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Sommario del 01/02/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Prima visita "ad Limina" dopo 70 anni dei vescovi greco-cattolici dell'Ucraina. Benedetto XVI li esorta a promuovere l'ecumenismo dell'amore
  • La visita del Papa al Seminario Romano Maggiore in occasione della Festa della Madonna della Fiducia
  • Altre udienze e nomine
  • Gli agostiniani e la casa editrice Città Nuova hanno donato a Benedetto XVI l’Opera omnia di Sant’Agostino
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • "Ultima deriva della procreazione artificiale": così mons. Sgreccia commenta la notizia di una ipotetica tecnica che permetterebbe alla donna di procreare figli da sola
  • Costante la violazione dei diritti umani in tutto il mondo. La denuncia nel rapporto annuale di Human Rights Watch
  • Chiesa e Società

  • Si è spento negli Stati Uniti padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo e di Regnum Christi
  • La Caritas: in Kenya la pace è possibile solo attraverso il dialogo
  • Medici Senza Frontiere lascia la Somalia in seguito ad un attacco contro il suo staff
  • Da oggi in vigore la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta di esseri umani
  • Colombia: si chiude l'assemblea dell'Episcopato dedicata alle conseguenze della guerra sulle donne
  • Nota dei vescovi spagnoli in vista delle prossime elezioni politiche del 9 marzo
  • I Salesiani hanno ricordato ieri il 120° anniversario dalla morte del loro fondatore san Giovanni Bosco
  • Aperta a New York la fase diocesana per la beatificazione di padre Isaac Thomas Hecker, fondatore della Società Missionaria di San Paolo Apostolo
  • Nel Colorado, l’identità cattolica pregiudicata dal disegno di legge antidiscriminazione
  • America Latina: un corso di formazione via Internet per la difesa della vita
  • L’Istituto cattolico di Parigi impegnato nella formazione dei futuri imam, chiamati a conoscere i valori democratici della Repubblica francese
  • 24 Ore nel Mondo

  • Donne kamikaze fanno strage in due mercati di Baghad: oltre 60 i morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Prima visita "ad Limina" dopo 70 anni dei vescovi greco-cattolici dell'Ucraina. Benedetto XVI li esorta a promuovere l'ecumenismo dell'amore

    ◊   Promuovere innanzitutto “l’ecumenismo dell’amore” perché “il dialogo della carità illumina il dialogo della verità”: è l’invito di Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina ricevuti stamane nella loro prima visita ad Limina dopo oltre 70 anni. A guidare i presuli ucraini il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, che ha presentato al Papa le sfide di questa Chiesa uscita dalla lunga dittatura comunista. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Il cardinale Husar, nel suo indirizzo di saluto, ha sottolineato che “la lunga prova della persecuzione e della vita catacombale” ha reso la Chiesa ucraina “forte nella testimonianza dell'unità nella diversità e nella fedeltà al vescovo di Roma”. Ma anche oggi - ha detto - tante sono le difficoltà da affrontare: “l'aggiornamento al Concilio Vaticano Il da recuperare il più rapidamente possibile”; lo sviluppo del Paese “tornato all'indipendenza dopo secoli di divisioni”; “il violento ed improvviso impatto con il mondo occidentale secolarizzato”; il dramma di una vasta migrazione; la ricostruzione spirituale, morale e strutturale delle comunità cristiane “spesso povere di mezzi materiali, eppur ricche di fede”; “la sofferenza quotidiana per la divisione esistente fra … cristiani in patria”.

     
    Il Papa ha espresso la sua grande gioia di poter ricevere i vescovi greco-cattolici ucraini nella prima visita ad Limina dopo oltre 70 anni. L’ultima risaliva al 1937. Li ha esortati a collaborare sempre più intensamente in vista del comune impegno missionario, affiancati dai sacerdoti:
     
    “Incoraggiateli, venerati Fratelli, nelle varie iniziative di aggiornamento a non inseguire le novità del mondo, ma ad offrire alla società quelle risposte che solo Cristo può dare alle attese di giustizia e di pace del cuore umano. Per questo occorre un’adeguata preparazione intellettuale e spirituale, che suppone un itinerario formativo permanente, iniziato nei seminari, dove la disciplina e la vita spirituale devono sempre essere ben curate, e proseguito poi nel corso degli anni di ministero”.

     
    Ha quindi auspicato una unità di intenti della Chiesa greco-cattolica con l’Episcopato latino del Paese nel rispetto delle due diverse tradizioni. “E’ innegabile – ha detto - che tale collaborazione dei due riti farebbe crescere una maggiore sintonia dei cuori fra quanti servono l'unica Chiesa”:
     
    “E sono certo che, con tale disposizione interiore, si potranno più facilmente lenire eventuali malintesi, nella consapevolezza che ambedue i riti appartengono all'unica Comunità Cattolica, e ambedue hanno piena e uguale cittadinanza nell'unico Popolo ucraino. In questa luce, sembrerebbe utile, venerati Fratelli, che vi incontraste regolarmente, per esempio una volta all’anno, con i Vescovi latini”.

     
    Benedetto XVI ha poi parlato di alcune difficoltà relative all’obbedienza dei religiosi e delle religiose e la loro cooperazione alle necessità della Chiesa:

     
    “Con la magnanimità di Pastori e la pazienza di Padri, esortate questi fratelli e sorelle a difendere instancabilmente l’indole ‘a-secolare’ della loro peculiare vocazione. Aiutateli a coltivare lo spirito delle Beatitudini e ad osservare fedelmente i voti di povertà, castità e obbedienza con fedeltà evangelica, perché possano rendere nella Chiesa quella tipica testimonianza che a loro è richiesta”.

     
    E difficoltà permangono anche a livello ecumenico nel dialogo tra cattolici e ortodossi. Si tratta – ha precisato il Papa – di “ostacoli concreti e oggettivi. Non bisogna tuttavia perdersi di animo” – ha aggiunto – “gli insuccessi, che sono da mettere sempre in conto, non devono rallentare l'entusiasmo per perseguire l'obiettivo voluto dal Signore: ‘Che tutti siano una sola cosa’”:

     
    “Ciò che, comunque, va innanzitutto promosso, è l’ecumenismo dell’amore, che discende direttamente dal comandamento nuovo lasciato da Gesù ai suoi discepoli. L’amore accompagnato da gesti coerenti crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi. Il dialogo della carità per sua natura promuove e illumina il dialogo della verità: è infatti nella piena verità che si avrà l’incontro definitivo a cui conduce lo Spirito di Cristo”.

     
    Il Papa infine, dopo aver invitato i presuli a “coinvolgere sempre più i fedeli laici nella vita della Chiesa”, ha elevato a Dio “un commosso ringraziamento per la rinascita” di questa comunità ecclesiale “dopo il drammatico periodo della persecuzione” assicurando il suo sostegno e il suo affetto per la “non facile missione” a cui essa è chiamata.

