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Sommario del 25/04/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Un segno di grande affetto del popolo italiano. Così il Papa dopo il concerto offerto in Vaticano dal presidente Napolitano in occasione dei 3 anni di pontificato
  • Udienze
  • La Chiesa celebra oggi la memoria di San Marco, autore del più antico dei Vangeli. Nel suo magistero, Benedetto XVI lo ha definito una "strada catecumenale" che riporta all'essenza del messaggio di Gesù
  • Mons. Volante alla FAO: la produzione di biocarburanti minaccia il diritto all'alimentazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Infuria la guerra nello Sri Lanka: appello del nunzio al dialogo tra governo e Tigri Tamil
  • Elezioni in Zimbabwe: per gli USA vince l'opposizione
  • Giornata mondiale contro la malaria: provoca un milione di morti all'anno
  • Migliaia di fedeli al Santuario romano del Divino Amore per celebrare l'anniversario del primo miracolo
  • Chiesa e Società

  • La Chiesa canadese chiede maggiore protezione per il vescovo di San Marcos, in Guatemala, minacciato di morte
  • Nelle Filippine, appello dei vescovi per un'urgente riforma agraria
  • Il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon sollecita aiuti ad Haiti per arginare l'attuale crisi
  • Uganda e Niger guardano all'uranio per supplire alla carenza di energia elettrica
  • Iniziate le trasmissioni di Afriradio, radio web per gli africani in Italia
  • Celebrati i 35 anni di presenza del movimento Regnum Christi a Monterrey, in Messico
  • “Essere capaci di captare, interpretare e guidare”: così il cardinale Ruini partecipando ieri al Forum Portaparola promosso da Avvenire
  • A Roma, a partire da lunedì prossimo, seminario sulla comunicazione della Chiesa, promosso dalla Pontificia Università della Santa Croce
  • In 7 anni arrivati in Italia 50 mila minori non accompagnati
  • Cittadinanza, solidarietà e Costituzione in un convegno dell'UCIIM martedì prossimo a Roma
  • “Nai Cao”, Mamma Bianca, è il recital che i ragazzi di Gambara presenteranno domani pomeriggio a Roma, al Teatro Don Orione, per ricordare Suor Amelia Cimolino
  • 24 Ore nel Mondo

  • Israele respinge la tregua chiesta da Hamas
  • Il Papa e la Santa Sede



    Un segno di grande affetto del popolo italiano. Così il Papa dopo il concerto offerto in Vaticano dal presidente Napolitano in occasione dei 3 anni di pontificato

    ◊   Seduti uno accanto all’altro, Benedetto XVI e Giorgio Napolitano hanno assistito ieri pomeriggio nell'Aula Paolo VI al concerto, offerto dal presidente della Repubblica italiana al Santo Padre per festeggiare il terzo anniversario del suo pontificato. Presenti le autorità ecclesiastiche e istituzionali: in rappresentanza della Santa Sede, il presidente della CEI, cardinale Angelo Bagnasco e il segretario generale mons. Giuseppe Betori, George Ratzinger fratello del pontefice, mons. James Harvey, prefetto della Casa pontificia. Sala gremita e pubblico generoso di applausi, sia per il Papa e il presidente che per i musicisti: l'Orchestra sinfonica e il coro di Milano “Giuseppe Verdi” diretti da Oleg Cateani. C’era per noi A.V.:

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    “Vi è una misteriosa e profonda parentela fra musica e speranza, tra canto e vita eterna. Le magistrali interpretazioni che abbiamo ascoltato ci ricordano, inoltre, il valore e l’importanza universale del patrimonio artistico per costruire il mondo secondo progetti di giustizia e di solidarietà, valorizzando al servizio dell’uomo le multiformi espressioni della cultura mondiale”.

     
    (musica)

     
    Benedetto XVI ha parole di plauso per l’Orchestra Verdi di Milano, giovani musicisti di talento – dice - impegnati anche ad alleviare, attraverso la musica, situazioni di sofferenza in ospedali e carceri. E apprezza il dono musicale del presidente Napolitano, che reca una riflessione sulla condizione umana, dal Canto del Destino di Brahms alla VII Sinfonia di Beethoven, col suo andamento ineluttabile come l’esistenza:

    “Mi piace sottolineare come la musica di Brahms abbia arricchito di religiosa fiducia il 'Canto del destino' di Hölderlin. Questo fatto introduce alla considerazione del valore spirituale dell’arte musicale, chiamata, in modo singolare, ad infondere speranza nell’animo umano, così segnato e talvolta ferito dalla condizione terrena. Grazie, Signor Presidente, per questo atto deferente e premuroso, che ho accolto con vivo compiacimento! In esso ravviso anche un ulteriore segno del grande affetto che il popolo italiano nutre nei confronti del Papa”.

     
    E viva consonanza, aveva detto in apertura il capo dello Stato italiano, Giorgio Napolitano, vi è anche rispetto al messaggio del Papa all’ONU:

    “Santità, mi consenta di dirle come abbia suscitato in noi sentimento di viva consonanza il messaggio rivolto al mondo dall’alta tribuna delle Nazioni Unite, sui diritti umani come espressione di giustizia, sulla persona umana come soggetto di quei diritti e sulla promozione dei diritti umani come strategia, la più efficace per eliminare disuguaglianze e per accrescere la sicurezza".
     
    (musica)

    Temi affrontati anche nel breve colloquio tra il Papa e Napolitano prima del concerto, come rende noto la Sala Stampa vaticana: ''la dignità della persona umana, i fondamenti dei diritti dell'uomo e l'impegno della comunità internazionale per la loro protezione e promozione; il dialogo fra la ragione e la fede al servizio della crescita integrale della persona e dello sviluppo armonico della comunità umana; il dialogo fra le grandi religioni e il loro contributo per la pace nel mondo”. E anche dal Quirinale si sottolinea il clima positivo stabilito fra il Pontefice e il presidente della Repubblica, di grande cordialità e sintonia. Sigillo tangibile di questa intesa l’omaggio finale al Papa delle alte cariche dello Stato presenti al concerto, dal premier uscente Romano Prodi al ministro dei Beni Culturali, Francesco Rutelli.

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    Udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi; mons. Peter Takeo Okada, arcivescovo di Tokyo, presidente della Conferenza episcopale giapponese, accompagnato da mons. Leo Jun Ikenaga, arcivescovo di Osaka, vice-presidente della Conferenza episcopale, mons. Joseph Mitsuaki Takami, arcivescovo di Nagasaki, mons. Francis Xavier Osamu Mizobe, vescovo di Takamatsu. Quindi ha ricevuto il cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente emerito della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; e infine mons. Fernando José Monteiro Guimarães, vescovo di Garanhuns (Brasile).

