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Sommario del 04/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi cileni: portiamo Cristo a tutti con entusiasmo nonostante ostacoli e difficoltà
  • Nomine
  • Giornata di studio in Vaticano su "Culture e religioni in dialogo". Tra i relatori, il cardinale Tauran e mons. Ravasi
  • Il cardinale Bertone all'inaugurazione della cappella restaurata dell'ambasciata italiana presso la Santa Sede
  • Mons. Marchetto: turismo religioso e pellegrinaggi aiutano i cristiani perseguitati
  • Il 10 dicembre in Vaticano la solenne celebrazione del 60.mo della Dichiarazione universale dei diritti umani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Emergenza colera in Zimbabwe: oltre 500 morti
  • Dopo il no del Granduca Henry alla Legge sull’eutanasia il Lussemburgo vuole cambiare la Costituzione
  • Convegno a Roma sui diritti dei detenuti
  • Avvenire compie 40 anni: intervista con il direttore Dino Boffo
  • Chiesa e Società

  • Dalla Torre sulla depenalizzazione dell'omosessualità: "polemiche inconsistenti"
  • In tutta l’India manifestazioni di solidarietà alle vittime degli attentati
  • Al via in Orissa una missione di pace formata da indù e cristiani
  • Trattato sulle cluster bomb: per le Chiese cristiane chi non firma tradisce l'umanità
  • "Un Pianeta in movimento" secondo il Rapporto 2008 sulle migrazioni
  • Dai Paesi sviluppati risposte spesso tardive ai cambiamenti climatici
  • Filippine: conclusa a Mindanao la settimana per la pace
  • Indonesia: messaggio natalizio congiunto di cattolici e protestanti
  • Spagna: i vescovi condannano l'assassinio dell'Eta
  • Cuba: nuovi segni di speranza dopo la beatificazione di fra Olallo
  • Argentina: incontro dei vescovi con il presidente Kirchner
  • All'assemblea dei vescovi svizzeri: Congo, media e relazioni Stato-Chiesa
  • In Svizzera incontro tra la Conferenza episcopale e la Federazione delle Chiese protestanti
  • Conferenza a Tripoli sulle religioni in Africa
  • Senegal: riunione di vescovi di quattro Paesi sui mali nella regione
  • Terra Santa: a Betlemme accesa la prima candela d'Avvento
  • Cardinale Danneels: "l'incontro di Taizè risponde alla vocazione europea di Bruxelles"
  • Presentato a Roma il congresso promosso dai salesiani “Sistema preventivo e diritti umani”
  • In un convegno a Roma il contributo della Chiesa croata al Concilio
  • A Rimini la Conferenza nazionale animatori del Rinnovamento nello Spirito
  • Domani il cardinale Sepe consegnerà il Premio “Napoli città di pace”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Pakistan: sì alla collaborazione per gli attentati di Mumbai
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi cileni: portiamo Cristo a tutti con entusiasmo nonostante ostacoli e difficoltà

    ◊   Forti della propria fede, i cristiani portino la speranza del Vangelo in ogni ambito della società: è l’esortazione di Benedetto XVI nel discorso ai vescovi del Cile, ricevuti stamani in Vaticano, in occasione della visita “ad Limina”. Il Papa ha messo l’accento sulle grandi sfide per la Chiesa cilena: da un rinnovato impegno missionario alla formazione umana e spirituale dei giovani, all’aiuto dei più deboli. L’indirizzo di omaggio al Papa è stato rivolto dal presidente dell’episcopato cileno mons. Alejandro Goic Karmelic, vescovo di Rancagua. Ma torniamo al discorso di Benedetto XVI con il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    Todos los sectores de la sociedad…
    “Tutti i settori della società possono essere illuminati dalla luce della fede”: ne è convinto Benedetto XVI, che nel discorso ai presuli cileni indica alcuni ambiti della vita in cui è necessario l’impegno dei fedeli: il mondo della cultura, della scienza e della politica. E ancora, “la promozione della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, la creazione di condizioni di lavoro più giuste, l’aiuto dei più svantaggiati”, la difesa dell’ambiente, della vita umana “in tutte le fasi della sua esistenza”. Infine, il diritto e dovere dei genitori all’educazione morale e spirituale dei propri figli. Certamente, ha rilevato, “le difficoltà e gli ostacoli sono molti”, ma confidando nella promessa del Signore di essere con noi fino alla fine del mondo, possiamo affrontare con entusiasmo il grande compito di portare Cristo a tutti gli uomini, con lo stesso ardore degli Apostoli.

     
    Por eso, os invito a cultivar una intensa…
    “Per questo – ha affermato – vi invito a coltivare un’intensa vita interiore e di fede profonda”, giacché nella relazione intima con il Maestro nella preghiera “maturano le migliori iniziative pastorali per rispondere alle necessità spirituali del popolo”. Partendo da Dio, ha detto ancora, “potremo arrivare ai nostri fratelli con una parola efficace di speranza”. Il Papa si è quindi soffermato sulle sfide lanciate dalla Conferenza di Aparecida alla Chiesa del Cile e raccolte dai vescovi negli Orientamenti pastorali per i prossimi quattro anni:

     
    Con ellas pretendéis suscitar en todos…
    Con questi Orientamenti, ha rilevato, si vuole suscitare in tutti i fedeli “la gioia di seguire Cristo, così come una maggiore coscienza missionaria che permetta a tutta la comunità ecclesiale cilena di affrontare con autentico entusiasmo le sfide del momento presente”. Questa “grande impresa evangelizzatrice”, è l’esortazione del Pontefice, esige da tutti “uno sforzo particolare di purificazione e amore”. E sottolinea che “l’uomo di oggi sente urgente la necessità di esempi di vita veramente evangelici e coerenti”.

     
    Por eso la santitad de todos los miembros de la Iglesia…
    “Per questo – ha affermato il Santo Padre – la santità di tutti i membri della Chiesa, e specialmente dei suoi pastori, è uno dei doni più preziosi che possono essere offerti” ai fedeli. E ha messo l’accento sulla “meravigliosa testimonianza” di tanti Santi e Beati cileni che rappresentano un patrimonio “non solo per la Chiesa cattolica, ma per tutta la società cilena”. Il Papa non manca di rivolgere un pensiero speciale ai sacerdoti, invitando i vescovi ad essergli vicino nei momenti di difficoltà. E ad aiutarli a dare sempre la priorità alla preghiera e alla celebrazione dell’Eucaristia che li conforma a Gesù Cristo. D’altro canto, Benedetto XVI esorta i presuli a non cessare i propri sforzi per migliorare la qualità della formazione umana, intellettuale e spirituale dei seminaristi.
     
    Además, es necesario potenciar la dimensión vocacional...
    “Al tempo stesso – ha aggiunto – è necessario potenziare la dimensione vocazionale della vita cristiana nella pastorale con i giovani, mediante un adeguato accompagnamento spirituale che permetta loro di rispondere con generosità alla chiamata di Gesù”. Ed esorta i vescovi cileni a continuare ad offrire ai laici un’educazione adeguata nella fede e a favorire un contatto più assiduo con la Parola di Dio. Il Papa chiede inoltre di impegnarsi attivamente nell’attività caritativa in favore dei più poveri. “In effetti – ha ricordato – nell’esempio della prima comunità di discepoli” dobbiamo far sì che la Chiesa, come famiglia di Dio, “sia un luogo di aiuto reciproco”. Infine, l’esortazione ai vescovi affinché coltivino lo spirito di comunione con il Successore di Pietro e all’interno della Conferenza episcopale.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sangmélima (Camerun), presentata da mons. Raphaël Marie Ze, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Christophe Zoa, finora vescovo titolare di Ilta e Ausiliare dell’Arcidiocesi di Yaoundé.

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    Giornata di studio in Vaticano su "Culture e religioni in dialogo". Tra i relatori, il cardinale Tauran e mons. Ravasi

    ◊   “Culture e religioni in dialogo” è il titolo di una Giornata di studio promossa oggi in Vaticano dai Pontifici Consigli della Cultura e del Dialogo Interreligioso, alla presenza dei due capi dicastero - l’arcivescovo Gianfranco Ravasi e il cardinale Jean-Louis Tauran - e di note personalità internazionali del mondo culturale e religioso. L’incontro, che si concluderà nel pomeriggio, è imperniato su un confronto sul tema del dialogo considerato tanto dal punto di vista cristiano quanto da approcci estranei alla fede, come quello proposto questa mattina dal prof. Salvatore Natoli, docente di Filosofia teoretica all’Università di Milano-Bicocca. A seguire l’avvenimento, c’era Alessandro De Carolis:

    Sono il dialogo e l’ecumenismo i “luoghi” dove si costruisce l’Europa del terzo millennio. Un’Europa, quella attuale, molto diversa da quella di secoli or sono perché caratterizzata da un accentuato nomadismo di popoli - e quindi di culture e religioni diverse - nella quale pure se il cristianesimo “non è più un evento fondatore” dell’attività sociale e istituzionale, come poteva accadere millennio fa, spinge comunque gli europei a vivere, ha detto, secondo “un umanesimo di origine cristiana”. E’ questa, in estrema sintesi, la posizione espressa dal cardinale Jean-Louis Tauran, nel suo intervento d’apertura alla Giornata di studio promossa dai dicasteri vaticani della Cultura e del Dialogo Interreligioso. In questo scenario di progressiva, inarrestabile interpenetrazione culturale, ha affermato il cardinale Tauran:

     
    “Il cristianesimo rimane, lungo la storia, un’iniziativa e una fonte. Il cristianesimo non è una morale, non è un insieme di dogmi, ma è questo messaggio vivo di un Dio che ci parla e dell’uomo che risponde e che trova in questo dialogo l’ispirazione per i suoi impegni quotidiani”.

     
    Mons. Gianfranco Ravasi si è soffermato sul plurale di “culture” e di “religioni” così come imposto al titolo della Giornata. Sulle culture, ha osservato, è legittimo parlarne al plurale oggi in Europa, perché si sta recuperando ciò che fin dall’antichità greci e latini avevano già: non solo cultura sotto l’aspetto speculativo-razionale - e in fondo elitario come poi verrà a cristallizzarsi nel Settecento - ma nel senso più ampio di "paideia", di "humanitas", che attiene - ha detto - “alla formazione integrale dell’uomo”. Per mettere dunque in dialogo culture e religioni, ha proseguito, si possono seguire tre piste. Prima, la lotta contro gli estremismi: il fondamentalismo che soffoca, da un lato, e il sincretismo che dissolve le specificità, dall’altro. Secondo, la lotta contro la “smemoratezza”:

     
    “Soprattutto la nostra civiltà occidentale si è sempre di più progressivamente stinta, e forse anche estinta, alla fine, nel suo succo profondo. Ecco allora, ritrovare la grande eredità, il grande patrimonio culturale e religioso vuol dire alla fine essere capaci di presentarci davanti, per esempio, ad un islam che ha una forte identità, una forte consapevolezza del suo patrimonio culturale, e da lì continuare il dialogo. Da ultimo, io direi, una delle tante strade possibili è sicuramente quella del ritrovare quella base comune e radicale che ci unisce: una moralità di fondo che purtroppo ai nostri giorni è stata spenta e sostituita dalla amoralità, cioè da una indifferenza che alla fine costituisce quasi l’unico comportamento: si procede come in una nebbia, non ci sono più le grandi luci del Bene e del Male, della giustizia e dell’ingiustizia, del vero e del falso”.

     
    Il filosofo Salvatore Natoli, dell’Università Milano-Bicocca, ha presentato una sua visione laica del dialogo tra le culture intese, nella loro essenzialità, come “forme di vita”, esperienze esistenziali. Poiché, come dimostra la ricerca scientifica più avanzata, l’uomo è organicamente strutturato per essere in relazione - come dimostrano i “neuroni a specchio”, cellule neuronali specializzate nell’interazione - non sono tanto dogmi o le culture, ha sostenuto il prof. Natoli, ad aprirci verso gli altri, quanto una naturale predisposizione dell’uomo di essere affine ai suoi simili, qualsiasi siano le loro provenienze. Ed è questa affinità, ha ribadito, che deve essere “valorizzata” in vista di una mutua cooperazione al bene comune.

