avere un arsenale di immagini che siano immagini importanti e significative. Ecco allora l’importanza anche dell’arte: l’arte del passato ed anche l’arte attuale che sa creare nuovi immagini. Accanto a questa purificazione delle sguardo, però, bisogna anche riuscire a creare un vuoto. Il vuoto non è assolutamente il vuoto nero, l’assenza cioè di luci, di segni, di immagini, di parole, ma è il vuoto bianco. Un bianco che – come si sa – riassume in sé tutti i colori dello spettro cromatico. Bisogna avere questo spazio bianco in cui collocare, da un lato, le immagini perfette e, dall’altra, le parole che siano autentiche, profonde, quelle che appunto sono alimento per l’esistenza della persona.

     
    D. – Per chi, come noi fa radio, l’elogio del silenzio spaventa sempre, perché siamo abituati e sappiamo di poter comunicare soltanto con la parola. Per aiutarci in questa riflessione del Papa ci sembra che l’elogio del silenzio vada di pari passo anche con l’elogio della vera Parola. Tacere è, quindi, anche un esercizio utile per trovare parole autentiche?

     
    R. – C’è una poetessa americana, Emily Dickinson, che diceva nell’Ottocento celebrando, ma non solo, la forza della parola poetica: “Molti ritengono che una parola, una volta detta, sia morta. Io invece dico che proprio allora comincia a vivere”. Noi abbiamo, forse in negativo, l’esperienza: ci sono dei fratelli che si sono scambiati, una volta, una parola cattiva, con tutta la durezza e l’odio possibile; quanto è durata quella parola? E’ durata soltanto pochi secondi, eppure ha fatto sì che essi si odiassero poi per anni. La parola è una sorta di ordigno che noi abbiamo fra le mani e che certe volte può esplodere e fare danni immensi ma, d’altra parte, la parola è anche uno strumento efficace, creativo, potente, incisivo. Pensiamo che cos’è la stessa creazione così come è narrata dalla Bibbia. Non è una fatica di Dio, è una Parola di Dio. Dio disse: “Sia la luce e la luce fu”. Quindi, una parola che crea.

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    Si devono trasmettere i giusti valori dell'esistenza: così il cardinale Stanislaw Rylko a conclusione del convegno “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza”

    ◊   Il compito più importante che attende i cristiani di oggi è quello di educare e trasmettere i giusti valori dell’esistenza: così ieri il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, a conclusione del Convegno internazionale “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza”, promosso dallo stesso dicastero. Oltre a celebrare il 20.mo anniversario della Lettera Apostolica “Mulieris Dignitatem”, pubblicata da Giovanni Paolo II nel 1988, l’evento ha voluto riflettere sulle figure della donna e dell’uomo nella società moderna. Il servizio di Isabella Piro:


    Innanzitutto, un messaggio di speranza: è bello essere cristiani, perché Cristo svela l’uomo all’uomo stesso. La riflessione conclusiva del cardinale Rylko è partita da questo punto fermo. La comunione e lo scambio di idee messe in atto durante il convegno - ha aggiunto - dicono molto della maturità già raggiunta dalla Chiesa nell’affrontare la questione “donna”. Il merito di questa apertura antropologica va sicuramente alla “Mulieris Dignitatem” che - ha sottolineato il cardinale Rylko - è stata un dono, ma ha anche presentato al mondo una sfida: realizzare un progetto di vita entusiasmante come quello dell’unidualità. Certamente, ha continuato il porporato, la realtà mostra la mancanza di valori, la diffusione di identità fragili e confuse, una crisi antropologica che coinvolge la dignità della persona. Problemi che il Convegno ha sottolineato, ma con un spirito critico costruttivo:

     
    “Il nostro è stato confronto sereno con la realtà, un confronto nella verità. Un confronto critico, ma senza demonizzare il mondo che ci circonda e tenendo in conto che, come cristiani, siamo stati mandati dal nostro Maestro proprio in questo mondo ad annunciare la Buona Novella della Redenzione”.
     
    Per questo, ha continuato il cardinale Rylko, i cristiani devono seguire la propria vocazione, che è quella profetica di annuncio del Vangelo:

     
    “Dobbiamo avere il coraggio di andare controcorrente, di diventare – se necessario – segno di contraddizione nel mondo, testimoniando la bellezza di poter vivere come persone la nostra femminilità e la nostra mascolinità in Cristo, che non toglie niente e dona tutto”.
     
    In molti Paesi del mondo - ha detto il porporato - i cristiani sono una minoranza, ma questo non deve spaventare: basti pensare che il lievito è una minoranza, ma fa fermentare la pasta. Il vero problema, allora - ha ribadito il cardinale Rylko - è quello di “diventare insignificanti, invisibili, spenti”. Per questo, è necessario creare sinergie, coordinare ad esempio le attività parrocchiali, “mettere in rete” le proprie esperienze: perché - ha concluso - “Cristo conta su ciascuno di noi”.

