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Sommario del 26/04/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Domani, in San Pietro, Benedetto XVI presiede la Messa per l’ordinazione di 29 diaconi della diocesi di Roma. Intervista con mons. Tani, rettore del Seminario Romano Maggiore
  • Il sì a Dio, come quello di Maria, apre a imprevedibili cammini di gioia. Lo scrive il Papa ai giovani francesi in occasione del centenario del "Frat", l’annuale pellegrinaggio che si chiude domani a Lourdes
  • Nomine
  • Benedetto XVI e il suo discorso alle Nazioni Unite: un commento di padre Federico Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Dieci anni fa, il brutale assassinio in Guatemala di mons. Juan Josè Gerardi, ucciso dopo la pubblicazione di un rapporto di denuncia sui crimini commessi durante la guerra civile
  • Sostegno ai migranti ed attenzione alle diversità nell’Islam: intervista con l'arcivescovo di Algeri, Teissier, dopo l’incontro della Commissione dei vescovi d’Europa e Maghreb
  • A 15 anni dalla morte di don Tonino Bello, il libro "Sud a caro prezzo" presenta la visione del sacerdote sul riscatto del meridione italiano
  • Sugli schermi in Italia "I demoni di San Pietroburgo", film che segna il ritorno di Giuliano Montaldo. Il regista ai nostri microfoni
  • Il commento del teologo, don Massimo Serretti, al Vangelo della sesta domenica di Pasqua
  • Chiesa e Società

  • Veicoli fermi nella Striscia di Gaza per la mancanza di carburante. A rischio l’assistenza medica e umanitaria per gran parte della popolazione
  • Giornata di preghiera per lo Zimbabwe. E’ l’iniziativa promossa per domani dai vescovi di Inghilterra e Galles
  • In Kenya mea culpa dei leader cattolici e protestanti nella crisi post-elettorale costata la vita ad oltre mille persone
  • Il dialogo interreligioso e l’accoglienza dei rifugiati al centro della visita di una delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese in Siria
  • La Chiesa di Gerusalemme ha realizzato un nuovo servizio informativo che, attraverso internet, mira a diffondere notizie in 5 lingue
  • "Il messaggero cattolico" è il nuovo mensile dell'arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca
  • India: il neo-presidente dei vescovi ha definito “dolorosa” la persistente discriminazione dei cristiani Dalit nel Paese
  • I vescovi del Québec propongono un mediatore per tutelare le condizioni di vita degli immigrati stagionali, provenienti dall’America centrale
  • Messaggio dei vescovi della Corea del Sud per la Giornata Mondiale dei Migranti che si celebra domani
  • Il Patriarca di Venezia propone un gemellaggio con Alessandria d’Egitto e festeggia i 60 anni di sacerdozio del cardinale Cè
  • Al via oggi, ad Assisi, il pellegrinaggio nazionale UNITALSI. Previsto l’arrivo di 2.000 giovani da ogni parte d’Italia
  • L’Italia in prima fila nell’assistenza ai bambini bielorussi, colpiti dal disastro di Chernobyl. Particolarmente attiva la Sardegna
  • Si chiude domani a Fiuggi il Convegno internazionale della Comunità Gesù Risorto
  • Ad Assisi, chiude domani la nona Rupe Nazionale della Branca Lupetti degli Scout d’Europa
  • La città viterbese di Bomarzo riscopre negli archivi vaticani la tradizione del suo Palio, legato alla festività di Sant’Anselmo: ieri la rievocazione storica
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Iran, vincono i conservatori al secondo turno delle elezioni legislative
  • Il Papa e la Santa Sede



    Domani, in San Pietro, Benedetto XVI presiede la Messa per l’ordinazione di 29 diaconi della diocesi di Roma. Intervista con mons. Tani, rettore del Seminario Romano Maggiore

    ◊   Benedetto XVI, domani alle ore 9.30, presiederà la Santa Messa nella Basilica Vaticana e conferirà l'ordinazione presbiterale a 29 diaconi della diocesi di Roma. La nostra emittente seguirà l’evento in radiocronaca diretta a partire dalle ore 9.20, con commenti in lingua italiana, francese, spagnola e portoghese. Nel servizio di Alessandro Gisotti, ripercorriamo alcuni interventi del Papa sul significato delle vocazioni e del ministero sacerdotale:


    La gioia accompagni sempre i nuovi sacerdoti nel loro annuncio del Vangelo: è l’invito rinnovato tante volte da Benedetto XVI in questi primi tre anni di Pontificato. In ogni viaggio apostolico, italiano come internazionale, il Papa ha sempre voluto incontrare i seminaristi, i giovani chiamati a servire Cristo e l’uomo nel ministero sacerdotale. Il 13 maggio 2005, a meno di un mese dall’elezione alla Cattedra di Pietro, il Santo Padre incontra il clero romano nella Basilica Lateranense. Ai sacerdoti della sua diocesi, il vescovo di Roma riserva parole di incoraggiamento e li sprona a portare nel mondo la luce di Cristo:

     
    “Se noi abbiamo trovato il Signore, se per me il Signore è la luce e la gioia della vita, se è così, siamo sicuri che a un altro che non ha trovato Cristo manca una cosa essenziale. E’ un dovere nostro offrirgli questa realtà essenziale”.

     
    Il Papa invita i seminaristi e i sacerdoti a coltivare una “relazione personale profonda” con Gesù, non limitandosi ad una “mera conoscenza intellettuale”. Il 29 aprile scorso, il Papa ordina 22 sacerdoti della diocesi di Roma nella Basilica di San Pietro e chiede a tutti i fedeli di accompagnarli con la preghiera:

     
    “Preghiamo perché cresca in ogni parrocchia e comunità cristiana e l’attenzione per le vocazioni e per la formazione dei sacerdoti: essa inizia in famiglia, prosegue in seminario e coinvolge tutti coloro che hanno a cuore la salvezza delle anime”.

     
    Il primo febbraio di quest’anno, poi, Benedetto XVI si reca in visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore. Qui, mette l’accento sull’avventura del sacerdozio “esigente” e “meravigliosa”:

     
    “Anche se può sembrare che la vita del sacerdote non attiri l’interesse della maggioranza della gente, in realtà si tratta dell’avventura più interessante e più necessaria per il mondo, l’avventura di mostrare e rendere presente la pienezza di vita a cui tutti aspirano”.

     
    E nel messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni di quest’anno, il Pontefice ricorda che “la dimensione missionaria è specialmente e intimamente legata alla vocazione sacerdotale”. Il Papa sottolinea che il “dono della fede chiama tutti i cristiani a cooperare all’evangelizzazione” e ribadisce che affinché non manchino gli evangelizzatori di cui il mondo ha bisogno non deve “mai venire meno una costante educazione alla fede dei fanciulli e degli adulti”.
     Dei 29 diaconi della diocesi di Roma che Benedetto XVI ordinerà domani, 13 hanno compiuto la loro formazione nel Seminario Romano maggiore, 9 al Redemptoris Mater, 3 negli Oblati del Divino Amore, 2 in un istituto religioso dei Figli della Croce e 1 nel Collegio Capranica. Spicca, nel gruppo, la presenza di un seminarista caldeo proveniente da Baghdad. Alla vigilia di questo momento così importante, Federico Piana ha intervistato il rettore del Seminario Romano Maggiore, mons. Giovanni Tani:


    R. - Il cammino è stato per la maggior parte molto bello, tranquillo, per altri più impegnativo e ciò dipende dalle storie personali, dal carattere, dalla provenienza, dai momenti vissuti. I diaconi hanno dai 25 ai 43 anni, quindi c’è una certa differenza d'età. Vengono dal mondo del lavoro o dello studio, provengono da diverse comunità formative, da diversi seminari di Roma. Si è aggiunto in questi ultimi giorni un seminarista della diocesi di Baghdad di rito caldeo, che sarà ordinato con i nostri. Arrivano tutti sereni, fiduciosi di poter vivere con gioia e fedeltà questo ministero.

     
    D. - La vocazione ha colto molti anche in fasi abbastanza avanzate della vita. In questo caso vuol dire che si può essere colti dalla chiamata di Dio senza preavviso in qualsiasi momento dell'esistenza...

     
    R. - Il Signore può chiamare a tutte le età. Certamente, noi stiamo attenti in modo particolare alle vocazioni giovanili, quindi di coloro che si presentano entro i 30-35 anni, per poter svolgere un’azione di formazione. Perché quando un uomo viene ben formato nella sua vita e poi si presenta in seminario se è troppo adulto possiamo trovare delle difficoltà nella formazione.

