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Sommario del 11/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienze
  • Presentato il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2009. Annunciata la prossima pubblicazione dell'enciclica sociale del Papa
  • Il ricordo in Vaticano del 60.mo della Dichiarazione universale dei diritti umani. Intervista con Juan Somavia sulla crisi economica mondiale
  • Nel pomeriggio, la Messa degli universitari in San Pietro e il saluto del Papa, che consegnerà agli studenti la Lettera di San Paolo ai Romani
  • Una riflessione su etica e media del cardinale Foley e di mons. Celli al seminario dell'Ucip
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Shock in Gran Bretagna per l’eutanasia in tv. Le opinioni di mons. Carrasco e del prof. Saraceni
  • A 11 anni dal Protocollo di Kyoto resta l'emergenza dei gas serra. Intervista con il prof. Alberto Clò
  • Il mondo ortodosso russo prega per Alessio II, in attesa del prossimo Patriarca che sarà eletto a fine gennaio. Intervista con Luigi Geninazzi
  • Chiesa e Società

  • Sei milioni di rifugiati "dimenticati" in almeno 30 aree di crisi
  • Premio per i diritti umani assegnato dall’Onu alla memoria di suor Dorothy Stang
  • Rapporto dell’Oms/Unicef: oltre duemila bambini muoiono ogni giorno nel mondo per infortuni
  • Martti Ahtisaari, ricevendo il Nobel per la pace, ha invitato a guardare all’Onu per risolvere i problemi globali
  • A Parigi, da oggi a sabato, la IX edizione del Vertice dei Premi Nobel per la pace
  • Giappone: per i vescovi la miseria economica minaccia la pace
  • Anche in Togo decisa l'abolizione della pena di morte
  • Sono una decina i Paesi africani colpiti da epidemie di colera: allarme dell'Oms
  • Africa: premiati i migliori progetti legati all'istruzione
  • Domani si conclude a Quito, in Ecuador, il Simposio internazionale di missionologia
  • Paraguay: i vescovi lanciano la missione continentale permanente
  • Esortazione pastorale per il Natale del cardinale arcivescovo di Guatemala, Quezada Toruño
  • Nuova Zelanda: i vescovi chiedono il rispetto dei diritti degli indigeni
  • Domenica la "Giornata per le nuove chiese" a Roma
  • Mostra paolina dal 13 al 18 dicembre nella Basilica di San Paolo fuori le Mura
  • 24 Ore nel Mondo

  • Strage in un ristorante nei pressi di Kirkuk, nel nord dell’Iraq: almeno 45 i morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienze

    ◊   Benedetto XVi ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, Arcivescovo di Westminster, in Gran Bretagna, e un gruppo di presuli della Conferenza episcopale di Taiwan,in visita ad Limina.

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    Presentato il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2009. Annunciata la prossima pubblicazione dell'enciclica sociale del Papa

    ◊   “Combattere la povertà, costruire la pace” è il titolo del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2009, presentato questa mattina nella Sala Stampa vaticana, alla presenza dei vertici del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il cardinale Renato Raffaele Martino e l'arcivescovo Giampaolo Crepaldi. La sintesi del documento, nel servizio di Sergio Centofanti:

    Il dramma della miseria che calpesta i diritti di centinaia di milioni di persone, favorendo o aggravando i conflitti, “s’impone alla coscienza dell’umanità”. E il Papa invita a combattere la povertà nel mondo per costruire la pace. Ma bisogna percorrere una strada: cambiare “gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono la società”. Non si tratta di un’operazione puramente esteriore: è necessario infatti “abbandonare la mentalità che considera i poveri (…) come un fardello e come fastidiosi importuni che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto”: occorre “guardare ai poveri nella consapevole prospettiva di essere tutti partecipi di un unico progetto divino, quello della vocazione a costituire un’unica famiglia”. Denel resto,“l’avidità e la ristrettezza di orizzonti” creano quei “sistemi ingiusti” che “prima o poi prestano il conto a tutti. Solo la stoltezza - afferma il Papa - può (…) indurre a costruire una casa dorata, ma con attorno il deserto o il degrado”.

     
    Benedetto XVI denuncia “un aumento del divario tra ricchi e poveri”, l’attuale crisi alimentare “caratterizzata non tanto da insufficienza di cibo, quanto da difficoltà di accesso ad esso e da fenomeni speculativi”, “lo scandalo della sproporzione esistente tra i problemi della povertà e le misure” predisposte “per affrontarli” e di fronte a questo “l’accrescimento della spesa militare” che “rischia di accelerare una corsa agli armamenti” provocando “sacche di sottosviluppo e di disperazione”. Inoltre, il divario tecnologico, l’esclusione dai flussi commerciali mondiali e le dinamiche dei prezzi, aumentano ancora di più le distanze tra nord e sud: i Paesi poveri, in particolare quelli africani, soffrono di “una doppia marginalizzazione”: hanno i redditi più bassi e i prezzi dei loro prodotti agricoli e delle loro materie prime crescono meno velocemente dei prodotti industriali dei Paesi ricchi. Il Papa rileva poi “i contraccolpi negativi di un sistema di scambi finanziari (…) basati su una logica di brevissimo termine” che non considera il bene comune ed è pericoloso “per tutti, anche per chi riesce a beneficiarne durante le fasi di euforia finanziaria”.

     
    C’è poi la preoccupazione per le malattie pandemiche come la malaria, la tubercolosi e l’Aids: la comunità internazionale fa ancora troppo poco per combatterle e talora i Paesi colpiti sono obbligati dai “ricatti di chi condiziona gli aiuti economici all’attuazione di politiche contrarie alla vita”. Per quanto riguarda l’Aids, il Papa invita a “farsi carico di campagne che educhino specialmente i giovani a una sessualità rispondente alla dignità della persona; iniziative poste in atto in tal senso - spiega - hanno già dato frutti significativi” facendone diminuire la diffusione. Necessario poi l’accesso alle medicine da parte dei più poveri con “un’applicazione flessibile delle regole internazionali della proprietà intellettuale”.

     
    Il Messaggio, riferendosi a quanti mettono in relazione povertà e sviluppo demografico, lancia una forte critica alle “campagne di riduzione delle nascite, condotte a livello internazionale, anche con metodi non rispettosi né della dignità della donna né del diritto dei coniugi a scegliere responsabilmente il numero dei figli e spesso, cosa anche più grave, non rispettosi neppure del diritto alla vita. Lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà - scrive il Pontefice - costituisce in realtà l’eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani”. Benedetto XVI offre quindi un dato oggettivo: il fatto che negli ultimi anni sono usciti dalla povertà Paesi caratterizzati “da un notevole incremento demografico” affacciandosi “sulla scena internazionale come nuove potenze economiche” realizzando “un rapido sviluppo proprio grazie all’elevato numero dei loro abitanti”. “In altri termini - nota il Papa - la popolazione sta confermandosi come una ricchezza e non come un fattore di povertà”.

     
    Il documento sottolinea poi un dato agghiacciante: quasi la metà dei poveri di tutto il mondo è costituita da bambini. E invita a difendere l’istituto familiare perché “quando la famiglia si indebolisce i danni ricadono inevitabilmente sui bambini”. Così come dove “non è tutelata la dignità della donna e della mamma, a risentirne sono ancora principalmente i figli”.

     
    Cosa fare? La globalizzazione - afferma il Papa - deve essere guidata dalla solidarietà, perché “da sola è incapace di costruire la pace e in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti”. Occorre “lottare contro la criminalità” e “investire nella formazione delle persone” sviluppando “in modo integrato una specifica cultura dell’iniziativa”. Infatti “le politiche marcatamente assistenzialiste” - si precisa - sono “all’origine di molti fallimenti nell’aiuto ai Paesi poveri”. Bisogna dare anche più spazio alla società civile. Ma, in ultima istanza - conclude Benedetto XVI - “la lotta alla povertà ha (…) bisogno di uomini e donne che vivano in profondità la fraternità” scorgendo nei poveri il volto di Cristo.

     
    Molte le domande e molti i temi sollevati dai giornalisti in Sala Stampa Vaticana, al termine della presentazione del Messaggio del Papa. La sintesi nel servizio di Amedeo Lomonaco:

    Presentando il messaggio del Papa, il cardinale Martino ha sottolineato che la disparità tra ricchi e poveri è un problema che si impone alla coscienza dell’umanità, poiché “le condizioni in cui versa un gran numero di persone sono tali da compromettere l’autentico e armonico progresso della comunità mondiale”. A questa disparità - ha fatto notare il cardinale - si aggiungono povertà immateriali:

     
    “Nelle società cosiddette ricche e progredite esistono ampi fenomeni di povertà relazionale, morale e spirituale. Molte persone sono alienate e vivono forme di disagio nonostante il generale benessere economico”.

     
    Sul piano morale la relazione tra povertà e malattie pandemiche non può prescindere da due priorità: la necessità di mettere medicine e cure necessarie a disposizione dei popoli poveri e l’urgenza di approntare campagne di educazione a una sessualità pienamente rispondente alla dignità della persona. Un’altra relazione, quella tra disarmo e sviluppo - ha osservato il porporato - è ricca di implicazioni morali:

     
    “Il Santo Padre invita gli Stati a fare sincera autocritica. Richiesta molto fondata, perché la spesa militare mondiale del 2007 è stata pari a 1339 miliardi di dollari”.

     
    Un altro nodo segnalato dal Santo Padre è quello che riguarda l’attuale crisi alimentare:

     
    “Tale crisi è caratterizzata non da insufficienza di cibo, ma dalla mancanza di un assetto di istituzioni politiche ed economiche in grado di fronteggiare le necessità e le emergenze”.

     
    Per rispondere a queste emergenze occorre riscoprire la legge naturale, quel “codice etico comune” che consente di dare senso al comune impegno per costruire la pace. Applicare correttamente questo codice - ha osservato il cardinale Martino - significa anche saper interpretare l’attuale feonomeno della globalizzazione:

     
    “La marginalizzazione dei poveri del pianeta e le tristi condizioni della loro esistenza possono trovare nella globalizzazione validi strumenti di riscatto solo se ogni uomo sentirà quelle ingiustizie e quelle violazioni dei diritti umani come se fossero subite da lui stesso”.