     
    Tuttavia, aveva osservato in precedenza mons. Ravasi, sono gli uomini di fede a essere oggi uno stimolo per le coscienze proprio verso le grandi questioni o i grandi valori dell’esistenza, in un tempo in cui l’uomo ha smesso di interrogarsi e dunque di avere una direzione:

     
    “Da una parte, abbiamo l’ateismo che è in crisi: quello drammatico, coerente e cosciente, che vive sapendo che i cieli sono del tutto spogli e tuttavia si deve avere lo stesso avere una norma di vita per poter coesistere con gli altri. Ai nostri giorni, abbiamo invece un ateismo che è fatto di indifferenza, di superficialità, di banalità: è quasi una sorta di ‘gioco di società’ il negare Dio. Dall’altra parte, però, abbiamo una situazione analoga anche per il credente: abbiamo una fede che sta sempre di più diventando fluida, inconsistente, oppure di una vaga spiritualità e devozionalismo, che non giunge invece ai temi penultimi e ultimi che sono fondanti. Penultimi, perché sono quelli dell’impegno nella società: nell’amore, nella carità, nella giustizia. E ultimi perché sono quelli di Dio, della verità ultima, della vita, della morte e oltre la morte. Questa è la vera grande fede, la vera grande religiosità”.

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    Il cardinale Bertone all'inaugurazione della cappella restaurata dell'ambasciata italiana presso la Santa Sede

    ◊   San Carlo Borromeo come “modello di impegno serio nel servire la Chiesa e il bene comune” e “di un amore che si fa tutto a tutti senza lasciarsi condizionare dalle difficoltà”. Questo il cuore dell’omelia tenuta, ieri pomeriggio, dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, durante la cerimonia per la fine del restauro della Cappella dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede. Cappella dedicata, appunto, al Santo e arcivescovo di Milano. Il cardinale Bertone ha anche ricordato la prossima visita del Papa all’ambasciata, il 13 dicembre, segno della stima e della collaborazione tra Santa sede e Italia ed ha poi invocato la protezione per il popolo italiano segnato, come la comunità mondiale, da una grave crisi economica. Il servizio è di Gabriella Ceraso.

    Fu un esempio di diplomatico fine ed illuminato, di pastore santo e zelante, già cardinale a 22 anni, Carlo Borromeo visse con lo zio Papa Pio IV nel palazzo ora sede diplomatica, finchè la morte improvvisa del fratello provocò in lui una spinta a Dio e la rinuncia radicale del mondo. Da qui l’ordinazione sacerdotale e la scelta, una volta vescovo, del suo motto, "humilitas", che oggi torna inciso sulla tappezzeria di color rosso che arricchisce le pareti della cappella a lui dedicata. Ripercorre la storia dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Bertone, per evidenziare quanto possa essere di modello per tutti ad un impegno serio nel servire la Chiesa e il bene comune. Il suo è lo stile del buon pastore, spiega il porporato, che conosce e condivide tutto di chi è a lui affidato, che esercita la virtù della carità sostegno ai bisognosi, ma anche coraggio di fare i cambiamenti necessari per incidere positivamente nella società e nelle istituzioni.

     
    Il buon pastore sul modello di Cristo è anche colui che dà la vita per i suoi discepoli, aggiunge il cardinale Bertone, come San Carlo che, scoppiata la peste a Milano, si dedicò totalmente alla comunità fino ad ammalarsi e morire. Come non cogliere in questo, conclude il cardinale Bertone, un invito alla responsabilità che appartiene a ogni persona investita di un'autorità, cosicchè faccia lo stesso, ami cioè i propri collaboratori e le persone con cui viene in contatto dando valore a ciascuno, trattando cioè l’uomo come un fine. E’ questa, afferma il cardinale Bertone, la sola base su cui una società può funzionare veramente, l’unico cammino che conduca alla solidarietà vera.

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    Mons. Marchetto: turismo religioso e pellegrinaggi aiutano i cristiani perseguitati

    ◊   Il turismo religioso e i pellegrinaggi possono aiutare i cristiani perseguitati. E’ quanto in sintesi ha affermato l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, incontrando stamani, all’Università romana di Tor Vergata, gli studenti di un Master in Economia e Management delle attività turistiche e culturali. Il presule ha svolto il suo intervento sul tema “La Chiesa e il turismo religioso”. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    Mons. Marchetto ha rilevato che “purtroppo … in alcune nazioni vi sono chiese o cappelle o affreschi a carattere religioso, d’interesse storico e artistico, che sono vietati al pubblico per carenza di personale e mezzi o per disposizione delle autorità civili. La pressione ‘turistica’ può rivelarsi quindi un’opportunità per farli aprire e tutelare, con beneficio spirituale ed economico dei residenti”. Si è fatto quindi “portavoce dell’accorata invocazione che … giunge di frequente da tanti fratelli e sorelle, che vivono in Paesi dove non possono svolgere, come vorrebbero, il loro servizio pastorale o si trovano in situazione di estrema difficoltà a causa dell’intolleranza religiosa, sfociata recentemente anche in violenti fatti di sangue. Essi ci chiedono implicitamente di visitarli per sostenere le loro comunità di fede”.

     
    Mons. Marchetto ha poi distinto turismo religioso e pellegrinaggio chiedendo agli operatori di evitare la “turistificazione” dei luoghi sacri. Compito della comunità ecclesiale è quello di accogliere quanti visitano questi luoghi, magari senza credere, testimoniando l’amore di Dio. “Il turismo religioso – ha aggiunto - è destinato a crescere, indipendentemente dalla difficile situazione economica attuale che penalizza i consumi di fascia bassa. A livello universale, secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2007 vi sono stati 330 milioni di viaggiatori verso luoghi della fede, e nella sola Italia 40 milioni. Inoltre è stato rilevato che i pellegrini in senso stretto ai luoghi religiosi costituiscono il 53% dei visitatori, mentre un bacino di utenza molto più vasto di viaggiatori vi si reca per motivi culturali o anche solo per curiosità”. “Non svendiamo i santi – ha proseguito il presule - cioè il nostro patrimonio culturale… promuoviamo piuttosto il patrimonio religioso in modo intelligente e coerente”. Infatti – ha concluso mons. Marchetto – “c’è un ritorno al senso della bellezza che può condurre a Dio”.

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    Il 10 dicembre in Vaticano la solenne celebrazione del 60.mo della Dichiarazione universale dei diritti umani

    ◊   “I diritti dell’uomo sono espressione dell’eminente e inviolabile dignità di ogni persona umana e manifestano la sua vocazione unica e irripetibile, al di là di qualsiasi differenza e ogni possibile discriminazione. La Dichiarazione universale del 1948, che ha sancito ed elencato tali diritti, costituisce una pietra miliare della civiltà umana, ribadendo che il progresso dell’umanità non si misura solo coll’avanzamento della scienza, della tecnica e dell’economia, ma anche e soprattutto col primato dei valori spirituali e col progresso della vita morale”. Lo afferma in una nota il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sottolineando che “riaffermare questi principi e questi valori costituisce l’intento principale della solenne celebrazione” che la Santa Sede promuove nel pomeriggio del prossimo 10 dicembre, alla presenza di Benedetto XVI, “per ricordare e onorare il 60.mo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo stilata dalle Nazioni Unite, il 10 dicembre del 1948, all’indomani della fine del secondo disastroso conflitto mondiale”. Secondo quanto già preannunciato nell’apposita conferenza organizzata dalla Sala Stampa della Santa Sede il 13 novembre scorso, la celebrazione si articolerà in un Atto commemorativo di riflessione e di studio, con discorsi tra gli altri del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, e del direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, Juan Somavia, alla presenza attesa del presidente italiano Giorgio Napolitano e del principe e gran maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, fra’ Matthew Festing. All’Atto commemorativo seguirà, presente Benedetto XVI, un concerto di musiche classiche eseguite dalla Brandenburghisches Staatsorchester di Francoforte, diretta dal maestro Inma Shara, spagnola, prima donna a dirigere un complesso sinfonico in Vaticano. Poco prima del concerto avrà luogo l’assegnazione dei premi attribuiti per il 2008 dalla Fondazione San Matteo in memoria del cardinale Van Thuan a cinque personalità e istituzioni particolarmente distintesi nel campo dell’impegno sociale e per la pace. Il concerto è sponsorizzato congiuntamente dalla predetta Fondazione San Matteo e dalla ditta svizzera di orologi Vacheron-Constantin Company.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla 48.ma Conferenza internazionale sull’educazione dell’Unesco

    Sulla Conferenza di Doha un articolo di Leonardo Becchetti dal titolo “Un’occasione mancata”

    La vera forma di rappresentanza è la testimonianza: in cultura, ampi stralci dalla prolusione del cardinale Tarcisio Bertone, a Venezia, in occasione del Dies academicus dello Studium generale Marcianum e dell’inaugurazione della Facoltà di Diritto canonico San Pio X

    Il liberalismo nega se stesso al di fuori del cristianesimo: l’intervento del cardinale Camillo Ruini alla presentazione - oggi a Roma - del libro di Marcello Pera “Perché dobbiamo dirci cristiani”

    Una riflessione di Lucetta Scaraffia sul concetto di dialogo interculturale secondo il pensiero di Benedetto XVI

    Stralci dal saggio di Manlio Sodi contenuto ne “Il metodo teologico. Tradizione, innovazione, comunione in Cristo”, primo volume della collana “Itineraria” proposta dalla Pontificia Academia Theologica

    Nell’informazione religiosa, un articolo di Gianluca Biccini dal titolo “In Terra Santa le vocazioni fioriscono nelle scuole”: la testimonianza del patriarca di Gerusalemme dei Latini, Sua Beatitudine Fouad Twal, in questi giorni a Roma per i lavori della Consulta mondiale dell’Ordine del Santo Sepolcro

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    Oggi in Primo Piano



    Emergenza colera in Zimbabwe: oltre 500 morti

    ◊   Lo Zimbabwe ha proclamato lo stato di emergenza nazionale a causa dell'epidemia di colera che ha provocato finora più di 560 morti e il contagio di oltre12.500 persone. Il ministro della sanità ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale per far fronte alla crisi. A rendere particolarmente drammatica la situazione è il mancato funzionamento della maggior parte degli ospedali e l’insufficiente somministrazione di acqua potabile. La zona più colpita è quella della capitale Harare. Diverse equipe di Medici Senza Frontiere stanno intanto operando nel Paese. Quale la loro azione? Debora Donnini lo ha chiesto ad Andrea Pontiroli dell’organismo umanitario:
     
    R. - Le nostre equipe stanno collaborando con il ministro della salute per curare le persone colpite dal colera; non abbiamo dati precisi, però le nostre equipe continuano a spostarsi nel Paese ogni volta che vengono allertate sulla presenza di nuovi casi, continuano a trovare piccoli focolai in molte parti del Paese.

     
    D. – A che cosa è dovuta quest’epidemia?

     
    R. – Il colera ha origine in maniera classica, laddove ci sono delle condizioni igieniche scarse e un sovraffollamento di popolazione. Lo Zimbabwe ha già da diversi anni questa combinazione tra disoccupazione dilagante, inflazione alle stelle, carenza di cibo e instabilità politica, e in generale una grande povertà sono tutte concause di questo problema.

     
    D. – Le vostre equipe che lavorano nel Paese, che tipo di cure forniscono alla popolazione?

     
    R. – Le nostre equipe lavorano negli ospedali e nei centri di salute - laddove questi ci sono – altrimenti mettono in piedi questi centri di trattamento del colera, dove i pazienti vengono isolati, per evitare la diffusione della malattia, e vengono curati. Poi la cura è abbastanza semplice: bisogna semplicemente reidratare le persone ed assicurarsi che bevano acqua potabilizzata. Abbiamo messo in piedi o preso in gestione diversi centri di trattamento del colera, dove continuiamo a curare centinaia se non migliaia di persone, a seconda della località.

