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Sommario del 28/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all’Angelus chiede un "sussulto di umanità" per riportare la pace in Terra Santa. La riflessione dedicata alla Festa della Santa Famiglia. Intervista con il cardinale Canizares sul raduno delle famiglie a Madrid
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuove incursioni aeree israeliane nella striscia di Gaza, dopo la strage di ieri
  • Gli auspici di pace per la Repubblica Democratica del Congo nelle parole del vescovo di Goma, Faustin Ngabu
  • Luci e ombre del 2008 in campo internazionale, un anno difficile dominato dalla crisi economica. L'opinione di Fulvio Scaglione
  • Il terremoto di Messina del 1908: un secolo dopo, il ricordo della solidarietà e il retaggio di problemi irrisolti
  • La riflessione mariana al recente Sinodo dei Vescovi analizzata nel convegno “Fine d’anno con Maria”. Intervista con padre Ermanno Toniolo
  • Chiesa e Società

  • Risposta positiva agli appelli della Chiesa cilena per affrontare la crisi economica senza licenziamenti
  • In Nicaragua, appello al negoziato interno dell’arcivescovo di Managua, Leopoldo Brenes
  • Arrestato in Brasile il presunto mandante dell’omicidio di una suora statunitense
  • Da domani a Bruxelles, l’incontro mondiale dei giovani promosso dalla Comunità di Taizé
  • Uccise 45 persone in una chiesa della Repubblica Democratica del Congo
  • Medici senza frontiere ricorda le crisi dimenticate nel mondo
  • Corsi per educatori cristiani e musulmani nelle Filippine
  • Creato nella Repubblica democratica del Congo un centro di isolamento per l’Ebola
  • Nella Polinesia francese il 2009 sarà l’anno della Parola di Dio
  • Dolore della diocesi di Roma per le vittime del rogo di Castelfusano
  • Lettera pastorale sulla Cresima di mons. Bruno Forte
  • Un atlante per salvare le lingue a rischio di estinzione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora violenze in Pakistan. Almeno 20 persone sono rimaste uccise in un attentato kamikaze nel distretto di Buner
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all’Angelus chiede un "sussulto di umanità" per riportare la pace in Terra Santa. La riflessione dedicata alla Festa della Santa Famiglia. Intervista con il cardinale Canizares sul raduno delle famiglie a Madrid

    ◊   Basta all’infinita scia di sangue che tormenta la Terra Santa. L’Angelus di questa mattina ha visto Benedetto XVI rivolgere un intenso appello alla pace per il medio Oriente, dopo il cruento bombardamento israeliano di ieri che ha provocato una grave strage nella striscia di Gaza. Le parole del Papa sono state levate alla fine della preghiera mariana in piazza San Pietro, preceduta - come di consueto alla fine dell’anno - da un pensiero del Pontefice sulla Santa Famiglia, della quale oggi si celebra la festa liturgica. Alla folla di genitori e bambini che, contemporaneamente all’Angelus, aveva affollato la centralissima Plaza de Colón di Madrid per la festa della famiglia organizzata dalla chiesa spagnola, Benedetto XVI ha rivolto un particolare invito a non lasciare indebolire i valori tipici dell’amore e del’apertura alle vita. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La Terra che vide venire al mondo Gesù, all’interno di una famiglia semplice e straordinaria insieme, è da ieri teatro di una nuova carneficina. Le immagini di cruda violenza rimbalzate sui media e sui siti web di tutto il mondo hanno provocato all’Angelus la reazione addolorata di Benedetto XVI, che aveva iniziato la sua riflessione parlando dell’amore modello della Famiglia di Nazareth. Un Papa scosso dalle vittime, dalle “sofferenze” e dalle “lacrime” delle popolazioni, coinvolte in quello che ha definito un “tragico susseguirsi di attacchi e di rappresaglie”, ha poi esclamato:

     
    “La patria terrena di Gesù non può continuare ad essere testimone di tanto spargimento di sangue, che si ripete senza fine! Imploro la fine di quella violenza, che è da condannare in ogni sua manifestazione, e il ripristino della tregua nella striscia di Gaza; chiedo un sussulto di umanità e di saggezza in tutti quelli che hanno responsabilità nella situazione, domando alla comunità internazionale di non lasciare nulla di intentato per aiutare israeliani e palestinesi ad uscire da questo vicolo cieco e a non rassegnarsi - come dicevo due giorni fa nel messaggio Urbi et Orbi - alla logica perversa dello scontro e della violenza, ma a privilegiare invece la via del dialogo e del negoziato”.

     
    Accorate come non mai, queste parole sono state suggellate da una invocazione di pace levata dal Papa alla Famiglia di Nazareth, alla quale il Pontefice aveva dedicato il pensiero d'avvio dell’Angelus. Il Natale è una festa della famiglia come nessun’altra. Ma il Natale, ha osservato Benedetto XVI, è anche un momento nel quale il desiderio di riunirsi tra persone care amplifica spesso “il disagio e il dolore causati da certe ferite familiari”. A chi guardare per superare tutto ciò? Per i cristiani nessun dubbio, alla famiglia “per eccellenza”:

     
    “La famiglia di Gesù merita davvero il titolo di “santa”, perché è tutta presa dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, incarnata nell’adorabile presenza di Gesù. Da una parte, è una famiglia come tutte e, in quanto tale, è modello di amore coniugale, di collaborazione, di sacrificio, di affidamento alla divina Provvidenza, di laboriosità e di solidarietà, insomma, di tutti quei valori che la famiglia custodisce e promuove, contribuendo in modo primario a formare il tessuto di ogni società”.

     
    Maria, Giuseppe e Gesù schiudono dunque alle famiglie cristiane, ma non solo a loro, “l’orizzonte di Dio” nel mondo di oggi. Un messaggio che il Papa ha voluto far giungere con forza particolare ai fedeli spagnoli riuniti a Madrid per la festa della famiglia voluta dai vescovi del Paese. Mamme, papà e bambini che Benedetto XVI ha salutato così:

     
    “Queridas familias, no dejéis que el amor...
    Care famiglie, non lasciate che l’amore, l’apertura alla vita e i vincoli incomparabili che uniscono il vostro focolare si indeboliscano. Domandatelo costantemente al Signore, pregate uniti, affinché i vostri propositi siano illuminati dalla fede e corroborati dalla grazia divina sulla via verso la santità. In tal modo, con la gioia del vostro condividere tutto nell’amore, darete al mondo una bella testimonianza di quanto sia importante la famiglia per la persona umana e per la società. Il Papa sta al vostro fianco, pregando specialmente il Signore per quanti in ogni famiglia hanno maggiori necessità di salute, lavoro, conforto e compagnia”.

     
    Il Pontefice ha poi ricordato che tra poche settimane, dal 14 al 18 gennaio 2009, Città del Messico ospiterà il sesto Incontro mondiale delle Famiglie. Un avvenimento che ha indotto Benedetto XVI a pregare specie per quei nuclei familiari più provati, ha affermato, “dalle difficoltà della vita e dalle piaghe dell’incomprensione e della divisione”.

