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SOMMARIO del 22/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Gli echi della visita pastorale del Papa a Napoli. Il commento di un sacerdote: occorre tradurre in azione pastorale le parole del Papa per il bene della città
  • Nomine
  • Mons. Follo all'UNESCO: la cultura aiuti a promuovere il dialogo tra i popoli
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iraq. La testimonianza di padre Afas dopo la liberazione: invito i cristiani a restare a Mossul
  • Forze militari turche verso il Kurdistan iracheno
  • Il partito del liberale Tusk si aggiudica le elezioni legislative in Polonia. Sconfitti i gemelli Kaczynski
  • I vescovi del Venezuela respingono le riforme del presidente Chávez che vuole portare nel Paese il sistema socialista
  • Al via a Napoli i lavori del meeting interreligioso per la pace e il dialogo. L'intervento di mons. Marchetto
  • Si è chiusa ieri la 45.ma edizione delle Settimane Sociali, momento di confronto sul ruolo dei cattolici nella società italiana. Con noi, il prof. Zamagni
  • A Roma, XIII Cenacolo del Servizio di Animazione Comunitaria del Movimento per un Mondo Migliore
  • Chiesa e Società

  • L’impegno della Chiesa per sostenere l’attività dell’organizzazione internazionale “Roots of peace”. Incontro del cardinale Renato Martino con la fondatrice Heidi Khun
  • La solidarietà dei cattolici francesi alla popolazione del Myanmar, in un messaggio del cardinale Jean-Pierre Ricard all’ambasciatore del Paese asiatico
  • Documento dei vescovi della Nuova Zelanda sulla tutela dei bambini
  • Istituito dall’ONU il relatore speciale sulle moderne forme di schiavitù, su iniziativa dell’organizzazione “Franciscans International”
  • Ieri a Liverpool le Chiese contro la moderna schiavitù
  • Per la GMG di Sydney nel 2008, previsti 8 mila volontari e attesi 3 mila giornalisti
  • Visita a Pozzuoli dell'arcivescovo della Chiesa ortodossa di Cipro, Chrysostomos II, nei luoghi che ricordano il martirio di San Gennaro e l'approdo di San Paolo
  • Oggi e domani a Venezia Convegno su “La difesa civica in Italia e in Europa” : a confronto difensori civici di vari Paesi ed esperti di diritti umani
  • I Figli di Maria Immacolata hanno festeggiato a Roma il 50.mo anniversario della dedicazione della parrocchia di San Barnaba Apostolo: tra gli ospiti i cardinali Ruini e Re
  • 24 Ore nel Mondo

  • Decine di feriti per la rivolta di prigionieri palestinesi in un carcere israeliano - Nuovo rinvio per le elezioni presidenziali in Libano
  • Il Papa e la Santa Sede



    Gli echi della visita pastorale del Papa a Napoli. Il commento di un sacerdote: occorre tradurre in azione pastorale le parole del Papa per il bene della città

    ◊   Un bacio all’ampolla che per la città di Napoli rappresenta il segno di una predilezione divina. E’ quello dato da Benedetto XVI alla teca che custodisce il sangue di San Gennaro, Patrono del capoluogo partenopeo. Questo gesto, insieme con i minuti di silenzioso raccoglimento del Papa nella Cappella del Santo, sono stati i momenti più significativi del pomeriggio di ieri, prima che il Pontefice si congedasse da Napoli, dove nel corso della mattinata aveva presieduto la Messa all’aperto, in Piazza Plebiscito. Per un commento a questa visita pastorale di Benedetto XVI - e in particolare alle sue parole che hanno esortato a vincere con l’impegno politico e morale le derive imposte dal crimine - Fabio Colagrande ha sentito il parere di don Francesco Minervino, parroco della chiesa di Maria SS. Assunta in cielo, ubicata a Miano-Scampìa, una delle zone più difficili della città:


    R. – Certamente ieri mattina il Papa ha respirato la voglia della gente di Napoli di risollevarsi in quella forza che porta, soprattutto la Chiesa, in determinate realtà e in determinati territori ad essere all’avamposto della speranza.

     
    D. – Lei personalmente come ha vissuto la Liturgia in Piazza del Plebiscito, durante la quale il Papa si è rivolto anche a voi sacerdoti di Napoli?

     
    R. – L’omelia del Papa è stata un qualcosa che ha certamente segnato questo incontro. E’ stata un’omelia bellissima sia per quanto riguarda il riferimento esplicito ai pastori della Chiesa e quindi alla realtà della Chiesa di essere sempre pronta ad intervenire nei momenti opportuni, ma anche nei momenti inopportuni; sia per quella chiarezza di considerazione. La camorra a Napoli è soprattutto una struttura organizzativa che ormai non è più invisibile, ma anzi abbastanza ramificata nel territorio e nella città reale. Ma si tratta soprattutto di una mentalità diffusa che, purtroppo, trova proprio nei giovani i veri e propri protagonisti. C’è poi stato il passaggio che evidenziava che la scuola e il lavoro possono mettere i giovani in salvo dalla camorra. E questo è vero. Questi passaggi che sono saltati subito nel cuore, perché l’attualizzazione della Parola di Dio che il Papa Benedetto XVI ha saputo proprio spezzare con noi, ci hanno toccato veramente nel profondo. Penso che questo aspetto dovremmo poi noi, come Chiesa napoletana e insieme a tutte quelle che sono le realtà della Chiesa di Napoli e quindi sacerdoti e laici, recuperare anche nei rapporti successivi con le istituzioni.

     
    D. – Don Francesco, Benedetto XVI vi ha invitato a rafforzare la speranza che si fonda sulla fede e che si esprime in una preghiera instancabile. Quanto è importante credere nella preghiera, lei lo dirà spesso anche ai suoi parrocchiani?

     
    R. – Sì, anche perché la fede cristiana, soprattutto in questi nostri territori, si può trasformare in un devozionismo che allontana l’impegno anche dei cristiani dalla vita sociale e dalla vita politica. Fede significa vivere il presente e la preghiera è il respiro dell’anima, come ci insegnano i maestri dello spirito, ed è la nostra forza. Se un popolo entra nella disperazione e nel pessimismo è perché – come credenti – sappiamo che è venuta meno anzitutto la preghiera e quindi l’affidarsi a Dio.

     
    D. – Don Francesco, come far sì che questa visita, veloce ma incisiva del Papa a Napoli, possa dare dei frutti nel vostro cammino pastorale?

     
    R. – Il Papa è venuto a Napoli anche nel momento di avvio di una nuova linea pastorale. Questa visita del Papa ha poi, tra l’altro, dato il via al Meeting interreligioso della Comunità di Sant’Egidio proprio sul dialogo ed una città come Napoli è una città che proprio per natura è aperta al dialogo. Per quanto riguarda poi la linea pastorale, sarà ora l’arcivescovo a vedere come impostare ed attualizzare le parole del Papa.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Santiago de los Caballeros, nella Repubblica Dominicana, padre Valentin Reynoso Hidalgo, dei Missionari del Sacro Cuore, parroco di "Nuestra Señora de la Altagracia", nella medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Mades. Padre Valentin Reynoso Hidalgo è nato a Nagua (diocesi di San Francisco de Macorís) il 16 dicembre 1942. Ha compiuto gli studi primari e secondari nel seminario minore dei Missionari del Sacro Cuore; ha frequentato i corsi di Filosofia presso il Seminario Maggiore "San Tomas de Aquino" di Santo Domingo, presso l’Università Cattolica "Madre e Maestra" a Santiago, e i corsi teologici presso il Seminario "San Tomas de Aquino". Ha fatto il suo ingresso nella Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore, emettendo i voti temporanei l’8 settembre 1972 e quelli perpetui l’8 settembre 1975. E’ stato ordinato presbitero l’8 novembre 1975. Ha ottenuto la Licenza in Educazione e Orientamento presso la Pontificia Università Cattolica "Madre e Maestra" (1976-1980) e la Licenza in Spiritualità presso la Pontificia Università Gregoriana (1982-1983).

