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Sommario del 24/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa presiede nella Basilica di San Pietro la Messa della Notte nella Solennità del Natale
  • L'inaugurazione del presepe in Piazza San Pietro: il Papa accende il lume della pace
  • Nomine
  • Sorprese dello Spirito: l’editoriale di padre Lombardi sul discorso del Papa alla Curia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Natale in Terra Santa tra speranze e timori. Il dramma di Gaza
  • Caos in Guinea Conakry dopo il golpe militare
  • Quarant'anni fa Paolo VI celebrava la Messa della Notte di Natale tra gli operai dell'Italsider a Taranto
  • Presepi all’ombra del Cupolone: la tradizione romana dell’arte presepiale
  • Chiesa e Società

  • L'arcivescovo dell'Orissa: nei cuori prevalga la pace
  • Unicef e Sudan firmano un accordo per evitare l'arruolamento di minori nel Darfur
  • Cuba: decimo anniversario delle celebrazioni del Natale dopo il ripristino della festa
  • Mons. Cuquejo lancia la missione continentale in Paraguay
  • Almeno 68 morti in Colombia per le alluvioni
  • Il "Pranzo di Natale" con la Comunità di Sant'Egidio in Italia e nel mondo
  • Visita e regali per i bambini della Casa del Fanciullo a Betlemme
  • Dall’Irlanda un messaggio di speranza dopo anni di guerriglia e distruzione
  • In Vietnam il Natale è anche tempo di preghiere per la giustizia e la pace
  • Afghanistan: cresce il risentimento della popolazione contro le truppe straniere
  • Il cardinale Pell: aumentate le vocazioni dopo la Gmg
  • Il cardinale Bagnasco: l’8 per mille è una forma di “democrazia fiscale”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Crisi economica: tasso euribor sotto il 3%
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa presiede nella Basilica di San Pietro la Messa della Notte nella Solennità del Natale

    ◊   La Chiesa si appresta a vivere il Natale. Il Papa presiederà, alle ore 24 nella Basilica Vaticana, la Messa della Notte. Domani a mezzogiorno pronuncerà il tradizionale Messaggio natalizio e impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi” dalla Loggia centrale di San Pietro. Gli eventi saranno seguiti in diretta dalla nostra emittente e in mondovisione, con servizio gratuito, probabilmente da un numero maggiore di canali televisivi dell'anno scorso, quando si collegarono col Vaticano circa 90 network di 60 Paesi. Questo sarà il quarto Natale di Benedetto XVI. Ripercorriamo in questo servizio di Sergio Centofanti i contenuti principali delle omelie del Papa nella Messe di Mezzanotte dal 2005 all’anno scorso.
     
    (canto)

     
    Nella sua prima Messa della Notte nella Solennità del Natale nel 2005 Benedetto XVI spiega perché Dio si è fatto bambino:

     
    “Dio è così grande che può farsi piccolo. Dio è così potente che può farsi inerme e venirci incontro come bimbo indifeso, affinché noi possiamo amarlo”.

     
    Dio – afferma il Papa – non vuole sopraffarci con la sua forza, ci toglie la paura della sua grandezza: così siamo liberi di amarlo. E si fa vicino all’umanità. Ecco le sue parole nella Notte di Natale dell’anno scorso:

     
    "In qualche modo l’umanità attende Dio, la sua vicinanza. Ma quando arriva il momento, non ha posto per Lui. È tanto occupata con se stessa, ha bisogno di tutto lo spazio e di tutto il tempo in modo così esigente per le proprie cose, che non rimane nulla per l’altro – per il prossimo, per il povero, per Dio. E quanto più gli uomini diventano ricchi, tanto più riempiono tutto con se stessi. Tanto meno può entrare l’altro".

     
    Ma Dio non si arrende al rifiuto dell’uomo:  
     
    "Il messaggio di Natale ci fa riconoscere il buio di un mondo chiuso, e con ciò illustra senz’altro una realtà che vediamo quotidianamente. Ma esso ci dice anche, che Dio non si lascia chiudere fuori. Egli trova uno spazio, entrando magari per la stalla; esistono degli uomini che vedono la sua luce e la trasmettono".

     
    Nella Notte di Natale del 2006 ricorda il significato dei regali natalizi:

     
    “Quando tu per Natale fai dei regali, non regalare qualcosa solo a quelli che, a loro volta, ti fanno regali, ma dona a coloro che non ricevono da nessuno e che non possono darti niente in cambio. Così ha agito Dio stesso: Egli ci invita al suo banchetto di nozze che non possiamo ricambiare, che possiamo solo con gioia ricevere”.

     
    Ecco allora cosa non bisogna dimenticare nel fare i doni:

     
    “Tra i tanti doni che compriamo e riceviamo non dimentichiamo il vero dono: di donarci a vicenda qualcosa di noi stessi! Di donarci a vicenda il nostro tempo. Di aprire il nostro tempo per Dio. Così si scioglie l'agitazione. Così nasce la gioia, così si crea la festa”.

     
    (canto)

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    L'inaugurazione del presepe in Piazza San Pietro: il Papa accende il lume della pace

    ◊   Questo pomeriggio, alle ore 16.30, verrà inaugurato il presepio di Piazza San Pietro realizzato dai servizi tecnici del Governatorato. Dopo l’inaugurazione, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone introdurrà alle 18.00 una veglia di preghiera. Al termine della veglia, il Papa accenderà il lume della pace. Per alcuni particolari sul presepio di quest’anno, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

     
    Il presepio è dominato da un’intima armonia familiare che diventa amore universale con la nascita del Signore. La scena della Natività, collocata in un umile rifugio coperto da assi di legno, è a ridosso della mura di una piccola Betlemme ricostruita. Della cittadina si possono scorgere modeste dimore ed elementi architettonici, tra cui una torre di ingresso e un grande portale. Le statue che animano la composizione provengono in parte dal presepio allestito nel 1842 da San Vincenzo Pallotti nella Basilica romana di Sant’Andrea della Valle. Altre sculture sono state aggiunte nel corso degli anni. La Natività è accompagnata dalla presenza dell’acqua e del fuoco: l’acqua che scaturisce da una fontana e il fuoco acceso in un forno rappresentano, rispettivamente, la purezza e il trionfo della luce sulle tenebre. Dopo l’inaugurazione del Presepe, Benedetto XVI accenderà il lume della pace posto sul davanzale della finestra dello studio privato e benedirà i fedeli riuniti in Piazza San Pietro.

     
    Sul significato del presepio, umile rappresentazione di una scena di infinito amore che si ripete nella storia, ascoltiamo al microfono di Tiziana Campisi, l’arcivescovo di Chieti – Vasto, Bruno Forte:

    R. – Il presepe è il racconto della storia dell’amore di Dio per gli uomini, che ha spinto il nostro Padre celeste a mandare suo Figlio, fatto Uomo per noi. E’ questo nascere alla storia del Figlio eterno di Dio in un luogo di povertà. Siamo di fronte al mistero di una nascita e perfino il Creato sembra partecipare a questa scena di infinito amore: il bue e l’asinello ne sono in qualche modo i rappresentanti; mentre da parte degli umani, i Magi e i pastori sono la voce dell’attesa del desiderio del mondo che aspetta il suo redentore.

     
    D. – Il presepe è un po’ una nota caratteristica del Natale. Ma quale importanza ha in una famiglia?

     
    R. – Tutti abbiamo bisogno di riscoprire un amore più grande che ci dia il coraggio ogni giorno di ravvivare le nostre relazioni con gli altri, a cominciare da quelle familiari, con legami d’amore. Ecco perché è così importante, in una famiglia, fare memoria della nascita del Dio con noi e accogliere nel quotidiano dei nostri rapporti la gioia e la luce della sua presenza. Fare il presepe significa ricordarsi che senza Dio in mezzo a noi, anche l’amore diventa più povero. Perché ci sia veramente amore, al centro, in mezzo, dev’esserci Dio. Ecco: il presepe ci ricorda questa presenza di Dio al centro e al cuore di tutti i rapporti d’amore più veri.