     
    D. - Si parla spesso di crisi delle vocazioni: come si possono sostenere, in un mondo come il nostro spesso molto lontano dalla Parola di Dio, le vocazioni dei giovani che hanno avvertito la chiamata al sacerdozio?

     
    R. - Io penso che bisogna curare molto la vita della comunità, dove si trovano i giovani. Fare in modo che la comunità possa vivere con gioia, con coerenza l’ascolto della Parola di Dio, l’impegno caritativo. Quando i giovani si trovano coinvolti in una vita comunitaria grande, intensa, che faccia capire loro il senso della vita - lo faccia capire insieme agli altri e non in solitudine - è più facile per loro interrogarsi sulle domande fondamentali della vita. Anche se è vero che noi constatiamo ripetutamente che la grazia di Dio raggiunge chi vuole, quando vuole, anche in percorsi che possono sembrare abbastanza solitari, perchè questo noi lo vediamo.

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    Il sì a Dio, come quello di Maria, apre a imprevedibili cammini di gioia. Lo scrive il Papa ai giovani francesi in occasione del centenario del "Frat", l’annuale pellegrinaggio che si chiude domani a Lourdes

    ◊   “Guardate a Maria: invitata a intraprendere un cammino sorprendente e sconcertante, la sua disponibilità la apre alla gioia”. E’ quanto scrive Benedetto XVI rivolgendosi ai giovani della Provincia ecclesiastica di Parigi, impegnati fino a domani nel “Frat”, il tradizionale pellegrinaggio a Lourdes e a Jambville, che compie cento anni. Nella missiva indirizzata al cardinal Andrè Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, il Papa invita a non avere paura di ascoltare il messaggio che il Signore ha per ognuno di loro. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Sono le semplici parole pronunciate dalla Vergine a Bernardette nella grotta di Massabielle, a Lourdes, che indicano la via del rinnovamento spirituale, attraverso la chiamata alla conversione e all’amore della Chiesa. Parole, scrive il Papa, che ancora oggi Maria dice ai giovani; le stesse pronunciate a Lei dall’Angelo: “Rallegrati perché hai trovato grazia presso Dio”. E’ attraverso la grazia che Cristo “vi rende degni della sua fiducia” perché, continua Benedetto XVI, possiate raggiungere la più autentica felicità. Un dono di Dio che “si riceve intraprendendo i cammini imprevedibili della sua volontà”, impegnativi ma anche fonte di gioia profonda. Così il Papa invita a guardare a Maria, testimone di un cammino “sorprendente e imprevedibile”, la sua disponibilità la ha aperta alla gioia che tutte le generazioni canteranno. Il Santo Padre ricorda poi il Magnificat, “il segreto” che la Vergine consegna alla cugina Elisabetta: “L’anima mia magnifica il Signore ed il mio Spirito esulta in Dio mio Salvatore perché ha guardato l’umiltà della sua serva”. “Dal canto vostro - aggiunge il Papa - accettate di lasciarvi condurre dal Signore per qualcosa di grande nelle vostre umili vite”.

     
    E’ il ‘sì’ a Dio che fa zampillare la fonte della vera felicità. Quel sì, continua ancora Benedetto XVI, che libera l’io da tutto ciò che lo chiude in se stesso e lo imprigiona, che trasforma la povertà in ricchezza e rende forza al progetto di Dio, senza però ostacolare la nostra libertà e limitare la nostra responsabilità. Il nostro cuore indurito si apre così alle dimensioni della carità divina che sono universali, conforma la nostra vita alla vita di Cristo che ci ha segnato nel Battesimo. Infine, il Papa incoraggia i tanti che partecipano al "Frat", “tempo privilegiato per lasciarsi interrogare da Cristo”, a celebrare con entusiasmo la gioia del credere, dell’amare e sperare in Lui. Invita a raccogliere le testimonianze di chi li ha preceduti e di imparare ad accogliere, nel silenzio e nella meditazione, la parola di Dio. “Per modellare - scrive il Santo Padre - il vostro cuore e portare in voi un frutto generoso. A ciascuno di voi, il Signore ha un qualcosa di particolare da dire. Non abbiate paura di ascoltarlo”. Al termine della lettera, il Papa rende grazia al Signore per tutti i religiosi e i laici che, formando “una catena immensa”, hanno contribuito per un secolo a rendere il pellegrinaggio un momento importante per le vite di molti giovani cristiani.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Mongolia l'arcivescovo Osvaldo Padilla, finora nunzio apostolico in Corea.

    Il Papa ha nominato consultori della Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani i monsignori: Kevin John Patrick McDonald, arcivescovo di Southwark in Gran Bretagna, William Francis Murphy, vescovo di Rockville Centre negli Stati Uniti d'America, padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa a Gerusalemme, nonché i sacerdoti Joseph Sievers, direttore dell'Istituto Cardinale Agostino Bea presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, e Lawrence E. Frizzel, direttore dell'Institute of Judeo-Christian Studies dell'Università Seton Hall, negli Stati Uniti d'America.

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    Benedetto XVI e il suo discorso alle Nazioni Unite: un commento di padre Federico Lombardi

    ◊   Un discorso di principio e di principi. E' quello che Benedetto XVI ha tenuto alle Nazioni Unite lo scorso 18 aprile, nel corso del suo ottavo viaggio apostolico negli Stati Uniti. Al di là del tam-tam mediatico e con la medesima chiarezza usata per denunciare errori e scandali, il Papa ha voluto anzitutto ribadire, dalla tribuna del Palazzo di Vetro, la difesa della dignità umana dalla visione più alta, cristiana, dell'uomo come figlio di Dio. Su questo tema, ascoltiamo la riflessione del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

    C’era chi si aspettava che il Papa alle Nazioni Unite denunciasse l’una o l’altra delle drammatiche situazioni di ingiustizia o di conflitto del mondo di oggi. No. Questo il Papa lo ha fatto e lo fa molte altre volte, nel discorso al Corpo diplomatico di inizio anno, nei messaggi di Natale e di Pasqua, in numerosi appelli in diverse occasioni. C’era chi si aspettava che polemizzasse con le tendenze in favore dell’aborto e della contraccezione diffuse in varie agenzie dell’ONU. No. In quest’occasione il Papa ha scelto di fare un discorso di ben altro respiro, un discorso sui fondamenti e sui principi, un discorso che duri nel tempo, perché questo era il contributo più urgente e più positivo in quella sede. Ed è stato un discorso molto coerente con la specifica autorità morale della Chiesa cattolica e con l’impostazione generale del magistero di Benedetto XVI.

     
    Vi sono dei principi universalmente validi, per tutti gli uomini e le donne di ogni tempo e sotto ogni cielo. Nella natura dell’uomo, nella dignità della persona si può riconoscere e leggere il fondamento di un ordine da rispettare e da riflettere nei rapporti e negli ordinamenti sociali e politici, anche se in forme sempre da migliorare e perfezionare. Affermandolo con forza Benedetto XVI ha svolto per le Nazioni Unite il servizio più prezioso, difendendo il valore permanente della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e ha trovato la convinzione e la determinazione per farlo nella visione cristiana e religiosa del mondo. “E’ evidente – ha detto - che i diritti riconosciuti ed esposti della Dichiarazione si applicano a ogni uomo, in virtù dell’origine comune delle persone, che rimane il punto centrale del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia”. Ancora una volta, la Chiesa ha messo a disposizione dei popoli, con fraterno atteggiamento di servizio, la sua “esperienza di umanità”, a favore della giustizia e della pace.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   “Un'affermazione contraria ai diritti umani”: un intervento del vescovo Elio Sgreccia (presidente della Pontificia accademia per la vita) in merito alla risoluzione - approvata dall'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa - che invita i 47 Stati membri a orientare, laddove necessario, la propria legislazione in maniera da garantire alle donne “il diritto di accesso all'aborto sicuro e legale”.

    Un articolo di Luca M. Possati dal titolo “Il diritto negato ai detenuti palestinesi”.

    In evidenza l'Iraq: bambini reclutati come kamikaze, denuncia un'inviata speciale dell’ONU.

    Nell'informazione religiosa, interviste di Giampaolo Mattei all’arcivescovo Karakeheyan, ordinario per gli armeni cattolici dell'Europa orientale, e a don Jan Capla, superiore della missione “sui iuris” di Baku.