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    Mons. Follo all'UNESCO: la cultura aiuti a promuovere il dialogo tra i popoli

    ◊   Occorre creare luoghi di cultura, di relazioni, di educazione perché gli uomini si parlino e si riconoscano come fratelli e partner della costruzione sociale, attenti ai più piccoli e ai più poveri: è quanto ha sottolineato questa mattina a Parigi mons. Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO. Il presule ha preso parte al dibattito di politica generale della 34.ma Conferenza generale dell’UNESCO, che si concluderà il 3 novembre. Al microfono di Tiziana Campisi, mons. Francesco Follo spiega quali priorità ha voluto segnalare alla comunità internazionale:


    R. – Partendo dal fatto che l’UNESCO ha indicato per questa conferenza come priorità l’Africa e l’eguaglianza dei sessi, ho parlato dell’importanza dell’educazione, soprattutto l’educazione di qualità con particolare riferimento all’Africa. D'altra parte, è importantissimo ribadire l’uguaglianza dei sessi, soprattutto l’educazione delle donne, specie nei Paesi in via di sviluppo, non solo per il valore in quanto tale ma anche per il loro contributo nell’educazione della famiglia e della società.

     
    D. – Quali altri punti ha sottolineato nel suo intervento?

     
    R. – Innanzitutto che l’educazione è una cosa che non riguarda solo lo Stato poiché i primi attori dell’educazione sono i genitori. Secondo, abbiamo parlato dell’importanza della religione come elemento fondante della cultura e quindi della società. Se purtroppo ci sono state e ci sono ancora delle guerre e dei conflitti causati da gruppi che si ispirano in un modo criminale alla religione, non va dimenticato che la religione non può essere ridotta ad un fatto solo privato ma è importante una sua dimensione sociale. Questo implica una libertà di religione che permette il culto e tutte quelle manifestazioni che la fede suscita.

     
    D. – In che modo la Santa Sede può offrire un contributo nell’ambito della educazione, della formazione?

     
    R. – Nel mondo ci sono circa 1500 università cattoliche e 210 mila scuole cattoliche. Quindi, se c’è una rete così mondiale, che tocca e sostiene lo sviluppo dell’uomo, la sua promozione, credo che la Chiesa cattolica sia fra i protagonisti. Ma noi lo facciamo non solo per portare il Vangelo ma anche perché crediamo che l’evangelizzazione è promozione umana e quindi elevando l’uomo gli permettiamo di conoscere la verità intera lasciandolo libero nella sua decisione.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Nella visita pastorale a Napoli il Papa ha sottolineato l'urgenza di formare le coscienze per vincere la violenza.

    Servizio estero - Iraq: rilasciati i due sacerdoti dell'Arcidiocesi di Mossul dei Siri.

    Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo "Un nuovo modo d'intendere l'ermeneutica": nell'ultimo saggio di Armando Rigobello.
     Servizio italiano - In rilievo il tema delle riforme.

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    Oggi in Primo Piano



    Iraq. La testimonianza di padre Afas dopo la liberazione: invito i cristiani a restare a Mossul

    ◊   Proprio nel corso della sua visita pastorale a Napoli, è giunta al Papa la notizia della liberazione in Iraq dei due sacerdoti cristiani, di rito siro-cattolico, rapiti nei giorni scorsi a Mossul, nel nord del Paese. “Benedetto XVI ha accolto con grande gioia la notizia della positiva conclusione del sequestro dei due religiosi, per i quali domenica scorsa il Santo Padre aveva lanciato all’Angelus un accorato appello”. Lo ha detto ai giornalisti il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. “Abbiamo intensamente partecipato a questo dramma e seguito la vicenda di padre Mazen Ishoa e di padre Pius Afas con grande preoccupazione – ha detto ancora padre Lombardi – e l’avvenuto rilascio è il segno di una pace che speriamo possa svilupparsi. L'auspicio del Papa – ha concluso – è che eventi del genere non si ripetano più”. Sulla drammatica esperienza vissuta, Mathilde Auvillain, della nostra redazione francese, ha contattato telefonicamente a Mossul proprio uno dei due sacerdoti rapiti, padre Pius Afas:

    R. – Nous n’avons pas eu aucune torture….
    Non abbiamo subito nessuna tortura, nessuna pressione. Assolutamente no. Abbiamo vissuto dei momenti molto difficili, in cui, però, non sono mai mancate la fiducia, la speranza e la preghiera. Noi siamo stati molto contenti e molto grati della grande solidarietà che abbiamo ricevuto a livello mondiale e delle tante preghiere che si sono elevate per noi e che ci hanno tanto aiutato e sostenuto, così come l’appello del Santo Padre. Ieri mattina, ci hanno liberato in un quartiere, dove abbiamo preso un taxi, dal quale ci siamo fatti portare direttamente nella nostra Chiesa e già ieri, nel pomeriggio, abbiamo celebrato la Messa insieme. Molte erano le persone presenti in segno di ringraziamento al Signore. E’ stato veramente molto molto emozionante.

     
    D. – Voi avete incoraggiato i cristiani a rimanere a Mossul...

     
    R. – Absolument, absolument …
    Assolutamente. Noi siamo molto preoccupati che si mini l’amicizia con i nostri fratelli musulmani, con i quali conviviamo da secoli. E questo lo abbiamo detto anche ai nostri rapitori: noi non vogliamo rovinare questa amicizia, perdere questa fraternità islamo-crisitana. Noi restiamo, quindi, in Iraq e non siamo disposti a cedere, perché siamo – cristiani e musulmani insieme – per la pace tra gli iracheni.

     
    D. – Quanto è stato importante per voi l’appello del Papa?

     
    R. – Ca nous a donné…
    L’appello ci ha dato un grande coraggio: l'appello affinché i nostri rapitori ci lasciassero è stato certamente un grande, grande sostegno.

    Il sequestro di padre Ishoa e padre Afas è solo l’ultimo degli attacchi compiuti contro la comunità cristiana in Iraq. Con quale stato d’animo i cristiani stanno vivendo questo momento? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mossul:


    R. – You see, we are very very afraid …
    Siamo molto preoccupati per il futuro. Noi rappresentiamo soltanto una minoranza in Iraq e molti cristiani iracheni sono spinti a lasciare le loro case a Baghdad e a Mossul. Ci sono molte famiglie che vanno via da questi luoghi. Alcune volte vengono minacciati affinché lascino le loro case, ma altre volte vengono esortati a convertirsi all’Islam in cambio della libertà; in caso contrario saranno costretti ad andarsene. Ci sono molti episodi del genere fra i cristiani e questo aumenta nella comunità la preoccupazione per il futuro. Normalmente i nostri rapporti sono sempre stati buoni con la popolazione musulmana, con i quali conviviamo in spirito di amicizia e collaborazione. Ma ora, con questa corrente fondamentalista che combatte la presenza delle truppe americane, la situazione è diventata estremamente pericolosa per noi.

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    Forze militari turche verso il Kurdistan iracheno

    ◊   Rischia di precipitare la situazione al confine tra Turchia e Kurdistan iracheno: le forze armate turche hanno riferito che otto militari risultano dispersi. Si teme siano stati rapiti da guerriglieri del PKK. Ieri, i ribelli curdi sono inoltre entrati in azione nel sudest della Turchia, uccidendo almeno 17 militari governativi e denunciando poi attacchi da parte dell’aviazione di Ankara nel nord dell'Iraq. Secondo agenzie di stampa, la successiva controffensiva turca avrebbe provocato la morte di 34 ribelli. Decine di veicoli militari turchi si stanno poi dirigendo verso il Kurdistan iracheno ma, per il momento, sembra scongiurata l'ipotesi di un attacco. Sentiamo Giada Aquilino:

    Ankara per il momento non muoverà contro i curdi in territorio iracheno. Sembra essere questo l'orientamento del governo turco, dopo che ieri è parso precipitare il quadro del confronto militare con i ribelli curdi del PKK, responsabili di aver scatenato una battaglia con le forze di sicurezza turche nel sudest del Paese anatolico, al confine con Iraq e Iran, a seguito della quale gli stessi combattenti hanno denunciato bombardamenti nemici su loro postazioni. "Rispettiamo l'integrità territoriale della Turchia", recita il comunicato diramato ieri sera al termine di una riunione d'emergenza tra i vertici di Ankara, ma al tempo stesso - avvertono il presidente Gul, il premier Erdogan e il capo di Stato maggiore Buyukanit - "la Turchia non si ritrarrà dal pagare qualsiasi prezzo necessario per proteggere i suoi diritti, le sue leggi, la sua unità indivisibile e i suoi cittadini". A invocare la via della cautela, l’alleato americano, che - con un intervento del segretario di Stato, Condoleezza Rice - ha chiesto alla Turchia di non cominciare azioni contro i ribelli curdi per alcuni giorni, nonostante il Parlamento di Ankara abbia già dato formale autorizzazione a un'operazione militare all’interno del territorio iracheno. Veicoli militari turchi sono comunque stati spostati al confine col Paese del Golfo. E’ infine rientrato a Washington l'ambasciatore turco, richiamato in patria nei giorni scorsi in seguito alla risoluzione sul genocidio armeno approvata dalla Commissione esteri della Camera dei Rappresentanti USA.