     
    D. – E come trasmettere ai bambini il senso del presepe?

     
    R. – Non limitarsi a far vedere le figure o a montare l’insieme, ma raccontare la storia, cioè far sì che i bambini possano appassionarsi a quello che quelle immagini dicono, a ciò che è avvenuto in quella mangiatoia, duemila anni fa: un Dio-bambino per la salvezza di tutti i bambini del mondo e di tutti gli uomini.

     
    D. – Accanto alle figure classiche del presepe, ce ne sono alcune che ci trasmettono un insegnamento?

     
    R. – Ci sono i pastori, i poveri, gli umili che accolgono il dono di Dio, figura di tutti coloro che nel desiderio, nella speranza, nell’umiltà si aprono al dono di questo amore. Ci sono poi i Magi, che vengono da Oriente, figure dei cercatori di Dio, di tutti coloro che, anche con sacrificio, si impegnano a cercare con passione il volto del Dio con noi. E qui, credenti e non credenti, si possono sentire rappresentati nella misura in cui sono sempre e veramente cercatori del volto di Dio. E poi, c’è l’insieme dell’umanità distratta, quelli che sembrano affaccendati in tutt’altre faccende rispetto all’accoglienza della nascita del Dio con noi: anche questo tipo di umanità viene come “abbracciata” dal mistero dell’amore di Dio. Ad ognuno è data una speranza, una possibilità, quale che sia il suo cammino verso Dio. Fare il presepe significa aprirsi alla esperienza dell’incontro con il Dio che viene a rinnovare il cuore e la storia.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Campo Mourão (Brasile) il rev. Francisco Javier Del Valle Paredes, finora amministratore diocesano della medesima diocesi. Il rev. Del Valle Paredes è nato il 3 dicembre 1942, a Isla Pocú, Cordilheiras, Paraguay. È stato ordinato sacerdote il 1976 per la Congregazione dei Missionari Saveriani.
     
    Il Papa ha nominato vescovo di Guiratinga (Brasile) il rev. Derek John Christopher Byrne, parroco della parrocchia di Santo Antônio, diocesi di Juína. Padre Byrne è nato a Dublino (Irlanda), il 17 gennaio 1948. Ha emesso la professione religiosa nella Società San Patrizio per le Missioni Estere il 1º ottobre 1969 ed è stato ordinato sacerdote il 9 giugno 1973.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di Legnica (Polonia), il rev. Marek Mendyk, finora direttore della Sezione Catachetica della Curia della medesima diocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Rusuccuru. Il rev. Marek Mendyk, è nato il 18 marzo 1961 a Głuszyca. È stato ordinato sacerdote il 23 maggio 1987 per l’arcidiocesi di Wrocław.

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    Sorprese dello Spirito: l’editoriale di padre Lombardi sul discorso del Papa alla Curia

    ◊   “Lo Spirito Santo ci dona la gioia. Ed Egli è la gioia”: così, Benedetto XVI nel discorso alla Curia per gli auguri natalizi. Un intervento di ampio respiro, nel quale il Papa ha sviluppato una riflessione sulla presenza dello Spirito di Dio nella vita della Chiesa. Su quest’azione sorprendente dello Spirito, la riflessione del nostro direttore padre Federico Lombardi:

    Nel suo recente discorso alla Curia Romana prima del Natale il Papa ha insistito sulla sorprendente azione dello Spirito attorno a noi. Ha insistito sull’esperienza delle Giornate Mondiali della Gioventù e sulle caratteristiche singolari di questi raduni pervasi da una gioia composta e profonda, che i giovani portano con sé anche tornando alle loro case. Una gioia diversa da quella effimera ed eccitata di altri eventi di massa, segno di una presenza che aiuta a generare nuovi luoghi di speranza e di carità vissuta.

     
    Ma il discorso del Papa si è allargato: la sorpresa, la meraviglia, nasce anche guardando il mondo intorno a noi, scoprendo che la materia è intrisa di intelligenza e che perciò la nostra mente è capace di leggerne la struttura dando origine all’entusiasmante avventura della scienza moderna.

     
    E la sorpresa continua nel riconoscere la bellezza della creazione dell’essere umano come uomo e donna. Il grido di sorpresa e di gioia di Adamo quando Dio gli presenta la donna echeggia fin dalle prime pagine della Scrittura. La confusione antropologica che oscura il significato di questo incontro rischia di spegnere la fonte di questa gioia.

     
    Infine la sorpresa più straordinaria: la venuta del Figlio di Dio nel mondo come uno di noi, per stare con noi, camminare con noi, parlarci con il nostro linguaggio, farsi ascoltare dalle nostre orecchie, vedere dai nostri occhi, toccare dalle nostre mani, e anche per rimanere con noi nella comunità viva dei credenti. Il Natale, dunque, tempo di riscoperta delle grandi sorprese di Dio per l’uomo. A queste belle notizie e non alla polemica, mira sempre l’annuncio della Chiesa.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Adamo ed Eva alla grotta del nuovo bambino: in prima pagina un articolo di Manuel Nin sul Natale in Romano il Melode, teologo e poeta bizantino del VI secolo. 

    Tra Israele e Hamas una pace sempre più remota: in rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione in Vicino Oriente.

    Maria incinta di Gesù: in cultura, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi su mistero e sacralità del concepimento e della nascita di Gesù.

    "Non da seme virile ma per l'azione arcana dello Spirito": monsignor Inos Biffi sull'inno di sant'Ambrogio per la festa del Natale.

    Nell'informazione religiosa, intervista di Mario Ponzi al cardinale Joseph Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum.

    Quarant'anni fa la visita di Paolo VI all'Italsider di Taranto: articoli di Giselda Adornato e Dario Edoardo Viganò.

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    Oggi in Primo Piano



    Natale in Terra Santa tra speranze e timori. Il dramma di Gaza

    ◊   Sono cominciate stamattina le celebrazioni per il Natale in Terra Santa. Quest’anno è il nuovo patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal a presiederle. Da Gerusalemme il servizio di Sara Fornari, seguito dal servizio di Fausta Speranza.

    Se il clima è davvero freddo qui a Betlemme, nella Piazza della Mangiatoia e nelle vie circostanti, l’atmosfera è oggi più che mai calda e festosa. Sono centinaia e centinaia le persone riunite da stamattina in attesa del patriarca latino Twal, che come tradizione sta per fare il suo ingresso in Basilica per la recita dei Vespri assieme alla comunità francescana di Terra Santa. Mons. Fouad Twal, dopo aver ricevuto gli abituali saluti dei presenti a Gerusalemme, ha lasciato la sede patriarcale per dirigersi, scortato da un lungo corteo di macchine al Monastero ortodosso di Sant’Elia, a metà strada tra la Città Santa e Betlemme. Dopo questa prima tappa, in cui è stato accolto da una delegazione di cristiani, ha attraversato il passaggio del muro che isola Betlemme e che conduce per uno stretto corridoio alla Tomba di Rachele, varco questo che viene aperto solo in queste solenne occasioni. In questa seconda tappa, ancora saluti di religiosi e popolazione locale e finalmente, dopo aver percorso l’antica strada di Betlemme, l’arrivo in questa piazza presso la Basilica della Natività, dove lo attendono le autorità religiose e civili e la popolazione in festa, i tradizionali rulli di tamburi e le cornamuse di tutti gli scout della zona. Quindi, il patriarca latino di Gerusalemme, accolto dal custode di Terra Santa, farà ingresso in Basilica, passando per la porticina detta dell’umiltà, dove è atteso anche dai rappresentanti della comunità greco-ortodossa ed armena. Infine, nell’attigua chiesa parrocchiale di Santa Caterina si svolgerà la liturgia vespertina.Da Gerusalemme, Sara Fornari.