     
    D. – Quindi con cure adeguate il colera non porta alla morte?

     
    R. – Il colera, con cure adeguate, non porta alla morte; purtroppo, se vengono prese in ritardo, le persone colpite dal colera possono morire.

     
    La disastrosa situazione umanitaria dello Zimbabwe s’innesta su un’altrettanto catastrofica situazione politica ed economica. Con un tasso d’inflazione annuo di 213 milioni per cento il sistema monetario di questo Paese africano è giunto al collasso e a nulla valgono le manovre della Banca centrale di Harare che ha appena coniato nuovi biglietti da 100 milioni di dollari locali. Ma quali sono gli elementi che possono determinare tali fenomeni d’iperinflazione e come si contrastano? Stefano Leszczynski lo ha chiesto all’economista Giacomo Vaciago:
     
    R. – Tipicamente, perdere una guerra o gravi crisi sociali, che si pensa di superare stampando moneta e quindi ci si può illudere che questo sia un modo per risolvere i problemi del Paese. Ovviamente non è vero e quindi, man mano che si stampa moneta, i prezzi salgono, fino a prendere una dinamica, appunto, accelerata che rappresenta, poi, la fine del sistema monetario.

     
    D. – E’ possibile che, da questa situazione, si riesca a tornare ad un sistema florido? E’ un processo molto lungo?

     
    R. – Chiaramente, il problema richiede un compromesso sociale tra le principali forze politiche, richiede il reinserimento di una democrazia elementare, almeno accettare che si vada a votare per scegliere un governo. Allora, alcune di queste regole fondamentali del vivere civile, vanno ripristinate.

     
    D. – Lascia perplessi la decisione del governatore della Banca centrale dello Zimbabwe di assicurare alla popolazione più liquidità per le feste natalizie. Questo è l’obiettivo delle nuove banconote da 100 milioni di dollari zimbabwani?

     
    R. – Aggiungere “zeri”, non risolve nessun problema. La gente ha bisogno di “carta” per fare la spesa ma, fondamentalmente, questo significa che nell’economia le regole del buon mercato non ci sono. Quindi, l’intera economia funziona come un’economia di baratto, scambi pezzi di carta pensando che dentro ci sia però un chilo di carne, un litro di latte.

     
    D. – Cos’è che garantisce il valore della moneta?

     
    R. – Lo garantisce la forza economica del Paese. Alla fine, la moneta di un Paese è il termometro di quanto vale quel Paese, non più le riserve che aveva la Banca centrale. E’ chiaro che all’interno del Paese, il valore della moneta è misurato dal suo potere d’acquisto, quanti beni la massaia porta a casa con quelle banconote quando le spende nei negozi.

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    Dopo il no del Granduca Henry alla Legge sull’eutanasia il Lussemburgo vuole cambiare la Costituzione

    ◊   Crisi istituzionale nel Lussemburgo dopo il rifiuto espresso lunedì scorso dal Granduca Henry di firmare, per ragioni di coscienza, la legge sulla legalizzazione dell’eutanasia nel piccolo Regno nel cuore dell’Europa. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Terremoto nei vertici istituzionali del Lussemburgo dopo il ‘no’ del Granduca Henry, cattolico, a sottoscrivere il testo che se approvato dal Parlamento, in seconda lettura entro dicembre renderà legale l’eutanasia. Per ovviare al rifiuto del Granduca di legittimare il provvedimento, come previsto dalla Costituzione del piccolo Stato retto da una Monarchia costituzionale, il premier Jean-Claude Junker ha proposto di emendare la Costituzione, cosicché il sovrano perda il suo potere di veto. Il premier Junker, leader dei cristiano sociali, si era opposto anche lui alla legge sull’eutanasia, quando in prima lettura nel febbraio scorso, aveva spaccato la Camera con 30 voti a favore contro 26. Dopo una fase di attesa e serrate consultazioni, il premier – che pure aveva parlato della questione con il Papa nell’udienza in Vaticano nel marzo scorso – ha voluto così rispettare – a suo dire - la volontà del sovrano e pure gli interessi del Paese. La modifica costituzionale dovrà ottenere il consenso di due terzi del Parlamento. Il Lussemburgo abitato da 480 mila abitanti, per l’85 per cento cattolici, sarà il terzo Paese europeo dopo Belgio ed Olanda a depenalizzare l’eutanasia per i malati terminali, con gravi sofferenze fisiche e psichiche e senza prospettive di miglioramento, con l’assistenza di almeno due medici e di un gruppo di esperti. Il Granduca Henry, 50 anni, da otto sul trono del Lussemburgo, sposato con Maria Teresa sua compagna universitaria, padre di 5 figli, non ha dunque ceduto alle pressioni del Parlamento, confortato dalla fede, come mette in luce l’arcivescovo del Lussemburgo, mons. Fernand Frank, al microfono di Hèlene Destombes:

    R. - Il Granduca, secondo la sua coscienza, non ha potuto firmare questa legge, e questo non si è mai avverato, è la prima volta; il Granduca ha dimostrato in tal modo di essere un uomo con dei principi, che agisce secondo la propria coscienza - la coscienza dei cristiani - e credo che quella che il Granduca ha dato è una grande testimonianza. Il primo ministro ha proposto una modifica della Costituzione: secondo l’articolo 34 della Costituzione, il Granduca sanziona e promulga le leggi. Adesso la modifica consisterà nell’eliminare questo passaggio. E’ stato un sollievo, così la crisi istituzionale è stata evitata; pensate, un piccolo Paese in un periodo di crisi finanziaria che avrebbe potuto avere in più una crisi istituzionale.

     
    D. - Come avete reagito riguardo a questo gesto molto forte del Granduca, che cosa significa?

     
    R. - Per la prima volta il Granduca si è confrontato con questo problema; cioè, ci sono delle leggi sull’economia, sul traffico… ma qui si tratta di una legge che mette in gioco la vita umana.

     
    D. - Com’è stato vissuto tutto questo dibattito su questa legge che legalizza l’eutanasia in alcune condizioni?

     
    R. – Noi, come Chiesa, ci opponiamo; la Chiesa spera che la dignità umana venga rispettata e che si possa morire nella vera dignità, stringendo la mano ad una persona, e non morendo per mano di una persona.

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    Convegno a Roma sui diritti dei detenuti

    ◊   “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.” Così recita la Costituzione italiana. Ma quanto, in realtà, l'esecuzione penale riesce oggi ad attuare questi fondamentali principi? Quanta sofferenza aggiungono alla giusta limitazione della libertà, ad esempio, le condizioni di vita in un carcere sovraffollato? Di tutto questo si è parlato al convegno: “I diritti dei detenuti e la Costituzione” tenuto nei giorni scorsi a Roma per iniziativa del Seat, il Coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario. Sulle preoccupazioni e le proposte emerse Adriana Masotti ha intervistato Elisabetta Laganà, presidente del Coordinamento:

    R. – In un momento in cui i concetti tipo “tolleranza zero”, “carcere per tutto e per tutti” sembrano essere all’ordine del giorno, noi abbiamo voluto esprimere la nostra voce in controtendenza che non è una negazione dei reati, perchè nessuno dice: “Non ci deve essere la pena”, piuttosto noi vogliamo discutere sulla modalità di dare risposta.

     
    D. – I diritti dei detenuti, quindi, quali sono? Gli esempi che ci può fare di mancato rispetto di questi diritti?

     
    R. – E’ chiaro che già il sovraffollamento è una lesione del diritto a cui seguono il diritto alla salute, il diritto anche a ricevere ciò di cui il detenuto ha bisogno, partendo proprio da cose molto semplici che sono il sapone necessario per pulire la cella, il vestiario, un vitto decente: sono pochissimi gli euro destinati all’alimentazione. Quindi, tutti questi aspetti concorrono al fatto che la carcerazione non solo sia la privazione della libertà come dovrebbe essere, esiste il di più che ha a che fare con l’organizzazione penitenziaria in sé.

     
    D. – Si discute, in questo periodo, di una misura nuova: la messa in prova di lavori socialmente utili, da fare in alternativa alla pena carceraria. Voi come vedete queste proposte?

     
    R. – Noi sosteniamo ed apprezziamo questa linea. E’ davvero una proposta coraggiosa per sperimentare forme diverse dalla carcerazione.

     
    D. – Si diceva il sovraffollamento. Qualcuno propone la creazione di nuovi istituti, altri dicono che, a causare questo sovraffollamento, è la forte presenza di detenuti extra-comunitari, quindi propongono l’espulsione nei loro confronti. Su questo, lei, che cosa può dire?

     
    R. – Gli accordi, con i Paesi da cui provengono i soggetti extra-comunitari, sono troppo pochi, attualmente, per ritenere questa misura come una misura efficace per deflazionare gli istituti e il dipartimento lo sa. Sul discorso delle nuove carceri, è un problema grossissimo, nel senso che, per costruire un nuovo carcere, ci vogliono molti anni. Il dipartimento diceva che forse, nel prossimo anno, saranno disponibili poco più di due mila posti in più. Considerando che, nel ritmo delle carcerazioni si va tra le 1000-1200 unità al mese, è chiaro che quando saranno liberi questi posti, saremo già ad un livello altissimo.

     
    D. – Forse, è opinione abbastanza diffusa che in carcere, tutto sommato, si sta anche bene. Quindi si conosce poco, c’è troppa separazione, diciamo, tra il fuori e il dentro?

     R. – Sono dei pregiudizi. Parlavo con una collega che lavora con degli studenti e loro avevano espresso una posizione, appunto, come un po’ quella del sentire comune: “tutto sommato non si sta male”. Li ha portati in giro per un carcere e quando sono usciti, avevano cambiato idea.

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    Avvenire compie 40 anni: intervista con il direttore Dino Boffo

    ◊   "Avvenire", il quotidiano dei cattolici italiani, compie oggi 40 anni: nasceva infatti il 4 dicembre del 1968, fortemente voluto da Paolo VI come strumento culturale comune per i cattolici del Paese. In questa occasione è stato lanciato il nuovo sito del quotidiano www.avvenire.it; ma ascoltiamo il direttore Dino Boffo al microfono di Luca Collodi:

     
    R. – Io direi che in una società pluralista, caratterizzata dalla molteplicità delle presenze editoriali, è possibile anche una voce di ispirazione cristiana, e questa presenza non è solo formale o pleonastica, ma è fondamentale per garantire il pluralismo stesso, perché il pluralismo non si afflosci perdendo la bussola del vero bene dell’uomo e delle società.

     
    D. – Potremmo dire una presenza umile, ma attiva...

     
    R. – Sì, nel senso che a me pare che il nostro compito, all’inizio di questa esperienza, come oggi, sia offrire un punto di vista prospetticamente cattolico su quanto accade. E’ questo lo specifico, cioè offrire il punto di vista prospetticamente cattolico che renda interessante e sorprendente un giornale come il nostro, diversamente finirebbe per essere omologabile agli altri, e quindi, praticamente inutile. Ed è importante anche in contesti di cattolicesimo diffuso come il nostro, c'è il rischio, infatti, di considerare scontato il punto di vista cattolico o della Chiesa. Si sa già tutto, si pensa, e invece magari è un sapere sclerotizzato. Per questo, il punto di vista cattolico va riproposto nella sua freschezza e nella sua perenne originalità.

     
    D. – Un giornale che, con prudenza, accetta però anche la polemica...

     
    R. – Sì, l’accetta quando è indispensabile, e anch’essa è per voler bene al mondo, per voler bene agli altri, non per servire in maniera autoreferenziale noi stessi. Delle volte bisogna essere molto franchi proprio in nome dell’amore.

     
    D. – Direttore Boffo, è difficile attraverso un giornale rappresentare le posizioni dei cattolici italiani?

     
    R. – Diciamo che non è scontato, non è facilissimo, perchè il cattolicesimo italiano ha una ricchissima tradizione e perchè ci sono presenze che provano, che testimoniano le più diverse sfumature. E tuttavia non è impossibile. Proprio l’esistenza di Avvenire come laboratorio dell’unità dei cattolici italiani sta a dimostrare che l’avventura è possibile.

