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Sommario del 19/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Solidarietà e famiglia i temi al centro del discorso di Benedetto XVI al nuovo ambasciatore delle Seychelles presso la Santa Sede
  • Il Papa all'Ufficio vaticano del Lavoro: in questo Natale, i fedeli siano solidali con chi è colpito dalla crisi dell'occupazione
  • Nomine
  • "Siamo madri di Cristo quando lo portiamo nel cuore": così padre Cantalamessa nella terza predica di Avvento
  • All'Onu, la posizione della Santa Sede sulla depenalizzazione dell'omosessualità
  • “Scambi significativi e utili” tra le delegazioni di Israele e Santa Sede nella riunione della Commissione bilaterale, a Gerusalemme
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La voce dei vescovi dell'Africa meridionale contro Mugabe: lasci il potere, lo Zimbabwe sta morendo. Intervista con il cardinale Napier
  • Le condanne per il genocidio in Rwanda, un orrore ancora in cerca di tutti i suoi colpevoli. Intervista con Domenico Quirico
  • Il deficit di etica nelle sperimentazioni farmaceutiche su pazienti di Paesi poveri. Intervista con Umberto Filibeck
  • Nel pomeriggio il cardinale Bertone in visita al Presepe dei Netturbini, alla sede Ama di Roma. Intervista con l'ideatore, Giuseppe Ianni
  • Chiesa e Società

  • India: è morto il catechista aggredito in Orissa. Timori anche nel Tamil Nadu
  • Pakistan: bruciata una Bibbia e altri testi sacri
  • Le Nazioni Unite condannano gli atti di discriminazione nei confronti delle religioni
  • Messaggio di Natale dei capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme
  • Gli iracheni si preparano a festeggiare il Natale
  • La Chiesa del Lussemburgo invoca forza morale e chiarezza di fronte all’eutanasia
  • Australia: messaggio natalizio della Conferenza episcopale
  • Messaggio per il Natale della Conferenza episcopale del Canada
  • Fao: gestire l’acqua per nutrire il continente africano
  • Per l’Unesco c’è anche la malnutrizione tra le cause dell’analfabetismo
  • Il veto del presidente dell’Uruguay sulla legge sull’aborto
  • Da un rapporto Onu la drammatica situazione nella RD del Congo
  • RD del Congo: i 50 anni dell'arcidiocesi di Kananga
  • Argentina e Cile ricordano la mediazione di Giovanni Paolo II che evitò il conflitto tra i due Stati
  • Vietnam: lettera dei vescovi sull'educazione nella famiglia
  • Cina: la diocesi di Chang Sha festeggia i 100 anni della cattedrale dell'Immacolata Concezione
  • Il vescovo portoghese di Guarda invita a vivere il Natale accanto ai poveri ed agli esclusi
  • Soddisfazione della Comunità di Sant'Egidio per la nuova risoluzione ONU contro la pena di morte
  • Appelli e raccolte di firme per sollecitare il negoziato in favore delle due suore rapite in Kenya
  • 24 Ore nel Mondo

  • Alta tensione tra Israele e Hamas dopo l’annuncio della fine della tregua: sparati due missili dalla Striscia di Gaza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Solidarietà e famiglia i temi al centro del discorso di Benedetto XVI al nuovo ambasciatore delle Seychelles presso la Santa Sede

    ◊   Le famiglie hanno costantemente bisogno di essere incoraggiate e sostenute dai poteri pubblici: così si è espresso oggi Benedetto XVI nel discorso al nuovo ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica delle Seychelles presso la Santa Sede, Graziano Luigi Tribaldi, in occasione della presentazione delle Lettere credenziali. Il Papa ha parlato inoltre di economia. Il servizio di Fausta Speranza:

    La bellezza delle Seychelles e il bisogno di ridurre l’indebitamento: Benedetto XVI riconosce l’impegno da parte delle autorità dell’affascinante Paese a svilupparne le potenzialità, riducendo nello stesso tempo il debito. Ma il Papa sottolinea che tutto ciò deve poter incontrare l’appoggio delle istituzioni internazionali. Benedetto XVI ricorda il contesto mondiale divenuto difficile, chiedendo che l’impegno non sia solo a sanare l’economia ma anche ad affrontare i nodi di giustizia sociale. Il Pontefice ricorda che raddrizzare i conti di una nazione significa offrire un contesto migliore per l’attività economica e proteggere le popolazioni più povere e più vulnerabili.

     
    E’ il concetto della solidarietà che il Papa definisce primordiale spiegando che c’è un livello sociale di solidarietà, quello delle misure legislative e delle strutture e un livello individuale, quello per cui ogni persona è chiamata a lavorare per il bene comune. E poi il Papa spiega che per promuovere un durevole senso della solidarietà l’educazione dei giovani è fondamentale E a tal proposito, Benedetto XVI si congratula per gli sforzi fatti dalle autorità delle Seychelles incoraggiando tutti a proseguire su questa via seminando generosamente per il futuro. Il Papa sottolinea che l’educazione resta vana se l’istituzione familiare viene resa più fragile. Ribadisce come vi sia un’armonia profonda tra i compiti della famiglia e i doveri dello Stato, che le famiglie hanno costantemente bisogno di essere sostenute dai poteri pubblici.

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    Il Papa all'Ufficio vaticano del Lavoro: in questo Natale, i fedeli siano solidali con chi è colpito dalla crisi dell'occupazione

    ◊   In questo periodo che ci avvicina al Natale, i fedeli sono chiamati ad essere solidali nei confronti di chi è colpito dalla crisi del lavoro: è l’esortazione di Benedetto XVI contenuta nel discorso ai membri dell’Ulsa, l’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, ricevuti stamani in Vaticano in occasione del 20.mo anniversario della sua fondazione da parte di Giovanni Paolo II. Il Papa ha indicato nell’amore per la Chiesa, la giustizia e la solidarietà i principi che devono guidare i dipendenti vaticani nel loro operato. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Francesco Marchisano, presidente dell’Ulsa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La crisi del lavoro che preoccupa oggi l’umanità è nei pensieri di Benedetto XVI. Parlando ai membri dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, il Papa ha espresso l’auspicio che questo Natale divenga un’occasione per essere solidali nei confronti di chi si trova in una situazione di disagio economico:

     
    “Chi ha la possibilità di lavorare sia riconoscente al Signore e apra con generosità l’animo a chi invece si trova in difficoltà lavorative ed economiche. Il Bambino Gesù, che nella Notte Santa di Betlemme si è fatto uomo per venire incontro alle nostre difficoltà, guardi con bontà a quanti sono duramente provati da questa crisi mondiale e susciti in tutti sentimenti di autentica solidarietà”.

     
    Il Papa si è quindi soffermato sulla specificità dell’attività della comunità lavorativa della Santa Sede, auspicando che essa divenga “sempre più efficiente e solidale”:

     
    “In questa circostanza, vorrei sottolineare come la comunità di lavoro costituita da quanti operano nei vari uffici ed organismi della Santa Sede, formi una singolare 'famiglia', i cui membri sono uniti, oltre che da vincoli funzionali, da una stessa missione, che è quella di aiutare il Successore di Pietro nel suo ministero al servizio della Chiesa universale”.

     
    L’attività professionale di quanti lavorano per la Santa Sede, ha proseguito, costituisce dunque una “vocazione da coltivare con cura e spirito evangelico, vedendo in essa una concreta via alla santità”. Se infatti, ha spiegato, è “importante il rispetto dei principi della giustizia e della solidarietà ben enucleati dalla dottrina sociale della Chiesa, è indispensabile soprattutto il comune sforzo sorretto dalla convinta adesione a Cristo e dall’amore sincero per la sua Chiesa”:

     
    “Questo domanda che l’amore per Cristo e per i fratelli, insieme a un condiviso senso ecclesiale, animi e vivifichi la competenza e la dedizione, la professionalità, l’impegno onesto e corretto, la responsabilità attenta e matura, rendendo in questo modo preghiera il lavoro stesso, qualunque esso sia”.
     
    E’ questo, ha ribadito, “un permanente compito formativo e spirituale, a cui possono offrire il loro apporto tutti: cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici”. Ha così auspicato che nei vari dicasteri e uffici vaticani non “venga mai meno la ricerca della giustizia e la costante tensione verso la santità”. Il Pontefice non ha mancato inoltre di porre in luce il servizio dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica volto a prevenire “ogni eventuale dissidio concernente i lavoratori alle dipendenze della Sede Apostolica”. Tutto ciò, ha detto il Pontefice, mira a consolidare la comunità di lavoro, Proprio così, ha sottolineato, “cooperando alla migliore organizzazione della comunità di lavoro della Sede Apostolica, il vostro Ufficio consegue il raggiungimento dei fini per cui è stato costituito”.

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    Nomine

    ◊   In Germania, Benedetto XVI ha nominato cescovo di Münster mons. Felix Genn, finora vescovo di Essen. Il presule, 58 anni, ha compiuto gli studi filosofici e teologici nella la Facoltà teologica di Trier e presso l’Università di Regensburg e più tardi ha conseguito il dottorato in Teologia. Ordinato sacerdote, è stato, fra l'altro, responsabile del ramo maschile della “Johannesgemeinschaft”, fondata dal Cardinale Hans Urs von Balthasar, docente di spiritualità cristiana presso la Facoltà Teologica di Trier, rettore della Casa di Studi per vocazioni adulte “St. Lambert” a Burg Lantershofen. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 30 maggio 1999.

