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Sommario del 03/12/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all’udienza generale: la venuta di Cristo è “il fiume di bene” e di speranza che vince il male del peccato originale
  • Nomine
  • Il cardinale Sandri: i cristiani del Libano siano più uniti per il bene del loro Paese
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Storica firma ad Olslo della Convenzione contro le cluster bomb: il commento di mons. Tomasi
  • Giornata internazionale delle persone con disabilità: interviste con Beccegato e D'Agostino
  • Conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo: delusione delle Ong
  • Incontro di preghiera a Roma per Eluana Englaro: intervista con mons. Sgreccia
  • Al Pantheon in scena "Pellicano-Nelle tue mani" sui martiri del XX secolo
  • La Chiesa ricorda San Francesco Saverio, patrono delle Missioni
  • Chiesa e Società

  • Uccise due donne cristiane in Orissa
  • Il 7 dicembre in India speciale Domenica per la Liberazione dei Dalit
  • Mons. Sleiman: l’Iraq ha bisogno dei cristiani, i cittadini iracheni di uno Stato di diritto
  • Campagna di "Aiuto alla Chiesa che Soffre" per la Chiesa perseguitata
  • Nel Nord Kivu progressivo ritorno degli sfollati
  • A Mosca presentato il libro del Papa “Gesù di Nazaret” tradotto in lingua russa
  • La Chiesa polacca raccoglie fondi per le Chiese dell’ex Urss
  • Filippine: Avvento per la pace ed il dialogo fra cristiani e musulmani a Mindanao
  • Medio Oriente: ebrei, cristiani e musulmani in preghiera contro la siccità
  • Firmato da diversi leader religiosi il manifesto sui cambiamenti climatici
  • Conferenza internazionale a Dakar sull’Aids in Africa
  • Zambia: ritirate le accuse contro il sacerdote direttore di Radio Icengelo
  • Un Avvento missionario per la Chiesa pakistana
  • I vescovi venezuelani: l'esito del voto rafforzi la democrazia
  • Paraguay: l’8 dicembre pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Caacupé
  • India: inaugurata la prima università cattolica
  • In Spagna raddoppiato il numero di aborti negli ultimi dieci anni
  • Messaggio di Natale del Consiglio delle Chiese cristiane di Francia
  • Regno Unito: il cardinale O'Brien lascia per protesta la presidenza di un'agenzia di adozione
  • Mons. Ravasi: il cinema può essere via privilegiata di conoscenza
  • La Cei prepara il primo rapporto sull’educazione
  • Nel 65.mo anniversario della nascita dei Focolarini, Rocca di Papa ricorda Chiara Lubich
  • Nella Basilica di San Paolo esposta una statua di Giovanni Paolo II
  • 24 Ore nel Mondo

  • La Rice a Delhi per allentare la tensione tra India e Pakistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all’udienza generale: la venuta di Cristo è “il fiume di bene” e di speranza che vince il male del peccato originale

    ◊   Al “fiume del male” introdotto nella storia umana dal peccato originale del primo Adamo, Dio ha opposto il “fiume di puro bene” con la venuta di suo Figlio, il “nuovo Adamo”. E’ in quest’ottica - ha affermato Benedetto XVI nell’udienza generale di questa mattina - che va compreso anche oggi il senso del peccato originale, segno della libertà umana di optare per la violenza piuttosto che per l’amore. Davanti ai circa settemila fedeli di tutti i continenti in Aula Paolo VI, il Papa ha invitato gli Istituti bancari e di credito a essere solidali, in tempo di crisi economica, con le famiglie e le fasce deboli della popolazione e a sostenere l’attività produttiva. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’esordio della storia della salvezza passa per un supremo atto di infedeltà della creatura verso il suo Creatore. Un peccato, quello di Adamo, sul quale l’umanità di ogni epoca ha riflettuto cercando di capire questo insondabile mistero e molto spesso di rimuoverlo, in questo caso dimenticando - ha affermato Benedetto XVI - ciò che San Paolo ha invece insegnato sin dalla prima ora della Chiesa:

     
    “Al centro della scena non si trova tanto Adamo con le conseguenze del peccato sull'umanità, quanto Gesù Cristo e la grazia che, mediante Lui, è stata riversata in abbondanza sull'umanità (…) Pertanto, il confronto che Paolo traccia tra Adamo e Cristo mette in luce l’inferiorità del primo uomo rispetto alla prevalenza del secondo”.

     
    Ma, si è chiesto il Papa, che cos’è il peccato originale? E soprattutto: è un’idea ancora oggi sostenibile? C’è un “dato empirico” dal quale bisogna partire per comprendere la grandezza del successivo disegno d’amore di Dio:

     
    “Il dato empirico è che esiste una contraddizione nel nostro essere. Da una parte ogni uomo sa che deve fare il bene e intimamente lo vuole anche fare. Ma, nello stesso tempo, sente anche l'altro impulso di fare il contrario, di seguire la strada dell'egoismo, della violenza, di fare solo quanto gli piace anche sapendo di agire così contro il bene, contro Dio e contro il prossimo”.

     
    Tanto la visione antica precedente a Cristo, quanto quella atea successiva - ha spiegato il Papa - hanno in sostanza asserito e ripetuto che sia il male sia il bene sono forze che esistono da sempre e che l’uomo non può dominare ma solo subire. Ma, ha obiettato Benedetto XVI:

     
    “È una visione in fondo disperata: se è così, il male è invincibile. Alla fine conta solo il proprio interesse. E ogni progresso sarebbe necessariamente da pagare con un fiume di male e chi volesse servire al progresso dovrebbe accettare di pagare questo prezzo. La politica, in fondo, è impostata proprio su queste premesse: e ne vediamo gli effetti. Questo pensiero moderno può, alla fine, solo creare tristezza e cinismo”.

     
    Del resto, ha proseguito il Papa, le notizie di varia violenza che arrivano ogni giorno dal mondo sono una conferma “innegabile” di quello che, ha detto il Pontefice, è “il fiume sporco del male” entrato nella storia col peccato originale. Tuttavia, ciò che conta - e che San Paolo insegna - non è tanto quel peccato originario in sé quanto ciò che è accaduto dopo, dimostrazione che il male è una forza subordinata al bene che è Dio:

     
    “Dio ha introdotto la guarigione. È entrato in persona nella storia. Alla permanente fonte del male ha opposto una fonte di puro bene. Cristo crocifisso e risorto, nuovo Adamo, oppone al fiume sporco del male un fiume di luce. E questo fiume è presente nelle storia: vediamo i santi, i grandi santi ma anche gli umili santi, i semplici fedeli. Vediamo che il fiume di luce che viene da Cristo è presente, è forte”.

     
    L’Avvento, in fondo, è il supremo mistero d’amore che risponde al mistero del male. E questa consapevolezza ha fatto scaturire dal cuore di Benedetto XVI questa preghiera spontanea:

     
    "Vieni Gesù; vieni, dà forza alla luce e al bene; vieni dove domina la menzogna, l'ignoranza di Dio, la violenza, l'ingiustizia; vieni, Signore Gesù, dà forza al bene nel mondo e aiutaci a essere portatori della tua luce, operatori della pace, testimoni della verità. Vieni Signore Gesù!".

     
    Dopo la sintesi della catechesi nelle diverse lingue, il Papa si è come di consueto dedicato ai saluti particolari dei gruppi presenti all’udienza generale. Oltre alla gratitudine verso la Federazione Italiana Panificatori e Pasticceri, che ha donato dei panettoni natalizi destinati alle opere di carità del Papa, Benedetto XVI ha rivolto questo pensiero alla delegazione della Banca di Credito Cooperativo del Lamentino:

     
    “La vostra presenza, cari amici, mi offre l’opportunità per porre in luce, specialmente in questo tempo di difficoltà per tante famiglie, uno degli obiettivi primari degli Istituti bancari e di credito, e cioè la solidarietà nei confronti delle fasce più deboli e il sostegno all’attività produttiva”.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Meerut (India), presentata da mons. Patrick Nair, per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. Francis Kalist, del clero di Meerut, rettore del Seminario Maggiore di Agra. Il rev. Francis Kalist è nato il 23 novembre 1957 a Ratapuram, nel distretto di Kanyakumari, diocesi di Kottar. E’ stato ordinato il 30 dicembre 1982, a Meerut, ed incardinato nella medesima diocesi.

    Il Santo Padre ha eretto la diocesi di Teotihuacan (Messico) con territorio dismembrato dalla diocesi di Texcoco, rendendola suffraganea della Chiesa Metropolitana di Tlalnepanltla. Il Papa ha nominato primo vescovo di Teotihuacan il rev. Francisco Escobar Galicia, del clero di Texcoco, finora parroco della parrocchia di "San Martín de las Pirámides". Il rev. Francisco Escobar Galicia è nato a Otumba, nello Stato del Messico, il 2 aprile 1955. E’ stato ordinato sacerdote il 13 agosto 1983 per il clero della diocesi di Texcoco. Nel 1996 ha ottenuto la Licenza in Missiologia presso la Pontificia Università Urbaniana a Roma. La nuova diocesi di Teotihuacan è composta da 8 Municipi, tutti della zona nord dello Stato del Messico - (Tecamac, Acolman, Teotihuacan, Axapusco, Nopaltepec, Otumba, San Martín de las Pirámides e Temascalapa). Ha una superficie di 1.061,57 Km2 ed una popolazione di 866.282 abitanti, di cui 779.000 sono cattolici. Le parrocchie sono 33; vi sono 53 sacerdoti diocesani; i seminaristi maggiori sono 16 e le religiose 72. Chiesa Cattedrale è la chiesa parrocchiale di "San Juan Bautista", nella città di "San Juan de Teotihuacan". Con l’erezione della nuova diocesi di Teotihuacan le circoscrizioni ecclesiastiche in Messico sono ora 90.

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    Il cardinale Sandri: i cristiani del Libano siano più uniti per il bene del loro Paese

    ◊   Rafforzare i vincoli di unità tra tutti i cristiani del Libano, allontanare le minacce di divisioni e rinsaldare i vincoli di comunione tra la Chiesa di Roma e la Chiesa maronita: questo lo scopo della visita pastorale compiuta dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, invitato nel Paese dei cedri dal Consiglio dei Patriarchi del Medio Oriente, presieduto dal cardinale Nasrallah Sfeir. Presenti alla riunione del Consiglio i patriarchi Maronita, Melchita, Latino di Gerusalemme, di Alessandria d’Egitto ed un rappresentante di quello Siro cattolico. Il cardinale Sandri si è anche incontrato con il patriarca Aram I di Cilicia degli Armeni e con il patriarca Greco ortodosso. Tra gli eventi più suggestivi della visita è stato l’Atto ecumenico celebrato nella cattedrale di Beirut da tutte le Chiese cristiane presenti in Libano per commemorare l’Anno Paolino, come testimonia il porporato al microfono di Romilda Ferrauto:

    R. - E’ stato un segno di particolare significato per manifestare l’unità di tutti i cristiani attraverso la preghiera, commemorando questa figura straordinaria di Paolo. Però, nella comunità cristiana libanese civile e laica, è percettibile una certa divisione dal punto di vista politico: anche questo è stato per me un motivo di dialogo, di ascolto dei progetti che ci sono per poter far sì che i cristiani lavorino tutti insieme per la prosperità civile e morale del Libano. A questo sta lavorando soprattutto il patriarca maronita, cercando di far sì che tutti gli sforzi dei leader civili del Paese abbiano un’efficacia maggiore se – appunto – si parte da questa unità tra i cristiani. Ho incontrato il presidente della Repubblica, che era ancora commosso per la recente visita al Santo Padre; ho visto che anche da parte sua c’è un grande desiderio di coerenza e comunione di tutti i cristiani, di lavorare per la grandezza del Libano. Ho potuto quindi vedere che esiste questo possibile pericolo di divisione tra i cristiani in senso politico, e allo stesso tempo ho visto però che tutto per ora sembra 'calmo' e che il patriarcato maronita di Beirut lavora per far sì che questa unità abbia dei riscontri anche nella situazione politica del Paese.

     
    D. – Il patriarca Sfeir ha sempre avuto una forte influenza sulla vita della Nazione libanese. La recente crisi istituzionale lo ha messo in difficoltà. Secondo Lei, il ruolo del patriarca si è indebolito o può ancora continuare a lavorare per il Paese?