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    La visita del Papa al Seminario Romano Maggiore in occasione della Festa della Madonna della Fiducia

    ◊   Il Papa si reca oggi in visita al Seminario Romano Maggiore, in occasione della Festa della Madonna della Fiducia, Patrona dell’Istituto fondato nel 1565. Al suo arrivo al Seminario, verso le 18.00, Benedetto XVI visiterà in privato la Cappella della Fiducia, dove alle 18.30 avrà inizio la celebrazione dei Primi Vespri della Festa, alla presenza della Comunità del Seminario e dei genitori dei seminaristi. Al termine della liturgia, il Pontefice si tratterrà a cena con la Comunità dell’Istituto. Il Seminario Romano Maggiore è il Seminario della Diocesi di Roma: attualmente ospita 117 seminaristi, 18 dei quali non italiani. Giovanni Peduto ha chiesto al rettore mons. Giovanni Tani come vengono preparati i futuri sacerdoti:

    R. – Per quanto riguarda i giovani della diocesi di Roma, prima dell’ingresso in Seminario vivono un anno di preparazione, l’anno propedeutico, durante il quale approfondiscono le motivazioni che li portano a fare questa scelta. Poi i primi anni di Seminario sono dedicati ancora al discernimento della vocazione. Dal terzo anno in poi si guarda più direttamente alla figura del pastore che si deve formare. La formazione deve guardare alle quattro dimensioni: umana, spirituale, intellettuale e pastorale. La vita è organizzata per dare sviluppo a queste quattro dimensioni. Per quanto riguarda l’attività pastorale, i nostri seminaristi vanno due volte alla settimana in 58 ambiti pastorali, fra parrocchie, ospedali, carceri, case di accoglienza. Una caratteristica del nostro Seminario è che la grande comunità è articolata in piccoli gruppi che possono offrire ai singoli uno spazio più familiare di vita.

     
    D. - Da quali esperienze provengono?

     
    R. – Alcuni vengono dal Seminario Minore. La maggior parte arriva dopo la laurea o durante gli studi universitari. Qualcuno dal lavoro; anche lavoro professionale. L’età va dai 20 ai 35 anni mediamente. Sta crescendo il numero di coloro che arrivano al Seminario dopo aver fatto in parrocchia il cammino dei ministranti, dei gruppi giovanili e l’impegno come catechisti.

     
    D. - I seminaristi di oggi risentono della diffusa mentalità secolaristica?

     
    R. - Certamente sono giovani immersi (come tutti noi) in questo mondo che per molti versi dimentica Dio. Ma dal momento che fanno la scelta di mettere la fede come criterio fondamentale della loro esistenza, cercano anche di formarsi una mentalità e una prassi di vita che non obbedisca agli schemi di questo mondo. Cercano anche di approfondire le linee portanti della cultura che si respira, per potersi confrontare con essa in un dialogo serio e costruttivo.

     
    D. - Cosa direbbe a un giovane che sente il desiderio di diventare sacerdote?

     
    R. – Lo inviterei a capire, con l’aiuto di una persona fidata, quali sono le motivazioni che stanno sotto questo desiderio. Questa comprensione non è sempre facile; richiede tanto ascolto paziente. Lo inviterei a mettersi maggiormente in preghiera. Lo aiuterei a capire il suo mondo affettivo in vista del celibato. Infine gli indicherei alcuni servizi nella comunità o verso i poveri per provare la sua generosità.

     
    D. - Perché questa devozione particolare alla Madonna della Fiducia?

     
    R.- Nel 1774 il Seminario Romano prese sede nel Collegio Romano e lì incontrò questa immagine della Madonna della Fiducia. È un’immagine proveniente da Todi, il gesuita padre Crivelli l’aveva portata per devozione personale al Collegio Romano. Ma, a nostra memoria, è stato durante il secolo scorso, soprattutto durante la prima guerra mondiale, che la devozione alla Madonna della Fiducia ha trovato un grosso impulso. I Seminaristi pregarono e fecero voto a Maria chiedendo che i loro compagni partiti per il fronte potessero tornare tutti sani e salvi. Per la grazia ricevuta, l’Immagine e l’Altare furono impreziositi. Nel 1965 Paolo VI incoronò l’Immagine che si trova nella Cappella Maggiore.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lille (Francia), presentata da mons. Gérard Defois, per raggiunti limiti di età. Il Santo Padre ha nominato nuovo arcivescovo-vescovo di Lille mons. Laurent Ulrich, finora arcivescovo di Chambery e vescovo di Saint-Jean-de-Maurienne et Tarentaise. Mons. Laurent Ulrich è nato il 7 settembre 1951 a Dijon, nell’arcidiocesi omonima. È stato ordinato sacerdote il 2 dicembre 1979 per la diocesi di Dijon. Eletto arcivescovo di Chambéry e vescovo di Saint-Jean-de-Maurienne e Tarentaise il 6 giugno 2000, è stato consacrato il 10 settembre successivo. Nella Conferenza episcopale francese è stato presidente della Commissione per gli affari finanziari e del Consiglio per gli affari economici, sociali e giuridici fino al novembre scorso, quando è stato eletto vice-presidente della Conferenza episcopale.

    Il Santo Padre ha nominato direttore della Direzione delle Telecomunicazioni dello Stato della Città del Vaticano padre Fernando Vergez Alzaga, dei Legionari di Cristo, finora capo ufficio nella sezione ordinaria dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.

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    Gli agostiniani e la casa editrice Città Nuova hanno donato a Benedetto XVI l’Opera omnia di Sant’Agostino

    ◊   Un dono particolarmente gradito da Benedetto XVI. Si tratta dell’Opera omnia di Sant’Agostino che i religiosi agostiniani e la casa editrice Città Nuova hanno presentato al Papa mercoledì scorso, al termine dell’udienza generale. Ricevuti in una saletta dell’Aula Paolo VI, alcuni frati e rappresentanti dell’editrice hanno illustrato al Santo Padre i volumi in latino ed italiano che raccolgono tutti gli scritti del vescovo di Ippona ed il sito in cui è possibile consultarli. L’idea di questo omaggio nasce dal particolare interesse che il Papa nutre, sin da studente, per la figura del Padre della Chiesa al quale, in queste settimane, sta dedicando le catechesi delle udienze generali. Al microfono di Tiziana Campisi, padre Remo Piccolomini, direttore della Nuova Biblioteca Agostiniana - la fondazione che cura la pubblicazione delle opere di Sant’Agostino - racconta come si è svolto l’incontro con Benedetto XVI:


    R. – Familiarmente: ci siamo presentati cordialmente, lui ha molto sorriso e ci siamo incamminati verso la consolle dove erano esposti i libri di Sant’Agostino, tutta l’Opera omnia; ero vicino a lui, gli ho spiegato l’impresa che ci siamo addossati insieme con Città Nuova, con il contributo di circa 80 professori che ci hanno aiutato nella traduzione e dopo gli ho spiegato che noi avevamo accompagnato questa pubblicazione con la Piccola Biblioteca Agostiniana.

     
    D. – Che domande vi ha posto Benedetto XVI?

     
    R. – Lui mi ha chiesto con molta curiosità: “Scusi padre, cos’è questa Piccola Biblioteca Agostiniana?” Io gli ho spiegato che è la pubblicazione delle opere più brevi, popolari, per presentarle al gran pubblico in una forma molto popolare, per abituare la gente ad accostarsi al pensiero di Agostino. Lui è stato molto curioso, voleva sapere, si è soffermato volentieri. Questa è la cosa più bella che ho potuto sperimentare in questo incontro con il Santo Padre: è la familiarità, l’eleganza, il rispetto che mi ha preso e che mi ha anche sorpreso. Mi ha colpito come una persona così impegnata si sia soffermata così, senza dimostrare impazienza o fretta, una cosa così di una familiarità unica.

     
    D. – Che cosa ha incuriosito in particolare il Papa?

     
    R. – C’era il computer con il sito www.augustinus.it. E’ stato con gli occhi spalancati, con molta attenzione stava a guardare dicendo: “Questo è molto utile per la ricerca, per gli studiosi”. Si è soffermato molto su questo.

     
    D. – Gli agostiniani come stanno accogliendo le catechesi che il Papa sta dedicando alla figura di Sant’Agostino?

     
    R. – Bene, bene. Per me è una cosa naturale che lui parli di Agostino, lui lo conosce, lui sa. Già il fatto che il Papa per tre incontri - ne farà quattro - parla di Agostino, ci fa capire l’importanza che ha Agostino non soltanto nella Chiesa, ma nella cultura mondiale.