     
    Infine, nel dopo Angelus, il Papa non ha voluto dimenticare due anniversari lontani nel tempo ma ancora ben vivi nella memoria di molte persone. I 40 anni trascorsi dalla Messa che Paolo VI celebrò la notte di Natale del 1968 nello stabilimento tarantino dell’Italsider - oggi ILVA - occasione per esprimere da parte di Benedetto XVI “preoccupazione per l’aumento di forme di lavoro precario” e un appello “affinché le condizioni lavorative siano sempre dignitose per tutti”. E ancora, i 100 anni dal disastroso terremoto che il 28 dicembre 1908 rase praticamente al suolo la città siciliana di Messina:

     
    “I messinesi però non si lasciarono abbattere e, sostenuti da una straordinaria solidarietà, si risollevarono. Il mio predecessore San Pio X, che avrebbe voluto recarsi personalmente a Messina, inviò ingenti aiuti e ospitò a Roma i seminaristi. A distanza di cento anni, desidero inviare ai messinesi un affettuoso pensiero, con l’augurio che nei loro cuori arda sempre la speranza cristiana”.

     
    Ed erano centinaia di migliaia le persone che da Plaza de Colón a Madrid hanno ascoltato il saluto rivolto loro da Benedetto XVI. Una festa della famiglia molto sentita, quella in corso nella capitale spagnola, come ci riferisce Ignacio Arregui:

     
    Alle 12 c'è stato il collegamento con Piazza San Pietro, in Vaticano, per ascoltare l’Angelus pronunciato dal Santo Padre, e in particolare il suo saluto rivolto ai fedeli radunati a Madrid. I problemi tecnici che hanno ostacolato l’ascolto delle parole del Papa sono stati risolti poco dopo con la lettura in spagnolo del testo pontificio. Concluso il collegamento con Piazza San Pietro, è iniziata la celebrazione dell’Eucaristia, preceduta da un saluto di Kiko Argüello, uno degli iniziatori del Cammino neocatecumenale, il quale ha affermato che l’obiettivo di questo raduno era quello di pregare per le famiglie di Spagna, Europa e tutto il mondo, ed ha ricordato che il Santo Padre ha incoraggiato tutti a dare testimonianza pubblica della fede. Nella sua omelia, che è durata circa 15 minuti, l’arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, ha offerto un’ampia selezione di espressioni di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sulla famiglia. Rivolgendo poi lo sguardo alla società attuale, ha ricordato alcuni tra i principali ostacoli che le famiglie devono affrontare per rendere possibile l’istituzione familiare secondo le leggi naturali ed i valori cristiani. Ha invitato tutti a contemplare nella Santa Famiglia i valori fondamentali dei quali hanno dato prova, lungo la loro vita, Giuseppe, Maria e il Figlio, Gesù di Nazareth. Verso la conclusione della sua omelia, il cardinale Rouco ha affermato con forza che è possibile e urgente sostituire la cultura della morte con la cultura della vita, l’egoismo con l’amore. Ed ha incoraggiato tutti ad annunciare la verità del Vangelo.

     
    L'omelia è stata interrotta almeno tre volte dagli applausi dei fedeli. Sopra all’altare, costruito per l’Eucaristia, c’erano scritte le parole di Giovanni Paolo II: “Il futuro dell’umanità passa per la famiglia”. La manfestazione è stata un'iniziativa dell'arcidiocesi di Madrid, ma sono molti i fedeli che sono giunti da tutta la Spagna, accompagnati da circa 35 vescovi e alcune centinaia di sacerdoti. Si può dire, considerando la provenienza dei partecipanti e le proporzioni del raduno, che la manifestazione sia diventata un avvenimento nazionale. D'altra parte, la presenza di gruppi familiari ha dato al raduno l'aspetto di una testimonianza delle famiglie, che hanno voluto in questo modo proclamare la loro fede e la loro felicità per la loro esperienza di vita familiare. La celebrazione ha avuto luogo nel cuore di Madrid, occupando gran parte delle strade principali della città per alcune ore, pur con un'ampia organizzazione sostenuta dall'aiuto di circa 3 mila volontari.

     
    Uno dei concelebranti della Messa in Plaza de Colón era il primate di Spagna, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino. Lo ha raggiunto telefonicamente a Madrid Rafael Alvarez Taberner, della redazione spagnola della nostra emittente:

    R. - En primer lugar, este año ha tenido un carácter singular...
    In primo luogo, quest’anno la festa ha avuto un carattere molto particolare: l’Eucaristia è stata al posta centro della famiglia, e l’azione di ringraziamento a Dio per la famiglia che uniamo all’azione di ringraziamento a Gesù Cristo che si offre totalmente al Padre. E’ l’affermazione della famiglia legata all’Eucaristia, a Cristo, all’amore, all’alleanza di Dio con gli uomini. E’ l’affermazione della famiglia della quale il mondo di oggi ha tanto bisogno, della quale ha tanto hanno bisogno gli uomini perché veramente senza la famiglia non c’è nulla. E’ un’azione di ringraziamento a Dio per il dono della famiglia. Cosa sarebbe infatti dell’uomo senza la famiglia? Come è stato previdente Iddio nei riguardi dell’uomo, quando ha deciso di farlo nascere e vivere e crescere in seno ad una famiglia. Qui risiede il futuro. Quello che vogliamo è semplicemente ringraziare il Signore per questo dono e proseguire in ciò che questo dono significa, perché qui - nella famiglia - vive il rinnovamento, la crescita e lo sviluppo dell’umanità, il futuro dell’uomo e dell’umanità intera. La famiglia è il luogo nel quale impariamo ad essere quello che siamo: uomo, creatura di Dio. In essa sappiamo riconoscere che tutto è dono e amore. La famiglia è comunità di amore aperta alla vita, in cui l’uomo nasce e si apre ad essa, al miracolo della bellezza della vita. Tutto questo è valido per oggi e per tutti i tempi, specie nella situazione odierna di indebolimento suicida della famiglia, di "modernismi" che sono veramente assurdi, perché non c’è progresso umano senza famiglia che si sta progressivamente indebolendo. Noi vogliamo semplicemente rendere testimonianza del fatto che la famiglia è la grandezza dell’uomo, che è la speranza dell’umanità.

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    Oggi in Primo Piano



    Nuove incursioni aeree israeliane nella striscia di Gaza, dopo la strage di ieri

    ◊   Continua durissima l'offensiva aerea israeliana nella striscia di Gaza. L’attacco contro Hamas nelle prossime ore potrebbe vivere anche una fase terrestre, come testimonia la concentrazione di truppe dello Stato ebraico al confine con Gaza. Sul piano diplomatico, si registra il tentativo dell’Egitto e dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) di convincere gli integralisti di Hamas a recedere dal loro oltranzismo e ad accettare un accordo. Il servizio di Marco Guerra:

    Al secondo giorno di raid aerei sulla striscia di Gaza, il bilancio è pesantissimo: oltre 280 vittime e 900 feriti, tra cui molte donne e bambini. Le incursioni dell’aviazione israeliana sono andate avanti tutta la notte e continuate alle prime ore di stamane con una ventina di attacchi contro obiettivi di Hamas, fra cui una moschea, la sede dell'emittente televisiva del movimento islamico e un complesso edilizio della sicurezza che comprende anche una prigione. Centinaia di soldati di fanteria e dei reparti corazzati israeliani si stanno poi dirigendo verso il confine con Gaza, in preparazione di una possibile operazione di terra. Il governo israeliano ha quindi autorizzato il richiamo alle armi di 6.500 riservisti, sia di unità combattenti sia della protezione civile. L’eventualità di un’invasione da terra, in un primo momento esclusa dai vertici dell’esercito, ora viene di nuovo paventata persino dalla stesso ministro della Difesa Barak, che ha inoltre avvertito che le operazioni militari non saranno né facili né di breve durata. Intanto, dalla Striscia è ripreso un fitto lancio di razzi sul Negev. Oltre 100 sono quelli sparati dall’inizio dell’offensiva. Oggi non vi sono state vittime, ma preoccupa la gittata dei lanci, caduti in località mai raggiunte prima. Il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal, ieri sera ha invocato una ''terza Intifada'' contro Israele, rivolgendosi a tutti i gruppi integralisti palestinesi. Sul piano diplomatico, però, L’Egitto e l’Autorità nazionale palestinese, benché abbiano condannato gli attacchi, premono su Hamas affinché receda dal suo oltranzismo ed accetti un accordo per riprendere la tregua interrotta. Infine, prosegue il coro di appelli della comunità internazionale, che chiede la fine di tutte le attività militari. Non ultimo quello del Consiglio si sicurezza dell’Onu, espresso nella tarda serata di ieri, al termine di una riunione d'urgenza.

     
    L’operazione israeliana sembra quindi solamente all’inizio e la situazione sul terreno si presenta in piena evoluzione. Ma cosa c’è da aspettarsi nelle prossime ore? Marco Guerra lo ha chiesto Camille Eid, giornalista di Avvenire esperto di questioni mediorientali:

    R. - C’è da aspettarsi di tutto, con questa concentrazione di truppe terrestri: Israele non esclude, ovviamente, l’opzione terrestre, ma tutti i politici in Israele, Barak compreso, si rendono conto che avrà un prezzo, questa operazione. Nel senso che Hamas è molto più armata rispetto a due anni fa e quindi si rischia di vedere ripetersi l’esperienza della guerra israeliana nel sud del Libano dell’estate del 2006, con tante perdite israeliane e ovviamente tante perdite palestinesi.

     
    D. - Benché annunciato, un attacco di queste proporzioni ha sorpreso sia Hamas sia i mediatori internazionali. Quali conseguenze ci saranno sul piano diplomatico?

     
    R. - Ovviamente, lo stop del processo di pace, che era già di per sé bloccato: con la presenza di due governi palestinesi, i negoziati tra palestinesi ed israeliani erano ad un punto morto già da qualche mese. Questa nuova operazione militare potrebbe rilanciare se mai le trattative, i negoziati tra tutte le parti del Medio Oriente, e non solamente tra palestinesi ed israeliani, ma c’è anche un periodo morto rappresentato da questo passaggio di poteri tra l’amministrazione di George Bush e quella prossima di Barack Obama.

     
    D. - Qual è la posizione dell’Autorità nazionale palestinese, e come ne esce da questa crisi?

     
    R. - Ufficialmente, l’Autorità nazionale palestinese - il governo di Ramallah, per intenderci - è in stato di lutto: le bandiere sono ammainate e quindi ci sono scioperi e proteste in tutto il territorio della Cisgiordania. Ma, sul piano politico, sappiamo che l’Anp contesta il potere di Hamas sulla striscia di Gaza, che va avanti da quello che chiamano il “golpe” del giugno 2007. L’Autorità guidata da Abu Mazen attribuisce una parte di responsabilità a Hamas che, oltretutto, il 18 dicembre scorso ha messo fine a quella che veniva definita “tregua” tra il governo di Hamas e Israele.

     
    D. - I gruppi radicali vicini ad Hamas hanno giurato vendetta. C’è il rischio concreto di una terza Intifada?

     
    R. - Chiamarla “terza Intifada” forse è un po’ troppo: Hamas ha usato questo termine per chiedere un sollevamento della popolazione della Cisgiordania contro gli israeliani. Finora non ci sono elementi per chiamarla Intifada. Certo, c’è uno stato di rabbia che pervade non solo i Territori palestinesi ma anche tutte le capitali arabe e anche qualche capitale islamica. Ci si aspetta una reazione molto forte dal punto di vista politico più che militare, per il momento.

     
    D. - Secondo il ministro degli Esteri egiziano, Hamas non ha consentito ai feriti palestinesi di attraversare i valichi. Come si può intervenire per alleviare l’emergenza umanitaria?

     
    R. - Sarà un po’ dura, perché l’Egitto viene accusato di aver dato manforte a Israele nel mantenere questo blocco contro la striscia di Gaza: il valico di Rafah - accusano i responsabili di Hamas - è stato chiuso grazie anche alla collaborazione egiziana e quindi decidere di aprire questo valico adesso per permettere l’evacuazione dei feriti sembra ben poco ai leader di Hamas. Magari chiedono qualcosa di più: una solidarietà molto più marcata da parte dell’Egitto che è il più grande Paese arabo e soprattutto che è un Paese che mantiene rapporti diplomatici con Israele da moltissimi anni.

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    Gli auspici di pace per la Repubblica Democratica del Congo nelle parole del vescovo di Goma, Faustin Ngabu

    ◊   Resta drammatica la situazione umanitaria nel Nord Kivu, la regione della Repubblica Democratica del Congo dove sono in corso scontri tra i ribelli di Laurent Nkunda e l'esercito regolare. Sono più di 250 mila le persone costrette a lasciare le proprie case per fuggire dalle violenze. Secondo l'Onu, si moltiplicano anche gli attacchi al personale impegnato a distribuire gli aiuti. Sulla situazione attuale, Tommaso Della Longa ha sentito il vescovo di Goma, mons. Faustin Ngabu:

    R. - La situazione, per il momento, sembra normalizzarsi un po’. Però è molto difficile dirlo, perché quando abbiamo un po’ di tranquillità, non sappiamo quanto durerà. Sembra essere iniziato una specie di dialogo con una delegazione internazionale presieduta dall’ex presidente della Nigeria, Obasanjo. Speriamo che questa iniziativa ci conduca verso la pace. Non ne sono però tanto sicuro, perché molto dipende dalla comunità internazionale.

     
    D. - Come in tutte le guerre, a pagare sono soprattutto i più deboli, come le donne ed i bambini. Qui, in Congo, sembra che questa massa di sfollati venga usata sia militarmente sia politicamente, per spostare le persone da una regione all’altra e così creare paura, scompiglio. Qual è il modo in cui la missione cattolica, gli interventi umanitari, i cooperanti aiutano questa gente?

     
    R. - Prima di tutto, la Chiesa locale non ha i mezzi dare aiuto. Nonostante questo, attraverso la nostra Caritas diocesana siamo in contatto con le altre Caritas e così possiamo rispondere - nei limiti del possibile - alle necessità di queste persone che hanno lasciato le loro case e che sono nei campi profughi. Anche adesso, ci stiamo occupando di tutte le persone che sono rientrare nelle loro case: dobbiamo seguirle ed assisterle perché nel frattempo hanno perso tutto.