     
    Nel suo massaggio di Natale, mons. Fouad Twal ha scritto parole ricche di speranza ma anche di apprensione per “l’instabilità, la mancanza di prospettive chiare per l’avvenire, la mancanza di sicurezza” in Terra Santa. Situazioni che negli anni hanno assottigliato la presenza dei cristiani, come conferma, al microfono di Claudia Di Lorenzi, il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, guardando però con speranza all’anno nuovo:

     
    R. – Questo è sempre un problema che da anni è aperto e che a volte ha momenti acuti. Negli ultimi anni il cosiddetto esodo, cioè l’emigrazione dei cristiani, è stato molto forte, ma questo ultimo anno è stato invece un po’ più lento a causa dell’alto numero dei pellegrini, che ha riportato un po’ di vita all’economia. E’ però un problema sempre aperto. Nel 2009 noi ci auguriamo che quanto non è stato possibile nel 2008 possa avverarsi nel 2009, cioè l’inizio di un vero cambiamento non solo annunciato, ma reale, magari piccolo, però reale, nella vita degli abitanti e di tutti, di tutta la Terra Santa.

     
    Dal punto di vista politico è un Natale segnato dalla mortificata speranza in un accordo di pace entro il 2008, come annunciato l’anno scorso. E poi è segnato dall’emergenza nella Striscia di Gaza, che ha vissuto nei mesi scorsi tutte le difficoltà di un vero e proprio assedio e la speranza di una tregua raggiunta ma durata poco, tra Hamas, il movimento politico che controlla Gaza da giugno 2007, e Israele. Da oggi è stata annunciata l’apertura di tre punti di transito per lasciar entrare gli aiuti umanitari: a condizione però della sospensione dei lanci di razzi. Cosa che non è accaduta: anche stamane due potenti razzi, tipo Grad, sparati dalla Striscia di Gaza, sono caduti in un'area industriale della cittadina di Netivot, nel sud di Israele, ferendo lievemente due persone. A partire da ieri sera, sono quindici i razzi e le bombe di mortaio lanciati da Gaza in territorio israeliano, con danni a una casa. Bisogna anche dire che ieri tre palestinesi, sorpresi mentre si accingevano a deporre mine a ridosso del reticolato di confine tra Israele e la striscia di Gaza, sono stati uccisi da soldati israeliani a conclusione di uno scontro a fuoco. Della drammatica situazione all’interno della Striscia di Gaza, Emer McCarthy, del nostro programma inglese, ha parlato con il sacerdote cattolico Manuel Musallam raggiungendolo telefonicamente a Gaza:

     
    R. – We are facing a very hard time…
    Stiamo attraversando tempi molto duri. Stiamo vivendo così ma dovremmo annunciare speranza in questo momento. Stiamo vivendo al buio, ci manca l’acqua, l’elettricità, il cibo, siamo sotto assedio: la gente sta soffrendo. Nelle scuole non abbiamo avuto la possibilità, finora, di addobbare gli alberi di Natale e decorarli, perché non abbiamo il materiale necessario a Gaza. Viene impedito ad ogni cosa di entrare in Gaza e quindi non abbiamo le decorazioni e i piccoli alberi che addobbavamo in ogni aula e nelle case della comunità. Quindi, i bambini quest’anno non avranno cioccolata, regali, nuovi abiti per Natale, perché, innanzitutto, non si possono trovare a Gaza, e poi i genitori non hanno un lavoro da anni e non sono in grado di comprare niente per i bambini. Risparmiano su tutto per sopravvivere a Gaza. L’assedio è molto, molto rigido e molto duro per le persone di Gaza. Devo dichiarare qui che questo è un crimine commesso contro la gente della Palestina, perché i palestinesi non sono Hamas, non sono violenti, non sono terroristi. La maggior parte della gente è innocente e ha bisogno di essere protetta, ha il diritto di essere protetta. Durante i conflitti, invece, si è trovata senza protezione. Nella stessa Chiesa stiamo cercando di fare del nostro meglio per avere gioia nella comunità. Invece della cioccolata daremo ai bambini le fragole che coltiviamo qui a Gaza e siccome non le possiamo esportare abbiamo la possibilità di offrirle ai bambini in grande quantità perché le possano gustare. Dopo la Messa e la cena, avremo un altro momento insieme nella Chiesa e nella scuola, sperando che i cristiani possano venire e condividere con noi il Natale.

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    Caos in Guinea Conakry dopo il golpe militare

    ◊   Il caos regna sovrano in Guinea Conakry dopo il colpo di Stato di ieri. La giunta militare al potere dopo la morte del presidente Lansana Conté - alla guida del Paese per 24 anni - ha promesso "elezioni libere e trasparenti" a dicembre del 2010. Il presidente del Parlamento, Aboubacar Sompare, si è invece appellato alla comunità internazionale affinché "si mobiliti per impedire ai militari di interrompere il processo democratico e abrogare la Costituzione". Sulla situazione nel Paese africano Stefano Leszczynski ha intervistato Enrico Casale, africanista della rivista dei gesuiti “Popoli”.

    R. – E’ un Paese che si situa già in un’area che ha dei problemi di instabilità. A questo si aggiunge anche il fatto che la Guinea Conakry è stata per 24 anni guidata dal presidente Nasana Contè. Come molti altri capi di Stato africani si è radicato al potere, creando una propria rete di connivenze, appoggi internazionali. E’ un sistema abbastanza tipico dell’Africa, perché in molti casi il meccanismo democratico di alternanza al potere non si è ancora affermato e non si è ancora radicato nella cultura africana.

     
    D. – Un Paese tra l’altro in cui è stata sempre denunciata una fortissima corruzione che fa il paio poi con quella che è la miseria dilagante invece tra la popolazione e la ricchezza potenziale del Paese stesso…

     
    R. – E' il solito paradosso africano: gli Stati ricchi, soprattutto di risorse minerarie, sono i Paesi più sfortunati per contrasto, perché la ricchezza di queste risorse per la Guinea Conakry – la bauxite, l’oro, i diamanti – non vene reinvestita in infrastrutture, incentivi per lo sviluppo industriale e agricolo del Paese. La ricchezza va ad alimentare dei canali di corruzione, soprattutto legati agli esponenti del partito di governo e, in parte anche, agli esponenti delle forze armate.

     
    D. – Quali sono gli interessi strategici delle grandi potenze su quest’area dell’Africa, in particolare sulla Guinea?

     
    R. – Questa parte dell’Africa, che è l’Africa occidentale, è molto appetita dai governi occidentali, dalle multinazionali occidentali, soprattutto perché è un’area ricchissima di materie prime, in primo luogo il petrolio. Teniamo presente che Stati Uniti e Cina si stanno confrontando proprio in quest’area, in diversi Paesi, per riuscire a strappare le concessioni di estrazione petrolifera. Ma la Guinea Conakry come si inserisce in questo ambito? Con le sue ricchezze nazionali, appunto la bauxite, l’oro, i diamanti come il petrolio, che fanno gola alle multinazionali.

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    Quarant'anni fa Paolo VI celebrava la Messa della Notte di Natale tra gli operai dell'Italsider a Taranto

    ◊   40 anni fa, la notte di Natale del 1968, Papa Paolo VI celebrava la Santa Messa tra gli altiforni tarantini dell’Italsider, oggi Ilva, uno dei più grandi stabilimenti siderurgici d’Europa. Fu un gesto di apertura e dialogo in anni segnati da forti tensioni. Il Papa portò la luce di Cristo tra gli operai ribadendo con fraterna vicinanza: “Sappiamo il rischio e la fatica” che affrontate. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con don Emanuele Ferrero, direttore del settimanale della diocesi di Taranto e curatore di un volume sulla storica visita del Papa all’Italsider.

    R. – Il ’68, anno gravido di disordini, di contestazioni, di tanti dubbi, il Papa volle celebrare la Messa di Natale tra gli altiforni, in uno stabilimento siderurgico che ancora oggi è il più grande di tutt’Europa. Volle vincere la fatica della Chiesa di parlare al mondo operaio. Questo gesto ebbe una grande rilevanza sociale, fu un grande segno di apertura e di dialogo da parte del Papa.