     
    D. – Avvenire non disdegna nemmeno l’uso delle nuove tecnologie, nel panorama mediatico in continua evoluzione...

     
    R. – Sì, infatti oggi noi come piccolo dono ai nostri lettori e a tutti i nostri potenziali interlocutori offriamo il sito profondamente rinnovato, il giornale on line, reperibile gratuitamente da tutti e da tutto il mondo. E’ semplicemente la proposta di tutto il nostro giornale, con gli aggiornamenti, però, delle notizie ora per ora e, in più, c’è qualcosa di specifico proprio del sito, soprattutto sul piano della discussione, della documentazione.

     
    D. – Come sarà Avvenire del futuro?

     
    R. – Io spero che sia fedele alle sue radici e nello stesso tempo capace di colloquiare con gli uomini di ogni stagione.

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    Chiesa e Società



    Dalla Torre sulla depenalizzazione dell'omosessualità: "polemiche inconsistenti"

    ◊   “Credo si stia montando una polemica inconsistente”: Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa, commenta in questi termini all'agenzia Sir l’acceso dibattito seguito alle dichiarazioni di mons. Migliore, osservatore della Santa Sede presso l’Onu, sull’iniziativa per la "depenalizzazione universale dell'omosessualità" che la Francia, in quanto presidente di turno dell’Ue, si appresterebbe a presentare all'Onu a nome dell’Unione. “La Santa Sede – spiega il giurista - non è assolutamente contraria alla depenalizzazione dell’omosessualità nei Paesi in cui quest’ultima costituisce ancora un reato, ma non può esimersi da un giudizio etico e morale sul tentativo di alcuni, tramite questa proposta, di portare in realtà avanti una certa ideologia a favore della teoria ‘gender’, secondo cui la differenza tra uomo e donna non è biologica ma solo di carattere culturale, e ciò costituisce un dato contrario all’evidenza e, soprattutto, un fattore potenzialmente scardinante di alcuni istituti civili che hanno anche un fondamento etico, quali ad esempio il matrimonio, fondato proprio sulla diversità di sesso dei due contraenti”. “Questi – chiarisce Dalla Torre – i reali motivi della posizione della Santa Sede che non sono affatto legati ad una presunta contrarietà, a torto attribuitale, all’abolizione della pena di morte per gli omosessuali”. Per il rettore della Lumsa “la Santa Sede vuole evitare che tale iniziativa costituisca uno dei tanti cavalli di battaglia con cui i sostenitori della teoria ‘gender’ si propongono di scardinare norme e istituti della società, erroneamente ritenuti rispondenti a posizioni culturali, mentre discendono dalla realtà della natura”. “La violenta reazione all’intervento di mons. Migliore - tra l’altro veicolata stranamente da buona parte della stampa che non si capisce se non si renda contro delle conseguenze del suo operato o se cavalchi invece la stessa tigre – dimostra che si è toccata la verità delle cose, cioè che i sospetti e le preoccupazioni giustamente avanzati dall’osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite sono ben fondati”. “Da condannare - per Dalla Torre – anche il malcostume di tanti media: non rappresentare oggettivamente la realtà delle posizioni, pur facendo salvo il legittimo diritto di critica, e avanzare interpretazioni dei fatti lontane dai fatti stessi, contrasta con la deontologia professionale ma anche con la correttezza della dialettica democratica”. Dalla Torre esprime quindi rammarico per “il rischio di deriva e di degenerazione ideologica di istituzioni e organismi internazionali nati per garantire i diritti dell’uomo”. “Compito della Chiesa, al quale per nessuna ragione essa può venire meno – conclude -, è proprio quello di essere portatrice di un alto magistero morale. Magistero che disturba molti quando riguarda le questioni della vita, della persona e della famiglia, ma che riscuote approvazione e apprezzamento dagli stessi soggetti quando la Santa Sede si pronuncia in materia di pace, sviluppo e giustizia sociale”. (R.P.)

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    In tutta l’India manifestazioni di solidarietà alle vittime degli attentati

    ◊   Una settimana dopo gli attentati che hanno sconvolto Mumbai, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza ieri pomeriggio in in tutta l'India per manifestare solidarietà alle vittime degli attentati nella capitale finanziaria indiana. Un’imponente manifestazione si è tenuta in particolare a Mumbai dinanzi a al Gateway of India, simbolo della città, posizionato di fronte al Taj Mahal Hotel, uno degli alberghi teatro degli attacchi terroristici. Migliaia di indiani - riferisce il quotidiano Avvenire - hanno sventolato bandiere e acceso candele. Nelle maggiori città del Paese, da Calcutta a Bangalore, da Nuova Delhi a Hyderabad, migliaia di persone sono scese in piazza chiedendo al governo “azioni concrete” per arginare il dramma del terrorismo. Tra le iniziative di solidarietà non mancano quelle della Chiesa cattolica: “Da giorni – ha detto al Sir l’arcivescovo di Mumbai, cardinale Oswald Gracias - in tutte le nostre Chiese si offrono preghiere per le vittime, per i loro familiari e per il governo affinché sappia prendere misure opportune per prevenire altri attacchi in futuro”. I terroristi hanno colpito Mumbai – ha spiegato il porporato – perché questa città “è il cuore finanziario e commerciale del Paese”: colpendo Mumbai, i terroristi intendevano colpire “l’intero Paese e tutto ciò che in India è simbolo di modernità e progresso”. Il cardinale Gracias ha anche detto che i recenti attentati non dovrebbero rinfocolare l’ostilità dei fondamentalisti indù contro le minoranza religiose, in particolare contro i cristiani: “Non penso – ha osservato il porporato – che i cristiani subiranno conseguenze di questi attacchi, ma occorre vigilare”. “La democrazia – ha concluso – è la nostra forza, ma la percezione è che le autorità ci abbiano abbandonato sottostimando il pericolo”. (A.L.)

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    Al via in Orissa una missione di pace formata da indù e cristiani

    ◊   L’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, mons. Raphael Cheenath, ha auspicato che la missione di pace, guidata da funzionari indiani, persuada le comunità indù a riconciliarsi con i loro vicini cristiani. La missione, composta da 150 persone, coinvolge insegnanti e funzionari sia nell’Orissa sia a Nuova Delhi. L’obiettivo è di incontrare la gente e di fugare le paure suscitate dai militanti indù che dipingono i cristiani come una minaccia allo stile di vita locale, con lo scopo di convertire le persone. Secondo l'arcivescovo, la missione offre un raro raggio di speranza, anche perché è composta sia da indù che da cristiani. Mons. Raphael Cheenath denuncia anche che “continua la persecuzione dei cristiani nello Stato indiano di Orissa, nell’indifferenza delle autorità”. “Almeno 11 mila cristiani - spiega al Sir - sono ancora nei campi di raccolta nel distretto di Kandhamal e diverse migliaia in altri distretti, senza contare quelli che sono fuggiti in altri stati dell’India a casa di parenti o conoscenti. Tutti temono nuove violenze se dovessero tornare ai loro villaggi”, prosegue il presule. Al picco della persecuzione, successiva all’assassinio il 23 agosto scorso di un leader induista radicale di cui erano stati accusati i cristiani nonostante i guerriglieri maoisti avessero rivendicato l’uccisione, sono stati una cinquantina le vittime e 50 mila i profughi. Lutti e incertezza, frutto della violenza scatenata da gruppi indù legati a poteri economici e politici che vedono nell’impegno dei cristiani per la giustizia e l’uguaglianza un pericolo alla loro supremazia. “Per Natale – prosegue mons. Cheenath - i nostri persecutori hanno già annunciato nuove iniziative contro di noi. Per tanti che attendono di poter tornare e per molti che sono rimasti a vivere nell’incertezza, il messaggio degli estremisti è chiaro: solo la riconversione all’induismo potrà salvarvi!”. (R.P.)

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    Trattato sulle cluster bomb: per le Chiese cristiane chi non firma tradisce l'umanità

    ◊   Le Chiese e i leader religiosi d’Europa plaudono alla firma che un centinaio di paesi del mondo hanno deciso di aderire al trattato per la messa la bando delle bombe a grappolo (cluster bombs). Ma esprimono anche il loro disappunto per la mancanza di adesione al trattato da parte di importanti Paesi del mondo come Stati Uniti, Cina, Russia, India e Pakistan. Alla Conferenza che si tiene ad Oslo e si conclude oggi, partecipa anche una delegazione di “Religions for peace”. “Questo – ha detto il moderatore dell’associazione interreligiosa, il vescovo emerito luterano di Oslo Gunnar Stalsett – è un giorno storico”. Poi facendo riferimento al fatto che all'appello mancano ancora paesi importanti, il vescovo ha detto: “Non firmare la convezione sulla messa al bando delle cluster bomb è tradire l’umanità”. La conferenza di Oslo – riferisce l’agenzia Sir - si è aperta con un servizio religioso nella Chiesa luterana al quale hanno partecipato politici e rappresentanti degli Stati nonché la cittadinanza di Oslo. Durante il sermone, il vescovo cattolico della città norvegese, mons. Bernt Ivar (Markus) Eidsvig, ha detto: “Rifiutare di firmare questo documento significa tollerare una distruzione indiscriminata per un tempo indefinito”. Il vescovo ha ricordato che “migliaia di persone in più di 20 paesi sono state uccise” dalle cluster bombs e che altre migliaia “hanno avuto la loro vita rovinata”. “Noi, rappresentanti e fedeli delle religioni continueremo a pregare, ad informare e a lavorare finché l’ultima bomba a grappolo non sia stata eliminata e le aree colpite non siano state tutte ripulite”. “La nostra buona volontà deve essere contrassegnata da costanti espressioni della nostra delusione e disapprovazione per quei governi che non hanno firmato la presente Convenzione. E’ nostro dovere diffondere il messaggio dei sopravvissuti, farlo sentire e vedere. Solo persone indifferenti alla distruzione e alla sofferenza, possono non essere colpiti da questo messaggio”. “Se vogliamo essere il sale della terra, come il Vangelo ci dice – ha concluso il vescovo - dobbiamo far sentire l'effetto del sale. Sia proteggendo ciò che è buono, sia modificando ciò che è male!”. In un comunicato, il segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, Samuel Kobia, parla di una “vittoria umana e storica” ed aggiunge: “Ciascun governo che ha firmato questo trattato di Oslo, faccia ora pressione su quegli Stati che non lo hanno fatto, compresi gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’India, il Pakistan, Israele e Zimbabwe”. (R.P.)