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    La Chiesa celebra oggi la memoria di San Marco, autore del più antico dei Vangeli. Nel suo magistero, Benedetto XVI lo ha definito una "strada catecumenale" che riporta all'essenza del messaggio di Gesù

    ◊   Il 25 aprile è per la Chiesa il giorno di festa dedicato all’evangelista Marco. Patrono di Venezia - dove le sue spoglie riposano nell’omonima Basilica patriarcale, nella quale stamattina il cardinale Patriarca emerito, Marco Cé, ha celebrato la Santa Messa - San Marco fu l’uomo che annotò i discorsi fatti da San Pietro alle prime comunità cristiane, consentendogli più tardi di comporle nel più antico dei Vangeli canonici. In diverse occasioni, la figura dell’evangelista viene citata nel magistero di Benedetto XVI. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:


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    Sono ben pochi gli scrittori, in tutte le epoche dell’umanità, ad aver composto un’opera capace di attraversare il tempo della storia e lo spazio della terra, moltiplicando copie, traduzioni, studi ad ogni latitudine, per venti secoli. E’ il destino capitato a Giovanni Marco e al libro che finisce di comporre attorno all’anno 70 dopo la morte di Cristo. Titolo: To Euaggelion, la Buona Notizia. Per le prime comunità di cristiani, Giovanni Marco è “un’ombra” che segue un passo indietro le peregrinazioni di due grandi apostoli: Paolo di Tarso, prima, Simon Pietro poi. Una sorta di segretario-copista-interprete, che sa il greco e che si dedica in particolare a trasformare in parole scritte, un po’ alla rinfusa, gli insegnamenti elargiti oralmente dal primo capo della Chiesa. Quando Pietro muore, nell’anno 64, Giovanni Marco capisce che la preziosa mole di materiale raccolta per anni senza un preciso criterio va ordinata. Si mette al lavoro e in circa sei anni completa quello che sarà il più antico dei quattro Vangeli.

     
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    Il Vangelo di Marco si pone l’obiettivo di presentare ai nuovi credenti Gesù come il “Messia” atteso. Un testo dal linguaggio semplice, adatto a chi non conosce Cristo ma che, attraverso il racconto delle sue parole e delle sue vicende, può arrivare a scoprirne la forza innovatrice del messaggio. Sul filo del Vangelo di Marco, il cardinale patriarca emerito di Venezia, Marco Cé, predica gli esercizi spirituali al Papa e alla Curia romana nella Quaresima del 2006. Al termine, l’11 marzo, Benedetto XVI lo ringrazia con queste parole:

     
    “Ci ha fatto attenti al Maestro interiore; ci ha aiutato ad ascoltare il Maestro che parla con noi e in noi; ci ha aiutato a rispondere, a parlare con il Signore, ascoltando la sua Parola. Lei ci ha guidati su questa strada ‘catecumenale’ che è il Vangelo di Marco, in un pellegrinaggio comune insieme con i discepoli verso Gerusalemme, e ci ha dato di nuovo la certezza che nella nostra barca - nonostante tutte le tempeste della storia - c'è Cristo”.
     
    Di Marco parla anche un altro libro, gli Atti degli Apostoli. Si tratta di un episodio che ritrae il futuro evangelista, ancora giovane, alle prese con Paolo e Barnaba e i loro viaggi missionari. Un episodio che Benedetto XVI spiega in questo modo all’udienza generale del 31 gennaio 2007:

     
    “I due, Paolo e Barnaba, entrarono poi in contrasto, all'inizio del secondo viaggio missionario, perché Barnaba era dell’idea di prendere come compagno Giovanni Marco, mentre Paolo non voleva, essendosi il giovane separato da loro durante il viaggio precedente”.

     
    Uno spaccato di umanità della prima Chiesa, che un istante dopo suggerisce al Papa una riflessione spontanea e incisiva, che l’Aula Paolo VI saluta con un lungo applauso:

     
    “Quindi anche tra santi ci sono contrasti, discordie, controversie. E questo a me appare molto consolante, perché vediamo che i santi non sono ‘caduti dal cielo’. Sono uomini come noi, con problemi anche complicati. La santità non consiste nel non aver mai sbagliato, peccato. La santità cresce nella capacità di conversione, di pentimento, di disponibilità a ricominciare, e soprattutto nella capacità di riconciliazione e di perdono”.

     
    Ed è quello che succede in una situazione successiva: Paolo si riappacifica con Marco riconoscendo pubblicamente in lui un suo fidato “collaboratore”. Anche Pietro lo chiamerà affettuosamente “figlio mio” in una sua lettera. Negli anni, poi, il Marco evangelista diventa egli stesso evangelizzatore. Un impegno, quello missionario, che San Marco ha ben appreso alla sequela dei due massimi apostoli della Chiesa e che Benedetto XVI riconosce appieno e sottolinea parlando al clero e ai religiosi, durante una tappa del suo viaggio in Baviera del settembre 2006, i Vespri nella Basilica di Sant’Anna ad Altötting:

     Die kürzeste Beschreibung der priesterlichen Sendung...La descrizione più concisa della missione sacerdotale (…) ci è data dall’evangelista Marco che, nel racconto della chiamata dei Dodici dice: 'Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli'. Stare con Lui e, come inviati, essere in cammino verso la gente - queste due cose vanno insieme e, insieme, costituiscono l’essenza della vocazione spirituale, del sacerdozio. Stare con Lui ed essere mandati - due cose inscindibili tra loro. Solo chi sta 'con Lui' impara a conoscerlo e può annunciarlo veramente”.

     
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    Mons. Volante alla FAO: la produzione di biocarburanti minaccia il diritto all'alimentazione

    ◊   “La produzione di biocarburanti minaccia il diritto all’alimentazione”: è la denuncia lanciata a Brasilia da mons. Renato Volante, osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO, nel corso della XXX sessione della Conferenza regionale della FAO per l'America Latina e i Caraibi (14-18 aprile). Il servizio di Sergio Centofanti:


    Di fronte all’attuale emergenza cibo, che colpisce in un crescendo preoccupante vaste zone nel mondo, il rappresentante della Santa Sede lancia l’allarme dei biocarburanti, ovvero i carburanti ecologici derivanti da cereali e altri prodotti agricoli. Secondo gli ultimi dati oltre 850 milioni di persone sono sottonutrite: l’attuale crisi alimentare dovrebbe far aumentare di altri 100 milioni gli affamati del mondo avvicinando al miliardo il numero di quanti non hanno cibo a sufficienza. Un obiettivo fallimento della comunità internazionale di fronte all’impegno – ricorda mons. Volante – di dimezzare il numero delle persone senza cibo entro il 2015.

     
    Tutto ciò – rileva l’osservatore permanente – “costituisce una evidente negazione” del diritto fondamentale alla vita “che nel cibo ha una sua componente indispensabile”. Il presule punta il dito contro le “politiche commerciali particolarmente sfavorevoli” a quei Paesi in via di sviluppo la cui “realtà economica dipende quasi esclusivamente dall'esportazione di un ristretto numero di prodotti tipici” mentre la sicurezza alimentare dipende “dall'importazione di molti alimenti”.

     
    In questo quadro allarmante – nota mons. Volante - “si colloca anche l'aumento dell'uso non alimentare dei prodotti agricoli che vengono destinati ad altri usi, come la produzione di biocarburanti”. Una tendenza – afferma – “che se può rappresentare un'opportunità per la protezione dell'ambiente e della biodiversità … viene oggi indicata come la causa primaria di un aumento dei prezzi senza precedenti rispetto al decennio trascorso, come pure di un rapido cambiamento dell'uso dei terreni agricoli sottoposti a coltivazioni intensive che li impoveriscono. Il tutto – sottolinea il presule - ha un impatto mondiale che, pur presentando alcuni vantaggi per gli agricoltori produttori, di fatto sta causando conseguenze negative sui livelli di povertà nelle aree dipendenti dall'importazione di alimenti e sulla conservazione dei terreni”. Di qui l’appello della Santa Sede agli Stati perché abbiano “come obiettivo essenziale la tutela e l'attuazione al diritto all'alimentazione, per cui non è pensabile diminuire la quantità di prodotti agricoli da collocare sul mercato degli alimenti o da tenere in riserva per le emergenze che potrebbero verificarsi in favore di altri pure accettabili fini che non soddisfano però un diritto fondamentale come è quello all'alimentazione”.