     
    D. - Quali sono le speranze per il futuro?

     
    R. - Aspettare la pace nel più breve tempo possibile, anche se non so quando essa si ristabilirà. Ad ogni modo, io penso che un giorno arriveremo a fare la pace, perché nella storia ci sono state guerre durate 30, 100 anni e alla fine la guerra è finita ed è iniziata la pace. Anche noi speriamo che un giorno possiamo arrivare alla fine di questa guerra.

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    Luci e ombre del 2008 in campo internazionale, un anno difficile dominato dalla crisi economica. L'opinione di Fulvio Scaglione

    ◊   Sta per chiudersi il 2008 ed è tempo di bilanci per un anno che ha fatto parlare di sé per varie questioni che l’intera comunità internazionale ha dovuto affrontare: la grave crisi economica, i conflitti ancora numerosi in varie parti del mondo, l’elezioni di Barack Obama, primo presidente di colore alla Casa Bianca, e poi la difficile situazione dei cristiani, oggetto di persecuzioni soprattutto in India e in Iraq. Di tutto questo, Giancarlo La Vella ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:

    R. - Il 2008 è stato un anno praticamente dominato dal tema economico. Il 3 gennaio, per la prima volta nella storia, il prezzo del petrolio sfonda i 100 dollari a barile. La fine dell’anno è dominata dall’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Barack Obama, che ha saputo presentarsi agli elettori americani come il più attrezzato ad affrontare la crisi economica che scuote l’America e il mondo. Il tema economico domina un po’ le notizie, ma poi domina anche la realtà dei fatti. Vediamo che, per esempio, la guerra tra Russia e Georgia - in agosto, nel cuore dell’anno, in coincidenza con le Olimpiadi di Pechino - ha anch’essa forti motivazioni economiche, perché il Caucaso è una zona cruciale per il transito del greggio e del gas. Un tema che è nel sottofondo anche di questioni che sembrano essergli lontanissime, come per esempio le persecuzioni anticristiane in India, nell’Orissa. Certamente, vi è un fondo di intolleranza etnica e religiosa; ma a ben guardare, si nota che l’opera pastorale della Chiesa cristiana incide profondamente su quella struttura arcaica che è tipica della cultura indù e della società indù, ovvero le caste, e questo ha un valore molto spiccato pure dal punto di vista economico.

     
    D. - I cristiani hanno sofferto e continuano a soffrire anche in diversi Paesi, come in Iraq e in altre nazioni dell’Oriente…

     
    R. - Certamente. Questo è stato, secondo me, uno dei tasti dolenti di tutto l’anno: per i cristiani perseguitati nel mondo, in concreto e realmente, non siamo riusciti a fare quasi niente. I cristiani dell’Iraq continuano a soffrire, continuano ad essere discriminati: c’è l’intolleranza etnica e religiosa, ma ci sono anche qui motivazioni economiche forti, perché la zona di Mossul e soprattutto di Kirkuk è una zona di abbondanti ricchezze petrolifere. Se la contendono gli arabi e i curdi; e i cristiani che si sono radunati in quella regione per sfuggire alle violenze degli anni scorsi rischiano con il loro numero di far pendere la bilancia demografica e quindi poi anche elettorale dall’una o dall’altra parte. Prendiamo la Terra Santa: cosa si è riusciti veramente a fare per i cristiani che vivono lì in direzione della pace, che è la condizione per cui i cristiani di Terra Santa possano restarvi ed eventualmente prosperare?

     
    D. - C’è un filo conduttore che lega gli avvenimenti del 2008?

     
    R. - Io credo che il filo conduttore sia quello che siamo tutti tornati a un forte realismo. E’ finita l’epoca delle illusioni, è finita l’epoca in cui qualcuno poteva pensare di avere tutte le parole giuste, le ricette giuste, le soluzioni perfette per i problemi. Si chiude un’epoca. Io credo che da un certo punto di vista, non sia un male, soprattutto se prendiamo coscienza che i problemi complessi non hanno soluzioni semplici, ma solo soluzioni altrettanto complesse.

     
    D. - Tra i primi impegni del Papa, nel 2009, ci sarà il viaggio in Africa, un continente caro a molti. C’è la speranza possa segnare un piccolo passo positivo?

     
    R. - Naturalmente, la speranza di passi positivi non la dobbiamo abbandonare, perché abbandonare la speranza comunque non aiuta a migliorare. Certo, è ora che la comunità internazionale prenda coscienza che non possiamo abbandonare l’Africa, come abbiamo fatto finora. Pensiamo, per esempio, a quello che si è lasciato accadesse in Congo, quello che si è lasciato succedere nello Zimbabwe di Mugabe: ecco, serve un’iniziativa molto più forte perché l’Africa sta andando alla deriva e il mondo non può permetterselo.

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    Il terremoto di Messina del 1908: un secolo dopo, il ricordo della solidarietà e il retaggio di problemi irrisolti

    ◊   Erano le 5.21 di cento anni fa quando la terra tremò in Sicilia e in Calabria: un terremoto dalle proporzioni devastanti, uno dei più violenti dell’epoca moderna in Europa, che colse gli abitanti nel sonno. Il 28 dicembre del 1908 Messina veniva rasa al suolo. Oggi si commemora quella tragedia - ricordata anche da Benedetto XVI all'Angelus di oggi - ma non senza polemiche, perché Messina è tutt’ora una città in parte popolata di baracche. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Trentasette secondi per cancellare quasi del tutto una città, Messina, per distruggerne un’altra, Reggio Calabria, per uccidere 95 mila persone: il terremoto dello Stretto - 7,1 gradi Richter - che sorprese gli abitanti nel sonno, è considerato uno degli eventi più catastrofici del ventesimo secolo. Il sisma, e il maremoto che seguì, inghiottirono il 58% dei messinesi, il 27% dei reggini, distrussero il 90% degli edifici della città siciliana: sontuosi palazzi, cinquecentesche fontane, chiese barocche, ingoiati da enormi voragini. Azzerate le vie di comunicazione stradali e ferroviarie, telegrafiche e telefoniche. Chi era sopravvissuto a crolli e incendi, morì travolto dalle gigantesche onde, alte fino a 13 metri, che si abbatterono sul lungomare. Le scosse di assestamento si protrassero per mesi, lungo tutto il 1909. Le cronache dell’epoca registrano forti polemiche per il ritardo del governo italiano nel portare soccorsi, ma anche una corsa alla solidarietà che smosse tutta l’Europa: a scavare tra le macerie, a recuperare migliaia di superstiti, furono soldati italiani, russi, inglesi, francesi, tedeschi. Mons. Calogero La Piana, arcivescovo di Messina, ha ricordato il terremoto nel suo messaggio di Natale:

     
    “Guardiamo con sofferenza quella immane tragedia, ma guardiamo anche con grande interesse quella impressionante solidarietà del mondo intero. Guardiamo l’insieme di quello che è stato: dall’insieme vogliamo leggere anche questo percorso fatto, riconosciamo dove c’è molto ancora da fare, che la città ha bisogno di rialzarsi ancora perché non del tutto si è ripresa. Vogliamo sì guardare al passato, al cammino fatto, ma vogliamo soprattutto proiettarci in avanti”.