    Se dovesse scattare l’azione in forze dei militari turchi contro i ribelli del PKK, quali sarebbero le conseguenze per le popolazioni curde? Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Istanbul l’inviato Rai, Ennio Remondino, appena rientrato dalla zona di frontiera tra Turchia e Iraq:

    R. - Nei giorni scorsi sono stato nel Kurdistan iracheno, dove la popolazione è povera e vive tra montagne e villaggi isolati. È anche difficile immaginare che un esercito possa muoversi con facilità in un tale territorio, tipico della guerriglia. Sicuramente ci sono grandi sofferenze, ma soprattutto si rischia un meccanismo internazionale che porterebbe di fatto alla completa disgregazione del già dilaniato Iraq, in cui oggi esistono tre realtà: c’è il sud sciita, che vive autonomamente la sua parte, c’è il centro di Baghdad, che è caratterizzato dallo scontro tra forze militari americane e la risposta terroristica o indipendentista irachena, e c’è poi il Kurdistan, che cerca di diventare identità nazionale e che diventerebbe - questa è la vera minaccia ad Ankara - punto di riferimento di quell’enorme minoranza curda in Turchia (si parla di circa 20 milioni di persone) che tutto sommato ad uno Stato curdo indipendente ha sempre rivolto i suoi sogni e le sue speranze.

     
    D. - Perché il PKK è tornato ad alzare la tensione proprio ora?

     
    R. - Probabilmente, proprio per questo progetto. Sicuramente, il PKK punta a un intervento militare armato della Turchia, che porterebbe alla disgregazione definitiva dell’Iraq, alla formazione di un Kurdistan iracheno indipendente e, quindi, di uno Stato curdo, in un’area in cui la popolazione curda è divisa tra quattro Paesi: Iran, Siria, Iraq e Turchia. Un popolo senza Stato che potrebbe però arrivare ad ottenere un suo Stato nazionale.

     
    D. - Il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Barzani, da una parte ha assicurato neutralità e dall’altra ha detto che non consegnerà alla Turchia i capi del partito dei lavoratori curdi. Allora dove si gioca la partita?

     
    R. - Si gioca proprio in questo difficile equilibrio. Barzani è lì perché ce l’hanno messo gli americani, ma allo stesso tempo Barzani è il figlio del fondatore della rivoluzione indipendentista curda contro la repressione di Saddam. Barzani deve cercare, quindi, di raggiungere l’obiettivo politico di una sempre maggiore autonomia, se non addirittura dell’indipendenza. Ecco, quindi, frasi equivoche rispetto ad una politica estera equivoca.

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    Il partito del liberale Tusk si aggiudica le elezioni legislative in Polonia. Sconfitti i gemelli Kaczynski

    ◊   In Polonia le elezioni anticipate di ieri hanno registrato la sconfitta dei gemelli Kaczynski: la "Piattaforma civica", il partito guidato dal liberale, Donald Tusk, che ha conquistato il 41,6 per cento dei voti. Il partito del premier uscente, Jaroslaw Kaczynski, il PIS, ottiene poco più del 32%. Al terzo posto è arrivato il blocco di Sinistra Democratica (LID) con il 13,2% e poi il Partito dei contadini con l'8,8%. Escono invece dal parlamento, perché sotto la soglia di sbarramento al 5%, i partiti populista e nazionalista, Autodifesa e la Lega delle famiglie polacche. Importante il dato sull’affluenza alle urne, che è il più alto dalla caduta del regime comunista. Per un analisi del voto, Stefano Leszczynski ha intervistato Luigi Geninazzi inviato del quotidiano Avvenire ed esperto dell’area:
     
    R. - Il significato più evidente di questa svolta è che la gente ha dichiarato il proprio rifiuto di un clima politico, più che di alcune scelte concrete del governo Kaczynski. Un clima politico fondato sulla continua conflittualità, sul sospetto, sulla paura, sulle manipolazioni. Tutto questo io credo abbia sconcertato, scontentato i polacchi, la cui grande maggioranza ha deciso di puntare sul nuovo, su una persona che è sempre di destra ma moderato, liberale in economia, aperto all’Unione Europea, soprattutto intenzionato a riannodare i rapporti con la Germania che sotto il governo precedente di Kaczynski si erano molto guastati.

     
    D. - Gli elettori sono sembrati molto coinvolti da questa consultazione: la maggior parte delle persone forse si attendevano un’affluenza molto bassa che invece non c’è stata...

     
    R. - Sì, certamente, un’affluenza oltre il 53 per cento ed è il dato più alto della Polonia dalla svolta del 1989. Due anni fa si era toccato il punto più basso, il 41 per cento. Molta gente, soprattutto i più giovani, soprattutto la gente che sta all’estero - milioni di polacchi, ricordiamolo, sono residenti all’estero - hanno deciso di andare a votare per farla finita con questo clima. Ha vinto, possiamo anche dire, un cattolicesimo che non vuole essere basato sulla intolleranza e sulla aggressività nei confronti dei suoi interlocutori.

     
    D. - All’interno, quali sono le priorità politiche, quali sono le urgenze principali?

     
    R. - Le urgenze principali riguardano il riavviare il processo di privatizzazione e nello stesso tempo il dare impulso alle grandi opere statali: la Polonia, ricordiamolo, ospiterà insieme con l’Ucraina i Campionati europei di calcio del 2012, ci sono grandi infrastrutture da fare. Oggi, chi viene a Varsavia o Cracovia vede già grandi trasformazioni, ma questi lavori dovranno essere accelerati. Nello stesso tempo, bisogna dare fiducia all’economia che in questi anni è andata molto bene ma, come tutti hanno riconosciuto - e il voto lo ha dimostrato - non tanto per merito del governo, ma per un trend positivo dell’economia polacca.

     
    D. - Ci sarà, per così dire, un’esperienza di coabitazione anche in Polonia tra il presidente - che è uno dei leader del partito che è stato sconfitto - e Donald Tusk? Ci saranno degli ostacoli?

     
    R. - Sarà una coabitazione difficile però se i dati di questa mattina verranno confermati, il potere di veto del presidente sarà scavalcato e sarà comunque un braccio di ferro che continuerà. Diciamo, sarà una coabitazione abbastanza difficile.

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    I vescovi del Venezuela respingono le riforme del presidente Chávez che vuole portare nel Paese il sistema socialista

    ◊   Le riforme in senso socialista del presidente venezuelano Hugo Chávez rappresentano una grande involuzione per quanto riguarda la democrazia, i diritti umani e le libertà individuali e sono assolutamente contrarie all'"anima" cristiana dei venezuelani. E' quanto affermano i vescovi del Venezuela, che hanno esposto le proprie critiche alle riforme costituzionali proposte dal presidente Chávez in un documento che riassume i lavori di una speciale Commissione episcopale. Il servizio di Luis Badilla.