     
    D. – Il Papa si espresse con forza. Ribadì: conosciamo il rischio e la fatica di questo lavoro …

     
    R. – Sì: il Papa, scendendo dalla papamobile – una papamobile, tra l’altro, appena realizzata proprio dagli operai dell’Ilva – andò direttamente negli altiforni, lì dove gli operai non potevano staccare neanche per la Santa Messa, quindi dovevano rispettare il turno. E lui con commozione, con fremito, senza nessuna barriera, volle dire: “Il Papa è venuto per voi, è venuto per augurarvi il Buon Natale, questa notte è per voi, non pensiate che io non conosca il rischio e la fatica!” – rischio e fatica che sono ancora presenti oggi, rischio e fatica vicino ai quali la Chiesa si sente ed ha il dovere di stare.

     
    D. – Perché Paolo VI scelse di andare la notte di Natale all'Italsider?

     
    R. – La notte di Natale rappresenta Dio che diventa uomo; di conseguenza, ogni uomo da quel momento ha pari dignità, e il Papa scelse proprio questa notte per sgominare qualsiasi tipo di diffidenza nei riguardi della Chiesa dicendo: “Voi ci siete cari, non abbiamo motivo di essere separati perché è proprio Dio che santifica il lavoro delle vostre mani”. Nell’omelia di quella notte il Papa fa un raffronto tra quella che è l’opera delle mani proprio come preghiera: si prega anche lavorando. A tutt’oggi, dopo 40 anni, gli operai ancora viventi ricordano questo come un momento di grande luce.

     
    D. – Lavoro e preghiera hanno una radice comune anche se espressioni diverse. Un richiamo attuale anche oggi …

     
    R. – Diceva chiaramente che alla Chiesa sta a cuore prima di tutto l’Uomo, la sua dignità, quindi salvaguardarlo dal punto di vista della sicurezza, dal punto di vista della sua integralità, anche, rispetto alla vita sociale. Non si lavora soltanto per produrre e non si deve essere schiavi soltanto di quello che si produce, ma si lavora perché la propria vita assuma sempre le caratteristiche della dignità e della misura di Cristo.

     
    D. – Sono passati 40 anni dalla visita di Paolo VI all’Italsider, oggi Ilva. Prima non si conoscevano i problemi legati alla diossina che tanto preoccupa adesso la città di Taranto. Paolo VI parlava di tutela delle persone e necessità di dialogo. Si può dire che sia una chiave che ha lasciato per interpretare i problemi della città, legati a questo stabilimento che comunque offre tanto lavoro?

     
    R. – C’è da recuperare terreno, c’è da recuperare il tempo perduto di quello che non si è fatto in questi lunghi 40 anni, anche per mettere a norma, per garantire la salute alla città di Taranto. L’esempio di Paolo VI è l’esempio che è proprio della comunione, cioè che insieme si può fare molto, mettendo al primo posto proprio la dignità degli uomini.

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    Presepi all’ombra del Cupolone: la tradizione romana dell’arte presepiale

    ◊   La storia del presepio risale agli albori della cristianità: già nei primi secoli a Natale nelle Chiese venivano esposte immagini della Natività. Ma fu San Francesco d'Assisi a lanciare nel XIII secolo la tradizione presepiale. Una tradizione raccolta in particolare da Napoli: ma anche Roma può vantare una secolare tradizione nella rappresentazione artistica della Natività. E’ quanto sottolinea la storica dell'arte Nicoletta Fattorosi Barnaba, intervistata da Emanuela Campanile:

    (canto)

     
    R. - Nel XIII secolo San Gaetano da Thiene, il fondatore dei Teatini, importerà a Roma questa tradizione. Il primo presepe a Roma verrà realizzato nella Chiesa di Santa Dorotea e Silvestro a Trastevere, e da lì verrà “esportato” poi in tutta Italia, e possiamo pure dire in tutto il mondo, nei monasteri. C’è una cosa abbastanza divertente da dire: le suore non potevano fare i presepi; soltanto i monaci, perché si riteneva che realizzare il presepe, la grotta, pensare ai personaggi, le distraesse dalla preghiera. Le principali caratteristiche del presepe romano, rispetto a quello napoletano, sono una maggiore linearità. Diciamo che è un po’ più classicheggiante il presepe romano… Molto importante e forte è il riferimento al paesaggio sia urbano che agreste di Roma. Spesso Betlemme diventava un rione della città. Spesso veniva messo il pastore con la pecora sulle spalle, perché era come anticipare la figura del Buon Pastore.

     
    D. – Quali sono allora gli elementi caratteristici che compongono il presepe romano?

     
    R. – La città era la protagonista, insieme alla Natività ovviamente. E la cosa bella di questi presepi è che erano semoventi. Se per esempio era rappresentata l’ansa del Tevere si vedevano le barche che giravano sul fiume. E poi tutti gli artigiani che si muovono: il fabbro, il falegname... Quindi era un presepe che viveva di una “vita vera”, perché doveva recuperare questa vita per dire: “Tutti stiamo qua, felici, che nasce il Bambino”. Era un presepe, quindi, sentito moltissimo. C’erano le case che potevano ospitare anche i romani che volessero andare a vedere i presepi privati, si metteva fuori della porta di casa una corona di mortella, per avvertire: “Potete entrare, perché qui c’è un presepe anche per voi”. Questo presepe è arricchito anche dall’asino e dal bue che, secondo i Padri della Chiesa, sono due elementi che ci fanno pensare: uno, il bue, al popolo eletto, e l’asino invece ai pagani, come riferimento di qualcosa che cambia proprio la vita delle persone.

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    Chiesa e Società



    L'arcivescovo dell'Orissa: nei cuori prevalga la pace

    ◊   "La mia preghiera per tutte le persone di buona volontà è che questa nuova nascita, questa piccola e fragile nuova vita del piccolo Gesù, incoraggi l’umanità a costruire un mondo ancora più giusto, un’umanità rinnovata con i valori del Vangelo che possa edificare una civiltà dell’amore”. E’ l’augurio rivolto per il Natale da mons. Raphael Cheenath arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, nello Stato indiano di Orissa. “Sono cosciente dei dolori e dell’agonia in cui tanti fratelli e sorelle, cristiani e indù, tribali e dalit hanno sopportato di questi tempi nel nostro Stato”. È giunta l’ora – aggiunge l’arcivescovo all’agenzia Asianews - di mostrare la nostra unità, abbandonare tutto ciò che ci divide e dire ‘basta’ ad una sola voce. Questo Natale – sottolinea il presule – “racconterà ancora una volta la nascita di Cristo a Kandhamal”. “La pace fondata sulla giustizia – afferma l’arcivescovo - non perirà mai: si potrà offenderla, emarginarla per poco tempo, ma alla fine trionferà. Vi supplico di ricordarvi e di pregare per la pace in Orissa, perché la pace possa prevalere nei cuori di tutti coloro che sono feriti”. Nello Stato dell’Orissa, una drammatica serie di attacchi anticristiani ha provocato la morte di almeno 38 persone. “Questa ondata di violenza, che ha lasciato tracce di morte e distruzione – conclude mons. Raphael Cheenath - ha anche risvegliato la coscienza dell’umanità in ogni parte del globo. Questa solidarietà universale senza precedenti è davvero un’opera di Dio”. (A.L.)

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    Unicef e Sudan firmano un accordo per evitare l'arruolamento di minori nel Darfur

    ◊   Una nuova ‘Unità per i diritti dell’infanzia” sarà presto creata all’interno delle forze armate sudanesi per evitare l’arruolamento di minori: è una delle misure concordate da un memorandum d’intenti per la protezione dell’infanzia firmato dall’esercito sudanese, il consiglio nazionale per la tutela dei bambini e Fondo delle nazioni unite per l’infanzia (Unicef). Lo scorso anno il Sudan ha varato una legge sulle forze armate che vieta l’arruolamento di minori di 18 anni, e la nuova unità ha il compito di controllare la sua applicazione. Inoltre, il nuovo ufficio collaborerà nella formazione di ufficiali e soldati sui contenuti delle leggi a protezione dell’infanzia e sulla Convenzione dell’Onu sui diritti dei bambini ed altri strumenti nazionali e internazionali di cui il Sudan è firmatario. L’Unicef ha salutato la firma del memorandum come “un notevole passo avanti e un significativo impegno” del Sudan nell’applicazione della leggi a tutela dell’infanzia. Solo qualche giorno fa l’ufficio dell’Onu aveva diffuso un rapporto nel quale sostiene che fino a 6000 minorenni sarebbero attualmente arruolati nelle file dei movimenti armati protagonisti del conflitto del Darfur, la regione occidentale sudanese teatro dal febbraio 2003 di uno scontro interno. Il capo dell’Unicef in Sudan ha precisato che oltre a svolgere compiti logistici, i minori, soprattutto nei gruppi antigovernativi, vengono utilizzati come combattenti. La maggior parte dei minori soldati identificati dall’Unicef hanno un’età compresa tra i 15 e i 17 anni. Al momento solo la fazione dell’Esercito di liberazione del Sudan (Sla-m) di Minni Arcua Minnawi, l’unica formazione ribelle ad aver sottoscritto un accordo di pace col governo sudanese nel 2006, aveva avviato programmi di smobilitazione dei minori presenti tra i suoi ranghi. (R.P.)