    In Venezuela, il Papa ha nominato vescovo di Margarita mons. Jorge Anibal Quintero Chacón, del clero della diocesi di San Cristobal, finora vicario generale della diocesi. Il neo presule ha 52 anni ed ha ottenuto la Licenza in Educazione con menzione in Teologia e Filosofia presso l’Istituto Universitario “Santo Tomás de Aquino” di San Cristobal. Dopo l'ordinazione sacerdotale, ha ricoperto incarichi pastorali, tra i quali quelli di rettore del Seminario minore, di cappellano militare, e parroco.

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    "Siamo madri di Cristo quando lo portiamo nel cuore": così padre Cantalamessa nella terza predica di Avvento

    ◊   Padre Raniero Cantalamessa ha tenuto stamani nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, la terza ed ultima predica di Avvento alla presenza del Papa e della famiglia pontificia. Il predicatore della Casa Pontificia, che ha incentrato la propria riflessione sul tema “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio nato da donna”, si è soffermato sul dogma dell’Incarnazione. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:

    Nella scoperta di chi sia Gesù Cristo - ha affermato padre Cantalamessa - si possono percorrere diverse vie. In San Paolo - ha spiegato - la preesistenza e l’incarnazione di Cristo sono “verità in gestazione” perché il centro del suo interesse è il “mistero pasquale”, cioè l’operato più che la persona del Salvatore. San Giovanni segue invece il cammino inverso: parte dalla divinità del Verbo per giungere ad affermare la sua umanità. Una via - ha aggiunto il predicatore della Casa Pontificia - pone come cerniera tra le due fasi la Risurrezione, l’altra l’Incarnazione. Nel confronto tra queste due prospettive si sono formate le linee portanti della teologia della chiesa, rimaste operanti fino ad oggi.

     
    Tra queste fondamenta si eleva anche l’affermazione dell’Apostolo Paolo sulla nascita di nostro Signore: Gesù non è un’apparizione celeste ma è pienamente inserito nell’umanità e nella storia, “in tutto simile agli uomini”. San Paolo - ha fatto notare il predicatore della Casa Pontificia - “avendo detto ‘nato da donna’, ha dato alla sua affermazione una portata universale e immensa. E’ la donna stessa, ogni donna, che è stata elevata, in Maria a tale incredibile altezza”:

    “Maria è Madre di Dio non solo perché l’ha portato fisicamente nel grembo ma anche perché l’ha concepito prima nel cuore, con la fede”.

    Noi possiamo imitare Maria con la fede - ha affermato il religioso cappuccino - per dare un profondo impulso alla nostra vita. Un impulso in un tempo segnato da maternità incomplete. "Vi sono due tipi di interruzione di maternità”, ha spiegato infatti padre Cantalamessa. "Una è quella, antica e nota, dell'aborto. Fino a poco fa, questo dell’aborto era l'unico caso che si conosceva di maternità incompleta”. "Oggi - ha proseguito - se ne conosce un altro che consiste, all'opposto, nel partorire un figlio senza averlo concepito". "Avviene nel caso di figli concepiti in provetta e immessi, in un secondo momento, nel seno di una donna, e nel caso dell'utero dato in prestito per ospitare, magari a pagamento, vite umane concepite altrove". Anche sul piano spirituale - ha aggiunto padre Cantalamessa - ci sono "tristi possibilità di maternità incompleta”. Una di queste riguarda chi, pur avendo la fede, non si attiva nelle opere:

    “Concepisce Gesù senza partorirlo chi accoglie la Parola, senza metterla in pratica, chi continua a fare un aborto spirituale dietro l’altro, formulando propositi di conversione che vengono poi sistematicamente dimenticati e abbandonati a metà strada”.

    C’è poi un’altra maternità incompleta. Riguarda coloro che si distinguono per le opere ma non per la fede:

    “Partorisce Cristo senza averlo concepito chi fa tante opere, anche buone, ma che non vengono dal cuore, da amore per Dio e da retta intenzione, ma piuttosto dall’abitudine, dall’ipocrisia, dalla ricerca della propria gloria e del proprio interesse, o semplicemente dalla soddisfazione che dà il fare”.

    La vera maternità nei confronti di Cristo - ha detto il predicatore della Casa Pontificia - è racchiusa in queste parole di San Francesco d’Assisi:

    “Siamo madri di Cristo quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza. Lo generiamo attraverso le opere Sante, che devono risplendere agli altri in esempio”.

    L’anima concepisce Gesù - ha spiegato padre Cantalamessa riprendendo le parole di San Bonaventura - quando scontenta della vita che conduce "è come fecondata spiritualmente dalla grazia dello Spirito Santo e concepisce il proposito di una vita nuova". Questo proposito, ha aggiunto, "deve tradursi, senza indugio, in qualcosa di concreto, in un cambiamento, possibilmente anche esterno e visibile, nella nostra vita e nelle nostre abitudini":

    “Se decidi di cambiare stile di vita ed entrare a far parte di quella categoria di poveri ed umili che, come Maria, cercando solo di trovare grazia presso Dio, senza curarsi di piacere gli uomini, allora - scrive San Bonaventura - devi armarti di coraggio, perché ce ne sarà bisogno”.

    L’esempio della Madre di Dio, ha concluso padre Cantalamessa, ci suggerisce cosa fare in concreto "per imprimere alla nostra vita spirituale questo nuovo slancio, per far nascere davvero Gesù in noi, in questo Natale”.

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    All'Onu, la posizione della Santa Sede sulla depenalizzazione dell'omosessualità

    ◊   Sessantasei Paesi hanno fatto appello ieri all'Onu di New York per la depenalizzazione universale dell’omosessualità. Una dichiarazione, contenente tale richiesta, è stata letta all’Assemblea Generale dall'ambasciatore argentino a nome dei Paesi che la sostengono, compresi i 27 dell'Unione Europea che se ne sono fatti promotori attraverso il ministro francese per i Diritti Umani. Fanno parte dell'Assemblea Generale 192 nazioni: una sessantina di queste, guidate dall'Egitto, ha presentato una contro-dichiarazione. La Santa Sede ha chiarito la propria posizione con un intervento dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente presso l’ONU. Il servizio di Giada Aquilino:

    Il primo punto affrontato dall’arcivescovo Migliore è stato quello di sottolineare come la Santa Sede apprezzi gli sforzi fatti nella Dichiarazione presentata ieri “per condannare ogni forma di violenza nei confronti di persone omosessuali, come pure per spingere gli Stati a prendere le misure necessarie per metter fine a tutte le pene criminali contro di esse”. Allo stesso tempo - ha spiegato - la Santa Sede osserva che la formulazione di tale documento va ben al di là dell’intento indicato. Le categorie “orientamento sessuale” e “identità di genere” usate nel testo - ha aggiunto il rappresentante vaticano - non trovano riconoscimento o chiara e condivisa definizione nella legislazione internazionale. “Se esse dovessero essere prese in considerazione nella proclamazione e nella traduzione in pratica di diritti fondamentali, sarebbero causa di una seria incertezza giuridica”, ha detto, e “verrebbero a minare la capacità degli Stati alla partecipazione e alla messa in atto di nuove o già esistenti convenzioni e standard sui diritti umani”. Il testo, quindi, pur giustamente condannando “tutte le forme di violenza contro le persone omosessuali” e affermando il dovere di proteggerle, “dà invece origine a incertezza delle leggi” e “mette in questione le norme esistenti sui diritti umani”. La Santa Sede - ha concluso l’arcivescovo Migliore - “continua a sostenere che ogni segno di ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali dev’essere evitato”, spingendo gli Stati “a metter fine alle pene criminali contro di esse”.

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    “Scambi significativi e utili” tra le delegazioni di Israele e Santa Sede nella riunione della Commissione bilaterale, a Gerusalemme

    ◊   Si è conclusa ieri presso il Ministero degli esteri a Gerusalemme la riunione della Commissione bilaterale permanente fra la Santa Sede e lo Stato di Israele, nella quale si è manifestata la chiara volontà di risolvere le differenze per applicare il Trattato Fondamentale ("Fundamental Agreement") firmato il 30 dicembre 1993, che ha permesso di intavolare relazioni diplomatiche reciproche. La delegazione israeliana era guidata dal direttore generale del Ministero degli esteri, Aaron Abramovich, mentre quella della Santa Sede dal sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin, accompagnato tra gli altri dal segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, Antonio Maria Vegliò, e dal nunzio apostolico in Israele, mons. Antonio Franco. Dopo la riunione, è stato emesso un comunicato congiunto in cui si annuncia che "la Commissione di lavoro terrà i prossimi incontri il 15 gennaio, il 18 febbraio, il 5 marzo e il 26 marzo" e si annuncia anche che la prossima riunione plenaria - prevista per il mese di giugno - sara anticipata al 23 aprile 2009. II servizio di Roberto Piermarini:

    Con queste intense riunioni, afferma il testo, le due delegazioni vogliono mostrare la loro volontà di "accelerare i dialoghi e, concludere l'accordo al più presto". Come per i precedenti comunicati, anche quello di ieri parla di "atmosfera di grande cordialità e di buona volontà”; di lavoro indirizzato a "giungere a un mutuo desiderato accordo e di scambi "significativi e utili. L'annuncio sull'accelerazione del dialogo è estremamente significativo - anche nel contesto di un possibile viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa - perche negli ultimi anni i negoziati erano avanzati in modo piuttosto lento. Dal 2002 al 2007, infatti, si erano addirittura fermati. I negoziati cercano di raggiungere un accordo su tutte le questioni di proprietà e imposte che sono pendenti, perché la Chiesa possa contare sulla sicurezza giuridica e fiscale che le permetta di svolgere il suo operato. Quando la Santa Sede ha stabilito relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele nel 1993, come gesto di buona volontà Giovanni Paolo II ha optato per proporre un "Accordo Fondamentale" e negoziare in seguito tali questioni nel dettaglio. Per Benedetto XVI hanno grande importanza questi colloqui per il consolidamento della presenza della Chiesa in Terra Santa.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Solidali con chi non ha lavoro a causa della crisi mondiale: in prima pagina, l’appello di Benedetto XVI durante l’udienza all’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.

    Nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede sulla Dichiarazione su diritti umani, orientamento sessuale e identità del genere. Riguardo alla Dichiarazione, un commento dal titolo “Difesa dei diritti e ideologia”.

    E Pio XI disse: “Sono veramente amareggiato, come Papa e come italiano”: in cultura, un articolo di Sergio Pagano, vescovo prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, su Chiesa cattolica e leggi razziali.

    Lo studio delle fonti è come la manna inesauribile e sempre gustosa: Raffaele Savigni sulla terza edizione in italiano de “Lo studio della Bibbia nel medioevo” di Beryl Smalley.

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    Oggi in Primo Piano



    La voce dei vescovi dell'Africa meridionale contro Mugabe: lasci il potere, lo Zimbabwe sta morendo. Intervista con il cardinale Napier

    ◊   Continua ad aggravarsi il bilancio dell'epidemia di colera che dallo scorso agosto colpisce lo Zimbabwe e che minaccia di propagarsi ai Paesi confinanti. Secondo l’ultimo bollettino diffuso l'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli affari umanitari il numero dei morti accertati è di almeno 1.123, mentre i casi di contagio sfiorano le 21 mila unità. E alla crisi umanitaria si aggiungono quella economica e politica. A fronte della galoppante inflazione che ha toccato i 231 milioni per cento, la Banca centrale dello Zimbabwe ha introdotto una banconota da 10 milioni di dollari. Una crisi davanti alla quale la Chiesa del Sudafrica, del Botswana e dello Swaziland hanno espresso “orrore” in una dichiarazione dai toni incisivi, chiedendo al presidente, Robert Mugabe, di lasciare il potere per evitare l’aggravarsi del disatro. Ai microfoni di Linda Bordoni il cardinale Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban in Sudafrica, riassume il contenuto del documento:
     
    R. - I think the main idea is that we reach that point…
    Penso che l’aspetto principale sia che abbiamo raggiunto quel punto in Zimbabwe per cui non ci troviamo più di fronte ad una crisi, ma ad un disastro, ed è un disastro fatto dagli uomini, in particolare da un solo uomo, e l’unico scopo per questo disastro è che lui vuole mantenere il potere. Penso che l’interesse principale della Chiesa sia nel bene comune e credo che questa sia anche la definizione di un buon modo di governare e di un buon governo: un buon governo è un governo che lavora per il bene comune della gente e non di singoli individui, di classi di individui o di gruppi e così via. E penso che questa sia la base della nostra dichiarazione: il bene comune è stato completamente tralasciato da questa equazione nella presente impasse. Milioni di persone si trovano adesso a subire sofferenze insopportabili. Noi, dunque, come Chiesa dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e chiedere fortemente che sia fatto qualcosa che faccia cambiare questa situazione.

     
    D. - Eminenza, lei ha espresso disappunto sull’incapacità della leadership della Comunità sudafricana per lo sviluppo, incluso il nuovo presidente sudafricano, di compiere un qualsiasi progresso in questa situazione: può dirci perché?

     
    R. - You know, when you hear somebody like the president of Botswana …
    Quando si sente il presidente del Botswana stesso dire chiaramente dove sta la colpa e chi è responsabile di questa situazione e tutta la Sadec rimane in silenzio o, se proprio dice qualcosa, afferma che da biasimare sono entrambe le parti… C'è un partito che in realtà ha vinto le elezioni parlamentari, che in questo momento dovrebbe essere al governo ma al quale ciò viene negato e, al contrario, gli è stato detto: condividi il potere con il partito che ha perso, anche se esso non ha alcun diritto a questi seggi! E a peggiorare ulteriormente la situazione, proprio Mugabe - che ha vinto le elezioni presidenziali per abbandono dell’avversario - ha l’impegno morale di stabilire quali ministeri lasciare per consegnarli al Movimento per il cambiamento democratico. Io credo che questa sia una pessima leadership da parte della Sadec, la Comunità sudafricana per lo sviluppo. E pensare che proprio la Sadec dovrebbe firmare un rapporto di verifica che esamina il modo in cui i diritti umani sono osservati o rispettati, per comunicate poi dove è stato fatto bene e dove è stato fatto male… Io penso che da questa prospettiva, la Sadec stia dando prova di scarsa capacità di guida.

     
    D. - Lei sta rivolgendo un appello al Sudafrica affinché isoli Mugabe e lei sostiene anche che il governo sudafricano abbia oggi la capacità di costringere Mugabe ad andarsene. Come?

     
    R. - We have said that before, you know?, that we’ve got a whole intelligence…
    L’abbiamo detto anche prima: abbiamo un intero Dipartimento di intelligence e uno dei compiti dell’intelligence è scoprire dove sono le aree problematiche, quali sono i motivi di quei problemi e quali gli approcci possibili per trovare una soluzione. Quindi ripeto, come ho già detto in precedenti occasioni: la nostra intelligence può suggerire al governo le aree nelle quali si può esercitare pressione sul regime di Mugabe, senza colpire la popolazione in misura più grave di quanto non sia colpita attualmente.

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    Le condanne per il genocidio in Rwanda, un orrore ancora in cerca di tutti i suoi colpevoli. Intervista con Domenico Quirico

    ◊   Si è concluso ieri con tre ergastoli il processo agli ex gerarchi rwandesi, considerati le menti del genocidio del 1994. Li ha emessi oggi il Tribunale internazionale penale per Rwanda, chiamato a giudicare i principali responsabili del massacro che che sconvolse il Paese africano. In meno di cento giorni furono massacrate almeno 800 mila persone. In stragrande maggioranza erano appartenenti all'etnia minoritaria tutsi, ma trovarono la morte anche numerosi moderati hutu, l'etnia maggioritaria. Un dramma che, anche alle Nazioni Unite, all’inizio in molti stentarono a comprendere nella sua reale portata. Stefano Leszczynski ha intervistato Domenico Quirico, inviato de La Stampa, che di quei fatti fu testimone:

    R. - Quello che mi è rimasto più impresso è l’errore che commettemmo all’epoca, del fatto che non ci accorgemmo del carattere assolutamente, orribilmente, nuovo che la tragedia rwandese aveva. La etichettammo come una tragedia - è brutto dirlo - come le altre, che non necessitava di un’attenzione, di un’emozione, di un impegno professionale per chi, come noi, avrebbe il compito ed il dovere di raccontare ed avvertire su quello che sta succedendo ogni giorno.

     
    D. - Finalmente, si è arrivati poi, alla giustizia internazionale. Tuttavia, non si riesce a far luce proprio su tutto o comunque non tutti i responsabili riescono ad essere consegnati alla giustizia...

     
    R. - Ci sono delle grandi ombre ancora, dopo tanto tempo. Gli ufficiali che sono stati condannati sono una parte dei responsabili della tragedia rwandese.

     
    D. - C’è stato, dietro questo genocidio rwandese, un intreccio di interessi internazionali?

     
    R. - Certamente sì, anche se, attenzione a non sfumare. La tragedia rwandese è una tragedia rwandese: cioè, è un terrificante regolamento di conti all’interno della società rwandese. Per cui, sullo sfondo, certamente ci furono dei grandi movimenti di attori internazionali. Parlo in primo luogo della Francia: la Francia grande sostenitrice degli hutu, la Francia che ha armato gli hutu, la Francia che ha avuto delle responsabilità dirette certamente nella tragedia rwandese. Ma anche poi, dall’altra parte, gli Stati Uniti, i grandi "patron" dei tutsi rwandesi della ribellione, dell’Uganda. La tragedia rwandese ebbe poi un seguito, cioè la caduta di Mobutu, l’avvento di Kabila nella Repubblica del Congo, dalla prima guerra dei Grandi Laghi. Come si vede, dietro quest’immane massacro si agitavano degli attori molto più complessi, con degli interessi assai complicati. Tuttavia, voglio dire, il riflettore deve essere puntato all’interno, nel cuore di tenebra della società ugandese, per cercare di capire.

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    Il deficit di etica nelle sperimentazioni farmaceutiche su pazienti di Paesi poveri. Intervista con Umberto Filibeck

    ◊   Si è tenuta, nei giorni scorsi a Roma presso la sede della FAO, una tavola rotonda di due giorni sulle problematiche etiche e legali legate alle sperimentazioni cliniche nei Paesi in via di sviluppo. Organizzato dall’Unicri, l’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite su crimini e giustizia, e dall’Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, l’incontro ha rappresentato l’occasione per fare il bilancio delle misure messe fin qui in opera per tutelare i diritti di coloro che si sottopongono, specialmente nei Paesi poveri, a tali sperimentazioni. A seguire i lavori c’era Lucas Dùran.