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    Oggi in Primo Piano



    Dieci anni fa, il brutale assassinio in Guatemala di mons. Juan Josè Gerardi, ucciso dopo la pubblicazione di un rapporto di denuncia sui crimini commessi durante la guerra civile

    ◊   Erano le dieci di sera di domenica 26 aprile del 1998: mons. Juan Josè Gerardi, vescovo ausiliare di Città del Guatemala, veniva ucciso nella sua parrocchia di San Sebastián. Le indagini sull'omicidio hanno portato all'arresto di tre uomini, accusati di essere stati gli autori materiali dell'assassinio. Non sono invece ancora stati individuati i mandanti. Oggi, nel decimo anniversario della morte di mons. Gerardi, sono previste liturgie di suffragio e cerimonie commemorative per ricordare il vescovo, uomo di fede e grande difensore dei diritti umani. Due giorni prima di essere ucciso, il presule aveva presentato un’accurata indagine sui crimini perpetrati in Guatemala nel periodo della guerra civile, sia dall’esercito sia dalla guerriglia. Sui segni lasciati nel Paese centroamericano e nella Chiesa guatemalteca da quel brutale assassinio, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, Luis Badilla, esperto dell’America Latina della nostra emittente:


    L’omicidio di mons. Gerardi è una ferita non ancora chiusa. Il popolo guatemalteco ne soffre le conseguenze poiché percepisce che l'impunità, nonostante la pace e democrazia ritrovate, non è stata sconfitta. Giorni fa il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, arcivescovo della capitale guatemlateca, ha detto: “La Chiesa vuole perdonare, ma prima deve saper a chi”. I mandanti non sono ancora stati trovati. In questo senso, i guatemaltechi non hanno trovato ancora pienamente la via della riconciliazione che esige prima verità e giustizia. Mons. Gerardi è un paradigma del martirio di migliaia e migliaia di altri innocenti che caddero durante 36 anni di guerra civile.

     
    D. - Ci sono oggi luci in Guatemala capaci di illuminare il vuoto lasciato da mons. Gerardi?

     
    R. - Come accade con il messaggio cristiano, si tratta di un segno di contraddizione: la morte di mons. Gerardi è stato un passaggio lungo le terribili tenebre della storia di un popolo, ma al tempo stesso ha rappresentato l'avvicinarsi dell'alba, della luce. Ogni notte profonda e amara preannuncia l'aurora calda e chiara. Il grido di mons. Gerardi fu: "Mai più". Oggi, nonostante le contraddizioni della pacificazione guatemalteca dagli accordi pace del 1996, una sola cosa è chiara e irreversibile: "Mai più".

     
    D. - Due giorni prima di essere ucciso, mons. Gerardi aveva pubblicato proprio il Rapporto “Guatemala mai più” sui crimini compiuti durante la guerra civile. Quale contributo hanno portato quelle denunce?

     
    R. - Il Rapporto redatto da mons. Gerardi, il noto documento intitolato "Guatemala, mai più", ha squarciato la menzogna e l'omertà dimostrando che era possibile guardarsi in faccia e non fare più finta che "nulla fosse accaduto". Mons. Gerardi è morto per servire la verità, quella del cristiano, del sacerdote, del vescovo e del patriota. Questa fu la sua coerenza e quest'è la sua eredità spirituale per tutti.

     
    D. - Anche oggi, in Guatemala, difendere i diritti umani può provocare gravi conseguenze. Mons. Ramazzini, vescovo di San Marcos, ha ricevuto nei giorni scorsi minacce di morte…

     
    R. - Purtroppo in America Latina questa dinamica delle minacce contro i pastori della Chiesa è dura a morire. La Chiesa latinoamericana ha pagato altissimi prezzi: mons. Gerardi è uno di una lista in cui ci sono due vescovi colombiani, Isaías Duarte Cancino e Jesús Emilio Jaramillo, il cardinale messicano Posadas Ocampo, decine di sacerdoti e religiose e migliaia di catechisti. Ci auguriamo che nulla accada a mons. Alvaro Ramazzini. E' un dovere di tutti, anche della stampa, dare una mano per proteggerlo. Piangere dopo servirebbe a poco. Ad ogni modo, la Chiesa non si ferma e va avanti: il suo mandato missionario lo ha ricevuto da Cristo e non ha scadenza.

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    Sostegno ai migranti ed attenzione alle diversità nell’Islam: intervista con l'arcivescovo di Algeri, Teissier, dopo l’incontro della Commissione dei vescovi d’Europa e Maghreb

    ◊   Le migrazioni verso l’Europa e il dialogo fra cristiani e musulmani: sono questi i temi principali affrontati dai vescovi della Commissione mista Europa-Maghreb che si sono incontrati in questi giorni a Parigi. I presuli hanno discusso anche della pastorale da adottare nelle diocesi dove si registrano maggiori problemi. Particolarmente evidenziata la situazione che sta attraversando l’Algeria, dove da mesi si registrano difficoltà nella concessione dei visti di entrata per i religiosi. Tiziana Campisi ha chiesto all’arcivescovo di Algeri, mons. Henri Teissier, quali realtà vivono le due sponde del Mediterraneo:


    R. - Ci sono molti immigrati che vengono dal sud del Sahara, che attraversano l’Algeria, il Marocco e la Libia perché cercano di arrivare in Europa, ma non riuscendo in realtà ad andare rimangono clandestini. I nostri Paesi e noi, come comunità cristiana, sappiamo che abbiamo la responsabilità di cercare di fare qualcosa per loro. Questo è ciò che poi crea molte difficoltà con le autorità pubbliche, perché per loro sono soltanto clandestini e quindi noi non abbiamo diritto di poter fare niente per le loro. Il secondo tema affrontato durante i lavori della Commissione è quello delle relazioni con le comunità musulmane. Bisogna dire che al riguardo ci sono delle correnti più aperte e molto più impegnate nel dialogo, mentre altre sono molto più chiuse e non accettano relazioni con i cristiani.

     
    D. - Quali proposte pensate di fare?

     
    R. - Sul piano delle immigrazioni, al momento il nostro è piuttosto un impegno di pastorale sociale, perché sono persone che arrivano del sud e che non hanno niente. In Francia, la situazione è certamente diversa, perché gli immigrati sono presenti da molto tempo e, quindi, il problema maggiore è quello di impegnarsi insieme per il bene della società. Nel sud del Mediterraneo l’impegno pastorale è diretto piuttosto all’aiuto. In Algeria, ad esempio, noi abbiamo individuato due tipi di aiuto: anzitutto quello aiutare gli infermi che vogliono rientrare nel loro Paese e, in secondo luogo, l’aiuto rivolto ai bambini che non sono ancora scolarizzati. Proprio per questo, abbiamo cercato ed ottenuto un aiuto per pagare la loro retta nelle scuole private, perché non possono frequentare le scuole pubbliche in quanto clandestini e quindi non hanno documenti. Riguardo poi al tema delle relazioni con i musulmani, abbiamo affrontato e studiato le situazioni particolari ed anche le diverse correnti per comprendere come poter riuscire ad avere un incontro ed un dialogo con loro.

     
    D. - Voi vescovi della chiesa algerina avete recentemente scritto una lettera indirizzata alle comunità religiose dell’Algeria...

     
    R. - Una nuova ordinanza del governo algerino del 28 febbraio 2006 ha condannato fortemente tutti i tentavi di attirare i musulmani al di fuori della loro comunità musulmana. I gruppi che sono più impegnati in questo tipo di azione sono i gruppi evangelisti. Inizialmente, è stata emanata questa ordinanza proprio per impedire agli evangelisti di continuare a fare quello che stavano facendo. In questo momento, però, ci sono difficoltà anche con la Chiesa cattolica. E’ proprio per questo che abbiamo deciso di scrivere questa lettera a tutti i religiosi e le religiose per far comprendere loro che il nostro impegno di servizio e di formazione culturale, educativo e sociale in un ambiente musulmano come quello algerino è sempre molto impegnativo, poiché le difficoltà sono molte. Ma il tempo delle difficoltà non rappresenta certo il momento per abbandonare una situazione, ma anzi è necessario continuare a lavorare come facciamo da 50 anni. Noi vogliamo dare la prova che come cristiani è possibile impegnarsi in una società musulmana per il bene.

