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Sommario del 30/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Nomine
  • Libertà nella Verità: ripercorriamo il magistero e il ministero pastorale di Benedetto XVI nel 2008
  • Sono 20 gli operatori pastorali uccisi nel corso dell'anno: li ricorda il Rapporto dell'agenzia Fides
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I Patriarchi cristiani di Terra Santa: cessino subito le violenze nella Striscia di Gaza e si torni il dialogo. Intervista con il Custode di Terra Santa
  • Il nunzio in Sri Lanka, mons. Mario Zenari: i civili messi a repentaglio dalle continue violenze prodotte dal conflitto tra governo e Tigri Tamil
  • Il vescovo di Viterbo, Lorenzo Chiarinelli, guida la marcia della pace di fine anno nella sua diocesi. Intervista con il presule
  • Lo "spirito" di Taizé che attraversa l'Europa: da Bruxelles, sede del raduno 2008, e da Roma le testimonianze di due giovani
  • Chiesa e Società

  • Appello di Amnesty International per la fine della violenza a Gaza
  • India: incendi e paura per i cristiani dell'Orissa nonostante l'ingente presenza di forze dell'ordine
  • Zimbabwe: giungono da tutto il mondo gli aiuti per far fronte alla crisi umanitaria seguita alla diffusione del colera
  • Nella città vietnamita di Son La anche quest'anno il divieto di celebrare il Natale
  • L'ottimismo dell'episcopato filippino per la ripresa dei negoziati tra governo e Fronte islamico Moro
  • I vescovi argentini ribadiscono la loro condanna all'intenzione di depenalizzare il consumo personale di droga
  • L'incontro con i giornalisti del nuovo arcivescovo metropolita di San Salvador, Escobar Alas
  • Thailandia: la difficile situazione di alcune regioni a quattro anni dallo tsunami
  • La Caritas di Seul apre il quarto "supermercato per i poveri"
  • Dal cuore dell'Africa a Piazza San Pietro: la Marcia per la pace della Comunità di Sant'Egidio
  • "Il matrimonio cristiano è simbolo dell'immagine di Dio": lo scrive l’arcivescovo di Westminster nella lettera per la Festa della Santa Famiglia
  • Il cardinale Bagnasco: "La Chiesa, come sempre, è con chi è nel bisogno"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Almeno 45 persone massacrate in Congo nei giorni scorsi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Siria l’arcivescovo Mario Zenari, finora nunzio apostolico in Sri Lanka.

    In Mozambico, il Papa ha nominato vescovo di Lichinga padre Elio Greselin, già provinciale dei Padri Dehoniani in Mozambico. Il neo presule ha 70 anni ed è originario della diocesi italiana di Vicenza. Ha studiato Filosofia e Teologia nel Seminario del suo Istituto, quindi ordinato sacerdote è stato, fra l’altro, maestro dei novizi a Gurué in Mozambico e superiore provinciale dei Padri Dehoniani nel medesimo Paese africano. La Diocesi di Lichinga, suffraganea dell'Arcidiocesi di Nampula, ha una superficie di 129 mila kmq, con oltre un milione di abitanti dei quali 250 mila cattolici, suddivisi in 21 parrocchie rette da 29 sacerdoti, coadiuvati da 4 fratelli religiosi, 34 seminaristi e 70 religiose. La diocesi di Lichinga era vacante in seguito al trasferimento di mons. Hilário da Cruz Massinga alla diocesi di Quelimane, avvenuto il 25 gennaio scorso.

    Il Pontefice ha nominato consultori della Congregazione per il Clero i Reverendi: Mons. Giuseppe Sciacca, Prelato Uditore del Tribunale della Rota Romana; Sac. Valerio Michele Adriano, dell'Arcidiocesi di Torino (Italia); Sac. Davide Cito, della Prelatura personale dell'Opus Dei, Professore di Diritto Penale nella Pontificia Università della Santa Croce, Roma; P. James Conn, S.I., Professore di Diritto Canonico nella Pontificia Università Gregoriana, Roma; Sac. Enrico Dal Covolo, S.D.B., Professore nella Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche della Pontificia Università Salesiana, Roma; Sac. Alberto Franzini, della Diocesi di Cremona (Italia); Sac. Martin Grichting, della Diocesi di Chur (Svizzera); P. David-Maria Jaeger, O.F.M., Professore di Diritto Canonico nella Pontificia Università «Antonianum», Roma; P. Moacyr Malaquias Júnior, O.F.M., Professore di Diritto Patrimoniale Canonico nella Pontificia Università «Antonianum», Roma; Sac. Jesús Miñambres, della Prelatura personale dell'Opus Dei, Professore di Diritto Amministrativo nella Pontificia Università della Santa Croce, Roma; Sac. Luis Navarro, della Prelatura personale dell'Opus Dei, Decano della Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce, Roma; Sac. Christoph Ohly, della Diocesi di Köln, Assistente alla Cattedra di Diritto Canonico dell'Università Cattolica di München (Germania); P. Jan Śliwa, O.P., Vice-Decano e Professore nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, Roma; e l'Illustrissimo Dott. Richard Fitzgibbon, Psichiatra, Membro dell'Associazione Medici Cattolici degli Stati Uniti d'America (Stati Uniti d'America).

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    Libertà nella Verità: ripercorriamo il magistero e il ministero pastorale di Benedetto XVI nel 2008

    ◊   Tre viaggi apostolici internazionali, quattro visite pastorali in Italia, 42 udienze generali, oltre due milioni di fedeli presenti agli incontri pubblici in Vaticano e a Castel Gandolfo, oltre venti capi di Stato e di governo incontrati, 28 gruppi di vescovi di tutto il mondo ricevuti in visita ad Limina. Sono alcuni dei numeri del 2008 di Benedetto XVI. Un anno intenso quello del Papa, ricco di avvenimenti significativi, come ci racconta in questo servizio Alessandro Gisotti:

    Annunciare la gioia della speranza cristiana, testimoniare la bellezza dell’incontro con Cristo, mostrare la forza della verità che rende liberi, sfidando lo spirito del tempo. Questo, Benedetto XVI, ha fatto instancabilmente in questo anno che volge al termine, sia che parlasse ad una moltitudine di giovani a Sydney o dinnanzi ai rappresentanti delle nazioni al Palazzo di Vetro, o ancora pellegrino tra i pellegrini al Santuario mariano di Lourdes. Un 2008 che Benedetto XVI inizia con un accorato appello per la concordia tra i popoli. Il primo gennaio, Giornata mondiale della pace, indica nella famiglia un modello per il dialogo tra le nazioni:

     
    “Lo stesso amore che costruisce e tiene unita la famiglia, cellula vitale della società, favorisce l’instaurarsi tra i popoli della terra di quei rapporti di solidarietà e di collaborazione che si addicono a membri dell’unica famiglia umana”.

     
    E’ il primo di una serie di appelli per la pace che il Papa rivolgerà ogni volta che il fragore delle armi sopraffarrá la voce dei più deboli. Benedetto XVI chiede la fine delle violenze anticristiane in Iraq, culminate nell’uccisione dell’arcivescovo di Mossul, mons. Rahho. Condanna come disumani gli atti di terrorismo a Mumbai. Esorta alla riconciliazione in Terra Santa, nuovamente sconvolta dalla violenza, alla pace nel Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Particolarmente drammatica l’estate del 2008 con il conflitto in Caucaso tra Russia e Georgia e lo scatenarsi della violenza anticristiana nello Stato indiano dell’Orissa. Il Papa è vicino ai fedeli provati dalla sofferenza:

     
    “Imploro il Signore che li accompagni e sostenga in questo tempo di sofferenza e dia loro la forza di continuare nel servizio d’amore in favore di tutti. Invito i leader religiosi e le autorità civili a lavorare insieme per ristabilire tra i membri delle varie comunità la convivenza pacifica e l’armonia che sono sempre state segno distintivo della società indiana”. (Udienza generale, 27 agosto 2008)

     
    La pace e la difesa della legge naturale iscritta nel cuore di ogni uomo, vero fondamento dei diritti umani, sono al centro dello storico discorso che Benedetto XVI rivolge nell’aprile scorso all’Assemblea generale dell’Onu a New York. Un viaggio apostolico, quello negli Stati Uniti, in cui il Papa non manca di esprimere vergogna per gli abusi compiuti su minori da sacerdoti e religiosi. Un coraggio e una chiarezza che aiutano a sanare le ferite. Tantissimi giovani partecipano alle Messe che il Papa celebra in terra americana. Speranze e difficoltà della gioventù stanno particolarmente a cuore a Benedetto XVI che all’inizio dell’anno a loro, in particolare a quelli della diocesi di Roma, dedica una Lettera sull’emergenza educativa. Poi, a luglio a Sydney, la XXIII Gmg incentrata sull’azione della Spirito Santo nella vita dei giovani cristiani. Non un punto d’arrivo, avverte il Papa, ma di partenza:

     
    “Al termine di questa straordinaria esperienza di Chiesa, che ci ha fatto vivere una rinnovata Pentecoste, tornate a casa rinvigoriti dalla forza dello Spirito Santo. Siate testimoni di Cristo risorto, speranza dei giovani e dell’intera famiglia umana!". (20 luglio 2008)

     
    Nuovi positivi sviluppi si registrano in questi mesi nel rapporto con l’Islam: a novembre si tiene a Roma il seminario organizzato dal Forum cattolico-musulmano. Sono i frutti del dialogo nella verità, indicato da Benedetto XVI fin dall’inizio del suo Pontificato. Nel 2008, sono particolarmente significativi i progressi sulla via dell’ecumenismo. A maggio, il Patriarca armeno Karekin II visita il Papa in Vaticano. A novembre è la volta del Catholicos Aram I. Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I è a Roma tre volte nel corso dell’anno. Vicinanza agli ortodossi russi viene espressa dal Papa alla morte di Alessio II a dicembre con l’auspicio che Roma e Mosca proseguano sulla via del dialogo. A sostenere gli sforzi ecumenici contribuisce anche una grande iniziativa voluta da Benedetto XVI: l’indizione dell’Anno Paolino. Ecco come il Pontefice ne spiega le motivazioni, il 28 giugno, durante la Celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Pietro e Paolo:

     
    “Paolo vuole parlare con noi - oggi. Per questo ho voluto indire questo speciale "Anno Paolino": per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, ‘la fede e la verità’, in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo”.

     
    All’Apostolo delle Genti, il Papa dedica inoltre un ciclo di catechesi dell’udienza generale del mercoledì. Con l’Anno Paolino, l’altro grande evento ecclesiale voluto dal Papa nel 2008 è il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, convocato in ottobre in Vaticano. Così, il Papa presenta il tema dell’assise, nella Messa d’apertura a San Paolo fuori le Mura, il 5 ottobre:

     
    “Solo la Parola di Dio può cambiare in profondità il cuore dell’uomo, ed è importante allora che con essa entrino in una intimità sempre crescente i singoli credenti e le comunità. L’Assemblea sinodale volgerà la sua attenzione a questa verità fondamentale per la vita e la missione della Chiesa. Nutrirsi della Parola di Dio è per essa il compito primo e fondamentale”.

     
    In questo 2008, Benedetto XVI intensifica le occasioni di dialogo con il mondo della scienza. Ricorrenti sono le riflessioni del Papa sulla crisi economica globale. Nei messaggi ai vertici della Fao come anche all’incontro dell’Onu sugli Obiettivi del Millennio, Benedetto XVI chiede di rimettere la persona, e la sua dignità, al centro dei rapporti economici. Significativamente, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2009 sottolinea “le ripercussioni negative che la situazione di povertà di intere popolazioni finisce per avere sulla pace”. Ecco la sua esortazione, nell’udienza del maggio scorso ai membri della Fondazione “Centesimus Annus”:

     
    “Al centro di ogni programmazione economica, specialmente considerando la vasta e complessa rete di relazioni che caratterizza l’epoca post-moderna, occorre che ci sia sempre la persona, creata a immagine di Dio e da Lui voluta per custodire ed amministrare le immense risorse del creato”. (31 maggio 2008)

     
    Altro tema sempre in primo piano nel Magistero di Benedetto XVI è il sì alla vita, la sua difesa dal concepimento alla morte naturale. In particolare, il Papa torna più volte sull’insegnamento dell’Enciclica Humanae Vitae, di cui ricorre il 40.mo anniversario. Con quel documento - sempre attuale, sottolinea - Paolo VI ha mostrato coraggiosamente che l’amore coniugale, aperto al dono inestimabile della vita, deve coniugare libertà e verità.

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    Sono 20 gli operatori pastorali uccisi nel corso dell'anno: li ricorda il Rapporto dell'agenzia Fides

    ◊   Sono 20 gli operatori pastorali uccisi nel 2008. Si tratta di un arcivescovo, 16 sacerdoti, 1 religioso e 2 volontari laici. E’ quanto emerge dal dossier di fine anno pubblicato dall’agenzia Fides che sottolinea come anche nel 2008 sia stata l’Asia il Continente con il più alto numero di operatori pastorali assassinati. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Duemila anni dopo San Paolo, anche nel 2008 testimoni e martiri ricordano l’unica forza che supera l’odio e la violenza, l’amore per Cristo. Camminando per le strade del mondo, spinti dall’annuncio della Buona Notizia, si possono sperimentare anche prove durissime, come la discriminazione, la persecuzione e perfino la morte. Tra quanti hanno consacrato la loro vita, c’è chi ha testimoniato l’amore per Cristo in situazioni e contesti profondamente diversi. Testimone di questo amore è stato in Iraq, Paese sconvolto dalla guerra, mons. Rahho, arcivescovo caldeo di Mossul, rapito dopo la celebrazione della Via Crucis e poi ucciso. In altri Stati, come in Venezuela e in Colombia, l’orrore della violenza ed il dramma della povertà sono sullo sfondo degli assassinii di padre Orellana Hidalgo, trovato cadavere nella sua casa a Caracas e di padre Jiaime Ossa Toro, accoltellato a Medellín.

     
    Molti operatori pastorali sono stati uccisi in apparenti tentativi di rapina, come padre Brian Thorp assassinato nella sua parrocchia a Lamu, in Kenya. Altri sono morti perché opponevano tenacemente l’amore all’odio. Tra questi, c’è padre Bernard Digal, una delle vittime dell’ondata di violenze anticristiane compiute da estremisti indù nello Stato indiano dell’Orissa. Altri ancora sono stati assassinati mentre erano immersi nella preghiera, come padre Reynaldo Roda, raggiunto da colpi di arma da fuoco nella cappella di una missione nelle Filippine, dove poco prima aveva recitato il Santo Rosario.

     
    Tutti - sottolinea l’agenzia Fides - “senza eroismi o proclami solenni, non hanno esitato a mettere quotidianamente a rischio la loro vita per non far mancare a quanti li circondavano il soffio vitale della speranza”. Lo hanno fatto in Paesi segnati da tragiche divisioni come lo Sri Lanka, terra scossa da continui scontri tra esercito e ribelli. Qui è stato ucciso padre Xavier Karunaratnam, che si è sempre impegnato per fornire assistenza psicologica alle vittime del conflitto. Nella martoriata Repubblica Democratica del Congo ha trovato la morte anche il volontario laico Boduin Ntamenya, originario di Goma, ucciso mentre stava svolgendo il proprio lavoro in una zona di guerra.

     
    Ci sono poi vittime della follia omicida. E’ il caso di due sacerdoti gesuiti, padre Otto Messmer e padre Victor Betancourt, uccisi nella loro abitazione a Mosca da uno psicopatico. All’elenco si deve poi aggiungere la lunga lista di tanti dei quali forse non si avrà mai notizia, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano anche con la vita la loro fede in Cristo. Si tratta - come ha affermato Giovanni Paolo II - di quella “nube di militi ignoti della grande causa di Dio”, senza i quali la Chiesa e il mondo sarebbero enormemente impoveriti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo del vice direttore dal titolo “Chi ci aiuta a vivere”: Benedetto XVI e la speranza

    In evidenza, nell’informazione internazionale, la critica situazione nel Vicino Oriente

    In cultura, un articolo di Sara Muzzi dal titolo “Sei donne per spiegare Betlemme”: Raimondo Lullo e il Natale

    Alessandro Ghisalberti ricorda il filosofo Pietro Prini, tra i massimi esponenti dell’esistenzialismo cattolico europeo

    Sandro Barbagallo su una retrospettiva - al Palazzo Ducale di Genova - dedicata a Lucio Fontana

    Uno scrittore in fuga dalla prigione del tempo: Francesco Di Felice ripercorre l’avventura spirituale di Julien Green a dieci anni dalla morte