     
    E l’importanza per la cultura contemporanea di una rinnovata antropologia basata sul rapporto uomo–donna, scritto nel disegno di Dio, l’ha indicata ieri il Papa ai partecipanti al convegno per il XX anniversario della Lettera Apostolica “Mulieris Dignitatem”. Benedetto XVI ha spiegato come oggi l’uomo e la donna pretendano di essere auto sufficienti l’uno dall’altra. Quindi, ha parlato dell’esistenza, nell’odierna società, di correnti politiche e culturali che tentano di offuscare, confondere ed eliminare le differenze sessuali. Tali correnti secondo Antonio Livi, decano della Facoltà di Filosofia alla Pontificia Università Lateranense, sono una forma di individualismo. Ascoltiamolo nell’intervista di Paolo Ondarza:
     
    R. – E’ una delle forme dell’individualismo che è caratteristico di una certa ideologia che nasce dall’illuminismo ed esplode, poi, nell’Ottocento. Individualismo significa non vedere né la natura umana, né la società e tanto meno Dio Creatore; significa anche non vedere un ordine morale, ma soltanto l’individuo come generatore all’infinito di diritti.

     
    D. – Cosa comporta questo pensiero a livello sociale?

     
    R. – Comporta il fatto di non avere altro diritto nella società che il diritto positivo, ossia le leggi che si fanno a forza di maggioranza e la maggioranza, quasi sempre, è determinata dagli “opinion leaders”, da coloro cioè che guidano l’opinione delle masse, invece di avere come punto di riferimento i valori della legge di natura, ai quali si deve inspirare una Costituzione e, di conseguenza, tutte le leggi positive. Pertanto, è importantissimo che da un punto di vista filosofico non si perda la nozione di natura.

     
    D. – Perché da un punto di vista razionale, potremmo dire laico, è un fondamento la differenza uomo-donna?

     
    R. – Tutti noi conosciamo la famiglia, perché siamo figli, e sappiamo quanto i figli abbiano bisogno di avere un padre ed una madre; hanno bisogno di vedere quindi nel sesso, soprattutto, il valore unitivo e procreativo, messi insieme e non scissi uno dall’altro. Queste cose sono la ragione umana che vede nell’esperienza l’ordine naturale. Noi conosciamo anche i pessimi effetti nella società quando l’ordine naturale viene mutato dalla violenza, dalle istituzioni, dalle leggi; quando i genitori scompaiono o non si sa neppure chi siano. Ma sappiamo anche cosa succede con i figli in provetta o con i figli adottati da una coppia omosessuale. Tutte queste cose non sono astruse opinioni a priori, ma sono esperienza in cui si vede che l’ordine delle cose è quello.

     
    D. – Lei è a contatto ogni giorno con i giovani all’Università. Quanto risentono di questa confusione culturale?

     
    R. – Tantissimo, a meno che non abbiano alle spalle una buona famiglia.

     
    D. – Come rinnovare la ricerca antropologica?

     
    R. – Le scienze umane contemporanee arricchiscono tantissimo di dati che vanno, però, interpretati. L’interpretazione è quella metafisica: sapere che ogni persona è figlio di Dio ed ha lo stesso titolo di chiunque altro. Dall’uguaglianza delle persone si discende a ciò che ogni persona ha come diritti e dovere, come vocazione e caratteristiche.

     
    D. – Benedetto XVI ha ricordato quei luoghi e quelle culture dove persiste ancora una mentalità maschilista…

     
    R. – Ogni persona, da sempre ed eternamente, è pensata da Dio con affetto, con amore e con una vocazione, con un programma, con una destinazione di felicità.

     
    D. – Anche per questo è impossibile giustificare una disparità uomo-donna o addirittura la violenza sulle donne?

     
    R. – Il cristianesimo ha emancipato la donna, così come il cristianesimo ha rivalutato il bambino. Chi fa storia della pedagogia sa che nel cristianesimo il bambino è stato considerato persona degna di cura e di rispetto, tanto quanto un altro. Così come la rivalutazione degli umili, dei poveri: il cristianesimo è venuto ad emancipare tutti. Un’altra esperienza che abbiamo è legata alle novità positive date dalle donne nel campo dell’insegnamento, della politica, della magistratura. Ho conosciuto magistrati e giudici donne del tribunale minorile che hanno fatto un lavoro splendido. Hanno lavorato più loro di tutti i loro colleghi maschi: questo significa che aprire alle donne ogni possibilità professionale rappresenta non soltanto un atto di giustizia, ma significa promuovere il bene comune.