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    Cuba: decimo anniversario delle celebrazioni del Natale dopo il ripristino della festa

    ◊   Dieci anni fa, pochi giorni prima del Natale 1998, le autorità cubane hanno ripristinato la festa della natività del Signore. La festa era stata soppressa nel 1969, un decennio dopo la vittoria della rivoluzione cubana. Anche oggi i cubani potranno assistere alla Santa Messa de “Medianoche” che i vescovi celebreranno in tutte le diocesi. Domani potranno passare la giornata in famiglia, attorno ai più piccoli e ai più anziani, persone che in occasione di questa festa ritrovata, richiamano maggiormente gli affetti e le attenzioni. Come in buona parte dell’America Latina, sarà un Natale all’insegna della sobrietà. Le già pesanti conseguenze della crisi economica e finanziaria nel caso di Cuba, si fanno sentire in un modo più acuto non solo per via del lungo embargo imposto all’isola da parte degli Stati Uniti, ma anche per le incertezze del processo di transizione avviato dal nuovo presidente Raúl Castro. Processo che dovrebbe, seppure gradualmente, modificare sostanzialmente la struttura economica. Dal punto di vista religioso ed ecclesiale, va ricordato che nel Paese ancora sono vivi gli echi di numerosi eventi che hanno contribuito a dare slancio alla fede dei cattolici cubani. Tra questi, l’ultimo in ordine di tempo, è stata la beatificazione lo scorso 29 novembre di Fra’ José Olallo, religioso dell’Ordine ospedaliero San Giovanni di Dio. All’inizio dell’anno, nel mese di febbraio, c’è stata l’importante visita del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, che passando da un estremo all’altro dell’isola caraibica, ha commemorato il decimo anniversario della storica visita di Giovanni Paolo II nel 1998. In questa occasione Benedetto XVI ha fatto pervenire al popolo e alla Chiesa, un suo speciale messaggio in cui ricorda che “l'annuncio del Vangelo di Cristo continua a trovare a Cuba cuori ben disposti ad accoglierlo; questo comporta una responsabilità costante per aiutarli a crescere nella vita spirituale, proponendo loro quella ‘misura alta’ della vita cristiana ordinaria" (Novo millennio ineunte, n. 31), propria della “vocazione alla santità di ogni battezzato”. “A volte - scrive il Santo Padre - alcune comunità cristiane si sentono oppresse dalle difficoltà, dalla scarsità di risorse, dall'indifferenza o persino dalla diffidenza, che possono indurre allo sconforto. In questi casi, il buon discepolo si sentirà confortato dalle parole del Maestro: ‘Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno’. Il credente sa che può riporre sempre la propria speranza in Cristo Gesù, nostro Signore, che non delude e colma di gioia il suo cuore, dando senso e fecondità alla sua vita di fede”. Inoltre, come già hanno ricordato in questi giorni i vescovi nei loro messaggi natalizi, va rilevata anche l’importanza della visita ad Limina Apostolorum conclusasi con un incontro con Benedetto XVI il 2 maggio scorso, durante il quale il Papa ha evidenziato "la vitalità della Chiesa, la sua unità e la sua dedizione a Gesù Cristo". Il Santo Padre aveva anche aggiunto: "La vita ecclesiale cubana ha sperimentato un cambiamento profondo. È stata portata avanti un'intensa opera pastorale che, nonostante le molte difficoltà e limitazioni, ha contribuito a rafforzare lo spirito missionario in tutte le comunità ecclesiali cubane”.(A cura di Luis Badilla)

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    Mons. Cuquejo lancia la missione continentale in Paraguay

    ◊   “La Missione Continentale che comincia anche nella nostra arcidiocesi, in comunione con tutta la Chiesa latinoamericana, ci deve spingere alla difesa dell’identità della nostra fede” per rispondere a “tutto ciò che la insidia e snatura”. Così, domenica scorsa, durante la Santa Messa nella cattedrale di Asunción, in Paraguay, l’arcivescovo mons. Pastor Cuquejo ha dato avvio ufficialmente alle numerose iniziative missionarie permanenti con le quali, i cattolici paraguiani, dall’8 dicembre, festa solenne di Nostra signora di Caacupé, si sono inseriti nella grande campagna evangelizzatrice che ormai coinvolge le 22 conferenze episcopali della regione. Nella sua omelia, mons. Cuquejo ha ricordato la nascita e lo sviluppo della Missione continentale, ed in particolare, i principali orientamenti scaturiti dalla V Conferenza generale degli episcopati dell’America Latina e dei Caraibi svoltasi tra il 13 e il 31 maggio 2007 in Aparecida, in Brasile, e inaugurata da Benedetto XVI. “Andare ad annunciare la verità di Gesù a tutti, alla vigilia del Santo Natale - ha sottolineato l’arcivescovo - deve essere un auspicio per il raggiungimento degli scopi pastorali”. “La nostra fede – ha aggiunto - spesso è insidiata da elementi culturali contrari alle verità del Vangelo” e perciò “essere discepoli e missionari di Cristo significa anzitutto difendere l’integrità di questa fede”. Benedetto XVI, l'11 settembre al termine della 'visita ad limina' dei presuli del Paraguay, aveva sottolineato già l’urgenza – “di fronte ad un clima culturale che cerca di emarginare Dio dalle persone e dalla società o che lo considera un ostacolo per raggiungere la propria felicità” - di mettere in atto “un vasto sforzo missionario”. Uno sforzo, “che ponendo Gesù Cristo al centro di ogni azione pastorale mostri a tutti la bellezza e la verità della loro vita e del suo messaggio di salvezza”. Mons. Pastor Cuquejo ricordando inoltre che lo “scopo ultimo della Missione è di aprirsi allo slancio dello Spirito Santo” ha indicato alcune tappe dell’itinerario missionario: ci sarà in primo luogo, ha detto, “un momento dedicato alla sensibilizzazione e alla preparazione degli agenti di pastorale; poi si entrerà in una fase breve ma intensa dedicata ad approfondire il documento di Aparecida; infine, si comincerà con i lavori missionari settoriali e territoriali”. In tutti questi momenti saranno coinvolti con particolare sollecitudine, ha aggiunto mons. Cuquejo, “le parrocchie e le famiglie”. Da questi punti di riferimento si amplierà “il raggio d’azione al resto del corpo ecclesiale della società”. Lo scorso 8 dicembre, alla fine del pellegrinaggio nazionale al santuario della Madonna di Caacupé, i vescovi del Paraguay in una dichiarazione dedicata all’inizio della Missione continentale avevano scritto: “Si tratta di rinforzare la dimensione missionaria della Chiesa in ogni angolo del nostro Paese. Ciò implica la decisione di ripercorrere tutti insieme un itinerario di conversione che ci porti ad essere autentici discepoli e missionari di Gesú”. Spiegando, infine, l’espressione “stato permanente di missione”, i presuli del Paraguay hanno sottolineato la necessità di capire che occorre “grande disponibilità da parte di tutti per ripensare e riformare molte delle attuali strutture pastorali avendo come principio costitutivo la spiritualità della comunione e il coraggio missionario. In tal senso la questione principale è la conversione delle persone”. (L.B.)