    Pecore e pastorelli al Metropolitan: Nicoletta Pietravalle sulla tradizione del presepe napoletano in mostra al museo delle arti di New York

    Nell’informazione religiosa, Giampaolo Mattei intervista il cardinale Walter Kasper, che traccia un bilancio del dialogo ecumenico nel 2008

    Un articolo di José Maria Serrano Ruiz sull’entrata in vigore della nuova legge sulle fonti del diritto: un avvenimento importante per l’ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano

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    Oggi in Primo Piano



    I Patriarchi cristiani di Terra Santa: cessino subito le violenze nella Striscia di Gaza e si torni il dialogo. Intervista con il Custode di Terra Santa

    ◊   La Commissione europea chiede a Israele di fermare gli attacchi su Gaza e di far passare aiuti umanitari, mentre la presidenza francese di turno dell’UE elabora una strategia diplomatica. Intanto, da Gaza una nuova salva di razzi palestinesi è caduta in mattinata nelle città di Sderot e di Ashqelon. Finora non si ha notizia di vittime, oltre il soldato israeliano ucciso nella notte, che ha fatto salire a cinque le vittime israeliane. Per quanto riguarda invece le vittime palestinesi a Gaza, i morti sono diventati 363 e i feriti circa 1.700. Su come Israele intende far proseguire l’operazione, il servizio di Fausta Speranza:

    Giunta al suo quarto giorno, l'operazione ''Piombo fuso'', lanciata da Israele contro Hamas nella Striscia di Gaza, sembra avvicinarsi a un punto di svolta. Secondo Radio Gerusalemme, conclusa la prima fase, caratterizzata da incessanti raid aerei contro obiettivi di Hamas, resta da verificare se sia possibile un intervento diplomatico nella direzione di un cessate-il-fuoco, oppure se si renda necessario un intervento delle forze di terra israeliane, ammassate da giorni ai bordi della Striscia di Gaza. Il premier israeliano, Olmert parla solo di diverse fasi già approvate dal gabinetto per la sicurezza'. Altri esponenti di governo escludono categoricamente un cessate-il-fuoco fino a che non si fermi qualsiasi lancio di razzi da Gaza, dicendosi pronti a prolungare le operazioni militari anche per ''settimane''. Dall'inizio delle operazioni, l’aviazione israeliana ha colpito quasi 400 obiettivi a Gaza, fra cui una moschea ritenuta “centro di attività terroristica''.

     
    Nelle ultime ore a Beit Hanun, a nord, sono state uccise da un razzo israeliano esploso nelle loro vicinanze due sorelle di 4 e 11 anni. La situazione del milione e mezzo di abitanti nella Striscia è grave anche solo per la sostanziale penuria di tutti i beni. Ma da Gaza, in ogni caso, continuano a partire razzi che colpiscono le città israeliane del Neghev, in particolare Sderot. Oltre mezzo milione di israeliani (residenti a Ashdod, Ashqelon, Sderot, Kiryat Gat e Netivot) rischiano di essere colpiti in ogni momento dai razzi di Hamas: al suono delle sirene hanno al massimo 45 secondi per cercare un riparo. Dell’iniziativa diplomatica dell’Unione Europea, che dovrebbe concretizzarsi nel vertice a Parigi di oggi pomeriggio, si sa al momento che punta ad una ''tregua umanitaria'' per far arrivare aiuti alle popolazioni della Striscia. Intanto, continua, sempre con lentezza, l'esodo in Egitto dei palestinesi feriti dai bombardamenti dei caccia israeliani sulla Striscia di Gaza.

     
    La Chiesa di Terra Santa e i capi cristiani della regione seguono “con profonda preoccupazione e rammarico” i combattimenti che stanno insanguinando la Striscia di Gaza. In una Dichiarazione comune firmata oggi, i tre Patriarchi latino, greco-ortodosso e armeno apostolico esprimono, si legge, il loro “profondo dolore per il nuovo ciclo di violenza tra israeliani e palestinesi e la continua mancanza di pace nella nostra Terra Santa”, invitando le parti in causa ad “astenersi da tutti gli atti di violenza” e in particolare le varie fazioni palestinesi a difendere il proprio popolo al di là degli interessi di parte. I Patriarchi invitano inoltre la comunità internazionale “a intervenire immediatamente” per “arrestare lo spargimento di sangue” e favorire una soluzione del conflitto “basata su risoluzioni internazionali”. Uno dei firmatari della Dichiarazione è il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Federico Piana lo ha intervistato:

    R. - Viviamo un periodo di grande tensione. E’ vero che qui in Cisgiordania siamo relativamente lontani da quanto sta accadendo, nel senso che le bombe non le vediamo e non le sentiamo, però in tutta la popolazione civile, soprattutto nella popolazione araba palestinese, c’è una grande rabbia e frustrazione.

     
    D. - Secondo lei, padre, cosa è accaduto? Siete arrivati ad un punto, in estate, in cui si poteva pensare che il cammino di pace potesse riprendere, e invece poi si è interrotto bruscamente…

     
    R. - Qui, il cosiddetto processo di pace riprende e si interrompe continuamente: non è la prima volta che siamo vicini a qualche svolta e poi la svolta non c’è. Temo che anche in questo caso siamo dentro ad un copione già scritto: tutto sembrava pronto per qualche cambiamento, e invece, poi, si è ritornati alla soluzione più semplice, che è quella della violenza. Violenza che poi mi sembra sproporzionata, eccessiva. Quello che è certo, in questi casi, è che chi paga e chi soffre è sempre la gente, i poveri. Non credo che in questo modo si risolveranno i problemi.

     
    D. - La comunità internazionale, però, cosa può fare? Secondo lei, è possibile che ci sia un cambio di rotta?

     
    R. - Certamente dovrebbe esserci un cambio di rotta: il ruolo della comunità internazionale - l’abbiamo sempre detto - è molto importante, perché può fare pressioni e invitare alla moderazione ambo i lati. Purtroppo, da molto tempo la comunità internazionale è assente e penso che se anche si volesse intervenire ora a fare qualcosa, questo richiederà tempo, purtroppo. E il tempo, qui, è un fattore determinante. E’ anche vero che molti hanno provato, in passato, ad intervenire, ma poi hanno rinunciato dicendo che è un ginepraio dal quale è poi difficile districarsi, ed è anche in parte vero. Dall’altro lato, è molto difficile trovare soluzioni quando i due contendenti - Israele e i palestinesi - sono così lontani.

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    Il nunzio in Sri Lanka, mons. Mario Zenari: i civili messi a repentaglio dalle continue violenze prodotte dal conflitto tra governo e Tigri Tamil

    ◊   Nello Sri Lanka, 16 bambini sono stati rapiti da un orfanotrofio cattolico per essere arruolati nelle fila dei ribelli delle Tigri Tamil, che da 25 anni insanguinano il Paese. L’incursione è avvenuta nel distretto di Vanni, a circa 300 km dalla capitale Colombo, dove si concentrano gli scontri con i militari dell’esercito regolare. In questo drammatico scenario, i vescovi cattolici e anglicani avevano chiesto una tregua per il Natale, ma la guerra interetnica continua. Massimiliano Menichetti ha chiesto la conferma del rapimento dei bambini al nunzio apostolico nello Sri Lanka mons. Mario Zenari, che proprio oggi ha ricevuto dal Papa la nomina a nunzio apostolico in Siria:

    R. - E' qualcosa che fa rabbrividire. Ho telefonato al vescovo di Jaffna - che è il vescovo anche di quella zona in cui è avvenuto il rapimento - non c’era, ma c’era il vicario generale che mi ha confermato che i due sacerdoti, che avevano cura di questo orfanotrofio, sono stati legati, mentre i rapitori hanno portato via i ragazzi.

     
    D. - Il distretto di Vanni è quello interessato. Può confermare che l’orfanotrofio si trova a Kilinochi?

     
    R. - Non è propriamente Kilinochi, perché lì c’è si combatet adesso. Erano lì in precedenza e poi si sono spostati. Kilinochi era il quartier generale, la capitale amministrativa possiamo dire, dell’LTTE, delle Tigri Tamil, però adesso tutta la gente è evacuata da quell’area da un mese, un mese e mezzo.

     
    D. - Questo rapimento di bambini è solo l’ultimo di una lunga serie di violenze accadute in 25 anni di scontri tra le Tigri Tamil e l’esercito...