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    Oggi in Primo Piano



    L'Italia commemora le vittime delle foibe. Intervista con la professoressa Licia Cossetto, sopravvissuta all’eccidio

    ◊   L'Italia rende oggi omaggio ai morti delle foibe del 1943-1945 e ai trecentomila esuli dalle coste istriane e dalmate negli anni tra il 1945 e il 1954. Il 10 febbraio, infatti, è la ‘Giornata del Ricordo’, istituito quattro anni fa dal parlamento, proprio per non dimenticare quei drammi. La cerimonia ufficiale si tiene al Quirinale alla presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. E proprio in questi giorni a Roma è in corso la prima mostra mai realizzata - a carattere nazionale - interamente dedicata a quell’eccidio. È intitolata ‘Foibe: martiri dimenticati – Per spezzare la congiura del silenzio’ ed è ospitata fino al 24 febbraio al Rifugio antiaereo degli uffici di EUR spa, in piazzale Adenauer 8. L’ingresso è gratuito. Il servizio di Fabio Colagrande:

     Gettati vivi o morti nelle voragini carsiche, dette ‘foibe’, solo perché erano italiani, tra il 1943 e il 1945. E' la sorte toccata, dopo la seconda guerra mondiale, a migliaia di cittadini di Trieste, dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia. Sacerdoti, donne, anziani, giovani e bambini, vittime della 'pulizia etnica' dei partigiani e dei soldati della Jugoslavia comunista di Tito. Solo negli anni ’90, dopo circa mezzo secolo da quella primavera di sangue, il velo dell’oblio su quelle tragiche vicende ha cominciato a squarciarsi. Luigi Papo, istriano e storico delle Foibe, presidente del Comitato Scientifico della Mostra allestita all’EUR, spiega così i motivi del silenzio:
     
    "La complicità e il rimorso sono i due motivi che hanno spinto gli italiani a cercare di ignorare e di dimenticare. Oggi, questa tragedia viene ignorata ancora. Non siamo in grado di poter autonomamente, orgogliosamente ricordare noi stessi".

     
    Inizia tutto dopo l’armistizio, dopo l’8 settembre del ’43. Perché quella data dà il via a questi orrori? Il professor Papo:

     
    "Per la semplice ragione che l’Italia si è sfasciata, si è inginocchiata, ha buttato via le armi. Tanto è vero, che i partigiani jugoslavi non sono arrivati armati con carri armati e roba del genere: le armi le hanno trovate sul posto, perché il nostro esercito le ha abbandonate per strada; ha abbandonato carri armati, autoblinde, cannoni, mitragliatrici ... Quando un gruppo di istriani si è ribellato di fronte a tanto scempio e ha voluto riprendere la bandiera italiana e rimetterla al suo posto, questo gruppo di patrioti ha trovato le armi là, dove l’esercito le aveva gettate, là dove i partigiani le avevano raccolte. In questi giorni di interregno, i partigiani jugoslavi hanno commesso circa un migliaio di eccidi".

     
    Gli italiani devono assumersi la responsabilità di aver negato la verità delle Foibe per ‘pregiudiziali ideologiche’ o ‘convenienze internazionali’. La ferma denuncia è stata pronunciata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella ‘Giornata del Ricordo’ 2007. L’anno precedente, il suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, aveva conferito la medaglia d’oro al merito civile a Licia Cossetto, sopravvissuta all’eccidio delle Foibe e sorella della più sfortunata Norma, martire torturata. Ecco la signora Licia ai nostri microfoni:

     
    "L’ho ricevuta come simbolo di tutti gli infoibati, nel ricordo di mia sorella che era una ragazza giovane che non si curava di politica; era solo iscritta al GUF (Gruppi universitari fascisti) perché era una studentessa. Si stava laureando in quel periodo, e invece è stata presa perché volevano che collaborasse con loro. Lei si è rifiutata perché si sentiva italiana. E allora l’hanno portata via e dopo varie vicissitudini l’hanno trasferita nella scuola di Antignana, che è vicino a Tisino; l’hanno legata ad un tavolo e non le dico quello che le hanno fatto…. Poi l’hanno buttata in una foiba, ancora viva" ...

     
    Anche la professoressa Licia Cosetto è stata arrestata in quei giorni ...

     
    "Sì, anch’io ero stata arrestata, solo che mi avevano rinchiuso nella scuola elementare di Castellier, e lì ho avuto la fortuna di trovare un mio compagno di scuola venuto lì per combinazione; mi ha chiesto: “Cosa fai qui? Vieni, ti riaccompagno a casa”. Io di notte sono scappata a piedi attraverso i boschi con una mia zia, sono venuta in Italia. Che Dio ci dia la grazia di far conoscere anche le nostre sofferenze, perché io non ho perso solo mia sorella: ho perso mio papà, ho perso zie, zii, cugini ... ho perso tutta la famiglia".