     
    D. – Il Papa cita spesso Sant’Agostino ma che cosa in particolare, dice all’uomo di oggi?

     
    R. – Proprio mercoledì, lui ha preso in mano la Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II "Augustinum Hipponensem" ed ha detto chiaramente: “Cosa dice agli uomini di oggi, a coloro i quali cercano la verità? Dice di non disperare di trovarla”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   “Le novità del giornale del Papa”: in prima pagina un editoriale del direttore. Da domani “L’Osservatore Romano” si rinnova, anzitutto da un punto di vista grafico. Il cambiamento interesserà, nel tempo, più fronti, nel segno di “un impegno appassionato e umile che si rinnova ogni giorno”.

    Nell’informazione religiosa, intervista di Giampaolo Mattei al rettore del Pontificio seminario maggiore in occasione della visita del Papa (oggi pomeriggio).

    L’arcivescovo Bruno Forte recensisce, in cultura, il libro di Vito Mancuso “L’anima e il suo destino”: l’inconsistente tesi di un autore che banalizza la condizione umana.

    Luca Pellegrini intervista il regista Julian Schnabel, che in Francia ha girato un film (Lo scafandro e la farfalla) sulla malattia.

    Arroganza scientifica, anticamera del totalitarismo: la cronaca di Fabio Ruggiero dell’incontro - ieri all’Università di Bologna - sul discorso del Papa a La Sapienza.

    Oggi anche San Brandano navigherebbe in rete: un articolo di Giancarlo Rocca sul fiume di siti informatici dedicati alla vita religiosa.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il Kenya: Ban Ki-moon a Nairobi per sostenere la mediazione di Kofi Annan dopo l’interruzione dei negoziati dovuta all’uccisione di un deputato dell’opposizione.

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    Oggi in Primo Piano



    "Ultima deriva della procreazione artificiale": così mons. Sgreccia commenta la notizia di una ipotetica tecnica che permetterebbe alla donna di procreare figli da sola

    ◊   E’ “l’ultima deriva di una procreazione artificiale che prescinde non solo dall’unione uomo - donna dal punto di vista affettivo, ma anche biologico”. E’ quanto sottolinea il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Elio Sgreccia, dopo la notizia, proveniente da ambienti scientifici britannici, della sperimentazione su topi di una tecnica che potrebbe consentire di prelevare delle cellule staminali dal midollo osseo della donna per creare spermatozoi e avere figli senza il concorso dell’uomo. Mons. Elio Sgreccia parla anche di “rottura completa della eterosessualità” e di un atto “autoreferenziale e autoriproduttivo”. Ascoltiamo il presidente della Pontificia Accademia per la Vita al microfono di Luca Collodi:


    R. – Qui è la portata di tipo antropologico ed etico, sempre nella malaugurata ipotesi che qualcuno pensi di trasferirla sull’uomo, perchè verrebbe del tutto eliminata l’eterosessualità come necessaria per la fecondazione. In parte, questo era stato ottenuto attraverso la clonazione, ma in questo caso ci sarebbe proprio un’ulteriore manipolazione della sessualità e la completa eliminazione del fattore intersessuale per la procreazione: una procreazione, quindi, asessuale. Questo naturalmente ha le sue ricadute sul piano etico e, se vogliamo, anche sul piano – si direbbe oggi – politico. Un domani il potere politico potrebbe portare avanti la ricerca, e anche la tecnica della procreazione artificiale verso la produzione di esseri umani senza il bisogno dell’unione uomo-donna, quindi, garantiti di una capacità immunologica particolare. L’embrione prodotto all’interno di una donna con il proprio ovulo e con il proprio spermatozoo ha i suoi stessi geni. Quindi, sarebbe un figlio adatto ad essere medicamento, ad essere banca di prelievo per tessuti istocompatibili con il fratello, la sorella e tutti i discendenti di quella stessa persona. Un’ingegneria che porta lontano - una specie di delirio – verso la produzione dell’uomo come uno lo vuole e nello stesso tempo la trasformazione della sessualità e l’abrogazione della famiglia. Tutti questi tentativi di una scienza che, a mio avviso, diventerebbe perversa, è contro la natura, è contro la struttura della persona umana che è sessuata e che ha una procreazione attraverso l’unione dei due sessi. Io spero che sia un delirio mentale e rimanga tale, e non venga mai realizzato.

     
    D. – Mons. Sgreccia, sempre dall'Inghliterra arriva poi la notizia di una proposta che prevede di proibire, nelle scuole, l'utilizzo di termini come "papà e mamma" per rispettare i ragazzi con genitori omosessuali...

     
    R. – E’ l’invadenza di ciò che è politico su quella che è la struttura antropologica e biologica. In questa maniera, si verrebbe ad abolire il senso affettivo che hanno le due parole, papà e mamma, e metterle tutte e due sotto il catalogo genitoriale, di genitori, per marcare l’uguaglianza, l’equipollenza dei due sessi, quindi l’abolizione dell’eterosessualità e del legame paterno e materno, nello stesso tempo. Questo è uno sforzo titanico – mi sembra – e cibernetico all’interno del linguaggio. L’altro, all’interno della biologia, per abolire la famiglia, l’eterosessualità e il senso di comunione dell’uomo-donna e della procreazione.

     
    D. – Lei valuta che in entrambi i casi ci possa essere una qualche pressione di lobby economiche o omosessuali?

     
    R. – E’ una stessa ideologia convergente. Se poi è portata avanti da certi gruppi occulti, che finanziano anche, naturalmente, le ricerche, di questo non ho le prove. Ma fa pensare che ci sia un’ideologia che sottende e spinge in avanti contro la famiglia, a favore di una rottura della eterosessualità, dell’autoreferenzialità, della individualità di uomo e donna.

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    Costante la violazione dei diritti umani in tutto il mondo. La denuncia nel rapporto annuale di Human Rights Watch

    ◊   Un quadro del mondo a tinte scure è quello disegnato dal rapporto annuale di Human Rights Watch, l’organizzazione non governativa americana che vigila dal 1998 sui diritti umani. Nella relazione, Oriente e Occidente sono accomunati dalle costanti violazioni e si pone l’accento anche sulla “falsa democrazia” esportata da Stati Uniti e Europa. Il servizio di Benedetta Capelli:

    75 Paesi sotto la lente d’ingrandimento dei diritti umani. E’ un’immagine forte, a tratti impietosa, quella che Human Rights Watch mostra. Un elenco di atrocità alle quali milioni di persone sono sottoposte. E’ l’Africa ad annoverare la lista più lunga: il Congo, la Somalia, il Darfur e la “tragedia dimenticata” della regione etiope dell’Ogaden a maggioranza somala, teatro di duri scontri tra i ribelli e l’esercito di Addis Abeba. Kenya e Nigeria sono citate come esempio per puntare il dito contro la comunità internazionale. In entrambi i Paesi si sono svolte le elezioni ma in tutti e due i casi non sono state pacifiche. Violenze, proteste e sanguinose repressioni ne hanno segnato gli esiti: uno scenario che chiama in causa la comunità internazionale, a volte troppo frettolosa a definire le consultazioni “democratiche” solo per il fatto che si tengano. L’organizzazione per i diritti umani denuncia infatti l’assenza di una stampa libera, di campagne elettorali equilibrate, di “una società civile che possa davvero sfidare il potere”. Europa e Stati Uniti sono così accusati di esportare “una falsa democrazia” per tutelare la propria convenienza economica e strategica. Pakistan, Russia, Azerbaijan e Cuba sono ancora testimonianze di “elezioni manipolate”. Critiche arrivano all’OSCE, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che nel 2010 affiderà la sua guida per un anno al Kazakistan il cui presidente Nazarbayev controlla tutto il Parlamento. Disapprovazione viene espressa anche per la “guerra al terrore” lanciata dall’amministrazione Bush dopo l’11 settembre. Stati Uniti sotto accusa anche per il trattamento dei detenuti del carcere cubano di Guantanamo. Rapimenti, lavori forzati ed esecuzioni sommarie sono i macigni che pesano sulla giunta militare birmana, nell’occhio del ciclone dopo la repressione di settembre; lontana la politica di riconciliazione nazionale in Iraq dove prosegue la violenza settaria. Preoccupazione pure per la popolazione di Gaza dopo l’embargo da parte di Israele, responsabile di “gravi violazioni” del diritto così come i gruppi armati palestinesi. Capitolo a parte per la Cina: l’anno delle Olimpiadi, secondo Human Rights Watch, poteva segnare il riscatto nel campo dei diritti umani. L’organizzazione punta il dito sulla corruzione delle autorità, sullo sgombero forzato di migliaia di famiglie dalle loro case per far posto a nuove strutture. Ci sono però delle note positive come i processi in corso per violazione dei diritti umani nei confronti dell’ex presidente del Perù Fujimori e quello della Liberia Taylor, noto per essere stato un sanguinario “signore della guerra”.

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    Chiesa e Società



    Si è spento negli Stati Uniti padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo e di Regnum Christi

    ◊   Si è spento mercoledì scorso negli Stati Uniti padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo e del Movimento “Regnum Christi”, due realtà ecclesiali presenti in 40 Paesi del mondo. Il sacerdote messicano, nato a Cotija de la Paz nel 1920 aveva 87 anni e si trovava negli Stati Uniti, dove non svolgeva più nessuna attività pastorale, essendosi ritirato a vita privata. La notizia della sua morte è stata resa nota ieri con un comunicato congiunto dai Legionari di Cristo e dal Movimento Regnum Christi che precisa che il decesso è avvenuto “in seno alla Chiesa” e per una serie di complicazioni del suo stato di salute, aggravate dall’età avanzata. “Padre Maciel – si legge nella nota – ha manifestato il desiderio che i suoi funerali fossero tenuti in un clima di preghiera ed in forma semplice e privata”. “Nei suoi 87 anni di vita – afferma ancora il comunicato congiunto – padre Maciel ha dedicato le sue energie al compimento dell’opera che Dio gli ha affidato per collaborare alla missione evangelizzatrice della Chiesa”. La Congregazione dei Legionari di Cristo da lui fondata nel 1941, fu approvata dalla Santa Sede nel 1983 mentre l’approvazione degli Statuti di “Regnum Christi” - voluto da padre Maciel negli anni sessanta come movimento di apostolato ed evangelizzazione formato da famiglie e laici, consacrati e non, così come da sacerdoti diocesani - è avvenuta nel 2004. L’anno seguente, dopo essere stato rieletto Superiore Generale della Congregazione dei Legionari di Cristo, padre Maciel aveva rinunciato per motivi di età. Nel maggio del 2006, dopo le accuse di pedofilia ad opera di alcune persone, dalle quali si è sempre dichiarato innocente fino al momento della morte, e di fronte all’impossibilità di intraprendere un processo canonico a causa della sua età avanzata e del suo delicato stato di salute, la Santa Sede ha pubblicato un comunicato in cui invitava padre Maciel ad una “vita riservata”. La nota vaticana riconosceva “con gratitudine il benemerito apostolato dei Legionari di Cristo e dell’associazione “Regnum Christi”. (A cura di Roberto Piermarini)

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    La Caritas: in Kenya la pace è possibile solo attraverso il dialogo

    ◊   Dirigenti e membri delle Caritas di alcuni Paesi devastati dalle guerre, esortano il Governo e il popolo del Kenya a sostenere il dialogo e a fermare ogni violenza. Lo hanno fatto – come riporta l’agenzia Zenit - attraverso una dichiarazione raccolta da Caritas Internazionalis, che riunisce 162 organizzazioni cattoliche di aiuto, presenti in più di 200 nazioni. “I nostri Paesi – si legge - sono stati sbaragliati dalla violenza politica, etnica e religiosa. Abbiamo testimoniato la devastazione portata da tali divisioni. Stiamo guardando con disperazione mentre il Kenya, una volta un faro di stabilità in una regione tormentata, sprofonda nella via della mattanza etnica”. Il Paese africano è precipitato nel caos dopo le elezioni presidenziali del 27 dicembre scorso, vinte dal Presidente uscente, Mwai Kibaki, e contestate dall’opposizione, guidata da Raila Odinga. “In Rwanda – ricorda il documento - più di mezzo milione di persone è stato massacrato in tre mesi. Nella Repubblica Democratica del Congo, più di cinque milioni di persone sono morti dal 1995. La dissoluzione della Yugoslavia – denuncia la dichiarazione - ha visto il ritorno del genocidio in Europa, con scene che ricordavano la seconda guerra mondiale e l’Olocausto degli Ebrei”. Inoltre – afferma ancora il testo - continua la sofferenza dei popoli della Terra Santa e soprattutto a Gaza, mentre nel Darfur gli sfollati sono 2 milioni e mezzo. Di fronte a questa situazione, si chiede dunque “al Governo, ai partiti dell'opposizione e al popolo del Kenya di porre fine alla violenza. Sono già stati fatti molti danni – scrivono - ma non è troppo tardi per fermare il disastro”. I firmatari della dichiarazione affermano di offrire “le lezioni dei nostri Paesi in solidarietà con quanti sono coinvolti in questo conflitto, nella speranza che i nostri esempi distolgano il Kenya dal seguire la via che porta alla tragedia”. “La pace e la riconciliazione attraverso il dialogo – concludono - sono le uniche vie per andare avanti”. La dichiarazione è a firma dei presidenti di Caritas Rwanda – l’arcivescovo Thaddée Ntihinyurwa di Kigali –, di Caritas Repubblica Democratica del Congo – il vescovo Louis Nzala Kianza – e di Caritas Libano – padre Louis Samaha –; del direttore di Caritas Cambogia – Nuth Samol – e di quello di Caritas Colombia – monsignor Héctor Fabio –, di Sanja Horvat di Caritas Bosnia-Erzegovina, del segretario generale di Caritas Gerusalemme, Claudette Habesch, e del segretario generale di Caritas Internationalis Lesley-Anne Knight. (E. B.)

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    Medici Senza Frontiere lascia la Somalia in seguito ad un attacco contro il suo staff

    ◊   L'organizzazione umanitaria ‘Medici Senza Frontiere’ (MSF) ha deciso di lasciare la Somalia dove operava su larga scala da 16 anni. Lo rende noto un comunicato diffuso a Nairobi. La decisione fa seguito all’attacco compiuto lo scorso 28 gennaio in prossimità di Chisimaio, nel sud della Somalia, che ha causato la morte di tre operatori e due civili somali presenti sul posto. “Attacchi intollerabili ed oltraggiosi”, li ha definiti la nota. “In segno di rispetto e in considerazione dell’assenza di chiarezza intorno alle circostanze dell’attacco, MSF ha sospeso per il momento la presenza dei suoi operatori internazionali” prosegue il comunicato, nel quale si precisa che gli 87 operatori evacuati erano impegnati in 14 progetti in varie zone della Somalia. “Troviamo questo attacco contro il nostro staff assolutamente intollerabile - ha dichiarato il dottor Christophe Fournier, presidente del consiglio internazionale di MSF – e una grave violazione dell’azione umanitaria alla quale i nostri colleghi che hanno perso la vita erano dediti”. A conclusione del comunicato l’appello del direttore generale di MSF Italia, Kostas Moschochoritis, a tutti i gruppi in lotta in Somalia affinché “rispettino il lavoro degli operatori di MSF presenti nel Paese proprio per prendersi cura della popolazione somala che ha un disperato bisogno di assistenza medica”. (C.C.)