     
    R. - Fatti simili ne avvengono in continuazione. Le prossime settimane, forse, saranno decisive e ci sarà anche il pericolo che questa povera gente si trovi veramente stretta in una morsa che si chiude sempre di più. C’è un clima di violenza e di sopraffazione, di mancanza di rispetto dei diritti umani da rabbrividire.

     
    D. - Nel distretto di Vanni si stanno concentrando gli scontri: qual è la situazione?

     
    R. - Ci sono dei rifugiati, anche tra i nostri cristiani. Lì abbiamo 29 sacerdoti, più una quarantina di religiose che assistono questi fedeli. In quella zona - nord, nordest - abbiamo delle belle comunità di cattolici, anche molto dinamiche. Adesso, naturalmente, sono presi tra due fuochi e quindi vivono in questa maniera.

     
    D. - Questo tragico fenomeno dei bambini soldato si potrà fermare, secondo lei?

     
    R. - C’è qualche segno. Naturalmente, gli Stati sono più sotto la lente internazionale per questo aspetto. Il problema è quando ci sono entità che non sono statali e quindi è difficile controllare e dire: “Ma voi non state alle norme internazionali”. C’è da sperare che ci sia un minimo di umanità.

     
    D. - In questo scontro, il governo ribadisce di fronte alla comunità internazionale: “Non ci saranno vittime civili”...

     
    R. - Una cosa è dirlo, altra cosa e poi quanto accade sul terreno. Almeno si sforzano di dire che proseguono questa guerra - definita necessaria - giustificandola con la questione del terrorismo e si propongono zero vittime civili. Ma sul terreno è difficile verificare. C’è da sperare che, anche dall’altra parte, ci sia un minimo di umanità e che questa povera gente non venga utilizzata come scudo umano.

     
    D. - Drammatico, in Sri Lanka, è anche il fenomeno degli sfollati. Sono migliaia le persone che vagano senza più una casa...

     
    R. - In quattro anni e mezzo che sono qui, ho visto due tipi di sfollati: quelli dello tsunami e gli sfollati a causa del conflitto nella zona orientale di due anni fa. Le stesse tende, che erano rimaste dopo essere state evacuate dai rifugiati dello tsunami, venivano subito riempite. In quella zona erano circa 100 mila, nella zona verso Batticaloa. Continuamente ci sono popolazioni che devono spostarsi, è una tragedia. Alcuni mesi fa, addirittura, in una zona dove l’esercito stava per avanzare, ci sono state sette parrocchie della zona di Mannar che hanno dovuto spostarsi ed adesso si trovano nel distretto di Vanni, dove c’è il fuoco.

     
    D. - Lo ha ricordato lei: nel 2004 il Paese venne colpito dallo tsunami. Qual è il punto sulla ricostruzione?

     
    R. - Lo Sri Lanka è riuscito a completare, o quasi, la ricostruzione che ormai sta per terminare.

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    Il vescovo di Viterbo, Lorenzo Chiarinelli, guida la marcia della pace di fine anno nella sua diocesi. Intervista con il presule

    ◊   Un invito a costruire la pace a partire dalla propria realtà cittadina e diocesana. Arriva da Viterbo, dove, in vista della Giornata mondiale della pace del prossimo primo gennaio, oggi alle 18 avrà inizio la tradizionale marcia, ispirata al messaggio del Papa dal titolo “Combattere la povertà, costruire la pace”: Dalla Chiesa di San Francesco il corteo raggiungerà la Chiesa di sant’Angelo in Spata, dove i fedeli si riuniranno per un momento di preghiera: un momento per educare ai valori della solidarietà e dell’accoglienza. Al microfono di Claudia Di Lorenzi lo sottolinea mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo, che presiederà l’incontro:

    R. - Vogliamo cogliere quest’aspirazione della pace, ma poi consegnare il messaggio del Santo Padre: il Papa si rivolge ai costruttori di pace. Credo ci sia bisogno di "costruire" i costruttori di pace, formare le coscienze, coinvolgere le giovani generazioni. In un mondo così spesso dilaniato e conflittuale, la pace rimane un compito ineludibile.

     
    D. - Quali le iniziative nella diocesi di Viterbo per aiutare i poveri?

     
    R. - La realtà viterbese, in questo, è quantomai generosa: ci sono 62 associazioni di volontariato. Noi, come realtà di Chiesa, abbiamo una mensa quotidiana per i poveri, e aumentano coloro che hanno bisogno di un pasto quotidiano, nel territorio, non solo fra gli immigrati, ma anche fra le persone residenti. Abbiamo una piccola struttura per alloggiare chi si trova in situazioni difficili, abbiamo una casa per le ragazze madri e due centri per le tossicodipendenze. La globalizzazione può essere anche un’evasione, perché dal globale dimentica il locale, e allora occorre essere dentro il territorio, non solo dare un aiuto, ma dare speranza.

     
    D. - La marcia coinvolgerà anche molti immigrati, e quindi anche persone con fedi diverse...

     
    R. - La presenza degli immigrati cresce, però non ci sono, nel territorio, conflittualità particolari. C’è rispetto, collaborazione, perché ci sono alcuni valori sui quali ci si ritrova, ma ci sono degli obiettivi intorno ai quali è necessario ritrovarsi. Il discorso di una pace che colga le diverse realtà presenti nel mondo nasce da come i piccoli e i grandi, e coloro che sono di altra religione, possano in qualche modo convergere.

     
    D. - Quali eventi segneranno in particolare il 2009 per la Chiesa viterbese?

     
    R. - Nel 2009 avremo anche un grande appuntamento: la visita del Santo Padre in settembre. E allora il cammino guarda a quel momento: nell’educazione alla fede, nella crescita dell’appartenenza ecclesiale. L’impegno - anche con le istituzioni e con tutta la società civile - è quello di far si che le esperienze già in atto vengano ad essere solidificate.

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    Lo "spirito" di Taizé che attraversa l'Europa: da Bruxelles, sede del raduno 2008, e da Roma le testimonianze di due giovani

    ◊   Da ieri, Bruxelles ospita le migliaia di giovani - circa 40 mila - che come ogni fine d’anno rispondono all’invito della Comunità di Taizé per l’“Incontro europeo dei giovani”, giunto alla sua 31.ma edizione. Antonella Palermo ha raccolto la testimonianza di Angelo Angher, del Gruppo di accoglienza e animazione di Taizè di Roma e per molti anni presente ai raduni della Comunità fondata da Frére Roger:

    R. - Sono sempre appuntamenti con grande coinvolgimento interiore, emotivo, anche culturale.

     
    D. - Come si svolgono?

     
    R. - Si arriva, c’è un’accoglienza negli alloggi che possono essere offerti nelle scuole, in strutture predisposte, oppure nelle famiglie, che sono un po’ il luogo privilegiato per avere uno scambio con la realtà che si va ad incontrare. Quindi, c’è una prima parte di accoglienza e, una volta sistemati, si incominciano le attività che prevedono la mattina un incontro nella comunità locale, con la preghiera del mattino e una riflessione, quindi ci si incontra verso l’ora di pranzo nei luoghi deputati per la preghiera comune. Poi, la sera, c’è un nuovo momento di preghiera e c’è la cena, condivisa in maniera molto semplice con centinaia di giovani che si ritrovano anche per un momento un po’ più di festa, quindi si rientra ciascuno nella propria abitazione.

     
    D. - Qual è la particolarità dello stile di preghiera di Taizé?

     
    R. - La particolarità è la grande semplicità, il grande amore e la grande cura. Forse l’insegnamento, grandissimo, è che ciascuno, con la propria semplicità, può contribuire a creare la bellezza, a far vedere la bellezza che Dio ci ha donato.

     
    Ed ora la testimonianza, direttamente da Bruxelles, di Danny Guido, referente del gruppo di Taizé di Roma, sempre al microfono di Antonella Palermo:

    R. - Qui a Bruxelles siamo 40 mila giovani, provenienti ovviamente da diverse parti d’Europa, ma anche dall’Asia e anche dall’America. Abbiamo già avuto il momento di preghiera iniziale serale, abbiamo provato anche a confrontarci con la popolazione locale attraverso musica, portando anche il sorriso e il tentativo di sciogliere un’iniziale diffidenza dovuta proprio ad un fattore di estraneità iniziale. I prossimi appuntamenti, poi, saranno articolati tra le preghiere e dei workshop legati ad aspetti economici, perché qui a Bruxelles, sede della Comunità europea, i giovani possono confrontarsi a maggior ragione con la dimensione dell’economia, con la crisi e con problemi sociali nei quali, appunto, pensiamo che il fattore diffidenza sia un elemento problematico dell’economia, mentre la fiducia probabilmente crea quei rapporti che consentono anche legami oltre che sociali, anche di tipo economico. Allora, si cercherà qui a Bruxelles di vedere come alcuni atteggiamenti di fede possono incidere all'interno di problematiche e questioni reali.