     
    La presentazione del messaggio del Papa è stata anche l’occasione per affrontare vari temi legati all’attualità. Rispondendo ad un giornalista sulla possibile pubblicazione, in tempi brevi, di una nuova enciclica papale, il cardinale Martino ha affermato:

     
    “Aspettiamo tutti l’enciclica e speriamo che possa essere pubblicata ai primi dell’imminente nuovo anno. Immagino che questi argomenti presenti nel messaggio per la pace, saranno sviluppati ancora con più estensione nella nuova enciclica”.

     
    Un giornalista ha poi chiesto se la battaglia della Chiesa contro il flagello dell’Aids potrebbe essere più credibile riconoscendo l’efficacia sanitaria del preservativo. Mons. Giampaolo Crepaldi ha così risposto:

     
    “In Africa mancano molte cose. Delle volte manca tutto ma non mancano i preservativi. L’esercizio della sessualità non va staccato dalla persona. La sessualità non è un atto meccanico, ma deve essere veramente un’esperienza della persona. Quindi, la grande sfida è quella di sviluppare la persona in tutti i suoi elementi, in tutte le sue componenti”.

     
    E’ stato infine richiesto un ulteriore chiarimento sul progetto di risoluzione per la depenalizzazione dell’omosessualità. Padre Fedrico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ha ricordato la posizione della Chiesa:

     
    “La Chiesa, certamente, è per una depenalizzazione, decriminalizzazione dell’omosessualità: non è per un riconoscere delle leggi penali che considerino, come un crimine, l’omosessualità. Allo stesso tempo, non ritiene che tutti gli orientamenti sessuali vadano esposti esattamente sullo stesso piano, in tutte le situazioni, rispetto a tutte le norme”.

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    Il ricordo in Vaticano del 60.mo della Dichiarazione universale dei diritti umani. Intervista con Juan Somavia sulla crisi economica mondiale

    ◊   “Un altissimo punto di riferimento del dialogo interculturale sulla libertà e sui diritti dell’uomo”: così ieri sera il Papa ha definito la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, a conclusione di un concerto in Aula Paolo VI nell’ambito di un pomeriggio commemorativo dei 60 anni della Carta, organizzato in Vaticano. “Quando viene meno il riconoscimento del diritto alla vita e alla libertà religiosa, anche il rispetto per gli altri diritti vacilla”, ha affermato nel suo intervento il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Il servizio di Paolo Ondarza:
     
    “Un altissimo punto di riferimento del dialogo interculturale sulla libertà e sui diritti dell’uomo”: questo è ancora oggi, secondo Benedetto XVI, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Parlando al termine di una cerimonia commemorativa in Aula Paolo VI il Papa ha ricordato che denominatore comune a tutti gli uomini è la “legge naturale, guida universale che tutti possono conoscere e sulla base della quale tutti possono intendersi”. I diritti fondamentali - ha aggiunto - sono fondati in Dio creatore. Senza questa solida base etica, rimangono fragili perché privi di solido fondamento. Il Santo Padre ha poi notato come oggi, a 60 anni dalla Dichiarazione, ancora molto resti da fare:

    “Centinaia di milioni dei nostri fratelli e sorelle vedono tuttora minacciati i loro diritti alla vita, alla libertà, alla sicurezza. Non sempre è rispettata l’uguaglianza tra tutti, nella dignità di ciascuno, mentre nuove barriere sono innalzate per motivi legati alla razza, alla religione, alle opinioni politiche o ad altre convinzioni”.

    Quindi l’appello:

    “Non cessi, pertanto, il comune impegno a promuovere e meglio definire i diritti dell’uomo e si intensifichi lo sforzo per garantirne il rispetto”.

    “Rispettare i diritti umani” - ha detto aprendo la commemorazione in Vaticano il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone - vuol dire contrastare “quel degrado che in tante nostre società ha interesse a mettere in discussione l’etica della vita e della procreazione, del matrimonio, come dell’educazione, introducendo unicamente una visione individualistica su cui arbitrariamente costruire nuovi diritti non meglio precisati nel contenuto e nella logica giuridica”. Difendere i diritti umani vuol dire non confonderli con semplici e spesso limitati bisogni contingenti.

    “E’ l’universalità della persona il criterio che fornisce ai diritti umani la caratteristica di essere universali, così da evitare applicazioni parziali o visioni relative. La mancata tutela dei diritti umani, che spesso si evidenzia nell’atteggiamento di tante istituzioni, è il frutto della disgregazione dell’unità della persona”.

    Oggi strutture economiche non rispondenti al valore dell’uomo - ha continuato il cardinale Bertone - portano a dimenticare che la cifra della famiglia umana è la solidarietà:

    “Ci si chiede, allora, se non si tratti piuttosto di un abbandono della visione della persona che da soggetto è diventata sempre più un oggetto dell’agire economico, spesso ridotta a rivendicare i soli diritti legati alla sua funzione di consumatore”.

    Tra i diritti - ha detto il porporato ricordando la visione della Chiesa - non esiste una gerarchia. “Tutti si sostengono insieme. Chi è sensibile al tema dei diritti non può disinteressarsi di quello alla vita, né al diritto alla libertà religiosa”:

    “Quando viene meno il riconoscimento del diritto alla vita e del diritto alla libertà religiosa, anche il rispetto degli altri diritti, vacilla”.

    Ma talvolta la libertà religiosa - ha constatato il cardinale Bertone - viene interpretata come libertà di culto o elemento appartenente alla sfera privata, sempre più sostituita da un imprecisato “diritto alla tolleranza”:

    “E’ un dato di tutta evidenza che il fatto religioso abbia un’influenza diretta nello svolgersi della vita e della comunità internazionale. Questo, nonostante si percepiscano sempre di più tendenze che sembrano voler escludere la religione dalla costruzione dell’ordine sociale, pur nel pieno rispetto del pluralismo che contraddistingue la società contemporanea”.

    La Dichiarazione del 1948, ha concluso il cardinale Bertone, è un punto di arrivo, ma anche di partenza: oggi è infatti chiamata a difendere la libertà e le sue regole ma anche ad impedire che esse possano degenerare nella negazione del primato dell’essere umano.

    Nel corso della cerimonia in Vaticano culminata nel concerto diretto dalla musicista spagnola Inma Shara la consegna all’ex presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Cornelio Sommaruga, del premio 2008 alla memoria del cardinale vietnamita, François-Xavier Nguyên Van Thuân.

     
    Tra le personalità internazionali presenti ieri in Aula Paolo VI c’era il direttore generale dell’Ufficio internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, Juan Somavia. La collega della redazione ispanoamericana della nostra emittente, Patricia Jauregui, gli ha chiesto una riflessione sull’attuale crisi economica mondiale, in particolare quanto tempo ci vorrà per arrivare ad una soluzione:
     
    R. - Cuanto nos vamos ...
    Quanto tempo ci metteremo non lo sappiamo. Però, dietro alla crisi ne abbiamo un’altra, una mondializzazione ingiusta, una mondializzazione che ha avuto risultati molto differenti e che ha creato molta disuguaglianza nel mondo, che ha colpito ormai l’ambiente in un modo impressionante. E di conseguenza, il rischio più grande è che tutti si concentrino sul fatto di voler rilanciare l’economia e i consumi e che in due o tre anni ci si illuda dicendo: “Fantastico, abbiamo risolto la crisi”, e che poi, in realtà, si continui a stare come prima. E prima non stavamo bene.

     
    D. - Esiste un nuovo programma per ridurre questa crisi economica da parte dell’Organizzazione internazionale del lavoro?

     
    R. - Mire, nosotros lo que estamos...
    Noi stiamo insistendo perchè i Paesi si concentrino senza dubbio nel rivitalizzare l’economia, facendo, però, in modo che la protezione sociale sia un elemento importante. Approfittiamo, se ci sono da fare degli investimenti, perché vadano in una direzione che protegga l’ambiente. Assicuriamoci che i fondi arrivino alle imprese che realmente creano occupazione. La gente si chiede dove siano i soldi che prestano le banche - ma in realtà le banche non stanno prestando soldi - e si chiede cosia sia successo. Si parla di milioni e milioni di dollari e le persone si chiedono: “Ma quando qualche anno fa chiedevamo cifre inferiori per affrontare la povertà, per l’ambiente, per la sicurezza sociale, allora non c’erano soldi”. Per quanto riguarda questa preoccupazione generalizzata, credo che il compito dell’Organizzazione internazionale del lavoro debba essere orientato verso le necessità, verso quello che la società e la gente sta chiedendo, perché abbiano un’opportunità di lavoro decente. So che la cosa è molto complessa, però bisogna dare questa opportunità. Non si dimentichi che non si risolve la crisi esclusivamente dal punto di vista finanziario o forse con un pò più di crescita. La gente ci chiede di preoccuparci del lato umano.

     
    D. - In un mondo dove il lavoro, che dà dignità alla vita di tutti, scarseggia sempre più, esistono rapide alternative per dare una soluzione al problema...

     
    R. - Inversion en infrastructuras...
    Investimento nelle infrastrutture, investimento nell’ambiente, investimento in tutto ciò che ha a che fare con il lavoro comunitario, in tutto ciò che ha a che fare con la salute. Tutte queste cose sono possibili e creano lavoro.

     
    D. - Nel 2009, l’Organizzazione internazionale del lavoro compie 90 anni di vita. Arriverà mai a sradicare il flagello della disoccupazione?

     
    R. - Esta es una tarea costante…
    Questo è un lavoro costante. Pretendere di dire “è molto facile, non preoccupatevi, aggiusteremo tutto” non è possibile. E’ una questione invece molto complessa, molto difficile, e gli interessi che comandano il mondo non necessariamente sono orientati a risolvere questi problemi. Ma, d’altra parte, la crisi è una opportunità, e la gente si sta rendendo conto che voci come quella dell’Organizzazione internazionale del lavoro, della Dottrina sociale della Chiesa, i valori della Dichiarazione universale dei diritti umani indicano che abbiamo delle alternative, che abbiamo modi differenti di vedere come indirizzare la politica economica, sociale e ambientale e che questi modi diversi di inquadrare il problema sono migliori di quelli attuali.