    La proliferazione della ricerca clinica sugli esseri umani, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, solleva sempre più preoccupazioni per le implicazioni etiche coinvolge, ma anche per i rischi connessi ad una cattiva conduzione delle sperimentazioni. Tra i temi più delicati affrontati durante i lavori, quelli della legislazione in vigore e del livello di protezione dei partecipanti alla ricerca biomedica in Africa. L’obiettivo in questo senso è di identificare i Paesi nei quali è più urgente la formazione specifica sulla revisione etica dei protocolli e sull’efficacia delle ispezioni. Ma quali sono attualmente i criteri di selezione dei soggetti da coinvolgere nelle sperimentazioni? Umberto Filibeck, dell’Agenzia italiana del farmaco:

     
    R. - Accade, per alcune sperimentazioni in alcuni Paesi, che i soggetti aderiscano alla sperimentazione non perché siano effettivamente convinti dal possibile beneficio che possano averne, ma o perché ne hanno dei guadagni di carattere economico - cosa che in ambito occidentale non è assolutamente consentito - o perché è l’unico modo per poter avere un trattamento terapeutico che diversamente il loro sistema sanitario non consentirebbe di avere.

     
    D. - Durante i lavori, si è sottolineata la necessità di un rafforzamento delle strutture nazionali di controllo. Quale riscontro avete ottenuto da parte dei rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo?

     
    R. - E’ una consapevolezza e anche un desiderio, evidentemente. Un impegno a mettere in atto questi meccanismi di carattere normativo e organizzativo. E’ evidente anche che la povertà di risorse e le emergenze continue cui debbono far fronte abbiano rinviato fino ad ora la possibilità di mettere in atto quanto è necessario.

     
    D. - E in Italia, qual è la situazione?

     
    R. - Devo dire che tranne in casi molto rari - che abbiamo individuato con la nostra attività di ispezione sulle sperimentazioni - non vi è un dispregio dell’approccio etico alla sperimentazione, ma vi è attenzione al riguardo. Di tanto in tanto, si individuano o ci vengono segnalati casi di possibile mancanza di rispetto nella tutela dei pazienti, e uno dei compiti dell’Aifa è intervenire a questo riguardo, visitando direttamente il sito sperimentale, il reparto clinico o la sede del promotore dell’azienda farmaceutica, per verificare se effettivamente così è. La norma ci consente poi di bloccare immediatamente queste sperimentazioni e anche di non accettare i risultati di sperimentazioni condotte in maniera non etica, ai fini di autorizzare al commercio il nuovo farmaco che l’industria farmaceutica ci propone con quella sperimentazione fatta in maniera inadeguata.

     
    D. - Il ruolo dell’Italia è importante, soprattutto in vista del G8 del prossimo anno, che sarà presieduto dal nostro Paese. Anche rispetto ai problemi etici sollevati dalle sperimentazioni cliniche, sarà importante dialogare con i leader dei Paesi africani, come sottolinea il ministro Antonio Bandini, vicedirettore generale per i Paesi dell’Africa subsahariana del Ministero degli esteri:

     
    R. - I leader africani chiedono di essere più ascoltati, ma anche di contribuire di più. Bisogna ascoltare quello che i leader africani ci dicono, ricordarsi che sempre più sono leader legittimati democraticamente: se è vero che abbiamo avuto due o tre casi di elezioni contestate, è anche vero che abbiamo avuto 19 elezioni consecutive in Africa, ritenute democratiche dalla comunità internazionale. Quindi, sono interlocutori affidabili, sono interlocutori legittimati che vogliono contribuire a risolvere i problemi globali. E questo è anche il nostro approccio.

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    Nel pomeriggio il cardinale Bertone in visita al Presepe dei Netturbini, alla sede Ama di Roma. Intervista con l'ideatore, Giuseppe Ianni

    ◊   Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, si recherà oggi pomeriggio alla sede dell’Ama, l’Azienda municipalizzata ambiente di Roma, per benedire il “Presepe dei Netturbini”. Per molti romani, questa rappresentazione della Natività è nota come il “Presepe dei Papi”. E in effetti l’opera è legata da una lunga tradizione ai Pontefici: il primo a visitarlo fu Paolo VI nel 1974. Giovanni Paolo II ha raccolto il testimone di Papa Montini recandosi alla sede Ama di via dei Cavalleggeri per ben 24 volte. Dal canto suo, Benedetto XVI lo ha visitato il 5 gennaio del 2006. Sulle peculiarità di questo capolavoro natalizio, Chiara Maggiore ha intervistato Giuseppe Ianni, operatore ecologico in pensione e ideatore del “Presepe dei Netturbini”:

    R. - In questi 37 anni, un po’ per anno, si è arrivati fino a qui. Ci sono 100 case tutte fatte di pietra, ci sono acquedotti, fiumi, strade. Pensi che ci sono 52 metri di strade tutte lastricate, ci sono 870 gradini, 38 arcate di quattro acquedotti, 26 grotte. Abbiamo il forno col pane - col pane vero - con la farina vera, e poi abbiamo tutto lo scenario: abbiamo cercato di fare la Palestina di 2000 anni fa. Ogni anno si è fatto sempre qualcosa.

     
    D. - Qual è la novità di quest’anno?

     
    R. - La novità di quest’anno è la genealogia di Gesù, che va da Abramo fino a Cristo: 42 generazioni. Ho messo 40 ceppi, perché dal ceppo di Abramo è nato Isacco, da Isacco è nato Giacobbe, e così via di seguito.

     
    D. - E sappiamo che questo è un presepe al quale, grazie al dono di tanti fedeli, sono state aggiunte tante pietre provenienti da tutte le parti del mondo. Un presepe che vuole dare anche un messaggio di comunione tra i popoli...

     
    R. - Ecco, c’è la comunione dei popoli già qui, nelle pietre incastonate. Tutte queste pietre provengono da tutte le parti del mondo. Fino adesso sono state incastonate circa 1900 pietre. C’è la porticina della Natività che è legno di olivo di Betlemme. Poi c’è l’acquedotto composto da frammenti di marmo della facciata di San Pietro, proveniente dal restauro del '99, e non le dico l’emozione quando cercavo di murarle. Questa è una cosa meravigliosa. Qui viene tanta, tantissima gente che ha scritto, quest’anno, oltre 6000 pensieri. La gente, quando entra qui dentro si emoziona perché forse, calpestando il fieno e la paglia che sta per terra, si partecipa alla nascita di Gesù. 

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    Chiesa e Società



    India: è morto il catechista aggredito in Orissa. Timori anche nel Tamil Nadu

    ◊   Si è risolta nel peggiore dei modi la vicenda del catechista scomparso lo scorso 16 dicembre dopo un’aggressione da parte di estremisti indù. Asianews ha reso noto il ritrovamento del suo corpo. La vittima, Yuvraj Digal, era un catechista stimato ed era considerato un leader all’interno della comunità cristiana locale. Proprio per questo è stato oggetto di un brutale pestaggio insieme al figlio che è riuscito a scappare e a dare l’allarme. Da tempo i gruppi radicali indù hanno lanciato una campagna sistematica contro sacerdoti, suore e catechisti, primi responsabili di conversioni di Dalit e Tribali al cattolicesimo e dalla fine di agosto si registrano circa 500 vittime. A preoccupare è anche la situazione dei cristiani in Tamil Nadu. In un rapporto stilato dalla Chiesa locale e reso noto dall’agenzia Fides, si sottolinea che le organizzazioni estremiste indù starebbero organizzando una settimana di violenza in occasione del prossimo Natale. Già da alcuni giorni si susseguono aperte minacce e intimidazioni contro le famiglie cristiane nella diocesi di Kottar, che temono che si possa ripetere quanto accaduto in Orissa, pertanto è stata chiesta adeguata protezione. (B.C.)

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    Pakistan: bruciata una Bibbia e altri testi sacri

    ◊   Il 17 dicembre nella chiesa di San Paolo in Pakistan sono stati bruciati una Bibbia e altri testi sacri, ed è stata rinvenuta una lettera in cui si invitavano i cristiani a convertirsi all’islam per non bruciare nel fuoco dell’inferno e vivere in pace. Padre Yagoob Yousaf, celebrando messa proprio in quella chiesa, ha invitato i fedeli a restare calmi e a non avere paura. Nel villaggio, molti islamici hanno manifestato solidarietà ai cristiani. La polizia, riporta Asianews, indaga contro ignoti per il reato di blasfemia. (F.C.)

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    Le Nazioni Unite condannano gli atti di discriminazione nei confronti delle religioni

    ◊   Con 86 voti favorevoli, 53 contrari e 42 astensioni, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione di condanna contro “gli atti e le dichiarazioni diffamatorie nei confronti dei credi religiosi”. Nel testo di oltre sette pagine, di cui riferisce la Misna, si invitano i paesi membri a garantire “adeguata protezione contro atti di odio, discriminazione, intimidazione e coercizione, derivanti dalla diffamazione nei confronti delle religioni e dall’incitamento all’odio religioso in generale”. In particolare, il documento deplora “gli attacchi etnici e religiosi di cui i musulmani sono stati oggetto dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti e sottolinea che “spesso erroneamente l’Islam viene associato al terrorismo”. Il documento ricorda inoltre che la libertà di espressione di opinione “comportano doveri e responsabilità, in virtù delle quali possono talvolta essere oggetto di limitazioni”. (M.G.)