    Nell’introduzione, i vescovi ribadiscono quanto già detto in precedenti documenti. La Chiesa - sostengono - ha un solo proposito al riguardo: illuminare dal punto di vista etico il giudizio di coloro che devono approvare queste riforme le quali, come è palese, coinvolgono tutti i cittadini e non solo una parte. Si tratta, spiegano i presuli, di una riflessione fraterna per sostenere un discernimento pastorale sull’odierna situazione del Paese, tenendo presente i valori e i principi non negoziabili della storia, tradizione e “anima” dell’essere venezuelano: la dignità della persona umana, la sua coscienza e libertà inalienabili, la concezione cristiana della vita, che nel Paese è maggioritaria da secoli. I vescovi, inoltre, ricordano che nelle nazioni democratiche la Costituzione è “un patto sociale” che si legittima lungo un percorso preciso: discussioni e deliberazioni del parlamento o dell’Assemblea costituente, e comunque di un corpo pluralista che rappresenti legittimamente il popolo, e infine una consultazione elettorale libera, garantita e pacifica. Insomma, la Costituzione deve essere sostenuta dal maggiore consenso sociale possibile e la più largamente condivisa da tutti, al di là degli interessi di parte. Il documento episcopale ricorda che tra le proposte di riforma alcune sembrano godere di un ampio consenso come, ad esempio, la riduzione della giornata lavorativa, ma in generale “si accentua la concentrazione del potere nelle mani del presidente e così si favorisce l’autoritarismo”. Il cuore della proposta presidenziale - sottolineano i vescovi - è il passaggio da “uno stato democratico e sociale di diritto e giustizia ad uno Stato socialista”. Ma diversi articoli, rilevano ancora, “limitano la libertà dei cittadini e condizionano la partecipazione del popolo solo alla costruzione del socialismo”. Inoltre, questo futuro Stato potrebbe essere governato da un presidente rieleggibile a vita. Oltre a ricordare che i modelli socialisti ispirati al marxismo-leninismo sono tutte esperienze fallimentari, i vescovi ribadiscono che gli Stati totalitari, disegnati su profili ideologici, finiscono per opprimere le persone e le società, impedendo l’esercizio delle libertà personali e, in particolare, di quella religiosa. In uno Stato pluralista e democratico, possono esistere espressioni partitiche diverse rispetto a uno di natura socialista, come quello che invece “si propone per il Venezuela”, dove “ogni attività politica, sociale, economica e culturale finirebbe dentro un'unica opzione e un unico pensiero”. In questo contesto, l’episcopato venezuelano ribadisce alcune sue precedenti riflessioni sul capitalismo selvaggio e sul socialismo rispetto alle gravi sfide della povertà, dell’iniquità e dell’ingiustizia, riaffermando i principi centrali della dottrina sociale della Chiesa, ampiamente conosciuta in Venezuela. Preoccupa ugualmente i vescovi un lungo elenco di riforme che rappresentano una grave involuzione per quanto riguarda i diritti umani: dalle libertà individuali alla libertà di stampa e di associazione, così come nel caso dei futuri processi elettorali. Prima di concludere la loro riflessione, i vescovi trattano ampiamente gli elementi costitutivi della dottrina cristiana concernenti la dignità della persona e il suo essere sociale, chiamato a vivere con gli altri nel rispetto e nella solidarietà. “Tutto ciò che si oppone alla libertà si oppone alla vita. La soppressione della libertà non corregge le ingiustizie; anzi, ne aggiunge altre spesso più insopportabili e asfissianti”, dicono i presuli. Per concludere, l’episcopato rammenta ancora una volta che “la Costituzione e le riforme che si propongono non sono un affare che riguarda solo i partiti o determinati settori della popolazione. Siamo di fronte ad una questione di interesse nazionale che coinvolge tutti, senza distinzione. Sarebbe un grave errore credere il contrario. Non siamo davanti ad una questione che si risolve tra governo e opposizione, tra ricchi e poveri. E’ in gioco il futuro del Paese e di tutti i cittadini. Poi, in questo caso specifico, non si tratta di semplici riforme. Si va oltre. Il progetto socialista - concludono dunque i vescovi - è contrario alla Costituzione e alla concezione della persona e dello Stato propria della nazione venezuelana”.

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    Al via a Napoli i lavori del meeting interreligioso per la pace e il dialogo. L'intervento di mons. Marchetto

    ◊   Hanno preso ufficialmente il via oggi a Napoli i lavori del Meeting interreligioso promosso dalla Comunità di Sant’Egidio e dall'arcidiocesi partenopea sul tema "Per un mondo senza violenza, religioni e culture in dialogo". Un annuale incontro che oggi oltre alle numerose tavole rotonde vedrà anche diversi appuntamenti, come la consegna ad Amalfi della cittadinanza onoraria e della reliquia di Sant’Andrea al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Sullo sfondo i messaggi lanciati ieri dal Papa, in visita pastorale alla città. Da Napoli, Francesca Sabatinelli.

    Il bacio all’ampolla con il sangue di San Gennaro e la venerazione delle reliquie del Patrono, nel Duomo, sono stati gli ultimi momenti del Papa ieri a Napoli. La città, i suoi abitanti, i suoi amministratori, dovranno tenere conto dell’esortazione del Papa a non scoraggiarsi di fronte alla violenza, a rafforzare la speranza con la fede e la preghiera, ad intervenire soprattutto in aiuto ai giovani, puntando su scuola e lavoro. Ma a Napoli da oggi saranno anche le personalità religiose riunite dalla comunità di sant’Egidio a dialogare sulla scia delle parole rivolte loro da Benedetto XVI ieri: le religioni non come veicoli di odio, ma come risorsa per costruire una umanità pacifica e per eliminare la violenza. La convinzione che si debba lavorare in questa direzione è stata espressa in modo unanime ieri sera all’inaugurazione del Meeting al Teatro San Carlo. Per il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I serve la cultura del dialogo tra le religioni, talvolta caratterizzate da chiusure e assolutismi che possono condurre a estremismi e violenze. L’idea di dar vita ad una Onu delle religioni, riproposta dal rabbino capo di Israele Yona Metzger, ha trovato l’intesa del fondatore dell’università degli Emirati Arabi Uniti, Ezzeddin Ibrahim, che ha però lanciato un forte atto di accusa contro l’aggressività di alcune grandi potenze, contro le occupazioni militari, e contro le azioni violente di alcuni musulmani, singoli o gruppi. Di cultura del disprezzo per l’altro, come origine del terrorismo in nome della religione ha parlato il fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi, che ha invitato a non far prevalere il pessimismo. Le religioni- ha detto - hanno una forza in comune: credono allo spirito e alla sua azione. Occorre dar vita ad iniziative di pace per creare ponti laddove tutto sembra andare verso la divaricazione, ha concluso, parlando ai duecento leader religiosi che da oggi hanno ufficialmente dato il via ai lavori del meeting.

     
    Tra le varie Tavole rotonde di stamani l’Arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha partecipato a quella che ha avuto come tema: Europa, immigrazione e futuro. Il nostro servizio.

     
    Mons. Marchetto ha voluto presentare i migranti in Europa, “in prospettiva di futuro … come fattore di pace fra le persone, i popoli e le nazioni”. “Tutti i Paesi – ha proseguito - hanno il diritto di decidere se ammettere o meno gli immigrati volontari (contrapposti ai rifugiati bona fide, che in base alla legge internazionale hanno diritto di protezione). Ma chiudere le porte sarebbe insensato per gli europei… Spingerebbe anche sempre più gente a tentare di entrare dalla porta di servizio. L’immigrazione illegale é un problema reale, e gli Stati hanno bisogno di collaborare nei rispettivi sforzi per fermarla… Combattere l’immigrazione illegale – ha sottolineato mons. Marchetto - dovrebbe però essere parte di una strategia più ampia. I Paesi dovrebbero fornire veri e propri canali per 1’immigrazione legale, e cercare di coglierne i benefici nella salvaguardia dei diritti umani fondamentali degli emigrati… Gestire l’immigrazione non é soltanto una questione di porte aperte e di unione di forze a livello internazionale. Richiede anche che ciascun Paese faccia di più per integrare i nuovi arrivati. Gli immigrati – ha aggiunto - devono adattarsi alle nuove società e le società devono adattarsi a loro volta. Soltanto una strategia creativa di integrazione garantirà ai vari Paesi che gli immigrati arricchiscano la società ospite più di quanto la disorientino… Gli immigrati sono parte della soluzione, non parte del problema… In questo ventunesimo secolo – ha detto il presule - gli emigranti hanno bisogno dell’Europa. Ma anche l’Europa ha bisogno degli emigranti. Un’Europa chiusa sarebbe un’Europa più mediocre, più povera, più debole, più vecchia. Un’Europa aperta sarà un’Europa più equa, più ricca, più forte, più giovane, purché sia un’Europa che gestisce bene l’immigrazione”. “In effetti – ha affermato mons. Marchetto - il nuovo volto dell'umanità, oggi, ha i colori della globalizzazione, e i problemi che nascono sono ormai tutti planetari. Nessuna Nazione, per quanto potente, è in grado ad esempio, di garantire la pace, di risolvere appunto il problema delle migrazioni e delle minoranze etniche, di salvare l'equilibrio dell'ecosistema, compromesso dallo sfruttamento insensato delle risorse naturali”. Mons. Marchetto ha poi parlato di un altro fattore che “caratterizza non solo il movimento migratorio, ma la storia stessa del mondo contemporaneo, destando preoccupazione e paura in molte persone. Il fatto, cioè, che non pochi immigrati sono musulmani e ciò fa temere addirittura una ‘invasione’ dell'islam e della sua cultura. Le complicazioni della storia recente e presente hanno acuito non poco la percezione per molti di una opposizione radicale o di una frattura insanabile tra ‘mondo cristiano’ e ‘mondo islamico’. Tenuto conto che questo conflitto, in realtà – ha affermato mons. Marchetto - maschera spesso contenuti di altra natura (soprattutto economica e politica), oggi è più che mai necessario cercare un confronto sereno, lucido e pacato tra i membri delle due religioni, senza però superficialità e con richiesta di reciprocità. Dunque – ha aggiunto - se alcuni Paesi islamici, grazie alle loro risorse, sostengono di fatto movimenti integralisti, che giungono a forme di terrorismo motivato da fanatiche considerazioni (nelle quali si mescolano citazioni del Corano ed espressioni di vendetta per ‘secolari soprusi subiti dai colonizzatori e sfruttatori occidentali’), non dovremmo commettere l'errore di considerare l'integralismo come espressione univoca dell'islam. Così, infatti, - ha detto mons. Marchetto - rinforzeremmo gli stessi integralisti che vogliono apparire come coscienza di tutto il mondo musulmano”.