     
    “I diritti umani esprimono l’unità della creatura umana, della sua aspirazione proiettata contemporaneamente a soddisfare i bisogni essenziali ed a consentire le sue libertà, le sue relazioni, i suoi valori spirituali”: è quanto ribadito ieri dall’arcivescovo Celestino Migliore alla sessione commemorativa dell’Assemblea generale dell’Onu per il 60.mo della Dichiarazione universale i diritti dell’uomo. Questo documento, ha sottolineato l’Osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro, mostra chiaramente che i diritti umani dei quali si chiede applicazione e tutela, “non sono solo un’espressione della dimensione della legalità, ma trovano la loro radice e la loro finalità nell’etica e nella ragione naturale comune a tutti gli uomini”. Mediante quella proclamazione, ha aggiunto, “l’intera famiglia umana ha affermato che il rispetto dei diritti è frutto della giustizia ed è garanzia di pace”.

    Il presule ha, quindi, ricordato l’intervento all’Onu di Benedetto XVI, il 18 aprile scorso. Un discorso nel quale il Papa “ha legato i diritti umani e la loro protezione a due obiettivi fondamentali: la promozione del bene comune e la salvaguardia della libertà umana”. Dall’azione dell’ONU, è stata la sua riflessione, “cogliamo quanto l’idea del bene comune sia condizione essenziale per assumere efficaci decisioni in ordine alla sicurezza, alla cooperazione allo sviluppo, come pure alla speciale azione di carattere umanitario che sempre più l’Organizzazione è chiamata ad attuare di fronte a eventi e situazioni che compromettono gravemente la persona, la sua dignità e quindi i suoi diritti”. La prima violazione dei diritti, ha affermato mons. Migliore, è “la mancanza di condizioni di vita considerate essenziali”. E qui ha spronato la comunità internazionale a far sì che i diritti non siano solo un richiamo retorico.

    Tali diritti, ha rilevato, sono il frutto di gesti responsabili, “necessari in un mondo che dispone di mezzi adeguati, di strutture specializzate per porre fine allo scandalo della fame e della povertà, per garantire una sicurezza che non sia violata e derisa, per salvaguardare la vita in ogni suo momento”. Mons. Migliore non ha mancato di dedicare una parte del suo intervento al diritto alla libertà religiosa, che è “insieme individuale e comunitaria”. Tale libertà, ha aggiunto richiamando la Dichiarazione, “non contrappone la dimensione del cittadino e quella del credente, riconoscendo piuttosto la piena libertà del rapporto tra la persona e il suo Creatore”. (A cura di Alessandro Gisotti)

    E di questo importante anniversario ha parlato stamani anche il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il cardinale Renato Raffaele Martino, ad una sessione di studio dell’Università Europea di Roma, poco prima di presentare nella Sala Stampa della Santa Sede il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2009. La radice e il fondamento dei diritti dell’uomo, ha affermato, è da ricercare nella dignità che appartiene ad ogni essere umano, al di là della mera volontà degli uomini, della realtà statale, dei pubblici poteri, che hanno bensì il compito di riconoscerli, rispettarli, tutelarli e promuoverli. Oltre al fondamento trascendente dei diritti umani, il porporato ne ha posto in rilievo la indivisibilità, ribadendo il diritto alla libertà religiosa come fonte degli altri diritti (alla vita, all’integrità fisica, ai mezzi di sussistenza, alla sicurezza, alla libertà), perché la persona umana nella sua apertura a Dio e nella comunione con Lui realizza e accresce in modo eccelso la sua libertà e responsabilità, ossia quella dignità che è il fondamento stesso dei diritti.

    Inoltre, il diritto allo sviluppo integrale, il diritto all’uso dei beni che risultano essere specificazione del diritto alla vita sono prioritari ad altri diritti, compreso il diritto di proprietà. Ciò vuol dire che la pratica attuazione di questi ultimi non deve contrastare la realizzazione della destinazione universale dei beni e dev’essere una concretizzazione particolare del diritto all’uso dei beni stessi. Il cardinale Martino all’Università Europea di Roma ha anche riaffermato l’universalità dei diritti umani: essi infatti appartengono all’uomo in quanto persona, ad ogni persona e a tutte le persone, uomini o donne, ricchi o peri, sani o ammalati. E ciò che pretendo per me non posso non riconoscerlo a chiunque altro, anche se malato mentale grave o un bambino non ancora nato. La dignità umana non può essere distrutta, quale che sia la condizione di miseria, di disprezzo, di emarginazione, di malattia, a cui un uomo può trovarsi ridotto. L’opzione preferenziale dei poveri, propria della Chiesa, lungi dall’essere un segno di particolarismo o di settarismo, postula e rivendica l’uguaglianza in dignità di tutti gli uomini. (A cura di Paolo Scappucci)

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    Nel pomeriggio, la Messa degli universitari in San Pietro e il saluto del Papa, che consegnerà agli studenti la Lettera di San Paolo ai Romani

    ◊   Il mondo universitario romano è pronto a stringersi, come ormai avviene da un trentennio, attorno al Papa per un momento di preghiera e di riflessione in vista del Natale. Oggi pomeriggio alle 17 - con collegamento in diretta della nostra emittente a partire dalle 16.50 per la zona di Roma - la Basilica di San Pietro si affollerà di studenti per la Messa che sarà presieduta dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Al termine, verso le 18, Benedetto XVI scenderà in Basilica per salutare i giovani e affidare loro uno degli scritti più importanti di San Paolo. Un aspetto, quest'ultimo, sul quale si sofferma mons. Lorenzo Leuzzi, responsabile della Pastorale universitaria del Vicariato di Roma, intervistato da Federico Piana:
     
    R. - Quest’anno l'incontro ha un significato pastorale, perché nell’Anno Paolino il Papa donerà agli studenti universitari e a tutta la comunità universitaria la Lettera di Paolo ai Romani, affidando loro i contenuti che Paolo, duemila anni fa, affidò alla comunità cristiana di Roma. In un certo senso, gli universitari si faranno carico di portare a compimento, di realizzare nella vita - personale e poi comunitaria - gli insegnamenti di Paolo. La sua è una consegna molto esigente, perché Paolo nella sua Lettera ai Romani poneva questioni di grande rilevanza. Mi riferisco, innanzitutto, al tema del Battesimo e alla nuova creazione a cui farà riferimento tutto l’itinerario formativo di questo anno, che è orientato proprio alla riscoperta del Battesimo.

     
    D. - Monsignore, come si può consigliare a questi ragazzi di seguire l’esempio di Paolo?

     
    R. - Oggi, tutti avvertono l’esigenza, innanzitutto guidati da Benedetto XVI, di capire le ragioni della fede, e nella Lettera ai Romani Paolo offre spunti molto importanti per comprendere questo insondabile mistero di Dio, ma soprattutto la gratuità dell’intervento di Dio in Gesù Cristo. E questa credo sia un’esigenza molto forte da parte degli studenti che ritornano, molti di loro, alla fede, all’incontro con la Chiesa dopo tanti anni di abbandono. La vita universitaria è una grande occasione per vivere e rispondere alle domande più importanti e ritengo che la Lettera di Paolo offra questa possibilità. Inoltre, c’è anche il desiderio di essere presenti nella cultura contemporanea ed è evidente che per poter dialogare con essa bisogna essere capaci di portare un contributo specifico. Credo che Paolo, nella sua Lettera ai Romani, offra anche in questa prospettiva delle indicazioni nuove proprio per realizzare ciò che lui ha fatto all’aeropago di Atene, quando parlò del Dio di Gesù Cristo in un contesto certamente non facile. I risultati, apparentemente, non furono immediati ma è un segno che la Chiesa non può non confrontarsi, non essere presente negli ambienti culturali. E noi cercheremo insieme, con tutto il corpo accademico, di dare una testimonianza credibile di come anche oggi il Vangelo sia capace di orientare la cultura contemporanea.

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    Una riflessione su etica e media del cardinale Foley e di mons. Celli al seminario dell'Ucip

    ◊   Nel campo dei media, gli aspetti etici dovrebbero essere parte integrante dei processi decisionali sia per ciò che riguarda le responsabilità professionali, sia per il modo in cui una notizia viene montata e presentata al pubblico. E’ una delle convinzioni espresse dal cardinale John Patrick Foley al Seminario internazionale dell’Ucip, l’Unione cattolica internazionale della stampa, in programma oggi a Roma. “Esiste - ha riconosciuto - un sincero interesse nel promuovere i principi etici” nel settore mediatico “anche tra i membri di altre religioni” e tra “le persone di buona volontà in tutto il mondo”. “Quando il ruolo della religione è negato, il ruolo dell’etica personale e professionale, la vita è compromessa”, ha affermato il porporato con decisione, invitando i giornalisti cattolici a approfondire gli insegnamenti prodotti dal magistero vaticano a partire dal Concilio Vaticano II sui vari microcosmi comunicativi, dalla pubblicità a Internet. L’etica nel giornalismo, ha osservato ancora il cardinale Foley, “non è un'ingerenza della religione nel lavoro professionale, ma una dimostrazione di elevato standard professionale”, che “attira il rispetto dei colleghi e del pubblico”.