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    Almeno 68 morti in Colombia per le alluvioni

    ◊   Le piogge torrenziali che si abbattono dalla metà di settembre su gran parte del territorio della Colombia hanno provocato finora 68 morti e 98 feriti, secondo gli ultimi bilanci forniti dal Sistema di prevenzione e attenzione ai disastri. Sono gravi anche i danni alle infrastrutture causati dalla seconda stagione delle piogge dell’anno che si prolungherà almeno fino alla fine di dicembre. Sono quasi 2400 case distrutte e 93.000 quelle danneggiate in oltre 400 comuni di 27 dei 32 dipartimenti amministrativi del Paese. L’Unicef, l’ente Onu per l’infanzia, ha stanziato 1,35 milioni di dollari per l’assistenza a donne e bambini: si stima, infatti, che almeno il 40% degli alluvionati siano minori e donne che hanno bisogno di cibo, acqua ed anche di sostegno psicologico. I Paesi della regione – ricorda l’agenzia Misna - si sono subito attivati con programmi di emergenza per la Colombia: tra i più attivi, il Venezuela, che ha inviato 14 tonnellate di aiuti umanitari in quello che il presidente Alvaro Uribe ha definito “un gesto di grande solidarietà” da parte del governo di Caracas. (A.L.)

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    Il "Pranzo di Natale" con la Comunità di Sant'Egidio in Italia e nel mondo

    ◊   Anche quest'anno la Comunità di Sant'Egidio organizza "Il pranzo di Natale" con i poveri, una tradizione nata nel 1982, quando un piccolo gruppo di persone povere fu accolto attorno alla tavola della festa nella basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma. Erano circa 20 invitati: c'erano alcuni anziani del quartiere, che in quel giorno sarebbero rimasti soli, e alcune persone senza fissa dimora conosciute nelle strade di Roma. Da quel primo pranzo del 1982 la tavola si è allargata di anno in anno e da Roma, a Trastevere, ha raggiunto tante parti del mondo, dovunque la Comunità è presente. Un Natale straordinario che lo scorso anno ha coinvolto circa 100.000 persone nei cinque continenti. La festa si fa nelle chiese, nelle case, ma anche negli istituti per anziani, per bambini, per handicappati, nelle carceri, negli ospedali, perfino nelle strade. Perché - afferma la Comunità di Sant'Egidio - il senso è proprio quello di portare la festa anche negli angoli più bui, più freddi, più sperduti e dimenticati. La festa inizia questa sera con le tante cene nella strada la notte di Natale con chi non ha casa. Nelle città fredde del Nord, da Mosca a Barcellona, dove tra le luci e le insegne luminose, tanti poveri restano soli, o nelle città povere del Sud del mondo. Anche lì il cibo, un regalo semplice, un piccolo presepe, l’alberello di Natale, la musica, ma soprattutto l’amicizia, la gioia, l’attenzione ad ognuno, sono gli “ingredienti” di una festa bella perché piena di amore per chi soffre. Feste belle, in molti casi organizzate con pochissimi mezzi e con un grande impegno da parte di giovani che vivono per lo più in situazioni di povertà e di conflitto. Lo scorso anno in America oltre 4000 persone hanno fatto festa in Salvador, Messico, Argentina, Guatemala e anche a Cuba, dove gli adolescenti del Paese hanno organizzato e animato un pranzo per gli anziani. A Cochabamba, in Bolivia, alcune ragazze della Comunità si recano nel carcere femminile dove molti bambini sono detenuti insieme alle madri. Queste donne, povere e a volte analfabete, sono spesso sole e incapaci di farsi carico della crescita dei figli. Con loro è stato fatto un pranzo in carcere a cui hanno partecipato tutte le 600 detenute. In molte città dell’Indonesia, che è il più popoloso paese musulmano del mondo, l’invito della Comunità rappresenta un momento di festa e di amicizia tra le diverse comunità religiose. Ma anche in tanti luoghi dell’Africa arriverà la gioia della festa: nel solo Mozambico il Natale sarà festeggiato in oltre 20 città, coinvolgendo bambini di strada, mendicanti, lebbrosi, ciechi, famiglie povere e tanti carcerati. In Africa la povertà emerge con particolare durezza nelle carceri. Nella maggior parte dei casi non ci sono letti, non ci sono bagni e le celle sono affollatissime. Le condizioni igieniche sono pessime: ci si ammala facilmente e a volte si muore. Il vitto fornito dall'istituzione carceraria è insufficiente. Chi non ha parenti che portano il cibo, soffre per la fame. Per questo molte comunità africane, in Mozambico, Guinea Conakry, Burkina Faso, non solo visitano regolarmente i carcerati, ma nel giorno di Natale preparano un pasto che è per tanti l’unico vero pranzo di tutto l’anno.  In Costa d’Avorio, in Cameroun, in Madagascar, in Tanzania, in Uganda si fa festa con i mendicanti ciechi e i bambini di strada. E’ significativo che, nonostante i pochi mezzi di cui dispongono, le comunità africane raggiungeranno con i pranzi di Natale decine di migliaia di persone, quante nella sola Europa. (R.P.)

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    Visita e regali per i bambini della Casa del Fanciullo a Betlemme

    ◊   Il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, è andato domenica scorsa a festeggiare l'inizio del tempo di Natale nella semplicità familiare della Casa del Fanciullo, un'opera sociale della Custodia che accoglie ragazzi provenienti da famiglie disagiate. In questo suo secondo anno di vita, la Casa ha già raggiunto i suoi limiti di accoglienza. Dall'inizio dell'anno scolastico, sono 30 i ragazzi dai 6 ai 18 anni. Il Custode di Terra Santa ha presieduto la celebrazione, accompagnato da fra Peter Vasko della Fondazione Francescana per la Terra Santa, che finanzia la Casa, insieme con l'ONG francescana italiana Associazione Terra Santa. Commentando i testi della liturgia del giorno, padre Pizzaballa ha domandato: "Di dove è il re Davide?". I ragazzi hanno risposto: "Di Betlemme!". "E che cos'ha fatto Davide?", ha incalzato nuovamente il Custode di Terra Santa. "Ha costruito la sua casa. E poi?”. "Una chiesa!". Padre Pizzaballa ha quindi spiegato che è stato il Signore stesso, quando l'ha ritenuto opportuno, a scegliere una dimora, facendo nascere Gesù grazie al "Si" di Maria. La messa è proseguita, animata dai canti dei bambini. Un coro di voci – riferisce l’agenzia Zenit – “non sempre intonate, ma comunque piene di gioia e trasporto”. (A.L.)

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    Dall’Irlanda un messaggio di speranza dopo anni di guerriglia e distruzione

    ◊   Abbiamo molte ragioni per sperare in questo Natale. Dinanzi alla situazione economica stagnante di questi giorni, è molto facile essere pessimisti. Il Bambinello del presepio ci indica invece un futuro di speranza. Così il cardinale Sean Brady, Primate di tutta l’Irlanda, nel suo messaggio di auguri natalizi. L’Irlanda tutta, Nord e Sud, finalmente può guardare al futuro con gioia, lasciandosi dietro un tragico passato che ha mietuto oltre 3.200 vite umane in trent’anni di guerriglia. Unionisti e nazionalisti del Nord possono dormire sogni più tranquilli, senza timore di bombe o attentati. L’Irlanda, colpita come gran parte del mondo dalla recessione economica, può e deve sperare affinché la presente crisi risparmi i più poveri e i meno abbienti. E tale speranza viene espressa da tutti con la gioia che il mistero del Natale, inizio di vita nuova, possa guidare i leaders politici verso soluzioni realistiche. Fuori dalle finestre, dove brilla una candela, per dar luce alla Sacra Famiglia in viaggio verso Betlemme, alle luci che adornano strade e case, agli alberi di Natale scintillanti di mille lumini, tutto indica la gioia che ogni persona sente nel cuore, in particolare in questo Natale di pace irlandese. Ed il cardinale Brady continua: “Si parla tanto di ricapitalizzare le banche con soldi in contanti per superare la crisi economica, ma in questo Natale cerchiamo di ricapitalizzare le nostre famiglie, le nostre comunità locali, la nostra società . “Questo è un investimento che tutti possiamo fare e che può produrre interessi durevoli”. Se investiamo in forti legami di famiglia e di amicizia, se costruiamo comunità in cui ci si prende cura gli uni degli altri, avremo sempre buone ragioni per sperare. Se riusciamo a capovolgere la recessione globale dei nostri giorni in crescita globale sociale, allora saremo in una situazione migliore di dove eravamo prima che cominciasse l’attuale crisi.(Da Dublino, Enzo Farinella)