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    Road map per la riconciliazione e la ricostruzione della Somalia stilata dalla società civile e dalla diaspora

    ◊   Con la presentazione della “Dichiarazione di Roma” si è chiusa la prima conferenza della società civile somala. Per quattro giorni, quaranta delegati provenienti da diverse regioni della Somalia e dalla diaspora, in rappresentanza dell’associazionismo, del mondo accademico e imprenditoriale somalo, si sono incontrati per condividere le loro preoccupazioni e confrontare le loro idee sul futuro del Paese e sul ruolo che la società civile somala può e deve avere nella pacificazione e nella ricostruzione. L’incontro, patrocinato dall’Associazione delle ONG italiane e con lo sforzo predominante d’Intersos, ha visto anche il confronto con la società civile e i rappresentanti delle istituzioni italiane ed europee. Il servizio di Lucas Dùran:
     
    “Esiste un’altra Somalia”. Questo è il primo ed importante messaggio che i rappresentanti della società civile somala hanno voluto dare con la loro presenza a Roma in questi giorni. Accademici, economisti, membri della diaspora provenienti da regioni e clan diversi si sono confrontati e hanno sottoscritto un documento comune; è un fatto già significativo di per sé, vista la frammentarietà che, spesso, ha fatto naufragare i tentativi di dialogo instaurati nel passato. La comunità internazionale - si sottolinea poi nel testo – deve continuare ad assicurare il proprio impegno e a rinvigorire i suoi sforzi di assistenza umanitaria. Soprattutto, si afferma come la soluzione del problema somalo non debba e non possa passare attraverso l’uso della violenza. L’unica arma dovrà essere il dialogo, quel dialogo che è stato la vera chiave del successo dell’incontro di Roma. Mai come in questo momento la politica deve dimostrare di essere quello per cui è chiamata ad agire: uno strumento al servizio della gente e non il contrario, come ha ricordato il direttore generale allo Sviluppo della Commissione Europea, Stefano Manservisi.

    Sullo sfondo delle discussioni di questi giorni, naturalmente, c’era l’attuale presenza delle forze etiopi in territorio somalo. Tuttavia, si è registrata l’impressione generale che i primi passi del governo presieduto dal colonnello Nur Adde vadano nella giusta direzione, come sottolinea Mario Raffaelli, inviato speciale per l’Italia in Somalia:

    “Prima della nascita di questo governo, l’accento era posto sulle questioni della lotta al terrorismo. Il nuovo primo ministro ha chiarito, invece, come il suo governo intenda creare la sicurezza, tutelando il diritto, per tutti i cittadini, di avere garantite le proprie libertà personali. Ma ha anche assicurato che l'esecutivo somalo si impegnerà per creare un ambiente positivo e favorire un dialogo di riconciliazione con le opposizioni”.

     
    Le elezioni previste per il 2009 rappresentano un termine che va rispettato a detta di tutti. Sempre Raffaelli ha tenuto a ricordare che a quella data occorrerà arrivarci pronti, grazie anche all’impegno della società civile. Proprio quest'ultima, in questi anni, ha saputo sostituirsi alle istituzioni, mantenendo vitale il tessuto sociale somalo. Il percorso è quello del dialogo inclusivo. L’Italia, in questo senso, può e deve svolgere un ruolo importante, legato alla storia delle relazioni che legano i due Paesi.

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    Accanto ai bisognosi e ai poveri di Roma: la realtà dell’Ostello Caritas, raccontata dalla sua responsabile Roberta Molina

    ◊   Un punto di riferimento per i più bisognosi, una risposta di solidarietà: l’Ostello Caritas di Roma è soprattutto questo. Nata nel 1987, la struttura di via Marsala, a pochi metri dalla stazione Termini, ha ospitato in questi anni oltre 27 mila persone. “Un segno”, ha detto don Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma, “che allora fu profetico” e che, ai nostri giorni, “continua ad essere un impegno contro il disagio urbano di tante persone”. Per ripercorrere questi 20 anni di presenza accanto ai più deboli, Alessandro Gisotti ha intervistato la responsabile dell’Ostello, Roberta Molina:


    (musica)

     
    R. - Io cedo che sia stata la grande idea di monsignor Di Liegro, allora direttore della Caritas: quella di dare un luogo non solo dove poter ospitare e far mangiare tante persone che in quel periodo sostavano intorno alla stazione Termin. Io credo che don Luigi volesse ancora una cosa in più da quel centro: che fosse un osservatorio delle povertà, cioè che si capisse qual era la causa di tanta emarginazione, di tanta povertà nelle strade di Roma. Ci ripeteva sempre di non stancarci di capire dove andava, dove si spostava e verso quale direzione andava la povertà; ancora oggi è uno degli obiettivi principali dell’ostello di Via Marsala, tra l’altro intitolato a lui.