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    Chiesa e Società



    Appello di Amnesty International per la fine della violenza a Gaza

    ◊   Nel terzo giorno dell’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza, che ha già provocato oltre 300 morti, Amnesty International ha dichiarato che i civili palestinesi rischiano ancora di essere feriti e uccisi dagli attacchi aerei, mentre si acuisce la mancanza di cibo, medicine, elettricità, acqua e altri generi di prima necessità, a causa soprattutto dei blocchi militari che impediscono il transito e che vengono giustificate con ragioni di sicurezza. In un comunicato, l’associazione auspica che Israele permetta l’accesso dei feriti agli ospedali israeliani e a quelli palestinesi di Gerusalemme Est e del resto della Cisgiordania e che Hamas si impegni a non ostacolare in alcun modo il passaggio dei feriti e dei degenti che cercheranno di lasciare Gaza. Amnesty International, infine, ha reiterato la propria richiesta di una fine immediata degli attacchi sconsiderati d’Israele contro le aree residenziali e densamente popolate di Gaza, attacchi che dal 27 dicembre hanno causato oltre 300 morti, decine dei quali erano civili non armati e di poliziotti che non stavano prendendo parte alle ostilità, oltre ad alcune centinaia di feriti. E ha chiesto ad Hamas e agli altri gruppi armati palestinesi di smetterla coi lanci indiscriminati di razzi contro le città e i villaggi del sud d’Israele, che negli ultimi tre giorni hanno provocato due morti e diversi feriti tra la popolazione civile. (S.G.)

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    India: incendi e paura per i cristiani dell'Orissa nonostante l'ingente presenza di forze dell'ordine

    ◊   Ancora paura e intimidazioni per i cristiani che vivono nello Stato indiano dell’Orissa. Il 23 dicembre, nella cittadina di Sugadabadi (distretto di Kandhamal), sono state appiccate le fiamme a due negozi e tre giorni più tardi la stessa sorte è toccata ad un centro cristiano del villaggio di Bakingia. I rifugiati, intanto, non lasciano i campi di accoglienza per il timore di nuove violenze, nonostante l’ingente spiegamento di forze dell’ordine per garantire la sicurezza nel periodo natalizio. Ad oggi la polizia non ha attuato provvedimenti per le violenze iniziate a fine agosto e i colpevoli degli omicidi e delle aggressioni sono ancora a piede libero. A rendere ancora più tesa la situazione, informa AsiaNews, c’è poi l’emergere di un nuovo gruppo fondamentalista, denominato Hindu Gorilla Vahini, che si propone di lottare contro i gruppi maoisti e le comunità cristiane. Nei campi profughi allestiti dal governo per i rifugiati dell’Orissa, tuttavia, le celebrazioni di Natale si sono svolte con grande partecipazione da parte degli oltre diecimila cristiani ospitati. Questa la testimonianza di padre Nithiya, frate cappuccino e segretario esecutivo della commissione Giustizia e pace della conferenza dei vescovi indiani, che ha celebrato la messa nei campi di Tikabali e G Udayagiri e visitato il villaggio di Banunigam: “La gente vive sotto piccole tende di tela. Ognuna ospita tra le 5 e le 7 famiglie insieme. Non esiste privacy, elettricità o acqua corrente. Cosa deve accadere per assicurare il ritorno di queste persone dai campi alle loro abitazioni? Se queste persone tornano nei loro villaggi, come verranno accettate?”. (S.G.)

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    Zimbabwe: giungono da tutto il mondo gli aiuti per far fronte alla crisi umanitaria seguita alla diffusione del colera

    ◊   Migliaia di tonnellate di fertilizzanti, semi di grano e di mais, ma anche diversi milioni di litri di benzina: sono gli aiuti inviati dal Sudafrica per sostenere l’agricoltura dello Zimbabwe e, in modo indiretto, favorire gli sforzi di Harare nella lotta contro l’epidemia di colera iniziata in agosto. Secondo un portavoce della presidenza sudafricana, l’invio di aiuti per un valore di circa 23 milioni di euro, si inserisce nel contesto di “una crisi umanitaria che sta peggiorando” e di una parallela crescente mobilitazione a livello regionale. La scorsa settimana, ha riportato ieri il quotidiano dello Zimbabwe ‘The Herald’ ripreso dall’agenzia Misna, il Fondo dell’Onu per l’infanzia Unicef ha consegnato 140 tonnellate di materiale sanitario, mentre la Cina ha donato l’equivalente di 350 mila euro. A questo impegno, rileva il giornale, si affianca l’iniziativa della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) con i contributi del Sudafrica, della Namibia e della Tanzania. Le consegne di aiuti per far fronte all’emergenza umanitaria appaiono più che mai necessarie con l’inizio della stagione delle piogge, che rischia di alimentare l’epidemia di colera. Secondo un bilancio diffuso oggi a Ginevra dall’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms), la malattia ha causato finora 1546 vittime mentre i casi di contagio registrati sono 29.131; una precedente stima, pubblicata una settimana fa, fissava a 1174 il numero dei morti e a 23.712 quello dei contagi. (S.G.)

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    Nella città vietnamita di Son La anche quest'anno il divieto di celebrare il Natale

    ◊   A Son La, 300 chilometri a nordest di Hanoi, nella regione degli altipiani vietnamiti, anche quest’anno non si è potuta celebrare la messa di Natale. Per impedire ai cattolici di riunirsi, in segreto, in abitazioni private, - riferisce l'agenzia AsiaNews - la notte di Natale è anche stato imposto il coprifuoco. La situazione va avanti, più o meno allo stesso modo, da anni, da quando, nel 2004, il vescovo Anthony Vu Huy Chuong, della diocesi di Hung Hoa inviò una petizione alle autorità locali, chiedendo il permesso per i sacerdoti cattolici, di celebrare messa almeno due volte l’anno, per Natale e Pasqua. L’allora capo del Fronte patriottico, Nguyen The Thao, respinse la petizione, con l’affermazione che “non essendoci attualmente fedeli a Son La, non c’è bisogno di tali servizi”. La dichiarazione di Thao era non solo una palese violazione della libertà religiosa in Vietnam ed una evidenza dello sforzo delle autorità di ostacolare l’impegno missionario della Chiesa, ma anche una manifesta falsità, visto che in quel periodo a Son La c’erano almeno tremila cattolici di 40 diverse etnie e la Chiesa ha documenti dell’esistenza, già nel 1985, di 700 famiglie cattoliche. Da allora, malgrado gli sforzi della Chiesa, per partecipare alla messa, i cattolici sono costretti a recarsi, con grandi difficoltà, nelle province vicine. Il no alle attività religiose è stato ufficialmente reso noto nel maggio 2006, con una comunicazione delle autorità locali. In alternativa, le riunioni di preghiera si svolgono in luoghi nascosti, negli scantinati delle abitazioni private o di negozi e la notizia delle vietate riunioni vengono passate di bocca in bocca, per evitare rappresaglie. Né vengono trattati meglio i sacerdoti che si recano nella zona per svolgere la loro attività pastorale: mettono sempre a rischio la loro sicurezza e la loro dignità, a causa delle vessazioni che le autorità mettono in atto contro di loro. La gente del posto ricorda bene ciò che è successo a Natale dell’anno scorso, quando padre Joseph Nguyen Trung Thoai tentò di celebrare la messa. La polizia venne a sapere, in anticipo, del suo arrivo, e lo prese subito in custodia, mentre tentava in ogni modo di scoraggiare i fedeli dal celebrare in modo formale e significativo la nascita di Gesù. Padre Joseph fu imprigionato, ma non venne lasciato solo. I suoi fedeli si riunirono fuori dal centro di detenzione per chiederne il rilascio. (R.P.)

