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SOMMARIO del 14/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • All'Angelus, appello di Benedetto XVI per la liberazione di due sacedoti rapiti in Iraq: intervista con mons. Sleiman. Saluto in diretta tv del Papa ai pellegrini raccolti nel Santuario di Fatima per il 90.mo delle apparizioni
  • Apre domani a Nagasaki, in Giappone, il terzo Congresso asiatico di Pastorale dei pellegrinaggi e santuari. Il commento dell'arcivescovo, Agostino Marchetto
  • Terminati a Ravenna i lavori della Commissione mista per il dialogo fra cattolici e ortodossi
  • Oggi in Primo Piano

  • L'abolizione delle "bombe a grappolo" al centro del recente convegno di Belgrado. Mons Tomasi: la comunità internazionale si accordi per vietarne l'uso e si mobiliti per aiutare le vittime
  • Non dimenticate i terremotati del Perù: a due mesi dal sisma, l’appello del vescovo di Ica, mons. Breña Lopez
  • In 15 anni, dal 1990 al 2005, 23 Stati africani hanno "bruciato" 290 miliardi di dollari in guerre. Lo rivela lo studio di una ONG britannica. Il parere di Raffaello Zordan
  • L'Italia celebra la Giornata della persona con Sindrome di Down. Anna Contardi (AIPD): servono migliori servizi
  • L'Orchestra al femminile "Le Muse" dedica stasera un concerto al compositore Grieg nella Chiesa valdese di Roma. Intervista con la direttrice, Laura Simionato
  • Chiesa e Società

  • In Polonia, Giornata nazionale del Papa, sul tema: “Giovanni Paolo II, difensore della dignità dell’uomo”
  • Al via a Drobeta Turnu Severin, in Romania, la nuova missione popolare dei Missionari Oblati di Maria Immacolata
  • Dieci anni senza condanne a morte: la Corea del Sud diventa abolizionista di fatto
  • Il Consiglio Ecumenico delle Chiese promuove un concorso per i giovani teologi
  • Prima edizione del premio “Per mare: al coraggio di chi salva le vite umane”, indetto dall’ACNUR
  • "L’informazione è libertà. Media, mercato, etica". Questo il tema del Convegno nazionale dell’UCSI, conclusosi ieri in Sicilia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Medio Oriente: la Rice cerca l'accordo su una bozza di documento tra israeliani e palestinesi in vista della Conferenza di pace negli Stati Uniti - Il Togo oggi alle urne, elezioni anticipate in Australia il prossimo 24 novembre
  • Il Papa e la Santa Sede



    All'Angelus, appello di Benedetto XVI per la liberazione di due sacedoti rapiti in Iraq: intervista con mons. Sleiman. Saluto in diretta tv del Papa ai pellegrini raccolti nel Santuario di Fatima per il 90.mo delle apparizioni

    ◊   Una preghiera alla Madonna - nel novantesimo anniversario delle apparizioni di Fatima - perché liberi l’umanità dalla “lebbra” della violenza e dell’odio dei quali l’Iraq, con le sue quotidiane pagine di attentati e sangue, è un esempio drammatico. Benedetto XVI, ha legato strettamente questi temi all’Angelus di stamattina, celebrato davanti ad una folla strabocchevole - che ha riempito quasi per intero Piazza San Pietro - e concluso con un accorato appello ai rapitori dei due sacerdoti siro-cattolici di Mossul. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    “Faccio appello ai rapitori perché rilascino prontamente i due religiosi e, nel ribadire ancora una volta che la violenza non risolve le tensioni, elevo al Signore un’accorata preghiera per la loro liberazione, per quanti soffrono violenza e per la pace”.