     
    R. – Io credo di poter dire che la figura del patriarca sia una figura adeguata, per quello che ha fatto, per quello che sta facendo e per quello che potrà fare, per far sì che queste eventuali spinte di divisione tra i cristiani si trasformino invece in spinte per lavorare in favore del Paese. Ho sentito da tutti – ricordo in particolare, in questo momento, il Gran Muftì della comunità sunnita, che mi ha ricevuto cordialmente – gli elogi che egli ha fatto al patriarca Sfeir; anche da parte di tutte le autorità civili che ho incontrato, dal presidente della Repubblica in giù. E’ certamente una figura che rappresenta e simbolizza il senso cristiano del Libano e che trasmette, nella sua venerabile paternità, questi significati ai suoi fedeli.

     
    D. – Ci sono stati importanti incontri, a Roma, tra il Santo Padre e l’ambasciatore del Libano, tra il Santo Padre e il presidente libanese e ora la sua visita, eminenza, in Libano: la Santa Sede segue con grandissimo interesse la situazione in Libano...

     
    R. – Certamente. Questi incontri del presidente della Repubblica con il Papa e la cerimonia di presentazione delle credenziali del nuovo ambasciatore del Libano, sono prove evidenti dell’interesse del Santo Padre – che in tanti discorsi si è riferito al Libano e che forse vi si riferirà anche in futuro – e della grande importanza che ha il Libano per la Santa Sede, che segue attentissimamente questo amato Paese. Io ho potuto, in diverse circostanze, ispirarmi al bellissimo discorso del Santo Padre al nuovo ambasciatore e prendere da lì tanti spunti positivi. Per esempio, uno dei punti che mi ha particolarmente colpito è quando il Santo Padre dice all’ambasciatore che il Libano è un tesoro che deve essere protetto e arricchito da tutti i libanesi come pure dalla comunità internazionale. Poi dice anche che è felice del dialogo generale che è in corso nel Paese e che questo dialogo deve servire per fissare gli obiettivi della vita pubblica e civile del Libano e i compromessi che bisogna accettare per poterli raggiungere. Questa è una parola del Santo Padre che può essere molto ispiratrice, anche per superare certi parametri stagnanti nella vita civile del Paese.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La bolla che ci salverà: in prima pagina, un articolo di Ettore Gotti Tedeschi su sviluppo e crisi finanziaria

    La Santa Sede ratifica la Convenzione sulle munizioni a grappolo: nell’informazione internazionale, la Dichiarazione allegata allo strumento di ratifica e l’intervento dell’arcivescovo Dominique Mamberti durante la cerimonia della firma a Oslo

    In cultura, Josep Ignasi Saranyana illustra i temi principali trattati nel quarto e ultimo tomo della “Teologia en América Latina” (il primo volume è stato pubblicato nove anni fa). Intervista di Juan Suarez-Lledo a Ignasi Saranyana

    Alcuni brani del volume “Gesuiti, guaranì ed emigranti nelle Riduzioni del Paraguay” di Gianpaolo Romanato

    Nell’informazione religiosa, stralci dall’intervento del cardinale Franc Rodé a un incontro, a Boston, con religiosi e religiose dell’America del Nord

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    Oggi in Primo Piano



    Storica firma ad Olslo della Convenzione contro le cluster bomb: il commento di mons. Tomasi

    ◊   Almeno un centinaio di Paesi sono rappresentati oggi a Oslo, in Norvegia, per la firma della Convenzione che vieta l’utilizzo, la produzione, il trasferimento e lo stoccaggio delle bombe a grappolo, dopo l’approvazione del testo avvenuta il 30 maggio a Dublino. Anche la Santa Sede ha ratificato la Convenzione. Presente alla cerimonia il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, l'arcivescovo Dominique Mamberti: il presule, nel suo discorso, ha sottolineato che "l'edificio della pace è ora più saldo", anche se nel mondo "le spese militari sono purtroppo in allarmante aumento". "Questa Convenzione - ha detto - è l'espressione di una volontà politica comune di rispondere concretamente a problemi particolari mediante il rafforzamento del diritto umanitario internazionale". "Una sicurezza credibile - ha aggiunto - è non solo possibile, ma anche e soprattutto efficace quando è basata sulla cooperazione, sulla costruzione della fiducia e su un ordine internazionale giusto. Un ordine fondato sull'equilibrio della forza è fragile, instabile e fonte di conflitti". Mons. Mamberti ha lanciato quindi "un appello a tutti i Paesi, in particolare a quelli produttori, esportatori e utilizzatori potenziali di munizioni a grappolo, a unirsi ai firmatari di oggi per dire a tutte le vittime e a tutti i Paesi pesantemente colpiti da queste armi che il loro messaggio è stato udito". La Conferenza odierna segna il punto di arrivo del cosiddetto “Processo di Oslo”, un percorso negoziale che prende nome dal primo vertice globale sulle munizioni a grappolo, svoltasi nella capitale norvegese nel febbraio 2007. Ma si può parlare di un segnale di compattezza del mondo nei confronti di queste terribili armi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:

    R. – L’opinione pubblica internazionale si è trovata compatta a rispondere alla sofferenza delle vittime di queste bombe, che hanno lasciato una traccia da tanti anni in vari Paesi del mondo, e continuano a fare vittime ogni giorno. Mancano alcuni dei grandi Paesi produttori e utilizzatori di queste armi, però questo non scoraggia certamente la grande maggioranza dei Paesi del mondo che sono presenti qui, a Oslo, per firmare e alcuni anche per ratificare immediatamente questa nuova Convenzione.

     
    D. – Tra i Paesi che mancano all’appello ci sono gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, Israele, India … C’è la possibilità, secondo lei, di un’inversione di tendenza dopo la firma di oggi?

     
    R. – Io penso che, come risultato di questa massiccia presa di posizione della grande maggioranza degli Stati del mondo, ci sia una certa pressione morale verso i Paesi menzionati, perché magari attraverso lo strumento della Conferenza per il disarmo delle Nazioni Unite, eventualmente si possa arrivare se non ad un protocollo obbligatorio come quello attuale, firmato qui a Oslo, almeno a qualcosa di simile che porti in maniera progressiva ad una eliminazione, anche in questi Paesi, dell’uso di queste bombe a grappolo.

     
    D. – Altro aspetto interessante è che per questa Convenzione è prevista la firma di pressocchè tutti i Paesi africani. Questo che cosa vuol dire, per questo continente?

     
    R. – L’Africa è stata rappresentata dallo Zambia, anche se altri Paesi dell’Africa sono presenti e firmano oggi. La volontà è di eliminare dal continente questo strumento di morte, perché la preoccupazione principale che si è voluta mettere in luce attraverso questa Convenzione è l’attenzione alle vittime: non soltanto le vittime che direttamente vengono uccise, ma la famiglia, la comunità; fare in modo che l’assenza di queste bombe a grappolo possa permettere uno sviluppo più efficace nei vari Paesi. Per l’Africa questo è molto importante, ma soprattutto credo che sia importante per Paesi come la Cambogia, il Laos, il Vietnam, dove da 40 anni e più sul terreno vedono la presenza milioni di questi ordigni che continuano a fare vittime anche oggi. Non voglio, inoltre, dimenticare neppure il Libano del Sud, che continua a convivere con questo problema dopo l’ultimo conflitto con Israele.

     
    D. – La Santa Sede si è impegnata fortemente per il raggiungimento di questo risultato...

     
    R. – Il ruolo della Santa Sede è stato molto attivo, perché abbiamo voluto veramente far capire che questo nuovo capitolo della legge umanitaria può aprire la porta anzitutto alla speranza: in primo luogo, per le vittime, e in secondo luogo, questo gesto e questa Convenzione, che diventerà obbligatoria speriamo in breve tempo, spero possa essere il simbolo che anche nel difficile cammino del disarmo nucleare e di altre forme di disarmo, come il mercato delle armi di piccolo calibro, è possibile raggiungere delle conclusioni positive, nonostante pessimismi iniziali che potrebbero bloccare il dialogo e lo sforzo dei Paesi a negoziare. E infine, mi pare che siamo riusciti a mettere fuori gioco l’uso di una gran parte di questi strumenti di sofferenza, di morte, e bloccare la strada allo sviluppo e all’utilizzo di queste bombe a grappolo, specialmente nelle zone dove vengono colpiti i civili, in modo da mantenere chiara la distinzione tra combattenti e civili, anche se naturalmente l’obiettivo finale è di mantenere la pace e quindi evitare che sia soldati, sia civili vengano in qualche modo feriti o uccisi da questi conflitti che continuano ad esplodere.

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    Giornata internazionale delle persone con disabilità: interviste con Beccegato e D'Agostino

    ◊   Sul tema “Dignità e giustizia per tutti noi” si celebra oggi la “Giornata internazionale delle persone disabili” promossa dall’ONU. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:

    Sono 650 milioni i disabili nel mondo, circa il 10 per cento della popolazione globale, in molti casi privati di un pari riconoscimento davanti alla legge, della libertà di espressione e d’opinione, dell’esercizio del voto e di altre forme di partecipazione alla vita politica e pubblica. “Oltre l’80% - sottolinea il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon - vive nei Paesi poveri” ed è per questo che è necessario aumentare gli sforzi “per spezzare il cerchio della povertà e della disabilità” e insieme per promuovere l’integrazione dei disabili, unico antidoto all’emarginazione. Ma quali problematiche affrontano oggi i disabili nel mondo? Lo spiega Paolo Beccegato, di Caritas Italia:

     
    R. - Da noi ci sono problemi per quanto riguarda ad esempio l’accesso ai luoghi, la ricerca e le cause di alcune disabilità. Però, certamente, se guardiamo ai Paesi dell’est o del sud del mondo, i problemi sono nettamente più marcati. Nell’est il tema fortissimo è quello della de-istituzionalizzazione, che è un tema molto delicato, che comprende sia il tema delle politiche che il tema della concezione stessa della malattia. Nel sud, sebbene la rete familiare abbia una tenuta forte, spesso però mancano sia le istruzioni di base per la prevenzione, per la cura, sia strutture, sia in alcuni casi ci sono fenomeni di esclusione sociale fortissimi, che arrivano appunto a situazioni estreme, dove addirittura il malato viene rinchiuso, incatenato e così via.

     
    D . - Come contrastare l’emarginazione e favorire il rispetto dei loro diritti?

     
    R. – Il primo passo è un passo culturale che non crei esclusione nelle menti e poi, di conseguenza, scelte politiche e scelte diffuse per una maggiore tutela.

     
    Nel maggio scorso è entrata in vigore la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. La Santa Sede pur appoggiando nel suo insieme la Convenzione non l’ha firmata a causa di un articolo che potrebbe prevedere l’aborto dei feti di potenziali disabili. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    In una intervista rilasciata alla nostra emittente il 14 dicembre di due anni fa mons. Celestino Migliore, rappresentante vaticano presso l’Onu, spiegava i motivi per cui la Santa Sede non poteva firmare la Convenzione: “E’ tragico – affermava - che … la Convenzione creata per proteggere le persone con disabilità da ogni discriminazione nell’esercizio dei loro diritti può essere usata per negare il basilare diritto alla vita di persone disabili non nate”. Ascoltiamo in proposito il prof. Francesco D’Agostino, presidente dei Giuristi cattolici e presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica:

     
    R. – Il problema è che attraverso delle dichiarazioni internazionali, ragionevolissime nella loro finalità, si cerca di introdurre una nuova categoria di diritti – assolutamente discutibili e in certi casi obiettivamente riprovevoli. Una cosa è garantire i diritti degli handicappati come quelli di tutti i cittadini; altra cosa è, per prevenire l’handicap, invece di adottare strategie terapeutiche quella di sopprimere eugeneticamente, prima della nascita, i feti portatori di handicap. In questo senso, l’opinione pubblica non è stata informata e non ha capito che, attraverso la pur nobile proclamazione dei diritti degli handicappati, si sta cercando di introdurre – o già si è introdotta – una legittimazione della eutanasia eugenetica prenatale.

     
    D. – C’è stata disinformazione su un equivalente no del Vaticano: il no alla proposta francese di depenalizzazione dell’omosessualità: la Chiesa – occorre ribadire con chiarezza - sostiene la depenalizzazione dell’omosessualità – ma è contro l’intenzione di porre sullo stesso piano ogni orientamento sessuale…

     
    R. – Il discorso è assolutamente analogo. Nei limiti in cui la pratica omosessuale avviene tra adulti consenzienti, non può avere alcun divieto giuridico: è semplicemente una pratica lecita. Ma se per giustificare la condanna di ogni criminalizzazione dell’omosessualità, su cui siamo tutti d’accordo, si deve fare assurgere il comportamento omosessuale ad un comportamento meritevole di tutela alla stregua di tutti quei comportamenti che realizzano diritti umani fondamentali, noi ci troviamo di fronte ad una vera e propria alterazione del concetto di diritti umani, che va denunciata e con la quale non ci si può compromettere.