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    L'ottimismo dell'episcopato filippino per la ripresa dei negoziati tra governo e Fronte islamico Moro

    ◊   Alcuni vescovi filippini hanno espresso ottimismo per la ripresa dei dialoghi fra il governo e il gruppo ribelle Fronte islamico di liberazione Moro (MILF), con base a Mindanao, nel sud del Paese. Lo scorso 24 dicembre il presidente del Paese, Gloria Macapagal-Arroyo, ha nominato alcuni nuovi membri della delegazione governativa. Fra questi, informa AsiaNews, rientrano un rappresentante della comunità cristiana e un garante dei diritti delle popolazioni indigene. Personalità del governo e non, compresa la Chiesa cattolica, premono da tempo per la ripresa dei dialoghi fra le parti, bloccatisi lo scorso settembre proprio al momento di firmare gli accordi. Il conflitto fra gruppi indipendentisti di guerriglia islamica e l’esercito continua da decenni nell’arcipelago di Mindanao e il dialogo fra le parti ha avuto fasi alterne. Mons. Orlando Quevedo, Omi, arcivescovo di Cotabato, ha auspicato che il confronto riapra “la via della pace”, garantendo ai Moro l’autodeterminazione su base costituzionale, senza violare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale. Mons. Honesto Pacana, vescovo di Bukidnon, ha sottolineato che i maggiori ostacoli al dialogo sono rappresentati dall’aumento dei militari nella zona, dall’eccessiva politicizzazione di ogni problema, dalla presenza di compagnie minerarie nella regione. L’arcivescovo Antonio Ledesma di Cagayan de Oro, presidente del Consiglio episcopale per il dialogo interreligioso, infine, ha chiesto una veloce ripresa dei negoziati, sfruttando anche questo tempo di pace e di calma. Durante le festività natalizie, infatti, esercito e guerriglieri si sono impegnati a osservare una tregua. (S.G.)

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    I vescovi argentini ribadiscono la loro condanna all'intenzione di depenalizzare il consumo personale di droga

    ◊   “La Chiesa continuerà ad opporsi a tutto ciò che minaccia la vita e dunque il nostro è un rifiuto totale e definitivo”. Così, giorni fa, la Commissione episcopale Giustizia e Pace nella persona di Eduardo Serrantes, ha ribadito l’opposizione dell’Episcopato all’eventuale depenalizzazione del consumo personale di droga sulla quale si dovrà pronunciare nel mese di febbraio la Corte suprema argentina. Secondo quanto scrive la stampa locale, almeno sei dei sette giudici membri dell’Alto Tribunale, sarebbero sostenitori della proposta avanzata dal governo che desidera sia dichiarata incostituzionale la legge 23.737 che punisce penalmente le persone che fanno uso di droga. Alcuni mesi fa, Aníbal Fernández, ministro della Giustizia del governo della signora Cristina Fernández de Kirchner, dopo aver consultato un comitato di esperti, ha proposto questa depenalizzazione dando origine ad un dibattito, ancora in corso, che polarizza fortemente l’opinione pubblica. Ovviamente un verdetto favorevole alla proposta governativa getterebbe le basi per una nuova giurisprudenza al riguardo obbligando ai giudici ad adeguarsi nelle loro sentenze. L’idea centrale è quella conosciuta in diversi Paesi del mondo e che si è sempre rivelata fallimentare come misura deterrente, ossia che il possesso di una “modesta quantità di droga per uso personale” non può essere ritenuta un reato. Tra l’altro lo stesso ministro, lo scorso 29 dicembre, secondo quanto riferisce il quotidiano “La Nación”, da un lato ha dichiarato che “lo Stato deve mantenere una politica implacabile contro il narcotraffico, accompagnata da misure di prevenzione”; ma, dall’altro ha aggiunto: “Se però viene scoperta una persona che fa uso di droga, non bisogna destinarla a un commissariato, bensì a una struttura pubblica ove possa essere risolta la sua situazione”. Il ministro, nella stessa intervista, riconosce che nel 2008, rispetto al 2007, si è “registrato un aumento del consumo di droga tra il 7 e l’8%”. Eduardo Serrantes, spiegando quanto già avevano detto i vescovi, in particolare mons. Jorge Casaretto, incaricato episcopale per la pastorale sociale, ha sottolineato: “Non è una novità per nessuno che le droghe uccidono a prescindere della quantità che si consuma. Non solo. Questo consumo, piccolo, grande, modesto e non modesto, sostiene il narco-affare. Ritengo che la lotta a questo affare dovrebbe essere politica di Stato e al posto di tollerare il consumo e uso di droga, si dovrebbe prestare la massima attenzione alla cura dei tossicodipendenti nonché alla cattura dei produttori e dei trafficanti”. Serrantes, inoltre, ha nuovamente ricordato che la Chiesa argentina e le sue diverse strutture assistenziali continueranno a “lavorare nell’ambito della prevenzione” come annunciato in un documento, pubblicato dall’episcopato nel novembre 2007. In quell’occasione, l’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio, Presidente della Conferenza episcopale, dichiarò con amarezza che “purtroppo il narcotraffico si è radicato nel nostro Paese e prospera con successo, ma al tempo stesso distrugge molte famiglie e uccide. Il nostro Paese – ha poi aggiunto – non è più solo un territorio di transito. È diventato anche un luogo di consumo di droga”. Nel mese di settembre, lo stesso Eduardo Serrantes e mons. Jorge Casaretto, vescovo di San Isidro, in rappresenza dei vescovi argentini, hanno consegnato alle autorità del Congresso una proposta per la creazione del “programma nazionale di educazione e prevenzione nel consumo di droghe”. Questo, intanto, il commento di Elisa Carrió, leader dell’opposizione che ha criticato duramente l’iniziativa governativa: “Si deve stare molto attenti a un’eventuale legalizzazione di questo traffico e anche alla sola ipotesi di depenalizzare consumi modesti, poiché ciò implica comunque accettare il lavaggio del denaro sporco proveniente da ogni mercato della droga”. (A cura di Luis Badilla)

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    L'incontro con i giornalisti del nuovo arcivescovo metropolita di San Salvador, Escobar Alas

    ◊   “Vorrei aiutare i più poveri in una maniera concreta, seguendo quanto espresso da Papa Benedetto XVI nell’ enciclica “Deus caritas est”, laddove ci ricorda che loro sono parte essenziale della Chiesa”. Così, in un incontro con i giornalisti salvadoregni, mons. José Luis Escobar Alas, nominato lo scorso 22 dicembre dal Santo Padre nuovo arcivescovo metropolita della capitale di El Salvador. Il prossimo pastore di San Salvador, 47 anni, attualmente vescovo di San Vicente, incontrando i redattori del quotidiano “Co Latino”, ha chiesto ai lettori di pregare intensamente per lui, dal momento che “da solo questo compito non è possibile. Occorre l’aiuto del Signore”. Mons. Escobar ha voluto anche rendere omaggio con affetto e gratitudine all’arcivescovo uscente, mons. Fernando Sáenz Lacalle, che tempo fa ha presentato al Papa le sue dimissioni in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Esprimendo gratitudine al pontefice per la fiducia riposta in lui, il presule ha reso noto di aver “accettato la nomina con spirito di fede e con molta gioia nell’anima”, “convinto che avrà la grazia del Signore”. “La nostra è una situazione complessa e difficile”, ha poi rilevato commentando le condizioni in cui sta vivendo il Paese centroamericano, in piena campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento tra meno di un mese e per l’elezione del Presidente e vice Presidente della Repubblica a marzo. Ricordando la guerra interna degli anni '80, mons. Escobar ha affermato che la nazione “patisce ancora le sue conseguenze: da un lato una forte polarizzazione politica e dall’altra molta povertà”. “I problemi però - ha spiegato il presule - possono trasformarsi in benedizioni” se si considerano delle ‘sfide’. È vero come ho detto che il momento è difficile, ma io sono ottimista. Dopotutto viviamo tempi migliori rispetto agli anni passati. La nostra, oggi, è una democrazia più solida. Mi auguro che nelle prossime elezioni vadano a votare tutti; spero in un esercizio democratico vero, in una vera cittadinanza”. Mons. Escobar ha inoltre ricordato che, come sempre, la Chiesa darà “tutti gli orientamenti necessari illuminando la realtà a partire del Vangelo”. “Dal momento che non ho ancora preso possesso delle nuove funzioni pastorali – ha detto il presule – non ho tutto chiaro nella mia mente. Per ora posso dire che sono a disposizione dei fedeli e desidero dare un aiuto, desidero servire tutti, indipendentemente delle loro appartenenze sociali e politiche, oltre le loro differenze economiche o di età. Siamo tutti fratelli, figli di Dio e la Chiesa esiste per suo volere per servire questi figli”. “Desidero – ha concluso mons. Escobar – portare avanti la linea di mons. Fernando Sáenz Lacalle e le cose buone che ha fatto e fa per il Paese”. (L.B.)