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    Si è chiusa ieri la 45.ma edizione delle Settimane Sociali, momento di confronto sul ruolo dei cattolici nella società italiana. Con noi, il prof. Zamagni

    ◊   E’ stato un grande momento di riflessione sul bene comune la 45.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, che si è chiusa ieri a Pisa. Oltre mille delegati, in rappresentanza di 160 diocesi, che hanno portato la loro esperienza su come i cattolici possano influire in modo benefico sui processi politici, culturali, ed economici della nostra società. Come sottolineato da mons. Arrigo Miglio, presidente del Comitato organizzatore, occuparsi di bene comune “non significa limitarsi ad una dimensione orizzontale” della vita civile anche perché per la Chiesa "l'amore per il nostro Paese e l'impegno a servizio della città terrena" vengono direttamente dal messaggio evangelico. Alessandro Guarasci ha intervistato l’economista Stefano Zamagni, che ha partecipato alla Settimana Sociale:

    R. – Ci si è resi conto, da parte non solo dei cattolici ma anche dei non credenti che la prospettiva del bene totale da un lato, e del bene collettivo dall’altro, non ci porta da nessuna parte. Il bene totale, per intenderci, è la prospettiva cosiddetta neo-liberista, il bene collettivo è la prospettiva socialista. Sta tornando in auge un’antica tradizione di pensiero che è quella della Dottrina sociale della Chiesa che almeno dal 1300 in avanti, parla appunto di bene comune. La difficoltà ovviamente, a questo punto, è di trovare i modi concreti di applicare la nozione di bene comune nella realtà di oggi.

     
    D. – Professore, in una società che va verso il secolarismo, comunque è possibile, secondo lei, mettere al centro la persona?

     
    R. – L’abilità e l’intelligenza dei cattolici in questo caso, non è tanto quella di fare battaglie ideologiche, ma di mostrare che a partire da quella concezione, che pone al centro l’individuo e le sue preferenze e quindi nega il concetto di persona umana, derivano esiti nefasti anche su tutta una serie di altri piani. Il punto è che a volte i cattolici occupano troppo tempo a contrastare le altrui posizioni sul loro piano anziché sul proprio. La mia tesi è che noi dobbiamo mostrare la superiorità del concetto di bene comune e la centralità del valore della persona umana sul piano delle opere, non soltanto sul piano dei proclami.

     
    D. – Hanno suscitato grande interesse le parole del Papa sul lavoro stabile. Davvero l’emergenza di oggi per fare il bene comune è dare certezza ai giovani che si stanno affacciando nel mondo del lavoro?

     
    R. – Noi dobbiamo puntare sulla non precarietà dell’attività lavorativa. Questo si consegue garantendo una flessibilità che vuol dire transitare su profili ed attività professionali diverse, accompagnate da politiche nuove di Welfare che in Italia non si vuole attivare perché noi non abbiamo, ad esempio, quelle politiche di Welfare che nei Paesi del nord Europa hanno. Perché se si va in Olanda, se si va in Svezia, Danimarca, questi problemi della precarietà non esistono? Lì, ad esempio, ci sono dei sussidi per transitare da un profilo professionale ad un altro che coprono fino a tre anni.

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    A Roma, XIII Cenacolo del Servizio di Animazione Comunitaria del Movimento per un Mondo Migliore

    ◊   Il Servizio di Animazione Comunitaria, più noto come Gruppo promotore del Movimento per un Mondo Migliore, celebra in questi giorni a Roma, fino al 26 ottobre, la sua XIII Assemblea generale. L’incontro è denominato anche “Cenacolo”, secondo la definizione del padre gesuita Riccardo Lombardi, iniziatore del Movimento intervocazionale nel 1936. Partecipano 48 delegati in rappresentanza dei 650 membri e dei 30 gruppi nazionali presenti nei cinque continenti. Giovanni Peduto ha chiesto a don Enzo Caruso, direttore del gruppo italiano, quale sia il carisma del Movimento:


    R. - Il Servizio di Animazione comunitaria ha mantenuto sempre al centro la grande intuizione di padre Lombardi: il mondo ha bisogno costante di Cristo perché ha bisogno di salvezza. La Chiesa ha il compito di comunicare Cristo al mondo: per poter compiere efficacemente la sua missione nel tempo presente, la Chiesa ha bisogno di rinnovarsi nel cuore come anche nelle forme storiche con cui si presenta al mondo. Dunque: rinnovare la Chiesa per rinnovare il mondo.
     
    D. - Quali sono i frutti e i dinamismi che il Movimento ha suscitato col suo servizio per il rinnovamento della Chiesa secondo il Concilio?

     
    R. - Prima ancora che il Concilio apparisse all’orizzonte, padre Lombardi e i suoi collaboratori stavano già compiendo una vasta opera di sensibilizzazione sul bisogno di rinnovamento del mondo, in termini di costruzione di una umanità come fraternità universale. Dopo la celebrazione del Concilio, la grande domanda che il Gruppo promotore del Movimento per un Mondo Migliore si pose fu: “Come fare per tradurre la nuova visione di Chiesa da dottrina in prassi?”. Occorreva, quindi, promuovere "itinerari-tipo”, ossia esperienze programmatiche che, attraverso un’azione globale e organica, potessero servire come esempio o modello di rinnovamento e di edificazione della Chiesa. Fu così che nacquero i progetti di rinnovamento. Oggi, il Gruppo promotore accompagna itinerari di rinnovamento in oltre 120 diocesi del mondo, in 300 parrocchie, ed è presente con una vasta opera di sensibilizzazione, attraverso attività varie: corsi, convegni, incontri, esercizi spirituali, corsi di abilitazione alla conduzione di processi di rinnovamento, ecc.

     
    D. - Quali sono le difficoltà e le problematiche che incontra il Movimento nei contesti in cui opera?

     
    R. - Viviamo in una fase del dopo Concilio segnata dal raffreddamento dell’ardore iniziale e da una sostanziale mancanza di creatività. Si preferisce ripiegare su pronunciamenti dottrinali e sulla cura della vita interna della Chiesa, anziché osare. Da un lato, il magistero chiede una sincera conversione di mentalità, ma nel tessuto ecclesiale domina spesso il timore, la nostalgia del passato, l’accomodamento (“si fa quel che si può”), quando non addirittura il ritorno esplicito al passato e la chiusura al dialogo col presente. Vi è una grande difficoltà a convertire le strutture della Chiesa in senso missionario. Non c’è la consapevolezza che la sfida del Concilio rimane quella di come convocare un popolo e farlo camminare come tale.

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    Chiesa e Società



    L’impegno della Chiesa per sostenere l’attività dell’organizzazione internazionale “Roots of peace”. Incontro del cardinale Renato Martino con la fondatrice Heidi Khun

    ◊   “Siamo chiamati a rafforzare il nostro impegno, soprattutto a livello locale, per liberare dai residuati bellici esplosivi i Paesi che sono stati attraversati da un conflitto, armi che ogni giorno minacciano la vita e l’incolumità di un grande numero di persone, in particolare donne e bambini». È l’appello raccolto dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della Pace, durante l’incontro con la signora Heidi Khun, fondatrice dell’organizzazione internazionale "Roots of Peace", impegnata nella rimozione dei residuati bellici nei Paesi segnati dal conflitto. Il colloquio, avvenuto giovedì scorso, è arrivato dopo l’udienza concessa dal Santo Padre alla signora Khun, che ha chiesto in particolare al porporato di favorire il supporto delle istituzioni cattoliche all’attività di "Roots of Peace". Ogni 30 minuti – rende noto un comunicato del Dicastero vaticano - una persona è uccisa o menomata da residuati bellici esplosivi (RBE). Ogni anno 20 mila civili restano uccisi o feriti a causa dell’esplosione di mine o munizioni cosiddette a grappolo (cluster munitions). Questo crudele tipo di ordigno non discrimina tra popolazione civile e combattenti ed è stato ideato per infliggere la massima sofferenza e non sempre per uccidere. I residuati bellici esplosivi danneggiano l’economia dei Paesi teatro di conflitto. A causa di questi, si prolunga la paura tra la popolazione civile e spesso si accentua la dipendenza dagli aiuti della comunità internazionale. Secondo stime, impiantare una mina costa 3 dollari, mentre la rimozione costa 1000 dollari e ci sono circa 70 milioni di mine nelle aree di 70 Paesi nel mondo. "Roots of Peace" è impegnata a liberare il mondo dalle mine e dagli altri residuati bellici esplosivi, trasformando i campi minati in campi coltivati dalle comunità locali, così promuovendo la rinascita dell’economia e il settore agricolo dei Paesi che sono stati teatro di conflitto, e trasformando i campi minati in campi di speranza. Il cardinale Martino ha incoraggiato la signora Khun e i suoi collaboratori nel persistere nella loro nobile attività, sottolineando come “la Chiesa sia chiamata a rafforzare il proprio impegno, particolarmente a livello locale, per liberare il mondo dal pericolo delle mine, che causano tanta sofferenza e morte nei Paesi che cercano di ristabilire un ordine di giustizia e pace dopo le atrocità di un conflitto”. (R.G.)