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    A 15 anni dalla morte di don Tonino Bello, il libro "Sud a caro prezzo" presenta la visione del sacerdote sul riscatto del meridione italiano

    ◊   Ridare al Mezzogiorno dignità e speranza di vita, fare luce sui drammi della povertà, della criminalità, della disoccupazione, per affrontarli in modo concreto, mettendo in atto così la sfida di un cambiamento possibile. Sono questi alcuni degli argomenti affrontati nel libro di don Antonio Bello: “Sud a caro prezzo”, pubblicato a 15 anni dalla sua morte, in ricordo di una vita spesa a servizio degli ultimi. Ce ne parla Cecilia Seppia:


    Il mare, la terra, gli anziani con le rughe scavate dal sole e dalla fatica, come gli ulivi dai nodi del tempo, il dialetto ma anche la povertà, la fame, la strada, la disoccupazione. Di tutto questo era impastato Antonio Bello, vescovo di Molfetta, che per tutti, ancora oggi - a 15 anni dalla sua morte - rimane semplicemente don Tonino. Nato e cresciuto nel Mezzogiorno, appena diventa sacerdote sente il desiderio di fare qualcosa di concreto per gli abitanti del Sud, coloro che - egli definisce, in senso evangelico - gli ultimi. Ma in fondo è proprio questa condizione di marginalità rispetto ai luoghi dove batte il cuore del potere e dell’economia che fa del Sud d’Italia, così come del Sud di tutto il mondo, uno dei luoghi più vicini a Dio. Così, fonda comunità di accoglienza per i profughi albanesi, gli sfattati, le prostitute, scende in piazza con gli operai e promuove petizioni per lo sviluppo civile del territorio, partecipa a missioni di pace. In questo modo, oltre a vescovo amato da tutti, diventa un riformatore sociale, che - come emerge in questo libro - denuncia la criminalità e propone modifiche concrete, come ha affermato mons. Giovanni Ricchiuti, vescovo di Acerenza:
     
    “Tutto il discorso sullo studio di Don Tonino - definito nella prefazione di questo libro come uno dei più grandi formatori sociali del Mezzogiorno - così come un po’ le posizioni di tutti i meridionalisti - da Salvemini a Fortunato - vede tutti in perfetta sintonia sul fatto che lo sviluppo del Meridione non è nell’accattonare qualcosa, ma sta nel cambiamento di una mentalità che, grazie certamente alla solidarietà della nazione, metta in condizione queste regioni del Sud di liberarsi da schemi anche un po’ feudatari e di dipendenza, puntando invece ad una capacità di produzione legata soprattutto al territorio. In questa solidarietà, diceva don Tonino, era prioritario che i meridionali cominciassero però a rendersi più responsabili o corresponsabili del futuro stesso del Sud”.
     
    Con intelligenza appassionata, don Tonino, attraverso le pagine di questo libro, si inoltra lucido nel cuore dei problemi che affliggono il Meridione, affermando che cambiare si può, come si può essere in grado di generare futuro, tracciando con le proprie gambe una strada inedita ed originale. Poi, rivolgendosi ai giovani, alla Chiesa e alle istituzioni dice: “Non voltate la faccia ai mali che affliggono questa terra. Non scappate, affrontateli”.

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    Sugli schermi in Italia "I demoni di San Pietroburgo", film che segna il ritorno di Giuliano Montaldo. Il regista ai nostri microfoni

    ◊   Giuliano Montaldo è tornato dietro la macchina da presa dopo diciotto anni di assenza con l’intenso film, in questi giorni sugli schermi cinematografici, "I demoni di San Pietroburgo", rapito da un’idea di Andrei Konchalovsky, tradotta in soggetto cinematografico da Paolo Serbandini, ed entrando così finalmente nel mondo di Dostojevskij, evocato anche dalla bella musica di Ennio Morricone. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Il lungo tempo lontano dal cinema, Giuliano Montaldo lo ha dedicato alla lettura e alla regia lirica, senza però creare fratture con le sue opere più famose, chiamate erroneamente “trilogia del potere”, mentre lui ha sempre dichiarato di preferire “trilogia dell’intolleranza”: sociale con Sacco e Vanzetti (1971), religiosa e culturale con Giordano Bruno (1974), morale e politica con "Gli occhiali d’oro" (1987). Ora, un’algida e fremente San Pietroburgo viene in parte ricreata nei palazzi piemontesi, impeccabilmente fotografati da Arnaldo Catinari. Gruppuscoli di giovani terroristi, imbevuti di utopia, che minano il potere autocratico dello zar e sono distanti dalle vere sofferenze del popolo, incarnano il demone della società russa di quegli anni - ne mancano soltanto cinquanta alla vera rivoluzione - mentre il cuore dello scrittore sanguina per amori non corrisposti e ideali esplosi nei suoi incubi. Nel film sono le contrapposizioni ad intessere una ragnatela di sospetti e ribellioni: quella di Dostojevskij, ed è il volto pensoso di Miki Manojlovic, nei confronti dei circoli ispirati da Bakunin; quella degli intellettuali contro il potere, quest’ultimo impersonato dall’ispettore di polizia Pavlovic, affidato ad un ispirato Roberto Herlitzka; quella di Natalia che incanala, forse fallendo, le energie affettive e artistiche di Fjodor. Chi è alla ricerca della conservazione, chi dell’affermazione, chi della ragione, chi dell’utopia, chi del trascendente. Dostojevskij, insomma, è stato per lui una ventennale ossessione. Dove ha avuto origine? Giuliano Montaldo:

     
    R. - Ho pensato che all’interno di questa storia ci fossero tante vicende. Ho letto, ovviamente, tanto di Dostojevskij, ma sono convinto che la sua vita sia stata il suo libro più bello. Mi ha colpito che un uomo di così tanto talento, di così tanto successo, avesse vissuto così fortemente i tormenti dell’anima in questa ricerca inesausta dell’uomo, delle ragioni dell’uomo, con lo sforzo di guardare in alto, cercando Dio e domandandosi: l’uomo, se ne allontana, allora dove va?

    D. - Si descrive come un contestatore inerme: che cosa contesta?

     
    R. - Ce l’ho con chi mi ha rubato l’ottimismo: è un furto gravissimo. Chi è il ladro di ottimismo, in questa società in cui viviamo, così orrendamente buttata sul consumo del banale, non del necessario? Questo io contesto, sì, con tutte le mie forze, che sono debolissime. Perché chi non ha l’ottimismo è un reduce indebolito di una guerra persa.

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    Il commento del teologo, don Massimo Serretti, al Vangelo della sesta domenica di Pasqua

    ◊   Nel Vangelo di domani, sesta domenica del Tempo di Pasqua, Gesù parla con i discepoli e, preannunciando la venuta dello Spirito Santo, il Consolatore, dice:

    "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi".

     
    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:

    (musica)

     
    È la prima promessa di invio dello Spirito Santo che Gesù presenta ai suoi.

     
    Il Patto contiene sempre una promessa e delle promesse. Chi entra nel Patto diviene depositario ed erede della promessa (cf Eb 7, 6; Rm 4, 13).
     
    È il Figlio a fare la promessa, ma è il Padre che la compirà.
     
    Di che tipo è la promessa che Gesù fa ai suoi e a quelli che staranno con Lui ed entreranno nel suo Patto, nella sua Alleanza?
     
    Non è una terra, non è una discendenza, non è un carisma di cui arricchirsi.
     
    È una Persona. È un Consolatore. È un Difensore. È un Avvocato. È lo Spirito.
     
    Il contenuto della promessa è il dono dello Spirito. Strano dono il dono di una Persona!
    È il più grande dono, è il Dono, che noi gustiamo come Presenza di Dio, come compagnia di Dio, dulcis hospes animae.

     
    "Il mondo non lo vede e non lo conosce" (Gv 14, 17). Lo spirito che il mondo ben conosce, è lo spirito di menzogna e di falsità. Mentre lo Spirito di Dio, quello di cui parla Gesù, è "Spirito di verità" (Gv  14, 17; 15, 26; 16, 13).

     
    Questo Spirito è già in noi battezzati. La domanda è: quale conoscenza ne abbiamo e quindi se ne facciamo costante e ordinaria esperienza, se, con il Salmista possiamo dire: "I miei occhi prevengono le veglie della notte per meditare sulle tue promesse" (Sal 118, 148).