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    Messaggio di Natale dei capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme

    ◊   “Dobbiamo convincere i leader politici del mondo che la vera pace sarà sulla terra quando faremo la volontà di Dio per il suo popolo”. Lo scrivono nel loro messaggio di Natale, diffuso oggi e ripreso dall'agenzia Sir, i patriarchi e i capi delle chiese cristiane di Gerusalemme. “Ciò significa che dobbiamo stare accanto a chi soffre, all’affamato, al senza casa, al disoccupato, poiché Gesù ci ha detto di aiutare gli altri. Essere accanto significa entrare in azione. Abbiamo bisogno che la luce di Cristo splenda in questa terra e ci renda capace di lavorare più realisticamente per la creazione di due Stati che metterebbe fine al fardello delle restrizioni dovute all’Occupazione”. “Preghiamo – aggiungono i patriarchi – per il presidente eletto degli Usa e per gli altri leader del mondo perché possano vedere l’urgenza della pace nel Medio Oriente e non solo in questa terra”. Nel messaggio viene sottolineata anche la situazione a Gaza, “dove molti soffrono” e per la quale “occorre fare uno sforzo convinto per portare sollievo” ai suoi abitanti. (R.P.)

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    Gli iracheni si preparano a festeggiare il Natale

    ◊   La comunità cristiana di Mosul e i rifugiati cristiani iracheni in Giordania si preparano per celebrare il Natale. Lo annunciano i rispettivi vicari. Mons. Shlemon Warduri vicario patriarcale di Baghdad in una dichiarazione rilasciata al Sir, riferisce che “i cristiani di Mosul celebreranno il Natale in un clima di paura ma con il coraggio che viene dalla loro fede. Lo scopo è quello di festeggiare il Natale come sempre, anche se la paura e la sofferenza per la morte di mons. Rahho si percepiscono chiaramente. Nonostante la paura i sacerdoti di Mosul mi hanno detto che si attendono una grande presenza di fedeli alle messe”. Il Vescovo, come riporta l'agenzia Sir, riferisce poi che per l’inizio del 2009 confida nella nomina del successore di mons. Paulos Faraj Rahho rapito e ucciso nel marzo scorso. Anche in Giordania i rifugiati cristiani iracheni si preparano per festeggiare il Natale. Il vicario, padre Raymond Moussalli riferisce come le chiese di Amman stiano preparando le messe di mezzanotte e di Natale. Continua poi parlando di una importante iniziativa a favore delle famiglie bisognose con la consegna di materiale. (F.C.)

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    La Chiesa del Lussemburgo invoca forza morale e chiarezza di fronte all’eutanasia

    ◊   Non tutto ciò che è ammesso per legge è consentito anche moralmente. E’ la posizione espressa dalla Chiesa del Lussemburgo nei confronti dell’introduzione dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito. In un comunicato, riportato dal Sir, i presuli esprimono l’auspicio che siano ricercati nuovi strumenti per il bene dei pazienti e approvano la proposta di legge sulle cure palliative e sull'assistenza ai malati terminali che pone “limiti ragionevoli anche all'eutanasia”. La Chiesa sottolinea che il compito fondamentale dello Stato e di ogni cittadino è di impegnarsi per la vita e la sua tutela e aggiunge che “forza morale e chiarezza sono più che mai necessarie". “L'attuazione delle due leggi sulla fine della vita richiede un'alta responsabilità morale da parte di tutte le persone coinvolte: pazienti, medici e infermieri, nonché i congiunti. Ogni segno a favore della vita è un segno di speranza”. Intanto è stata annunciata dai presuli l'introduzione nel 2009 della Settimana per la vita. (B.C.)

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    Australia: messaggio natalizio della Conferenza episcopale

    ◊   Il Natale 2008 sarà pervaso da un senso di incertezza e precarietà, data la crisi economica che ha colpito la nazione e le famiglie. Per questo, più che mai “noi tutti cerchiamo le tradizionali benedizioni del tempo di Natale: gioia, pace e buona volontà”: è quanto afferma il messaggio natalizio della Conferenza episcopale dell’Australia, firmato dal presidente dei vescovi, mons. Philip Wilson, arcivescovo di Adelaide. Il presule riconosce che le organizzazioni assistenziali e i servizi sociali percepiscono da vicino le difficoltà delle famiglie, delle persone senza lavoro, dei sempre più numerosi nuovi poveri, colpiti dalla crisi economica. Il messaggio - ripreso dall'agenzia Fides - infonde coraggio e speranza ai fedeli e a tutta la popolazione australiana, ricordando il Mistero del Natale: Gesù che nasce non nel benessere o nel lusso, ma nella povertà. Quando Dio si è fatto uomo, recita il testo, “non ha scelto di guadagnare bonus multimilionari. Gesù Cristo è nato da un'umile ragazza ed è stato allevato da un falegname. Nonostante queste umili origini Gesù Cristo ha avuto un profondo impatto sul mondo e continua a essere presente nella vita dei popoli oggi”. L’arcivescovo ricorda che l’amore di Dio per ogni uomo non cambia e non finisce: “Questo Natale, i cristiani in tutto il mondo troveranno forza dalla consapevolezza che ogni essere umano è prezioso, essendo stato creato individualmente e amato da Dio. Dio ci ama così tanto da essersi fatto, egli stesso, uomo”. Ogni fedele – conclude il testo – è chiamato ad accogliere Gesù Cristo dentro di sé e nella propria vita: “Allora gli eventi che accadono intorno iniziano ad avere un senso. Speranza, gioia e pace iniziano ad avere la meglio sull’ansia e sulla paura”. (R.P.)

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    Messaggio per il Natale della Conferenza episcopale del Canada

    ◊   È la povertà, intesa sia come materiale che come spirituale, il tema principale del Messaggio di Natale della Conferenza episcopale del Canada. Nel testo, a firma di mons. V. James Weisgerber, arcivescovo di Winnipeg e presidente dei presuli canadesi, si afferma che “la povertà, sia materiale che finanziaria, non costituisce certo una benedizione. Tuttavia, sono spesso le persone più povere sul piano finanziario a dare prova di grande vicinanza a Dio, a condividere generosamente il loro beni con gli altri e ad essere più fiduciosi nell’avvenire”. I presuli ricordano poi che “sebbene le ricchezze materiali servano innanzitutto ad assicurare il nostro benessere, troppo spesso esse ci illudono, distolgono il nostro sguardo dai bisognosi e scuotono la nostra fede nell’onnipotenza e nella bontà di Dio”. “Peggio ancora – si legge nel messaggio – le ricchezze materiali ci possono impedire di vedere che le forme peggiori di povertà sono quelle che riguardano non la mancanza di ricchezza o di proprietà, ma la mancanza di dignità, di accoglienza e di amore”. Quindi, la Conferenza episcopale del Canada cita l’esempio dei pastori, simbolo del Natale, definendoli “poveri nel vero senso del termine”. “Essi – dice il messaggio – erano privi di beni ed il loro lavoro era pericoloso: vivevano all’aria aperta, esposti alle intemperie ed esclusi dalla società”. È per questo, continuano i vescovi canadesi, che “il Natale ci dona l’occasione di porre una maggiore attenzione ai ‘pastori’ che oggi sono intorno a noi: i poveri, i senza-tetto, i disoccupati, gli esclusi dalla società, gli indifesi”. “Molti di noi – si legge nel testo – sono stati toccati dalla crisi economica attuale. Tutti possiamo constatare che la povertà infantile, l’emarginazione, i senza-tetto, la dipendenza dalle collette alimentarti sono sempre più visibili”. Una situazione, continuano i vescovi, che “ha aggravato le condizioni di povertà dei Paesi in via di sviluppo”. Ma “sebbene questo tipo di povertà sia odiosa”, i presuli ribadiscono che “è anche peggio constatare la povertà dei cuori umani che restano indifferenti di fronte ad una tale miseria”. Di qui, l’appello della Conferenza episcopale canadese perché il Natale “ci esorti a spostare lo sguardo sulla povertà che esiste nei nostri cuori, nelle nostre case, fra i nostri vicini e in tutto il mondo. La nuova vita donataci in Gesù Cristo ci richiede una maggiore generosità, in condivisione con gli altri di ciò che siamo e di ciò che abbiamo”. Il messaggio si sofferma, poi, sul vero senso del Natale: “Il fatto di ricordare e di celebrare la nascita di Gesù – si legge nel testo– ci permette di riscoprire i meravigliosi tesori che possediamo: il dono della vita e della fede in questo dono e in Colui che ce l’ha dato. E il modo migliore di condividere questo dono è, al tempo stesso, il più semplice ed il più apprezzato: una parola di benvenuto, una mano tesa, un sorriso di conforto, un ascolto attento, un atteggiamento di rispetto, un cuore generoso”. Quindi, il documento dei vescovi canadesi torna a riflettere sulle figure dei pastori, “abbagliati e stupiti da quello che hanno visto. Essi non hanno semplicemente scoperto un bambino nato in condizioni di estrema povertà, ma hanno anche scoperto il meraviglioso mistero della vita umana. Nella loro povertà e vulnerabilità, essi hanno sperimentato la presenza divina. Nel dono della vita, essi hanno visto la gloria di Dio ed hanno sentito il canto degli angeli”. Di qui, l’auspicio dei presuli perché il Natale “sia per tutti un momento di grazia. Possa esso aprire gli spiriti ed i cuori, donare un nuovo slancio alla carità, la solidarietà e la giustizia, permetterci di riconoscere le nostre fragilità e le nostre vulnerabilità e manifestare fra noi la presenza e l’onnipotenza di Dio”. Sulla scia di Gesù Bambino, infine, “della sua compassione, del suo senso di condivisione e del suo coraggio”, i vescovi augurano a tutti di fedeli che il Natale “ci conduca ad una grande fiducia, ad una generosità rinnovata, ad una maggiore speranza”. (I.P.)