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    La solidarietà dei cattolici francesi alla popolazione del Myanmar, in un messaggio del cardinale Jean-Pierre Ricard all’ambasciatore del Paese asiatico

    ◊   “Comprensione ed emozione per la difficile situazione” che sta vivendo “la popolazione birmana” sono state espresse “a nome di tutti i cattolici di Francia” dal cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e presidente della Conferenza episcopale francese, all’ambasciatore del Myanmar nel Paese, Say Hla Min. In un messaggio, reso noto sabato scorso ripreso dall'Agenzia Sir, il cardinale Ricard afferma che “i cattolici di Francia sono rimasti colpiti dalle manifestazioni pacifiche con le quali” la popolazione birmana “ha espresso il desiderio di democrazia e di una maggiore libertà civile” e che “hanno particolarmente apprezzato anche il ruolo svolto in questi avvenimenti dai monaci buddisti”, e per questo “sono rattristati e sconvolti per la violenta repressione attuata per sradicare il movimento”. Rammentando che per i cattolici “i diritti dell’uomo sono universali, inviolabili e inalienabili” perché “sono inerenti alla persona umana e alla sua dignità”, il cardinale Ricard sottolinea nel messaggio rivolto al diplomatico del Paese asiatico che “non può esservi autentica pace civile senza il rispetto e l’applicazione di tali diritti”. Di qui l’auspicio e la preghiera dei cattolici francesi affinché il Myanmar “possa trovare il cammino per un divenire armonioso, nel rispetto del diritto delle persone e nella ricerca del bene comune dei suoi abitanti”. (R.G.)

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    Documento dei vescovi della Nuova Zelanda sulla tutela dei bambini

    ◊   “I bambini sono un dono prezioso”: è quanto hanno ribadito recentemente i vescovi della Nuova Zelanda aggiungendo che “in quanto tra i membri più vulnerabili della società e della famiglia, i bambini meritano una tutela particolare”. Nella loro dichiarazione i presuli si riferiscono, in particolare, ad un documento del 2002 della Conferenza episcopale della Nuova Zelanda, intitolato “La tutela dei bambini”. Sappiamo – spiegano i vescovi – che numerose famiglie curano e proteggono i loro figli e li circondano di amore. Tuttavia – si legge nella dichiarazione ripresa dal quotidiano “L’osservatore Romano" – riconosciamo anche che, oltre alla necessità di tutelare il benessere e la sicurezza dei bambini, è necessario tutelare anche la sussidiarietà delle famiglie”. Nella situazione contingente – concludono – molte famiglie hanno bisogno di sostegno, educazione e risorse per poter prendere le migliori decisioni possibili per i propri figli”.

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    Istituito dall’ONU il relatore speciale sulle moderne forme di schiavitù, su iniziativa dell’organizzazione “Franciscans International”

    ◊   Un relatore speciale sulle moderne forme di schiavitù: la nuova figura è stata istituita dal Consiglio dei diritti umani dell’ONU, su proposta dell’organizzazione dei missionari francescani, Franciscans International (FI), che ha ruolo consultivo presso le Nazioni Unite. “E’ il coronamento dei nostri sforzi degli ultimi dodici mesi”, si legge in una nota di FI, che ha sedi a Ginevra in Svizzera ed a New York negli Stati Uniti, ripresa dall'Agenzia Misna. Nel 2002, era stato il francescano Joseph Legounou - scomparso lo scorso anno - a parlare pubblicamente in ambito ONU delle forme attuali di ‘schiavitù’ in Africa occidentale e in particolare nel suo Paese, il Togo. Grazie all’intervento di fratel Legounou e di numerosi altri francescani, “le forme contemporanee di schiavitù saranno oggetto dell’attenzione e della visibilità che meritano nel sistema dei diritti umani dell’ONU”, ha commentato Alessandra Aula, coordinatrice dell’organizzazione. Secondo alcune stime correnti, sarebbero circa 12 milioni le vittime di sfruttamento illegale nel mondo. Fratel Legonou, noto per il suo impegno a favore dei più bisognosi, oltre che coordinatore di FI nel Benin, in Costa d’Avorio e nel Togo, è stato anche coordinatore della Commissione Giustizia e Pace dell’Africa sub-sahariana, e membro della commissione ONU per i diritti umani. (R.G.)

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    Ieri a Liverpool le Chiese contro la moderna schiavitù

    ◊   “Un vibrante insieme di Scritture, arte, musica, danza, testimonianze, preghiera e silenzio” per dimostrare “che la fede offre ragioni di speranza e coraggio per l’azione”. Così l’organizzazione “Chiese insieme nella regione del Meyerside” (Ctmr) spiega la “funzione per riflettere e pregare sugli schiavi di oggi” presieduta ieri pomeriggio, nella cattedrale metropolitana di Cristo re a Liverpool, dall’arcivescovo Patrick Kelly. “Mentre l’anno della memoria del bicentenario dell’abolizione della schiavitù sta volgendo al termine – proseguono dal Ctmr - vogliamo sottolineare il ricordo e il pentimento” per la tratta degli schiavi, ma anche rimarcare che “200 anni dopo la legge che la ha abolita nell’Impero britannico, persiste ancora una rete di sfruttamento e abusi”. Oltre all’arcivescovo Kelly, all’iniziativa hanno preso parte rappresentanti di Christian Aid, della Missione Mersey per i marittimi e l’apostolato del mare, della Rete Meyerside per l’asilo politico. Per l’occasione gli allievi del collegio Notre Dame di Everton Valley hanno eseguito una danza e interpretato un dramma teatrale. Diverse le testimonianze sulla condizione di chi oggi soffre maggiormente l’ingiustizia: donne e bambini trafficati per motivi sessuali, marinai sfruttati, richiedenti asilo e oppressi politici.

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    Per la GMG di Sydney nel 2008, previsti 8 mila volontari e attesi 3 mila giornalisti

    ◊   In molti hanno già compilato un modulo di registrazione presente su Internet nella pagina http://egeria.wyd2008.org Sono i giovani che si sono iscritti come volontari alla GMG, dal 14 al 20 luglio 2008. “Si prevedono 8 mila volontari che saranno impegnati - ha spiegato all’Agenzia Sir il responsabile della gestione del personale della GMG australiana, Hiam Katrib – nei settori dei servizi linguistici, della distribuzione dei pasti e dell’assistenza ai giornalisti”. “I volontari - ha aggiunto - saranno il cuore e l’anima della GMG”. In maggioranza, saranno australiani e neozelandesi. Tutte le domande verranno esaminate tra gennaio e maggio del 2008. Chi verrà scelto, potrà ricevere una formazione via internet e sul campo, nei giorni precedenti la Giornata mondiale della Gioventù. Il comitato della GMG offre anche l’opportunità di diventare “volontari a lungo termine”, per sei o nove mesi, durante i quali verrà assicurato vitto, alloggio, trasporti, formazione e assistenza spirituale. Chi fosse interessato a quest’ultima possibilità, si può iscrivere compilando un modulo nella seguente pagina: longtermvolunteer@wyd2008.org Il comitato organizzatore ha poi reso noto che, durante la settimana della GMG, sarà disponibile un centro stampa per 3000 giornalisti e operatori. Saranno garantiti, inoltre, vari strumenti informatici, tra cui computer, stampanti e connessioni ad Internet. Ci saranno poi interpreti e traduttori e i comunicati stampa saranno pubblicati in italiano, spagnolo e francese. Per le trasmissioni ufficiali della GMG, è stata scelta IMG media, azienda di comunicazioni a livello mondiale, operante in 220 Paesi. Saranno assicurate trasmissioni televisive, su internet e su cellulari. Frequenze radio riservate permetteranno, infine, di seguire gli eventi in diverse lingue. (A.L.)