     
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    Chiesa e Società



    Veicoli fermi nella Striscia di Gaza per la mancanza di carburante. A rischio l’assistenza medica e umanitaria per gran parte della popolazione

    ◊   Si fa sempre più complessa la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza. Tutti i veicoli dell’organismo dell’United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA) – riporta l’agenzia Misna – da due giorni sono privi di carburante e quindi costretti a sospendere la distribuzione di aiuti umanitari a più di 650 mila persone. Visto che l’organismo serve il 70% della popolazione ed è l’unico servizio pubblico rimasto nella Striscia, il problema – precisa Filippo Grandi, vice-commissario generale dell’UNRWA – “riguarda anche il funzionamento di 214 scuole e di 19 centri sanitari”. La carenza di carburante ostacola le attività di diverse agenzie umanitarie come il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU (PAM) e Medici Senza Frontiere (MSF), che da qualche giorno hanno limitato le visite ai soli malati più gravi. “L’arresto delle nostre attività può provocare, per la totalità dei nostri pazienti, un grave peggioramento del loro stato di salute generale” ha precisato Duncan McLean, capo missione dell’organizzazione. In una nota MSF definisce “inaccettabile” questa situazione, mentre il commissario europeo per gli Aiuti Umanitari, Louis Michel, ha chiesto ad Israele di garantire immediatamente la ripresa dei rifornimenti. (E. B.)

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    Giornata di preghiera per lo Zimbabwe. E’ l’iniziativa promossa per domani dai vescovi di Inghilterra e Galles

    ◊   L’instabilità politica in Zimbabwe desta preoccupazione nella comunità internazionale e tra i presuli del Paese africano. Dal 29 marzo non si conoscono i risultati delle elezioni presidenziali e si sta procedendo al riconteggio delle schede in alcune circoscrizioni. L’opposizione, che rivendica la vittoria, teme brogli a favore del partito del presidente Mugabe. In questo clima di incertezza la Conferenza episcopale della Evangelical Fellowship of Zimbabwe (EFZ) e il Consiglio delle Chiese hanno espresso “profonda preoccupazione per il deterioramento dei diritti politici, economici e umani”, come si legge sull’Osservatore Romano. Il giornale vaticano riporta una lettera nella quale i presuli sottolineano come, già prima delle elezioni, avessero esortato i cittadini a comportarsi pacificamente. Nella missiva si denunciano anche episodi di violenza ai danni di chi ha votato il partito “sbagliato”. “Le persone – scrivono - sono state sequestrate, torturare e umiliate ed alcune sono state anche uccise”. I presuli parlano poi della situazione del Paese dove il costo della vita ha superato le possibilità dei cittadini, nelle campagne c’è carestia e mancano pure medicine e farmaci. Nell’appello si chiede di mettere fine alle violenze per evitare “un genocidio simile a quello avvenuto in Kenya, in Rwanda e in Burundi”. Di fronte a quanto sta accadendo, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles (CBCEW) ha invitato a pregare domani per la pace in Zimbabwe. Nel raccontare la sua testimonianza, mons. Crispian Hollis, presidente del Dipartimento Affari Internazionali della CBCEW, ha sottolineato come la popolazione abbia reagito con dignità di fronte all’intensa sofferenza che vive. “Chiedo di pregare – ha detto il presule- così da affermare il ruolo della giustizia contro la supremazia della violenza”. (B.C.)

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    In Kenya mea culpa dei leader cattolici e protestanti nella crisi post-elettorale costata la vita ad oltre mille persone

    ◊   La crisi post elettorale in Kenya, in cui sono morte oltre mille persone, avrebbe avuto un esito differente se tutti i fedeli avessero osservato il comandamento dell’amore di Cristo. E’ quanto sostengono sia Chiesa cattolica che quella protestante presenti nel Paese africano. Nei giorni scorsi – riporta l’osservatore Romano – il vescovi cattolici, guidati dal presidente della Conferenze episcopale del Kenya, l’arcivescovo di Nairobi, il card. Joohn Njiue, hanno chiesto scusa al Paese nella basilica della Santa Famiglia nel corso della concelebrazione di una messe in ringraziamento per la formazione del governo di grande colazione. Durante la sua omelia il vice presidente della Conferenza episcopale, mons. Philip Sulumeti, vescovo di Kakamega, ha ricordato che nel periodo in questione le diverse tribù del Paese hanno peccato non amandosi e non ascoltando la voce di Gesù. “Non puntate il dito sui politici ma su voi stessi” ha affermato il vescovo che ha poi raccontato la sofferenza vista durante le sue visite nei campi profughi allestiti per accogliere le migliaia di persone in fuga dalle violenze. Anche i leader protestanti ed evangelici hanno fatto il mea culpa sottolineando che la voce dei loro pastori è stata “inghiottita dalla cacofonia di quelle degli altri interessi acquisiti”. (E. B.)

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    Il dialogo interreligioso e l’accoglienza dei rifugiati al centro della visita di una delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese in Siria

    ◊   I rapporti tra cristiani e musulmani e l’accoglienza dei rifugiati sono stati i temi principali trattati da una delegazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), in visita in Siria nei giorni scorsi. Guidati dal segretario generale uscente, rev. Samuel Kobia, i membri del CEC hanno incontrato sia i leader religiosi del Paese che il capo dello Stato, Bashar al Assad. Da tutti hanno ricevuto lo stesso messaggio: un miglior dialogo interreligioso può essere realizzato se cristiani e musulmani si considerano, reciprocamente, come esseri umani, piuttosto che come rappresentanti di un gruppo di fedeli. La delegazione del CEC ha quindi analizzato la situazione dei rifugiati iracheni in Siria, attualmente pari ad 1,5 milioni, e la fuga dei cristiani dal Medio Oriente verso Damasco: ad esempio, durante gli attacchi israeliani in Libano, nell’estate del 2006, la Siria ha offerto riparo a mezzo milione di palestinesi ed a circa 200mila libanesi. “La pace in Terra Santa è la soluzione della maggior parte dei problemi nella regione", ha detto Sua Beatitudine Gregorios III Laham, patriarca greco-melchita cattolico. "Ad ogni nuovo conflitto, segue una nuova ondata migratoria di musulmani e, soprattutto, di cristiani”. Dal suo canto, Sua Beatitudine Ignazio IV Hazim, patriarca della Chiesa greco-ortodossa di Siria, ha lanciato un messaggio di speranza: “Accogliere la gente con amore non risolverà tutti i problemi immediatamente. Ma le generazioni future raccoglieranno i frutti di questo amore”. Infine, la delegazione del CEC ha espresso apprezzamento per l’operato della ‘Sheikh Ahamd Kuftaro Foundation’, un centro islamico siriano dedicato alla formazione ed agli studi interreligiosi. (I.P.)

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    La Chiesa di Gerusalemme ha realizzato un nuovo servizio informativo che, attraverso internet, mira a diffondere notizie in 5 lingue

    ◊   E' partito questa settimana, presso il Patriarcato Latino di Gerusalemme, il nuovo “Holy Land Catholic Communications Centre”, il servizio informativo della Chiesa di Gerusalemme, che intende diffondere informazioni in cinque lingue: inglese, italiano, francese, arabo ed ebraico. La piattaforma vuole essere una fonte di notizie sulle iniziative della Chiesa cattolica in Terra Santa e mira a divenire centro di coordinamento e collegamento informativo fra le chiese, le parrocchie e i centri pastorali delle comunità di diversi riti cattolici esistenti. Altro obiettivo è quello di contribuire ad un’informazione corretta e trasparente sulle vicende che accadono in Terra Santa, per rispondere alla essenziale missione della Chiesa che è quella di annunciare la verità. Padre Giuseppe Caramazza, comboniano, ex direttore della rivista “New people”, chiamato a svolgere l’opera di avviamento e di formazione di base, spiega all’agenzia Fides che il centro dispone di un sito web (www.catcc.net) che racconta la storia delle varie Chiese con un archivio fotografico, video e audio sugli eventi ecclesiali locali. Attualmente il servizio è operativo solo in italiano ed inglese, mentre le altre lingue saranno attivate nelle prossime settimane. Il progetto - precisa padre Caramazza – “diventerà poco a poco una vera e propria agenzia di notizie”. Il comboniano ricorda inoltre che la Chiesa di Gerusalemme ha concluso il Sinodo nell’anno 2000. Grande spazio fu dedicato allo studio del “ruolo dei mezzi di comunicazione sociale nella missione della Chiesa”. Nell’occasione si decise istituire una Commissione Cattolica per i media; definire un progetto pastorale completo, concreto, e applicabile per il settore; seguire lo sviluppo dei media in genere, cercando di sviluppare quelli ecclesiali; definire un programma di formazione etica per il loro uso; sostenere il lavoro dei media con le risorse umane morali e materiali necessarie. Uno dei primi frutti del lavoro svolto in questi ultimi anni è la creazione del “Holy Land Catholic Communications Centre”. Il progetto è partito “in sordina” perchè vuole crescere nel tempo, adattandosi alle esigenze delle varie Chiese nella certezza che diventerà ben presto un punto di riferimento importante per l’informazione sulla Terra Santa. (E. B.)