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    In Vietnam il Natale è anche tempo di preghiere per la giustizia e la pace

    ◊   “La voce del potere sembra prevalere su quella della giustizia e della coscienza, specialmente in un tempo nel quale le cose materiali rendono superate la moralità, la carità e la giustizia”. E’ quanto scrive mons. Nguyên Van Tân, vescovo di Vinh Long, in Vietnam. Nel Paese asiatico, come in altri Stati, avanzano il materialismo e l’individualismo provocando riflessi negativi anche e soprattutto nell’educazione. “La cura per i nostri bambini – afferma Hang, consulente per genitori nell’arcidiocesi di Saigon – è solo un aspetto della realtà”. Altri aspetti – aggiunge – sono “l’influenza delle cattive amicizie, i mali sociali, i cattivi esempi degli adulti, l’ingiustizia nella vita e le menzogne”. Si tratta di distorsioni “che influiscono sul processo di sviluppo dei bambini”. Un’adeguata formazione e la trasmissione di valori e principi religiosi sono dunque delle priorità fondamentali per il bene della società. I cattolici, in particolare, sono molto impegnati in Vietnam per un pieno sviluppo dei giovani. In questo tempo di Natale, poi, sono molteplici le iniziative per ricordare la nascita del Signore: ogni sera, ad esempio, centinaia di bambini della parrocchia di Binh An Thuon, a Ho Chi Minh, pregano e cantano melodie natalizie. Pregano attorniati da tante persone, soprattutto buddisti e animasti, per la pace e la giustizia in Vietnam. Un Paese – ricorda AsiaNews – dove molti “vivono tra ansie, minacce e discriminazioni”. Anche la comunità cattolica ha vissuto recentemente momenti difficili: sette fedeli, che hanno preso parte alle veglie di preghiera della parrocchia di Thai Ha e chiesto la restituzione del terreno parrocchiale requisito dallo Stato, sono stati condannati a pene detentive. A Vinh Long è stato demolito, infine, l’orfanotrofio delle suore della carità di San Vincenzo de Paoli per costruire un albergo. (A.L.)

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    Afghanistan: cresce il risentimento della popolazione contro le truppe straniere

    ◊   "Gli attacchi aerei, che spesso causano morti tra i civili e le irruzioni notturne nelle abitazioni hanno provocato il risentimento della popolazione contro le truppe straniere e le forze di sicurezza afgane. Hanno anche minato la fiducia nei confronti delle istituzioni". Lo afferma un rapporto della Commissione indipendente afghana per i diritti umani (Aihrc) diffuso ieri a Kabul. “Le famiglie – si legge nel dossier dal titolo ‘Dalla speranza alla paura’- vedono i loro parenti uccisi o feriti, le loro case o altre proprietà distrutte, e subiscono irruzioni in casa nella notte senza una giustificazione apparente o autorizzazione legale”. ‘“Spesso non sanno chi ha commesso queste azioni e per quale motivo”, prosegue il documento. “Per quanto ne sanno e l’impressione che ne hanno, i responsabili non sono mai puniti, né si interviene per impedire che commettano ancora questi atti”. Nel rapporto si denunciano “comportamenti abusivi” e “azioni violente” nelle irruzioni notturne che, secondo le conclusioni della commissione, sono fatte sulla base di informazioni non attendibili o erronee. Gli attacchi aerei, che secondo l’Onu sono responsabili del 25% delle morti tra i civili, per la Aihrc sono sintomatici dell’uso eccessivo della forza. “Ignorare il danno arrecato ai civili e la mancanza di trasparenza e di indagini pubbliche – si legge nel rapporto ripreso dalla Misna - hanno contribuito all’immagine che alle forze internazionali non interessa se le loro azioni provocano danni alla popolazione”. “In un conflitto come quello in Afghanistan, dove metà della battaglia è assicurasi che la popolazione non inizi a sostenere gli insorti, o almeno che non smetta di dare il suo appoggio alle forze governative, ha la sua importanza la percezione pubblica su supposte violazioni e abusi”. Il presidente Hamid Karzai ha più volte criticato il ricorso eccessivo ai bombardamenti aerei che mettono a rischio la vita dei civili. Ieri si è recato in una cittadina nella provincia di Khost per partecipare ad una commemorazione funebre per un uomo, sua moglie e la nipote di 14 anni morti durante un attacco aereo la notte del 17 dicembre; fonti militari americane hanno riferito che l’attacco intendeva colpire “individui non identificati con legami con al Qaida”. Ieri Karzai ha chiesto espressamente all’ammiraglio Michael Mullen, capo dello Stato maggiore americano, di aprire un’indagine. (A.L.)

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    Il cardinale Pell: aumentate le vocazioni dopo la Gmg

    ◊   A pochi giorni dalla conclusione del 2008, l’arcivescovo di Sydney cardinale George Pell, traccia un bilancio di questo anno che ha visto come protagonista, lo scorso luglio, la Giornata Mondiale della Gioventù e che ha portato un'ondata di cambiamento per la Chiesa Cattolica Australiana. “I primi frutti di questa Gmg si stanno manifestando con un aumento delle vocazioni, conversioni e un riavvicinamento dei fedeli alla vita parrocchiale, ha affermato il porporato. Questo per noi è un grande traguardo, considerato che in Australia i cattolici sono una minoranza”. Tra le tante storie, quella di 25 persone, che hanno deciso di convertirsi al cattolicesimo dopo aver partecipato all’evento. Ed ancora crescono le vocazioni al sacerdozio: il prossimo febbraio 7 nuovi giovani entreranno nel seminario di Sydney e 8 in quello di Melbourne. Inoltre, si moltiplicano incontri e ritiri di associazioni e movimenti. Proprio in questi giorni è terminato un corso di formazione per animatori spirituali durato un mese e che ha visto protagonisti 20 universitari provenienti da ogni parte dell'Australia. Tra gli strumenti più apprezzati dai pellegrini durante la Gmg, è la catechesi. "Tanti continuano a richiederla ed ormai è diventato un appuntamento fisso in alcune parrocchie", ha spiegato Pell. "Questo perchè i giovani non vogliono solo sentirsi dire cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma anche capire la dottrina della Chiesa su alcuni temi di attualità". E tra gli obbiettivi del 2009 c'è l’intento di rafforzarsi all’interno delle scuole con programmi specifici e dare maggiore impulso alla pastorale aborigena.“Stiamo cercando di organizzare per il prossimo anno - ha concluso Pell - un incontro nazionale sul tema dello Spirito Santo; sarà gratuita l’istruzione per i bambini aborigeni nelle scuole cattoliche dell’arcidiocesi , dall’asilo ai licei e già abbiamo visto un aumento delle iscrizioni”. Infine, uno strumento che ha riscosso un notevole successo, il portale web XT3 che attualmente raccoglie oltre 40mila iscritti, tra i 16 e i 35 anni da 170 Paesi diversi. Insomma un 2008 da ricordare per la Chiesa Cattolica Australiana che esce rafforzata da un evento che ha sorpreso tutti. (Da Sydney, Francesca Baldini)

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    Il cardinale Bagnasco: l’8 per mille è una forma di “democrazia fiscale”