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    Da oggi in vigore la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta di esseri umani

    ◊   “Una pietra miliare” così Halvdan Skard, presidente del Congresso del Consiglio d’Europa, ha accolto l’entrata in vigore, a partire da oggi, della Convenzione contro la tratta degli esseri umani ratificata da 14 Paesi. Secondo le cifre rese note dallo stesso Consiglio, sono oltre 60 mila le persone vendute in Europa di queste circa l’80% è rappresentato da donne costrette poi, per almeno il 70%, ad una schiavitù di tipo sessuale. Il restante 10% è invece destinato ai lavori forzati, alle adozioni illegali ma anche al traffico di organi. La tratta rappresenta in Europa la terza attività criminale più diffusa dopo il commercio di armi e droga. Per il segretario generale del Consiglio d'Europa, Terry Davis, l’appuntamento di oggi rappresenta “una tappa fondamentale in merito agli impegni adottati dai Paesi membri per affrontare questi crimini”. Davis parla della Convenzione come di uno strumento efficace per mettere fine alla “schiavitù moderna” ed invita altri Paesi ad una ratifica veloce per aumentare le possibilità di contrasto alla tratta definita dal presidente dell’Assemblea parlamentare, Lluis Maria de Puig, una “forma moderna e intollerabile di barbarie”.(B.C.)

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    Colombia: si chiude l'assemblea dell'Episcopato dedicata alle conseguenze della guerra sulle donne

    ◊   Si chiudono oggi, in Colombia, i lavori della 94.ma Assemblea plenaria colombiana che ha affrontato, in particolare, le terribili conseguenze del conflitto armato interno per le donne. “E’ una situazione – ha sottolineato l’arcivescovo di Ibagué, mons. Flavio Calle Zapata - che può essere definita con due parole: dolore e sfruttamento” e perciò - ha aggiunto - “si deve ulteriormente incrementare ogni tipo di sforzo per accompagnare le donne nel loro percorso di recupero della loro dignità e della insostituibile missione alla quale sono state chiamate da Dio”. Mons. Héctor Fabio Henao Gaviria, direttore del segretariato episcopale per la Pastorale sociale nel suo intervento ha rilevato poi la gravità dell’impoverimento che le donne hanno subito nel contesto del conflitto interno. “Gran parte degli sfollati - ha precisato - sono donne e spesso, oltre a dover fuggire con i figli dalle violenze, devono assumere anche il ruolo di capo famiglia in terre e ambienti sconosciuti e ostili”. Ribadendo quanto già avevano detto altri vescovi, mons. Henao Gaviria, ha però sottolineato che “è proprio la donna colombiana la più grande speranza per la pace e la riconciliazione”. I lavori della Conferenza episcopale colombiana si erano aperti lo scorso 28 gennaio, con un’articolata relazione del vescovo di Tunja, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, dedicata al ruolo e alla missione della donna nella Chiesa e nella società. Nei giorni scorsi, tra l’altro, i presuli hanno ascoltato diverse esperte che hanno offerto loro un’ampia panoramica della realtà femminile nel mondo e in America Latina e hanno potuto discutere sui dati concreti per individuare, come sarà indicato nel Messaggio conclusivo che sarà pubblicato domani, le insidie e le prospettive che possono arricchire una pastorale più incisiva. Intanto, ieri, il segretario dell’episcopato, il vescovo emerito di Florencia, mons. Fabián Marulanda López, ha precisato che le manifestazioni che si terranno il 4 febbraio in centinaia di città del mondo “contro i sequestri e per la liberazione di tutti gli ostaggi” non “devono essere interpretate come una manifestazione politica bensì come una condanna e rifiuto di un crimine orrendo”. Il presule, in concreto si riferiva alla rete di cittadini di diversi Paesi del mondo che ha convocato per il 4 febbraio prossimo ad una mobilitazione mondiale contro il sequestro. La rete che promuove quest'iniziativa non è legata a nessuna organizzazione politica, religiosa, partitica o di altra natura. Il suo è un messaggio che si rivolge a tutti, in particolare, a coloro che rifiutano ogni tipo di violenza, credono e difendono la dignità della persona e ritengono che il sequestro sia una delle più odiose forme di violenza paragonabile al terrorismo. (A cura di Luis Badilla)

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    Nota dei vescovi spagnoli in vista delle prossime elezioni politiche del 9 marzo

    ◊   La maggior parte dei mezzi di comunicazione sociali mette oggi in risalto l’importanza della nota dei vescovi spagnoli pubblicata ieri in preparazione alle elezioni generali del prossimo 9 marzo che interpella il mondo politico. La Commissione permanente si è riunita a Madrid e al termine degli incontri sono stati diffusi due comunicati: uno riguarda i diversi argomenti che erano all’ordine del giorno, l’altro la dichiarazione sulle prossime elezioni generali. Della Commissione permanente, sotto la presidenta di mons. Ricardo Blázquez Pérez, vescovo di Bilbao e presidente della Conferenza episcopale spagnola, fanno parte 23 vescovi e arcivescovi, tra i quali tre cardinali. Nella riunione é stato deciso che l’assemblea plenaria, nella quale sarano rinnovate tutte le cariche, tranne quella del segretario generale, avrà luogo tra il 3 e il 7 marzo prossimo, alla vigilia delle elezioni legislative. Dopo aver ricordato alcuni principi generali sulla partecipazione di tutti, anche della Chiesa, alla vita della società e nei processi elettorali, la dichiarazione offre un esame di alcune questioni specifiche che nel momento presente e alla luce delle diverse proposte dei partiti politici debbono essere studiate e valutate. In primo luogo vengono i valori fondamentali che riguardano la vita umana e il matrimonio. I vescovi mettono poi in risalto l’importanza di un sistema educativo che garantisca i diritti dei genitori a decidere sui contenuti dei programmi e delle materie di insegnamento e chiedono un ampio patto che impegni le istituzioni dello Stato in favore della libertà di educazione e di una istruzione di qualità per tutti. Per quanto riguarda il terrorismo, si afferma che non é ammissibile il riconoscimento esplicito né implicito di nessuna organizzazione terroristica come rappresentante politico o come interlocutore politico. Si conferma la liceità, in linea di principio, di posizioni nazionalistiche che per le vie democratiche possano cercare una possibile modifica dell’attuale configurazione dello Stato. Ma rispettando allo stesso tempo altri valori come il patrimonio storico-culturale comune. (A cura di Ignacio Arregui)

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    I Salesiani hanno ricordato ieri il 120° anniversario dalla morte del loro fondatore san Giovanni Bosco