     
    Altra questione che rimane aperta – rileva mons. Volante – è la lentezza con cui procede la riforma agraria nella regione dell’ America Latina e dei Caraibi i cui governi dovrebbero sostenere “l'azienda agricola familiare e le iniziative economiche legate alla pesca artigianale che costituiscono la realtà economica di base per la maggior parte dei Paesi” e in particolare delle comunità indigene. Il rappresentante della Santa Sede lancia infine un accorato appello alla comunità internazionale a lottare contro la povertà e la fame nel mondo coniugando giustizia e solidarietà.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell'informazione internazionale un'analisi, a firma di Antonio Pelayo, sul secondo Governo di Zapatero, entrato in funzione dopo la vittoria alle legislative di marzo in Spagna.

    In evidenza il Vicino Oriente: il popolo di Gaza vive un incubo perché senza cibo né medicinali.
    Bizzoche e oblate, due nomi di libertà femminile: in cultura, la relazione di Mario Sensi (della Pontificia Università Lateranense) sulle religiose di sant'Anna di Foligno e di Tor de' Specchi a Roma nel medioevo. La relazione s'inserisce in una serie di conferenze per il quarto centenario della canonizzazione di santa Francesca Romana.  

    Nell'informazione religiosa, una pagina dedicata al concerto offerto dal capo dello Stato italiano a Benedetto XVI nel terzo anniversario del pontificato.

    Gianluca Biccini intervista l'arcivescovo Piero Marini, nuovo presidente del Pontificio comitato per i congressi eucaristici internazionali.

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    Oggi in Primo Piano



    Infuria la guerra nello Sri Lanka: appello del nunzio al dialogo tra governo e Tigri Tamil

    ◊   Torna ad aggravarsi la situazione nello Sri Lanka. Almeno 165 soldati regolari sono rimasti uccisi e altri 20 risultano dispersi in seguito agli scontri con i ribelli delle Tigri Tamil (LTTE), verificatesi ieri nel Nord del Paese asiatico. Violenze, queste, che si inseriscono in una realtà già grave per il trentennale conflitto che insanguina lo Sri Lanka, con un bilancio di oltre 70mila vittime. Negli ultimi giorni, poi, l’allarme per le conseguenze degli scontri si è esteso anche ad alcuni luoghi di culto cristiani della zona settentrionale. Ce ne parla il nunzio apostolico in Sri Lanka, l’arcivescovo Mario Zenari, raggiunto telefonicamente a Colombo da Giada Aquilino:


    R. – Nella zona di Mannar si sono intensificati i bombardamenti e la gente è stata costretta a spostarsi. Sappiamo che c’è una grossa comunità di circa 20-25 mila fedeli ad una sessantina di chilometri da Madhu, dove c’è un famoso Santuario mariano. Il vescovo locale ha sempre chiesto a tutte e due le parti - sia al governo sia alle LTTE - di tenere questa zona fuori dai combattimenti, considerandola zona di pace. Aveva ottenuto delle promesse orali; purtroppo, tali rassicurazioni in queste ultime settimane non sono state mantenute e addirittura si è verificato che le LTTE sono entrate nei recinti del Santuario, contro tutte le convenzioni internazionali e umanitarie.

     
    D. – Cosa è successo invece nelle ultime ore riguardo al Santuario?

     
    R. – La Chiesa cattolica si è data da fare per invitare a tenere libera dal conflitto questa zona e stamani, almeno stando alle ultime notizie, le LTTE avrebbero evacuato la zona del Santuario. Ora non dovrebbero entrare nemmeno le forze dell’esercito, in base alle promesse fatte. Questo luogo è caro a milioni di srilankesi, non solo cattolici ma cristiani in genere, e anche a persone di altre religioni, di altre etnìe, che visitano regolarmente il Santuario. Soprattutto in occasione della grande festa della Madonna dell’Assunta, a metà agosto: in quest’occasione centinaia di migliaia di fedeli, anche di altre religioni, vengono a venerare la statua della Madonna.

     
    D. – Sul terreno le violenze continuano. Cosa è mancato in questi 30 anni di guerra per porre fine agli scontri?

     
    R. – Credo che sia mancata la buona volontà e la sincerità da entrambe le parti. Hanno provato ad avere dei colloqui di pace e a firmare un accordo di cessate-il-fuoco, che è durato circa tre anni ma che poi non è stato rispettato. E, adesso, ricucire questo dialogo sembra un’impresa alquanto difficile, ma credo che non si debba lasciare intentato alcuno sforzo, perché le sofferenze sono grandissime per questa povera popolazione. Non dimentichiamo inoltre che proprio queste zone, il Nord e il Nord-Est, sono state gravemente colpite dallo tsunami.

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    Elezioni in Zimbabwe: per gli USA vince l'opposizione

    ◊   Cresce l’allarme per le violenze in Zimbabwe. I vescovi del Paese hanno chiesto un intervento internazionale per evitare il rischio di un genocidio mentre si aspettano i risultati della riconta dei voti delle elezioni del 29 marzo scorso. Secondo gli Stati Uniti ha vinto l'opposizione al presidente Mugabe che è al potere da 28 anni. L’amministrazione americana ha chiesto alla Cina di bloccare le forniture d’armi al governo di Harare mentre Regno Unito e Australia ipotizzano un embargo totale sull'export militare. Ma qual è la situazione attuale nel Paese? Giovanni Augello lo ha chiesto ad un operatore internazionale presente sul posto che per motivi di sicurezza ha chiesto l’anonimato:


    R. – In questo momento la situazione è veramente molto brutta. C’è pericolo di vita. Nella campagna, dove la gente ha deciso di non votare più per il presidente, ma per il partito di opposizione, le cose vanno molto male. E’ in atto una grande azione di punizione: picchiano, torturano, uccidono e dicono che così impareranno a votare meglio la prossima volta.

     
    D. – Lo Zimbabwe sta affrontando una crisi ed una inflazione senza precedenti. Come fa fronte lo Stato a questa realtà e come risponde la gente?

     
    R. – Lo Stato non fa fronte a questa realtà. Continuamente cambia moneta e l’inflazione cresce sempre di più: tante monete di valore sempre più alto non fanno che aumentare l’inflazione sempre di più. I negozi sono sempre vuoti, non c’è niente ed i beni di consumo costano moltissimo: un filone di pane lo abbiamo pagato 26 milioni della moneta corrente e in città o nella capitale hanno pagato anche 50 milioni ed anche 80 milioni. In questo momento le cose vanno male. Molti muoiono in silenzio, perché negli ospedali non c’è più niente e quindi, ci si rassegna a morire con le proprie malattie.

     
    D. – In questi giorni c’è stata anche la vicenda della nave carica di armi diretta in Zimbabwe…

     
    R. – Probabilmente il Sudafrica avrebbe accolto la nave, ma i lavoratori si sono rifiutati di scaricare e di trasportare armi ed hanno detto: “Se queste cose sono destinate allo Zimbabwe, lo Zimbabwe in questo momento ha bisogno di pane e non di armi!”. Sono stati dei civili a salvare questa situazione. La nave è andata in Mozambico e il Mozambico ugualmente ha detto “Noi, non accettiamo”. Pare che poi sia andata in Namibia, ma dalla Namibia sta tornando ora indietro, in Cina.

     
    D. – Come risponde la gente alle violenze?

     
    R. – La gente non risponde, si lascia uccidere. Pare proprio che sia il governo a voler sobillare la popolazione a rispondere, ma la popolazione si lascia uccidere e dice: “molti di noi moriranno, ma molti altri vivranno per raccontare quello che è successo e che sta succedendo. E certamente un giorno riusciremo a farcela”. La popolazione sa di aver vinto e perciò, ora parlano fra di loro mentre prima, invece, non parlavano e quindi c’era un silenzio assoluto. Ora sanno che hanno vinto, anche se certo non si darà loro la vittoria.