     
    Queste parole di Benedetto XVI al termine dell’Angelus suggellano, con il loro carico di preoccupazione e di speranza, un momento di preghiera che il Papa aveva intensamente dedicato, nei minuti precedenti, all’invocazione della pace e alla liberazione dell’umanità dalla “lebbra” dell’egoismo e del peccato, allo stesso modo in cui Gesù, duemila anni fa, fece con i dieci lebbrosi del Vangelo, tutti incapaci - tranne uno, uno straniero - di dimostrargli un cenno di gratitudine. La violenza dell’Iraq e dei tanti Iraq del mondo attuale è un segno, ha affermato Benedetto XVI, di un male che sfigura l’umanità dal di dentro, dal suo cuore:

     
    “La lebbra che realmente deturpa l’uomo e la società è il peccato; sono l’orgoglio e l’egoismo che generano nell’animo umano indifferenza, odio e violenza. Questa lebbra dello spirito, che sfigura il volto dell’umanità, nessuno può guarirla se non Dio, che è Amore. Aprendo il cuore a Dio, la persona che si converte viene sanata interiormente dal male”.

     
    I dieci lebbrosi guariti da Gesù sono persone guarite non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Una guarigione dunque più intima e profonda che investe la persona e la salva nel suo insieme. E tale “salvezza”, ha detto il Papa, “è ben più della salute” fisica. Il samaritano che torna da Gesù per ringraziarlo è un uomo guarito nell’anima, poiché Cristo gli dice: “La tua fede ti ha salvato”:

     
    “E’ la fede che salva l’uomo, ristabilendolo nella sua relazione profonda con Dio, con se stesso e con gli altri; e la fede si esprime nella riconoscenza. Chi, come il samaritano sanato, sa ringraziare, dimostra di non considerare tutto come dovuto, ma come un dono che, anche quando giunge attraverso gli uomini o la natura, proviene ultimamente da Dio. La fede comporta allora l’aprirsi dell’uomo alla grazia del Signore; riconoscere che tutto è dono, tutto è grazia. Quale tesoro è nascosto in una piccola parola: ‘grazie’”!

     
    E un grazie Benedetto XVI lo ha rivolto alla Madonna di Fatima, che il 13 ottobre di 90 anni fa appariva per l’ultima volta alla Cova d’Iria, in Portogallo, davanti ai tre pastorelli, Lucia, Francesco e Giacinta. In collegamento via satellite, il Papa ha rivolto un pensiero particolare al cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che nello stesso momento, a Fatima, stava presiedendo, asuo nome, la Messa celebrativa delle apparizioni:

     
    “Saluto cordialmente lui, gli altri cardinali e vescovi presenti, i sacerdoti che lavorano nel Santuario ed i pellegrini venuti da ogni parte del mondo per l’occasione. Alla Madonna chiediamo per tutti i cristiani il dono di una vera conversione, perché sia annunciato e testimoniato con coerenza e fedeltà il perenne messaggio evangelico, che indica all’umanità la via dell’autentica pace”.

     
    Nei saluti in varie lingue, al termine della preghiera mariana, Benedetto XVI ha menzionato in particolare il gruppo presente nella Piazza proveniente dalla cittadina italiana di Desio, giunto a Roma per festeggiare i 150 anni dalla nascita di Pio XI.

     
    La diretta televisiva ha portato dunque in tempo reale la voce di Benedetto XVI alle migliaia di pellegrini radunati nel Santuario di Fatima. Subito dopo l'Angelus, Eugenio Bonanata ha sentito per un commento a caldo l'inviato di Avvenire nella città portoghese, Salvatore Mazza:


    R. - E’ stata una grandissima commozione, soprattutto quando il Papa ha parlato in portoghese. Dire che è stata una giornata di grande festa non rende assolutamente l’idea di questo giorno conclusivo delle celebrazioni per il 90.mo anniversario dell’ultima apparizione. E’ veramente un po’ l’impegno di questa nuova chiesa che, nonostante la sua modernità architettonica, è estremamente calda ed accogliente. E un po’ il calore di questa gente straordinaria che c’è qui... E’ stato veramente un momento molto intenso e molto commovente.

     
    D. - Stamattina, durante la Messa, il cardinale Bertone che nell’omelia ha sottolineato il rapporto di Maria con i pastorelli...