    ◊   In tempi di forte crisi economica la Chiesa italiana resta in prima linea per combattere la povertà. Questo è possibile “anche grazie alle risorse provenienti dall’otto per mille”. E’ quanto afferma il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in una nota di accompagnamento ai dati diffusi dall’ufficio nazionale comunicazioni sociali sugli interventi caritativi e di aiuti ai Paesi poveri realizzati dalla Chiesa italiana grazie ai fondi dell’8 per mille. Questo istituto – aggiunge – non ha rappresentato soltanto un’opportunità finanziaria in più ma una forma di “democrazia fiscale”. Una forma di democrazia aperta a tutti i contribuenti e finalizzata al sostegno di attività caritative e umanitarie “per promuovere lo sviluppo integrale delle persone e delle comunità”. Secondo il presidente dei vescovi italiani, “le parrocchie rappresentano non solo un segno di prossimità in contesti sociali disgregati, ma anche una concreta risposta alle imprevedibili forme di povertà, nascoste sotto le pieghe di un benessere sempre più fragile”. Non meno importante – prosegue la nota ripresa dall'agenzia Sir e dal quotidiano Avvenire – è l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo “sia mediante il sostegno di progetti di promozione sociale sia alleviando le sofferenze delle popolazioni colpite da guerre e calamità naturali”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Crisi economica: tasso euribor sotto il 3%

    ◊   Economia mondiale in piena contrazione e netto calo del prodotto interno lordo di Stati Uniti e di tutta l’area euro. La fotografia della situazione arriva dai dati sul terzo semestre del 2008, quello che va da luglio a settembre, quando il terremoto dei subprime era appena iniziato ad abbattersi sui mercati finanziari. Gli analisti si attendono, quindi, un vero è proprio crollo del Pil al quarto trimestre. Per il punto della situazione ascoltiamo il servizio di Marco Guerra:

     
    I dati sull’andamento dell’economia mondiale non lasciano scampo: la crisi si sta manifestando in tutta la sua gravità e prima della risalita si prevedono ancora un paio di trimestri di crescita sotto lo zero. Nel bel mezzo della recessione più dura dal dopoguerra, il Fondo Monetario Internazionale è quindi tornato a sollecitare le banche centrali e i governi ad adottare ulteriori misure di stimolo per l’economia. Secondo l’organismo internazionale, gli Stati devono essere disposti a spendere anche oltre il 3% del Pil. E in attesa del mega piano di rilancio Usa da 850 miliardi, annunciato dal presidente eletto Obama, si registra l’intervento del governo giapponese che ieri ha approvato il bilancio record da quasi mille miliardi di dollari, destinati a far uscire la seconda economia mondiale dalla recessione. Iniezione di liquidità anche per il settore dell’auto francese. Ieri Sarkozy, nel corso della sua visita in Brasile, ha annunciato il varo di un piano di aiuti, entro la fine di gennaio, per le case in difficoltà. Per i consumatori arriva invece una boccata di ossigeno dall’ulteriore calo del prezzo del petrolio, che si è attestato sui 39 dollari al barile, e del tasso dell’euribor, sceso sotto il 3% per la prima volta dal giugno del 2006. Ma sul fronte energetico irrompono le parole del premier russo Vladimir Putin che, al primo vertice dei Paesi esportatori di gas tenutosi ieri a Mosca, ha gelato la comunità internazionale annunciando “la fine dell’era delle risorse energetiche a buon mercato, nonostante la crisi”.

     
    Iraq
    Il Parlamento iracheno ha approvato ieri una misura che autorizza le truppe non americane a rimanere nel Paese anche dopo la scadenza del mandato Onu del 31 dicembre. In Iraq sono attualmente schierate oltre 150 mila unità inquadrate nella forza multinazionale. Gli Stati Uniti, presenti con il 95% delle truppe straniere, avevano precedentemente firmato un accordo di sicurezza bilaterale che assicura la presenza delle forze armate fino al 2011.

    Pakistan
    Ancora violenza in Pakistan. Una donna è stata uccisa e altre quattro persone sono rimaste ferite nell'esplosione di una bomba su un'importante strada di Lahore, principale città dell'est del Paese. Almeno 1.500 persone hanno perso la vita nell'ondata di attentati e attacchi che scuote il Pakistan dal luglio del 2007. Intanto, nell’area tribale della valle di Swat, i talebani pachistani hanno intimato la chiusura delle classi femminili entro 15 giorni. Sempre entro quella data alle donne non sarà più concesso di frequentare i mercati. La denuncia, raccolta da un’agenzia tedesca, arriva da un’insegnante che ha inoltre accusato il governo di non fornire alcuna protezione.

    Afghanistan
    Le prime milizie tribali afghane, armate dalle forze americane sul modello di quanto avvenuto in Iraq, saranno dispiegate nella provincia afghana di Wardak vicino a Kabul, all'inizio del prossimo anno. Si tratta di un passo importante in vista di un percorso che porterà al passaggio di consegne con le truppe della coalizione internazionale. Se l'esperimento avrà risultati positivi, milizie locali saranno infatti dislocate rapidamente in altre regioni dell’Afghanistan. Intanto, il capo supremo dei talebani, Mullah Mohammad Omar, ha smentito le notizie relative a colloqui di pace con il governo afghano per porre fine alla guerra.

    India
    E sarà un Natale particolare anche quello che stanno per trascorrere i cristiani nello Stato indiano dell’Orissa, dopo le violenze da parte di estremisti indù scoppiate in agosto. Tutta l’India, poi, vive giorni di tensione per la paura di nuovi attacchi terroristici, come quelli di Mumbay. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

    E’ una vigilia di Natale carica di paura e di tensione per la minoranza cristiana ed indiana, soprattutto quella dello Stato dell’Orissa dove le organizzazioni estremiste indù e un gruppo tribale hanno deciso di organizzare uno sciopero, una serrata generale. Pochi giorni fa, il governo locale aveva vietato la manifestazione prevista per il 25 dicembre e voluta dal gruppo radicale indù per protestare contro il mancato arresto dei responsabili dell’omicidio del leader indù Saraswati, attribuito falsamente ai cristiani e che è stata la scintilla che ha causato le aggressioni di agosto. Secondo i dati della Conferenza episcopale indiana, nelle violenze anti cristiane sono morte 81 persone mentre oltre 22 mila si trovano nei campi profughi del governo ed oltre 40 mila sono fuggiti dal distretto di Kandhamal, l’epicentro dei disordini. Sono state distrutte in tutto 236 chiese, 36 tra conventi, scuole ed istituti religiosi. Nonostante il dispiegamento delle forze dell’ordine e le promesse delle autorità indiane di adeguata protezione, si teme che le proteste possano provocare una nuova ondata di violenza. Nel distretto di Kandhamal e un po’ in tutta l’India, com’era già successo lo scorso Natale, di fronte al dramma dell’Orissa ed anche in solidarietà delle vittime dell’attentato terroristico di Mumbai del 26 novembre, sono state cancellate le tradizionali feste, fiere natalizie che accompagnavano le celebrazioni religiose.

     
    Somalia
    Si aggrava la crisi politica della Somalia, dopo le dimissioni, oggi a Baidoa, del premier, Mohamed Guled, nominato illegittimamente appena otto giorni fa dal presidente Abdullahi Yusuf, al posto del destituito Nur Hassan Hussein. Le dimissioni sono frutto dello scontro tra il presidente Yusuf e il Parlamento, che si era schierato a difesa dell’ex primo ministro Hussein. Alla base del contrasto i rapporti con l'Etiopia. Yusuf preme per il conflitto contro le Corti islamiche e per la presenza etiope nel Paese. Hussein vuole invece il ritiro delle truppe di Addis Abeba.

    Terremoto
    Non ha fortunatamente causato né vittime, né ingenti danni la forte scossa di terremoto che ieri ha colpito l’Italia. Il sisma, di magnitudo 5,2 gradi sulla scala Richter, ha avuto il suo epicentro in Emilia ed è stata avvertita in diverse zone del nord e centro Italia. Almeno altre 50 piccole scosse di assestamento sono state registrate nella notte. Al momento, squadre di tecnici regionali, integrate con i vigili del fuoco, stanno procedendo a verifiche sugli edifici, in particolare sulle chiese danneggiate, nell'area tra Parma e Reggio Emilia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 359

     
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