     
    D. – Avete la sensazione o comunque una traccia reale di un intervento della Comunità internazionale?

     
    R. – Molto poco. Soltanto dopo questa vittoria elettorale i presidenti delle nazioni africane stanno chiedendo come mai non vengono pubblicati i risultati. Finora avevano sempre taciuto, mentre adesso stanno spingendo affinché vengano annunciati i risultati. In questo momento, però, si sta facendo una riconta, li stanno cioè contando di nuovo. Si spera che questo tempo che passa, certamente per armare i militari, sia anche un tempo in cui le altre nazioni possano prepararsi a venire in aiuto di fronte ad una eventuale guerra civile.

     
    D. – La popolazione spera che vi sia un intervento anche degli Stati africani?

     
    R. – Sì, perchè altrimenti non c’è via di uscita. Qui si muore, perchè lui ha detto che vuole vincere e vuole stare al potere e, quindi, tutti coloro che sono contrari e voteranno una seconda volta contro di lui saranno uccisi. Lui distruggerà la popolazione. Si spera soltanto in un aiuto dall’estero nel momento in cui proclamerà di aver vinto.

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    Giornata mondiale contro la malaria: provoca un milione di morti all'anno

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale contro la malaria, indetta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una patologia che rimane una delle piaghe peggiori che affliggono il pianeta con oltre un milione di morti, in gran parte bambini. La pandemia si sta espandendo e ormai minaccia il 40% della popolazione mondiale. L’UNICEF ha lanciato un appello per un impegno continuativo contro la malattia, “curabile e controllabile attraverso l’aumento dell’uso di zanzariere e con altri interventi collaudati, nel quadro di programmi integrati a base comunitaria”. Ed uno dei problemi più gravi riguarda l’accesso ai farmaci; in questo contesto una speranza è rappresentata da un nuovo preparato realizzato da partner pubblici in Brasile e che rappresenta la nuova frontiera della cura. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Nicoletta Dentico, responsabile promozione della DNDI, l’organismo che si occupa dei farmaci per le patologie dimenticate, in prima linea nello sviluppo e promozione di questo nuova cura:


    R. – I numeri parlano di una delle maggiori pandemie se non forse la maggiore pandemia nel mondo. Ci sono dai 300 ai 500 milioni di casi di malaria ogni anno. Soltanto i bambini che in Africa muoiono ogni anno per questa malattia sono oltre un milione ed è una di quelle patologie legate decisamente alla povertà che colpisce soprattutto i Paesi in via di sviluppo e con particolare virulenza il continente africano. Il problema è che esistono anche diversi tipi di malaria con diverse resistenze e quindi lo scenario nella lotta a questa malattia si sta complicando.

     
    D. – In questo contesto così complesso, un’iniziativa importante è rappresentata da un nuovo farmaco. Come si sviluppa questo progetto?

     
    R. – Questo progetto nasce – devo dire – dalla campagna per l’accesso ai farmaci essenziali di Medici Senza Frontiere all’inizio del 2001 e nasce con l’intenzione di utilizzare gli ingredienti, i principi attivi di provata capacità antimalarica e di metterli insieme per creare nuovi trattamenti più semplici, più adattati alle circostanze dei Paesi in via di sviluppo e più economici che siano in grado di combattere questa malattia. E’ un trattamento derivato dall’artemisinina, che oggi l’OMS raccomanda come terapia di elezione per combattere la malaria, e inoltre è un farmaco che in un’unica pillola combina i due principi attivi, mentre fino a questo momento sia artesunato che mefloquina dovevano essere assunti in pastiglie separate. Questo semplifica molto il trattamento, semplifica molto la somministrazione, semplifica anche l’adesione al protocollo e quindi combatte l’insorgere di resistenze.

     
    D. – Bisogna anche specificare che si tratta del primo nuovo farmaco contro le malattie dimenticate ad essere registrato e sviluppato in Brasile. Che cosa vi aspettate?

     
    R. – Sì: questo è un dato molto importante. Lo scorso anno, la DNDI – la “Drugs for Neglected Diseases Initiative” – aveva lanciato una prima terapia combinata con una partnership con un’azienda. Quest’anno, lancia questa combinazione artesunato-mefloquina attraverso una grandissima collaborazione e una partecipazione estremamente attiva dei Paesi del Sud del mondo, dei Paesi che vivono endemicamente questa malattia. Il Brasile è sicuramente il protagonista di questa storia di ricerca e di accesso.

     
    D. – E invece, dal punto di vista “politico”, ci sono dei fattori che potrebbero bloccare – secondo te – lo sviluppo di questo farmaco?

     
    R. – Dal punto di vista politico, ovviamente dipende dalla volontà politica dei governi che finora hanno sostenuto la ricerca e la produzione di questo farmaco che, va ricordato, nasce da una collaborazione di attori pubblici, operatori nel campo scientifico e finanziatori. Quindi, ovviamente l’impegno, la leadership di lungo periodo da parte dei governi è essenziale per far sì che questo tipo di esperienze, anche queste strade nuove nel fare innovazione, ricerca e garantire accesso siano effettivamente promosse, favorite e sostenute e anche moltiplicate.

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    Migliaia di fedeli al Santuario romano del Divino Amore per celebrare l'anniversario del primo miracolo

    ◊   Con una Santa Messa presieduta dal cardinale Angelo Comastri, Vicario del Papa per la Città del Vaticano, questa mattina nel Santuario romano del Divino Amore si sono celebrati i 268 anni dal primo miracolo della Madonna. Nel 1740 un viandante che si stava recando a Roma fu assalito da un gruppo di cani feroci. Il pellegrino, che in quel momento si trovava nei pressi della torre di una fortezza, alzò gli occhi e vide sul muro l’effige della Vergine Maria: con fervore pregò di essere salvato e improvvisamente i cani si dispersero. Da allora quel luogo, dove anni dopo fu costruito il Santuario, è meta di pellegrinaggio per migliaia di fedeli. Ma per quale motivo questa devozione si è diffusa così rapidamente radicandosi soprattutto nel cuore dei romani? Federico Piana lo ha chiesto a don Pasquale Silla, rettore del Santuario del Divino Amore:


    R. – La devozione si è immediatamente diffusa, perché la gente ha bisogno di trovare un segno di speranza. Questo Santuario ha un grande valore per la città di Roma. I romani sono legatissimi per il primo evento che cominciò a richiamare le folle, dopo il quale fu costruito il Santuario, inaugurato poi nel 1745. E nel 1750, nell’Anno Santo, fu consacrato solennemente. Questo santuario diventò subito famoso per gli ex voto, che ricoprivano ogni spazio del Santuario, fino all’esagerazione. Era famoso, comunque, per le grazie della Madonna. Un evento straordinario accadde nel 1944, quando ci fu la liberazione di Roma veramente miracolosa. Roma era destinata alla distruzione. I tedeschi avevano giurato di far saltare la città. Dopo lo sbarco ad Anzio, duemila carri armati premevano verso Roma e si temeva il peggio. Fu deciso di fare un voto solenne alla Madonna del Divino Amore, la cui immagine era stata trasportata a Sant’Ignazio a Roma. Alle 18.00 del 4 giugno del ’44 si fece il voto. Si pensi che appena due ore dopo, alle 20.00, a Piazza Venezia, arrivavano gli alleati e dalla parte opposta, in fretta e furia, i tedeschi lasciavano la città. Roma fu salva e libera. Sono due fatti molto significativi che i romani hanno scolpiti nel cuore.