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    Visita a Pozzuoli dell'arcivescovo della Chiesa ortodossa di Cipro, Chrysostomos II, nei luoghi che ricordano il martirio di San Gennaro e l'approdo di San Paolo

    ◊   All’indomani della visita pastorale di Benedetto XVI a Napoli, l’arcivescovo della Chiesa ortodossa di Cipro, Chrysostomos II, visita la Chiesa di Pozzuoli. Il Primate verrà accolto oggi pomeriggio dal vescovo di Pozzuoli, mons. Gennaro Pascarella, nella chiesa di San Gennaro alla solfatara. “Dopo aver visitato i luoghi che simbolicamente ricordano il martirio di San Gennaro e l’approdo di San Paolo", Chrysostomos II parteciperà alla conferenza incentrata sul tema: 'L’apostolo Paolo e le culture del Mediterraneo'. Il programma della visita - riferisce l'Agenzia Sir - prevede anche un incontro con le autorità civili nella chiesa del Corpo di Cristo, dove verrà consegnata all’arcivescovo della chiesa ortodossa l’onorificenza di grande ufficiale al merito. “Si compirà così una sorta di gemellaggio religioso e culturale – si legge in una nota della diocesi di Pozzuoli – dal momento che l’apostolo Paolo iniziò i suoi viaggi passando proprio dall’isola di Cipro nel 47 d. C.” e “nel 61 d. C., in viaggio verso Roma, approdò a Pozzuoli”. (A.L.)

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    Oggi e domani a Venezia Convegno su “La difesa civica in Italia e in Europa” : a confronto difensori civici di vari Paesi ed esperti di diritti umani

    ◊   "La difesa civica in Europa e in Italia: esperienze e prospettive": è il tema del Convegno in programma oggi e domani a Venezia, alla scuola Grande di San Giovanni evangelista, che vede a confronto difensori civici ed esperti di diritti umani giunti da vari Paesi. L’iniziativa è promossa dal Consiglio regionale del Veneto, dal difensore civico regionale e dal Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli dell'Università di Padova. Al confronto partecipano il difensore civico europeo Nikiforos Diamandouros, il presidente europeo degli Ombusdman Ulrrich Galle e quello del coordinamento internazionale Peter Kostelka, e per l’Italia il coordinatore dei difensori civici regionali, Donato Giordano. Da sottolineare il paradosso del 'caso Italia', unico Paese europeo a non aver ancora istituito l'organo del difensore civico nazionale, malgrado decine di raccomandazioni dell'ONU e risoluzioni europee. Da ricordare che l’Unione europea ha preteso e ottenuto che i Paesi di nuovo ingresso dell'Est europeo si dotassero di questa istituzione. In Italia la rete dei difensori civici comunali, provinciali e regionali, conta su circa 500 uffici liberamente istituiti dalle singole Amministrazioni, a fronte degli oltre 10 mila Enti locali che, a vario titolo, regolano la vita dei cittadini. “Ciò crea – sottolinea l’avvocato Vittorio Bortoli, difensore civico regionale venato – delle disparità tra cittadini che possono avvalersi della tutela di questo organo di garanzia, e cittadini che ne sono privi. Manca poi un Istituto nazionale di difesa civica che dia autorevolezza alla rete dei difensori civici. Il convegno promosso a Venezia rappresenta quindi l'occasione per ribadire la necessità di un Istituto nazionale di difesa civica in l’Italia, perché “un organo terzo tra Pubblica amministrazione e cittadini – sottolineano i promotori - diventi strumento di garanzia per il rispetto delle regole democratiche, per la vita delle istituzioni e per la costruzione di un corretto federalismo, fondato sulla collaborazione e non sul conflitto tra organi e istituzioni”. (R.G.)

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    I Figli di Maria Immacolata hanno festeggiato a Roma il 50.mo anniversario della dedicazione della parrocchia di San Barnaba Apostolo: tra gli ospiti i cardinali Ruini e Re

    ◊   Si è concluso ieri il ricco programma di manifestazioni messo a punto dai religiosi della Congregazione dei Figli di Maria Immacolata (Pavoniani) per il 50° di dedicazione della Parrocchia di S. Barnaba Apostolo a Roma ed il suo 75° di fondazione. Iniziato il 7 ottobre scorso con la Messa per le famiglie e la comunità, ha visto la partecipazione, tra gli altri, del cardinale Camillo Ruini, vicario generale del Santo Padre per la Diocesi di Roma, del direttore della Caritas diocesana, mons. Guerino Di Tora e del prefetto della Congregazione per i Vescovi, cardinale Giovanni Battista Re. “La parrocchia è un punto di incontro della comunità civile, un centro di aggregazione attorno al quale i cittadini si riconoscono e costruiscono l’identità del loro quartiere. Il suo scopo è quello di indicare la via che conduce al Signore”, ha sottolineato il cardinale Re durante la Messa conclusiva di ieri. “La parrocchia” ha aggiunto il porporato “deve contribuire a far aumentare la fede delle persone. Nella società di oggi c’è bisogno di una fede convinta e personale, operosa e testimoniata. La fede si irrobustisce con la preghiera, l’ascolto della Parola e l’Eucaristia per attingere dall’alto la luce e la forza per portare a termine i nostri doveri ed essere buoni cristiani e cittadini onesti”. Nell’incontro con gli operatori pastorali di San Barnaba, svoltosi il 13 ottobre scorso, il cardinale Ruini ha sottolineato la grande attenzione che deve essere posta nella pastorale alle famiglie, ai giovani ed alle vocazioni. Il porporato ha invitato il consiglio pastorale ad avere “grande sollecitudine missionaria” nei confronti dei giovani. “Dobbiamo cercare di incontrarli lì dove vivono, anche nella scuola”, ha sottolineato il vicario di Roma, sottolineando la “straordinaria importanza, per l’impegno formativo, che svolge l’oratorio”. La parrocchia di San Barnaba nel corso della sua storia ha attraversato alterne vicende. Sono state molte le difficoltà e i disagi a causa della povertà dei mezzi e di un tessuto sociale, quello della periferia romana degli anni Cinquanta, senza grandi prospettive. Oggi San Barnaba “è un punto di riferimento della fede e dell’impegno di vita cristiana”, ha spiegato il parroco, Mario Bertola. (A cura di Davide Dionisi)

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    24 Ore nel Mondo



    Decine di feriti per la rivolta di prigionieri palestinesi in un carcere israeliano - Nuovo rinvio per le elezioni presidenziali in Libano

    ◊   Sarebbero decine i prigionieri palestinesi e le guardie carcerarie israeliane rimasti feriti o contusi durante i disordini esplosi la notte scorsa nel carcere di Ketzyot, nel deserto del Neghev. Il ministro per i prigionieri dell'Autorità nazionale palestinese, Ajrami, ha detto all'ANSA che ''almeno 250 detenuti sono stati colpiti o sono rimasti intossicati dai gas lacrimogeni ma che solo quattro sarebbero ricoverati in ospedale. Dopo aver sedato la rivolta nel carcere, nel quale sono rinchiusi circa 3.000 palestinesi, gli agenti di custodia ne hanno ammanettati 1.200. Dei quindici agenti di custodia colpiti, solo uno è stato ricoverato in ospedale. Sulle cause della rivolta è stata aperta un’inchiesta. Secondo il ministro palestinese Ajrami, gli agenti avrebbero fatto irruzione nelle tende colpendo i detenuti senza alcuna apparente motivazione; secondo il portavoce del servizio carcerario isareliano durante un controllo di routine migliaia di prigionieri hanno reagito lanciando oggetti e incendiando le tende.

    - Due soldati americani sono stati uccisi e uno è rimasto ferito nella base militare USa di Manama, capitale del Bahrein che ospita la Quinta Flotta. Il comando statunitense fa sapere che non si tratta di un atto terroristico. La Quinta Flotta opera nelle acque del Golfo Persico, del Mar Rosso, del Golfo dell'Oman e di parti dell'Oceano indiano. Presso la base lavorano e risiedono circa 3.000 persone, senza includere gli equipaggi delle unità navali di passaggio.