     
    D. – La proposta potrebbe portare a ritenere una violazione dei diritti umani il fatto di considerare, per esempio, il matrimonio fra un uomo e una donna la forma fondamentale e originaria della vita sociale e come tale da privilegiare…

     
    R. – Certo: perché se si parte dall’idea che non ci sia una sessualità oggettivamente radicata in natura ma che le scelte sessuali siano scelte soggettive e arbitrarie, insindacabili legalmente e addirittura meritevoli di tutela giuridica, se cioè si aderisce alla cosiddetta “teoria del genere”, abolendo il riferimento alla sessualità biologica, destrutturiamo l’immagine dell’Uomo che invece abbiamo il dovere di custodire e di difendere. La dichiarazione francese, originariamente era stata formulata in tre sintetici e impeccabili articoli; lentamente, si è gonfiata fino a diventare di 13 articoli, all’interno dei quali si sono introdotte queste pretese di riconoscimenti a livello di diritti fondamentali dell’omosessualità, che non hanno consistenza antropologica.

     
    D. – Alla vigilia del 60.mo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, come sta cambiando la visione dei diritti umani?

     
    R. – Bisogna sempre essere ottimisti e quindi rilevare che la difesa dei diritti dell’Uomo è una forza positiva e operante in tutti i Paesi del mondo di oggi. Ma non possiamo neanche essere ciechi e non prendere atto che da molto tempo c’è il tentativo di strumentalizzare la categoria dei diritti umani per interpretarli non come il doveroso riconoscimento che ogni persona umana ha una dignità fondamentale e inviolabile, ma per ottenere il riconoscimento che ogni pretesa soggettiva, libertaria, individuale meriterebbe di essere tutelata dal diritto. Ebbene, su questo fronte bisogna attivare un confronto culturale: riconoscere i diritti non significa riconoscere l’arbitrio soggettivo e santificarlo.

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    Conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo: delusione delle Ong

    ◊   Delusione per la dichiarazione finale della Conferenza sul finanziamento allo sviluppo che si è conclusa ieri a Doha. Non hanno partecipato la maggior parte dei leader mondiali e i vertici delle istituzioni finanziarie internazionali. E non sono emerse risposte sul destino di milioni di poveri. La denuncia arriva dai rappresentanti delle oltre 250 Ong che hanno preso parte alla Conferenza in Qatar. Fausta Speranza ha intervistato Sergio Marelli, presidente delle Ong italiane:

    R. – Quello che è uscito fondamentalmente è la conferma degli impegni che erano stati assunti con la Conferenza di Monterrey del 2002. Ricordiamo che la Conferenza di Doha serviva esattamente per misurare e valutare i progressi compiuti in questi sei anni. Però, è come se non fosse successo nulla in questi anni. E’ come se noi non stessimo vivendo questo drammatico momento economico, questo tsunami finanziario. Voglio dire che sono stati confermati impegni che andavano bene sette anni fa, ma che sono assolutamente inadeguati oggi. La crisi finanziaria rischia – anzi probabilmente ormai è una certezza – di scaricare i costi in particolare sui più poveri e sugli emarginati. Il danno enorme causato da un mercato sregolato, non regolato, dai governi dei Paesi ricchi e dalle grandi banche centrali e internazionali, i costi di questa crisi economica alla fine verranno riversati sui Paesi poveri del mondo. Anche a Doha è stato confermato che di risorse per l’aiuto allo sviluppo, e quindi per sostenere gli sforzi di ripresa e di integrazione nel mercato e nell’economia globale di certi Paesi, non ce ne saranno, anzi sarà già un grande risultato se nei prossimi anni si manterranno le risorse attualmente stanziate.

     
    D. – E’ stato preso un impegno preciso per un summit delle Nazioni Unite per discutere proprio di tutte queste questioni?

     
    R. – Sì, diciamo che questa è sicuramente la luce di speranza che a Doha è emersa. Al termine di una conferenza che non ha dato i risultati sperati, una conferenza che non è stata appunto all’altezza delle aspettative, resta, dopo un lungo tira e molla da parte dei governi con il presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, questo grande appuntamento che dovrà essere definito entro marzo del 2009 e che dovrà poi essere organizzato entro il prossimo anno. L’obiettivo è proprio affrontare le questioni legate agli impatti e agli effetti che questa crisi economica finanziaria avrà sui Paesi in via di sviluppo e sullo sviluppo sostenibile in quanto tale.

     
    D. – Dott. Marelli, in definitiva, è possibile in questo momento capire quanto sarà alto il prezzo che pagheranno i Paesi in via di sviluppo per questa crisi?

     
    R. – Qualche indicatore purtroppo lo abbiamo già. Uno per tutti: la Fao nel suo ultimo rapporto, che è stato presentato un mese fa e quindi proprio alla vigilia della Conferenza di Doha, ha già denunciato come crisi economica, crisi alimentare e crisi climatica, abbiano innalzato di 50 milioni di persone il numero degli uomini e delle donne che soffrono la fame nel mondo.

     
    D. – Parliamo dell’Italia che sarà presidente del prossimo G8...

     
    R. – L’Italia si appresta ad assumere la presidenza di un G8 che ormai è completamente delegittimato per la sua impotenza nell’affrontare gli effetti e gli impatti di questo tsunami finanziario, un G8 che già ha dovuto allargare i propri confini, i propri margini per includere i cosiddetti G20 e cioè le economie emergenti dei Paesi del sud del mondo. E bisogna dire che l'Italia, che si appresta a presiedere questo G8, lo fa con un dato a dir poco drammatico: il dimezzamento delle risorse stanziate per lo sviluppo e per la cooperazione internazionale, con lo 0,1 per cento del prodotto interno lordo, che propone la finanziaria del 2009. L’Italia ritorna ad essere tra gli ultimi nella graduatoria dei Paesi donatori.

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    Incontro di preghiera a Roma per Eluana Englaro: intervista con mons. Sgreccia

    ◊   Si svolgerà questo pomeriggio a Roma, presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, un incontro di preghiera e riflessione dedicato a Eluana Englaro la donna in stato vegetativo persistente da 17 anni, sulla cui vicenda giudiziaria si è espressa il mese scorso la Corte Costituzionale italiana, autorizzando di fatto l’interruzione della nutrizione e della idratazione che la tengono in vita. In attesa di ulteriori sviluppi, molti fedeli si sono ritrovati nella Basilica romana per volontà della fondazione “Ut vitam habeant” e dell’associazione “Donum Vitae” in collaborazione col Vicariato di Roma. A presiedere l’iniziativa, mons Elio Sgreccia presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, che al microfono di Gabriella Ceraso così spiega la ragione dell’incontro.

    R. – Un incontro di preghiera non è contro nessuno, è a favore del rispetto della vita. Il primo sussidio che la comunità cristiana può offrire, è quello di rivolgersi al Signore della vita che può assicurare la vicinanza anche là dove quella umana non può arrivare.

     
    D. – E’ anche questo un modo per non stare in silenzio?

     
    R. – Quando si ricorre a Dio, perché una persona sia salvata, sia rispettata, e perché non passi mai surrettiziamente la morte attraverso la legge, questo è anche un monito silenzioso.

     
    D. – Un momento dunque di preghiera ma anche un’occasione per riflettere?

     
    R. – La preghiera facilita la riflessione sul senso del dolore o della morte, sul senso della redenzione perché il superamento di tutte le nostre fragilità, anche morali, spirituali, sta nell’incontro con il Salvatore, morto e risorto. Naturalmente c’è anche una rinnovata necessità di esprimere il rispetto per i sofferenti e rispetto del volere di Dio sulla vita umana.

     
    D. – Al punto in cui è arrivato il caso di Eluana Englaro, ritiene che ancora ci siano delle alternative?

     
    R. – Non sono un esperto di legge, di possibilità di ricorsi, però non si deve mai disperare. Se esiste una via attraverso la quale si possa fare un atto di sospensione di una morte inflitta, perché di questo si tratta, credo si possa fare.

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    Al Pantheon in scena "Pellicano-Nelle tue mani" sui martiri del XX secolo

    ◊   “Pellicano - Nelle tue mani” è il titolo dello spettacolo teatrale in programma per oggi pomeriggio a Roma, alle 17.30, nella chiesa di Santa Maria dei Martiri al Pantheon. Un testo che racconta la storia di dieci martiri del XX secolo, scritto nel 2005 da padre Joaquín Alliende, presidente dell’associazione Aiuto alla Chiesa che soffre, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. L’allestimento rientra nell’ambito delle iniziative per la riunione del Consiglio Generale di ACS in Vaticano. Ma come è nato questo progetto? Benedetta Capelli lo ha chiesto all’ideatore padre Joaquín Alliende:

    R. - E’ partito dal Colosseo, nel 2000, con la grande celebrazione dei martiri del secolo passato quando, in quell’occasione, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha detto che il futuro deve costruirsi e avere fondamento dal martirio: un’idea e una vocazione da trasmettere alla gioventù.

     
    D. – Come si articola questo spettacolo?

     
    R. – E’ rappresentato da un gruppo artistico d’eccellenza teatrale, musicale ed anche di danza. E’ un gruppo con una grande volontà di comunicare che il martirio è la testimonianza più seria, più vittoriosa della fede. Lo spettacolo racconta i martiri della Thailandia, i seminaristi uccisi in Burundi nel 1997, suor Tarcisia proveniente dall’Ucraina, l’arcivescovo di San Salvador Oscar Romero, il sacerdote ortodosso-russo Aleksandr Men, padre Karl Leisner grande martire tedesco al tempo del nazismo. E’ una selezione molto significativa dei martiri del XX secolo. E’ una versione appassionante e il fatto che la rappresentazione sia al Pantheon è significativo perché il nome della Chiesa è di Santa Maria ad Martyres.

    D. – Martirio è una parola, secondo lei, ancora attuale?

     
    R. – Martirio non è passato e futuro, è una realtà per molti cattolici nella nostra società. Oggi il martirio continua in Iraq, in India. La situazione del Venezuela è molto difficile per la Chiesa così come per il Pakistan dove i cattolici sentono la pressione dell’Islam fondamentalista. Il martirio è il segno della vitalità della Chiesa. Una Chiesa senza martiri vuol dire che non è fedele al martire per eccellenza che è Cristo.

    D. – Il pellicano rappresenta un simbolo importante per la Chiesa. Oggi cosa significa?

     
    R. – Il pellicano che rompe il suo petto per alimentare i suoi figli è il simbolo di Cristo e dell’eucaristia. Il grande pellicano è Cristo. Una volta ero con Giovanni Paolo II e a lui ho donato un’opera poetica sul pellicano: per me lui, dopo l’attentato, rappresenta “il pellicano polacco”. L’impressione che ho avuto è che il segreto della sua vita, il segreto dell’attentato sia proprio il sangue donato per la vita della Chiesa. Questo è il pellicano.

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    La Chiesa ricorda San Francesco Saverio, patrono delle Missioni

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria di San Francesco Saverio, sacerdote gesuita spagnolo, apostolo delle Indie e patrono delle Missioni. Vissuto nella prima metà del 1500 partì missionario verso l’India e il Giappone, primo sacerdote europeo a raggiungere quelle antiche civiltà. E’ morto a soli 46 anni nell’isola di San Chao, stremato dalle fatiche, mentre si preparava ad evangelizzare la Cina. Sulla figura di questo Santo ascoltiamo padre Vito del Prete, del Pime, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria, intervistato da Antonella Palermo:

    R. – Tre sono gli elementi fondamentali della sua personalità che lo rendono non solo un grande missionario ma anche molto attuale e che, in un certo qual senso, risponde ai criteri della missione odierna. Prima di tutto, egli decise di consacrare totalmente la sua vita a Dio. Durante gli studi che aveva fatto a Parigi - in cui incontrò Ignazio di Loyola - egli rinunciò completamente al progetto che i suoi parenti, ed egli stesso, avevano: quello di diventare dottore canonico in aiuto alle difficoltà finanziarie della sua famiglia. Anche la sua partenza per l’India fu un atto di obbedienza: doveva andare un suo compagno ma egli, chiamato da Ignazio di Loyola, rispose: “Eccomi, sono pronto”. Ha predicato in luoghi fino ad allora sconosciuti, è diventato l’apostolo dell’Asia. Il secondo elemento è la passione apostolica che nasce dalla contemplazione di Cristo. Imita Cristo nella sua profonda povertà ed umiltà, per cui, da qui scaturisce un po’ tutto l’amore che egli ha per i poveri, per gli emarginati, per gli abbandonati, per coloro che erano oppressi dai 'signorotti' del tempo. L’amore a Cristo lo spinge ad andare avanti senza arrendersi davanti a nessuno ostacolo. Il terzo elemento è la metodologia, quello che forse l’avvicina di più alla situazione missionaria oggi. Egli fonda delle chiese, le rende autosufficienti, cerca di formare il clero e i catechisti, cerca di stabilire un primo dialogo con la cultura asiatica.