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    "Un Pianeta in movimento" secondo il Rapporto 2008 sulle migrazioni

    ◊   Continua ad aumentare la mobilità umana nel mondo sotto la spinta fondamentale della ricerca di un lavoro, incentivata dalla globalizzazione economica e dai cambiamenti demografici e sociali nei paesi ricchi e in quelli in via di sviluppo: è quanto si afferma nel rapporto 2008 dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dal titolo "Gestire la mobilità del lavoro nell'evoluzione dell'economia globale", ripreso dall’agenzia Misna. Secondo le stime ufficiali, al mondo 200 milioni di persone vivono e lavorano all'estero, di questi la metà sono donne; l'Europa è la regione geografica con il maggior numero di migranti (quelli europei inclusi) ossia 70 milioni di persone, seguita dal Nord America con 45 milioni di migranti. L'Oim sottolinea comunque che la migrazione Sud-Sud, ovvero da un paese in via di sviluppo a un altro anche per brevi periodi, nel 2005 ha coinvolto 61 milioni di persone ed è sostanzialmente uguale a quella dal Sud al Nord del mondo dello stesso anno, pari a 65 milioni di persone. In Asia, per esempio, i migranti sono oltre 25 milioni, 18 milioni in Medio orienete e in Africa quasi 17 milioni. "Le pressioni per la mobilità del lavoro sono destinate ad aumentare - si legge nel "World migration report" - in un mondo dove i paesi industrializzati, che sono già in competizione per avere lavoratori stranieri con alte competenze, hanno anche la necessità di manodopera di basso o medio livello, benché spesso meno ben accetta. Ciò è dovuto alla scarsità di lavoratori locali disposti ad accettare lavori di basso profilo come nel settore agricolo, nelle costruzioni e nella cura domestica. Nei prossimi 50 anni questi paesi avranno ancora più necessità in seguito al calo delle nascite e all'invecchiamento della popolazione". Il rapporto evidenzia anche altri squilibri demografici: secondo alcuni trend statistici "in Africa nel 2050 la popolazione in età lavorativa sarà triplicata passando dagli attuali 408 milioni a 1,12 miliardi, mentre alcuni studi sostengono che Cina e India nel 2030 avranno il 40% della forza lavoro mondiale. Di contro si prevede che, senza immigrazione, la popolazione in età da lavoro nei paesi sviluppati calerà del 23% entro il 2050". Il documento sottolinea anche che i paesi d'origine stanno cercando di trovare un equilibrio tra la necessità di trattenere la forza lavoro per incentivare la crescita economica, favorendo il lavoro, e le possibilità di trarre invece beneficio dalla richiesta di lavoratori sul mercato internazionale. Secondo l'organizzazione intergovernativa "la priorità per ogni paese e per l'economia globale nel suo insieme è di pianificare e predire modi per far incontrare la domanda con l'offerta in modo sicuro, legale e umano" e aggiunge "è cruciale che questo approccio assicuri la fondamentale sicurezza dei migranti attraverso una migliore protezione economica e sociale nel lavoro e nella loro vita. Questa protezione non dovrebbe riguardare solo i migranti ma automaticamente anche le loro famiglie, che siano anch'esse emigrate o rimaste in patria". L'Iom invita a pretendere consapevolezza di un fenomeno inarrestabile: "Il mondo è in movimento, non si può tornare indietro – ha detto Gervais Appave, coautore del rapporto – se noi incanaliamo la mobilità con politiche che rispondono sia alle esigenze umane che economiche, molte delle anomalie del passato delle migrazioni possono essere superate e potremmo vedere un vero progresso in termini di sviluppo globale". (R.P.)

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    Dai Paesi sviluppati risposte spesso tardive ai cambiamenti climatici

    ◊   “Il riscaldamento minaccia la stragrande maggioranza dell’umanità, che vive lungo i grandi bacini fluviali e sulle coste”: lo ha detto il presidente del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), premio Nobel per la pace nel 2007, Rajendra Pachauri, intervenendo a Poznan, in Polonia, dove sono in corso i lavori della XIV conferenza internazionale sul clima promossa dalla Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc). Rajendra Pachauri ha sottolineato, in particolare, la gravità che possono avere gli effetti dei cambiamenti climatici se non si interviene in tempo. “Quando si è trattato di salvare dal fallimento le grandi banche colpite dalla crisi, i governi hanno subito offerto 2700 miliardi di dollari; se invece si tratta di fare qualcosa per il clima, gli interventi sono sempre scrutinati con attenzione e poi negati” ha proseguito Pachauri. Le discussioni, che si stanno svolgendo a porte chiuse, si stanno rivelando più difficili del previsto. Nonostante la scadenza del protocollo di Kyoto, fissata per il 2012, sia ormai alle porte, i 37 Paesi industrializzati che hanno aderito al primo tentativo globale di contenimento dei gas serra ancora faticano a raggiungere gli obiettivi di riduzione. Le minacce di una recessione economica mondiale – ricorda l’agenzia Misna - vengono usate come alibi per ritardare le azioni necessarie a ridurre le emissioni inquinanti, come chiesto ieri dalla Francia a nome dell’Unione Europea. Secondo molte associazioni ambientaliste, però, è proprio il fallimento dell’attuale modello di sviluppo, giudicato sempre più insostenibile, a rendere necessario l’avvio di un’economia con fonti rinnovabili, agricoltura biologica e risparmio energetico. “Per il clima servono strategie a lungo termine”, ha affermato Yvo de Boer, segretario esecutivo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. (A.L.)

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    Filippine: conclusa a Mindanao la settimana per la pace

    ◊   “Cerchiamo di fare in modo che le nostre differenze non provochino odio e scontri tra di noi. Cerchiamo di vivere gli uni con gli altri solo in giustizia e pace, rispettandoci l’uno con l'altro, in pace sincera”: è il contenuto di un messaggio della Conferenza dei vescovi e degli ulema (Bishop-Ulama Conference) dell’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, diffuso in occasione della conclusione della ‘Settimana della Pace’. Durante le celebrazioni della settimana, - riferisce l'agenzia Misna - preti e rappresentanti del clero hanno visitato le moschee e lo stesso hanno fatto gli imam andando a pregare nelle chiese e nei luoghi di culto cristiani: “un concreto esempio di dialogo interreligioso” lo ha definito Mahhmoud Adilao, della lega degli Ulema filippini, secondo cui “questo dimostra che le violenze in atto a Mindanao non hanno nulla a che vedere con la religione”. La settimana, che si svolge ogni anno nello stesso periodo nell’isola, dove da tre decenni è in corso un conflitto secessionista con il Fronte di liberazione islamico Moro e altri gruppi armati, aveva quest’anno per tema “L’integrità del cuore e della mente, una via per la riconciliazione e la pace”. (R.P.)

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    Indonesia: messaggio natalizio congiunto di cattolici e protestanti

    ◊   “Partecipare in modo costruttivo a tutti gli sforzi necessari per costruire una società pacifica e lottare per la giustizia e il bene comune perché l’Indonesia diventi la casa di tutti”: è l’invito rivolto ai cristiani dai leader cattolici e protestanti dell’Indonesia nel loro annuale messaggio congiunto di Natale. I problemi del Paese, segnato in questi ultimi anni da conflitti settari, possono essere affrontati e risolti solo con la collaborazione e il dialogo, afferma il messaggio, firmato dal presidente della Conferenza episcopale indonesiana mons. Martinus Dogma Situmorang e dal della Comunione delle Chiese di Indonesia, il reverendo Andreas A. Yewangoe. I cristiani sono quindi chiamati a contribuire alla “costruzione di un’autentica fratellanza tra i figli della Nazione” e a non arrendersi alle forze del male che oggi insidiano la pace e l’armonia in Indonesia. “Dobbiamo renderci conto – sottolinea il testo ripreso dall'agenzia Ucan - che il nostro nemico non sono gli altri, ma il male che può istigare le persone a compiere delitti e ad arrecare offese agli altri. “La nostra più grande aspirazione - prosegue il documento - è la pace per tutti, senza distinzione di appartenenza etnica razziale, religiosa o politica”. Questa pace “permetterebbe ai cittadini di lavorare insieme per il bene comune e di costruire rapporti senza essere minacciati, oppressi o emarginati”. Ma per costruire la pace occorre non lasciarsi vincere dal male: citando le parole di San Paolo nella Lettera ai Romani, il messaggio invita a vincere il male con il bene, a benedire e non a maledire chi ci perseguita. Questa riflessione sulla pace, concludono i leader cristiani indonesiani, si basa sulla gioia del Natale: “Gesù è venuto nel mondo per portare la pace a tutti gli uomini. La Sua venuta li ha fatti vivere in pace con Dio e gli uni con gli altri. Egli ha rotto il muro della divisione e ha posto le basi per una nuova e solida fratellanza”. (L.Z.)

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    Spagna: i vescovi condannano l'assassinio dell'Eta

    ◊   “Ancora una volta il terrorismo ha lasciato il suo segno sulla società spagnola, con l'assassinio, per mano dell’Eta, dell'imprenditore basco Ignacio Uría Mendizábal”, ucciso oggi a Azpeitìa. Lo scrive in una nota l’arcivescovado di Madrid - ripresa dall'agenzia Sir - sottolineando che si è trattato di “un crimine crudele che ha messo fine alla vita di un essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, il cui assassinio costituisce un grave peccato”. L’imprenditore, 70 anni di età, era il proprietario di Altuna y Uria, società che partecipa alla costruzione delle ferrovie ad alta velocità nella regione basca. Il cardinale di Madrid e i suoi ausiliari condannano “questa azione contro la vita e la libertà, al tempo stesso ricordano che il terrorismo è un ‘no’ radicale alla legge di Dio” e soprattutto al diritto fondamentale “della dignità della persona umana”. Per i presuli “il terrorismo nasconde un'enorme crisi di coscienza morale”. Perciò, esortano i fedeli a pregare “affinché cessi la violenza”, chiedendo “un cambiamento nel cuore dell'uomo” e “una vera conversione dei terroristi”. Anche “affinché le autorità lavorino con tutti i mezzi dello Stato di diritto per la giustizia e la pace vere, e cresca un sentimento di rispetto assoluto della dignità della persona umana in tutti gli ambiti della società, in modo che si vinca il male con il bene”. Infine, un’invocazione alla Madonna affinché “commuova la coscienza ed il cuore dei terroristi, ossessionati dall'odio e dalla negazione di Dio e dell'uomo, e li converta”. Dal canto suo il vescovo di Bilbao, mons. Ricardo Blàzquez ha condannato l'attentato chiedendo la smobilitazione dell'Eta. "L'unità di quanti delegittimano i suoi metodi, le sue azioni, le teorie ed i suoi obiettivi, - ha affermato in una nota il presule - alimentano la nostra speranza e sostengono il nostro impegno per un pronto sradicamento del terrorismo". (A.M.)

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    Cuba: nuovi segni di speranza dopo la beatificazione di fra Olallo

    ◊   “La beatificazione, sabato scorso di Frà José Olallo, è stata una delle pagine più belle ed emotive della storia della Chiesa cattolica a Cuba”: è quanto scrive la prestigiosa rivista dell’arcidiocesi dell’Avana “Spazio laicale”. In una nota del Consiglio per i laici della capitale cubana, commentando l’evento religioso che ha coinvolto la stragrande maggioranza dei cubani, credenti e non, si “ringrazia tutte le persone e istituzioni che hanno dato un contributo per garantire il successo della cerimonia”. “Vogliamo estendere la nostra gratitudine, aggiunge il Consiglio, alle autorità civili della provincia e della nazione”. Si rileva come “un fatto significativo” la presenza alla Santa Messa del presidente Raúl Castro e di altri membri del governo. I laici della capitale cubana scrivono: “Merita di essere sottolineato l’appoggio delle autorità all’organizzazione nonché la copertura televisiva”. Il Consiglio laicale dell’Avana esprime anche gratitudine a tutti i vescovi dell’isola, non solo per il lavoro svolto in questi anni, ma soprattutto per l’esempio “di unità incrollabile” che garantiscono “alla nostra Chiesa in Cuba”. Ricordando che la città di Camagüey poco tempo fa è stata duramente colpita da gravi eventi meteorologici, viene sottolineata la generosità ed efficienza con cui tutti hanno risposto alla sfida. “I membri della Chiesa cattolica pellegrina di Cuba vogliamo vedere un segno di speranza nel clima di cooperazione che si è creato attorno a questo grande evento. Siamo convinti che il dialogo è il cammino per creare scenari di maggiore apertura e intesa nella nostra patria. La cerimonia di beatificazione di Frà Olallo - conclude il comunicato dei laici - ora è davanti a noi come una bella testimonianza che ci dice che camminare insieme è possibile”. Lo scorso fine settimana sia il diario ufficiale del Partito comunista “Granma” sia il secondo quotidiano più diffuso, “Juventud Rebelde”, hanno dedicato ampi spazi alla beatificazione e, in particolare, alla biografia del nuovo beato. Oltre alle fotografie della Santa Messa e delle autorità presenti, la stampa ha raccolto numerose testimonianze di persone semplici che parlano di Frà Olallo come “un Santo protettore”. Il “Granma”, in una nota editoriale intitolata “Il padre dei poveri”, ricorda che “oltre ad assistere sempre ogni tipo di malato e ferito trovò sempre tempo per insegnare a più poveri a leggere e scrivere”. L’articolo si conclude ricordando il 7 marzo 1889, giorno della morte del beato. Sulla stampa erano apparse espressioni del tipo: “Oggi Camagüey è in lutto” e “chiunque ha un vero cuore di uomo e conosce il significato della gratitudine, oggi piange”. (A cura di Luis Badilla)