     
    Cento anni da quella notte: la Messina di oggi non è più quella delle aristocratiche vie. E non è divenuta la città moderna che ci si aspettava: è una città da ricostruire, che vive ancora nell’emergenza. Per questo mons. La Piana ha parlato di terremoto morale e sociale e ha lanciato un appello ai messinesi a non sentirsi sconfitti:

     
    “La Messina di oggi è una città che soffre a motivo delle tante disavventure, anche politiche, degli ultimi anni. E’ stata commissariata ed umiliata, ferita; più di tante altre risente di questa crisi economica. E’ una città in cui persiste il grosso problema della casa: abbiamo centinaia di famiglie che vivono ancora in baracche, che non sono assolutamente da addebitare al terremoto ma anche a tutta una cultura che si è creata; ed anche al mancato intervento di chi avrebbe dovuto provvedere. E’ una città che risente della precarietà, della perdita del lavoro. Sono venuti meno tanti punti di riferimento… E’ una città che veramente necessita di essere fortemente richiamata alla speranza: e questo è anche il messaggio del Natale. Ho voluto invitare la città a non cedere alla stanchezza, allo sconforto, perché di questo spesso si tratta, e di non smarrire la speranza e la fiducia. E’ soprattutto una città che deve recuperare il senso della solidarietà, quel sano orgoglio, e ritornare ad essere quella che è sempre stata: una città vivibile dove i valori umani possono riprendere a brillare nelle relazioni tra le persone”.

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    La riflessione mariana al recente Sinodo dei Vescovi analizzata nel convegno “Fine d’anno con Maria”. Intervista con padre Ermanno Toniolo

    ◊   Si è aperto oggi a Roma il convegno Mariano “Fine d’anno con Maria”, sul tema “Maria nel cuore della Parola di Dio donata, accolta, trasmessa”, promosso dal Centro di cultura mariana “Madre della Chiesa”. L’incontro guarda alla riflessione mariana del Sinodo dei Vescovi recentemente celebrato sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Sugli argomenti al centro del convegno, che si concluderà martedì prossimo, Amedeo Lomonaco ha intervistato padre Ermanno Toniolo, dell’Ordine dei Servi di Maria:

    R. - Partiamo dalla Creazione, dalla Parola rivelata nell’Antico Testamento. Parola incarnata da Maria è fatta perciò “carne delle sue carni”, per donare al mondo la vita. Sarà preso in esame quanto in tutto ciò che la Traditio ecclesiae, e perciò la trasmissione della Parola di Dio che è avvenuta nella Chiesa, ha operato, incominciando dai Vangeli. La figura di Maria diventa esemplificazione di come la Parola di Dio si dilati nella comprensione, nella conoscenza, nell’approfondimento man mano che viene accolta, man mano che viene perciò studiata e approfondita e vissuta. Un Convegno che mette la Vergine quale paradigma assoluto ecclesiale del cammino di tutta l’umanità, della Chiesa in particolare e di ciascuno dei suoi fedeli.

     
    D. - Seguendo questo paradigma, come possiamo noi cristiani imitare Maria, custode della Parola?

     
    R. - Ci sono tante vie. Una privilegiata, che il Sinodo ha ribadito, è quella di accostarci alla Parola di Dio facendo di essa il pane della nostra quotidiana conoscenza di Dio. C’è davanti il quadro di una Parola di Dio che si inarca su tutta la storia dell’uomo e lo innalza, perciò, ad una speranza che non delude.

     
    D. - La speranza che non delude è il pronunciamento del “sì” pieno a Maria…

     
    R. - E’ la speranza che chiude così il Sinodo: “Come Maria sotto la croce del Figlio, la fede e l’amore diventano la speranza con cui Ella accetta di diventare la Madre del Discepolo amato e dell’umanità intera”. Una speranza, dunque, che allarga l’abbraccio d’amore su tutti gli uomini della terra, perché tutti diventino l’unica famiglia di Dio.

     
    D. - Padre Toniolo, ricordiamo i temi del messaggio emersi al Sinodo...

     
    R. - Il Sinodo ha enunciato in quattro parole, per così dire, tutto l’itinerario e l’impegno. Primo, la voce: la parola è Rivelazione. Secondo, il volto: la parola è Gesù Cristo, Parola di Dio incarnata. Terzo, la casa: la Parola rivela e viene accolta in una casa, che è la Chiesa, e dalla Chiesa si effonde. Quarto, le strade della Parola: la missione della Chiesa dell’annuncio, del dono della Parola, di portare la Parola di Dio a tutti i popoli e a tutti i confini della terra, perché la parola di Dio possa avvolgere di sé e donare luce e vita a tutta l’umanità.

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    Chiesa e Società



    Risposta positiva agli appelli della Chiesa cilena per affrontare la crisi economica senza licenziamenti

    ◊   Incoraggianti e positive le prime reazioni del governo cileno e degli imprenditori agli appelli lanciati dalla Chiesa durante le festività di Natale, affinché “si trovino soluzioni nuove e creative alla crisi economica e si evitino i licenziamenti”. Mons. Alejandro Goic, vescovo di Rancagua e attuale presidente della Conferenza episcopale cilena, ha detto, alcuni giorni fa al quotidiano “El Mercurio” di “nutrire molte speranze affinché diverse e coraggiose iniziative possano aiutare ad affrontare la crisi”. Tra queste, ha avuto molta eco sulla stampa, non solo cilena, quella suggerita da mons. Juan Ignacio González, vescovo di San Bernardo, che nel suo messaggio natalizio si è rivolto direttamente agli imprenditori per chiedere non solo “una vita più austera, un uso del denaro più oculato, ma anche se necessario una rinuncia ai benefici”. “Non sono un esperto in questioni economiche”, ha spiegato il presule, ma “ai cari imprenditori posso dire che possono dare un contributo alla nostra società che è cristiana e che si fonda sui valori del Vangelo. (…) Molte persone stanno perdendo il posto di lavoro e si presentano in modo crescente agli organismi della Chiesa, alle mense, per chiedere cibo. Gli imprenditori - ha aggiunto - hanno fra le mani il dono di produrre ricchezza e possono rinunciare momentaneamente ai benefici” per salvare un’altra ricchezza: il "lavoro dell’uomo”. Secondo mons. González, proposte di questo tipo eviterebbero che la “crisi economica si traduca in licenziamenti, in disoccupazione, in dolore per tante famiglie”. Il ministro degli Interni cileno, Edmundo Pérez Yoma, ha detto di “condividere l’appello della Chiesa cattolica e dei suoi vescovi” ed ha lanciato la stessa richiesta a tutte le parti interessate. “Riteniamo che il 2009 debba essere l’anno della solidarietà. Gli imprenditori - ha aggiunto - non sono obbligati a farla, devono però ricordare che in questa crisi i posti di lavoro vanno toccati per ultimi e non per primi”. Riferendo dei suoi incontri con la Camera di commercio, della produzione e dell’edilizia privata, il presule ha osservato che esiste “amplia disponibilità per agire in questo senso. Tutti pensano che la prima cosa da evitare siano i licenziamenti”. Da parte sua, Ronald Bown, presidente dell’Associazione degli esportatori cileni, ha sottolineato che l’idea di rinunciare transitoriamente agli utili oppure di rinviare la riscossione a tempi migliori è un’alternativa che molti stanno già studiando. “Certo - ha sottolineato - molto dipende del singolo caso, ma è una buona prospettiva di lavoro”. Arturo Lyon, presidente dell’Associazione cilena delle industrie metallurgiche e metalmeccaniche, nel ricordare che le imprese sono proprietà degli azionisti - gli unici chiamati a decidere - ha osservato che “a questo punto s’impone l’apertura di un grande dialogo che consenta di trovare al tempo stesso le soluzioni per salvare l’impresa e non provocare disoccupazione”. Anche le prime reazioni sindacali appaiono incoraggianti, ma tutte sono improntate alla medesima richiesta: l’apertura di un ampio negoziato affinché le decisioni siano condivise e dunque rispettate da tutti. (A cura di Luis Badilla)