    Dunque, ha proseguito sulla falsariga mons. Celli - attuale presidente del dicastero vaticano delle Comunicazioni sociali - bisogna “aiutare quanti lavorano nella stampa ad aspirare ai massimi livelli professionali ed etici”. Spendendo parole di apprezzamento per il lavoro svolto dall’Ucip nel campo dei media, mons. Celli ha ricordato il messaggio di Benedetto XVI per l’ultima Giornata delle comunicazioni sociali, in particolare il richiamo all’“infoetica”, evidenziando come le parole del Papa incoraggino “quanti lavorano nei media a farsi carico delle grandi responsabilità” loro affidate.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina un editoriale del direttore dal titolo “La pace tra diritti umani e povertà”

    Il messaggio di Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2009. Sul tema gli interventi del cardinale Renato Raffaele Martino e Giampaolo Crepaldi, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

    Il discorso del Papa al termine del concerto per il sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Una sintesi dell’intervento del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato

    Nell’informazione internazionale, in primo piano l’intervento dell’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite alla commemorazione per il sessantesimo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

    Nicola Gori intervista l’arcivescovo di Taipei, monsignor John Hung Shan-chuan, presidente della Conferenza episcopale regionale cinese di Taiwan in visita ad limina Apostolorum

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    Oggi in Primo Piano



    Shock in Gran Bretagna per l’eutanasia in tv. Le opinioni di mons. Carrasco e del prof. Saraceni

    ◊   Divampano le polemiche in Gran Bretagna, all’indomani della messa in onda, da parte della rete privata Sky, del suicidio assistito di Craig Ewert, un uomo affetto da sclerosi laterale amiotrofica, praticato in una clinica svizzera. “In che mondo viviamo - si chiede il quotidiano londinese Daily Mail - se la morte di un uomo viene diffusa da una canale televisivo come intrattenimento”. Sulla triste vicenda, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Ignacio Carrasco de Paula, direttore dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica e cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita:

    R. - Direi che ci sono due questioni che sono, mi sembra, un po’ diverse. Uno è il fatto in se stesso tristissimo, che quest’uomo cioè abbia finito la sua vita in questo modo. Poi, il fatto che tutto ciò sia diventato spettacolo.

     
    D. - Viene alla mente il monito di Giovanni Paolo II sulla cultura della morte …

     
    R. - Sì: questo senza dubbio. Ma direi soprattutto che questa spettacolarizzazione è, per me, un fatto gravissimo. Non solo segna una mancanza di etica nell’ambito della comunicazione, ma è anche un segno di confusione, un modo anche di seminare paura e terrore nella gente.

     
    D. - Il nome della clinica svizzera dove è stato praticato questo suicidio assistito è “Dignitas”…

     
    R. - Siamo di fronte a questi giochi di parole, nei quali si vuole nascondere una realtà rendendola quasi un avvenimento. Noi - io lavoro nella Facoltà di medicina al Gemelli - abbiamo in ospedale una lunghissima esperienza con malati affetti da “Sla”. Da noi, la dignità senz’altro ha un senso molto diverso. E’ degno accompagnare, aiutare queste persone fino alla fine. E si tratta di persone che hanno un grande desiderio di vivere e riescono poi anche ad essere di esempio nel modo in cui vivono questa malattia terribile. Direi che è un momento nel quale effettivamente la dignità viene fuori. Già diverse volte sono stato ammirato e stupito di quali livelli possano raggiungere persone che sembrano apparentemente ormai non poter fare più nulla e dimostrano invece una fortezza, un’eccellenza morale straordinaria.

     
    Mons. Carrasco sottolinea dunque l’importanza della relazione dei medici con i malati, specie quando si tratta di patologie incurabili. Concorda il prof. Vittorio Saraceni, presidente dell’Associazione medici cattolici italiani, che, intervistato da Alessandro Gisotti, esprime il suo rammarico per la vicenda del suicidio assistito in tv:

    R. - Questo dramma non può essere né spettacolarizzato né banalizzato. Credo ci sia, al fondo, la paura e il desiderio di esorcizzare questo evento. Però, non è così che lo si affronta. Lo si affronta dando a questo evento il senso umano che ha, e quindi il suo valore antropologico. Credo che l'altra sia la maniera peggiore per affrontare la morte, perché non si può cancellare dalla nostra esperienza.

     
    D. - Al di là dell’evento televisivo, resta la questione di merito: un suicidio assistito…

     
    R. - Sì, resta la questione di merito. Quello che sorprende è tutto questo spazio mediatico che si dà a queste scelte, mentre invece poi passano sotto traccia e in silenzio le scelte eroiche di chi quotidianamente affronta il dolore, la sofferenza, affronta la fragilità, affronta la paura della morte con la consapevolezza, il desiderio tutto umano di vivere fino in fondo questa esperienza. Di queste cose, nessuno ne parla. Conosco tanta gente che ha scelto di vivere, con una condizione di grave malattia e di certezza di un progredire verso la fine della vita ma anche con grande dignità e forza umana. Costoro sono quindi una controtestimonianza assai forte rispetto a eventi che invece purtroppo restano soltanto una testimonianza negativa.

     
    D. - Greg Ewert ha detto che lo ha fatto per dignità: ecco, forse anche qui c’è una errata comprensione del concetto di dignità umana...

     
    R. - Questo è un grande tema sul quale bisognerebbe riflettere. Ci sono degli studi di grandissimo interesse che dimostrano come i pazienti si sentano in una condizione di “indegnità” perché sono guardati in una maniera diversa. Allora, questo dovrebbe indurre noi medici e tutto il personale sanitario a guardare la sofferenza con capacità di accoglienza, perché è soltanto quando noi distogliamo lo sguardo che i pazienti si sentono “indegni”, in quanto avvertono quella distanza, avvertono quello sguardo ostile. La dignità dunque sta, fondamentalmente, anche nella relazione. Forse questo è un passaggio culturale sul quale in passato non abbiamo riflettuto abbastanza. La dignità è un valore oggettivo che hanno tutti, ma si fonda sulla relazione. Allora, dobbiamo essere capaci di instaurare questa relazione. Dentro questa relazione, i pazienti si sentono sempre degni.

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    A 11 anni dal Protocollo di Kyoto resta l'emergenza dei gas serra. Intervista con il prof. Alberto Clò

    ◊   Undici anni fa veniva firmato il protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas serra. Obiettivo principale del documento firmato da 170 Stati è quello della riduzione entro il 2012 del 5% dell’inquinamento atmosferico rispetto al 1990. Oggi e domani, il tema del contrasto alle emissioni nocive viene discusso sia a Bruxelles che a Poznan, dove è in corso la conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici. Qui, il segretario dell’ONU, Ban Ki-moon, ha chiesto che sia l’Unione Europea a dare prova di leadership sulla questione del surriscaldamento climatico. Ad Alberto Clò, docente di economia industriale all’Università di Bologna, Stefano Leszczynski ha chiesto quale bilancio si possa fare oggi sull’applicazione del protocollo di Kyoto:

    R. - I risultati restano assolutamente marginali, nel senso che nel 2030, supposto che sia raggiunto l’obiettivo, la riduzione che si sarà conseguita è pari a nemmeno il 2 per cento delle emissioni. E allora si torna al punto di partenza: o in questa politica vi è il concorso di chi più contribuisce al surriscaldamento - quindi sia Stati Uniti che i grandi Paesi emergenti - oppure l’azione unilaterale dell’Europa è encomiabile dal punto di vista forse etico, ma assolutamente inefficace sul piano dei risultati.

     
    D. - E’ stato obiettato da più parti che i costi potrebbero essere molto alti per delle politiche di in direzione di energie rinnovabili: è effettivamente cosi? E’ questo l’ostacolo?

     
    R. - Il problema è che gli obiettivi sono di per sé molto complessi, tecnicamente complessi e difficili da raggiungere. Però, in una situazione normale ci si potrebbe anche impegnare. Qui non si tiene conto del fatto che sottoscrivere un Trattato nella situazione drammatica della nostra economia risponde più ad un dogmatismo ambientalista che ad un sano pragmatismo.

     
    D. - Negli Stati Uniti, si assiste un po’ ad un punto di svolta: la nuova amministrazione vorrebbe investire in politiche ambientali anche per contrastare la crisi, quindi creare nuova occupazione. Secondo lei, questa è una ricetta applicabile, oltreoceano?

     
    R. - E potrebbe essere una ragione. Diciamo che Obama si è espresso molto chiaramente a favore di una politica di discontinuità rispetto all’amministrazione Bush. Questo non significa, però, che Obama si allinei alla filosofia europea. Certo, se l’amministrazione americana inietta verso questo lo sviluppo delle rinnovabili e nuove tecnologie massicce dotazioni di denaro, penso che l’industria Usa sia in grado di corrispondere. Anche qui però, non illudendosi che con queste politiche si possano estromettere le fonti fossili, che resteranno necessarie nella prossima generazione.

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    Il mondo ortodosso russo prega per Alessio II, in attesa del prossimo Patriarca che sarà eletto a fine gennaio. Intervista con Luigi Geninazzi

    ◊   Il prossimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie sarà eletto nel corso di un Concilio plenario che si terrà il 28 e il 29 gennaio prossimi nella capitale russa. Si tratta di un’accelerazione verso la scelta del successore di Alessio II, scomparso il 5 dicembre scorso, visto che i tempi previsti erano di sei mesi. Da Mosca, ne parla l’inviato speciale del quotidiano Avvenire, Luigi Geninazzi, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Il limite di sei mesi era teorico e nessuno pensava che si sarebbe atteso fino a giugno. Tutti davano invece come data possibile febbraio-marzo: praticamente, dopo le festività del Natale ortodosso che cade il 7 gennaio, e quindi due-tre settimane dopo queste festività, ci sarà l’elezione per la quale è già fissata l’intronizzazione del nuovo Patriarca, il prossimo primo febbraio. Vuol dire che la Chiesa ortodossa non vuole rimanere in una situazione di sede vacante troppo a lungo.

     
    D. - Quali le attese in vista dell’elezione del successore di Alessio II?

     
    R. - L’eredità che lascia è molto grande. Tutti hanno sottolineato, anche durante i solenni funerali dell’altro giorno, che egli è stato l’artefice della rinascita della Chiesa russa: hanno fornito numeri, dati. Chiese che sono passate da 700 a 30 mila, monasteri e così via…

     
    D. - Quali speranze ci sono per il dialogo con i cattolici?

     
    R. - Il dialogo, diciamo la verità, non si è mai interrotto formalmente. Ma c’è stata una ripresa sul piano sostanziale di rapporti molto più cordiali. Questo non vuol dire che i grandi eventi dei quali si parla sulla stampa occidentale avverranno nel giro di pochi mesi dopo l’elezione del nuovo Patriarca: mi riferisco soprattutto allo storico incontro che tutti sperano tra il Patriarca di Mosca e il Papa di Roma. Credo che per questo ci vorrà, secondo me, ancora un po’ di tempo.