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    Argentina: incontro dei vescovi con il presidente Kirchner

    ◊   “Si è trattato di un incontro sereno e positivo che è servito per distendere i rapporti tra la Chiesa e il governo”. Così, l’altro ieri, il secondo vice-presidente dell’episcopato argentino, mons. José María Arancedo, arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz, ha descritto e raccontato la riunione del 27 novembre scorso tra il presidente della Repubblica, la signora Cristiana Fernández de Kirchner, e le autorità della conferenza episcopale presieduta dall’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio. “Il clima di conflitto che stava prendendo corpo squalificava il governo e danneggiando il governo la medesima cosa accadeva con il Paese”, ha aggiunto mons. Aranceto presente nell’incontro. Posso dire – ha detto - che il “presidente ha avuto un atteggiamento sereno e di dialogo”. “Voler dialogare è stato un comportamento positivo poiché la Chiesa cattolica non è un’organizzazione all’opposizione del governo, ma non è neanche un’organizzazione a favore del governo”, ha ricordato l’arcivescovo di Santa Fe. Il presule ha anche detto ai giornalisti che al Presidente è stata consegnata una copia della recente dichiarazione conclusiva della Plenaria episcopale “Verso un bicentenario nella giustizia e nella solidarietà”. La signora Fernández Kirchner ha dichiarato di “conoscere e di aver già letto” il testo. Mons. Arancedo ha anche ricordato che si è trovata un’ampia intesa sulla questione relativa all’esclusione sociale che implica “le ferite della droga, della prostituzione, della violenza e della perdita di valori della vita”. Lo stesso giorno, presso il forum “Da abitanti a cittadini”, il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha illustrato il documento dell’Episcopato ribadendo l’urgenza di pensare “un progetto-Paese capace di tener conto di tutti. Non basta parlare di inclusi ed esclusi, anche se è molto importante. Oggi la sfida è ancora più radicale: occorre sapere chi sono coloro che entrano nel progetto e chi ne resta fuori”. Il porporato ha rinnovato infine l’appello indirizzato ai laici perché assumano con coraggio “la responsabilità del dialogo allo scopo di costruire consensi in favore del bene comune”. “Qualcuno può pensare - ha concluso - che con questo dialogo si ‘perde’ tempo; si ricordi però che si ‘guadagna’ la patria”. (L.B.)

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    All'assemblea dei vescovi svizzeri: Congo, media e relazioni Stato-Chiesa

    ◊   Il “genocidio silenzioso” nella Repubblica Democratica del Congo e l’impegno della Chiesa nei media sono stati i principali argomenti della 282ª Assemblea ordinaria della Conferenze episcopale svizzera, che si è tenuta il 1° e il 2 dicembre a Lucerna. A darne notizia un comunicato diffuso oggi, ripreso dall'agenzia Sir. “I vescovi svizzeri e gli abati territoriali sono preoccupati” per “la drammatica situazione di guerra civile nell’est della Repubblica Democratica del Congo” si legge nel documento che cita la lettera inviata dai presuli lo scorso 1° dicembre a al presidente dei vescovi congolesi, mons. Laurent Monsengwo Pasinya. Dopo avere esaminato il rapporto di mons. Jean-Paul Rüttman sulla situazione dell’impegno cattolico nei media nella Svizzera italiana – il terzo dopo quelli sull’area tedesca e francese – i presuli hanno affermato “l’urgente necessità di migliorare la pianificazione, il coordinamento e la gestione della comunicazione ecclesiale a livello regionale e nazionale”. Con la collaborazione di alcuni esperti, mons. Rüttman sta lavorando all’elaborazione di un “Business-Plan” in materia. Con riferimento al colloquio sulle relazioni Stato-Chiesa tenutosi in novembre a Lugano, i vescovi hanno deciso di istituire un gruppo di esperti incaricato di approfondire e di chiarire le questioni aperte in tale ambito. (R.P.)

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    In Svizzera incontro tra la Conferenza episcopale e la Federazione delle Chiese protestanti

    ◊   La situazione ecumenica, seguita ai dibattiti dell’ultimo anno sulla concezione della Chiesa, è stata al centro dell’incontro tra la Conferenza dei vescovi svizzeri (CES) ed il Consiglio della Federazione delle Chiese protestanti di Svizzera (FEPS) conclusosi ieri ad Appenberg bei Zäziwil. Durante il dibattito, sono stati analizzati punti in comune e differenze che costituiscono una sfida per il dialogo ecumenico. Sono stati identificati, in particolare, approcci ricchi di prospettive per promuovere il dialogo. La Conferenza dei vescovi svizzeri ed il Consiglio della Federazione delle Chiese protestanti di Svizzera, di fronte alle numerose e attuali sfide, hanno anche espresso l’intenzione di impegnarsi insieme per le due Chiese. In occasione del 60.mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è stata infine sottolineata l’importanza di tale documento per l’umanità e la necessità di mantenere la coscienza dell’impegno irrevocabile degli esseri umani in tutti gli Stati, governi ed istituzioni sociali. (A.L.)

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    Conferenza a Tripoli sulle religioni in Africa

    ◊   Più di 200 leader religiosi africani sono riuniti da martedì a Tripoli, in Libia, per partecipare a una conferenza di quattro giorni intitolata “Le religioni dell’Africa insieme contro la violenza e per la sicurezza comune”. Ad organizzarla è il Consiglio africano dei rappresentanti religiosi-Religioni per la pace (ACRL, in sigla), un organismo interconfessionale impegnato nella promozione del dialogo e della cooperazione religiosa per la pace e lo sviluppo sostenibile in Africa. La conferenza, riferisce l'agenzia CISA, si svolge nell’ambito della seconda Assemblea generale dell’organismo con l’obiettivo di promuovere un ruolo più attivo dei leader religiosi nel consolidamento della pace e della stabilità in un continente in cui guerre e violenze continuano ad essere il principale ostacolo al suo sviluppo. “Noi leader religiosi - si legge nella nota di presentazione dell’incontro, alla cui apertura sono intervenuti anche alcuni ex Capi di Stato africani - siamo chiamati a prendere atto della nostra attuale realtà e ad essere agenti di pace e sicurezza. I popoli dell’Africa cercano infatti nei rappresentanti religiosi un’autorità morale e una guida verso un futuro migliore, un futuro nel quale tutte le generazioni vivano in pace e in sicurezza”. I partecipanti condivideranno quindi le esperienze delle loro diverse comunità religiose nella trasformazione dei conflitti, nella costruzione della pace e nella promozione dello sviluppo sostenibile in Africa. Il Consiglio dei leader religiosi dell’Africa è stato istituito nel 2003 ad Abuja, in Nigeria, e rappresenta la più alta istanza multiconfessionale impegnata nella promozione della pace e della dignità umana in Africa. Composta da leader religiosi di tutto il continente africano, ha per obiettivo di favorire il dialogo religioso, la cooperazione nelle questioni attinenti alla pace e allo sviluppo durevole, nella risoluzione pacifica dei conflitti e nella promozione della convivenza e del rispetto della diversità religiosa . Tra i suoi aderenti figurano il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (SECAM), la Conferenza panafricana delle Chiese (AACC), l’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, il Consiglio Indù dell’Africa, le Religioni indigene dell’Africa e diversi leader musulmani africani. (L.Z.)

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    Senegal: riunione di vescovi di quattro Paesi sui mali nella regione

    ◊   La povertà, lo spirito disfattista e fatalista, la mancanza di lavoro, l’instabilità politica: sono i problemi sociali discussi a Thiès, in Senegal, dalla Conferenza episcopale interterritoriale dei vescovi del Senegal, della Mauritania, di Capo Verde e Guinea Bissau. Nel corso dell’assemblea, insieme a diversi esperti, i presuli hanno identificato i mali che nei loro Paesi rallentano la crescita economica, provocano l’insicurezza alimentare e rendono meno fruttuosi gli sforzi per ridurre l’indigenza. Per risvegliare l’iniziativa, il coraggio e la speranza nei popoli, i vescovi hanno proposto delle opzioni strategiche. E’ stata sottolineata l’urgenza di ridurre la povertà e a tal proposito, per la Quaresima 2009, i fedeli saranno esortati al “fervore spirituale” e a seguire il cammino della “speranza cristiana, una speranza che non inganna”. L’incontro di Thiès è stato anche un pretesto per i vescovi per tornare a parlare del Sinodo sulla Parola di Dio che si è svolto a Roma dal 5 al 26 ottobre, in preparazione anche del Sinodo dei vescovi dell’Africa previsto a Roma ad ottobre del prossimo anno. In vista dell’assise, sono state fissate, per febbraio l’Assemblea generale della Conferenza episcopale regionale dell’Africa dell’Ovest (Cerao) e per settembre un’Assemblea plenaria del Simposio delle conferenze episcopali d’Africa e del Madagascar. I vescovi del Senegal, della Mauritania, di Capo Verde e della Guinea Bissau hanno anche parlato della celebrazione a Thiès, dal 24 al 26 aprile 2009, delle Giornate mondiali della Gioventù. Il raduno, che costituisce per i giovani dei Paesi membri della Conferenza episcopale un momento di comunione e di testimonianza nella gioia e nella preghiera, si svolgerà sul tema “Con Gesù Risorto, siamo artefici di un mondo migliore”. Nel corso dell’assemblea episcopale sono stati rinnovati i membri del Consiglio permanente della Conferenza, mentre mons. Jean Noël Diouf, vescovo di Tamabacoumba, è stato rieletto presidente per un secondo mandato di 3 anni. (T.C.)

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    Terra Santa: a Betlemme accesa la prima candela d'Avvento

    ◊   Con l’accensione della prima candela della ghirlanda dell’Avvento dalla luce del presepe della grotta della Natività, fra' Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, ha inaugurato domenica scorsa il ciclo del Natale a Betlemme. Padre Pizzaballa è stato accompagnato da un corteo partito da San Salvatore, che ha fatto una tappa a Mar Elia, è passato davanti alla tomba di Rachele e ha poi raggiunto l’Azione Cattolica, dove si sono aggregati tre gruppi di scout, due di Betlemme e uno di Nazareth. Sul luogo della mangiatoia c’erano i frati francescani, il parroco della Basilica della Natività fra Samuel Fahim, accompagnato dal ministro del Turismo Khouloud Doubaibes, dal governatore del distretto Salah Al Tamari e dal sindaco di Betlemme Victor Batarseh. La settimana scorsa il custode di Terra Santa ha incontrato il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas Abu Mazen per invitarlo, come vuole la tradizione, alla Messa di Natale, il 24 dicembre. Proprio grazie all’intervento di Abu Mazen, nei prossimi mesi, nella Basilica della Natività inizieranno i lavori per la sistemazione del tetto. Da oltre 200 anni, sono infatti necessari interventi che non sono mai partiti a causa dello Statu Quo; le Chiese che gestiscono la Basilica, in questi anni non sono riuscite a trovare un accordo ed il Presidente dell’Autorità Palestinese, in qualità di autorità civile del luogo, ha spinto per un’intesa sulla questione convocando le parti e l’accordo tanto auspicato è stato raggiunto all’unanimità. Intanto, in questi ultimi mesi, è cresciuto nella cittadina della Natività il numero dei visitatori. L’amministrazione civile israeliana ha reso noto che oltre un milione di persone, tra gennaio e settembre di quest’anno, hanno visitato Gerico e Betlemme. Rispetto allo scorso anno il numero dei visitatori è aumentato del 96,5 per cento e si attendono nuovi record per il periodo di Natale. (T.C.)