     
    D. – Questo è l’elemento che oggi definiremmo “inculturazione”, cosa dobbiamo imparare in questo ambito da San Francesco Saverio?

     
    R. – Francesco Saverio, dovunque è stato, ha imparato la lingua, ha voluto realmente, poi, scrivere catechismi ed altre opere in lingua per la gente. Ha tentato di capire le culture locali, ha reso queste chiese, non più missioni ma le ha rese chiese autosufficienti.

     
    D. – Di fronte ad una India travagliata dalle violenze, San Francesco Saverio cosa avrebbe pensato?

     
    R. – Francesco Saverio oggi direbbe ai cristiani: “Abbiate la capacità di essere tolleranti, pazienti”. Noi, come cristiani, dobbiamo dare una testimonianza di chenosi. Il nostro dialogo, quello cristiano, non è fatto di rivendicazioni, è un dialogo che porta alla croce. Cristo ha dialogato con il mondo con la croce. Questo è il dialogo che noi dobbiamo tentare e questa comunità cristiana deve essere segno di questo dialogo anche se oggi è messo in croce perché, lì, in Orissa specialmente, è messo in croce.

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    Chiesa e Società



    Uccise due donne cristiane in Orissa

    ◊   In India, nel distretto di Kandhamal, dove da mesi si susseguono attacchi e uccisioni contro i cristiani, nei giorni scorsi sono state uccise due donne. Erano tornate al loro villaggio per tentare di mietere il raccolto di riso dai loro campi, sperando di garantire cibo per la loro famiglia. Una di loro è stata uccisa a colpi d’ascia. L’altra – riferisce AsiaNews - era ospitata in un campo profughi. Testimoni raccontano che la donna è stata portata via dalla casa dove si trovava e il suo corpo non è stato ancora trovato. Altre violenze si sono registrate nel villaggio di Tiangia. La notte fra il 25 e il 26 novembre sono state bruciate due case di cristiani e una di un indù che aveva accolto dei cristiani. Il Global Council of Indian Christians (Gcic) punta il dito contro l’incapacità del governo locale nel fermare le violenze. Sajan George, presidente del Gcic, sottolinea come “la paura domini ancora fra i cristiani di Kandhamal, per la memoria delle violenze in questi anni, ma soprattutto per il fallimento dell’amministrazione nel contenere le violenze in larga scala dopo l’uccisione di Swami Laxamananda Saraswati”. Sebbene la polizia abbia già arrestato 3 persone collegate con l’uccisione dello Swami, molti gruppi radicali indù hanno pianificato manifestazioni per criticare la lentezza delle forze dell’ordine nell’assicurare i colpevoli alla giustizia. Le manifestazioni si dovrebbero tenere proprio il giorno di Natale, il 25 dicembre prossimo. I cristiani temono che queste manifestazioni scateneranno una nuova ondata di violenze contro di loro. Proprio l’uccisione del leader indù lo scorso 23 agosto, da parte di un gruppo maoista, è stata la scintilla da cui è partita la drammatica sequenza di attacchi contro i cristiani in Orissa. Naveen Patnaik, primo ministro dell’Orissa, ha dichiarato che almeno 10 mila persone sono state inquisite per “le violenze di Kandhamal” e 598 sono state arrestate dopo la presentazione di 746 denunce. Ma nessuno di questi casi – sottolinea AsiaNews - si riferisce agli attacchi avvenuti a partire dal mese di agosto del 2008. (A.L.)

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    Il 7 dicembre in India speciale Domenica per la Liberazione dei Dalit

    ◊   Il Comitato nazionale di coordinamento dei cristiani Dalit, organo congiunto della Conferenza episcopale indiana e del Consiglio nazionale delle Chiese dell’India, ha indetto per il 7 dicembre prossimo una speciale Domenica per la Liberazione dei Dalit. “Cercare giustizia salvare gli oppressi” è il titolo della giornata la cui data è stata scelta, non a caso, a ridosso della Giornata Internazionale dei Diritti Umani, il 10 dicembre. L’obiettivo dell’iniziativa – spiega in una lettera il presidente della Commissione per le Caste protette e le popolazioni tribali mons. Charles Soreng - è di richiamare l’attenzione dei fedeli sulla difficile condizione in cui vivono ancora oggi gli ex intoccabili del sistema castale indiano formalmente abolito. I Dalit continuano infatti ad essere vittime di violenze e discriminazioni nella società indiana. Quelli cristiani e musulmani sono poi doppiamente penalizzati in quanto presi di mira per la loro religione (come è successo nelle recenti violenze anti-cristiane nell’Orissa) e tuttora esclusi dai vantaggi previsti dalla legislazione indiana per i Dalit indù e di altre confessioni (che comprendono, tra l’altro, quote riservate nelle scuole e nei posti di lavoro sul modello della cosiddetta "affirmative action" a favore degli afro-americani negli Stati Uniti). Su tutto questo i cristiani indiani saranno chiamati a riflettere domenica 7 dicembre. Essi saranno soprattutto esortati ad intraprendere azioni comuni contro queste discriminazioni, interpellando anche il governo di New Delhi affinché promuova interventi legislativi concreti a favore dei Dalit cristiani. (L.Z.)

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    Mons. Sleiman: l’Iraq ha bisogno dei cristiani, i cittadini iracheni di uno Stato di diritto

    ◊   L’annuncio dell’Unione Europea, lo scorso 27 novembre, di voler accogliere fino a 10 mila rifugiati iracheni, soprattutto quelli più vulnerabili come i membri delle minoranze religiose, lascia “perplesso” mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini. “Con una proposta di questo genere – ha dichiarato l’arcivescovo al Sir - la gente esausta dell’Iraq vede un invito a lasciare il Paese”. “I non cristiani che soffrono anche dei tempi bui del loro Paese - aggiunge - vedranno facilmente in questa misura un favoreggiamento dei cristiani che sono già ingiustamente sospettati di fare il gioco dell’Occidente”. “Bisogna aiutare i bisognosi - ribadisce mons. Sleiman - ma la soluzione non è semplicemente l’emigrazione. L’Iraq è il loro Paese e ha bisogno della loro presenza. Non tutti, poi, sono nelle stesse situazioni”. “Dare l’asilo politico a chi è minacciato di morte è un atto di solidarietà meritevole. Ma concederlo indistintamente a tutti quelli che hanno lasciato l’Iraq – fa notare l’arcivescovo - è un incoraggiamento perché tutti facciano la stessa cosa”. “I cristiani come gli altri cittadini iracheni – conclude - hanno bisogno di uno Stato di diritto”. (A.L.)

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    Campagna di "Aiuto alla Chiesa che Soffre" per la Chiesa perseguitata

    ◊   “Una luce per la Chiesa perseguitata”: questo il titolo della campagna per il Natale 2008 lanciata dal Segretariato italiano di “ACS - Aiuto alla Chiesa che soffre”. Per partecipare all’iniziativa, è sufficiente collegarsi al sito Internet www.acs-italia.org ed acquistare la candela-simbolo della campagna, versando un piccolo contributo, che sarà poi destinato ai progetti ACS a sostegno delle Chiese perseguitate. “La candela – informa una nota - sarà tenuta accesa da coloro che aderiscono all’iniziativa nel giorno di Natale, affinché, proprio nella solennità della nascita di Cristo Salvatore, i cattolici che possono liberamente professare la propria fede siano vicini nella fede e nella preghiera a tutti coloro che spesso, accanto alla gioia della natività, anche quel giorno patiscono la persecuzione”. “L’iniziativa – si legge ancora - ricorderà i cattolici, non solo dei Paesi nei quali testimoniare la fede in Cristo può comportare “apertamente” la persecuzione e la violenza, come accade in Cina, in India, in Pakistan e in alcuni Stati a maggioranza religiosa islamica, ma anche tutti coloro per i quali essere cattolici rappresenta, in Paesi meno noti alla cronaca, un elemento “distintivo” che comporta rischi molto concreti di pressioni e gravi emarginazioni sociali”. Infine, ACS ricorda che la campagna ha già ricevuto oltre 2mila adesioni di benefattori. (I.P.)

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    Nel Nord Kivu progressivo ritorno degli sfollati

    ◊   Nella Repubblica Democratica del Congo stanno lentamente rientrando nelle loro abitazioni le migliaia di persone sfollate nelle scorse settimane dalla zona a nord di Goma, capoluogo del Nord Kivu, a causa dei combattimenti tra l’esercito regolare e i ribelli guidati dal generale dissidente Laurent Nkunda. Secondo fonti locali, il 65% della popolazione di Kanyabayonga (principale centro abitato sull’asse che da Goma porta verso il nord del Paese) è ormai rientrato in città. Fonti della Misna confermano poi che il rientro degli sfollati sta proseguendo anche sull’asse Nyamilima-Ishasha, l’area a nord-est di Goma, verso il confine con l’Uganda, teatro dei più recenti combattimenti. Le Nazioni Unite sono tornate, intanto, a denunciare l’arruolamento forzato di minori tra le file dei combattenti. Sul fronte politico si registrano poi timidi passi avanti. I ribelli si sono detti pronti a incontrare il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, che ieri aveva chiesto un confronto diretto con Laurent Nkunda. Il confronto, inizialmente respinto, dovrebbe anticipare, nell’ottica dei ribelli, quel dialogo diretto col governo centrale di Kinshasa. Un incontro che Nkunda chiede incessantemente dall’avvio dell’ultima campagna militare. Le autorità congolesi finora si sono sempre rifiutate di incontrare il generale dissidente. (A.L.)

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    A Mosca presentato il libro del Papa “Gesù di Nazaret” tradotto in lingua russa

    ◊   “Riflessione di un saggio su ciò che c’è di più importante nella vita, la scoperta dell’autentico significato di Gesù Cristo”. Con queste parole la casa editrice russa ‘Azbuka’, conosciuta per le collane di autori classici e contemporanei, presenta la traduzione in lingua russa del libro di Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”. Si tratta di una “proposta importante – sottolinea il quotidiano della Santa Sede, l’Osservatore Romano – in un Paese che, sulle orme delle dinamiche occidentali, appare segnato dalla perdita di senso che caratterizza buona parte della cultura postmoderna”. Alla presentazione, avvenuta ieri presso il Centro culturale Biblioteca dello Spirito, sono intervenuti, tra gli altri, l’arcivescovo dell’arcidiocesi della Madre di Dio di Mosca, mons. Paolo Pezzi, ed il nunzio apostolico nella Federazione Russa, mons. Antonio Mennini. “La proposta del Papa - ha detto mons. Paolo Pezzi - porta in sé un aspetto di umiltà e un aspetto di audacia: umiltà, perché il suo autore, senza curarsi troppo del proprio ruolo ‘istituzionale’, accetta di esporsi al vaglio della ragione e delle critiche dell’interlocutore. Audacia perché l’autore è convinto della fondatezza di ciò che scrive, e perciò vuole, desidera correre il rischio di tale esposizione”. “Il Papa ha aggiunto - ci offre innanzitutto un coraggioso esempio di ciò che significa essere ‘testimoni’ del Vangelo: l’annuncio di Cristo deve sempre più tornare a essere un ‘rischio’ personale, un ‘esporsi’ in prima persona al ‘giudizio’ e alla ‘critica’ del mondo”. La speranza che Benedetto XVI propone – ha poi affermato mons. Antonio Mennini – non è altro che la speranza del desiderio umano preso sul serio nella sua radice profonda, nel suo potente dinamismo che urge l’infinito”. “L’appello di Benedetto XVI ad allargare la ragione – ha osservato il nunzio – costituisce una sfida a verificare se la proposta del Cristo, vivo e presente nella sua Chiesa, risponde alla sete eterna dell’uomo”: è solo la libertà della singola persona “che può trovare la risposta vera”, da cui dipende la nostra felicità. Il rappresentante del patriarcato ortodosso russo, don Igor Vyzhanov, ha sottolineato infine i rischi dell’era contemporanea: “Per i cristiani di oggi che vivono nell’era della globalizzazione e della comunicazione di massa - ha detto - vi è la tentazione di immergersi troppo nel contesto sociale e politico”. Per quanti “si considerano discepoli di Cristo - ha spiegato - è importante che si rendano conto” di una priorità: “il centro della vita cristiana deve essere Cristo stesso”. (A.L.)