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    Fao: gestire l’acqua per nutrire il continente africano

    ◊   "La gestione delle risorse idriche a livello regionale, nazionale e continentale deve portare al potenziamento e al miglioramento degli attuali sistemi di produzione agricola e di energia”. E’ quanto riportato nella dichiarazione conclusiva dell’incontro promosso dalla Fao ( Ente delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) a Sirte in Libia. La conferenza "Acqua per l'agricoltura ed energia in Africa: le sfide del cambiamento climatico", che ha coinvolto i 53 rappresentanti dei Paesi africani, ha sancito l’inizio di una possibile rinascita del continente. Gli Stati africani, come riportato dall'agenzia Misna, hanno stabilito di: destinare il 10% dei bilanci nazionali per finanziare la produzione agricola, promuovere la gestione sostenibile delle risorse idriche e sviluppare nuovi impianti per l’irrigazione e il riciclaggio delle acque reflue. Il progetto, denominato “Rivoluzione Blu”, vede in cantiere nei prossimi 20 anni, anche la realizzazione di centrali idroelettriche per consentire l’elettrificazione delle zone rurali. Si stima che entro il 2050 la popolazione africana sarà il doppio di quella attuale, e gli interventi promossi dalla conferenza panafricana dovrebbero garantire una corretta alimentazione a tutti. (F.C.)

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    Per l’Unesco c’è anche la malnutrizione tra le cause dell’analfabetismo

    ◊   “Vincere l’ineguaglianza” è il rapporto dell’Unesco riguardante l’analfabetismo nel mondo. Secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite – riporta l’agenzia Fides – a livello mondiale le disuguaglianze nell’acceso all’istruzione rimangono forti e la crisi in corso, non solo ha conseguenze sulla crisi alimentare e finanziaria, ma anche sul piano dello sviluppo umano, dell’educazione e della formazione dei ragazzi e delle ragazze dei Paesi in via di sviluppo. Pertanto l’Unesco chiede più investimenti, politiche efficaci per far emergere dall’analfabetismo e dalla solitudine della mancata scolarizzazione milioni di ragazzi in tutto il mondo. Nel rapporto si evidenzia anche che, in molti casi, i proventi della crescita economica delle nazioni del sud del mondo non sono andati a beneficio delle nuove generazioni; nei Paesi in via di sviluppo un ragazzo su tre soffre di lesioni cerebrali e di ridotte prospettive educative a causa della malnutrizione. Questo numero supera il 40% in alcuni Paesi dell’Asia del sud. Circa 75 milioni di ragazzi che hanno l’età per frequentare le scuole elementari non sono scolarizzati. Quasi un terzo di essi vive nell’Africa subsahariana. Nella stessa regione solo il 5% dei giovani riesce a raggiungere il livello di studi universitari. In questo quadro, nel quale le ragazze sono le più penalizzate, sarà difficile che nel mondo si raggiunga l’insegnamento primario universale entro il 2015, il termine era uno degli obiettivi internazionali dello sviluppo. Secondo proiezioni parziali, per quella data, 12 Paesi ospiteranno più di mezzo milione di non scolarizzati. (B.C.)

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    Il veto del presidente dell’Uruguay sulla legge sull’aborto

    ◊   Poche settimane fa in Uruguay, dopo un accesso dibattito nella società civile e dopo la votazione che si è conclusa con pochi voti di differenza tra chi era a favore e chi era contrario, è stata approvata una legge sulla “salute sessuale e riproduttiva” che, a differenza della proposta iniziale, non include la depenalizzazione dell’aborto entro le prime dodici settimane di gravidanza. Il 13 novembre scorso, il presidente della Repubblica, Tabaré Vázquez, aveva messo il veto – con la firma del suo ministro per la salute pubblica María Julia Muñoz - sugli articoli del progetto di legge riguardante l’interruzione di gravidanza. La legge era stata poi approvata nelle due Camere del Congresso con un scarto di pochi voti e il sostegno quasi totale del “Fronte Ampio”: la coalizione che sostiene il governo e che include il Partito Socialista al quale apparteneva il presidente fino a pochi giorni fa. Il capo di Stato Vázquez, medico oncologo, nel messaggio pubblicato in questi giorni e inviato al Congresso per sostenere il suo veto, rileva che “esiste attualmente un vasto consenso per affermare che l’aborto è un male sociale che occorre evitare, anche se – aggiunge - nei Paesi in cui l’aborto è stato liberalizzato la pratica abortiva è cresciuta. Negli Stati Uniti, inoltre nei primi dieci anni, il ricorso è triplicato, stessa cosa accade in Spagna”. “La legislazione - scrive ancora il presidente dell’Uruguay - non può disconoscere la realtà: l’esistenza della vita umana già nella sua gestazione come evidenzia la scienza”. “La biologia si è molto evoluta – precisa ancora il capo di Stato – le scoperte rivoluzionarie come la fecondazione in vitro e il DNA con la sequenza del genoma umano evidenziano che, dal momento del concepimento, c’è una nuova vita, un essere nuovo”. Prima di concludere il presidente ribadisce che “il vero grado di civiltà di una nazione si misura nel modo in cui protegge i più bisognosi, perciò lo Stato è chiamato a prendersi cura dei più deboli”. Il criterio che va preso in considerazione è dunque la semplice esistenza del soggetto e non il suo valore in relazione agli affetti che suscita o all’utilità che può rappresentare. Nel suo importante messaggio, il presidente sostiene che l’aborto contraddice alcuni Trattati internazionali come il “Patto di San José di Costa Rica” che stabilisce il diritto alla vita fin dal concepimento e poi la “Convenzione sui diritti del bambino”. La maggioranza pro abortista del Congresso con una nuova votazione aveva già tentato, alcuni giorni fa, di annullare gli effetti del veto presidenziale senza però raggiungere la maggioranza dei tre quinti necessaria. Di fronte a questo gesto il presidente Tabaré Vázquez ha chiesto di essere cancellato dai registri del Partito Socialista al quale apparteneva dal 1983.(A cura di Luis Badilla)

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    Da un rapporto Onu la drammatica situazione nella RD del Congo

    ◊   Il 75% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno, più della metà non ha a disposizione l’acqua potabile, il 54% non ha assistenza sanitaria e l’aspettativa di vita non supera i 40 anni. E’ questa la preoccupante situazione della Repubblica Democratica del Congo. Viene fuori dall’ultimo rapporto del Programma dell’Onu per lo sviluppo ( Undp ), che mette in evidenza le difficoltà del Paese africano. A rendere difficile la crescita, sottolinea l'agenzia Misna, è anche la ripresa dei combattimenti nella provincia del Nord Kivu. “ Pace e stabilità sono condizioni necessarie allo sviluppo umano” riferisce Adrama Guindo, direttore della sezione congolese dell’Undp. Questo Paese occupa il 167.mo posto su 177 nella classifica dello sviluppo, e con la crisi economica che il mondo sta attraversando, la ripresa sembra più difficoltosa. Il calo della domanda delle materie prime, come rame e cobalto, di cui la Repubblica Democratica del Congo è molto ricca, non fa che aggravare la situazione. Nel sud del paese sono gia state chiuse 45 fabbriche su 75 per la lavorazione dei metalli. (F.C.)

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    RD del Congo: i 50 anni dell'arcidiocesi di Kananga

    ◊   L'arcidiocesi congolese di Kananga ha inaugurato l'anno giubilare della propria erezione, avvenuta il 10 novembre del 1959. Nella solennità dell'Immacolta Concezione, l'arcivescovo Marcel Madila Basanguka si è unito ai 20 mila fedeli del pellegrinaggio a piedi al santuario di Nostra Signora del Kasai a Malandi Makulu, che dista 17 chilometri da Kananga. L'arcivescovo ha concelebrato l'Eucaristia all'aperto, sotto un mango, con una sessantina di preti. All'omelia mons. Madila ha ringraziato i fedeli per aver partecipato al pellegrinaggio, esortandoli poi a partecipare a tutte le iniziative dell'anno giubilare e a mobilitarsi nell'opera di evangelizzazione e di sviluppo integrale. I modelli da seguire, ha raccomandato l'arcivescovo, sono San Paolo apostolo e il beato Isidore Bakanja. Al termine della Santa Messa, mons. Madilaha ha acceso delle candele, quali simbolo di Cristo, che arderanno per tutto l'anno giubilare ed ha piantato un albero simbolo dei frutti dell'evangelizzaziione maturati in cinquant'anni ed ha rivolto l'invito anche alla Chiesa famiglia di Dio di Kananga a sviluppare la propria fede. Il santuario di Nostra Signora del Kasai venne inaugurato nel 1991 a ricordo del primo centenario della evangelizzazione di quella regione del Congo. L'8 dicembre del 1891, infatti, il missionario di Scheut Emile Cambier celebrò la Messa a Mikalayi, a pochi chilometri dal santuario, che fu la prima missione cattolica del Kasai. (A.M.)