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    In Nicaragua, appello al negoziato interno dell’arcivescovo di Managua, Leopoldo Brenes

    ◊   “Ci preoccupano le ferite che cominciavano a guarire, che stavano cicatrizzando e che oggi si sono aperte nuovamente. La guerra, la violenza, le armi, sembravano appartenere al passato e invece oggi si sente parlare di gruppi che si stanno armando, di gente che dice di ‘aspettare un segnale’ e ciò ovviamente ci preoccupa moltissimo”. Sono le riflessioni amare dell’arcivescovo di Managua, in Nicaragua, mons. Leopoldo Brenes, che ha evidenziato - in un colloquio con la stampa locale - i rischi del clima nel quale il Paese vive dopo le recenti elezioni municipali, i cui risultati non sono riconosciuti dalle opposizioni. Oltre alla forte polarizzazione politica che spacca la nazione, nelle ultime settime si sono aggiunte le decisioni - prima degli Stati Uniti e poi di alcuni Paesi dell’Unione Europea - di sospendere gli aiuti se non saranno chiarite dal governo le accuse di frode elettorale. Il sostegno internazionale ammonta a decine di milioni di dollari, almeno 165, e ora verrà a mancare non solo per la spesa corrente ma anche per numerosi progetti di sviluppo e promozione umana. Da qui l’appello di mons. Brenes alle autorità del Paese affinché “prendano decisioni che favoriscano e salvaguardino lo sviluppo”, soprattutto in un momento “in cui la situazione internazionale può aggravare ulteriormente la crisi interna”. “In questo momento - spiega il presule - la diplomazia si deve impegnare al massimo per portare avanti i negoziati a favore del nostro popolo. Dobbiamo aprire il cuore a Gesù - prosegue - perché ci illumini. Lui ci può indicare la rotta che dobbiamo percorrere in mezzo all’oscurità”. In merito alle richieste e alle condizioni che alcuni governi stranieri e organismi di aiuto allo sviluppo hanno avanzato per continuare ad erogare i fondi, mons. Brenes ha ricordato che è normale che si chieda trasparenza poiché ogni aiuto impegna chi lo riceve a comportarsi in linea con le motivazioni e lo spirito di chi lo eroga. Si tratta di una sorta di contratto che non si può eludere, ha osservato l’arcivescovo Brenes, citando regole simili nel caso degli aiuti tra organismi ecclesiali. “Sono cose che accadono sempre indipendentemente dagli orientamenti di chi fornisce l’aiuto e perciò si deve negoziare e dialogare tenendo presente i ‘pro’ e i ‘contro’. Il problema - aggiunge - non sono le condizioni, bensì cosa si chiede e cosa si può dare. Perciò si deve negoziare”. Il Nicaragua, ha poi precisato, “è un corpo nel quale il governo è una parte poi c’è il settore privato, la Chiesa stessa, i mezzi di comunicazione. Insomma, tutti siamo parti di questo corpo che è il Nicaragua e dunque tutti dobbiamo lavorare come in un ingranaggio preciso capace di dare l’ora esatta. Ognuno - ribadisce - deve accettare il fatto che tutti hanno bisogno di tutti”. Concludendo le sue riflessioni, mons. Leopoldo Brenes ha manifestato l’angoscia dei vescovi di fronte al rinascere di tentazioni violente, riferendosi in particolare alle continue voci, secondo le quali la frustrazione per come si sono svolte le elezioni municipali del 9 novembre scorso potrebbe sfociare in un ricorso all’uso delle armi. Parlando della guerra interna che dilaniò il Paese per molti anni, e che dopo tanti lutti e sofferenze terminò nel 1990 con una mediazione internazionale, l’arcivescovo Leopoldo Brenes ha ricordato: “Quando ero vescovo di Matagalpa ho vissuto questa guerra. Ho patito personalmente la terribile esperienza di alcuni fedeli che - ha rimarcato - non potevano sedere accanto ad un altro nicaraguense perché separati da inimicizia, ma soprattutto perchè vittime delle ferite lasciate dal conflitto”. (A cura di Luis Badilla)

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    Arrestato in Brasile il presunto mandante dell’omicidio di una suora statunitense

    ◊   E’ stato nuovamente arrestato Regivaldo Pereira Galvao, che era in attesa di giudizio per l’omicidio della religiosa statunitense Dorothy Stang, uccisa nel febbraio 2005 ad Anapu, nello stato brasiliano di Pará. L’uomo - riferisce l’agenzia Misna - è stato accusato di aver falsificato i titoli di proprietà su tremila ettari di terra amazzonica per venderla nonostante appartenesse al governo centrale. Secondo i magistrati, Galvao avrebbe anche creato una banda incaricata di assassinare contadini e persone che si oppongono allo sfruttamento illegale dell’Amazzonia. Suor Dorothy Stang era una di loro: la religiosa è stata uccisa mentre difendeva un appezzamento di terreno nel quale voleva creare un insediamento di contadini poveri. Suor Dorothy apparteneva alla Congregazione delle Suore di Nostra Signora di Namur. Era molto amata dalla gente del posto che lavorava con lei dal 1966. (B.C.)

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    Da domani a Bruxelles, l’incontro mondiale dei giovani promosso dalla Comunità di Taizé

    ◊   Sono attesi oltre 40 mila giovani, domani a Bruxelles, per l’incontro mondiale della Comunità di Taizé, che avrà come filo conduttore la scoperta di Dio e il dono verso gli altri: un tema contenuto nella Lettera dal Kenya scritta dal priore della Comunità, frère Alois. Il testo si riferisce all'incontro che il movimento ecumenico ha celebrato a Nairobi, dal 26 al 30 novembre scorso, al quale hanno partecipato circa 7 mila giovani in un “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”. “Dio è presente in ciascuno, credente o non credente”, scrive frère Alois, e da questo assunto parte la sua riflessione sulla stanchezza e lo sconcerto di molti che hanno rimosso la fede e hanno perso il gusto di vivere. Per il priore di Taizé - riporta l’agenzia Zenit - ogni uomo sente “il desiderio di un assoluto” verso il quale tende: è una sete che molti uomini percepiscono “come un vuoto”, ma solo accogliendola come un dono si può scoprire “l'invito di Dio all'apertura di noi stessi”. Così, l'autore della lettera propone due orizzonti per realizzare questa donazione agli altri, iniziando dall'aiutarsi reciprocamente e integrandosi nelle parrocchie e nelle Chiese locali. Parlando poi dell’Africa, frère Alois si esprime preoccupazione per la situazione del continente afflitto dalla disoccupazione e schiacciato dalla “rapidità del progresso tecnico che rischia di soffocare il senso di maturazioni lente”. Ricorda che, in Africa, la Chiesa è “spesso vista come la famiglia di Dio e Dio come una madre che consola”. L’incontro di domani a Bruxelles ha ottenuto il sostegno tra gli altri di Benedetto XVI, dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, del segretario della Federazione luterana mondiale, Ishmael Noko, e del segretario generale dell'Alleanza mondiale delle Chiese Riformate, Setri Nyomi. (B.C.)