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    La Chiesa polacca raccoglie fondi per le Chiese dell’ex Urss

    ◊   La chiesa polacca celebrerà la seconda domenica di Avvento con un’iniziativa giunta ormai alla nona edizione: la raccolta di fondi per le Chiese dell’ex Unione Sovietica. L’iniziativa, promossa dalla Commissione di assistenza per la Chiesa in Oriente della Conferenza episcopale polacca, ha scelto quale tema per il 2008 “Prendiamoci cura della vita umana”. Secondo i dati forniti dal direttore dell’organismo episcopale, padre Józef Kubacki, sono 1300 i sacerdoti, i religiosi e le religiose polacche che prestano servizio nelle diocesi russe, ucraine, bielorusse, kazakhe e, più in generale, nei Paesi dell’Asia Centrale. “L’azione di quest’anno mira, soprattutto, ad aiutare gli orfanotrofi e i centri di accoglienza per ragazze madri o donne abbandonate con figli a carico. Si tratta di organismi gestiti soprattutto dalla Chiesa”, ha spiegato padre Kubacki. “La situazione delle famiglie in Russia è a dir poco drammatica”, ha sottolineato padre Jerzy Steckiewicz, presbitero di Kalinigrad (enclave russa tra Polonia e Lituania) intervenendo alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, tenutasi ieri a Varsavia. “Ogni 1000 matrimoni, registriamo 800 divorzi, sei aborti ogni dieci gravidanze. Tanti nuclei familiari si sono sciolti e i ragazzi sono finiti per la strada” ha precisato padre Steckiewicz”. La situazione in Ucraina non è migliore, così come raccontata da padre Paweł Gonczaruk, direttore della Caritas di Kamyanets-Podilskyi. “Negli ultimi 17 anni sono stati ben 30 milioni i bambini uccisi nel grembo delle loro madri. Fin dai giorni della rinascita, la Chiesa locale è impegnata in questo settore, cercando di lavorare al fianco delle famiglie proponendo seminari e corsi prematrimoniali tenuti da laici opportunamente preparati nelle Facoltà Teologiche all’estero”. L’iniziativa della raccolta fondi è fortemente sostenuta dal cardinale Józef Glemp, primate di Polonia. L’anno scorso sono stati raccolti 500 mila euro. (A cura di Davide Dionisi)

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    Filippine: Avvento per la pace ed il dialogo fra cristiani e musulmani a Mindanao

    ◊   Condividere il periodo di Avvento come occasione di riconciliazione e di pace fra le comunità. Con questo spirito i leader cristiani del Silsilah, movimento per il dialogo islamo-cristiano con base a Mindanao, invitano i musulmani a vivere insieme le settimane in preparazione al Natale. Il movimento Silsilah, fondato da padre Sebastiano D'Ambra del Pime e formato da personalità del mondo cristiano e musulmano, da oltre 20 anni riserva una speciale attenzione al Ramadan. “Ora, come famiglia e come movimento, invitiamo i musulmani a condividere lo spirito dell’Avvento”, sottolinea padre D’Ambra all’agenzia AsiaNews. “Durante il Ramadan – continua il presidente di Silsilah – la umma ricorda la rivelazione del Corano, il libro sacro. Nel periodo di Avvento i cristiani festeggiano la nascita di Gesù, il Dio fatto uomo”. Sono due modi diversi attraverso i quali le comunità dei fedeli cristiani e musulmani celebrano “l’amore e la devozione verso l’unico Dio”, in un contesto di “rispetto e amicizia” reciproco. Padre Sebastiano D’Ambra denuncia una “commercializzazione” della festività e molti, anche all’interno della comunità cristiana, non comprendono “il vero significato dell’Avvento e del Natale”. Ecco perché l’invito rivolto ai musulmani diventa anche “una sfida per i cristiani”, chiamati a riscoprire e a “promuovere il vero spirito di Avvento” che è un invito al “rinnovamento”. “Sia per i cristiani che per i musulmani – continua il presidente del Silsilah – Cristo porta un messaggio di amore e di compassione dell’unico Dio/Allah per l’umanità intera”. Oggi a Mindanao si chiudono le celebrazioni della “Settimana della pace”, iniziate il 27 novembre. Il tema di quest’anno “Integrità del cuore e della mente: una via per la riconciliazione e la pace” ha voluto ribadire l’importanza del momento storico attraversato dalla provincia e il suo lento cammino verso la pace. “La purezza del cuore e della mente sono le uniche vie per raggiungere la pace”. “Noi tutti speriamo – conclude padre D’Ambra – che le festività di ogni religione diventino occasione di dialogo e guidino le persone all’integrità e al rispetto per le diverse fedi”. (R.P.)

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    Medio Oriente: ebrei, cristiani e musulmani in preghiera contro la siccità

    ◊   “Una preghiera comune non considera le differenze tra le religioni. Siamo tutti esseri umani che pregano lo stesso Dio”: lo hanno detto il rabbino Shlomo Didi, padre Ian Clark della chiesa scozzese e Muhammad Dahamse, imam della moschea di Kafr Kana, vicino Nazareth, riuniti per pregare contro la siccità che da settimane incombe sulla zona minacciando le coltivazioni e la popolazione locale. I rappresentanti delle tre comunità religiose – riferisce il quotidiano Ha’aretz ripreso dalla Misna – si sono incontrati sulle sponde del bacino di Kinneret, che rifornisce il sistema nazionale degli acquedotti e il cui livello è sceso sotto i livelli di allarme, per pregare insieme per la pioggia. “La siccità minaccia tutti noi – ha detto il rabbino Didi – per questo speriamo che la nostra richiesta venga accolta e che il Kinneret sia benedetto con l’arrivo di una stagione piovosa”. Decine di artisti, che si erano recati sul luogo per l’occasione hanno dipinto la scena della preghiera congiunta. Per contrastare il pericolo della siccità, l’Autorità per l’acqua ha annunciato una serie di incontri nelle prossime settimane e chiesto la collaborazione della popolazione con una serie di annunci pubblicitari che descrivono come pulire la casa in maniera razionale e senza sprechi. In Israele e nei Territori palestinesi Occupati, l’acqua costituisce un bene prezioso ma se gli Israeliani ne beneficiano tutto l’anno, i palestinesi sono vittime di tagli arbitrari, in particolare durante l’estate. In Cisgiordania inoltre, le reti sono spesso sotto il controllo diretto dei coloni, che, quando lo desiderano, possono chiudere le paratoie di distribuzione degli avamposti in direzione dei villaggi palestinesi. (R.P.)

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    Firmato da diversi leader religiosi il manifesto sui cambiamenti climatici

    ◊   “Condividiamo la responsabilità di essere consapevoli custodi della nostra casa, il pianeta terra”. E’ quanto affermano leader religiosi di diverse fedi, tra cui cristiani, buddisti, musulmani ed ebrei, nel manifesto interreligioso diffuso al termine del vertice interconfessionale sul clima, tenutosi nei giorni scorsi ad Uppsala, in Svezia. La situazione è definita “critica”: si ricorda, in particolare, che siccità ed inondazioni sconvolgono popolazioni ed ecosistemi. I leader religiosi si rivolgono quindi ai responsabili politici del mondo perché si assumano, concretamente, la responsabilità di “guarire la terra”. Si tratta di recuperare la dimensione etica nella politica e nel sociale, trasformando gli stili di vita e le modalità del lavoro, l’economia, il commercio e la tecnologia. “Occorre operare per la famiglia umana alla quale è stata affidata l’amministrazione e la tutela della creazione di Dio”, si legge nel documento ripreso dall’Osservatore Romano. E’ il momento di “mobilitare persone e nazioni”, informando nei diversi contesti sociali, politici, culturali e religiosi alla responsabilità dell’azione concreta. Si tratta di un impegno – si legge nel manifesto – che attiene “ad una questione spirituale ed etica di giustizia, di pace e di speranza per un futuro di amore, di solidarietà con tutti gli esseri umani e tutta la creazione”. I popoli della terra necessitano di incrementare un fruttuoso dialogo sul significato del vivere insieme nel villaggio globale: “le religioni – affermano i leader religiosi – possono contribuire a questo in modo decisivo”. I firmatari del documento sottolineano, poi, la priorità di mantenere il cambiamento climatico al di sotto dei due gradi centigradi e chiedono “un taglio immediato delle emissioni specialmente nei Paesi sviluppati”, in particolare in Europa e nel Nord America. Tutti devono impegnarsi nel favorire la riduzione delle emissioni. “Ci impegniamo in questa missione – concludono – in uno spirito di umiltà, responsabilità, fede e urgenza”. (A.L.)

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    Conferenza internazionale a Dakar sull’Aids in Africa

    ◊   “Per la prima volta esistono prove di progressi sostanziali, con una stabilizzazione o addirittura una riduzione dei casi di contagio in diversi paesi”: è quanto ha affermato stamani a Dakar lo studioso senegalese Souleymane Mboup aprendo la XV ‘Conferenza internazionale sull’Aids in Africa’. Secondo Mboup, uno dei primi scienziati a ricostruire la storia naturale del virus all’origine della sindrome da immunodeficienza acquisita, “gli sforzi fatti negli ultimi anni dai Paesi africani cominciano a dare i loro frutti”. Fino a sabato prossimo – ricorda l’agenzia missionaria Misna - nella capitale del Senegal si riuniranno circa 7000 ricercatori, esperti, dirigenti politici e rappresentanti della società civile. Relazioni e tavole rotonde dovrebbero aiutare a definire “una risposta africana” fatta di interventi e programmi coerenti; i partecipanti faranno inoltre il punto sui progressi scientifici, gli impegni dei governi e i finanziamenti garantiti dalla “comunità internazionale”. L’apertura della Conferenza segue la Giornata mondiale per la lotta all’Aids, celebrata lunedì. Secondo i dati diffusi in occasione dell’iniziativa, nonostante i progressi degli ultimi anni, l’Africa continua a essere il continente più colpito dalla malattia: su 33 milioni di persone al mondo affette dal virus dell’immunodeficienza, almeno 22 milioni vivono nella regione sub-sahariana. (A.L.)

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    Zambia: ritirate le accuse contro il sacerdote direttore di Radio Icengelo

    ◊   Non sarà processato padre Franck Bwalya, il direttore della popolare emittente diocesana zambiana “Radio Icengelo”, arrestato per avere trasmesso giudizi faziosi sulle elezioni presidenziali dello scorso 30 ottobre in Zambia. La polizia locale - riferisce l'agenzia Cns - ha annunciato di avere ritirato le accuse per motivi di ordine pubblico. Il sacerdote, che era stato fermato lo scorso 12 novembre, era imputato di avere denunciato nelle sue trasmissioni frodi elettorali e definito l’elezione del nuovo presidente Rupiah Banda illegittima, istigando tensioni sociali. Il suo arresto aveva suscitato grande clamore tra i fedeli e diversi esponenti della Chiesa locale lo avevano definito un attentato alla libertà di espressione. E di una “vittoria della libertà di espressione” ha parlato lo stesso padre Bwalya alla notizia del proprio proscioglimento. “Volevo criticare la debolezza delle nostre istituzioni e cercavo solo di dire che dobbiamo fare qualcosa per rivedere le nostre leggi cattive, perché esse possono generare l’anarchia della Nazione”, ha puntualizzato il sacerdote. “Radio Icengelo” (“Radio Luce”, nella lingua locale) è un’emittente molto ascoltata nella provincia di Kitwe Zambia, soprattutto per il suo impegno a favore dei più deboli. (L.Z.)