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    Argentina e Cile ricordano la mediazione di Giovanni Paolo II che evitò il conflitto tra i due Stati

    ◊   Ringraziare per la mediazione di Papa Giovanni Paolo II che evitò, trent’anni fa, il conflitto tra Argentina e Cile. Con questo spirito – riferisce l’agenzia Fides - sono in programma una serie di iniziative, promosse dagli episcopati cileni e argentini, sia per ringraziare Dio per l’iniziativa Pontificia ma anche per ricordare l’intervento della Chiesa e rinnovare l’impegno per la pace in ambito nazionale ed internazionale. L’appuntamento più importante è fissato per lunedì 22 dicembre, alle ore 19, con la Santa Messa nella Basilica di Luján, nella provincia di Buenos Aires, presieduta dal cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. A seguire di fronte alla Basilica avrà luogo una manifestazione a cui interverrà la presidente Cristina Fernández Kirchner. Contemporaneamente si terrà un’altra celebrazione Eucaristica nel Santuario cileno di Maipú. “L’atto è eminentemente religioso, ma è fondamentale la partecipazione dei rappresentanti del Paese che beneficiarono della mediazione papale di Giovanni Paolo II” ha sottolineato mons. Alcides Jorge Pedro Casaretto, vescovo di San Isidro. I vescovi desiderano che sia “un atto nel quale sia messa in risalto l’unità e la comunione tra gli argentini e si fortifichi lo scambio ed i legami di amicizia con i cileni”. Come gesto di fratellanza tra i due Paesi, una famiglia argentina che vive in Cile riceverà un’immagine della Vergine del Carmen mentre ad una famiglia cilena che si trova in Argentina sarà consegnata una immagine della Vergine di Luján. (B.C.)

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    Vietnam: lettera dei vescovi sull'educazione nella famiglia

    ◊   Fede, amore e dignità sono i tre valori fondamentali da insegnare ai bambini per migliorare il futuro della Chiesa e della società. È questo il nucleo principale della Lettera pastorale pubblicata dalla Conferenza episcopale del Vietnam e indirizzata a tutti i cattolici del Paese. “L’educazione in famiglia è importante e necessaria – si legge nel documento, a firma di mons. Pierre Nigueyen Van Nhon e mons. Joseph Ngo Quang Kiet, rispettivamente presidente e segretario generale dei vescovi vietnamiti – perché la famiglia è il fondamento della Chiesa e della società”. Se la famiglia, quindi, è basata su solidi principi, “la Chiesa e la società potranno prosperare in futuro”. La Lettera - riferisce l'agenzia Ucanews - esprime poi la preoccupazione dei vescovi per il declino della famiglia tradizionale, evidente nell’abbandono degli anziani e nella violenza domestica sulle donne. I vescovi puntano il dito anche contro il crescente numero di divorzi che allontanano i bambini dalla scuola, costringendoli alla vita di strada. Il documento affronta, inoltre, le questioni dell’urbanizzazione e della globalizzazione che spingono soprattutto i giovani a lasciare i propri villaggi per cercare lavoro in città. E problemi si riscontrano anche fra i giovani cattolici, che non hanno più tempo per praticare la propria fede, lasciandosi trascinare verso i rapporti prematrimoniali, il divorzio e l’aborto. I presuli vietnamiti criticano poi l’attuale sistema scolastico del Paese, in cui gli studenti sembrano comunemente imbrogliare durante gli esami ed i loro genitori pagare le tangenti, crescendo così cittadini disonesti che sono una minaccia per il futuro della nazione. Per combattere questi problemi, la Conferenza episcopale vietnamita chiede che i genitori diano il buon esempio ai figli e li educhino nella fede, insegnando loro come pregare e leggere la Bibbia, ed incoraggiandoli a frequentare la Chiesa ed il catechismo. La Lettera pastorale ricorda anche che i più giovani dovrebbero essere incoraggiati a rispettare i nonni, i genitori ed i parenti, poiché “chi non ama la propria famiglia non può amare nessun altro nella società”. Particolare attenzione, infine, è riservata alle giovani coppie, perché ricordino che, secondo la dottrina della Chiesa, la selezione genetica degli embrioni, l’aborto e l’eutanasia sono “crimini contro la dignità umana e contro Dio”. Di qui, l’invito conclusivo dei vescovi vietnamiti perché durante l’Anno Paolino attualmente in corso, i cattolici meditino sulle Lettere di San Paolo sulla famiglia, così da costruire una civiltà dell’amore. (I.P.)

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    Cina: la diocesi di Chang Sha festeggia i 100 anni della cattedrale dell'Immacolata Concezione

    ◊   Cento solenni rintocchi di campana hanno aperto la solenne celebrazione per i 100 anni di fondazione della cattedrale dedicata all’Immacolata Concezione nella diocesi di Chang Sha, capoluogo della provincia meridionale cinese di Hu Nan. La celebrazione è stata anche una commemorazione degli ultimi 100 anni di storia della missione dell’evangelizzazione diocesana ed uno dei momenti particolari della celebrazione dell’Anno Paolino. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, oltre 20 sacerdoti, più di 500 fedeli e tantissimi giovani, studenti e stranieri che lavorano a Chang Sha, hanno preso parte alle diverse iniziative dedicate a 100 anni di missione e di vita della cattedrale, della diocesi e all’attività pastorale di oggi: la solenne concelebrazione eucaristica, la mostra storica, il concorso di pittura, la condivisione delle testimonianze, l’inaugurazione della casa diocesana degli anziani. Anche i mass media locali hanno dedicato ampio spazio all’evento con articoli ed immagini televisive. La costruzione della cattedrale venne iniziata nel 1901 dall’allora vicario apostolico, mons. Mondani, e fu consacrata nel 1908. Il Vangelo è stato trasmesso nella provincia di Hu Nan fin dal 1831, ed il vicariato apostolico di Hu Nan venne eretto nel 1856. Nel 1924 il vicariato apostolico di Chang Sha, capoluogo della provincia di Hu Nan, fu separato dal vicariato apostolico di Hu Nan. Diventò arcidiocesi di Chang Sha nel 1946, anno dell’istituzione della gerarchia in Cina. Oggi l’arcidiocesi è composta da oltre 43.000 fedeli, una ventina di sacerdoti, 29 religiose della Congregazione di S. Augustin e possiede 43 chiese. (R.P.)

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    Il vescovo portoghese di Guarda invita a vivere il Natale accanto ai poveri ed agli esclusi

    ◊   Per il vescovo portoghese di Guarda, mons. Manuel Felício, il Natale è un momento per riaffermare l'impegno con i poveri e gli esclusi. Gesù è nato “nel cuore della povertà rappresentata dalla mangiatoria degli animali e tra i poveri rappresentati dai pastori dei pressi di Betlemme”, scrive il presule nel suo messaggio di Natale, ripreso dall’agenzia Zenit e diffuso dall'agenzia della Conferenza episcopale portoghese, Ecclesia. “Egli è venuto per porsi al fianco dei poveri e degli esclusi per aprire loro nuove vie nella lotta alla povertà e all'emarginazione. Per questo, ha annunciato un'umanità nuova e un Regno Nuovo, in cui c'è posto per tutti e dove gli ultimi sono i primi”. Secondo mons. Felício, questa “lezione del Natale è la ricetta di cui continuiamo ad avere bisogno per combattere la grave crisi sociale in cui siamo immersi”. “Cresce infatti il numero dei poveri e degli emarginati – ha denunciato –; appaiono nuove forme di povertà che si manifestano in persone, gruppi di persone e anche in regioni sfavorite”. “I sintomi delle gravi crisi che attraversiamo sono molti”, ha aggiunto, citando “la disoccupazione e l'impiego precario”, l'analfabetismo e “una solitudine che cresce”. In questa situazione, il vescovo auspica che questo Natale “tocchi il cuore di tutti i responsabili della conduzione della nostra vita sociale, quelli che appartengono ai quadri dell'amministrazione pubblica centrale e locale e anche quanti rappresentano la società civile organizzata in corpi intermedi”. “Che la buona ed efficace collaborazione di tutti porti la luce di Betlemme a tutte queste persone e alle loro famiglie”, ha concluso. (R.P.)