     
    D. – Qual è il clima che si respira all’ostello tra le persone che vengono accolte e tra coloro che invece le accolgono?

     
    R. – Credo che tra le persone che vengono accolte, l’ostello rappresenti un momento in cui potersi riposare, ma riposare anche in termini psicologici, mentali; è un momento in cui poter fare un bilancio della propria vita, un momento anche dove poter ricominciare o semplicemente stare, senza chiedere nulla. Per noi è un gran privilegio stare accanto a queste persone, starci da tanto tempo, da poco tempo. E' comunque un momento in cui si cambia la propria vita, cioè l’impressione della vita: l’idea della vita cambia radicalmente, si danno diverse priorità. Il contatto con queste persone ci ha cambiato e ci continua a cambiare profondamente.

     
    D. – In questi lunghi anni di esperienza all’ostello che in sé, appunto, come ci racconta, rappresenta un simbolo vivente della carità cristiana, c’è un evento, una storia che in qualche modo può riassumere tutti questi anni?

     
    R. – Sì, una è veramente dentro di me: mi ha dato sempre l’idea di non dovermi arrendere di fronte a quelle situazioni che si credono impossibili. Era il caso di una signora che sostava in città; veniva sempre segnalata al nostro ostello per poter fare qualcosa per lei e all’inizio non capivamo neanche se fosse uomo o donna. Ce l’abbiamo messa tutta, sono passati 3 anni ma siamo riusciti poi a portarla via dalla strada, a portarla da noi in ostello: è rimasta da noi in ostello e poi è stata inserita in una casa dia accoglienza. Credo che questo sia il segno che per queste persone c’è sempre da fare, c’è sempre una speranza se si vuole. E non è vero che c’è una scelta di vita da parte loro di stare in strada.

     (musica)

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    Chiesa e Società



    I vescovi turchi si mobilitano per la celebrazione dell’Anno Paolino

    ◊   A Tarso e Antiochia, luoghi legati alla presenza e alla predicazione dell’Apostolo Paolo in Turchia, ci si prepara per le celebrazioni dell’Anno Paolino. I vescovi della Turchia lo hanno annunciato, attraverso un comunicato diffuso dall’agenzia Fides. “In quanto Chiesa cattolica di Turchia – si legge – apriremo l’Anno Paolino il 22 giugno 2008 a Tarso, con la Celebrazione Eucaristica preseduta dal cardinale Walter Kasper”. In programma anche un pellegrinaggio nazionale sui passi dell’apostolo a Tarso, Antiochia, Efeso. Per i vescovi turchi è importante portare all’attenzione dei pellegrini i luoghi di vita di San Paolo, perché sono “patrimonio di tutti i discepoli di Cristo ma particolarmente di noi che siamo figli di questa terra che lo ha visto nascere, predicare Cristo senza sosta e testimoniarlo in tante prove”. In previsione dell’arrivo di numerosi pellegrini, la Chiesa ha chiesto al governo turco anche di poter celebrare la Messa e di poter organizzare catechesi nella chiesa di San Paolo a Tarso. Questa chiesa, oggi museo, è stata chiesa bizantina e armena. Per anni è stata utilizzata come magazzino militare. Anche ad Antiochia la comunità cattolica locale si sta preparando all’accoglienza. La città è la culla delle prime comunità cristiane: qui, per la prima volta, i discepoli di Gesù sono chiamati cristiani. Nello stesso quartiere in cui i discepoli di Cristo si riunivano a pregare, oggi vive una piccola comunità cristiana che gestisce il sito internet www.anadolukatolikkilisesi.org/antakya dal quale si possono ricevere tutte le informazioni relative al pellegrinaggio. (B.B.)

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    In Turchia, il parlamento approva gli emendamenti che abrogano il divieto del velo nelle università

    ◊   Il parlamento turco ha approvato, in maniera definitiva, i due emendamenti che sanciscono la libertà delle studentesse universitarie di portare il velo islamico. Il dibattito è stato lungo e, a tratti, emotivamente teso. Alla fine il via libera alla riforma è arrivato a stragrande maggioranza: 411 voti a favore, 103 contrari. Favorevoli, il partito filo islamico dell’APK e il Partito nazionalista MHP che siede all’opposizione. Contrario, invece, il Partito repubblicano del popolo (CHP), che ha già annunciato un ricorso alla corte costituzionale. L’opposizione del parlamento afferma, infatti, che la riforma violi la laicità della Turchia. Laicità sancita dalla Costituzione come principio immodificabile sin dal 1923, per opera del "padre dei turchi" Kemal Ataturk. Ma non è questa, l’unica preoccupazione per l’opposizione. Il partito repubblicano (CHP) teme che la riforma apra la strada ad una futura totale liberalizzazione del velo islamico, anche negli edifici pubblici, nei licei e nelle scuole medie: luoghi dove, oggi, resta ancora proibito. Comunque sia, prima che entri in vigore, la riforma dovrà essere promulgata dal presidente della repubblica, Abdullah Gul. Difficilmente, farà opposizione: sua moglie indossa sempre il velo nei luoghi pubblici e da ragazza non potè frequentare l'università, proprio per questa proibizione. Intanto nel centro di Ankara, a pochi chilometri dal parlamento, oltre 100 mila persone sono scese in piazza per manifestare contro l’approvazione del provvedimento. Già il 2 febbraio scorso, alla vigilia dell’approvazione in prima lettura delle stesse riforme, c’era stata un’analoga manifestazione: in quella occasione, parteciparono oltre 125 mila persone. (B.B.)