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    Un Avvento missionario per la Chiesa pakistana

    ◊   Un Avvento missionario. La chiesa pakistana ha concluso il suo primo Congresso missionario nazionale dedicato al tema “Raccontare la storia di Gesù in Pakistan” e affronta il periodo che porta al Natale nel segno dell’annuncio. Padre Mario A. Rodrigues, direttore nazionale della Pontificie opere missionarie, racconta ad AsiaNews che i cinque giorni di lavoro a Karachi, dal 25 al 29 novembre, stanno già portando frutto. Gli oltre 200 delegati che hanno partecipato al Congresso sono vescovi, sacerdoti, suore, catechisti e laici provenienti da tutto il Paese. Padre Rodrigues afferma che l’incontro è stato l’eco del Congresso continentale celebrato in Thailandia nel 2006 e la conferma dell’invito alla missione fatto da Giovanni Paolo II con l’Esortazione post sinodale Ecclesia in Asia nel 1999. Padre Khalid Rashid, direttore della commissione per i giovani di Faisalabad, considera l’incontro di Karachi un’occasione storica per la chiesa pakistana e afferma: “ È stato un grande momento di formazione per i nostri giovani che vivono in un Paese dominato dai musulmani”. Le giovani generazioni sono chiamate ad un compito importante e “il Congresso ha offerto loro una nuova e ricca esperienza”. Padre Rashid è convinto che questo Avvento ha un significato diverso per tutti i delegati del Congresso “ma la vita di Gesù deve essere portata in tutti gli angoli del Paese e i giovani giocano un ruolo importante in questa missione e l’Avvento è un momento unico per prepararci a questo compito”. Interpellato da AsiaNews, padre Emmanuel Asi, segretario della Commissione biblica del Pakistan intervenuto durante il Congresso, ha ricordato la necessità di “tradurre il vangelo nel maggior numero possibile di lingue locali”. Durante il Congresso, mons. Evarist Pinto, arcivescovo di Karachi, ha affermato che “ciò che è molto importante durante il periodo di Avvento, è prepararsi e purificarci per accogliere Gesù nei nostri cuori. Così noi saremo pronti a riconoscere come Gesù viene e saremo capaci di testimoniare che noi lo conosciamo”. (R.P.)

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    I vescovi venezuelani: l'esito del voto rafforzi la democrazia

    ◊   E’ “esemplare, civico e democratico” il comportamento dimostrato dalla popolazione del Venezuela, andata a votare lo scorso 23 novembre. I venezuelani hanno espresso ancora una volta la volontà di essere governati democraticamente e anche il rifiuto a metodi coercitivi che generano violenza o divisione. Così i vescovi del Venezuela in un comunicato a firma del presidente dell’episcopato, mons. Ubaldo Santana Sequera, arcivescovo di Maracaibo. I presuli dichiarano di voler far pervenire ai venezuelani “un messaggio di riflessione e di speranza” auspicando che “le autorità del Paese sappiano interpretare il sentire e la voce degli elettori”. La speranza è che vengano date “risposte alle aspettative del popolo” mettendo in primo piano “la ricerca del bene comune”. I vescovi venezuelani chiedono in particolare “un migliore sforzo per affrontare e risolvere, attraverso solidi piani inclusivi e partecipativi, i principali problemi che vive la popolazione”. L’episcopato indica tra le priorità “l’insicurezza e la violenza, la povertà, la disoccupazione e la corruzione”. Nelle recenti elezioni il Paese ha riposto “fiducia e speranza” negli eletti con il desiderio “che ciascuno impieghi le proprie capacità per migliorare la qualità di vita di tutti. Sarebbe doloroso - aggiungono i presuli - vedere tradita questa speranza”. L’episcopato, rivolgendosi ai vincitori ma anche ai vinti nella contesa elettorale, “chiede di accettare con rispetto e coraggio i risultati” poiché è fondamentale “rinforzare le istituzioni democratiche accettando la volontà popolare espressa”. Per quanto riguarda gli eletti, si ricorda “che hanno il diritto costituzionale ad esercitare le loro funzioni, ma al tempo stesso i votanti hanno il diritto ad essere rispettati”. “La violenza non è democratica e non è cristiana: tutti abbiamo il diritto a vivere in pace e perciò - rileva il documento - occorre moderare il linguaggio e le azioni affinché non venga incoraggiato mai un clima di violenza, intolleranza ed esclusione che metterebbe a repentaglio la pace e l’armonia cittadina”. I vescovi venezuelani esprimono anche preoccupazione” per l’apertura di “due procedimenti amministrativi contro la TV Globovisión” e auspicano che non vi siano interferenze politiche. La speranza è che “prevalga la giustizia e l’oggettività nel rispetto dei diritti costituzionali concernenti l’informazione e la libertà di espressione”. “Nel mese di dicembre - scrivono infine i vescovi del Venezuela - ci prepariamo alla prossima grande celebrazione della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, principe della pace”. Questa ricorrenza di così alto significato “deve essere per tutti - concludono i vescovi venezuelani - un sublime esempio di semplicità da imitare per servire e migliorare l’umanità”. (A cura di Luis Badilla)

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    Paraguay: l’8 dicembre pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Caacupé

    ◊   In occasione del XI pellegrinaggio nazionale dei giovani del Paraguay al santuario di Nostra Signora di Caacupé, il prossimo 8 dicembre, è stato reso noto un Manifesto della pastorale giovanile. Nel documento i giovani dichiarano di voler “impegnarsi ancora di più nella promozione e nella difesa dei valori del Regno di Dio, della sua Parola”. “Vogliamo difendere la vita e rinforzare la famiglia promuovendo la giustizia, la pace, la solidarietà, l’amore e l’uguaglianza fra tutti gli abitanti del Paese”, aggiungono i giovani paraguayani. “Al tempo stesso – si legge nel documento - vogliamo proteggere la natura opponendoci al taglio irrazionale del patrimonio boschivo, alla contaminazione delle fonti idriche e dei fiumi e a qualsiasi altra forma di violenza ecologica”. Ricordando le diverse tappe della preparazione del pellegrinaggio nazionale, “cammino per celebrare la fede” e “la comunione fra giovani dell’intero Paese”, nel manifesto si parla ampiamente anche del “concetto di sovranità”, tema scelto quest’anno per le riflessioni. Tale sovranità non è ritenuta autentica nel documento “se la società non vede e tratta i suoi giovani come soggetti di diritti”, come una forza utile e necessaria per combattere “l’inerzia sociale, la corruzione, la povertà estrema”. “Ci sentiamo, in quanto giovani, persone impegnate nella costruzione della civiltà dell’amore e riconosciamo in Gesù il nostro sovrano e maestro; di lui siamo discepoli, chiamati a servire la cultura della vita, contro tutte le morti”. Nessun giovane può pensare di avere diritto a restare immobile e indifferente: “Siamo il futuro del Paraguay. Siamo la speranza del Paese. Pregheremo la Madre di Dio - conclude il documento - affinché ci dia la forza necessaria per non aver mai paura, per avere coraggio e dare a tutti le ragioni della nostra speranza”. L’immagine di Nostra Signora di Caacupé, è amata e venerata da secoli dal popolo del Paraguay. Caacupé è il centro religioso più importante del Paese. Ogni 8 dicembre, quando si commemora la grande festa di Maria di Caacupé, arrivano migliaia di pellegrini al Santuario. Vengono a piedi, in bicicletta, o come possono, per dimostrare il loro amore e gratitudine alla Madre di tutti, la “Vergine Azzurra del Paraguay”. (L. B.)

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    India: inaugurata la prima università cattolica

    ◊   Sarà inaugurata ufficialmente il 6 dicembre la “Don Bosco University” (DBU) di Guwahati, nello Stato indiano dell’Assam, la prima università cattolica dell’India. Alla solenne cerimonia, prevista inizialmente il 31 ottobre, ma rimandata a causa di una serie di attentati nella città, presenzieranno, tra gli altri, il Primo Ministro dell’Assam Tarun Gogol e altri quattro ministri dello Stato. Il progetto è stato attivamente sostenuto dal Rettor Maggiore dei salesiani, don Pascual Chávez, ed ha avuto il sostegno finanziario anche della Conferenza Episcopale Italiana e dell’Ispettoria Cinese. Il nuovo ateneo - spiegano i suoi responsabili all'agenzia Sarnews - sarà un centro di insegnamento, ricerca e consulenza che coprirà tre grandi settori: quello delle tecnologie, quello dei servizi e il settore sociale. Biotecnologia, Infermieristica, Economia Aziendale, Comunicazione Sociale sono solo alcune dei corsi previsti, ma tra quelli di punta vi saranno Religione e Cultura, Etica e Studi sulle popolazioni tribali, una delle principali aree di apostolato dei Salesiani nella regione. L’India nord-orientale è infatti una regione ad alta densità tribale. Lo scorso agosto è stato aperto il primo College di Ingegneria e Tecnologia che conta già 240 studenti e che a pieno regime raggiungeranno quota 1.500. La Società di Don Bosco è presente in India da un secolo e conta oggi 5mila tra padri, fratelli e sorelle che gestiscono 27 college e più di 100 istituti tecnici. La loro presenza nell’India nord-orientale risale a 85 anni fa. (L.Z.)

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    In Spagna raddoppiato il numero di aborti negli ultimi dieci anni

    ◊   In Spagna le interruzioni volontarie di gravidanza sono raddoppiate in meno di dieci anni e riguardano, sempre di più, donne giovani. Secondo i dati del ministero della Sanità riferiti al 2007, i casi di aborto sono passati dai circa 54 mila del 1998 agli oltre 112 mila dello scorso anno. Si tratta – sottolinea il quotidiano Avvenire – di “una silenziosa e ininterrotta strage”. A ricorrere all’aborto in oltre il 50% dei casi di interruzione di gravidanza, sono donne di età compresa tra i 15 e i 29 anni. In Spagna l’aborto è permesso solo in tre casi: grave malformazione del feto, violenza sessuale e rischio psicologico e fisico per la madre. Quest’ultimo criterio è stato indicato nel 97% dei casi di aborto nel 2007. Il governo spagnolo ha in cantiere l'approvazione di una nuova legge, che dovrebbe essere approvata nella prima metà del 2009. Tale legge, potrebbe rendere l'aborto non sottoposto a condizioni, entro un certo numero di settimane di gravidanza. (A.L.)

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    Messaggio di Natale del Consiglio delle Chiese cristiane di Francia

    ◊   Lucida consapevolezza, speranza, fraternità: il messaggio del Consiglio delle Chiese cristiane di Francia per il Natale 2008 ruota attorno a questi tre concetti. “Il mondo è in crisi”, si legge al primo punto, una crisi che si presenta sotto diverse forme: “finanziaria, economica, sociale, ecologica” “Ma sarebbe cinico od illusorio – sottolinea il messaggio – pensare di uscire da questa crisi in modo permanente semplicemente ‘rimettendo in moto la macchina”. Infatti, continua il Consiglio delle Chiese cristiane, pensare ad una soluzione come quella dell’aumento dei consumi porta non solo ad “un impoverimento accelerato delle risorse del pianeta”, ma anche ad “un aumento delle disuguaglianze tra continenti e nel nostro stesso Paese, un fattore che genera violenza”. Il messaggio parla poi di speranza: “Nell’attuale situazione, gravata da molta sfiducia, tocca a noi scegliere di vivere nella fiducia e nella speranza”. “Il tempo d’Avvento e di Natale – prosegue il testo - è esattamente quello durante il quale Dio ci raggiunge e ci parla di speranza. Questa speranza interroga direttamente il nostro stile di vita, il nostro modo di stare al mondo. È il momento di impegnarsi per una nuova vita”. Infine, il Consiglio delle Chiese cristiane si sofferma sul valore della fraternità. “La nostra società – si legge nel messaggio – è globalmente affetta dalla ‘malattia’ che riduce le relazioni umane agli scambi commerciali. La cupidigia che sta alla base della corsa al profitto ha creato distanze tra la finanza e l’economia, tra il capitale ed il lavoro, tra gli iperattivi e i disoccupati”. Per questo, ricordano le Chiese cristiane di Francia, “l’interdipendenza nel nostro mondo globalizzato ci obbliga, di fatto, ad una solidarietà concreta, sia verso i più vicini che nei confronti dei più lontani”. Di qui, l’invito a scegliere “la pace verso il pianeta e verso tutti coloro che lo abitano”, per celebrare tutti insieme “Colui che è venuto ad incontrarci, Emmanuel, Dio con noi”. (I.P.)