     
    D. - Da quello che hai potuto vedere in questi giorni, al funerale, la gente cosa si aspetta? I russi cosa si aspettano dal nuovo Patriarca?

     
    R. - Molti osservatori sono rimasti favorevolmente colpiti da questo afflusso, prima nel rendere omaggio alla salma e poi nel partecipare alle esequie. La gente si è stretta attorno ad Alessio II perché l’ha visto sempre come la sua guida spirituale. Alessio II, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, è stato un punto di riferimento. Quindi, senz’altro è stato una figura molto riconosciuta anche perché, nella tradizione storica della Russia, ha ricuperato quel senso di orgoglio nazionale che, subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, era caduto molto in basso.

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    Chiesa e Società



    Sei milioni di rifugiati "dimenticati" in almeno 30 aree di crisi

    ◊   Sei milioni di persone nel mondo sono ‘intrappolate’ in almeno 30 aree di crisi come rifugiati a lungo termine – ovvero da un minimo di cinque anni fino addirittura a decine di anni - esposti al rischio di carestia e del traffico di esseri umani. Questa la denuncia - di cui riferisce l’agenzia Misna – lanciata da Antonio Guterres, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, precisando che “nel computo non figurano milioni di palestinesi”. Il responsabile Onu ha detto che “l’onere di ospitare queste persone tocca quasi esclusivamente a Paesi in via di sviluppo” e che “la comunità internazionale nel suo insieme non ha fatto abbastanza per condividerne la responsabilità”. “Il problema dei rifugiati a lungo termine ha raggiunto proporzioni enormi. Stipati in insediamenti sovraffollati senza alcuna entrata economica, con ben poco per occupare il loro tempo, queste popolazioni sono colpite da ogni sorta di malattie sociali, dalla prostituzione, agli stupri, alla violenza”, ha sottolineato Guterres, aggiungendo che “nonostante le restrizioni loro imposte, molti tentano di migrare verso le zone urbane o in altri Paesi, mettendosi nelle mani di trafficanti di esseri umani”. Tra le situazioni più gravi, secondo l’Onu, i rifugiati afgani o pakistani in Iran, i musulmani Rohingyas del Myanmar in Bangladesh, gli eritrei nell’est del Sudan, i burundesi in Tanzania, i serbi della Croazia e della Bosnia in Serbia. (R.G.)

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    Premio per i diritti umani assegnato dall’Onu alla memoria di suor Dorothy Stang

    ◊   Per il suo impegno nella difesa dei contadini e della foresta amazzonica in Brasile, l’Onu – riferisce l’agenzia Misna - ha attribuito il Premio per i diritti umani alla memoria di suor Dorothy Stang, missionaria statunitense della congregazione di Notre Dame di Namur, naturalizzata brasiliana, uccisa tre anni fa. Suor Dorothy è tra le sei persone e un’organizzazione scelte per il riconoscimento che le Nazioni Unite assegnano in occasione dell’anniversario della Dichiarazione universale per i diritti umani. Per 30 anni la religiosa, nonostante le ripetute minacce di morte aveva difeso la selva amazzonica dai ‘madeireiros’ (commercianti di legname) ed osteggiato le speculazioni dei latifondisti ai danni dei contadini. Suor Dorothy è stata assassinata il 12 febbraio 2005 ad Anapu, nel Pará occidentale; per l’omicidio è stato condannato l’esecutore reo confesso mentre uno dei mandanti, un latifondista, è stato assolto, nonostante una prima condanna a 30 anni, e si attende il processo per un secondo mandante. Il premio delle Nazioni Unite è stato assegnato anche al dottor Denis Mukwege, cofondatore del Centro ospedaliero di Panzi, a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu nella Repubblica democratica del Congo, dove aiuta le donne vittime della violenza sessuale usata come arma di guerra. Altri premiati sono Louis Arbour ex Alto commissario Onu per i diritti umani, Ramsey Clarke ex procuratore generale degli Stati Uniti, Caroline Gomes fondatrice di un gruppo per la difesa dei diritti umani in Giamaica e Human Rights Watch, l’organizzazione per la difesa dei diritti umani; assegnato alla memoria il premio anche all’ex primo ministro pakistano Benazir Bhutto. (R.G.)

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    Rapporto dell’Oms/Unicef: oltre duemila bambini muoiono ogni giorno nel mondo per infortuni

    ◊   Oltre 2.000 bambini ogni giorno perdono la vita a seguito di infortuni “accidentali” ed almeno la metà potrebbe essere salvata. La denuncia arriva dal primo Rapporto mondiale sulla prevenzione degli infortuni nei minori, lanciato ieri ad Hanoi, in Vietnam. Lo studio elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef è integrato da un Rapporto europeo. Le due ricerche rivelano che gli infortuni sono la prima causa di morte nei bambini oltre i 9 anni, che il 95% delle vittime si trova nei Paesi a basso e medio reddito, e che decine di milioni di minori finiscono ogni anno in ospedale, sovente restando disabili per tutta la vita. Cinque le cause principali di morte e d’infermità per infortunio tra bambini ed adolescenti, in tutto il Pianeta. In cima alla lista nera sono gli incidenti stradali che uccidono ogni anno 260 mila bambini nel mondo e 16 mila e 400 in Europa. Muoiono invece per annegamento oltre 175 mila bambini nel mondo e 5 mila in Europa. Le ustioni uccidono quasi 96 mila bambini nel mondo e 1.700 in Europa. Ancora le cadute uccidono quasi 47 mila bambini nel mondo e 1.500 in Europa. Infine oltre 45.000 bambini muoiono avvelenati nel mondo e 3 mila in Europa. I Rapporti raccomandano misure di prevenzione di provata efficacia, quali cinture di sicurezza e caschi per bambini; regolatori di temperatura per l’acqua calda; attenzione nello svuotare vasche da bagno e secchi; chiusure di sicurezza per contenitori di medicine, prodotti tossici e accendini; piste separate per biciclette e motocicli; sicurezza per i giocattoli, le aree di gioco e gli asili nido; servizi d’emergenza medica e di riabilitazione. In particolare ai sistemi sanitari si chiede di documentare i fatti, raccogliere le prove di ciò che funziona, definire le priorità e stimolare altri settori a tutelare i bambini che “non sono adulti in miniatura”. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Martti Ahtisaari, ricevendo il Nobel per la pace, ha invitato a guardare all’Onu per risolvere i problemi globali

    ◊   Il Premio Nobel per la Pace è stato consegnato ieri ad Oslo all'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari, ricompensato per le sue numerose mediazioni di pace nel mondo da oltre 30 anni. Ahtisaari ha sottolineato con enfasi che le Nazioni Unite costituiscono la giusta cornice per la soluzione di problemi globali, pur riconoscendo le difficoltà dell’Onu per carenza di risorse e di sostegno politico. Ha messo inoltre in evidenza gli effetti deleteri dell’attuale crisi finanziaria mondiale che nuoceranno ai Paesi in via di sviluppo, già colpiti dai mutamenti climatici e dai ridotti aiuti economici internazionali. Il premio Nobel per la pace 2008 ha espresso speranza che il neoeletto presidente americano possa dare priorità alla soluzione del conflitto in Medio Oriente, già nel suo primo anno di mandato, con il doveroso e indispensabile contributo e sostegno di tutti. Nella mia carriera - ha detto Ahtisaari – ho visto molti conflitti dove la religione è stata usata come arma. Le religioni sono di per sé amanti della pace e possono costituire una forza costruttiva nell’edificazione della pace stessa, anche in Medio Oriente. (A cura di Vincenzo Lanza)

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    A Parigi, da oggi a sabato, la IX edizione del Vertice dei Premi Nobel per la pace

    ◊   Parigi accoglie quest’anno il summit dei Premi Nobel per la Pace. La IX edizione si è aperta questa mattina nella grande sala delle feste dell’Hotel de Ville, il palazzo del municipio, con le parole del sindaco Bertrand Delanoe, del copresidente del summit Walter Veltroni e del presidente del summit Mikhail Gorbatchev. Gorbatchev, trattenuto da motivi di salute, ha però inviato soltanto un messaggio di solidarietà ai partecipanti. Nato a Roma, il vertice si svolge quest’anno a Parigi per celebrare il 60mo anniversario della Dichiarazione dei diritti umani. Difendere i diritti dell’Uomo significa innanzitutto un mondo senza violenza e senza guerra: questo il filo conduttore e la sfida del vertice, che durerà fino a sabato. “C’é bisogno di pace in Afghanistan, in Iraq, e c'é quindi bisogno di voi’’ ha detto Delanoe rivolto ai Nobel presenti, Lech Walesa, Mairead Corrigan Maguire, John Hume e Betty Williams. Il sindaco di Parigi ha insistito sulla necessità del “rifiuto della guerra e dello scontro fra civiltà”. Veltroni ha invece aperto il suo intervento con una citazione del celebre discorso contro l’apartheid di Nelson Mandela del 1964, ricordando la battaglia inesauribile che il Premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari da anni, “conduce in nome della libertà e dei diritti del popolo birmano”. Sul palco è poi salita l’ex ostaggio della guerriglia colombiana Ingrid Betancourt, che ha auspicato una prossima edizione del summit proprio in Colombia. “Tra un anno - ha detto la Betancourt - forse tutti i miei compagni ancora incatenati nella giungla saranno liberi”. (Da Parigi: Francesca Pierantozzi)

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    Giappone: per i vescovi la miseria economica minaccia la pace