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    "Il messaggero cattolico" è il nuovo mensile dell'arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca

    ◊   È stato lanciato la settimana scorsa il nuovo mensile cattolico dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, "Katoliceskij Viestnik - Sviet Evangelia” (Il Messaggero cattolico - La luce del Vangelo). Dal nome stesso - riferisce l'Agenzia AsiaNews - si evince la volontà di “continuazione” rispetto al precedente settimanale diocesano, “Sviet Evangelia”, appunto. Quest’ultimo, nato negli anni ’90, ha interrotto la pubblicazione nel dicembre scorso. La redazione del nuovo mensile, però, è completamente rinnovata come pure il formato, i contenuti e la periodicità della pubblicazione. Il nuovo direttore è il frate domenicano, padre Alexander Khmelnitsky. Nel primo numero, insieme a storie su cattolici russi all’estero, documenti ecclesiastici e le omelie del nuovo arcivescovo a Mosca, mons. Paolo Pezzi, è contenuto anche un messaggio di benvenuto dello stesso presule ai lettori. “Il principale scopo di ogni cristiano – spiega mons. Pezzi – è testimoniare Cristo con la propria vita, la propria fede e la speranza donategli dalla virtù del battesimo ed i media vogliono partecipare a questa testimonianza della Grazia della nostra fede”. Dopo aver ricordato il defunto missionario italiano padre Bernardo Antonini, iniziatore di “Sviet Evangelia” nel 1994, il vescovo annuncia che “il servizio comunicazione della nostra comunità cattolica inizierà a funzionare a pieno regime con l’apertura, a breve, del sito internet dell’arcidiocesi”. (R.P.)

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    India: il neo-presidente dei vescovi ha definito “dolorosa” la persistente discriminazione dei cristiani Dalit nel Paese

    ◊   “La persistente negazione di pari diritti ai cristiani Dalit è un fatto doloroso”. Lo ha ribadito nei giorni scorsi a New Delhi il cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly durante una cerimonia in suo onore per la sua elezione a nuovo presidente della Conferenza episcopale indiana (CBCI). “L’India – ha detto il porporato - è una grande nazione con nobili valori spirituali e morali. Tuttavia il mancato riconoscimento dei diritti costituzionali ad alcune categorie svantaggiate è per noi motivo di dolore e preoccupazione”. Nel suo discorso Vithayathil ha fatto riferimento anche alle leggi anti-conversione e ai continui attacchi contro i cristiani in India. Questi provvedimenti e violenze - ha rimarcato - contraddicono lo spirito di tolleranza cui è improntato l’ordinamento politico indiano. Da tempo la Chiesa indiana chiede la fine delle discriminazioni dei Dalit cristiani e musulmani, esclusi dai diritti costituzionali riconosciuti ai "fuoricasta" di altre religioni. Una legge risalente al 1950 limita infatti l’applicazione del sistema delle quote previste dalla Costituzione per le caste svantaggiate - le cosiddette Scheduled Castes - ai soli Dalit indù e a quelli di religione buddista o sikh. La questione è stata nuovamente sollevata dai vescovi indiani durante la loro ultima assemblea plenaria a febbraio, al termine della quale hanno presentato un memorandum al Primo Ministro Manmohan Singh. (L. Z.)

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    I vescovi del Québec propongono un mediatore per tutelare le condizioni di vita degli immigrati stagionali, provenienti dall’America centrale

    ◊   Un mediatore indipendente, un "ombudsman", per tutelare i diritti degli immigrati stagionali in Québec. A proporlo sono i vescovi della provincia francofona canadese che in una nota ripresa dalla Cns, denunciano le difficili condizioni di vita di questi lavoratori, provenienti per lo più dall’America Centrale. “Se la manodopera stagionale – si legge nella nota, preparata dalla Commissione episcopale per gli affari sociali – aiuta il Québec a fare fronte alla concorrenza e a proteggere i suoi prodotti, dobbiamo anche riconoscere che questa migrazione mette in evidenza le drammatiche disuguaglianze tra Paesi ricchi e poveri” . È dunque compito dei governi e dei datori di lavoro – prosegue il testo - “assicurare a questi lavoratori adeguate condizioni di vita e il rispetto dei loro diritti fondamentali”. Attualmente la maggior parte degli immigrati stagionali in Québec vengono dal Guatemala e dal Messico, con il quale il governo canadese ha stipulato un accordo nel 1974. In teoria spetterebbe ai consolati tutelare i loro diritti, ma in pratica – denunciano i vescovi - questi lavoratori “non hanno i mezzi per fare rispettare ai loro datori di lavoro i loro obblighi contrattuali”, tanto più che sono soli, non conoscono la lingua e sono quindi particolarmente vulnerabili. Di qui la proposta di un mediatore indipendente che faccia da tramite tra lavoratori e datori di lavoro e risolva eventuali vertenze. I presuli invitano inoltre i cattolici e tutte le comunità cristiane in Québec ad avere un atteggiamento di accoglienza verso questi immigrati, integrandoli nella vita delle parrocchie. (L. Z.)

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    Messaggio dei vescovi della Corea del Sud per la Giornata Mondiale dei Migranti che si celebra domani

    ◊   “Un nuovo mondo, una nuova umanità”. Questo il titolo del messaggio della commissione per la cura pastorale dei migranti e itineranti della Conferenza episcopale coreana, diffuso in occasione della Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati, che la Chiesa coreana celebra domani. Secondo quanto riporta l’agenzia Fides, mons. Vincent Ri Pyung-ho, vescovo di Jeonju e presidente della commissione, afferma che le maggiori difficoltà dei giovani migranti in Corea si trovano nel dover conciliare una “duplice appartenenza”: alla terra di origine e a quella dove vivono. Devono preservare la tradizione e la cultura della loro patria, ma nel contempo imparare e adeguarsi a usi e costumi nuovi: per questo “la duplice appartenenza rappresenta una sfida per loro”. E’ un problema, nota il Vescovo, che incontrano anche gli studenti coreani che vivono all’estero. “A volte restiamo confusi”, si legge nel testo, a causa di quel fenomeno della globalizzazione che tende a sradicare gli uomini dalle terre dove sono nati. Ma ogni cambiamento “è da vedersi come volontà del Creatore, se ci mettiamo nell’ottica lungimirante di Dio”. Tutti gli uomini – prosegue – “sono fratelli e sorelle davanti al Creatore, e l’intero mondo è una proprietà comune, in cui l’umanità è chiamata a vivere insieme. Questo è uno degli elementi importanti della nostra fede. E questa fede non può rimanere solo nella nostra mente, ma deve essere accettata e praticata nella nostra vita”. In conclusione il vescovo sostiene: “Noi possiamo essere iniziatori di un nuovo mondo dove questo pianeta può essere un piccolo villaggio, in cui una nuova umanità vive insieme come una famiglia. Accadrà se noi, in quanto credenti in Dio Creatore come Padre di tutti gli uomini, accettiamo tutti come nostri fratelli e sorelle, senza differenze culturali o razziali, praticando la fede nella nostra vita”. (E. B.)

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    Il Patriarca di Venezia propone un gemellaggio con Alessandria d’Egitto e festeggia i 60 anni di sacerdozio del cardinale Cè

    ◊   Un gemellaggio tra Venezia ed Alessandria d’Egitto. Lo ha proposto il Patriarca di Venezia, Angelo Scola, durante la concelebrazione per la festa del patrono San Marco a Venezia, presieduta dal Patriarca emerito, il cardinale Marco Cè, nel 60.mo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. “Mentre auspichiamo un rifiorire del suo culto nel nostro Patriarcato - ha detto ieri il cardinale Scola riferendosi a San Marco - e anche un più accurato approfondimento della sua figura, dell’importanza della tradizione che lo lega alla genesi della Chiesa in terra d’Africa e dei nostri rapporti con la Chiesa copta cattolica e copta ortodossa, ci permettiamo di rivolgere un umile appello alle autorità civili, in modo particolare al Signor Sindaco, perché si valuti l’opportunità di un gemellaggio tra la nostra città e quella di Alessandria”. Infine, il fraterno auspicio al cardinale Cè nel giorno commemorativo della sua ordinazione sacerdotale. “La Vergine Nicopeja lo conservi a lungo per il suo ed il nostro bene – ha detto il cardinale Scola -. Ci stringiamo a Lui, con intenso affetto di comunione, assicurandogli la nostra quotidiana preghiera”. (A. M.)