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    Uccise 45 persone in una chiesa della Repubblica Democratica del Congo

    ◊   Nuova escalation di violenza nella Repubblica Democratica del Congo. Secondo fonti delle Forze armate ugandesi, miliziani del sedicente Esercito di resistenza del signore di Joseph Kony avrebbero ucciso a colpi di machete almeno 45 persone che si erano rifugiate in una chiesa in un'area nordorientale del Paese africano. Molte altre sono riuscite a scappare e a dare l’allarme. Solo pochi giorni fa, le Nazioni Unite avevano denunciato nuovi attacchi contro il personale umanitario in particolare nella regione del Nord Kivu, teatro di pesanti scontri tra i ribelli di Laurent Nkunda e l'esercito regolare. Nello stesso tempo, il Consiglio di sicurezza dell'Onu aveva rinnovato il mandato della missione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc). (B.C.)

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    Medici senza frontiere ricorda le crisi dimenticate nel mondo

    ◊   “Abbiamo il dovere di testimoniare le sofferenze patite”: con queste parole il presidente di Medici senza frontiere (Msf), Cristophe Fournier, ha presentato nei giorni scorsi un Rapporto - riportato dall’agenzia Misna - sulle guerre e le crisi ancora in corso. Sono diversi gli scenari difficili a partire dalla Repubblica Democratica del Congo, all’Iraq, al Sudan, il Pakistan e la Somalia. Msf denuncia anche le condizioni di insicurezza nelle quali gli operatori umanitari operano e ricorda che gli interventi sono limitati proprio a causa delle difficoltà che incontrano. L’organizzazione evidenzia poi la “diffusa mancanza di attenzione da parte dei governi dei Paesi in conflitto per problemi come la malnutrizione infantile, l’elevato tasso di mortalità durante il parto, il trattamento delle epidemie di colera e altre malattie ad alto rischio contagio”. Pertanto, si invita la comunità internazionale a non dimenticare i tre milioni di persone al mondo che vivono nelle zone di guerra e di crisi “le cui sofferenze passano spesso sotto silenzio”.(B.C.)

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    Corsi per educatori cristiani e musulmani nelle Filippine

    ◊   Sono incentrati sulla Lettera intitolata “Una parola comune fra noi e voi”, scritta da 138 leader musulmani e indirizzata al Papa, i corsi di formazione di docenti ed educatori cristiani e musulmani promossi dal Movimento per il dialogo islamo-cristiano “Silsilah”, attivo da 25 anni nelle Filippine meridionali. Si tratta di un ciclo di seminari, in collaborazione con un forum che raccoglie leader cristiani e musulmani, destinati a educatori, docenti e catechisti con l’intento di costruire una mentalità nuova, promuovendo il dialogo, la pace e lo spirito di riconciliazione nei giovani. Fra gli altri obiettivi dei seminari - riferisce l’agenzia Fides - c’è anche l’incoraggiamento di esperienze di dialogo interreligioso, l’apertura verso l’altro per porre le basi di un approccio di accoglienza e dialogo fra le diverse comunità.(B.C.)

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    Creato nella Repubblica democratica del Congo un centro di isolamento per l’Ebola

    ◊   Fonti giornalistiche, riportate dall’agenzia Misna, hanno reso noto la creazione di un Centro di isolamento sanitario nei pressi di Kampongo, nel cuore della Repubblica Democratica del Congo. Dalla fine di novembre, nel Paese africano è in corso un’epidemia di Ebola che, secondo un bilancio provvisorio, ha provocato 9 vittime e almeno 21 contagi. La febbre emorragica può raggiungere un indice di mortalità del 95%: per la malattia, infatti, non sono ancora disponibili né cura né vaccino. (B.C.)

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    Nella Polinesia francese il 2009 sarà l’anno della Parola di Dio

    ◊   Sulle indicazioni del Sinodo sulla Parola di Dio, che si è tenuto in Vaticano lo scorso ottobre, mons. Hubert Coppenrath, arcivescovo di Papeete, ha proclamato il 2009 come l’“Anno della Parola di Dio”. Scopo di questa iniziativa, che sarà vissuta nell’approfondimento delle Lettere di San Paolo, nell’anno dedicato all’Apostolo, è di ribadire la centralità della Parola di Dio nella comunità ecclesiale, nella famiglia, nella vita di ogni cristiano. Il presule chiede a ogni fedele di compiere “uno sforzo particolare per meditare meglio e vivere il Vangelo nella propria vita”. Uno strumento che aiuta a entrare in profondità nel significato della Sacra Scrittura e nella sua interiorizzazione - riferisce l’agenzia Fides - è la Lectio divina. Pertanto, sottolinea il mons. Coppenrath, è importante che ogni persona e ogni famiglia dedichi un tempo quotidiano alla lettura della Parola e alla preghiera, per creare in tutti l’abitudine a confrontarsi con la Bibbia e a “passare dal Vangelo alla vita”.(B.C.)

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    Dolore della diocesi di Roma per le vittime del rogo di Castelfusano

    ◊   “Commosso dolore” è stato espresso dalla diocesi di Roma per la morte della giovane immigrata e del suo bambino nel rogo della loro baracca a Castelfusano, il giorno di Santo Stefano. “Di fronte alle situazioni di emarginazione e povertà presenti anche nel nostro territorio - si legge in un comunicato del Vicariato di Roma - si ritiene urgente rispondere positivamente alla richiesta di un’equilibrata integrazione sociale, nel rispetto della legalità, che abbia come obiettivo primario la salvaguardia della dignità della persona umana e l’impegno per il bene comune”. Pertanto si ricorda l’appello del Papa che, nella Messa della notte di Natale, ha rivolto il suo pensiero tra l’altro ai “bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico” e ha invitato ciascuno a “fare tutto il possibile” affinché finisca la tribolazione di questi piccoli.(B.C.)

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    Lettera pastorale sulla Cresima di mons. Bruno Forte

    ◊   La Cresima "è un dono per tutta la comunità e non solo per il singolo cresimato". E’ uno dei passaggi della lettera pastorale per l'anno 2008-2009 dell'arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, Bruno Forte, dal titolo: “Cresimarsi perché”. Il presule - riferisce l’agenzia Zenit - sottolinea che questo Sacramento è spesso "poco compreso, vissuto da molti più come un obbligo da assolvere che come un incontro decisivo", nel quale però lo Spirito Santo può imprimere nel cuore il sigillo dell'amore di Dio per rendere capaci di "credere, sperare ed amare oltre ogni misura di stanchezza e ogni prova e sfida della vita". Ma chi è lo Spirito Santo? Mons. Forte risponde che "nel Dio, che è Amore, c'è un eterno amante, il Padre, da sempre e per sempre sorgente di amore. C'è un eterno amato, il Figlio, che accoglie l'amore e lo ricambia, insegnandoci che anche il ricevere è divino e c'è l'amore personale, donato dall'uno all'altro, lo Spirito, che è al tempo stesso il vincolo che unisce il Padre e il Figlio e colui che apre il loro amore ad effondersi nella creazione". “Abbiamo tutti bisogno di essere fortificati dal dono di Dio - sottolinea il presule - per divenire capaci di credere, sperare e amare al di là della nostra debolezza, imparando ad agire nella comunione della Chiesa con lo slancio dei testimoni, che vorrebbero comunicare a tutti la bellezza del Signore". Infine, mons. Bruno Forte ricorda che serve “docilità e accoglienza umile e pronta” per rendere la Cresima “l’inizio di una nuova storia di fede e amore”. (B.C.)