     
    D. – Don Pasquale, secondo lei, per quale motivo questo amore per la Madonna e per il Divino Amore è andato di anno in anno sempre più crescendo?

     
    R. – Noi abbiamo visto in questi anni raffinarsi la purificazione della devozione popolare. E’ andata sempre di più diventando biblica, ecumenica, con tutte le caratteristiche di una vera devozione a Maria. Per cui i pellegrini di oggi non vengono soltanto a fare, come si diceva una volta, la scampagnata al Divino Amore, ma vengono soprattutto per i Sacramenti: la Confessione, l’Eucaristia... I fedeli vengono per vivere un rapporto profondo con Cristo e con la Chiesa. Maria è lì come segno, come stimolo, come incoraggiamento ad avvicinarsi al Risorto, perchè è lui la fonte della salvezza.

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    Chiesa e Società



    La Chiesa canadese chiede maggiore protezione per il vescovo di San Marcos, in Guatemala, minacciato di morte

    ◊   Siamo costernati nel costatare come sacerdoti, vescovi e religiosi, impegnati in Guatemala nella difesa dei diritti umani, "compiano il loro ministero in condizioni pericolose”. E’ quanto scrivono i vescovi canadesi in una lettera inviata al presidente guatemalteco, Alvaro Colom, esprimendo profonda preoccupazione per le minacce di morte giunte, nei giorni scorsi, a mons. Alvaro Leonel Ramazzini, vescovo di San Marcos. Deve essere garantita – si legge nel testo - la sicurezza del presule, di cui si riconosce il prezioso impegno per la promozione dei diritti umani. Nella lettera si sottolineano anche gli sforzi di mons. Ramazzini per la tutela dell’ambiente. Il vescovo di San Marcos ha più volte dichiarato, in particolare, che in Guatemala alcune compagnie di estrazione dell’oro non rispettano l’ambiente e non garantiscono adeguate condizioni di lavoro ai minatori. Nonostante i ripetuti appelli di mons. Ramazzini – aggiungono i vescovi del Canada – diverse compagnie minerarie non hanno cambiato le loro strategie. “La commissione della Conferenza episcopale canadese – si legge nella lettera – auspica che le proposte di sviluppo del Guatemala “rispondano ai bisogni ed alle profonde aspirazioni della popolazione della diocesi di San Marcos”. Nel Paese centramericano, intanto, sono previste domani liturgie di suffragio nel decimo anniversario dell'uccisione di mons. José Gerardi, vescovo ausiliare di Città del Guatemala. Il presule fu assassinato due giorni dopo la pubblicazione di un rapporto nel quale denunciava crimini commessi durante gli anni della guerra civile (dal 1960 al 1996). Si stima che durante questo conflitto, siano rimaste uccise oltre 200 mila persone. Per l'assassinio di mons. Gerardi, sono state condannate 3 persone, accusate di essere state gli autori materiali dell'omicidio. Non sono invece ancora stati individuati i mandanti. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Nelle Filippine, appello dei vescovi per un'urgente riforma agraria

    ◊   Un appello perché si realizzi urgentemente la riforma agraria nelle Filippine è stato lanciato da mons. Antonio Ledesma, arcivescovo di Cagayan de Oro e presidente del secondo Congresso nazionale rurale, organizzato dalla Conferenza episcopale filippina per il prossimo luglio. In particolare, mons. Ledesma ha chiesto al governo di accelerare la distribuzione di 1,3 milioni di ettari di terra ai contadini che ne sono ancora privi. Si tratta di terreni che lo Stato ha acquistato dalle aziende private 20 anni fa, nell’ambito del Programma di riforma agraria (CARP), ma non ancora ridistribuite. Inoltre, se non verrà completato entro giugno, il CARP cadrà in prescrizione. Una “vera riforma agraria” è dunque quanto mai urgente, ha ribadito mons. Ledesma, pena l’instabilità politica e le rivolte popolari. “I disordini sociali – ha detto il presule – sono probabili, poiché per i piccoli agricoltori non c’è altro modo di porre rimedio alle ingiustizie subite”. L’arcivescovo di Cagayan de Oro ha puntato poi il dito contro “gli esponenti governativi senza scrupoli, gli interessi personali e le corporazioni” che hanno sminuito l’efficacia del CARP in ambito sociale. Mons. Ledesma ha quindi ribadito che assicurare la riforma agraria e lo sviluppo rurale sono obiettivi vitali per evitare l’imminente rischio di carestia. “Per garantire il cibo al Paese – ha detto – dobbiamo prima dare sicurezza ai nostri agricoltori”. (I.P.)

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    Il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon sollecita aiuti ad Haiti per arginare l'attuale crisi

    ◊   Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon invita a sostenere Haiti nel difficile processo di sviluppo. I progressi significativi raggiunti negli ultimi 4 anni nei settori politico, economico e sociale – si legge in un comunicato diffuso oggi – potrebbero essere vanificati dal deterioramento delle condizioni socio-economiche dovuto al recente aumento dei prezzi dei generi alimentari. Ban Ki-moon assicura che “l’ONU si impegnerà ad alleviare le difficoltà del Paese” ma sottolinea che “l’apporto dei donatori risulta fondamentale per ottenere risultati concreti”. “Incrementare le operazioni alimentari, estendere i programmi di lavoro già esistenti e promuovere una proficua attività agricola” – fa eco Joel Boutroue, coordinatore per gli aiuti ONU in Haiti - gli obiettivi da perseguire.

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    Uganda e Niger guardano all'uranio per supplire alla carenza di energia elettrica

    ◊   Da fornitori di uranio a produttori di energia nucleare. È la trasformazione che intendono operare Uganda e Niger, quest'ultimo uno dei più importanti fornitori di uranio del mondo. Un passaggio che per realizzarsi necessita di anni, di forti investimenti finanziari e dell'assistenza tecnica internazionale, ma al quale i Paesi africani guardano con favore per supplire alla carenza di energia elettrica che colpisce diverse regioni del continente. Secondo il Ministro ugandese dell'Energia e delle Miniere, Daudi Migereko – riferisce l’agenzia Fides - “con il continuo aumento della domanda di energia si prevede che l'energia nucleare avrà un ruolo importante nella fornitura energetica. L'Uganda ha significative riserve di uranio che possono essere sfruttate per la produzione di energia”. L'Uganda deve far fronte a un forte deficit elettrico dovuto ad una mancanza di investimenti e al calo della produzione della centrale idroelettrica di Jinja, a causa del ridotto livello delle acque sul Lago Vittoria. La produzione della centrale è così passata da 380 Megawatt a 135 Megawatt, costringendo l'azienda elettrica nazionale ad utilizzare generatori diesel per produrre 100 Megawatt supplementari. Un costo inaccettabile sul lungo periodo, visto l'andamento dei prezzi del petrolio. Il governo per pagare la fattura energetica è stato costretto a costituire un fondo speciale di 56,5 milioni di dollari, dei quali 40 milioni destinati a coprire i costi delle centrali termiche. Il potenziale del settore idroelettrico e di altre fonti rinnovabili dell'Uganda è di 530 Megawatt, sufficienti a soddisfare la domanda di metà delle 5 milioni di case del Paese, che devono essere collegate alla rete elettrica nazionale. Vi sono poi le necessità dell'industria e delle istituzioni. Il 90% degli ugandesi non ha accesso all'elettricità. Per creare una propria “filiera” nucleare l'Uganda deve darsi una legislazione adeguata, cercare investimenti dall'estero e costituire una forza lavoro con le necessarie qualifiche. Attualmente nel Paese vi sono solo 10 esperti nel settore nucleare. Tra i Paesi africani che stanno prendendo in considerazione l'uso dell'energia nucleare vi sono Algeria, Egitto, Marocco, Namibia e Nigeria. Anche il Niger ha espresso l'intenzione di sfruttare localmente le proprie riserve di uranio. “Il Niger è il terzo produttore mondiale di uranio. Abbiamo deciso di aumentarne il prezzo alle imprese francesi alle quali lo vendiamo, perché vogliamo investire di più nel nostro Paese. Costruiremo centrali nucleari nel nostro Paese per vendere energia a basso costo alle altre nazioni dell'Africa” ha annunciato Mohamed Ben Omar, Ministro della Comunicazione del Niger, durante una conferenza nella sede romana dell'ISIAO (Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente).