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    Francia: si celebra oggi la Giornata di sensibilizzazione per il rincaro dei prezzi delle case parigine, promossa dalla diocesi di Nanterre

    ◊   In Francia, la Chiesa esprime solidarietà alle famiglie e alle giovani coppie in cerca di una casa. Il mercato immobiliare parigino diventa, infatti, sempre più inaccessibile a causa degli altissimi prezzi. L’operazione “Solidarieté logement” è promossa dalla diocesi di Nanterre. Tra le altre iniziative anche la celebrazione, oggi, della Giornata di sensibilizzazione. La Fondazione Abbé Pierre, in questi giorni, ha curato e prodotto un dossier sul mercato immobiliare. Secondo quanto emerge dal documento, sono 4 milioni le famiglie francesi che ogni anno cercano casa. Di queste spiega l’agenzia SIR, solo 800 mila accede ad una proprietà. Perle altre, inizia un difficilissimo percorso che si tramuta spesso come una prima tappa verso il degrado sociale. (B.B.)

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    Incontro tra i segretari delle Conferenze episcopali tedesca e polacca

    ◊   “Cercheremo di condividere esperienze comuni e trovare nuove possibilità per rendere ancora più intensa la collaborazione tra le due Chiese e le due Conferenze episcopali”. Lo ha detto il segretario della Conferenza Episcopale Polacca, mons. Stanislaw Budzik, dopo l'incontro con il suo omologo tedesco, il gesuita padre Hans Langendoerfer. L'incontro ha avuto luogo a Varsavia, nei giorni scorsi. “L'obiettivo più importante è stabilire come dovrebbe svolgersi una costante collaborazione istituzionale tra le due Conferenze Episcopali”, ha detto il segretario tedesco. Padre Langendoerfer ha affermato, inoltre, che ambedue le Chiese hanno assunto una posizione comune “nei confronti di alcune questioni del passato che hanno polarizzato l'opinione pubblica, come nel 2005 la costruzione del Centro contro le espulsioni. I nostri sforzi – conclude padre Langendoerfer – mirano a far sì che, indipendentemente dalla congiuntura politica, sul terreno della fede si cerchi di risolvere i problemi che sorgono tra i nostri popoli. (B.B.)

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    In Rwanda ed Etiopia, importanti risultati contro la malaria

    ◊   Progressi notevoli, in Etiopia e in Rwanda, nella lotta contro la malaria. Le zanzariere pre trattate con insetticida e farmaci, hanno permesso di dimezzare il numero di morti causati dalla malattia. La notizia è stata diffusa dall’agenzia MISNA che cita l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ciò dimostra che si possono ottenere ottimi risultati anche con strumenti di prevenzione poco costosi. Sempre, ovviamente, in attesa di un vaccino e di cure più efficaci. La malaria è responsabile del 2 per cento di morti al mondo e del 9 per cento, solo in Africa. Si stima che ogni anno siano oltre un milione i morti. In gran parte, sono bambini. (B.B.)

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    In Vietnam, gruppi di volontari cattolici aiutano poveri e ammalati

    ◊   Gruppi di volontari cattolici che portano sostegno materiale e conforto spirituale ai poveri e ai malati: è l’iniziativa promossa dall’arcidiocesi di Thanh-Pho Ho Chi Minh, nel Vietnam del sud. “Siamo – spiega un giovane volontario, all’agenzia AsiaNews – piccoli gruppi che vanno dai poveri e dai senzatetto per condividere con loro i giorni del nuovo anno lunare. Cerchiamo – aggiunge – di unire attività caritative, sociali e pastorali”. Alcuni volontari si recano negli ospedali per aiutare i pazienti e gli anziani che mancano di cure e attenzione. Altri raccolgono denaro per aiutare i poveri. Altri ancora aiutano i bambini che si trovano in difficoltà, affinché possano vivere una infanzia migliore. I volontari sono operatori sociali, insegnanti, docenti, medici, sacerdoti, religiosi e suore. Tutti con lo stesso obiettivo: aiutare il prossimo. (B.B.)