    ◊   In occasione dei 60 anni della Dichiarazione Onu sui diritti umani, i vescovi del Giappone hanno inviato un Messaggio dal titolo “Rispetto dei diritti umani di tutti”. Nel documento diffuso ieri e ripreso dall’agenzia AsiaNews, i pastori sottolineano l’urgenza di garantire diritti umani per tutti, liberando dalla miseria economica. Criticando “il fondamentalismo di mercato”, la Conferenza episcopale chiede a “individui, imprese e nazioni” di non cercare solo il proprio interesse, garantendo il diritto alla vita di tutti. “Non c’è tempo da perdere”, dicono i vescovi, se si vuole garantire la pace nel mondo. Nell’introduzione si legge che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ”ha adottato la Dichiarazione sui diritti umani dopo aver riflettuto sul grande numero di vite  umane distrutte le due guerre mondiali”. Richiamato l’articolo 1 della Dichiarazione dove si afferma che ”tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti”, i vescovi ne indicano con chiarezza il principio teologico: “Basandoci sulla Bibbia noi crediamo che Dio crea ciascuna persona umana a sua immagine e che la dignità degli essere umani è donata da Dio – non creata dalla società umana, è universale e nessuno può violarla”. Sarebbe disfattismo dire che la Dichiarazione dell’Onu è rimasta lettera morta. Negli ultimi 60 anni ci sono stati sforzi di molte persone per proteggere e promuovere i diritti umani. Ma è un fatto che “l’ineguale distribuzione dei mezzi di sussistenza, e, conseguentemente, l’ineguale distribuzione dei benefici che ne derivano, come afferma Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Sollicitudo rei socialis”, ha ampliato le differenze” tra nazioni ricche e i popoli poveri. I vescovi giapponesi lo riconoscono e identificano la causa di tale situazione in quella ideologia che pervade il mondo moderno e che essi chiamano “fondamentalismo di mercato” impietoso che ha prodotto gravi danni come il deterioramento dell’ambiente e il cambiamento del clima con le conseguenti siccità e inondazioni che hanno ostacolato la produzione di cibo. L'aumento dei prezzi dei generi alimentari e del combustibile, conseguenza delle leggi di un mercato senza anima, ha reso ancora più miserabile la condizione di folle di poveri in tutte le parti del mondo mettendo a repentaglio il diritto fondamentale della loro vita”. I vescovi sottolineano che la crisi non è prima di tutto strutturale, ma morale.  “Ogni offesa dei diritti umani della persona, ricordano citando il pensiero di Giovanni Paolo II, è un offesa contro l’umanità in se stessa”. Ciascuno è responsabile di tutti. (R.P.)

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    Anche in Togo decisa l'abolizione della pena di morte

    ◊   Anche il Togo ha deciso di abolire la pena di morte. Lo riporta l’agenzia Misna che riprende una nota del governo diffusa al termine del Consiglio dei ministri tenutosi ieri sera e nel quale è stata approvata la cancellazione della pena capitale dall’ordinamento giudiziario nazionale. L’abolizione della pena capitale, che in Togo non viene applicata da almeno 30 anni, è contenuta in un progetto di Legge che dovrà ora passare al vaglio del Parlamento. “L’abolizione della pena di morte, considerata come una pena umiliante e degradante e crudele dalla comunità delle Nazioni rispettose dei diritti umani, si è imposta alla coscienza collettiva dei togolesi dopo trent’anni di moratoria” si legge nella nota diffusa dal Consiglio dei ministri di Lomé, nella quale la punizione viene giudicata “irrimediabile” e “incompatibile” con la scelta del paese di dotarsi di “una giustizia che limiti gli errori giudiziari, corregga, educhi e garantisca i diritti inerenti la persona”. Solo qualche settimana fa anche il Burundi aveva cancellato la pena capitale dal proprio ordinamento, unendosi ai molti paesi africani che negli ultimi anni hanno preso decisioni analoghe. Il continente africano ha avuto, inoltre, un ruolo centrale nell’approvazione, lo scorso anno, da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu della moratoria contro la pena di morte. (R.P.)

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    Sono una decina i Paesi africani colpiti da epidemie di colera: allarme dell'Oms

    ◊   Sono una decina i Paesi in Africa interessati da epidemie di colera, oltre allo Zimbabwe dove si riscontrano oltre 15.500 casi e quasi 750 vittime. A lanciare l’allarme è una nota dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), di cui riferisce l’agenzia Misna. Le situazioni più critiche si registrano nella Guinea Bissau con più di 14 mila contagi e 220 morti; nell’Angola, dove la malattia ha fatto registrare da gennaio al 30 novembre scorso quasi 10 mila casi di contagio e 229 decessi; e nel Congo dove a fronte di 201 decessi, nel 2008 si sono registrati oltre 10 mila contagi. In Mozambico, l’epidemia, in corso da alcune settimane, ha causato 22 decessi ed oltre 1200 casi di contagio. Altri focolai limitati di colera sono scoppiati in Sudafrica, Botswana, Malawi e Zambia, tutti Paesi confinanti con lo Zimbabwe, che per ora hanno dichiarato solo pochi casi. (R.G.)

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    Africa: premiati i migliori progetti legati all'istruzione

    ◊   Un programma della televisione etiopica per appassionare i bambini ai valori dei diritti umani e della giustizia, un progetto che insegna agli studenti delle scuole elementari nel Kenya del sud come produrre il miele e un’associazione che promuove l’istruzione di base nei villaggi delle province meridionali dell’Uganda: sono questi i vincitori dei premi panafricani di “Educating Africa”, assegnati alle idee educative più innovative, sostenibili dal punto di vista sociale e capaci di avere un influenza concreta sulle condizioni di vita dei più piccoli cittadini del continente. Promossi – riferisce l’agenzia Misna - da un’Organizzazione non governativa internazionale, i premi di “Insegna a un uomo a pescare”, sono stati istituiti per far conoscere a livello internazionale i numerosi progetti portati avanti nel continente per garantire un’istruzione ai bambini. “Istruzione e formazione possono aiutare l’Africa ad avere un futuro” ha detto consegnando i riconoscimenti il responsabile dell’associazione “Insegna a un uomo a pescare”, specificando che in Africa si stima siano quasi 50 milioni i bambini che non hanno mai frequentato la scuola o l’abbiano fatto solo per pochissimo tempo. (R.P.)

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    Domani si conclude a Quito, in Ecuador, il Simposio internazionale di missionologia

    ◊   A Quito, Ecuador, si chiudono domani i lavori del III Simposio internazionale di missionologia, che si erano aperti lo scorso 8 dicembre con la partecipazione di vescovi giunti da 11 Nazioni latinoamericane e di direttori delle Opere missionarie. Lo scopo principale dell’incontro è quello di organizzare operativamente le conclusioni del recente Terzo Congresso americano missionario (CAM3) che si è celebrato sempre a Quito dal 12 al 17 agosto scorso. In questo contesto i partecipanti hanno approfondito diversi aspetti delle conclusioni del Congresso americano ma anche dell’ottavo Congresso latinoamericano (Comla8) che si è svolto in contemporanea quasi quattro mesi fa. Padre Eugenio Scalpellini direttore nazionale delle missioni in Bolivia parlando sull’importanza dell’evento ricorda “che segue due precedenti simposi che si sono svolti prima del Congresso americano con lo scopo di arricchire il percorso missionario tramite l’integrazione di molte riflessioni raccolte in tutte le Nazioni della regione”. Per la stessa ragione, ha aggiunto padre Scalpellini, nell’incontro si “sta dando molta importanza ai piani pastorali che le diverse Conferenze episcopali hanno elaborato in risposta alla sfida missionaria lanciata sia in Aparecida nel maggio 2007 sia nel Terzo congresso americano”. Infine, ha precisato il sacerdote delegato della Bolivia, “daremmo molta importanza alla dimensione che assicura che questa Missione continentale è un impegno permanente, costante e non accetta pause o tregue. Dichiararsi in stato di missione non può essere un compito limitato nel tempo. L’annuncio del Vangelo è per sempre”. Come diceva Benedetto XVI il 12 agosto scorso nel suo Messaggio al Congresso: "l’ora presente è un'occasione provvidenziale affinché, con semplicità, purezza di cuore e fedeltà, si possa tutti ritornare ad ascoltare, come Cristo ci ricorda, che non siamo servi bensì amici. Lui ci insegna a restare nel suo amore senza accomodarci ai dettati di questo mondo. Non dobbiamo essere sordi alle sue parole. Da lui dobbiamo imparare. Dobbiamo imitare il suo stile di vita. In questo modo, con la nostra intera vita e con la gioia di sapere che Gesù ci ama e perciò possiamo chiamarlo fratello, saremo strumenti validi perché Lui possa continuare attirare tutti con la misericordia che sgorga dalla croce”. (A cura di Luis Badilla)

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    Paraguay: i vescovi lanciano la missione continentale permanente

    ◊   Durante il pellegrinaggio nazionale del Paraguay al Santuario della Madonna di Caacupé, lo scorso 8 dicembre, i vescovi del Paese hanno pubblicato una dichiarazione con cui danno l’avvio ufficiale alla “Missione continentale”, sottolineando con le parole dell’arcivescovo della capitale, Asunción, mons. Pastor Cuquejo il “suo carattere permanente”. “Si tratta di rinforzare - si legge nel documento - la dimensione missionaria della Chiesa in ogni angolo del nostro Paese. Ciò implica la decisione di ripercorrere tutti assieme un itinerario di conversione che ci porti ad essere autentici discepoli e missionari di Gesú”. Spiegando l’espressione “stato permanente di missione”, i presuli del Paraguay sottolineano la necessità di capire che occorre “grande disponibilità da parte di tutti per ripensare e riformare molte delle attuali strutture pastorali avendo come principio costitutivo la spiritualità della comunione e il coraggio missionario. In tal senso - aggiungono - la questione principale è la conversione delle persone”. Dall’altra i vescovi nel ricordare le molte aspettative che l’impegno pastorale ha suscitato tra i fedeli, poiché “vissuto come un momento di grazia particolare” rilevano che questa Missione coincide pienamente con quanto scritto nelle “Linee comuni dell’azione pastorale” che l’Episcopato ha deciso tempo fa. Due vescovi, mons. Juan Bautista Gavilán, di Coronel Oviedo e presidente della Commissione episcopale per la pastorale e mons. Edmundo Valenzuela Mellid, Vicario Apostólico del Chaco e presidente della Commissione episcopale per l’animazione missionaria, saranno i responsabili del coordinamento di tutti gli aspetti e meccanismi utili “per l’accompagnamento della Missione” che, tra l’altro, è già in corso da diversi mesi in quasi tutte le diocesi del Paese. In questo grande compito la Chiesa in Paraguay, divisa in 15 circoscrizioni ecclesiastiche, conta sulla guida di oltre 20 vescovi e sul lavoro di più di 1.000 sacerdoti (religiosi e diocesani), 133 diaconi permanenti e 2.158 religiose. Il centro dell’animazione missionaria sono le 355 parrocchie disperse in tutto il territorio nazionale. Mons. Pastor Cuquejo, parlando con alcuni giornalisti, ha definito la Missione “un compito entusiasmante” che servirà per “rinnovare la vita ecclesiale, i programmi e le strutture pastorali” senza timori di “proclamare la fede in Cristo a tutti, apertamente, pubblicamente” e quindi “annunciando le sue verità a ogni uomo e ogni cuore”. (L.B.)