     
    R. - Sì: ha richiamato questo rapporto e ha sottolineato la semplicità del linguaggio usato da Maria. Però ha detto: non è una semplicità che nasconde la drammaticità del significato delle parole che la Madonna affida ai pastorelli, ma anzi in qualche modo introduce i bambini alla vita, ai problemi, alle grandi problematiche. Il cardinale Bertone ha sottolineato come ancora oggi, e sempre, i bambini siano spesso d’esempio agli adulti sul modo di avvicinarsi al messaggio di Dio - ciò che Dio ci propone come modello di vita - con la loro semplicità e con la loro spontaneità. Davvero i bambini sono sono sempre capaci di dare una risposa sincera, aperta e confidente nella grazia di Dio.

     
    Il rapimento dei due sacerdoti siro-cattolici di Mossul, per la cui liberazione si è espresso questa mattina Benedetto XVI, è l'ennesimo attentato al Chiesa irachena, che condivide le sofferenze del suo popolo ma che fede i cristiani sempre più emarginati. Helene Destombes, della redazione francese della nostra emittente, ha raggiunto telefonicamente in Iraq per un commento il vescovo Jean Benjamin Sleiman, ausiliare di Baghdad dei Siri:


    R. - La situazione dei cristiani in genere, cattolici e non cattolici, rimane sempre una situazione molto precaria ma anche pericolosa. Il cristianesimo in questa zona sta veramente scomparendo. La gente se ne va via: quello che succede a uno fa paura all’altro, e quindi preferiscono andarsene. L’Iraq rischia di trasformarsi in una società invivibile, perché se fanno così con il "ramo verde" - che sono i cristiani, pacifici - cosa faranno con gli altri che non lo sono e dove i conflitti sono ancora più gravi e più violenti? Quindi, la sparizione dei cristiani dall’Iraq vuol dire che la società irachena non ha più le risorse per una vera coesistenza tra diversi.

     
    D. - L’appello del Papa questa domenica è un gesto importante per i cristiani che vivono in Iraq e per il popolo iracheno...

     
    R. - Certo. Vorrei anche suggerire, se posso, che il Papa facesse un appello anche per altre minoranze che sono schiacciate in questo Paese. Il suo è un appello molto importante: il Papa, quando parla, parla in lui la Verità, parla in lui l’amore, parla in lui la giustizia, parla in lui questo realismo nelle relazioni internazionali ma anche nelle relazioni della società stessa. Per questo il suo appello è molto importante e spero che lo ascoltino e lo rispettino, anche.

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    Apre domani a Nagasaki, in Giappone, il terzo Congresso asiatico di Pastorale dei pellegrinaggi e santuari. Il commento dell'arcivescovo, Agostino Marchetto

    ◊   "Pellegrinaggi e santuari, luoghi della speranza" è il tema del terzo Congresso asiatico di Pastorale dei pellegrinaggi e santuari, che si terrà a Nagasaki, in Giappone, dal 15 al 18 ottobre. L'appuntamento è organizzato dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, in collaborazione con l’arcidiocesi di Nagasaki. Giovanni Peduto ha chiesto al segretario del dicastero vaticano, l’arcivescovo Agostino Marchetto, quale tradizione vanti l’Asia in fatto di pellegrinaggi e santuari:


    R. - Dico anzitutto che l’Asia è il continente più vasto e popolato del mondo, mentre, fatta eccezione delle Filippine e di Timor Est, i cattolici sono ovunque in minoranza e anche minima. La tradizione di pellegrinaggi e santuari è stata comunque ben diffusa dai missionari. Fra tutti, ricordo San Francesco Saverio. Il suo zelo apostolico lo portò in India, a Goa, dove è seppellito. E là, si recano in pellegrinaggio ogni anno folle di fedeli. A Bombay, vi è il Santuario di Nostra Signora del Buon Soccorso, mentre in Cina, dove morì San Francesco Saverio, venne costruita una chiesa, meta poi di pellegrinaggi. Ricordo, inoltre, la persecuzione violenta dei cristiani in Giappone e la crocifissione di 26 di loro a Nagasaki. Il nostro Congresso si svolgerà proprio presso questo santuario dei 26 Martiri, che è meta di pellegrinaggi. Se ci riferiamo poi al Vietnam, penso a La Vang, anch'esso un Santuario nazionale. E altri, in Asia, commemorano l’inizio dell’evangelizzazione ad opera di San Tommaso Apostolo. Recente è il Santuario dedicato a Madre Teresa di Calcutta.