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    Soddisfazione della Comunità di Sant'Egidio per la nuova risoluzione ONU contro la pena di morte

    ◊   La Comunità di Sant'Egidio saluta con soddisfazione il grande passo avanti alle Nazioni Unite segnato dall'approvazione da parte dell'Assemblea generale della nuova risoluzione per una Moratoria Universale della pena capitale. Una vittoria larghissima del fronte del rifiuto, in ogni circostanza, di una cultura della morte. 106 voti favorevoli, solo 46 contrari e una riduzione e 34 astensioni. Aumentano  i paesi  favorevoli, ancora più numerosi dei 102 dello scorso anno, quando per la prima volta nella storia fu approvata la risoluzione per una Moratoria Universale. E' un passo avanti verso una cultura della vita e per una giustizia che sempre sa rispettare la vita. Conclude un anno straordinario - afferma la Comunità di Sant'Egidio - che si è aperto con l'abolizione della pena capitale in Uzbekistan, che ha visto l'abolizione in Burundi e che in questi giorni vede il Togo unirsi al numero dei paesi abolizionisti. Si conferma un cambiato sentimento del mondo e per una nuova soglia, più alta, di rispetto dei diritti umani. La pena capitale resta un residuo del passato, come a lungo sono stati schiavitù e tortura, poi rifiutati dalla coscienza del mondo. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, pur rispettando il diritto di ogni paese a scegliere gli strumenti più adatti per difendere i propri cittadini e per reprimere il crimine, ha riaffermato che l'abolizione della pena di morte è un obiettivo per l'intera comunità internazionale, che tocca i diritti umani e che come tale è una questione che riguarda la comunità internazionale. Per la Comunità di Sant'Egidio: "E' un passo di civiltà". (R.P.)

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    Appelli e raccolte di firme per sollecitare il negoziato in favore delle due suore rapite in Kenya

    ◊   Tenere alto il livello di attenzione sul rapimento delle Caterina Giraudo e Maria Teresa Olivero, sequestrate il 10 novembre scorso in Kenya da ribelli somali. È questo l’obiettivo dell’appello dalla Commissione regionale missionaria del Piemonte e Val d’Aosta, che denuncia la coltre di silenzio calata sul caso. Le due suore fanno parte del Movimento contemplativo missionario di padre de Foucauld. “A tutt’oggi non si hanno notizie sulla loro condizione di vita, né i sequestratori hanno avanzato particolari modalità di riscatto – commenta al Sir don Mario Bandera, della Commissione regionale missionaria del Piemonte-Val d’Aosta -. Invitiamo pertanto le comunità ecclesiali delle nostre diocesi a pregare per queste due missionarie rapite, a ricordarle nei momenti di preghiera che si succederanno nel periodo natalizio così denso di suggestive celebrazioni liturgiche. Non dimentichiamole!”. “Con loro – afferma il religioso al portale missionario Combonifem - facciamo memoria nelle nostre celebrazioni di tutte quelle persone e situazioni ove la violenza, l’odio, la guerra sono ancora oggi purtroppo una tragica realtà”. L’assenza di informazioni non ferma però l’impegno dei fedeli e della società civile: alcuni gruppi di credenti dell’arcidiocesi di Torino, con il sostegno dell'Ufficio pastorale dei migranti dell’arcidiocesi di Torino, hanno avviato in questi giorni una raccolta di firme su Internet da inviare alla Farnesina, per sollecitare il governo italiano a concludere al più presto il negoziato per la liberazione delle due religiose. Don Fredo Olivero, fratello di Suor Maria Teresa e direttore dell’Ufficio pastorale dei migranti dell’arcidiocesi di Torino, ricorda comunque che le famiglie hanno chiesto il silenzio stampa per evitare ogni possibile interferenza nelle difficili trattative in corso per la liberazione. Stessa richiesta ha fatto la Farnesina agli organi di stampa. Intanto, la raccolta firme, ideata da alcuni amici di don Olivero, ha incassato già più di 3 mila adesioni. Nell’appello si chiede al governo italiano “di fare il massimo sforzo per la liberazione” delle due religiose. Per aderire: www.chiccodisenape.wordpress.com/2008/12/16/liberiamo-maria-e-rinuccia .

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    24 Ore nel Mondo



    Alta tensione tra Israele e Hamas dopo l’annuncio della fine della tregua: sparati due missili dalla Striscia di Gaza

    ◊   Due missili sono stati sparati stamattina dalla Striscia di Gaza nel sud di Israele, dopo l'annuncio da parte di Hamas della fine della tregua. Non sono stati segnalati vittime o danni. Il lancio è avvenuto poco dopo che il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam, aveva ufficializzato la conclusione del cessate-il-fuoco con Israele, durato sei mesi e concordato grazie a una mediazione dell'Egitto. Sui motivi che hanno spinto Hamas a rompere la tregua a Gaza, Giada Aquilino ha intervistato Marcella Emiliani, docente di Storia e Istituzioni del Medio Oriente all’Università di Bologna-Forlì:

    R. – Perché ci sono le elezioni in Israele e Hamas non può perdere questa occasione politica. La tregua non ha avuto effetti sulla politica israeliana nei confronti né di Hamas né di Gaza e, dunque, Hamas approfitta dell’occasione per reimporre il problema, ma non è da sola. Ci sono le organizzazioni che all’interno dell’Olp a suo tempo rifiutarono gli accordi di Oslo, quindi il Fronte popolare di liberazione della Palestina e il Fronte democratico di liberazione della Palestina. Naturalmente poi si è affiancata anche la Jihad islamica. Quindi, c’è tutta quell’ala palestinese che fuori e dentro l’Olp si oppone ad Abu Mazen e ad Al Fatah.

     
    D. – E ci sono collegamenti internazionali soprattutto con l’ala più radicale di Hamas?

     
    R. – La dirigenza è a Damasco. Hamas è collegata con Hezbollah in Libano e con l’Iran, anche se loro stessi stanno molto attenti

     
    Russia-Usa-Nato
    La Russia è pronta a rinunciare ad ''una serie di progetti'' nel settore delle armi strategiche se gli Stati Uniti fermeranno la realizzazione dello scudo antimissile in Europa orientale. L’apertura a nuove concessioni, annunciata dal generale russo Nikolai Solovtsov, arriva a poche ore dall’incontro di oggi a Bruxelles tra il segretario generale della Nato, De Hoop Scheffer, e l’ambasciatore di Mosca presso la Nato Dimitry Rogozin. Si tratta del primo colloquio informale dopo il congelamento delle relazioni diplomatiche dall’attacco russo in Georgia. I 26 membri dell’Alleanza atlantica sono infatti intenzionati a riprendere gradualmente i rapporti con Mosca, dando mandato De Hoop Scheffer di esplorare su quali punti sia possibile lanciare una “road map" per il ripristino delle normali relazioni del Consiglio Nato-Russia.

    Usa Guantanamo
    Il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, ha chiesto ai suoi collaboratori di definire un piano per la chiusura di Guantanamo, il contestato centro di detenzione statunitense a Cuba. Il piano di preparazione, ha spiegato il portavoce Geoff Morrell, "dovrà definire le procedure dettagliate come trasferire altrove i detenuti", ferma restando "l'esigenza di proteggere gli americani da certi individui molto pericolosi". Il progetto, definito una priorità dal presidente eletto Barack Obama, è tuttavia complesso da realizzare. Nella base sono ancora custoditi circa 250 sospetti terroristi, in larghissima parte mai incriminati né rinviati a giudizio.

    Yemen
    Sono stati liberati i tre cittadini tedeschi rapiti nello Yemen domenica scorsa. Si tratta di una donna che lavorava nel Paese arabo per un'organizzazione dell'Onu e i suoi genitori che erano andati a trovarla. I tre sono stati consegnati stamani a funzionari del governo di Berlino, al termine di una mediazione di un dignitario della tribù alla quale appartenevano i rapitori. Al momento non sono state fornite informazioni sull’eventuale pagamento di un riscatto.

    Iraq
    In Iraq prosegue il disimpegno delle forze della coalizione internazionale. La Corea del Sud ha completato oggi il ritiro del proprio contingente che, con oltre 3500 soldati, rappresentava nel 2004 la terza forza militare sul campo dopo Stati Uniti e Regno Unito. Intanto sul terreno sono 24 gli ufficiali arrestati nelle ultime ore, con l’accusa di attività terroristiche, legate al regime di Saddam Hussein.

    Giappone economia
    Gli spettri della crisi economica internazionale incombono sul Giappone. Il governo nipponico prevede una crescita zero per l'esercizio 2009-2010 che inizierà ad aprile. Per la prima volta, negli ultimi sette anni, è atteso anche un aumento della disoccupazione, un calo della produzione industriale e degli investimenti. All’origine di tutto c'è il forte rallentamento dell’esportazione verso Stati Uniti ed Europa. E proprio nel tentativo di rilanciare la crescita della seconda economia mondiale, la banca centrale del Paese asiatico ha annunciato un taglio dei tassi d’interesse di 20 punti base.

    Croazia –Slovenia-Unione Europea
    Le dispute sui confini tra Croazia e Slovenia rischiano di rallentare il processo di adesione di Zagabria all’Unione europea. Il timore è stato espresso oggi dal commissario all'Allargamento, Olli Rehn, al termine della conferenza di accesso Ue-Croazia. Il commissario ha quindi inviato i due governi a relegare la disputa su un piano bilaterale. Anche la presidenza francese in questi mesi ha provato a mediare tra i due Paesi ma la Slovenia ha comunque impedito di aprire diversi capitoli del processo di adesione della Croazia. Lubiana è preoccupata che un'eventuale adesione di Zagabria all’Ue possa pregiudicare la soluzione della controversia sui confini che non è mai stata risolta dal 1991.

    Svezia
    Seconda notte di scontri a Malmoe, in Svezia, fra un centinaio di giovani e la polizia. Gli incidenti sono scaturiti mercoledì sera a seguito dello sgombero di uno stabile occupato in cui era sorto un centro culturale musulmano con annessa moschea. Il centro islamico è stato sfrattato dopo che il legittimo proprietario dell’edificio ha voluto tornarne in possesso.(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 354

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