    ◊   Si sono svolte ieri, a Panama, le principali celebrazioni della festa di San Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani, nel 120° anniversario della sua morte, avvenuta il 31 gennaio 1888. L’evento si è svolto nella Basilica di San Juan Bosco, dove don Pascual Chávez, Rettore Maggiore dei Salesiani, ha presieduto la celebrazione Eucaristica; durante l’omelia ha lanciato, come da tradizione, un messaggio al Movimento giovanile salesiano di tutto il mondo. Nel poneriggio, per le vie della città di Panama si è svolta una solenne processione. Nel suo messaggio, don Chàvez ha innanzitutto ricordato ai giovani una responsabilità: “prendere a cuore la vostra vita – ha detto – e diventare pienamente persone, per realizzare il progetto che Dio ha su di voi: essere suoi figli e figlie amate”. Riprendendo poi l’esortazione che Benedetto XVI ha rivolto ai giovani a settembre, durante l’Agorà di Loreto, il rettore maggiore dei salesiani ha invitato i ragazzi ad avere “il coraggio di andare controcorrente”. In un mondo come quello attuale, ha aggiunto, in cui vengono proposti modelli di vita improntati alla “libertà senza regole, all’arroganza, alla prepotenza ed al successo ad ogni costo”, e in un tempo “come il nostro, caratterizzato da un certo nichilismo che invita ad una sorta di accomodamento e di adattamento passivo alla realtà, vi spetta un compito difficile, ma entusiasmante: non solo di resistere ed essere autentici, ma anche di aiutare i vostri compagni ad amare e gustare la vita, a riempire la quotidianità attraverso l'impegno e la gratuità del servizio agli altri”. Don Chàvez si è poi soffermato sull’importanza di dare una “qualità sociale all’educazione” centrata sull’apertura cordiale a tutte le persone, sul rispetto incondizionato della loro dignità, sul servizio gratuito e generoso, su una visione della vita come dono da condividere e da difendere. Di qui, la necessità – ribadita dal rettore maggiore – di difendere i diritti umani, in particolare quelli dei minori: “Il sistema educativo di Don Bosco – ha aggiunto - è uno strumento prezioso per il riconoscimento e la promozione dei diritti umani. In esso impariamo a considerare ogni giovane responsabile e protagonista della propria vita e della propria educazione”. Vedere i giovani con lo sguardo di Don Bosco significa quindi, ha sottolineato don Chàvez, “credere nel valore assoluto della loro persona, riconoscere in ognuno di loro la dignità di figlio e figlia di Dio; significa avere fiducia nella loro volontà di imparare, di studiare, di uscire dalla povertà, di prendere in mano il proprio futuro”. Il Santo è stato commemorato anche in Italia: don Adriano Bregolin, vicario del rettore maggiore, ha presieduto una solenne concelebrazione eucaristica nel santuario di Santa Maria ausiliatrice di Torino mentre a presiedere la liturgia principale è stato il cardinale Severino Poletto, arcivescovo del capoluogo piemontese. E sulla figura di don Bosco si è soffermato ieri anche il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone: in un’intervista rilasciata all’emittente televisiva Sat2000, il porporato ha ricordato “il vasto e profondo radicamento popolare” del fondatore dei Salesiani e la sua “capacità di difesa, di forza, di espressione dei propri diritti”. Don Bosco, ha aggiunto il cardinale Bertone, “non aveva paura, non si nascondeva, era un uomo coraggioso, un pioniere. Si impegnava con tutte le sue forze, con tutta la sua intelligenza, e sapeva anche dialogare”. (I.P.)

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    Aperta a New York la fase diocesana per la beatificazione di padre Isaac Thomas Hecker, fondatore della Società Missionaria di San Paolo Apostolo

    ◊   L’arcivescovo di New York, il card. Edward Egan, ha formalmente aperto nei giorni scorsi la fase diocesana per la beatificazione di padre Isaac Thomas Hecker, fondatore della Società missionaria di San Paolo Apostolo, comunemente nota come Congregazione dei Paolisti. L’apertura ufficiale è avvenuta al termine di una Santa Messa commemorativa per il 150.mo anniversario della Chiesa di San Paolo Apostolo, la parrocchia che padre Hecker fondò a New York, sulla Columbus Avenue. Nella sua omelia, il card. Egan ha ricordato “le sofferenze e le tribolazioni” che spinsero padre Hecker a fondare i Paolisti come “approccio americano all’annuncio del Vangelo”. Nato a New York nel 1819 da genitori tedeschi immigrati, padre Hecker sopravvisse ad un’epidemia di febbre gialla e rischiò la vita a causa della varicella, patologia di cui portò le cicatrici per tutta la vita. Convertitosi al Cattolicesimo all’età di 24 anni, il fondatore dei Paolisti fu ordinato sacerdote Redentorista in Europa 5 anni più tardi. “Padre Hecker – ha detto padre John Duffy, presidente dei Padri Paolisti – portava avanti la convinzione che se i principi di libertà e democrazia dello Stato venivano uniti agli insegnamenti di Gesù Cristo, proclamati dalla Chiesa cattolica, allora l’America sarebbe divenuta una luce per le nazioni”. Nel 1858, l’allora Arcivescovo di New York, John Hughes, concesse una parrocchia a padre Hecker ed al suo ordine religioso: fu la prima Congregazione cattolica maschile a stabilirsi negli Stati Uniti. Con l’apertura dell’inchiesta diocesana, il fondatore dei Paolisti ha ricevuto il titolo di “Servo di Dio”. (I.P.)

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    Nel Colorado, l’identità cattolica pregiudicata dal disegno di legge antidiscriminazione

    ◊   Negli Stati Uniti, è sempre più acceso il dibattito su un disegno di legge riguardante la legislazione approvata dal parlamento del Colorado lo scorso anno per prevenire la discriminazione nelle assunzioni sulla base dell’orientamento sessuale o della religione. La legislazione è stata emendata dispensando organizzazioni religiose e quelle no profit. Con l’attuale disegno di legge, si cerca adesso di eliminare l’emendamento: in questo modo - riferisce l'agenzia Zenit - si pregiudica l’identità cattolica. La Caritas dell’arcidiocesi di Denver, ad esempio, potrebbe essere costretta ad ignorare il credo religioso nell’assunzione del personale. L’arcivescovo di Denver, mons. Charles Joseph Chaput, sottolinea che le organizzazioni cattoliche non “hanno alcun interesse per una filantropia generica; al contrario, sono strumenti del ministero sociale cattolico”. Secondo il presule, quando queste organizzazioni non potranno più avere la libertà di cui hanno bisogno per essere “cattoliche”, non potranno più assicurare i loro servizi. Siamo lieti di collaborare con il governo – aggiunge l’arcivescovo di Denver – ma non a costo della nostra identità religiosa. Il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio consiglio Cor unum, ha detto infine “che teologicamente l’attività caritativa e le buone azioni dei fedeli sono sempre legate alla promozione della Parola”. “Il servizio – ha concluso – è sempre collegato alla testimonianza della Parola di Dio e nessuno deve spezzare questo legame”. (A.L.)