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    Iniziate le trasmissioni di Afriradio, radio web per gli africani in Italia

    ◊   Sono iniziate questa settimana le trasmissioni di “Afriradio”, la web radio, con sede a Verona, promossa dai missionari comboniani che vuole essere la voce degli africani in Italia, della società civile, delle Chiese, degli artisti e di chi lavora ogni giorno per sostenere le popolazioni del continente. Collegandosi al sito www.afriradio.it è possibile ascoltare musica africana 24 ore su 24, intervenire nei programmi radiofonici grazie alla chat e all’invio di e-mail. Il palinsesto prevede programmi di intrattenimento ma anche di informazione, con approfondimenti la mattina e radiogiornali durante tutto il pomeriggio. “Afriradio” è un nuovo modo di raccontare l’Africa, che sfrutta il canale che meglio si presta a dare risalto alla vivacità di questo continente. “Afriradio – spiega padre Giuseppe Cavallini, coordinatore del centro Comboni multimedia e direttore del Museo Africano di Verona - si pone come fonte di informazione alternativa agli apparati mediatici che promuovono interessi economici e politici di parte”. La radio, aggiunge, “è fedele alla tradizionale linea editoriale di Nigrizia, voce dei popoli dell’Africa e del Sud del mondo, e intende pertanto essere megafono di chi crede in una società in cui vengano promossi valori umani ed evangelici quali la solidarietà, l’accoglienza, il dialogo interculturale, l’incontro interetnico e il rispetto per le diverse tradizioni e fedi religiose”. “Noi stessi siamo sorpresi dagli ascolti di questi primi giorni – commenta il direttore della radio, Fabrizio Colombo all’agenzia “Redattore sociale” – anche perché siamo partiti senza grande pubblicità”. Le trasmissioni sono in diretta dalle 9 alle 17, con repliche durante il resto della giornata e della notte. (A.M.)

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    Celebrati i 35 anni di presenza del movimento Regnum Christi a Monterrey, in Messico

    ◊   Oltre 10 mila persone tra bambini, adolescenti, giovani, adulti, religiosi e sacerdoti hanno partecipato domenica scorsa all’Incontro di Gioventù e Famiglia a Monterrey, in Messico. La riunione è stata anche l’occasione per commemorare i 35 anni di presenza del movimento Regnum Christi nell’arcidiocesi. Si sono susseguiti momenti di preghiera e conferenze dedicate al tema “Non stancatevi di fare il bene. Vieni. Celebra. Condividi”. L’incontro si è poi concluso con la celebrazione eucaristica presieduta da cardinale Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Monterrey. Nell’omelia, il porporato ha sottolineato l’azione pastorale del movimento Regnum Christi. Il cardinale - rende noto l’agenzia Zenit – ha anche invitato tutti i presenti ad essere pietre vive nell’edificazione della Chiesa. Per maggiori informazioni, si può consultare il sito www.regnumchristi.org (A. L.)

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    “Essere capaci di captare, interpretare e guidare”: così il cardinale Ruini partecipando ieri al Forum Portaparola promosso da Avvenire

    ◊   “Lavorare insieme per produrre qualcosa di globalmente significativo”. È l’invito che il cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma e presidente del Comitato della CEI per il progetto culturale, ha rivolto ieri pomeriggio ai “Portaparola” riuniti a Bilione, in provincia di Venezia, per il loro primo forum nazionale, promosso da Avvenire sul tema “Nuovi protagonisti per le comunità e i mass media”. Nella società attuale, ha precisato Ruini, servono “persone e organismi che sappiano captare, interpretare e guidare” i processi in corso, in particolare quelli dove la posta in gioco sono i valori fondamentali. Un servizio culturale cui la Chiesa chiama tutti gli “animatori della comunicazione e della cultura”, di cui i “Portaparola” rappresentano un’incarnazione specifica, “non solo come singoli, ma dentro a quella realtà specifica che è la Chiesa italiana”. L’obiettivo di fondo, ha ricordato il porporato, è quello di “superare il gap tra la “cultura pubblica” e la presenza capillare della Chiesa in mezzo alla gente”. Il porporato – sottolinea il SIR - ha dunque richiamato la responsabilità dei cristiani a “orientare” questo processo antropologico, ricordando come Benedetto XVI abbia più volte esortato a “rifiutare una razionalità solo scientifica e tecnica, riconoscendo il valore di una razionalità umana che non perda di vista i grandi interrogativi della vita”. “Non possiamo rassegnarci”, ha ammonito, a quel “profondo disagio” che vive oggi ogni uomo, e colpisce in particolare le fasce giovanili, originato da “una dicotomia che vede da una parte una razionalità scientifica che si assolutizza e tende a spersonalizzare l’uomo, dall’altra un impulso profondo ad affermare la centralità dell’uomo, la sua libertà e i suoi diritti”. La soluzione, però, non sta nel “tornare indietro”, ma nel “superare dal di dentro questa divisione”, facendo in modo che “il modello scientifico non espunga la questione dei valori, dell’unicità della vita, della dignità di ogni essere umano, e in fin dei conti la questione di Dio”. (A.L.)

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    A Roma, a partire da lunedì prossimo, seminario sulla comunicazione della Chiesa, promosso dalla Pontificia Università della Santa Croce

    ◊   “Di fronte ai dibattiti che mettono in discussione la famiglia, il rispetto della libertà religiosa, le questioni bioetiche o la protezione dei più deboli e bisognosi, il rischio per gli uffici di comunicazione della Chiesa è di vedersi costretti a svolgere una comunicazione di reazione, con tutti i connotati peggiorativi che questa comporta”. Da questa osservazione prende spunto il VI seminario professionale sugli uffici di comunicazione della Chiesa che si svolgerà a Roma dal 28 al 30 aprile prossimi. La riunione, promossa dalla Pontificia Università della Santa Croce, sarà dedicata al tema: “Comunicazione della Chiesa e cultura della controversia”. Esperti in comunicazione istituzionale della Chiesa e giornalisti incaricati di informazione religiosa – riferisce il SIR – dibatteranno su alcune esperienze di dialogo tra queste due realtà. Il programma comprende anche sessioni pratiche sulla preparazione degli interventi pubblici dei portavoce della Chiesa. Si prevede la partecipazione, tra gli altri, dell’arcivescovo di Perth, mons. Barry James Hockey, dell’arcivescovo di San Juan de Cuyo, mons. Alfonso Rogelio Delgado Evers, e del vescovo di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli - Treia, mons. Claudio Giuliodori. (A.L.)