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    India: assemblea plenaria dei vescovi per promuovere il ruolo della donna, nella Chiesa e nella società

    ◊   Per la prima volta nella storia della Chiesa indiana, i vescovi parleranno di “Responsabilizzazione della donna, nella Chiesa e nella società”. Durante l’incontro, i vescovi parleranno della situazione attuale in India, dei motivi che generano disuguaglianze e del ruolo della Chiesa nel promuovere la presa di potere delle donne. “Il tema è stato scelto per la sua grande rilevanza nella società moderna, che spesso si confronta con il problema delle disuguaglianze di genere”, si legge in una dichiarazione diffusa dall’agenzia SIR. L’incontro si svolgerà a Jamshedpur, nell’India orientale. Parteciperanno 160 vescovi e interverranno, tra gli altri, il cardinale Stanislaw Rilko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici e l’arcivescovo Pedro Lopez Quintana, nunzio apostolico in India. (B.B.)


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    In India, la prima trasmissione tele-evangelica in lingua hindi

    ◊   Si chiama “Nutan Dhara”, ossia “Fonte Nuova”: è la prima trasmissione tele-evangelica cattolica in lingua hindi dell’India. “È un evento storico per la Chiesa cattolica indiana”, spiega padre Anil Dev, il tele-predicatore a cui a cui è stata affidata la conduzione del programma. Durante la trasmissione sono proposti video-clip, brevi citazioni bibliche e inni cristiani. La sua realizzazione è interamente finanziata dai contributi volontari dei fedeli. A trasmetterla è il canale satellitare “Sadhana”, una delle più popolari televisioni devozionali del Paese. Il programma è prodotto da due centri cattolici di comunicazione: il “Matridham Ashram” e il “Vishwa Jyoti Communications”, gestiti dalla Società Missionaria Indiana (IMS). La trasmissione è inoltre patrocinata dall’arcivescovo di Delhi, Vincent Michael Concessao, dal vescovo di Varanasi, Patrick Paul D’Souza, e del superiore generale dell’IMS, padre Subhash. La prima puntata è andata in onda il 2 febbraio: Festa della Presentazione del Signore. Le prossime saranno trasmesse regolarmente ogni sabato e domenica, dalle 19.00 alle 19.20 locali. (B.B.)

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    Nella diocesi di Perugia-Città della Pieve, campagna di raccolta di viveri da destinare a circa 20 mila bambini delle Ande peruviane

    ◊   Da alcuni anni, nelle comunità dell’archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, è tradizione promuovere la grande raccolta di viveri da destinare a circa 20 mila bambini delle Ande peruviane. L’iniziativa, promossa dalla Caritas diocesana e dalla pastorale giovanile perugina, consiste nel raccogliere alimenti a lunga conservazione (pasta, riso, zucchero, farina, olio in lattina, scatolame, alimenti per bambini) in parrocchie, centri commerciali e case. Per la raccolta si prodigano centinaia di giovani, che vivono quest’esperienza come momento di solidarietà e servizio al prossimo. Negli ultimi due anni, la diocesi ha promosso anche una raccolta di viveri permanente proponendo a circa 200 famiglie di raccogliere ogni giorno qualcosa da mangiare per i poveri. (B.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Negli Stati Uniti prosegue la corsa per la nomination alla Casa Bianca

    ◊   In campo democratico si è votato ieri in Louisiana, Nebraska e nello Stato di  Washington, dove si è imposto il senatore Barack Obama, che ha così ridotto lo scarto dei delegati con Hillary Clinton. Sul fronte repubblicano, si segnala la vittoria di Huckabee su McCain in Kansas e Louisiana. Successi che, tuttavia, non sono serviti a ridurre il vantaggio che McCain ha sul suo avversario. Il nostro servizio:

     
    La netta affermazione di Barack Obama nelle tre competizioni elettorali in Louisiana, Nebraska e nello Stato di  Washington rende sempre più incerta la corsa per la nomination alla Casa bianca in campo democratico. Il senatore afro-americano dell'Illinois, conquistando la maggioranza dei 158 delegati in palio nei tre Stati, ha infatti ridotto lo scarto con Hillary Clinton. Ora il conto complessivo dei delegati è di 1.100 per la senatrice di New York e di 1.039 per Obama. Passando in casa repubblicana, si registra la schiacciante vittoria di Huckabee su McCain in Kansas e Louisiana. Il veterano del Vietnam McCain si è invece aggiudicato lo Stato di Washington, e può comunque contare su un vantaggio di circa 500 delegati che non è stato minimamente scalfito.