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    Un atlante per salvare le lingue a rischio di estinzione

    ◊   Un atlante delle lingue a rischio di estinzione è stato presentato nei giorni scorsi al Palazzo delle Nazioni Unite a New York, in occasione del seminario “Le lingue contano”, promosso dall’Unesco e dal Dipartimento per l’informazione pubblica. L’atlante - rende noto la Misna - sarà poi reso pubblico il prossimo 21 febbraio in occasione della ‘Giornata internazionale della Lingua madre’. “Le lingue sono essenziali per l’identità dei gruppi e degli individui e per la loro coesistenza pacifica”, ha detto Koïchiro Matsuura, direttore generale dell’Unesco, ricordando la prossima conclusione dell’anno internazionale delle lingue. Koïchiro Matsuura si è anche impegnato ad assicurare “che l’importanza della diversità linguistica e del multilinguismo venga riconosciuto a livello nazionale, regionale e internazionale”. Secondo uno studio del 2007 del “Living tongues institute for endangered languages”, citato dall’Unesco, ogni due settimane scompare una lingua. Entro questo secolo, la metà dei circa 7000 idiomi parlati nel mondo potrebbe estinguersi. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ancora violenze in Pakistan. Almeno 20 persone sono rimaste uccise in un attentato kamikaze nel distretto di Buner

    ◊   Ennesima giornata di violenze in Pakistan. Un’autobomba è esplosa nei pressi di un seggio elettorale nel distretto di Buner, dove si vota per il consiglio provinciale, uccidendo almeno 20 persone e ferendone 14. ''L'esplosione è stata così possente da distruggere completamente la scuola e danneggiare molte case vicine'', ha detto un responsabile della polizia, precisando che alcune vittime si trovano ancora sotto le macerie. Il distretto di Buner si trova nei pressi di Swat, dove le forze packistane sono impegnate dal 2007 in un'offensiva contro i militanti talebani, che interessa anche le regioni vicine, al confine con l'Afghanistan.

    Afghanistan
    Attacco suicida contro un edificio governativo nel sud dell'Afghanistan. Sei persone, tra cui quattro bambini, sono rimaste uccise. Lo ha riferito un funzionario locale. Gli altri due morti sono poliziotti che erano di guardia all'edificio, andato parzialmente distrutto. L'attacco è avvenuto nel distretto di Ismail Kheil, nella parte sudorientale del Paese, roccaforte della guerriglia talebana.

    Iraq
    In Iraq, nel 2008 circa 8.500 civili sono rimasti uccisi in atti di violenza. Il bilancio è stato stilato dall’organizzazione umanitaria britannica "Body count". Rispetto agli anni precedenti si registra, però, un netto miglioramento delle condizioni della sicurezza e un sensibile calo delle vittime, con una media di 25 morti al giorno contro i 76 del 2006. Il livello attuale delle violenze è paragonabile a quello del periodo maggio 2003-dicembre 2004, i primi 20 mesi dell'occupazione.

    Sri Lanka
    È di almeno cinque morti il bilancio di un attentato suicida che colpito un posto di polizia nella capitale dello Sri Lanka, Colombo. I feriti sono almeno 15. L'attentato è avvenuto nel quartiere periferico di Wattala. Le vittime sono tutte membri delle Forze di difesa civili. "Il kamikaze - ha detto un ufficiale di polizia - è riuscito a superare il primo posto di controllo e a farsi esplodere nel mezzo di un distaccamento delle Forze di difesa civili".

    Italia-politica
    Per la politica italiana, quello che si chiude è stato un anno caratterizzato dalle elezioni di aprile, che hanno visto la netta affermazione del centrodestra con il ritorno a Palazzo Chigi di Silvio Berlusconi. Il nuovo governo si è trovato presto a dover fronteggiare la grave crisi economica internazionale e per il 2009 le sfide della riforma della giustizia e del federalismo, in un contesto di difficili rapporto con l’opposizione. Il servizio di Giampiero Guadagni:

    Prima il federalismo fiscale, a seguire la riforma della giustizia, e solo quando ci saranno le condizioni, il presidenzialismo. Silvio Berlusconi ha precisato l’ordine temporale dei temi nell’agenda del governo per il 2009, anno che sarà segnato anche dalla presidenza italiana del G8. La priorità al federalismo fa parte dell’accordo elettorale con al Lega, ma Berlusconi non fa mistero di considerare fondamentale la riforma della giustizia, forte di una maggioranza solidissima in entrambi i rami del parlamento. E il compito potrebbe essere facilitato dall’esplosione di una nuova questione morale, con inchieste aperte in diverse regioni governate dal Partito democratico. Il premier si dichiara garantista e apre al dialogo con il partito di Veltroni, a condizioni che questi rompa l’alleanza con l’Italia dei valori di Di Pietro; ipotesi peraltro auspicata anche dall’altra forza di opposizione, l’Udc. Punto centrale e di nuovo di grande attualità è quello delle intercettazioni: c’è ormai un fronte politico e anche giuridico trasversale che sembra propenso a limitarne l’autorizzazione e la possibilità di divulgarne il contento. Il Pd si dice pronto al confronto in parlamento sulla giustizia se le proposte saranno serie, ma sollecita il governo a concentrare gli sforzi sulla vera emergenza: la crisi economica internazionale che sta avendo pesanti ripercussioni anche in Italia. I consumi sono già in netto calo e nel 2009 sono a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’industria e anche nei servizi. Una situazione che allarma molto anche il Quirinale e sarà dunque al centro del discorso di fine anno del presidente della Repubblica, Napolitano, che insiste sulla necessità della coesione politica e sociale considerata il principale antidoto alla crisi.

     
    Italia-immigrazione
    Non si ferma l’ondata di sbarchi di immigrati che dalla vigilia di Natale si è riversa sull’isola di Lampedusa. Stamani, un barcone con circa 210 migranti è stato fermato e soccorso dalla Guardia di finanza a sud dell’isola. Gli extracomunitari saranno al centro di prima accoglienza di Lampedusa, dove negli ultimi giorni sono giunti oltre 1700 persone. E intanto sono cominciate le operazioni per alleggerire il Cpt ormai al collasso. Oggi pomeriggio, sono in programma due voli mentre un centinaio di stranieri saranno trasferiti con il traghetto di linea. Alla luce della nuova ondata di sbarchi, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha chiesto alle autorità libiche di intensificare le operazioni di controllo, prevenzione e dissuasione nei confronti delle imbarcazioni che partono dalla Libia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 363

     
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