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    Thailandia: la difficile situazione di alcune regioni a quattro anni dallo tsunami

    ◊   Oltre 1.000 persone, parenti delle vittime dello tsunami di 4 anni fa, si sono riunite il 26 dicembre al Memorial di Pheket di Bangkok, in Thailandia, per una cerimonia di commemorazione organizzata dai rappresentanti delle tre fedi principali del Paese, cristiani, buddisti e islamici. Nella tragedia morirono 5.400 persone, oltre la metà turisti stranieri. Oggi, per i sopravvissuti in molte province la situazione è ancora critica, soprattutto a causa delle numerose dispute sulla proprietà dei terreni. Molte infatti le “persone influenti” – riporta Asianews – che hanno approfittato del caos conseguente al disastro per estendere i loro possessi a discapito delle famiglie più deboli. Nella provincia di Phangna, ad esempio, il Dipartimento della terra, responsabile per la materia, ora sta compiendo accertamenti e sono sotto esame le proprietà di oltre duemila famiglie e di 28 comunità. Si teme anche uno sfruttamento sbagliato dei terreni. La popolazione della provincia di Ranong ha organizzato un gruppo chiamato “Ploenpraisrinaka” per proteggere le foreste di mangrovie. Volontari vigilano sul territorio per segnalare ogni possibile abuso. Problemi che per queste comunità si aggiungono a quello del mantenimento quotidiano, anche se fortunatamente, un grosso aiuto viene dal turismo, una risorsa in continua crescita. (S.G.)

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    La Caritas di Seul apre il quarto "supermercato per i poveri"

    ◊   Un supermarket per i poveri dove famiglie e singoli possono trovare gratis beni alimentari e di prima necessità. Si chiama Seongbuk Food Market ed è un’iniziativa della Caritas della capitale sudcoreana Seul. Inaugurato il 18 dicembre con una cerimonia presieduta da mons. Lucas Kim Woon-hoe, presidente dell’organizzazione caritativa della Chiesa cattolica e vescovo ausiliare della città, il negozio raccoglie donazioni di privati, organizzazioni e istituzioni destinate ai più bisognosi. Prevista, per ora, l’assistenza a 500 persone. Si tratta del quarto Food Market per i poveri aperto nella capitale della Corea del Sud dalla Caritas. Qui, informa AsiaNews, vivono, infatti, tremila senza tetto che trovano sostegno presso gli oltre 40 centri di distribuzione di pasti allestiti da gruppi religiosi. La povertà, inoltre, colpisce anche le famiglie e soprattutto quelle in cui vivono persone anziane. Secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo, il 50% delle persone sopra i 65 anni vive in uno stato di povertà relativa. La causa è indicata nel sistema pensionistico del Paese che non garantisce la sussistenza a questa fascia della popolazione, oltre il 7% dei 49 milioni di sudcoreani. (S.G.)

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    Dal cuore dell'Africa a Piazza San Pietro: la Marcia per la pace della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   Anche la comunità di Sant’Egidio, il primo gennaio, celebrerà la Giornata della pace 2009. L’Associazione ha organizzato, infatti, in Italia e in altri Paesi una marcia dal motto “Pace in tutte le terre”, iniziativa in “comunione di preghiera” con il Papa e a sostegno del suo messaggio per l’occasione: “Combattere la povertà, costruire la pace». A Roma – informa il quotidiano Avvenire – l’appuntamento è alle 11 in largo Giovanni XXIII per percorrere via della Conciliazione fino a piazza San Pietro e ascoltare l’Angelus di Benedetto XVI. A Genova la Marcia sarà preceduta da un incontro di preghiera alle 15 nella Basilica dell’Annunziata, al quale interverrà il cardinale arcivescovo Angelo Bagnasco. A Milano il percorso si snoderà fra piazza San Carlo, a partire dalle 16, e il Duomo, dove il cardinale arcivescovo Dionigi Tettamanzi celebrerà la Messa vespertina. Anche Napoli vivrà questa iniziativa, rinnovando così l’impegno assunto lo scorso anno, ospitando il Meeting “Religioni e culture in dialogo”, di diventare “capitale della pace” nel Mediterraneo. Appuntamento alle 17,30 in piazza del Gesù: da qui la Marcia attraverserà il centro antico fino al Duomo, dove alle 18,30 il cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe presiederà la Messa. Hanno aderito all’iniziativa anche Firenze (appuntamento alle 16 a Ponte Vecchio) e Alessandria che invece vive l’evento domani alle 20 (l’incontro in via delle Orfanelle 25). Numerosi i movimenti ecclesiali e le associazioni di ispirazione cristiana che aderiscono alla Marcia, insieme a esponenti di altre Chiese cristiane e di altre fedi. Sempre su iniziativa di Sant’Egidio la Marcia si terrà in diverse città del Belgio, della Germania e nella Repubblica Democratica del Congo, dove si pregherà in particolare per la martoriata regione del Kivu. (S.G.)

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    "Il matrimonio cristiano è simbolo dell'immagine di Dio": lo scrive l’arcivescovo di Westminster nella lettera per la Festa della Santa Famiglia

    ◊   “Fondamento della nostra società” e “speciale fonte di grazia”. Così l’arcivescovo di Westminster, il cardinale Murphy-O’Connor, ha definito la famiglia, quella cattolica in particolare, nella lettera pubblicata in occasione della Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe e ripresa dall’Osservatore Romano. Il porporato ha aperto la sua riflessione sul tema, ricordando quanti soffrono il dramma della solitudine e della malattia, a cominciare da coloro che sono stati colpiti dalla morte del coniuge o che hanno subito la ferita di un divorzio: “Oggi – ha scritto l’arcivescovo di Westminster – i miei primi pensieri vanno a una famiglia più ampia, perché credo che come bambini di Dio siamo tutti uniti e, davvero, l’unità che proviamo attraverso Cristo, è molto più profonda di ogni legame familiare”. E ancora: “Sto pensando a quelli di voi che sono soli per scelta o per circostanza e a quanto Dio apprezza i vostri doni e la vostra partecipazione nella famiglia della Chiesa e del mondo. Ho anche in mente i vedovi e le vedove, le famiglie monoparentali e i divorziati”. Il cardinale ha ribadito poi che ciascuno deve essere consapevole del ruolo positivo che svolge nella famiglia della Chiesa e si è soffermato nuovamente sul matrimonio cristiano: “È molto importante parlare del matrimonio oggi più che mai. Questo perché la visione cristiana del matrimonio non è un arbitrario insieme di norme morali. Quello che il cristianesimo ha fatto è prendere il matrimonio, che è un’istituzione naturale, e affermare che è simbolo dell’immagine di Dio. Ciò significa che attraverso il matrimonio noi possiamo crescere simili a Lui e prepararci a godere vita eterna”. (S.G.)

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    Il cardinale Bagnasco: "La Chiesa, come sempre, è con chi è nel bisogno"

    ◊   "Sì, la Chiesa italiana è preoccupata per il numero crescente di famiglie in difficoltà, per i lavoratori che stanno perdendo il loro posto, per quelli già precari il cui orizzonte occupazionale sembra chiudersi. E ancora per le tante persone anziane che faticano sempre più a vivere dignitosamente. Come potremmo non essere preoccupati per questa crisi? Come sempre la viviamo, la condividiamo con il popolo e, certo, intensificheremo ulteriormente le nostre iniziative per contrastarla. Anzitutto, stando accanto ai più deboli dei quali ben conosciamo i bisogni ». Così l’arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, in un'intervista al quotidiano Avvenire affronta il tema della chiusura di questo 2008 caratterizzato da un quadro di incertezza senza precedenti. "La situazione si è decisamente aggravata e non solo nelle ultime settimane. - afferma il porporato - Si è allargata la forbice tra ricchi e poveri, in particolare si è andata impoverendo la fascia di ceto medio. Le parrocchie, attraverso i centri di ascolto, le strutture della Caritas e della San Vincenzo, hanno già dovuto incrementare sia i volumi di aiuti alimentari, sia i contributi per far fronte alle spese per le utenze e per l’affitto di un numero crescente di famiglie cadute in povertà. Segno di un impoverimento progressivo, anche antecedente alla recessione, al quale cerca di rispondere la rete fittissima di carità e pronto intervento stesa dalle parrocchie nel corso degli anni. Bisogna intensificare ancora presenza e interventi, - sostiene il cardinale Bagnasco - mobilitando al massimo le risorse di cui disponiamo – anche dell’8 per mille – secondo la tradizione viva della Chiesa, secondo la sua missione. D’altro canto, - precisa il cardinale - la Chiesa conosce da vicino i problemi veri della gente proprio perché è presente in mezzo al popolo con i parroci, i religiosi e le religiose, gli operatori pastorali. Una conoscenza non solo 'razionale', ma esistenziale perché la Chiesa è chiamata a condividere queste situazioni di bisogno giorno per giorno, a viverle essa stessa". (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Almeno 45 persone massacrate in Congo nei giorni scorsi