    Myanmar
    A maggio prossimo il referendum sulla nuova Costituzione, cui seguiranno elezioni multipartitiche nel 2010. Sono le principali tappe di un programma di avvicinamento alla democrazia annunciate ieri dalla giunta militare del Myanmar in un comunicato ufficiale letto alla televisione di Stato. In realtà, si tratta delle prime date indicate di un percorso diviso in sette punti, di cui il regime parlò nel 2003, che dovrebbe permettere al Paese di muoversi pacificamente verso la fine della dittatura militare, instaurata nella ex Birmania da oltre quarant’anni. L'annuncio di oggi è stato accolto "con sorpresa" e cautela dal premio nobel Aung San Suu Kyi, vincitrice delle ultime elezioni democratiche svoltesi nel 1990 e mai riconosciute dai militari che impedirono la convocazione del parlamento.

     
    Kosovo
    Il primo ministro kosovaro, Hashim Thaci, ha confermato che il Kosovo dichiarerà l'indipendenza dalla Serbia entro la fine della settimana entrante. Parlando davanti alle telecamere, Thaci ha detto che ''la data e' stata fissata'' e che non viene per ora formalizzata ufficialmente solo per consentire all'Unione Europea di consolidare una posizione comune. Il leader kosovaro ha poi aggiunto che può già contare sul riconoscimento di 100 Paesi, compresi gli Stati Uniti. Immediata la replica del presidente serbo, l'europeista e moderato Boris Tadic, che al margine della Conferenza paneuropea sulla sicurezza ha assicurato che “renderanno nulla questa decisione”, usando tutti i mezzi legali e diplomatici disponibili.

    Mar del nord
    Una piattaforma petrolifera, ancorata nel Mar del Nord, a 200 dalla costa scozzese, è stata fatta evacuare per un allarme bomba. Secondo quanto riferisce la BBC, 539 i lavoratori sono stati già fatti sgomberare con l’ausilio di circa 14 elicotteri, che hanno condotto sulla struttura una squadra di artificieri della marina britannica. Stando alle prime indiscrezioni, diffuse dalla Press Association, a bordo è stato effettivamente trovato un ordigno.

    Pakistan
    In Pakistan è di almeno 20 morti e 24 feriti il bilancio dell’attentato kamikaze compiuto ieri durante un comizio del Partito nazionale Awami, formazione nazionalista all'opposizione. L’attacco è avvenuto nella cittadina di Charsadda, nella Provincia della Frontiera nord-occidentale. Adesso nel Paese si teme una nuova ondata di violenza con l’approssimarsi delle elezioni politiche del 18 febbraio, già rinviate a seguito dall'assassinio a dicembre della leader dell'opposizione, Benazir Bhutto. Sempre ieri a Thatta, nella provincia di Sindh, il vedovo della Bhutto, Asif Sli Zardari, ha tenuto un comizio alla presenza di circa 100.000 persone: ha esortato la folla ad aiutarlo nel caso in cui si tenti di truccare le elezioni.
     
    Medio Oriente
    Resta alta la tensione tra Israele e la striscia di Gaza, da dove prosegue il lancio di razzi verso la cittadina di Sderot. Ieri due fratelli israeliani di 8 e 19 anni sono stati gravemente feriti da uno degli 11 razzi Qassam lanciati dai miliziani di Hamas. Non si è fatta attendere la reazione dello Stato ebraico; nel corso di un raid aereo notturno, è stato ucciso a Rafah un responsabile locale del movimento integralista. Sul fronte politico, si segnalano le parole del premier Ehud Olmert che ha inviatato “a non lasciarsi prendere dalla collera”, commentando le dichiarazioni di alcuni sui ministri dopo l'attacco palestinese su Sderot.
     
    Iraq
    Ennesima giornata di violenze in Iraq: ventidue persone, tra cui due donne e quattro bambini, sono morte all'alba di oggi in scontri armati tra attivisti di al-Qaeda e miliziani del locale e sedicente Consiglio per il risveglio in una zona a sud-ovest della città settentrionale irachena di Mossul. Fonti locali riferiscono che i combattenti sono riusciti a respingere i terroristi uccidendone dieci di loro. Da diversi mesi, in varie zone del Paese del Golfo si sono formate delle associazioni tribali che combattono a fianco delle forze americane e irachene contro il terrorismo.
     

    Darfur
    Non c’è pace per la martoriata regione sudanese del Darfur: ieri Almeno 4 mila persone si sono rifugiate nel vicino Ciad a seguito degli attacchi aerei sferrati venerdì dalle forze governative di Khartoum contro alcune località del Darfur occidentale. Secondo testimoni locali, i raid avrebbero causato almeno 27 morti. Il numero delle vittime supera invece le 200 unità secondo fonti dei ribelli oggetto degli attacchi. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha espresso in una nota ufficiale la sua forte condanna per le violenze di questi giorni. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 41

     
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