    - Quattro persone sono morte e 21 altre sono rimaste ferite a Baghdad in seguito all'esplosione di tre ordigni in due zone diverse della città. Lo riferisce l'agenzia Nina, secondo cui il primo ordigno è esploso nella zona di Karrada, nel centro della città, mentre le altre due sono avvenute nella zona di Zafaraniya, nel Sud della città.

    - Le presidenziali libanesi sono state rinviate al 12 novembre, secondo quanto affermato dal presidente del parlamento, Nabih Berri in una nota. Si tratta del secondo rinvio, dopo che la prima sessione convocata per il 25 settembre era stata aggiornata al 23 ottobre. Secondo fonti di stampa, il rinvio era nell'aria da giorni, a causa della necessità di dare ulteriore tempo ai negoziati per trovare un successore ''di consenso'' del filosiriano Emile Lahoud il cui mandato scade il 23 novembre. In una breve comunicato diffuso dall'agenzia ufficiale Nna, Berri ha affermato che il rinvio si è reso necessario ''per dare più tempo alle consultazioni e per concordare sull'elezione di un Presidente della Repubblica che sia il simbolo dell'unità del Paese''. Negli ultimi giorni, il presidente del parlamento Nabih Berri ha avuto colloqui con il leader della maggioranza parlamentare Saad Hariri, e ieri i leader delle due fazioni cristiane rivali -l'ex presidente Amin Gemayel e l'ex generale Michel Aoun alleato di Berri e del movimento Hezbollah - si sono incontrati per un lungo colloquio. Secondo fonti di stampa, gli incontri erano improntati sulla necessità di trovare un candidato ''di consenso'', che in base al sistema politica deve essere cattolico maronita.

    - Secondo l’agenzia ANSA, partiranno nel tardo pomeriggio di oggi per Roma, dove dovrebbero quindi arrivare in tarda serata, Ali Larijani e Said Jalili, l'ex capo negoziatore sul nucleare iraniano e il suo successore, che domani incontreranno Javier Solana, responsabile della politica estera comune della UE. Solana rappresenterà tutto il gruppo dei 'cinque più uno', cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (USA, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna) più la Germania, che si sono dati tempo fino alla fine di novembre per prendere eventualmente in considerazione sanzioni pesanti contro Teheran nel caso non venissero ritenute soddisfacenti le informazioni fornite per fare piena chiarezza sul suo programma nucleare. L'incontro avviene una settimana dopo lunghi colloqui riservati avuti dal presidente russo Putin a Teheran con le massime autorità iraniane, tra le quali la Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei. E soltanto tre giorni dopo le dimissioni di Larijani da capo negoziatore.

    - Intanto il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, invita i Paesi arabi a non partecipare alla conferenza internazionale sul Medio Oriente in programma il mese prossimo negli USA. Un analogo invito era giunto il 13 ottobre scorso dalla Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, così come, precedentemente, dal leader di Hamas, Ismail Haniyeh, di cui Teheran è fra i principali sostenitori.

    - Due bambini di 5 e 6 anni, figli di dipendenti locali della società petrolifera francese Total-Elf sono stati rapiti questa mattina da uomini armati, nella regione petrolifera nigeriana di Port Harcourt. Nella notte tra sabato e domenica un britannico, un russo, un croato e quattro nigeriani erano stati prelevati da un'installazione offshore della Shell, nella stessa regione del Delta del Niger, mentre risale a sei giorni fa l'ultimo rapimento di un bambino. Anche in quel caso si è trattato del figlio di 5 anni di un dipendente locale della Shell. Nella maggior parte dei casi gli ostaggi vengono rilasciati dietro il pagamento di riscatto.

    - E' di almeno 20 ribelli e sette militari morti il bilancio dell'attacco compiuto da ribelli Tamil contro una base aerea militare nello Sri Lanka e del contrattacco dell’esercito. Nella zona è stato decretato un coprifuoco mentre sono ancora in corso rastrellamenti. Le Tigri per la liberazione del Tamil Eelam, in gran parte induisti, si battono per ottenere uno Stato indipendente nel nord e nel nordest del Paese, popolato al 75% da cingalesi, la maggioranza dei quali è buddista. Dal 1972 oltre 62.000 persone sono morte a cause delle violenze e 5.400 sono le vittime dalla fine del 2005.

    - La Cina ha presentato al mondo il suo gruppo dirigente, parzialmente rinnovato dopo lo svolgimento del 17/o Congresso del partito comunista, la scorsa settimana a Pechino. La promozione di Li Keqiang (52 anni) e Xi Jinping (54) che sono entrati nel Comitato permanente dell'Ufficio politico, è considerata il fatto più rilevante. Hu Jintao è stato confermato segretario per altri cinque anni, e Wen Jiabao con ogni probabilità verrà confermato primo ministro. Il nuovo Comitato permanente, considerato il vero governo della Cina, è stato presentato oggi alla stampa internazionale dallo stesso Hu Jintao in una breve cerimonia nella Sala dell'Assemblea del Popolo, in piazza Tiananmen. Hu ha sottolineato come punto chiave del suo programma quello di portare avanti lo sviluppo economico a ritmi rapidi, dando però maggiore importanza alla conservazione dell'ambiente e alla protezione dei settori più deboli della società.

    - Sempre in Cina: è di 37 morti e 19 feriti il bilancio di un incendio sviluppatosi nella notte in una fabbrica di scarpe in Cina, nella provincia di Fujian. Lo hanno riferito le autorità locali, precisando che il proprietario dell'azienda calzaturiera di Putian, specializzata in tomaie e aperta senza i necessari permessi, è stato arrestato.

    - Il governatore della California Arnold Schwarzenegger ha decretato ieri sera (la mattina di oggi in Italia) lo stato di emergenza nel sud dello Stato, devastato da numerosi incendi: nelle contee di Los Angeles, Orange, Riverside, San Bernardino, San Diego, Santa Barbara e Ventura. I 25 mila abitanti della città di Ramona, vicino a San Diego, in California, hanno ricevuto l'ordine di lasciare la località, minacciata da un incendio di grande ampiezza.

    - Il presidente del Kirghizistan, Kurmanbek Bakiev, ha deciso stamani di sciogliere il parlamento nazionale dopo che ieri un referendum popolare ha approvato con un 75,04% di sì modifiche alla costituzione. Il referendum, con cui l'ex repubblica sovietica tenta di superare l'impasse che ne ha paralizzato la sua vita politica, riduce i poteri del governo, che d'ora in poi dovrà rendere conto al presidente e al parlamento. La nuova costituzione, approvata alla fine dello scorso anno, rafforza i poteri sia del capo dello Stato che del parlamento, aumenta il numero dei deputati e introduce per le elezioni il criterio proporzionale. La precedente costituzione era stata adottata con referendum nel febbraio 2003. ''La ragione principale per lo scioglimento del parlamento è la contraddizione tra i vari rami del potere'', ha spiegato l'ufficio stampa del presidente, precisando che non è ancora stata fissata la data del voto. L'opposizione ritiene invece che si tratti di un passo verso l'autoritarismo, perchè la nuova carta costituzionale rafforzerebbe in particolare il ruolo del presidente. Gli analisti credono che la riforma in senso proporzionale del voto consentirà al neo partito presidenziale, Ak Zhol, di conquistare la maggioranza parlamentare. Il Kirghizistan è stato minato dall'instabilità sin dal 2005, quando una protesta ha cacciato il vecchio leader Askar Akaiev e portato al potere Bakiev.

    - La campagna per le elezioni del 24 novembre del leader dell'opposizione laburista australiana, Kevin Rudd, ha preso slancio ieri sera con una vittoria di misura (''ai punti'') riconosciuta oggi dalla stampa nel primo dibattito Tv con il premier conservatore John Howard, che dopo 11 anni al potere chiede agli elettori un quinto mandato. Nel confronto di 90 minuti i due hanno scambiato colpi, con qualche momento di irritazione, sulla politica economica e fiscale, il cambiamento climatico e il livello delle truppe in Iraq. I sondaggi di opinione danno da mesi un netto vantaggio a Rudd su scala nazionale ma le elezioni, con il sistema maggioritario, saranno decise in pochi seggi detti marginali, dove le due formazioni sono pressochè alla pari. E i laburisti per governare debbono conquistare almeno 16 seggi nella Camera di 150. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Da domenica 28 ottobre il Radiogiornale della sera in lingua italiana, andrà in onda alle ore 19.30 sulle onde medie di 585 e 1.530 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz. La trasmissione andrà in replica alle ore 21.00 e 23.00.
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 294
     
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