    ◊   Almeno 45 persone, fra cui molte donne e bambini, sono state massacrate in una piccola chiesa nella Repubblica Democratica del Congo, vicino ai confini del Sud Sudan e dell'Uganda. Autori della strage, che sembra sia avvenuta il 26 dicembre, sarebbero i ribelli dell'Esercito di resistenza del signore (Lra), almeno stando alle dichiarazioni di un ufficiale ugandese, il capitano Chris Mageki che ha parlato di “scena orrenda, corpi fatti a pezzi, molti di donne e bambini”. Lo rende noto la Bbc on line, che riferisce anche che, secondo altre fonti, le vittime del massacro nella chiesa potrebbero essere addirittura cento. Ieri l'Ocha, l'ufficio Onu per gli affari umanitari dell'Onu, aveva dichiarato che negli ultimi giorni l'Lra aveva ucciso, soprattutto nel Congo nord orientale, ma anche in Sud Sudan ed Uganda, almeno 189 persone. Sulla drammatica situazione che sta vivendo il Paese africano, la riflessione di mons. Robert Vitillo, della "Caritas Internationalis", intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. – Proprio il 25 dicembre, questa armata della resistenza ha attaccato un concerto patrocinato dalla Chiesa in occasione del Natale e hanno ammazzato circa 150 persone.

     
    D. – Come vi spiegate questa recrudescenza nelle azioni dei ribelli, che pure nel 2006 avevano raggiunto, tutto sommato, un accordo di pace con il governo?

     
    R. – Sembra che nessun governo abbia veramente un controllo; questa armata veramente produce molte violenze e molti problemi alla gente. Di fatto, poco tempo fa i governi di Sudan, Uganda e Congo hanno tentato di compiere attacchi aerei sui ribelli, ma evidentemente non sono riusciti a riprendere il controllo della situazione.

     
    D. – Come mai questi continui attacchi nei confronti dei civili?

     
    R. – Veramente, non credo ci sia una spiegazione razionale per questo …

     
    D. – A questa vera e propria emergenza di guerra in un Paese già martoriato da tanti anni di conflitti, adesso si somma anche il problema umanitario e sanitario …

     
    R. – Sì. Difatti, la Caritas diocesana di Doruma-Dungu ha espresso grande preoccupazione perché i cadaveri sono nelle strade e se non verranno seppelliti questo porterà grandi problemi sanitari alla popolazione.

     
    D. – C’è timore che la situazione possa peggiorare ulteriormente?

     
    R. – Sì. Sicuramente. Difatti, il giorno dopo Natale i ribelli hanno continuato gli attacchi; la Caritas nazionale e le Caritas diocesane in Congo hanno ribattezzato questo Natale “il Natale nero”.

    Yemen
    Studenti yemeniti che partecipavano ad una manifestazione di protesta contro l'operazione israeliana sulla Striscia di Gaza hanno assalito il consolato egiziano di Aden, nello Yemen meridionale, gridando slogan contro l'Egitto per presunte "complicita" con Tel Aviv. Lo riferisce la tv satellitare del Qatar Al Jazeera. Entrati con la forza nell'edificio, i manifestanti hanno devastato i locali e gli arredi ed hanno poi issato la bandiera palestinese sul pennone dov'era la bandiera egiziana. Forze di sicurezza intervenute in gran numero hanno poi disperso i dimostranti, arrestandone alcune decine. Un servizio d'ordine è rimasto a presidiare la sede del consolato.

    Pakistan
    Il Pakistan ha chiuso la strada di valico da cui passano i camion di rifornimento diretti alle forze Nato e americane che operano in Afghanistan a causa di un'operazione lanciata dalle sue forze armate contro i militanti filo-talebani nella regione del Khyber Pass, al confine afghano-pachistano. “I rifornimenti alle forze Nato resteranno sospesi fino a quando non avremo ripulito la zona dai militanti (estremisti islamici) e dai banditi che sfuggono al controllo”, ha detto un responsabile locale, aggiungendo che nella zona sono cominciate oggi operazioni delle forze di sicurezza con l'appoggio di elicotteri, mezzi corazzati e artiglieria. I talebani hanno lanciato diversi attacchi nella zona nel tentativo di fermare il flusso di rifornimenti che dal porto di Karachi attraversa il Pakistan ed entra in Afghanistan dai valichi montani, fra cui il Khyber Pass.

    Iraq
    Si doveva aprire domani ma è stato invece rinviato a data da destinarsi il processo al giornalista iracheno che lo scorso 14 dicembre ha lanciato le sue scarpe al presidente americano George W. Bush. In un comunicato odierno emesso del Consiglio superiore della magistratura irachena si legge che “il tribunale penale di Baghdad ha deciso di rinviare il processo a Muntazer al-Zaidi in seguito al ricorso formale da parte degli avvocati difensori”.

    Immigrazione irregolare
    Sono 212 i migranti irregolari che entro oggi, secondo quanto disposto dalla prefettura di Agrigento, lasceranno il centro d'accoglienza di Lampedusa. Novanta sono stati già imbarcati sul traghetto di linea per Porto Empedocle dove giungeranno in serata e gli altri, in due gruppi, partiranno, con altrettanti ponti aerei, per Brindisi e Foggia. Al centro d'accoglienza di Lampedusa rimaranno così circa mille extracomunitari.

    Thailandia
    Il nuovo primo ministro tailandese Abhisit Vejjajiva terrà il suo discorso di politica generale oggi al Ministero degli esteri. L'accesso al Parlamento è bloccato per il secondo giorno consecutivo dai manifestanti antigovernativi. La polizia non sarebbe infatti riuscita a disperdere i migliaia di sostenitori dell'ex premier Shinawatra che impediscono ai parlamentari di raggiungere la sede del Parlamento.

    Bangladesh
    La Lega Awami, il partito laico di centrosinistra dell'ex primo ministro Sheik Hasina Wajed, ha vinto le elezioni legislative del Bangladesh. La Lega Awami ha ottenuto oltre il 75% dei 300 seggi dell'Assemblea nazionale, nelle elezioni che riportano la democrazia nel Paese asiatico dopo due anni di stato d'emergenza e governo militare di transizione. Oltre il 70% degli 81 milioni d'elettori hanno espresso il loro voto ieri, nella prima consultazione elettorale dal 2001 in Bangladesh, che ha visto il dispiegamento di 660 mila tra militari, paramilitari e poliziotti, chiamati ad assicurare il regolare svolgimento del voto.

    Cina
    Sono in totale 17 le persone comparse finora in aula in Cina da venerdì scorso nei vari processi per lo scandalo del latte contaminato alla melamina, a quanto riferiscono oggi i media ufficiali cinesi, mentre comincerà domani un altro processo in cui è imputato anche l'ex numero uno della Senlu, la grande impresa lattiera al centro della vicenda. La televisione Cctv ha mostrato oggi le immagini dell'udienza, tenutasi a Shijiazhuang, provincia di Hebei, dei fratelli Geng Jinping e Geng Jinzhu, rispettivamente direttore e autista di un'industria lattiera, accusati di aver mescolato complessivamente 434 chili di “polvere proteica” alla melamina a circa 900 tonnellate di latte a partire dall'ottobre del 2007. Il latte veniva poi venduto all'azienda Sanlu. Il latte alla melamina ha provocato la morte di quattro bambini. Altri sei morti sono considerati “sospetti” mentre le persone intossicate, per lo più bambini, sono circa 294 mila. Domani è previsto che sul banco degli imputati compaia l'ex patron della Senlu, Tian Wenhua, e a breve anche altri tre quadri della ditta lattiera. I verdetti, indicano i media di Stato, saranno resi noti “al momento opportuno”. Molti degli imputati rischiano la pena di morte. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 365

     
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