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    America Latina: un corso di formazione via Internet per la difesa della vita

    ◊   L’aborto in America Latina si va estendendo sempre di più: in Colombia è stato depenalizzato nel 2006 mentre nella capitale messicana ed in altri Paesi, come l’Argentina, è stato legalizzato meno di un anno fa. Fortunatamente – ricorda l’agenzia Fides - si registrano anche notizie positive, come la decisione del Congresso nazionale del Nicaragua di mantenere, nel nuovo Codice penale, il divieto assoluto dell’aborto. “Tutte queste situazioni aprono ad una riflessione seria e costante sulle strategie internazionali che favoriscono l’aborto e sulle iniziative che tutti i cattolici devono invece assumere e diffondere nella dura battaglia in difesa della vita”, si legge nel comunicato inviato all’Agenzia Fides da Luisa Fernanda Puerta del sito Web cattolico “VE Multimedios”. A tale proposito, la piattaforma di educazione virtuale attraverso Internet “Cirilus”, promossa da VE Multimedios, ha istituito un corso di formazione permanente intitolato “Le chiavi della verità: davanti all’aborto”, che è “indirizzato a quanti partecipano ai movimenti pro-vita e hanno bisogno di argomenti scientifici ed etici per difendere la vita di fronte alle diverse pressioni dei gruppi abortisti internazionali”. Il corso si pone i seguenti obiettivi: spiegare le basi scientifiche dell’inizio della vita dell’essere umano; formulare una definizione di aborto indotto e conoscere i principali modi di realizzarlo; riconoscere le falsità e le ideologie che si nascondo dietro agli argomenti più comuni presentati a favore dell’aborto indotto; elaborare un giudizio etico razionale sull’aborto, basato sui dati della scienza, da una prospettiva etica motivata dal valore della persona umana; spiegare, in linea generale, le strategie utilizzate a livello internazionale per depenalizzare o legalizzare l’aborto. Il corso dura quattro settimane (per un totale di 30 ore di lezione), a partire dal 27 marzo, e conterà sull’apporto di uno specialista sui temi di difesa della vita, il dottor Renzo Paccini, docente del Master in Bioetica dell’Università “Regina Apostolorum”, che ha collaborato con il Pontificio consiglio per la pastorale della salute ed è stato consulente del comitato di etica della Conferenza episcopale peruviana. Attualmente svolge la sua attività medica nell’istituzione civile “Solidarietà in Marcia” a Lima. (E. B.)

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    L’Istituto cattolico di Parigi impegnato nella formazione dei futuri imam, chiamati a conoscere i valori democratici della Repubblica francese

    ◊   Si è aperto nei giorni scorsi presso l’Istituto cattolico di Parigi un ciclo di studio su “Religione, laicità, interculturalità” che accoglie anche una ventina di studenti musulmani dell’Istituto di formazione della moschea parigina. Come riporta l’agenzia Sir, obiettivo del diploma universitario è l’acquisizione della conoscenza dello stato di diritto e dei valori democratici della Repubblica francese. Il rettore Pierre Cahné spiega sul quotidiano cattolico La Croix perché il suo istituto abbia accettato di contribuire a formare i futuri imam. “Da tempo – scrive – l’Istituto cattolico rifletteva sulla necessità di promuovere una formazione destinata agli stranieri che desideravano integrarsi in Francia, assumersi responsabilità religiose e culturali, avere una voce pubblica”. Il programma del corso proposto dall’Istituto parigino nasce in stretta collaborazione con i ministeri degli Interni e dell’Immigrazione. La formazione – precisa ancora il rettore – “non ha nulla a che vedere con l’insegnamento teologico. La nostra linea di condotta è chiara: abbiamo davanti a noi degli stranieri che vogliono vivere in Francia, assumersi delle funzioni socio-religiose. Il nostro dovere è far in modo che essi possano svolgere questo compito nella maniera più efficace, umana e meno conflittuale possibile. La società francese – ha concluso - è ricca di valori. Perché rifiutarsi di trasmetterli”. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Donne kamikaze fanno strage in due mercati di Baghad: oltre 60 i morti

    ◊   In Iraq dopo un periodo di relativa calma, confermato dalle stime delle autorità che registrano un netto calo delle vittime negli ultimi mesi, il terrorismo torna a colpire pesantemente nel centro di Baghdad. Almeno 63 persone sono rimaste uccise ed altre 100 ferite in due distinti attentati compiuti in successione da donne kamikaze in altrettanti mercati della capitale. I suq erano particolarmente affollati essendo il venerdì giornata festiva. Ma come vive la popolazione irachena di fronte alla continua violenza? Giada Aquilino lo ha chiesto a mons. Philip Najim, visitatore apostolico per i fedeli Caldei in Europa:


    R.- Questi attentati, che attualmente avvengono a Baghdad, sono contro la popolazione irachena, che soffre da anni e che continua a soffrire. Quelli che realizzano questi attentati vogliono la divisione, la distruzione, la sofferenza e non vogliono arrivare ad una pace che regni su tutto il Paese, creando la normalità. Perciò, queste violenze rallentano il processo che l’Iraq deve compiere per inserirsi di nuovo nella comunità internazionale. Sono atti contro l’essere umano, contro tutto il popolo iracheno che soffre, siano essi cristiani o musulmani: perché le bombe, quando arrivano, non conoscono religione.

     
    D. – Quanta paura c’è di circolare per le strade del Paese?

     
    R. – Veramente tanta paura, perché non si sa cosa potrà accadere. Perciò tanta gente lascia Baghdad e il Paese.

     
    D. – I rapimenti e le violenze che hanno colpito anche i cristiani cosa hanno generato in Iraq?

     
    R. – I rapimenti continuano, come pure le richieste di riscatto a gente povera, che non ha soldi e deve fare il possibile per trovare il denaro. L’Iraq ha bisogno della pace e la pace è nelle mani della comunità internazionale.

     Medio Oriente E’ alta la tensione tra l’Egitto e Hamas dopo la ferma condanna del Cairo per la violazione della frontiera di Rafah avvenuta una settimana. Il Paese africano ha inoltre avvertito il movimento integralista che sarà ritenuto responsabile di un eventuale fallimento dei colloqui sulla crisi e che non permetterà più un’altra irruzione dei palestinesi in territorio egiziano. Sul terreno si registra, infine, l’arresto da parte dei servizi di sicurezza egiziani di 12 miliziani palestinesi nei pressi di Rafah, al confine tra Egitto e striscia di Gaza. Secondo fonti militari, i fermati erano in possesso di armi e munizioni che intendevano utilizzare in attentati contro israeliani nel Sinai.
     
    Pakistan
    Abu Laith al Libi, considerato da alcuni il numero tre di Al Qaida, è stato ucciso nell’attacco missilistico condotto nei giorni scorsi nel Pakistan nord-occidentale. Lo ha riferito un responsabile dei servizi segreti pachistani all'AFP. “Al Libi era sicuramente nell’edificio distrutto dal missile. Nessuno è sopravvissuto all'esplosione. Quindi noi pensiamo che sia stato ucciso”. Nel Paese asiatico è stato poi testato un missile a medio raggio a capacità nucleare alla presenza del presidente Pervez Musharraf che ha assicurato che l’arma nucleare non cadrà mai nelle mani delle forze integraliste.

    Cina – formalizzato arresto dissidente Hu Jia
    Le autorità cinesi hanno formalizzato oggi l'arresto del dissidente Hu Jia, che dovrà rispondere di “istigazione a sovvertire i poteri dello Stato”, secondo quanto riferito dal suo avvocato, Teng Biao. Hu Jia, con la moglie Zeng Jinyan, curava un blog di denuncia delle violazioni di diritti umani molto letto in Cina e all'estero. Il dissidente è stato arrestato il 27 dicembre scorso mentre la moglie, sebbene non sia stata formalmente accusata di reati, è di fatto agli arresti domiciliari di fatto. Hu Jia secondo il suo legale, rischia ora molti anni di carcere. Secondo gli attivisti dei diritti umani, l’arresto di Hu è stato deciso in vista delle Olimpiadi del 2008, per garantirne il sereno svolgimento.

    Kenya
    Questa mattina è giunto a Nairobi il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, per rilanciare i negoziati di pace e fare pressione sulle parti. Ban Ki-moon ha subito incontrato l’incaricato delle Nazioni Unite alla mediazione, Kofi Annan, il leader dell'opposizione Raila Odinga, e diversi esponenti della società civile. La situazione del Kenya ha occupato ieri l’intera giornata di apertura dei lavori del summit dell’Unione africana ad Addis Abeba, in Etiopia. A preoccupare i leader africani sono le conseguenze economiche e politiche della grave instabilità che ha coinvolto il Paese dopo le elezioni di dicembre. Ma l’intervento dell’UA nella gestione di queste crisi può realmente portare ad una loro soluzione? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Enrico Casale, africanista della rivista dei gesuiti Popoli:


    R. – Non credo che da sola abbia la forza per raggiungere un risultato ma in collaborazione con le altre organizzazioni internazionali, può dare un contributo alla mediazione, come dimostra il fatto che lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite ha espresso la volontà di mediare tra i due leader politici keniani.