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    Esortazione pastorale per il Natale del cardinale arcivescovo di Guatemala, Quezada Toruño

    ◊   Il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, arcivescovo di Guatemala, ha pubblicato una Esortazione pastorale in occasione dell’Avvento e del Natale al fine di offrire alcune riflessioni che aiutino i fedeli a vivere questo tempo liturgico. Il cardinale ricorda in primo luogo, di celebrare cristianamente il Natale. “Non è possibile - afferma l’arcivescovo – ridurre questa festività ad un’occasione di acquisti straordinari, ad uno scambio di regali, ad una festa di bambini o ad un semplice pretesto per celebrazioni profane”. Proprio per evitare questo pericolo, ogni giorno “i veri cristiani devono concepire il tempo di Avvento come una strada spirituale verso il Natale senza lasciarsi imprigionare dal clima consumistico dell’epoca”. Inoltre “il centro insostituibile ed unico delle nostre celebrazioni natalizie deve essere Cristo”. Su questa strada bisogna farsi accompagnare dalla mano di Maria, di San Giovanni Battista e del Profeta Isaia. Infatti “l’Avvento è il tempo privilegiato per onorare Maria, la Madre di Gesù; Maria è unita in un legame indissolubile all’opera salvifica del suo Figlio”. Ella è “il modello supremo dell’attesa del Signore”. Nella sua Esortazione l’arcivescovo si riferisce a due espressioni della pietà popolare guatemalteca: “las posadas” e “i presepi”. “Sono convinto che queste due tradizioni del tempo natalizio ci permettono una buona preparazione per il Natale, a patto che si realizzino con vero spirito di pietà”. Il porporato chiede anche di celebrare un Natale di pace, rinnovando “il nostro sincero proposito di continuare a creare, con i nostri atteggiamenti, la civiltà dell’amore cristiano” Sono molte le situazioni che non permettono di vivere in pace, ricorda il cardinale, e queste sono dovute ad una “profonda mancanza di rispetto della dignità della persona umana, che si manifesta nella violenza smisurata che tutti soffriamo: il crimine organizzato, il narcotraffico, il contrabbando, l’impunità, la crisi finanziaria internazionale ed i suoi effetti nella fragile economia nazionale”. “Tuttavia - continua il testo ripreso dall’agenzia Fides - tutti dobbiamo denunciare questa violenza come un male inaccettabile ed indegno dell’essere umano. Dobbiamo convincerci che solo sradicandola da ognuno di noi, dal nostro cuore e dalle nostre relazioni interpersonali, dalle nostre famiglie, dai nostri quartieri e colonie, dalle nostre città e Paesi, potremo incominciare a vivere in pace”. (R.P.)

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    Nuova Zelanda: i vescovi chiedono il rispetto dei diritti degli indigeni

    ◊   Nella giornata odierna, dove si è ricordata la pubblicazione della Dichiarazione Universale dei diritti umani, i vescovi della Nuova Zelanda hanno riproposto all'attenzione dei fedeli e dell'opinione pubblica la situazione degli indigeni. I vescovi - riferisce l'agenzia Apic - hanno chiesto al governo di ratificare la Dichiarazione dell'Onu sui diritti degli autoctoni. I 370 milioni di indigeni nel mondo, rilevano i vescovi neozelandesi "da secoli sono espropriati ed esposti alla violenza". La Nuova Zelanda, per parte sua, deve fare tutti "gli sforzi per la pace e la riconciliazione" tra le diverse etnie della popolazione. Anche la Conferenza episcopale australiana ha criticato la differenza di trattamento riservata in Australia agli aborigeni e agli immigrati. Nel rispetto della giustizia, annotano i vescovi, sarebbe necessario che gli aborigeni "non vengano trattati come stranieri nel proprio paese". (A.M.)

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    Domenica la "Giornata per le nuove chiese" a Roma

    ◊   “Sappiamo tutti che tra le speranze della nostra gente, soprattutto dei giovani, c’è quella di poter disporre di una casa in vista della formazione di una nuova famiglia. Questa attesa è accompagnata da fatica, preoccupazioni e tanti sacrifici, e per molte persone, dalla consapevolezza di trovarsi di fronte a difficoltà insormontabili. Lo stesso problema è avvertito nei nuovi quartieri per la costruzione della «casa comune», la chiesa parrocchiale”: lo scrive il cardinale Vicario del Papa per Roma, Agostino Vallini nel messaggio ai fedeli - ripreso dall'agenzia Sir - per la “Giornata di sensibilizzazione e sostegno per le nuove chiese” che verrà celebrata domenica 14 dicembre. In particolare la giornata sarà dedicata alla ricostruita parrocchia dei Santi Mario e Compagni Martiri alla Romanina, distrutta l’anno scorso da un incendio. Il vescovo incaricato dell’edilizia di culto nella diocesi di Roma, mons. Ernesto Mandara, ha ricordato la posa della prima pietra il 30 novembre della nuova chiesa in località Tor Pagnotta, dedicata a San Carlo Borromeo. Tra il 2009 e il 2010 dovrebbero sorgere in diocesi di Roma 8 nuove chiese, mentre altre 8 sono in via di progettazione e altre 7 attendono il progetto. (R.P.)

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    Mostra paolina dal 13 al 18 dicembre nella Basilica di San Paolo fuori le Mura

    ◊   Le tavole sulla vita e l’opera di San Paolo realizzate dallo scultore Alessandro Romano per il volume d’arte “Paulus”, edito in occasione dell’Anno Paolino dalla casa editrice Vydia, saranno esposte dal 13 al 18 dicembre nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. La mostra, che si colloca fra gli eventi culturali delle celebrazioni per il bimillenario dell’Apostolo, sarà allestita nella sala Barbo (all’interno della zona espositiva della Basilica accessibile dal Chiostro) e comprende i due studi in bianco e nero dei Santi Pietro e Paolo e le 23 tavole a colori evocative della straordinaria vicenda di San Paolo che costituiscono il corredo iconografico del libro d’arte; esposto anch’esso e sulla cui copertina vi è un bassorilievo originale dell’artista che rievoca la folgorazione di Saulo sulla via di Damasco. Alessandro Romano è uno dei più rappresentativi esponenti dell’arte contemporanea italiana. Autore di grandi sculture di significato storico (tra le quali lo “Scudo di Achille” acquistato dalla galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma per il palazzo del Quirinale, residenza del Presidente della Repubblica) e di impegno civile (ricordiamo il monumento ai giudici Falcone e Borsellino eretto nella città di Caltanissetta), ha molto lavorato anche su tematiche sacre. Tra le ultime sue opere, quattro statue di santi poste nel porticato della Basilica di San Pietro in Vaticano. Il volume “Paulus” unisce all’importante corredo iconografico le Epistole Paoline e gli Atti degli Apostoli nella nuova traduzione della Conferenza Episcopale Italiana, una Introduzione dello storico delle Idee Vincenzo Cappelletti, che traccia un profilo teoretico del pensiero paolino, e commenti tematici ai singoli testi del biblista mons. Fortunato Frezza. La prefazione è del cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura e promotore dell’Anno Paolino; mentre non mancano in apertura del volume le prime Omelie di Benedetto XVI sull’Apostolo, in onore del quale avrebbe poi indetto le celebrazioni per il bimillenario della sua nascita. Il cardinale di Montezemolo interverrà, la mattina di mercoledì’ 17 dicembre nella sala Barbo, alla presentazione del volume a cui presenzieranno lo scultore Alessandro Romano, il prof. Cappelletti, mons. Frezza, e i responsabili della “Vydia Edizioni d’arte” e delle Arti Grafiche Marchesi che lo hanno realizzato. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Strage in un ristorante nei pressi di Kirkuk, nel nord dell’Iraq: almeno 45 i morti

    ◊   Sanguinosa strage oggi in un ristorante nel nord dell'Iraq: almeno 45 i morti e oltre 70 i feriti. L’attentatore suicida si è fatto saltare in aria in un ristorante curdo situato a circa 10-15 chilometri a nord di Kirkuk, città etnicamente mista dove, secondo la polizia, vi sono tensioni fra arabi, curdi e turcomanni. La strage ha colpito la città irachena durante il “ponte” seguito alla festività di Eid al-Adha, o Festa del Sacrificio. Intanto un alto ufficiale della Difesa di Londra fa sapere che inizierà a marzo 2009 e si concluderà entro il mese di giugno successivo il ritiro delle truppe in Iraq da parte della Gran Bretagna. Alla Bbc e ad altri media britannici l’ufficiale ha detto che il comando verrà passato agli americani e non agli iracheni. Il via libera al ritiro britannico giunge dopo mesi di discussioni tra Usa e Regno Unito e probabilmente otterrà il sigillo ufficiale del premier Gordon Brown, con conseguente annuncio pubblico, all'inizio dell'anno nuovo.