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    In 7 anni arrivati in Italia 50 mila minori non accompagnati

    ◊   Sono più di 50.000 i minori non accompagnati giunti in Italia negli ultimi sette anni, in cerca di un lavoro o in fuga da povertà, guerre o carestie. Almeno 6500 sono arrivati nel solo 2006, di cui 1335 sbarcati sulle coste. Di questi, 972 non erano accompagnati. Sono soprattutto ragazzi tra i 15 e i 17 anni, provenienti da Romania (37%), Marocco (22%) e Albania (15%). Questa drammatica realtà – rende noto il SIR - sarà al centro del convegno “Minori immigrati non accompagnati”, organizzato il prossimo 8 maggio a Roma dall’Associazione culturale Puntoeacapo e dal Sindacato per l’integrazione immigrati/emigrati. “I minori stranieri – spiegano i promotori - sono titolari, anche se entrati clandestinamente in Italia, di tutti i diritti garantiti dall’ONU. Per questo, in base alla normativa italiana, “i minori stranieri non accompagnati hanno diritto di ricevere protezione e assistenza, essere iscritti a scuola, ricevere assistenza sanitaria, non essere espulsi, ottenere un permesso di soggiorno”. (A.L.)

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    Cittadinanza, solidarietà e Costituzione in un convegno dell'UCIIM martedì prossimo a Roma

    ◊   “Far conoscere le buone pratiche e le esperienze didattiche promosse a Roma nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza, considerata nelle sue varie sfaccettature: dall’educazione al dialogo e alla comunicazione, alla partecipazione attiva per una società giusta e per il bene comune”. Questo – ha detto Maria Teresa Lupidi Sciolla, presidente nazionale dell’Associazione professionale cattolica dirigenti, docenti e formatori (UCIIM) – è uno degli obiettivi del convegno “Cittadinanza e solidarietà”, previsto il prossimo 29 aprile a Roma. Durante l’incontro – rende noto il SIR – verranno anche presentati alcuni lavori degli studenti su educazione e cittadinanza. Martedì pomeriggio si terrà poi una tavola rotonda sul tema “Insegnare la Costituzione nella scuola dell’autonomia”. (A.L.)

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    “Nai Cao”, Mamma Bianca, è il recital che i ragazzi di Gambara presenteranno domani pomeriggio a Roma, al Teatro Don Orione, per ricordare Suor Amelia Cimolino

    ◊   Hanno messo in scena il loro recital con l’aiuto delle catechiste e coinvolgendo genitori e adulti della parrocchia. Domani i ragazzi di Gambara saranno a Roma al Teatro Don Orione, alle ore 17, dopo essersi presentati in diverse località della Lombardia e a Udine con grande successo di pubblico. Il lavoro mette in scena la vita di suor Amelia Cimolino, della Congregazione delle suore di Maria Bambina, che ha speso la sua esistenza a servizio degli ultimi ed è morta in India nel giugno 2006. Il recital si ispira al libro scritto da Lucia Cairoli che porta lo stesso titolo: “Nai Cao”, ossia Mamma Bianca, il nome con cui suor Amelia veniva chiamata dai poveri e dagli ammalati che lei curava. Nata nel 1912 a Carpacco, un paese del Friuli, suor Cimolino era partita a 19 anni per la Birmania per dedicarsi ai malati di lebbra che vivevano abbandonati nelle foreste. Fatta prigioniera dai Kmer Rossi tornò in fin di vita in Italia nel 1971. Riuscì a riprendersi, quindi partì per l’India dove fondò un centro di cura per i lebbrosi e un villaggio agricolo, Olavina Halli (villaggio dell’amore) per offrire loro lavoro e dignità. Chiamava gli ammalati i suoi “tesori” vedendo in loro Cristo. Di suor Amelia il recital sottolinea la fede sconfinata in Dio, la gioia costante, la generosità e l’energia senza limiti. Per lei è in fase di preparazione la richiesta di avvio del processo di beatificazione. (A. M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Israele respinge la tregua chiesta da Hamas

    ◊   E’ ancora possibile raggiungere la definizione di uno Stato palestinese nei prossimi mesi. A dichiararlo il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, incontrando ieri a Washington il leader palestinese, Abu Mazen. Speranze di pace non confortate, però, dai fatti: l’agenzia dell'ONU per i rifugiati palestinesi ha annunciato di essere costretta a sospendere le sue operazioni umanitarie in favore di 650 mila profughi nella Striscia di Gaza per il completo esaurimento del carburante nei suoi depositi. Israele ha respinto la proposta di Hamas per una tregua di sei mesi, ritenendola uno stratagemma per permettere al gruppo islamico di riorganizzarsi militarmente. Ma per un commento sulla drammatica situazione umanitaria venutasi a creare a Gaza, sentiamo Giorgio Bernardelli, esperto della questione israelo-palestinese, intervistato da Stefano Leszczynski:
     

     
    R. - Purtroppo, è la conseguenza di questo stallo che viviamo ormai da un anno in questa regione del mondo e che continua ad accumulare sofferenze. E’ solo dell’altro giorno un drammatico appello del parroco della piccola comunità cattolica di Gaza, che sottolineava come la situazione si sia fatta sempre insostenibile.

     
    D. - Come reagiscono i civili a questo isolamento?

     
    R. - Viene vissuto come un assedio e certamente sollecita una maggiore disponibilità a posizioni radicali, anche se il tratto che secondo me è dominante non è quello di un fanatismo, ma un senso quasi di rassegnazione, un senso di sfiducia riseptto a qualsiasi novità positiva possa venire. E questo è proprio il problema più grosso e quello che sta anche facendo naufragare queste speranze di pace, delle quali si era parlato negli ultimi mesi.

     
    D. - Una situazione di isolamento che è, tra l’altro, dovuta a un paradosso: il tentativo di indebolire in questo modo Hamas, che sta dando invece risultati opposti per quanto riguarda Gaza...

     
    R. - Certo, perchè il problema è che si indebolisce Hamas se si rafforza davvero qualcun altro all’interno dell’Autorità nazionale palestinese. Il problema è che, con questo tipo di azione, più che indebolire Hamas si indebolisce Abu Mazen.

     
    D. - Chi è che soffia sul fuoco di Gaza?

     
    R. - Da una parte c’è Hamas, che ha l’interesse non tanto che a Gaza la situazione resti drammatica, quanto certamente di non venir tagliata fuori dai giochi della politica interna palestinese. E poi c’è anche l’Iran, che ha tutto l’interesse a tener vivo il conflitto attraverso il sostegno che dà all’altro grande movimento palestinese, la Jihad Islamica.

     
    Cisgiordania
    Due guardie israeliane sono morte, questa mattina, durante una sparatoria a Tulkarem, al confine tra Israele e Cisgiordania, il teatro della guerriglia. Divergenti le notizie relative alla rivendicazione dell’attentato. Secondo alcune fonti, la sparatoria è avvenuta in seguito all'attacco di un commando armato palestinese. Ma la polizia locale non esclude neppure che il duplice omicidio possa essere un episodio di criminalità comune.
     
    Iraq
    C'è anche un bambino fra le 11 persone rimaste vittime degli scontri e dei raid aerei che nella notte hanno colpito il quartiere Sadr City di Baghdad, roccaforte sciita e dei combattenti legati al leader radicale Moqtada al Sadr. Lo riferiscono fonti mediche locali che segnalano inoltre 32 feriti. Altri 10 uomini sarebbero stati uccisi dall’esercito americano nelle ultime 24 ore, portando a 383 il numero dei decessi dall’inizio degli scontri, alla fine di marzo. Intanto, il quotidiano americano The Wall Street Journal riferisce che le truppe americane avrebbero localizzato in Iraq depositi di armi di recentissima produzione, confezionate in Iraq. Se confermata, la notizia dimostrerebbe che il regime degli ayatollah sta tuttora garantendo forniture belliche alle milizie sciite.
     