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    Regno Unito: il cardinale O'Brien lascia per protesta la presidenza di un'agenzia di adozione

    ◊   Il cardinale Keith Michael Patrick O'Brien, arcivescovo di Edimburgo e presidente della Conferenza episcopale scozzese, ha deciso di lasciare la presidenza dell’agenzia diocesana per le adozioni, la “St. Andrew’s Children’s Society Ltd”. Il motivo - riporta l'agenzia Cns - è la nuova legge contro le discriminazioni e suoi regolamenti attuativi che, a partire dal prossimo gennaio, vieteranno a tutte le agenzie del settore nel Regno Unito di rifiutare l’affidamento di bambini a coppie omosessuali. Una disposizione che, come è noto, ha suscitato vive critiche da parte dei gruppi religiosi, in quanto arreca un pesante vulnus alla libertà di coscienza e a quella religiosa. In questo senso si è espresso anche il card. O'Brien il quale ha dichiarato che la sua decisione di dimettersi da presidente del “St. Andrew’s Children’s Society Ltd”, “è maturata dopo una lunga riflessione”. Insieme al porporato ha rimesso il mandato anche un altro sacerdote membro del comitato direttivo dell’agenzia, padre Michael Regan. Di fronte alla decisione del governo inglese di applicare le nuove disposizioni senza eccezioni, le agenzie cattoliche inglesi per le adozioni hanno optato in questi mesi per diverse soluzioni. Una ha deciso di rinunciare alla sua attività; altre hanno invece risolto di adeguarsi alle nuove disposizioni, rinunciando quindi alla loro identità cattolica; altre ancora, tra cui quella dell’arcidiocesi di Westminster, hanno tentato di aggirare la norma cambiando i loro statuti. Una soluzione quest’ultima che è stata recentemente bocciata dalla “Charity Commission”, l’agenzia governativa preposta al controllo delle organizzazioni caritative nel Regno Unito. (L.Z.)

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    Mons. Ravasi: il cinema può essere via privilegiata di conoscenza

    ◊   “Il cinema può essere veramente una delle vie privilegiate del conoscere: più della razionalità, che però non elide, non cancella”. Lo ha detto mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, intervenendo stamani al convegno internazionale dedicato al tema “Immagini dal mondo. Cinema, Rappresentazione, Verità” del ‘Tertio Millennio Film Fest’. L’iniziativa, organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, è in programma a partire dal prossimo 9 dicembre. “L'immagine pura, perfetta – ha spiegato - è sicuramente una via privilegiata per conoscere la realtà”. “Il cinema - ha aggiunto il presule le cui parole sono state riprese dal Sir - racconta una storia concreta; questa storia è automaticamente simbolica”. Soffermandosi sul rapporto tra immagine e realtà, il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha sottolineato che il cinema può essere via privilegiata di conoscenza solo se comprende “i quattro elementi che formano l'autentica conoscenza dell’uomo: l’intelligenza, la volontà, il sentimento e l’azione”. “La vera arte - ha affermato mons. Ravasi - non rappresenta mai il reale, a meno che non sia mera copia”: il regista “introduce l’interpretazione”. La XII edizione del ‘Tertio Millennio Film Fest’ intende rinnovare la tradizione di una manifestazione sensibile ai problemi che toccano il mondo contemporaneo, filtrati e proposti attraverso una serie di film provenienti dai più diversi Paesi. Il Festival sarà inaugurato martedì prossimo con la proiezione in anteprima nazionale del film “El Nido Vacio” dell’argentino Daniel Barman. Accanto alle anteprime, c’è il concorso internazionale di documentari dedicato al tema “I bambini e gli adolescenti ci guardano”, con lavori provenienti da Spagna, Afghanistan, Laos, Salvador e Stati Uniti. (A.L.)

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    La Cei prepara il primo rapporto sull’educazione

    ◊   Avrà la forma del Rapporto/Proposta e verterà sull’emergenza educativa la prima indagine pluridisciplinare promossa dal nuovo Comitato per il Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana (Cei) affidato di recente al cardinale Camillo Ruini. “L’emergenza educativa – spiega il porporato, presidente del comitato per il Progetto culturale – costituisce la motivazione principale del Rapporto alla luce della nuova ‘questione antropologica’ e dell’idea che abbiamo dell’uomo, della sua libertà e del futuro stesso della nostra comunità nazionale”. “Occorre avere chiaro il traguardo dell’educazione, che è la persona umana. Quando si è consapevoli che l’uomo non è semplicemente una parte della natura, ma è immagine di Dio con una sua propria responsabilità morale, allora si può concepire l’educazione come un processo che mira a formare la persona ai  grandi valori che le sono costitutivi”. “Il rapporto che si sta elaborando – prosegue il cardinale Ruini – è una di queste opportunità, in quanto si propone di leggere e interpretare i processi in atto nella nostra società secondo il punto di vista cattolico, anche alla luce delle ricerche teoriche ed empiriche che, negli ultimi quindici anni, il Progetto culturale orientato in senso cristiano ha prodotto nell’ambito proprio dell’educazione”. La famiglia, la scuola, la comunità cristiana, la vita sociale e i mass media saranno i capitoli portanti dell’indagine: “Cercheremo di offrire una rappresentazione realistica della situazione dell’educazione in Italia, che tenga conto certo dei problemi, ma anche delle risorse”, afferma il sociologo Sergio Belardinelli, coordinatore dello staff di lavoro. Il “Progetto culturale” – ricorda l’agenzia Zenit - è stato proposto per la prima volta dal Cardinale Ruini al Consiglio Permanente della CEI riunito a Montecassino il 19 settembre 1994, per dare corpo agli orientamenti di Giovanni Paolo II nella direzione di una maggiore evangelizzazione della cultura e inculturazione delle fede in Italia. (A.L.)

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    Nel 65.mo anniversario della nascita dei Focolarini, Rocca di Papa ricorda Chiara Lubich

    ◊   "Una Scia di Luce": è il nome della serie di manifestazioni in onore di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari morta il 14 marzo scorso. L’iniziativa è in programma da domani e fino al 7 dicembre a Rocca di Papa, cittadina in provincia di Roma in cui ha sede il Centro Mariapoli, sede internazionale del Movimento. Le manifestazioni – si legge in un comunicato ripreso dall’agenzia Zenit - intendono celebrare il 65.mo della nascita del Movimento dei Focolari e ricordare Chiara Lubich, “patrimonio non solo per chi ha un riferimento religioso, ma per tutti coloro che intendono costruire un mondo, una società a misura d'uomo, con la bussola della fraternità universale”. L’opera “incessante” della Lubich, spiegano gli organizzatori, è stata valorizzata “anche da alti riconoscimenti nazionali ed internazionali", quali il premio Templeton per lo sviluppo delle religioni (1977), il premio dell'UNESCO per l'Educazione alla Pace (1996), il premio Diritti Umani del Consiglio d'Europa a Strasburgo (1998). “Abbiamo voluto questo appuntamento – si legge nel comunicato - per invitare le oltre 30 città italiane, europee e del mondo che hanno riconosciuto Chiara Lubich loro concittadina e riflettere insieme sul valore unico ed insostituibile della città, quale luogo dell'essere comunità, luogo di bisogni, ma anche di risorse e modello di politica”. La serie di iniziative si concluderà il 7 dicembre con due momenti speciali, iniziando alle 8.30 con la partenza della Maratonina non competitiva “Una Scia di Luce. A Chiara”, che si snoderà per le strade dei Castelli Romani per un percorso di circa 16 km. Si è deciso che l’evento diventi un appuntamento annuale, da celebrare l'8 dicembre con il nome “Una Scia di Luce. A Chiara Lubich”. L'amministrazione comunale di Rocca di Papa intitolerà inoltre lo spazio dell'area archeologica della Fortezza Medievale “panoramica Chiara Lubich”, “con la motivazione dell'ampio spazio verso l’infinito che il sito rappresenta e che ben si addice alla personalità a cui sarà intitolato”. (A.L.)

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    Nella Basilica di San Paolo esposta una statua di Giovanni Paolo II

    ◊   Una grande statua di bronzo dorato che raffigura Giovanni Paolo II è esposta nell’atrio della Basilica papale di San Paolo fuori le Mura, il nuovo spazio di accoglienza dei pellegrini al cui allestimento per l’Anno Paolino (in particolare alla realizzazione delle vetrate) ha contribuito il suo autore, lo scultore veronese Albano Poli. La statua sosterà qui tutto il mese di dicembre in attesa di raggiungere il Cile, sua destinazione finale, precisamente la città costiera di Coquimbo, ove accoglierà i visitatori della monumentale Croce del Terzo Millennio, attorno alla quale è stata edificata una grande chiesa dedicata al compianto Pontefice. In questa raffigurazione il Papa indossa la stessa mitra e la stessa casula donata alla fondazione Croce del Terzo Millennio; nella mano sinistra regge il Crocifisso sul quale spesso si appoggiava, “quasi a testimonianza di una fede totale e priva di incertezze”, la mano destra è protesa nell’atto di benedire la folla. La statua, alta più di due metri, che era stata benedetta il 15 ottobre scorso dal Santo Padre Benedetto XVI in piazza San Pietro, è ammirata dai pellegrini sempre più numerosi in visita alla Basilica Ostiense. Tra gli ultimi pellegrinaggi, quelli della diocesi di Livorno di oltre cinquecento fedeli, guidati dal vescovo mons. Simone Giusti, che ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica, e di un’ottantina di sacerdoti della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, accompagnati dal loro rettor maggiore don Pascual Chávez Villanueva e da alcuni consiglieri regionali, in occasione di un convegno degli ispettori delle case d’Europa promosso per rilanciarvi il carisma salesiano. Per essi ha celebrato l’Eucaristia il cardinale Camillo Ruini. Sempre per celebrare l’Anno Paolino, sono venuti pellegrini in Basilica il Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, Fra’ Matthew Festing, insieme con il Gran Commendatore, Fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, alti dignitari e una quarantina di cavalieri di diverse “lingue” (francese, italiana, spagnola, tedesca, inglese, boema), tutti in abito corale. Sono stati accolti dall’arciprete, cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo – nell’Ordine è Bali Gran Croce d’Onore e Devozione – che li ha accompagnati alla venerazione del Sepolcro dell’Apostolo, e poi guidati nella visita della Pinacoteca e di altre opere della Basilica realizzate in occasione dell’Anno Paolino. Nell’abside, durante la celebrazione di una Messa solenne, è stata accolta la professione di un cavaliere di “lingua” inglese, Fra’ John Louis Tabor. (A cura di Graziano Motta )

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    24 Ore nel Mondo



    La Rice a Delhi per allentare la tensione tra India e Pakistan

    ◊   Il Pakistan non consegnerà all'India nessuno dei 20 terroristi dei quali è stata chiesta l’estradizione, se New Delhi non fornirà prove della loro colpevolezza. Lo ha riferito durante un’intervista il presidente pakistano, Asif Ali Zardari. Intanto, il direttore dell'intelligence americana, Mike McConnell, ha confermato quanto già emerso dalle indagini delle autorità indiane: i terroristi resposabili degli attacchi a Mumbai fanno capo al movimento islamista Lashkar-e-Taiba, che ha base in Pakistan. Il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, è arrivata a New Delhi nel tentativo di allentare la tensione tra India e Pakistan. Secondo fonti locali, avrebbe ricevuto le prove del coinvolgimento pakistano nell’azione terroristica. Nel ribadire che “gli Stati Uniti sono con l'India”, la Rice ha chiesto che i colpevoli degli attacchi terroristici di Mumbai vengano assicurati alla giustizia. Per la Rice, inoltre, non si può escludere il coinvolgimento di Al Qaeda negli attentati di Mumbai perchè - ha detto il segretario di Stato americano - “questo è un tipo di terrorismo nel quale partecipa Al Qaeda”. La Rice infine ha ribadito l'aiuto americano nelle indagini, per evitare che “ci sia un altro undici settembre”. Domani, il segretario di Stato Usa raggiungerà anche Islamabad per una visita lampo.

    Pakistan
    Almeno 4 persone sono state uccise in Pakistan, in un attacco suicida compiuto contro un convoglio delle forze della sicurezza nel nordovest del Paese, secondo quanto riferito dall'emittente privata Express TV.

    Thailandia
    Torna lentamente alla normalità la situazione negli aeroporti della Thailandia dopo che la Corte costituzionale ha sciolto i partiti di governo accusati di brogli elettorali. Intanto, il premier ad interim della Thailandia, Chavarat, ha confermato che il parlamento voterà per il nuovo primo ministro il prossimo lunedì 8 dicembre. Resta dunque inalterata l’attuale maggioranza parlamentare e le ragioni della crisi potrebbero riproposi negli stessi termini. Come interpretare dunque quello che sta avvenendo nel Paese asiatico? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Francesco Montessoro, docente di Storia dell’Asia all’Università statale di Milano:

    R. - Noi crediamo che questa crisi possa essere letta in termini di democrazia: di una opposizione che vuole far valere le proprie ragioni, oppure di un governo che vuole far valere le ragioni della sua affermazione elettorale. In realtà, noi abbiamo a che fare con un Paese che è democratico a metà, e quale che sia la parte che prevalga sarà sempre una soluzione semi-democratica. Questo è l’elemento chiave.