    Mumbai
    Confermato il fermo dell’unico terrorista arrestato tra i responsabili degli attentati a Mumbai, mentre aumenta il numero degli estremisti islamici di cui l'India chiede l’estradizione al Pakistan. Il servizio di Federica Andolfi:

    Resterà agli arresti fino al 24 dicembre Mohammed Kasab. Non è ancora nota la data in cui verrà ascoltato dai giudici, ma sono 12 i capi d’accusa per l’unico terrorista sopravvissuto tra quelli che, due settimane fa, hanno assaltato Mumbai: dall'omicidio alla guerra contro la nazione, dal possesso di esplosivo a quello di armi. Fino ad ora l’uomo è stato ascoltato dai magistrati solo per l'omicidio, compiuto insieme ad altri terroristi, di sei poliziotti. Per ragioni di sicurezza, Kasab non è stato ancora portato in tribunale, come da prassi, ma i magistrati lo hanno sentito per un quarto d'ora stamattina in una località segreta dove il terrorista è sotto custodia della polizia perché si teme per la sua vita. Intanto giunge a quota 40 il numero degli estremisti islamici di cui l'India ha chiesto l’estradizione al Pakistan, perché ritenuti corresponsabili delle stragi di Mumbai. L’elenco aggiornato è già oggetto di un nuovo braccio di ferro tra i due Paesi vicini. Islamabad ha ribadito di non avere alcuna intenzione di consegnare i latitanti e di voler giudicare eventuali responsabili secondo l'ordinamento pachistano. Parlando dinanzi al parlamento di New Delhi, il ministro degli Esteri ha comunque escluso che un'azione militare contro il Paese vicino possa costituire una soluzione alle tensioni esistenti. Il ministro dell’Interno indiano, da parte sua, ha annunciato nuove misure di sicurezza nel Paese, tra le quali l'istituzione di 20 centri di anti terrorismo e una speciale scuola per la polizia.

     
    Iran
    Il ministero degli Esteri iraniano ha convocato l'ambasciatore francese in Iran in segno di protesta per le dichiarazioni del presidente Sarkozy. Il premier francese, alcuni giorni fa, ha dichiarato impossibile discutere direttamente con il suo collega iraniano. L'ambasciatore convocato a Teheran, ha riferito la televisione iraniana, è stato messo “in guardia sulle conseguenze nelle relazioni tra i due Paesi se responsabili francesi ripeteranno tali dichiarazioni sventate”.

    Grecia
    Tafferugli e scaramucce sono proseguiti in nottata fra giovani manifestanti e la polizia nei dintorni del Politecnico, nel centro di Atene, per il sesto giorno consecutivo dopo la morte, sabato, di un ragazzo di 15 anni ucciso da un poliziotto. La magistratura greca ieri sera ha formalmente incriminato con l'accusa di omicidio volontario Epaminondas Korkoneas, 37 anni, il poliziotto che ha ucciso lo studente quindicenne. Un suo collega è stato incriminato per “complicità”. Stamane, si sono registrati incidenti davanti al carcere di massima sicurezza di Korydallos, fuori Atene, tra giovani che hanno lanciato bombe molotov e pietre e gli agenti che hanno risposto con candelotti lacrimogeni. Il sindaco di Korydallos ha criticato l'eccesso di risposta della polizia.

    Trattato Ue
    L'Irlanda è pronta ad assumersi l'impegno di procedere alla ratifica del Trattato di Lisbona prima della scadenza dell'attuale Commissione, cioè novembre 2009. È quanto sembra prevedere la nuova bozza di conclusioni del Consiglio europeo che questo pomeriggio i capi di Stato e di governo troveranno sul tavolo del vertice. L'Irlanda si assume questo impegno in cambio di quello degli altri partner Ue a fare proprie le preoccupazioni irlandesi sulla necessità di garantire la neutralità di Dublino e di non interferire né con il suo diritto di famiglia né con il sistema di tasse dirette. Inoltre, i 26 concordano sulla richiesta irlandese di mantenere una Commissione europea composta da 27 membri. Il Consiglio europeo si preannuncia serrato soprattutto per il negoziato riguardante il pacchetto-clima ed energia ma sono in primo piano anche la discussione per uscire dalla impasse sul Trattato di Lisbona e il via libera al pacchetto Ue per contrastare la crisi economica.

    Peggiorano fortemente i conti pubblici in Eurolandia
    I conti pubblici dei paesi membri di Eurolandia sono in “forte deterioramento” e “vi è il rischio di un ulteriore peggioramento”. Lo scrive la Banca centrale europea nel suo bollettino mensile, citando le previsioni d'autunno della Commissione europea, che prevedono che Francia, Irlanda e Malta quest'anno superino il limite del 3% per il rapporto deficit/Pil, e che i primi due continuino a sforare il limite posto dal Patto di stabilità anche nel 2009. Secondo la Bce “il deterioramento delle prospettive di bilancio è causato dal peggioramento del contesto macroeconomico, nonchè da riduzioni delle imposte in alcuni Paesi”. Per la Bce è “cruciale” mantenere la disciplina di bilancio nel medio termine, anche se i Paesi "virtuosi", nell'ambito della flessibilità consentita da Patto di stabilità e dal Trattato di Nizza, possono scegliere politiche di bilancio espansive: “Gli stabilizzatori automatici sono relativamente ampi nell'area dell'euro e rappresentano un valido strumento di sostegno fiscale a un'economia in rallentamento”. Per i Paesi con i conti pubblici in regola, un'esortazione: “In presenza di margini di manovra, le misure di bilancio aggiuntive potrebbero operare con efficacia se attuate in modo tempestivo, mirato e temporaneo”.

    Usa: la Camera approva l'aiuto di 15 miliardi per i colossi dell’auto
    La Camera dei rappresentanti americana ha approvato con 237 voti favorevoli e 170 contrari il progetto di legge che autorizza fino a 15 miliardi di dollari ai tre colossi in crisi dell'auto, General Motors, Chrysler e Ford. Il piano di salvataggio deve ora affrontare il passaggio al Senato, dove rischia di incontrare una forte opposizione da parte della minoranza repubblicana. Da New York il servizio di Elena Molinari:

    Detroit dovrà aspettare un’altra settimana per il salvagente del Congresso, ma anche se il pacchetto di aiuti per l’industria dell’auto arriverà al traguardo, si sospettano tempi duri per le tre grandi case del motore Usa. La misura “salva automobili”, in discussione a Washington, continua infatti a scontrarsi con la resistenza di un gruppo di legislatori repubblicani, convinti che l’unico modo di spingere General Motors, Ford e Chrysler alla produttività, è di lasciarli finire in bancarotta. Comunque vada a finire, una volta ricevuto il pacchetto da 14 miliardi di dollari, le case dell’auto dovranno mettere mano alle forbici. La legge impone loro, infatti, di presentare, entro il 31 marzo, un piano di ristrutturazione ad uno “Zar dell’auto” che il presidente dovrà nominare. Prevede dunque una riduzione del costo del lavoro, ma anche tagli di posti e rivoluzioni nella struttura manageriale.

     
    Sudafrica
    Il Sudafrica ha dichiarato la sua regione settentrionale, confinante con lo Zimbabwe, “zona di catastrofe”, a causa della diffusione dell'epidemia di colera. Lo ha reso noto un responsabile del governo provinciale, spiegando che "questo permetterà di aggirare la burocrazia e rispondere più rapidamente ai bisogni".

    Pirateria nel Golfo di Aden
    Sono stati rilasciati 17 marittimi filippini sequestrati sul cargo greco il 21 settembre scorso dai pirati al largo delle coste della Somalia. Ma ad oggi continuano ad essere oltre 90 i marittimi di nazionalità filippina tenuti in ostaggio sulle diverse imbarcazioni sequestrate dai pirati nel Golfo di Aden. Delle ultime ore è la notizia che i pirati hanno catturato anche due pescherecci yemeniti con 22 marinai a bordo. Intanto, il governo tedesco ha deciso di destinare fino a 1.400 uomini e una fregata alla Eunavfor Atalanta, la missione navale militare dell'Ue contro la pirateria nelle acque antistanti al Corno d'Africa. Il Parlamento tedesco dovrà pronunciarsi sulla decisione il prossimo 19 dicembre.

    Somalia
    È arrivato oggi a Mogadiscio il leader moderato islamico somalo. Il ritorno di Sheikh Sharif Ahmed avviene dopo due anni e rappresenta un piccolo segnale di speranza in un Paese dilaniato dai conflitti e su cui grava l'incognita dell'annunciato ritiro delle truppe etiopiche alla fine di quest'anno. Intanto un’organizzazione per la difesa dei diritti umani ha calcolato in 16.210 il numero dei civili morti dall'inizio dell'anno scorso quando il governo di transizione, con l'appoggio delle truppe etiopiche, cacciò le corti islamiche. La speranza è che la presenza di Ahmed Sharif, che aveva firmato un accordo quadro negoziale col governo somalo sotto l'egida dell'Onu, mai realmente decollato, possa contribuire a far diminuire la violenza.

    Disarmo
    La Russia ha iniziato il ritiro di quasi 900 carri dalla regione di Kaliningrad, una piccola enclave tra Polonia e Lituania con accesso al Mar Baltico. È quanto ha annunciato ieri sera il capo di stato maggiore russo, generale Nikolai Makarov, precisando che il ridispiegamento, attuato via mare, è cominciato a gennaio. Makarov ha sottolineato che la Russia dimostra così di non avere disegni offensivi o aggressivi ed ha aggiunto che Mosca resta contraria all'allargamento a Est della Nato, che può rappresentare “un grave pericolo per la Russia”.

    Nucleare
    Si sono conclusi a Pechino i colloqui a sei sul disarmo nucleare della Corea del Nord, apparentemente senza aver prodotto risultati. Il capo della delegazione americana ai colloqui, Christopher Hill, si è recato all'aeroporto internazionale di Pechino subito dopo la conclusione dell'ultima riunione, senza incontrare la stampa. In precedenza Hill aveva affermato che sarebbe stato difficile trovare un accordo a causa della “rigida” posizione della Corea del Nord, che si rifiuta di firmare un documento nel quale si dovrebbero specificare le modalità delle ispezioni internazionali ai suoi siti nucleari. La Corea del Nord ha condotto nel 2006 il suo primo e unico esperimento atomico. Nel 2007, ha firmato con gli altri partecipanti ai colloqui un accordo in base al quale accetta di smantellare le sue installazioni atomiche in cambio di massicci aiuti per la sua disastrata economia. Pyongyang ha già messo fuori uso il suo reattore nucleare di Yongbyon e ha ottenuto di essere cancellata dagli Usa dalla lista dei paesi fiancheggiatori del terrorismo. Ai colloqui partecipano le due Coree, gli Usa, la Cina, il Giappone e la Russia. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 346
     
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