     
    D. - Quali sono i principali Santuari cristiani in Asia e a chi sono dedicati?

     
    R. - Oltre i menzionati in precedenza, varrà ricordare, nelle Filippine, la Basilica dedicata al Santo Niño di Cebù e in Pakistan il Santuario nazionale di Mariamabad, la città di Maria. Nello Sri Lanka, il Santuario nazionale è invece dedicato a Sant’Antonio. In Kazakhstan, esso è sotto la protezione di Maria Regina della Pace. Molti santuari del continente sono anche dedicati a Nostra Signora di Lourdes o a Nostra Signora di Fatima.

     
    D. - Quale afflusso di pellegrini si registra?

     
    R. - Parlando del numero dei pellegrini, si rischia di essere piuttosto approssimativi. Certo è che nel mondo, ogni anno, si recano ai principali Santuari alcune centinaia di milioni di persone, e se a queste si sommano coloro che fanno pellegrinaggi nei centri regionali o locali il numero dei fedeli è molto maggiore. Tra i Santuari più famosi in Asia - oltre quelli già citati - ricordiamo Vailankanni in India, dove si recano in pellegrinaggio, oltre ai cattolici, anche gli Indù e i musulmani: nelle grandi ricorrenze, l’affluenza dei pellegrini supera il milione di persone. Durante la Quaresima, poi, molti di essi vi compiono un cammino penitenziale, percorrendo a piedi fino a 400-500 chilometri.

     
    D. - Quale obiettivo vi proponete con questo Incontro?

     
    R. - Scopo fondamentale del Congresso è di far incontrare e anche di far conoscere fra loro i direttori dei pellegrinaggi e i rettori dei santuari della famiglia cattolica d’Asia, perché scambino le loro esperienze e si sostengano mutuamente nelle prove. Vi è poi l’elemento di formazione permanente. Le tre giornate di Congresso sono infatti alimentate anche dall’apporto di tre teologi e saranno occasione di arricchimento spirituale con studi, riflessioni e preghiere, nel contesto sempre del necessario dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale.

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    Terminati a Ravenna i lavori della Commissione mista per il dialogo fra cattolici e ortodossi

    ◊   “Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa: Comunione ecclesiale, Conciliarità ed Autorità nella Chiesa”. Su questo tema si sono incentrati i lavori della decima Assemblea plenaria della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, terminati oggi a Ravenna sotto la guida dei due co-presidenti, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, e il metropolita ortodosso, Ioannis di Pergamo. Lo studio dell’argomento - informa il comunicato finale della plenaria, iniziata lo scorso 8 ottobre - era stato già iniziato nella precedente plenaria svoltasi a Belgrado nel settembre del 2006. A Ravenna - si legge nel comunicato - lo studio “è stato completato ed è stato approvato un documento comune. Tale documento concordato offre una solida base per il futuro lavoro della Commissione”.

    Durante l’incontro ortodosso, il delegato del Patriarcato di Mosca ha presentato la decisione della sua Chiesa di ritirarsi dalla riunione della Commissione a motivo della presenza in essa di delegati della Chiesa d’Estonia, dichiarata “autonoma” dal Patriarcato ecumenico: uno statuto - prosegue la nota ufficiale – “non riconosciuto dal Patriarcato di Mosca, e ciò malgrado il fatto che il Patriarcato ecumenico, con l’accordo di tutti i membri ortodossi presenti, avesse offerto un compromesso, e cioè: prendere atto del non riconoscimento del Patriarcato di Mosca della Chiesa autonoma d’Estonia”. Il tema della prossima sessione plenaria sarà verterà sul “ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Oggi in Primo Piano