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    Al via oggi, ad Assisi, il pellegrinaggio nazionale UNITALSI. Previsto l’arrivo di 2.000 giovani da ogni parte d’Italia

    ◊   Circa due mila giovani da oggi ad Assisi per partecipare al pellegrinaggio nazionale dell’UNITALSI, che si concluderà domenica. Si tratta di un appuntamento molto attesto che segue quello dell’anno scorso alla Santa Casa di Loreto. “I giovani – spiega Elena Spadaro, consigliere nazionale UNITALSI e coordinatrice dell’iniziativa – hanno un grande desiderio di manifestare il loro impegno di evangelizzazione. Questo di Assisi è un percorso pensato, creato e realizzato dai giovani e per i giovani”. Testimoniando il loro cammino spirituale i partecipanti si confronteranno sul tema “Servire Gesù”. Come riporta l’Avvenire, la catechesi introduttiva, “Sui passi di San Francesco”, in programma domani mattina, sarà presieduta dal ministro provinciale dei Frati Minori, fra’ Massimo Reschilian. Nel pomeriggio, invece, nella Basilica di San Francesco, si svolgerà la catechesi del custode dei Frati Conventuali, padre Vincenzo Coli. A seguire, la processione notturna dei giovani UNITALSI, che partirà dalla Basilica Superiore per raggiungere il sagrato della Basilica Santa Maria degli Angeli dove il custode della Basilica, padre Rosario Gugliotta, celebrerà il momento conclusivo. (E. B.)

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    L’Italia in prima fila nell’assistenza ai bambini bielorussi, colpiti dal disastro di Chernobyl. Particolarmente attiva la Sardegna

    ◊   “Negli ultimi 15 anni, in Italia, nell’ambito dei vari programmi di accoglienza temporanea, sono stati ospitati più di 400 mila bambini” provenienti dalle aree colpite dalla catastrofe di Chernobyl. Lo ha affermato il console onorario bielorusso in Sardegna, Giuseppe Carboni, in un comunicato diffuso alla vigilia del 22.mo anniversario del disastro nucleare avvenuto il 26 aprile 1986. Nella nota si sottolinea che l’Italia è il maggior partner della Bielorussia nell’organizzazione del risanamento terapeutico dei bambini, accogliendo il 50% di tutti i giovani bielorussi andati all’estero, che, solo nell’ultimo anno, sono stimati in oltre 40 mila. In questo ambito il console ha sottolineato la solidarietà offerta dalle famiglie della Sardegna che ospitano un migliaio di bambini ogni anno. “Nato con l’obiettivo di offrire un soggiorno a scopo terapeutico, il progetto di accoglienza dei bambini bielorussi in Sardegna – si legge ancora nella nota – si è trasformato oggi in un’occasione di scambio culturale: sono ormai abituali gli scambi studenteschi, le mostre e i concerti di artisti bielorussi, la partecipazione a manifestazioni sportive”. La Sardegna è inoltre protagonista di “importanti progetti di cooperazione allo sviluppo” nel territorio bielorusso. In particolare, a Misnk, il centro ‘Italo-bielorusso di Cooperazione e Istruzione Sardegna’ coordina varie attività umanitarie, mentre un ente di formazione professionale, “Sardegna Global”, ogni anno forma centinaia di giovani bielorussi nel campo edilizio aiutando l’inserimento nel mondo del lavoro di tanti giovani orfani. (E. B.)

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    Si chiude domani a Fiuggi il Convegno internazionale della Comunità Gesù Risorto

    ◊   “Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della Terra” è il tema scelto per l’incontro di quattro giorni di preghiera comunitaria e di adorazione che si chiude domani a Fiuggi. Si tratta della 21.ma edizione del Convegno Internazionale della Comunità Gesù Risorto che è rappresentato da oltre 300 cenacoli di preghiera in Italia per un totale di 18mila persone. Secondo Don Danilo Spagnoletti, assistente ecclesiastico, il tema scelto ricorda “la vocazione sempre più internazionale assunta dal movimento”. Come riporta Avvenire, i convegnisti arrivano da tutto il mondo e sono presenti vescovi e cardinali di Paese diversi come padre Josè Camino Arbelaez Montoya, rappresentante del Rinnovamento carismatico in Colombia, che celebrerà domani l’Eucaristia. Particolare per il Movimento è la “preghiera collettiva”, PER LA QUALE don Spagnoletti spiega che viene lasciato molto spazio alla spontaneità che però “non è mai sinonimo di improvvisazione”. (B.C.)

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    Ad Assisi, chiude domani la nona Rupe Nazionale della Branca Lupetti degli Scout d’Europa

    ◊   “La gioia? La luce che illumina l’istante, nella speranza”. E’ il tema scelto per la IX Rupe Nazionale, un incontro di preghiera che si tiene ogni tre anni, rivolto ai capi della Branca lupetti, il cui protettore è San Francesco d’Assisi. Un’iniziativa che si è aperta ieri e che si chiude domani ad Assisi che, come scrive l’agenzia Sir, sostanzialmente equivale a dei veri e propri esercizi spirituali per adulti. Nell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici si contano circa 3400 Lupetti e 221 Branchi. “La luce e la gioia sono i temi che fanno da filo conduttore” ha detto don Edoardo Ricevuti, assistente nazionale della Branca Lupetti. "La spiritualità Scouts è orientata al servizio e mette al centro la buona azione come la intendeva Baden Powell, ossia - sottolinea Fabrizio Cuozzo, commissario Nazionale della Branca Lupetti - un divertente esercizio a prendere gusto nel fare del bene a qualcuno”. (B.C.)

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    La città viterbese di Bomarzo riscopre negli archivi vaticani la tradizione del suo Palio, legato alla festività di Sant’Anselmo: ieri la rievocazione storica

    ◊   Da antiche fonti recuperate negli Archivi Vaticani, Bomarzo riscopre la tradizione seicentesca del Palio: la storica giostra dei cavalli, che ha in Siena la sua manifestazione principe, si è svolta ieri nella cittadina del viterbese internazionalmente nota per il “Parco dei Mostri”, il Sacro Bosco costruito per Vicino Orsini, dall’architetto Pirro Logorio. Collegata alla Festa di Sant’Anselmo, il Vescovo patrono che salvò la sua diocesi dalle invasioni barbariche dei Goti nel VI secolo, la competizione mescola devozione religiosa (nei simboli del “pane di Sant’Anselmo”, il famoso biscotto locale, e dell’effigie dipinta per cui si gioca il Palio) e folklore. Dal Castello Orsini, un corteo storico in costume ha attraversato il paese tra rulli di tamburo e squilli di tromba della banda locale: una rievocazione dei fasti di corte, coronata dalla corsa fulminea dei cavalli, vittorioso Igor De Mores montato da Giuseppe Zedde per il rione Dentro, il più antico. Per il sindaco Stefano Bonori, “La storia di Bomarzo si identifica profondamente con Sant’Anselmo col suo ruolo salvifico e la sua eredità storica. Così, la ricorrenza del 25 aprile diventa occasione, per molti, di tornare al borgo natale e riscoprirvi riti e memorie, culminanti nella corsa del Palio. Un fattore aggregante della cittadinanza, ma anche elemento di conoscenza e promozione turistica della città e del territorio”. (A cura di A.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Iran, vincono i conservatori al secondo turno delle elezioni legislative

    ◊   Conservatori verso una netta vittoria in Iran, dove ieri si è votato per il secondo turno delle elezioni parlamentari. Dai primi risultati i candidati fondamentalisti appaiono in netto vantaggio sui riformisti, già decimati in campagna elettorale con l’esclusione di molti di loro dalle liste. Proprio oggi l’ex presidente riformista, Mohammad Khatami, ha annunciato il suo ritiro dalla vita politica. Lo riferiscono diversi quotidiani, che riportano dichiarazioni fatte dall'ex leader al seggio elettorale. Su queste vicende, Stefano Lesczynski ha intervistato Alberto Zanconato, responsabile della sede ANSA di Teheran:


    R. - Un annuncio che avviene proprio nel ballottaggio elettorale e conferma la caduta dei riformisti e il trionfo dei conservatori. Khatami conferma l’atteggiamento che già teneva da tempo: è impegnato più che altro in attività culturali e di dialogo tra civiltà e religioni e non è mai sembrato molto intenzionato a voler tornare nella vita politica attiva, anche perchè negli ultimi anni gli attacchi degli ultra-conservatori contro di lui sono stati anche molto pesanti e intimidatori.