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    Cardinale Danneels: "l'incontro di Taizè risponde alla vocazione europea di Bruxelles"

    ◊   “Bruxelles ha una vocazione europea. Si viene qui da tutta Europa per manifestazioni, riunioni, per il Parlamento, per la Commissione Europea. Manca però tutto un settore della nostra società che non è ancora venuto: sono i giovani”. Così ieri a Bruxelles il card. Godfried Danneels, arcivescovo di Bruxelles-Malines, ha spiegato ai giornalisti in una conferenza stampa le ragioni che lo hanno spinto ad invitare quest’anno dal 29 dicembre al 2 gennaio la comunità di Taizè nella sua città per l’annuale incontro europeo dei giovani. “Se siamo fieri, e lo siamo – ha aggiunto l’arcivescovo – di essere la capitale dell’Europa, occorre allora anche saper rispondere a questa vocazione, ed essere punto di incontro per giovani di tutta Europa”. All’incontro sono attesi 40 mila giovani, 30 mila dei quali provengono da altre nazioni. L’appello lanciato il 20 novembre scorso per trovare ai diversi gruppi un alloggio ha scatenato a Bruxelles “un vero e proprio slancio di generosità” da parte di tante famiglie. Alla conferenza stampa hanno parlato anche rappresentanti delle altre Chiese cristiane. Il presidente della Chiesa protestante unita del Belgio (Epub) ha detto che l’incontro europeo di Taizè ha “ridato nuovo slancio alla collaborazione tra le Chiese” ed ha citato l’esempio di Malines dove le Chiese cattoliche e protestanti lavorano insieme per accogliere i giovani”. (R.P.)

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    Presentato a Roma il congresso promosso dai salesiani “Sistema preventivo e diritti umani”

    ◊   Si è svolta questa mattina a Roma, presso la Sala Stampa Estera, la conferenza stampa di presentazione del congresso “Sistema Preventivo e Diritti Umani”, previsto dal 2 al 6 gennaio nella capitale presso la Casa Generalizia delle Opere Don Bosco. Il congresso è promosso dal Dicastero della Pastorale Giovanile della Congregazione Salesiana ed organizzato dal VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo. L’iniziativa è il punto di arrivo di un lungo percorso intrapreso nel 2008 dalla Congregazione Salesiana che ha riletto il Sistema Preventivo, eredità educativa lasciata da Don Bosco, alla luce della promozione dei Diritti Umani. L’idea di un congresso mondiale finalizzato a coinvolgere tutta la Congregazione e la Famiglia Salesiana su un tema tanto attuale nasce nell’aprile del 2007 al fine di raccogliere, valorizzare e sviluppare l’esperienza di tanti salesiani e salesiane che in 130 Paesi del mondo ogni giorno lavorano per l’educazione dei giovani ai e per i diritti umani come educazione all’impegno, alla responsabilità, alla cittadinanza mondiale attiva e responsabile e operano per la promozione e protezione dei diritti dei bambini e degli adolescenti più poveri e svantaggiati. L’iniziativa si inserisce nel percorso promosso dal Rettore Maggiore dei salesiani, don Pasqual Chávez Villanueva e dalla Congregazione di valorizzazione e attualizzazione del Sistema Preventivo di Don Bosco, ancora oggi uno degli approcci pedagogici più innovativi, apprezzati e diffusi a livello mondiale. L'appuntamento di inizio gennaio, quindi, si presenta come l'avvio di una formazione culturale nuova sia all'interno della Congregazione che della società civile, in grado da un lato di dare consapevolezza e strumenti ai ragazzi per crescere come cittadini attivi e dall'altro di innescare un processo a caduta tale da coinvolgere, a livello locale e regionale, le 97 Ispettorie Salesiane dei 130 Paesi ove la Congregazione è presente. “L’esperienza di tanti Salesiani in varie parti del mondo conferma come il Sistema Preventivo sia una via sicura per l’educazione giovanile, superando tutte le barriere, e si propone come una piattaforma di dialogo per una nuova cultura dei diritti e della solidarietà” sottolinea Don Fabio Attard, Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile della Congregazione Salesiana. “L’educazione ai diritti umani – aggiunge - è educazione alla capacità critica, al coraggio di prendere posizione; all’audacia della testimonianza. È un’educazione che chiede di diventare permanente e quotidiana”. (A cura di Davide Dionisi)

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    In un convegno a Roma il contributo della Chiesa croata al Concilio

    ◊   Verificare e analizzare il contributo dei vescovi e dei teologi croati al Concilio Vaticano II e il modo in cui l’assise è stata recepita dalla Chiesa croata: è l’obiettivo del convegno promosso oggi a Roma dall’Ambasciata di Croazia presso la Santa Sede in collaborazione con la Pontificia Università Lateranense e la Facoltà Cattolica di Teologia dell’Università di Zagabria. Durante l’incontro, incentrato sul tema “La Chiesa croata e il Concilio Vaticano II. Partecipazione, contributo e recezione”, “si presenteranno i contributi essenziali alla teologia, agli studi mariologici, alle scienze sociali, alla diffusione della Parola di Dio”. Si inquadrerà – spiegano i promotori - la Chiesa croata nel vasto ambito della “Ostpolitik vaticana” senza trascurare “il rinnovamento della teologia nei paesi del Centro-Est e del Sud-Est europeo”. Ad inaugurare i lavori, il rettore della Pul, mons. Rino Fisichella. Tra i relatori – rende noto il Sir – ci sono mons. Walter Brandmüller, presidente del Pontificio Comitato di Scienze storiche; l’arcivescovo di Zagabria cardinale Josip Bozanic; il card. Tomáš Špidlík. Durante l’incontro, che si concluderà domani, è prevista la presentazione del libro “Ho conosciuto due Papi” (Lateran University Press) di Emilio Marin, ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede. (A.L.)

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    A Rimini la Conferenza nazionale animatori del Rinnovamento nello Spirito

    ◊   “Gesù tutto sostiene con la potenza della sua parola”: è il tema della XXXII Conferenza nazionale animatori del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), in programma da domani all’8 dicembre, presso la Fiera di Rimini. Il tradizionale appuntamento di formazione degli animatori, di revisione dell’anno pastorale e di programmazione vedrà riuniti oltre 4 mila responsabili e animatori di RnS, per la consegna ufficiale, a tutti i delegati presenti, del Progetto unitario di formazione, un itinerario catechetico sistematico e progressivo, d’impianto biblico, che abbraccia la vita cristiana in ogni suo aspetto. Assieme al presidente nazionale RnS, Salvatore Martinez, numerosi saranno i relatori. Tra gli altri, mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali; mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano; mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini; mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea; padre Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose. “In un momento storico in cui tutto sembra vacillare, in cui franano sistemi economici, finanziari e politici – commenta Martinez le cui parole sono state riprese dal Sir – sentiamo il dovere di ricordare alle nostre coscienze che solo Gesù resiste ai secoli. Noi crediamo che non c’è soluzione alla questione sociale fuori dal Vangelo”. (A.L.)

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    Domani il cardinale Sepe consegnerà il Premio “Napoli città di pace”

    ◊   Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, consegnerà domani alle 17.30 nella sede dell’Università Suor Orsola Benincasa il premio “Napoli città di pace” 2008. Il riconoscimento, promosso dall’Università, dall’Unione cattolica della stampa italiana e dall’Ordine dei giornalisti della Campania, è stato assegnato al sottosegretario e capo della Protezione civile Guido Bertolaso, al presidente del Calcio Napoli Aurelio De Laurentiis, al responsabile di Rai Vaticano Giuseppe De Carli, alla scrittrice Chiara M. e alla regista Cinzia Torrini. Il premio “Napoli città di pace” è stato attribuito al sottosegretario Guido Bertolaso “per il coraggio dell’azione nell’emergenza di Napoli”; al presidente del Calcio Napoli Aurelio De Laurentis “per aver restituito a Napoli la voglia di sognare”; al responsabile di Rai Vaticano Giuseppe De Carli, autore della Bibbia-no stop in tv “per la sua opera di evangelizzazione televisiva nel villaggio globale”; alla regista Cinzia Torrini “per il supplemento d’anima nella sua arte di raccontare per immagini”; alla scrittrice Chiara M. “per la sua radicale testimonianza di fede e di speranza oltre il dolore”. Il premio “Napoli città di pace”, giunto alla seconda edizione, consiste quest’anno, oltre ad una targa in argento, in un’opera pittorica raffigurante il Vesuvio. L’opera dell’artista Lello Esposito, realizzata con i colori rosso giallo e oro della città di Napoli, è impreziosita dalla scritta a firma del cardinale Crescenzio Sepe “A ‘Maronna t’accumpagna”, esortazione che l’arcivescovo affida ai suoi interlocutori a conclusione degli incontri. “E’ un Vesuvio che si scompone e si ricompone - spiega Lello Esposito all’agenzia ‘Il Velino’ - dal magma ad un immaginario di bellezza e futuro. Come la città di Napoli, lacerata da emergenze ma che grazie alla sua storia millenaria, alla sua profonda energia, alle sue intelligenze, risorge ogni giorno”. Il premio quest’anno – fa poi notare il presidente nazionale dell’Ucsi, Massimo Milone - si salda “ad un intenso anno di iniziative di pace e di dialogo che hanno visto, prima la presenza del Papa in città, poi il Forum delle culture e delle religioni, infine la realizzazione dell’Osservatorio permanente tra le culture e le religioni promosso dalla Diocesi di Napoli”. Per Donatella Trotta, presidente Ucsi Campania, “la pace non è un sentimento astratto, ma un’azione di cambiamento a partire da se stessi e a favore del bene comune”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Pakistan: sì alla collaborazione per gli attentati di Mumbai

    ◊   Il presidente pakistano, Zardari, ha “promesso” al segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, di “cooperare con l'India” nelle indagini sugli attentati di Mumbai. Zardari ha promesso “azioni decise nei confronti di militanti che operano sul suolo pachistano e contro coloro che verranno individuati come colpevoli di attacchi”. La Rice, che si è detta “soddisfatta per le assicurazioni pakistane”, ha promesso l'aiuto statunitense “in ogni modo” all'India e ha aggiunto che ci sono stati “colloqui responsabili con entrambi i Paesi”. La visita oggi a Islamabad della Rice ha fatto seguito a quella di ieri a New Delhi. Sulle scelte politiche che si trovano ora a compiere le autorità di Islamabad, Giada Aquilino ha intervistato Elisa Giunchi, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi islamici all’Università degli studi di Miliano:

    R. - Zardari affronta lo stesso dilemma che ha affrontato Musharraf: in questo senso, non possiamo aspettarci risoluzioni molto rapide, nel senso che se dovesse mostrarsi eccessivamente energico, apparirebbe ad una certa opinione pubblica interna, anche antiamericana, eccessivamente supino agli interessi statunitensi. Se invece apparisse debole, si alienerebbe un altro settore dell’opinione pubblica interna, soprattutto l’alleato statunitense. Ma poi c’è da dire - ed è molto più importante: si parla di Zardari, ma in realtà non bisogna dimenticarsi che Zardari agisce ancora sotto tutela delle forze armate.

     
    D. - L’intelligence americana teme che, dietro gli attentati a Mumbai, ci sia anche il progetto di un golpe in Pakistan…

    R. - Le ipotesi sono tantissime e hanno tutte un qualche appiglio con la realtà. È impossibile e non ho veramente elementi - nessuno li ha, in verità, soprattutto tra gli osservatori esterni - per dire quale sia la pista più probabile. Io credo che un colpo di Stato, in questa fase, sia altamente improbabile. Sarebbe probabile se fosse sfidata l’autonomia, il potere interno delle forze armate in Pakistan, ma non è la situazione che si presenta attualmente in Pakistan. Non vi è alcun motivo, per le forze armate, di agire, perché continuano a controllare certi settori decisionali, quindi non hanno motivo d’intervenire direttamente alienandosi gli Stati Uniti.

     
    D. - Il confronto nucleare, le guerre per il controllo del Kashmir, ora la lotta al terrorismo. Come cambiano gli equilibri geopolitici tra India e Pakistan, in questi mesi?