     
    D. - Il re appare molto importante nella gestione della politica del Paese…

     
    R. - Nella crisi odierna, bisogna considerare il ruolo centrale del sovrano, perché è il garante del sistema thailandese. Questo sistema aveva come punti di forza l’alta burocrazia dello Stato, i militari e, gradualmente, una capacità di estendersi a ceti urbani effervescenti dal punto di vista sociale ed economico, in particolare alla regione di Bangkok. Su questo si reggeva la Thailandia fino alla crisi economica del 1997-1998. In quel periodo, una riforma costituzionale e le esigenze di intraprendere correzioni sul piano economico hanno portato all’ascesa di un personaggio nuovo, che era appunto Thaksin Shinawatra: un leader populista, ma che ha il sostegno elettorale del 60 per cento dei thailandesi.

     
    D. - Nonostante l’accusa della Corte costituzionale sia stata di brogli nei confronti dei maggiori partiti, gli esponenti di questi partiti restano in Parlamento e lunedì dovranno eleggere un nuovo premier...

     
    R. - Il risultato non cambia. Abbiamo un partito che si ispira a Thaksin Shinawatra, con 233 parlamentari su 480. Mentre il principale partito di opposizione, il partito democratico, è radicato al sud e ne ha 165. Per cui, dal punto di vista parlamentare non cambia nulla: questo è il dato di fatto. E, dunque, si potrebbe riproporre ancora una situazione paragonabile a quella che si è manifestata in questi ultimi mesi. Il problema è che, con ogni evidenza, i militari e il re sono contrari al regime che ha retto la Thailandia negli ultimi anni. In questo senso, credo che il peso relativo della monarchia si farà sentire.

    Ennesima esplosione a Baghdad
    Un civile iracheno è stato ucciso e altri cinque sono rimasti feriti dall'esplosione di un ordigno a Baghdad, nel quartiere orientale a maggioranza sciita di al-Amin. Secondo fonti di polizia, l'ordigno è esploso al passaggio di un minibus con a bordo numerosi passeggeri. Intanto, un commando militare americano a Baghdad ha riferito che una 13.enne irachena è riuscita a scappare dai suoi rapitori che volevano usarla come kamikaze. La ragazzina, che ha raccontato di essere stata costretta dai rapitori a nascondersi sotto il fondo di un’auto, avrebbe poi chiesto aiuto e protezione ai militari iracheni di un posto di blocco vicino Mosul, a circa 400 chilometri a nord della capitale.

    Medio Oriente
    Un palestinese è stato ferito gravemente oggi a colpi di coltello nel quartiere ultraortodosso di Mea Shearim, a Gerusalemme ovest. Intanto, dalla Striscia di Gaza proseguono anche oggi lanci sporadici di razzi palestinesi verso il Neghev israeliano, finora senza vittime. Ieri, un raid aereo israeliano nei pressi di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, ha provocato la morte di almeno due miliziani palestinesi. Fonti israeliane hanno riferito che gli uccisi erano membri di un commando che si apprestava a lanciare razzi Qassam sul territorio israeliano. Ed è forte la tensione anche a Hebron. Allo scopo di sedare gravi disordini fra coloni ebrei e palestinesi, divampati nei giorni scorsi, le autorità militari israeliane hanno definito "zona militare chiusa" un edificio di quattro piani a Hebron (Cisgiordania), la cui proprietà è contesa fra un uomo d'affari ebreo e un palestinese della città. Il mese scorso la Corte suprema ha chiesto alle autorità militari di provvedere allo sgombero dell'edificio, dove da due anni vivono alcune famiglie israeliane. Ma da allora il numero degli israeliani che vi abitano è salito ed è ora stimato in alcune centinaia di persone, per la maggior parte attivisti di estrema destra. Ieri, nelle vicinanze dell'edificio conteso, alcuni giovani ebrei si sono scontrati con reparti della Guardia di frontiera israeliana. Quattro dimostranti sono stati fermati.

    Libano
    Nuove informazioni sono state raccolte dalla Commissione d'inchiesta internazionale incaricata di indagare sull'omicidio dell'ex premier libanese, Rafik Hariri. Informazioni che potrebbero allungare la lista delle persone coinvolte nell'attentato di Beirut, avvenuto lo scorso gennaio, nel quale morirono altre 22 persone. Il servizio di Federica Andolfi:

    Nel suo 11.mo rapporto preliminare, la commissione guidata dal giudice canadese, Daniel Bellemare, afferma che sono stati trovati “ulteriori elementi che rafforzano il legame” tra l'assassinio dell'ex premier libanese, Rafik Hariri, avvenuto nel 2005, e gli altri attentati che hanno insanguinato il Libano fino a gennaio scorso. A riferirlo è la stampa libanese. Sarà proprio il giudice Bellemare a guidare l'accusa nel processo che si aprirà il primo marzo 2009 all'Aja e che dovrà giudicare i presunti responsabili del crimine. “L'avvio delle attività del tribunale non significa che l'inchiestà è terminata”, si precisa nel rapporto. “La commissione e l'ufficio del procuratore - si legge - dovranno continuare a raccogliere prove”. Il governo siriano è stato accusato da più parti di essere responsabile dell'attentato, ma Damasco ha sempre negato ogni coinvolgimento. In quest'ultimo rapporto, nel quale si chiede tra l'altro una proroga del mandato della commissione fino alla fine di febbraio prossimo, si afferma che la Siria “ha in generale cooperato con la commissione in modo soddisfacente”.

     
    Repubblica Democratica del Congo
    Al momento non è possibile organizzare una missione europea nella Repubblica Democratica del Congo dove è in atto una sanguinosa guerra civile tra il governo centrale del presidente Joseph Kabila e l'ex generale ribelle, Laurent Nkunda. Lo ha confermato, oggi a Bruxelles, l'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della Ue, Javier Solana, sottolineando che l'invio di forze europee non è per ora prevista nell'agenda della Difesa europea. Solo due giorni fa, il ministro degli Esteri belga riferiva di una richiesta del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, per il dispiegamento di una forza di transizione dell'Unione europea, in vista del rafforzamento di tremila caschi blu. Ma Solana ha precisato che da parte di Ban Ki-moon non c'è stata per il momento nessuna richiesta precisa. Intanto, i ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), guidato da Laurent Nkunda, si sono detti disposti a incontrare le autorità del Nord Kivu, provincia all'estremità orientale della Repubblica Democratica del Congo dove si concentrano i combattimenti che li vedono impegnati contro le truppe governative.

    Somalia
    Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità una risoluzione di sostegno formale all'azione navale dell'Unione Europea contro i pirati al largo della Somalia. Varata il 10 novembre scorso, la spedizione comunitaria sotto comando britannico scatterà lunedì prossimo e vedrà dalle cinque alle sei navi da guerra impegnate a pattugliare il settore nord-occidentale dell'Oceano Indiano e il Golfo di Aden. La risoluzione, presentata dagli Stati Uniti, estende di un anno il diritto ai Paesi che abbiano l'autorizzazione del governo di transizione di Mogadiscio di entrare nelle acque somale per dare lacaccia ai pirati. Intanto, una nave italiana da battaglia che partecipa alla missione Nato ha bloccato oggi un attacco dei pirati che aveva come obiettivo cinque mercantili tra cui uno iraniano. “Si tratta del più grande attacco multi-coordinato che abbiamo mai visto prima d'ora”, ha commentato un alto funzionario della Nato. I pirati somali hanno inoltre hanno rilasciato un cargo yemenita che avevano sequestrato lo scorso 25 novembre e per il rilascio del quale avevano chiesto un riscatto di due milioni di dollari. Stando alle dichiarazioni ufficiali non è stato pagato alcun rilascio.

    Yemen
    Almeno 20 persone sono affogate e altre due sarebbero disperse al largo della costa dello Yemen. Lo ha reso noto l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), secondo il quale la barca trasportava circa 115 passeggeri, per la maggior parte etiopi. Secondo lo staff dell'agenzia Onu, nello Yemen meridionale sono stati recuperati 20 corpi, mentre due migranti sono dispersi e 93 sono riusciti a raggiungere la costa dopo essersi gettati al largo di Ahwar, 220 chilometri a est della città portuale yemenita di Aden. I sopravvissuti sono stati trasferiti al centro d'accoglienza di Ahwar, gestito dall'Acnur. I morti sono stati sepolti in un cimitero donato dal governo yemenita. Quest'anno, oltre 43.500 migranti sono arrivati in Yemen a bordo di oltre 850 barche, dopo aver affrontato il pericoloso viaggio attraverso il Golfo di Aden dalla Somalia, da dove proviene la maggior parte degli immigrati. Almeno 380 sono morti e 360 risultano dispersi.

    Italia
    Un barcone in difficoltà a causa delle cattive condizioni meteo, con circa 150 migranti a bordo, ha lanciato l'Sos con un satellitare. Nella zona, 18 miglia a sud di Lampedusa, si sono dirette la corvetta "Danaide" della Marina militare italiana, una motovedetta della Guardia costiera e un motopesca. Le operazioni di soccorso sono coordinate dalla centrale operativa della Capitaneria di porto di Palermo.

    Nato-rapporti con Georgia e Ucraina
    I ministri degli Esteri dei Paesi Nato hanno concordato di rafforzare la cooperazione con Georgia e Ucraina per favorire l'avvio di riforme nelle due ex Repubbliche sovietiche. Lo ha affermato il segretario generale dell'Alleanza atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, in occasione della riunione ministeriale dei 26 a Bruxelles. Saranno quindi rafforzate le due Commissioni (Nato-Georgia e Nato-Ucraina) incaricate di monitorare le riforme, politiche e militari, che i due Paesi devono attuare per aggiudicarsi la candidatura ad entrare nella Nato. Secondo l'intesa raggiunta, i due Paesi dovranno comunque passare attraverso l’accordo di pre-adesione per stabilire il grado effettivo di preparazione, prima di essere invitati al tavolo dell'Alleanza. Dopo la ripresa dei colloqui in ambito Osce, e la decisione della Ue di fare ripartire i negoziati per l'accordo di partnership strategica, anche la Nato ha ritenuto giunto il momento di "scongelare" le relazioni con la Russia. Ma non si parla per ora di riavviare la piena cooperazione militare. Scheffer ha chiarito che la ripresa di contatti informali non vuol dire essere d'accordo con la Russia né sull'uso sproporzionato della forza in Georgia nè sul riconoscimento unilaterale di Abkahzia e di Ossezia del Sud.

    Cina-Francia
    A rischio i rapporti economici e politici fra Pechino e Parigi se il presidente francese, Nicolas Sarkozy, non dovesse annullare l’incontro con il Dalai Lama, previsto il sei dicembre a Varsavia, dove il leader spirituale si troverà in occasione di una riunione di alcuni Nobel per la pace. È quanto sembra emergere dalle parole del portavoce del ministero degli Esteri cinese. “È tempo che la parte francese faccia la sua scelta - ha detto - Parigi dovrebbe rispettare le preoccupazioni cinesi”. La Cina, che accusa il Dalai Lama di volere l'indipendenza del Tibet, reagisce sempre con durezza agli incontri fra il leader tibetano e i governanti occidentali. Proprio a causa del viaggio che il Dalai Lama sta compiendo in Europa, il 26 novembre Pechino ha infatti cancellato il vertice Ue-Cina previsto per il 1 dicembre a Lione.

    Tensioni fra le due Coree
    Corea del Sud e Corea del Nord sempre più ai ferri corti: Seul rivolge un duro attacco a Pyongyang, accusandola di avere calpestato ogni tipo di accordo bilaterale preesistente e di essere responsabile del deterioramento attuale delle relazioni intercoreane. L'attacco è partito oggi dal Ministero della difesa sudcoreano, che ha riferito al parlamento in merito allo stato dei rapporti con il Nord, a due giorni dalla decisa stretta del transito alla frontiera per raggiungere il complesso industriale di Kaesong. Il transito adesso è permesso solo a 880 cittadini del Sud (secondo l'agenzia nordcoreana Kcna), rispetto agli oltre quattromila iniziali. Le relazioni tra le due Coree, tecnicamente ancora in guerra dopo l'armistizio firmato tra le parti nel 1953, si sono drammaticamente raffreddate dopo l'elezione del conservatore Lee Myung-bak alla presidenza della Corea del Sud, che ha subito sposato una linea meno accondiscendente verso il Nord rispetto alle amministrazioni del passato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 338

     
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