     
    D. - L’affermazione dei conservatori in queste elezioni era largamente attesa. Questo cosa può significare per il futuro dell’Iran nella comunità internazionale?

     
    R. - L’atteggiamento per quanto riguarda i rapporti internazionali difficilmente potrà cambiare in modo radicale perchè sui grandi temi, come per esempio sul nucleare, sulla politica mediorientale e sull’Iraq, le decisioni non vengono prese da parte di un parlamento o del presidente ma sono decisioni che vengono prese più collegialmente, come tutte le grandi decisioni strategiche che riguardano il regime. Per quanto riguarda la politica interna si sa che Ahmadinejad è stato molto criticato negli ultimi mesi, anche da molti esponenti interni al suo stesso schieramento conservatore. Quindi, tutti gli osservatori si aspettano che questo nuovo parlamento, dominato da questa schiacciante maggioranza conservatrice, si riveli piuttosto critico e dia un po’ filo da torcere al presidente e al suo governo.

     
    Zimbabwe
    La Commissione elettorale dello Zimbabwe, in seguito al riconteggio dei voti, ha confermato la vittoria del partito dell'opposizione di Morgan Tvsangirai (MDC) alle elezioni del 29 marzo scorso. Sconfitto, dunque, il partito che fa capo al presidente Robert Mugabe (ZANU-PF) al governo da 28 anni. Nulla è stato detto a proposito dei risultati del voto presidenziale, celebrato assieme a quello parlamentare. Secondo l'opposizione, confortata anche dalle dichiarazioni del segretario di Stato aggiunto americano Jendayi Fraser, Tsvangirai avrebbe battuto Mugabe anche nelle elezioni per la massima carica dello Stato.

    Iraq
    Un importante capo di Al Qaeda, Mohamed Zahem al-Arbuni, è stato ucciso in un raid americano vicino a Samarra, a nord di Baghdad. Secondo la polizia, insieme all’uomo c’erano anche tre complici. In nottata, almeno altre otto persone sono morte durante scontri a Sadr City, un quartiere sciita della capitale. Tra le vittime, anche due bambini e due donne. Almeno 27 i feriti, tra militari iracheni, americani e miliziani sciiti.

    Turchia
    I militari turchi sono tornati a compiere raid aerei nel nord dell'Iraq, con l’obiettivo di colpire le basi dei separatisti curdi del Partito dei lavoratori (PKK). Lo affermano fonti dell’esercito di Ankara, precisando che sono stati sferrati anche colpi di artiglieria dalle forze di terra. Le stesse fonti aggiungono che non è stata registrata nessuna vittima. Intanto sul versante politico il premier turco, Tayyip Erdogan, è partito per Damasco dove medierà per rilanciare i colloqui di pace tra Siria e Israele. Il dialogo tra i due Paesi è interrotto dal 2000. Nelle scorse settimane, proprio Erdogan ha consegnato al presidente siriano Bashar Assad un messaggio del primo ministro israeliano Ehud Olmert: lo Stato ebraico si rendeva disponibile al ritiro dalle alture del Golan, occupate dal 1967.

    Striscia di Gaza
    C’è anche una 14.enne palestinese tra le vittime degli scontri avvenuti questa mattina a Beit Lahiya, nella Striscia di Gaza, tra l'esercito israeliano e miliziani palestinesi. La vittima era la figlia di un esponente di Hamas. Almeno nove, inoltre, i feriti. Secondo le prime ricostruzioni, i militanti di Hamas e della Jihad islamica avrebbero attaccato con bombe rudimentali, alcuni carri armati israeliani penetrati oltre confine. In aiuto dei mezzi israeliani, l'aviazione avrebbe effettuato almeno cinque bombardamenti.

    Cina
    Si è conclusa dopo quattro ore di caos e disordini, la staffetta della torcia olimpica in Giappone. Almeno tre persone sono state arrestate e quattro ferite. Dopo una serie di tappe asiatiche relativamente tranquille, centinaia di attivisti filotibetani hanno lanciato pattume, uova e petardi contro la staffetta. Sono stati 80 i tedofori che si sono alternati, su un tracciato di circa 20 chilometri. Il percorso era vigilato da oltre 3 mila agenti: un livello di sicurezza generalmente riservato al passaggio dell'imperatore Akihito. Prossime tappe della torcia saranno Seul, nella Corea del Sud, e poi Pyongyang, nella Corea del Nord. Intanto, il Dalai Lama ha risposto all’offerta di incontro avanzata ieri dal governo cinese. “È necessario che sia serio: non avrebbe senso se le due parti si incontrassero sono per una formalità”, ha detto il leader buddista appena arrivato in India dagli Stati Uniti.

    Questione nucleare
    Il capo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), El Baradei, ha annunciato l’apertura di un'inchiesta sulla costruzione di un reattore nucleare in Siria sostenuta dalla Corea del Nord. Ieri, infatti, la Casa Bianca ha presentato un video-rapporto della CIA con il quale accusava Damasco di presunte attività nucleari illecite appoggiate da Pyongyang.

    Chernobyl
    Si ricorda oggi un drammatico evento, avvenuto il 26 aprile 1986: lo scoppio del reattore nucleare di Chernobyl. A 22 anni dal disastro, nelle maggiori città dell’Ucraina sono previste manifestazioni e celebrazioni religiose in ricordo delle vittime. Nell’occasione, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha promesso aiuti per ricostruire e bonificare le zone devastate dall’evento che coinvolse tutta l’Europa. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

     
    La vita di milioni di persone in Ucraina, Bielorussia e Russia è cambiata completamente da quella terribile notte del 26 aprile 1986. Alla centrale di Chernobyl era in corso un esperimento, quando il reattore numero 4 esplose disperdendo radioattività in mezza Europa. La peggiore catastrofe atomica civile della storia era avvenuta. Furono milioni gli sfollati. Ancora adesso non si conosce nemmeno il numero preciso di quanti hanno perso la vita per quell’incidente. Centinaia di migliaia di bambini ogni anno vengono portati all’estero per diminuire le probabilità di sviluppare il cancro. Oggi, alla vigilia della Pasqua ortodossa, un po’ ovunque, sono previste manifestazioni a ricordo. Come sempre a Kiev e a Minsk avranno luogo quelle principali.

     
    Haiti
    L’emergenza alimentare scoppiata, nelle ultime settimane, per l’aumento indiscriminato di grano, riso e altri prodotti agricoli, sta provocando una grave crisi nei Paesi più poveri. Una delle situazioni più preoccupanti riguarda Haiti, dove alle carenze alimentari si aggiunge anche la crisi politica. Il presidente Preval è alle prese con la nomina del nuovo premier, dopo la destituzione di Jacques Edouard Alexis, accusato di non aver saputo gestire l’emergenza. Il servizio di Maurizio Salvi:


    Le finanze haitiane sono esauste e il governo conta molto su ulteriori aiuti che possano venire dai paesi industrializzati e per questo è giunta a Port-au-Prince una importante delegazione delle Organizzazione degli Stati americani guidata dal cileno José Miguel Insulsa. Ieri nella capitale haitiana è arrivato anche il ministro degli Esteri spagnolo, Moratinos, che ha confermato la permanenza del contingente di Madrid che appoggia le forze di pace dell’ONU e ha annunciato ulteriori aiuti al governo per il piano di controllo dei prezzi alimentari. Tutto questo nell’attesa della conferenza internazionale dei Paesi donatori che avrebbe dovuto svolgersi ieri ma che è stata rinviata dopo i gravi disordini legati al carovita, che hanno causato sei morti e molti feriti. Preval si attende aiuti finanziari ma soprattutto cooperazione specifica per far ripartire l’agricoltura, la piccola e media impresa e tutelare la sicurezza della gente.

     
    Brasile
    Il 60 per cento del Brasile potrebbe essere interdetto ai visitatori stranieri: è un progetto di legge, ora al vaglio del Parlamento brasiliano, studiato per proteggere il più grande ecosistema tropicale. La proposta prevede un controllo serrato degli ingressi: per accedere in Amazzonia sarà necessario un permesso, sia per i visitatori che per i lavoratori. Coloro che entreranno nella regione illegalmente dovranno pagare una multa di circa 38 mila euro. Il governo brasiliano ha puntualizzato che non è un modo per criminalizzare i visitatori stranieri, ma una maniera di preservare la foresta pluviale. (Panoramica internazionale a cura di Beatrice Bossi)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 117

     
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