    Pakistan
    Un'automobile carica di esplosivo è scoppiata vicino a una stazione di polizia a Mardan, nel nord-ovest del Pakistan. Quattro morti e 15 feriti, il bilancio delle vittime. Secondo le prime ricostruzioni, la vettura era parcheggiata fuori del commissariato: esplodendo, ha danneggiando la stazione e alcuni negozi. L'attentato, rivendicato dai taleban, ha interrotto il periodo di tregua instaurato dopo l'insediamento del nuovo governo: dallo scorso marzo, infatti, non si erano più registrati attentati. I taleban del Pakistan hanno assicurato comunque che l'episodio non apre ad un periodo di nuovi attacchi. L’atto è stato compiuto solo per vendicare la morte di uno dei comandanti del gruppo, ucciso di recente dalla polizia locale.

    Iran
    Aperti i seggi questa mattina per il secondo turno delle elezioni legislative in Iran. I 22 milioni di elettori sono chiamati ad eleggere 82 deputati. Nel primo turno, il 14 marzo scorso, i conservatori, al governo dal 2004, avevano ottenuto una larga maggioranza conquistando circa i due terzi dei seggi in parlamento, ma la conferma del Partito conservatore di Ahmadinejad, pur probabile, è ostacolata oggi da divisioni interne al partito e da una situazione economica problematica. L'ayatollah Ali Khamenei ha invitato gli iraniani a recarsi alle urne.

    Sudan
    Un autista del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM) è stato ucciso da uomini armati nel sud del Darfur, regione occidentale del Sudan. Lo ha reso noto l'ONU informando che l’episodio è accaduto il 21 del mese nonostante la scorta della polizia. Il 17 aprile il PAM aveva annunciato di voler ridurre gli approvvigionamenti a causa dei numerosi episodi di banditismo. Dall'inizio dell'anno, nella regione sono stati sequestrati 60 camion, 39 dei quali mai ritrovati, e 26 autisti risultano dispersi.

    Honduras
    Uccisa nella notte in un agguato la segretaria generale della Confederazione dei lavoratori dell'Honduras (CTH), Altagracia Fuentes. Un commando armato ha bloccato il veicolo nel quale la sindacalista 60.enne viaggiava lungo l'autostrada fra El Progreso e San Pedro Sula, nel nord del Paese, la stessa utilizzata dalle bande di narcotrafficanti della regione. Nell’agguato sono rimaste uccise altre due persone e ferite tre. Escluso il movente della rapina, si ipotizza che l’aggressione sia stata pianificata.

    Cina
    Europa e Cina hanno avuto un colloquio “aperto e franco” sulla questione del Tibet. Lo ha detto il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, dopo l’incontro con il primo ministro cinese, Wen Jiabao. Garantire il libero accesso in Tibet ai giornalisti e ai turisti stranieri è una delle proposte avanzate dall’Europa. “Mi aspetto presto degli sviluppi positivi”, ha detto il presidente della Commissione, al termine della conferenza stampa. Intanto, alla luce delle insistenti richieste del Dalai Lama, il governo cinese ha previsto nei prossimi giorni un incontro con un rappresentante del leader buddista. Lo riferisce l’agenzia Nuova Cina.

    Giappone
    La fiamma olimpica è arrivata a Nagano, in Giappone. Un volo speciale ha portato il simbolo delle Olimpiadi dalla capitale australiana Canberra all’aeroporto di Tokyo. Imponente il servizio di sicurezza per fronteggiare le proteste a favore del Tibet: domani, oltre 3 mila agenti proteggeranno gli 80 tedofori lungo i circa 20 chilometri di percorso. Previsto anche l’arrivo di duemila residenti cinesi in Giappone, per sostenere il passaggio della fiaccola. Le autorità giapponesi hanno chiuso al pubblico la partenza e la fine della staffetta. Il sindaco di Nagano ha rivolto un invito alla calma. Subito dopo la manifestazione, la fiaccola sarà trasportata a Seul in Corea del Sud.
     
    Francia
    In un’ora e tre quarti di diretta dall’Eliseo, intervistato da cinque giornalisti, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha ammesso di aver fatto “alcuni errori”. Ma ha anche riaffermato la sua volontà di andare avanti con le riforme. Tra gli argomenti internazionali trattati, l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea e la questione delle Olimpiadi. Se per la Turchia le porte sono saldamente chiuse, per la Cina il presidente francese promuove il dialogo e la risoluzione della questione del Tibet.

    Danimarca
    Il parlamento danese ha dato il via libera al Trattato di Lisbona, che sostituisce la Costituzione europea rifiutata dal referendum di Francia e Olanda nel 2005. Approvato con 90 voti a favore, 25 contrari e nessun astenuto, il testo attende la ratifica da parte di tutti i Paesi membri dell'UE per l'entrata in vigore prevista per il 1 gennaio 2009. La Danimarca è l'11.mo Stato ad aver ratificato il testo, dopo Portogallo, Ungheria, Slovenia, Bulgaria, Slovacchia, Malta, Polonia, Austria, Romania, Ungheria e Francia. Il presidente della Commissione UE Barroso esprime soddisfazione per il voto danese e ribadisce che “Il Trattato contribuirà ad un'unione più effettiva, democratica, credibile e forte all'esterno".

    Stati Uniti, Corea del Nord e Siria - questione nucleare
    La Corea del Nord aiutò la Siria a costruire una centrale nucleare, in territorio siriano. Lo sostiene la Casa Bianca dopo aver visionato un video della CIA, che mostrerebbe alcuni nordcoreani aiutare dei siriani nella costruzione di un reattore nucleare a circa 150 chilometri dal confine iracheno. La centrale nucleare posta sotto accusa venne rasa al suolo durante un raid dello scorso settembre. Secondo l'amministrazione Bush, in seguito al bombardamento, la Siria cercò di nascondere le prove dell’esistenza della centrale nucleare. Washington chiede spiegazioni a Damasco, che smentisce l’accusa. L’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA) esaminerà nei prossimi giorni il rapporto degli Stati Uniti. Intanto, la Casa Bianca garantisce di mantenere attivo il processo diplomatico con la Corea del Nord, per un completo disarmo del suo programma nucleare.

    Italia - Lampedusa
    Sono oltre 200 i migranti clandestini tratti in salvo, questa notte, nel Canale di Sicilia. Il barcone sul quale viaggiavano aveva il motore in avaria. La Guardia Costiera ha provato a soccorrerli, ma il forte vento ha creato molti disagi durante l’azione di salvataggio. Un immigrato, caduto in acqua durante il trasbordo dall'imbarcazione, è annegato. La sua salma verrà trasportata a Porto Empedocle, con una nave militare. Nella notte scorsa, altri 128 immigrati erano sbarcati sull'isola di Lampedusa a bordo di due barconi.

    Italia – Festa della Liberazione
    Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha presieduto questa mattina, presso l’Altare della Patria a Roma, alla celebrazione del 25 Aprile, “Festa della Liberazione”. Affiancato dal ministro della Difesa, Arturo Parisi, Napolitano è stato accolto a piazza Venezia dal presidente del Senato, Franco Marini, dal presidente del Consiglio uscente, Romano Prodi, dal ministro dell'Interno, Giuliano Amato, e dal presidente della Corte Costituzionale, Franco Bile. Il capo dello Stato ha reso omaggio alla tomba del Milite ignoto e ha consegnato medaglie d'oro al merito civile ai gonfaloni dei comuni di Dronero (CN) e Pianoro (BO) e alla memoria di diversi cittadini italiani che durante l'occupazione nazifascista hanno sacrificato la loro vita nel nome della solidarietà civile. (Panoramica internazionale a cura di Beatrice Bossi e Claudia Di Lorenzi)

     
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 116

     
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