     
    D. – Si può dire che alle Nazioni Unite, in ambiente internazionale, si tema per il Kenya, quello che è già successo in passato ad esempio per il Rwanda?

     
    R. – C’è certamente un rischio di scontro tra i fini; è quindi un possibile genocidio anche se lì ci sono anche altre ragioni per cui è necessario che il Kenya rimanga un Paese stabile. Ci sono ragioni legate agli interessi degli Stati Uniti che vogliono un Kenya stabile perché fondamentalmente è la loro base di appoggio per le operazioni verso l’Africa orientale. I Paesi confinanti hanno bisogno del Kenya come sbocco verso il mare e anche dell’Europa perché il Kenya per l’Europa è uno dei massimi fornitori di prodotti ortofrutticoli. Questo interesse può portare, può spingere ad una mediazione e può spingere verso una soluzione della crisi.

    Mauritania – attacco ambasciata israeliana
    Un gruppo di integralisti armati la scorsa notte ha assaltato a colpi di arma da fuoco l’ambasciata israeliana di Nouakchott, capitale della Mauritania. Il gruppo ha sparato contro le guardie e contro un locale pubblico vicino all’ambasciata. Secondo quanto riferito dall'ambasciatore di Israele in Mauritania non ci sono feriti nello staff dell'ambasciata. Diverse persone che si trovavano davanti al locale sono state invece colpite; fra queste, anche una donna francese che è stata portata in ospedale. Un portavoce del ministro degli Esteri israeliano ha definito l’attacco ''un atto di terrorismo'', sottolineando che la Mauritania è uno dei pochi Paesi arabi che intrattiene rapporti diplomatici con lo Stato ebraico.

    Ciad
    E rischia di precipitare la situazione anche in Ciad. Combattimenti sono in corso a Massaguet, 50 chilometri a nord-est della capitale N’Djamena, tra l’esercito regolare e una colonna di ribelli ciadiani provenienti dal vicino Sudan. Il centro sarebbe ora finito sotto il controllo dei ribelli. L’esercito, agli ordini del presidente Idriss Deby, era stato schierato già da ieri alle porte della capitale. E a causa dei violenti scontri di questi giorni l'Unione Europea ha rinviato il dispiegamento di truppe ed equipaggiamento destinati al Paese africano che doveva avvenire oggi. L'operazione militare, denominata EUFOR, ha l'obiettivo di proteggere i rifugiati provenienti dalla regione del Darfur e dalla vicina Repubblica Centrale Africana.

    Italia
    Secondo giorno di consultazioni del presidente incaricato Franco Marini. Dopo aver incontrato ieri i partiti minori, oggi sarà la volta di Verdi, Comunisti italiani, Italia dei valori, Rifondazione comunista, Partito socialista e UDC. Ma per la formazione del nuovo governo i margini sono ancora molto stretti. Servizio di Giampiero Guadagni:

     
    La vera novità delle ultime ore è la proposta del ministro degli Esteri D’Alema: votare in aprile i referendum elettorali, recentemente ammessi dalla Corte Costituzionale, e dopo qualche mese sciogliere le Camere e andare alle urne. D’Alema conta sul fatto che molti partiti, a cominciare da Alleanza nazionale fino a spezzoni del Partito Democratico, si erano impegnati a raccogliere firme per i referendum. Ma la strada non sembra praticabile. Un no secco è arrivato dal principale destinatario della proposta, Gianfranco Fini, che anzi prevede il voto politico tra il 6 e il 13 aprile. La proposta non fa breccia neppure tra molti alleati di centrosinistra. Questi appoggiano comunque il tentativo di Franco Marini,  anche se prevale lo scetticismo. Questa mattina Comunisti italiani e Verdi hanno ribadito a Marini la loro indisponibilità ad un cambio di maggioranza. Mentre per il presidente della Camera Bertinotti ormai la legislatura è politicamente finita e all’inevitabile voto la sinistra deve arrivare con un soggetto politico unico. Sull’altro fronte, l’UDC ha confermato al presidente incaricato il sì ad una legge elettorale proporzionale alla tedesca, ma non intende in nessuna forma sostenere un governo con il centrosinistra. In dissenso dalla linea di Casini, Baccini e Tabacci hanno lasciato l’UDC, lavorano alla nascita di una forza di centro, alternativa ai due schieramenti. E intanto offrono sostegno a Marini. Un possibile spiraglio. Ma il presidente incaricato è dichiaratamente alla ricerca di un consenso politico ampio. Suo obiettivo non è dunque quello di avere garantiti un paio di voti in più che gli consentano magari di ottenere la fiducia in Parlamento; quanto quello di coinvolgere e convincere Forza Italia a condividere la riforma elettorale, offrendo una data certa e ravvicinata per le elezioni. (Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni)

    Serbia
    Una visita lampo in Kosovo e un comizio in piazza a Belgrado. Così, in Serbia, il capo di Stato uscente Tadic ha concluso ieri la sua campagna elettorale in vista del ballottaggio presidenziale che domenica lo opporrà all'ultranazionalista Nikolic. Anche quest’ultimo si è stretto ai suoi sostenitori. Secondo i sondaggi la sfida tra i due leader, che chiamerà alle urne 6,7 milioni di serbi, si risolverà per una manciata di voti. Per la cronaca delle ultime ore della campagna elettorale ascoltiamo il servizio di Giuseppe Briguglio:


    Tadic, dopo una visita lampo in un’enclave serba in Kosovo, si è presentato nel pomeriggio sul grande palco montato in Piazza della Repubblica e, di fronte ai suoi sostenitori, ha delineato il suo programma. Una rapida e decisa modernizzazione del Paese, un nuovo impulso al processo di integrazione all’Unione Europea ed una strenua difesa del Kosovo, culla della cultura serba, rigettando però ogni ricorso alle armi. Nikolic ha parlato invece in un palazzetto dello sport strapieno di simpatizzanti, ha criticato l’Unione Europea ed i suoi burocrati, troppi attenti, secondo lui, alla stabilità finanziaria e poco, invece, alla libertà dei popoli europei. Di seguito, ha dichiarato che la Serbia, di cui sarà presidente, sarà una nazione multietnica, dove tutte le minoranze avranno garantiti i propri diritti, anche gli albanesi del Kosovo. Nessuno dei due però è riuscito ad ottenere l’appoggio esplicito dei candidati sconfitti al primo turno che hanno lasciato libertà di coscienza ai propri elettori; ciò rende ancora più imprevedibile il risultato di domenica e il futuro prossimo della più grande delle ex repubbliche jugoslave. (Da Belgrado, per la Radio Vaticana, Giuseppe Briguglio)

     
    Pena di morte
    La corte suprema degli Stati Uniti ha sospeso una condanna a morte in programma per oggi in Alabama. L’esecuzione si sarebbe tenuta in deroga alla moratoria decretata quattro mesi fa, in attesa della sentenza della stessa Corte sulla costituzionalità dell'iniezione letale. In Giappone, invece, sono state eseguite le prime condanne a morte del 2008. Il Paese asiatico nel 2007 ha ripreso le esecuzioni per impiccagione dopo una moratoria de facto applicata per quindici mesi. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Chiara Calace)



    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 32

     

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