    R. - Io mi auguro che il governo indiano abbia la saggezza di agire, sì, fermamente ma più che altro dando spiegazioni anche sui problemi che si sono verificati a livello di comunicazione interna, di intelligence indiana. E spero che continui il dialogo composito che è nato da anni con il Pakistan, e che il Pakistan abbia la saggezza di indagare da parte sua e eventualmente di agire contro persone tra le quali vi siano delle prove concrete di coinvolgimento nei fatti di Mumbai.

    Afghanistan
    Ennesimo attentato in Afghanistan. L’azione terroristica si è sviluppata su un duplice fronte nella provincia orientale di Khost, vicino alla frontiera con il Pakistan. Intanto, l’Unicef lancia l’appello per veder aumentare gli interventi a tutela dei bambini. Il servizio di Federica Andolfi:

    Sono almeno due i poliziotti uccisi nel doppio attentato suicida. Sette il numero finora accertato dei feriti. Il primo attacco ha riguardato i locali della squadra dell'antidroga a Khost. L’altro ha interessato, nello stesso momento, i vicini locali del Dipartimento nazionale per la Sicurezza, quartier generale dell'intelligence. L'attacco non è stato finora rivendicato, ma si parla dei ''nemici della pace'', termine usato dalle autorità afghane per definire i talebani. Intanto, si fa sentire l’Unicef con un appello rivolto a tutte le parti in guerra in Afghanistan. “Le parti in conflitto devono prendere misure protettive per tutelare i bambini dal conflitto armato in corso e noi ci impegneremo a sostenere misure adeguate volte ad impedire ulteriori violazioni". Con queste parole il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ha chiesto di considerare i bambini ''zone di pace'' per proteggerli contro le devastazioni della guerra. Secondo le Nazioni Unite, nel corso degli ultimi anni le parti in conflitto si sono macchiate di ''gravi violazioni'' contro i bambini. Da luglio 2007 a luglio 2008, sono stati 1.722 i civili morti nel conflitto. Non è noto il numero esatto dei bambini colpiti: moltissimi sono stati uccisi dalle mine e dagli attacchi armati nelle scuole.

     
    Medio Oriente
    È fissato per il 15 dicembre l'incontro a Londra tra leader israeliani e palestinesi per cercare soluzioni alla situazione politica ed economica nel Medio Oriente. Lo ha annunciato ieri il premier britannico, Gordon Brown, senza fornire ulteriori dettagli. All'incontro parteciperanno il premier israeliano, Ehud Olmert, e il suo omologo palestinese, Salam Fayyad. Il negoziato di pace mediorientale, rilanciato un anno fa dalla conferenza di Annapolis, nel Maryland, non è ancora decollato e ora è di fatto congelato in attesa delle elezioni israeliane e palestinesi.

    Israele riapre i valichi per la Striscia di Gaza-l’Egitto chiude Rafah
    Le autorità israeliane hanno aperto stamane i valichi con la striscia di Gaza a convogli di aiuti umanitari e, per la prima volta dopo un mese, anche a corrispondenti della stampa estera. L'autorizzazione, a quanto si è appreso, è stata data dal ministro della Difesa, Ehud Barak, e in giornata dovrebbero entrare nella striscia 70 autocarri di farina e di generi alimentari e di prima necessità, oltre a una quantità non precisata di carburante. La riapertura di Gaza alla stampa giunge dopo un ricorso dell'associazione della stampa estera all'Alta Corte di Giustizia di Israele. L'apertura dei valichi sarà valutata quotidianamente in relazione a eventuali tiri di razzi da Gaza sul territorio israeliano. E proprio oggi, invece, l’Egitto ha chiuso di nuovo il valico di Rafah. Il passaggio era stato aperto 4 giorni fa per consentire il transito di 3.500 pellegrini che dalla Striscia di Gaza dovevano recarsi in pellegrinaggio alla Mecca. I fedeli, durante il tragitto, sono stati bloccati dal movimento integralista Hamas. Per questa ragione, il grande imam della moschea di Al Azhar, massima autorità teologica dell'Islam sunnita, ha accusato Hamas di aver commesso un “crimine abominevole”, impedendo ai musulmani “di adempiere all'obbligo religioso del pellegrinaggio alla Mecca”.

    Iraq
    Ci sono anche donne e bambini tra le vittime del duplice attentato compiuto oggi in Iraq contro due stazioni di polizia a Falluja, nella provincia a maggioranza sunnita di Al Anbar. Al momento sembra siano sei le vittime. Le autorità hanno imposto il coprifuoco nella città, mentre i soccorritori stanno ancora cercando di recuperare i corpi delle vittime dalle macerie delle esplosioni. Intanto, in una località a nordest di Baghdad, 13 cadaveri sono stati ritrovati in una fossa comune. È la quarta fossa comune scoperta a Albu Tuma, villaggio che è rimasto sotto il controllo dei terroristi di al Qaeda per oltre tre anni. Nel frattempo, il presidente eletto degli Stati Uniti, Barak Obama, annuncia che dopo il suo insediamento il 20 gennaio prossimo effettuerà una visita in Iraq.
     
    Continua la visita a Damasco del leader cristiano-maronita libanese, Aoun
    A Damasco, in Siria, continua la visita ufficiale del leader cristiano-maronita libanese, Michel Aoun, per oltre 15 anni nemico dell'influenza siriana in Libano. “Sono felicissimo per questa visita e spero che sia l'inizio di una luminosa fase nelle relazioni siro-libanesi”, ha detto il leader libanese in una conferenza stampa al palazzo presidenziale, dopo il colloquio di 90 minuti di ieri con il presidente Assad. “Abbiamo parlato col cuore e con la mente per spazzare dalla memoria siriana e libanese le tracce dolorose”, ha aggiunto l'ex comandante militare libanese, che ha combattuto una “guerra di liberazione” contro le truppe siriane in Libano nel 1990. Cattolico maronita, 73 anni, capo di un gruppo di 15 deputati al parlamento libanese, Aoun rimarrà in Siria per cinque giorni, durante i quali incontrerà anche la minoranza cristiana locale. Nella Siria a grande maggioranza sunnita, guidata dalla minoranza alawita, Aoun ha anche esortato i cristiani a rafforzare le loro radici geografiche e storiche.

    Spagna-omicidio attribuito Eta
    È stato ucciso in un agguato, in Spagna, Ignacio Uria Mendizabal, imprenditore settantenne della società di costruzioni Altuna y Uria, impegnata nella realizzazione di una linea ferroviaria ad alta velocità basca, progetto già preso di mira dal gruppo terroristico basco Eta. Polizia, stampa e mondo politico, infatti, non hanno dubbi sulla matrice Eta. Eseguito a due settimane dall'arresto in Francia di Mikel Garikoitz Aspiazu, detto "Txeroki", considerato il capo del suo apparato militare, l’assassinio dell’imprenditore risulta essere il quarto mortale nell'arco di un anno attribuibile al gruppo separatista. L'uccisione dell'imprenditore è stata immediatamente condannata dal premier spagnolo, Zapatero, che lo ha definito un atto criminale gratuito. Il capo del governo ha anche sospeso una riunione prevista domani a Bilbao proprio con gli imprenditori baschi. Tutti i partiti in parlamento hanno inoltre convocato per domani una manifestazione unitaria di condanna davanti al Congresso dei deputati.

    Russia
    È la crisi, con le sue conseguenze sociali, il principale tema delle domande cui sta rispondendo il premier russo, Vladimir Putin, nella sua settima diretta tv e internet con il popolo. Una tradizione annuale inaugurata nel 2001, quando era presidente, ma conservata quest'anno dopo aver lasciato il Cremlino e assunto la guida del governo. Putin è anche leader di "Russia Unita", il partito di maggioranza assoluta. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    Lo Stato russo è pronto ad entrare nel capitale dei grandi gruppi per fronteggiare la crisi. Lo annuncia Putin. Parla di un periodo duro per tutti, ma afferma che la Russia ha i mezzi per superare la crisi mondiale senza gravi danni per i suoi cittadini. Ricorda periodi più difficili come all'inizio degli Anni Novanta quando - dice - era addirittura in discussione l'integrità territoriale. Il premier russo sostiene che, nonostante problemi, come l'inflazione, il 2008 si chiuderà con una crescita di circa il 7%. Fin qui, questioni più interne. Poi Putin risponde su relazioni internazionali e parla di “segnali positivi” dalla nuova amministrazione Usa, facendo come esempio la decisione ieri dei ministri degli Esteri dei Paesi Nato di non concedere a Georgia e Ucraina la prea-desione (Map) all'Alleanza. Poi Putin cita voci secondo le quali Obama non intende “affrettarsi neppure con l'installazione degli elementi della difesa antimissilistica” nell'Europa dell'est. Infine interpellato sulla questione energetica, ribadisce che Mosca taglierà le forniture di gas ai paesi di transito se non onorano i loro obblighi.

     
    Ue condanna riconoscimento russo dell’indipendenza di Abkhazia e Ossezia
    L'Unione Europea ribadisce la condanna del riconoscimento da parte della Russia dell'indipendenza dalla Georgia delle Repubbliche separatiste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud. Lo ha detto il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, nel suo intervento al XVI Consiglio ministeriale dell'Osce che si è aperto questa mattina a Helsinki. “L'Europa vuole ribadire con forza - ha detto il capo della diplomazia francese - la condanna del riconoscimento da parte della Russia dell'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud”. Kouchner ha inoltre rivolto un appello alla Russia affinchè riprenda il prima possibile la piena applicazione del Trattato sulle Forze Convenzionali in Europa (CFe) sospesa da Mosca a dicembre 2007. “L'Unione europea - ha detto il ministro degli Esteri francese - esorta la Federazione russa ad adoperarsi per riprendere la piena applicazione del Trattato sulle Forze Convenzionali in Europa”.

    Appello del cancelliere Merkel in vista del prossimo vertice UE
    Per far fronte alla crisi economica e finanziaria serve uno sforzo comune a livello europeo e l'Ue deve essere anche unita nella sua lotta al cambiamento climatico. È questo il messaggio lanciato oggi dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, nel corso di un intervento al Bundestag. In vista del summit europeo della settimana prossima a Bruxelles, la Merkel ha definito “grave” l'attuale crisi finanziaria ed ha sottolineato che “i problemi globali si possono risolvere solo insieme”. Data la gravità della situazione, quindi, la cancelliera ha sottolineato che l'Europa deve essere unita nei suoi sforzi per cercare di far ripartire l'economia e per combattere il cambiamento climatico.

    Cina-Francia, a rischio le relazioni commerciali se Sarkozy incontra il Dalai Lama
    La Cina ha lanciato oggi l'ennesimo avvertimento alla Francia, affermando che le relazioni commerciali tra i due Paesi potrebbero essere danneggiate dall'incontro del presidente Nicolas Sarkozy con il Dalai Lama, previsto per sabato prossimo in Polonia. “È solamente nel quadro di buone relazioni bilaterali che possiamo creare un'atmosfera buona per le nostre relazioni commerciali”, ha detto il portavoce del Ministero degli esteri cinese, Liu Jianchao. La Cina ha cancellato il suo vertice annuale con l'Unione Europea, della quale la Francia è il presidente di turno, a causa dell'annunciato incontro tra Sarkozy e il leader tibetano. Il Dalai Lama, considerato un secessionista da Pechino, parteciperà ad una riunione di vincitori del Premio Nobel per la Pace promossa dall'ex leader di Solidarnosc Lech Walesa, alla quale Sarkozy è stato invitato. Il Dalai Lama ha ricevuto nel 1989 il prestigioso riconoscimento.

    Morti operai cinesi per un incendio nel dormitorio
    Undici operai cinesi sono morti ed altri dieci sono rimati feriti a causa di un incendio scoppiato nel dormitorio della loro azienda, nei pressi della città di Qingdao. La notizia è resa nota dall'agenzia Nuova Cina e sull'accaduto è stata aperta un'inchiesta. Fonti di stampa riportano che spesso le aziende bloccano le uscite per impedire l'ingresso di ladri, ma anche per evitare che gli operai lascino nottetempo il lavoro. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 339

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