    L'abolizione delle "bombe a grappolo" al centro del recente convegno di Belgrado. Mons Tomasi: la comunità internazionale si accordi per vietarne l'uso e si mobiliti per aiutare le vittime

    ◊   La piaga delle "bombe a grappolo" si presenta ormai come una vera e propria emergenza internazionale. Utilizzate fin dagli anni Settanta in un gran numero di conflitti, non ultimo quello dell’estate scorsa tra Israele e Libano, le "cluster bomb" rappresentano una delle principali minacce per la popolazione civile dei Paesi colpiti. Proprio per valutare l’impatto devastante di questo tipo di ordigni e le misure necessarie per una loro eliminazione, si sono riunite nei giorni scorsi a Belgrado le organizzazioni non governative e le vittime sopravvissute alle esplosioni, provenienti da ben 22 Paesi. Secondo le stime delle organizzazioni specializzate, almeno 75 Paesi al mondo detengono tra i loro armamenti le bombe a grappolo, mentre sono 34 i Paesi che le producono. Una situazione che da sempre crea apprensione presso la Santa Sede, come ci conferma anche l'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della SantaSede presso l’ufficio ONU di Ginevra:


    R. - Queste bombe a frammentazione non esplodono subito, rimangono sul terreno e continuano a creare vittime per anni dopo essere state lanciate. Quindi, davanti a questa situazione, la comunità internazionale - spinta anche da motivazioni etiche, proposte dalla missione della Santa Sede - si sta muovendo in maniera molto costruttiva e con una risposta sempre più numerosa da parte di vari Paesi, per cercare di arrivare eventualmente ad un nuovo Trattato, complementare a quelli che già esistono, per l’eliminazione di questo tipo di bombe.

     
    D. - Quali sono in questo contesto le priorità che le organizzazioni internazionali, anche non governative, devono affrontare?

     
    R. - La comunità internazionale, le organizzazioni di volontariato, possono e devono partecipare a questo processo, che si muove su due rotaie: quella del processo di Oslo, al quale partecipano sempre più Paesi nuovi, Paesi africani, Paesi del Medio Oriente, e praticamente tutti gli Stati che devono confrontarsi con questo problema sul loro territorio. In particolare, il contributo della Santa Sede è quello di cercare di dare e di far capire che la priorità deve essere data alle vittime di questo tipo di bombe, in modo che si responsabilizzi sia lo Stato che la comunità internazionale ad aiutare non solo le vittime individuali, ma anche le loro famiglie e le comunità nelle quali queste vittime vivono. Secondo punto, si deve mettere l’accento sul fatto che, mentre lo Stato è il primo responsabile per bonificare il territorio dalla presenza di questi ordigni, è importante che la comunità internazionale mostri la sua solidarietà, sia provvedendo con tecnologia che provvedendo con mezzi e aiuti di vario tipo, per fare in modo che si possa creare un ambiente risanato dove la gente possa vivere e lo sviluppo sociale possa prendere campo.

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    Non dimenticate i terremotati del Perù: a due mesi dal sisma, l’appello del vescovo di Ica, mons. Breña Lopez

    ◊   A due mesi dal disastroso terremoto del 15 agosto scorso, le popolazioni del Perù colpite dal sisma vivono ancora in piena emergenza. Dal canto suo, la Caritas peruviana, aiutata dalla rete internazionale delle Caritas, prosegue nel suo impegno per portare aiuto ai più bisognosi. Sono 50 mila le persone assistite da Caritas Perù, che finora ha inviato nelle zone devastate quasi 2.200 tonnellate di forniture alimentari e sanitarie. Particolarmente difficili sono le condizioni di vita nel territorio della diocesi di Ica, la più colpita dal sisma. Ecco la testimonianza del vescovo, mons. Guido Breña Lopez, raggiunto telefonicamente in Perù da Alessandro Gisotti:


    R. - Siamo ancora in un momento difficile, non solo perché ancora abbiamo carenza di generi alimentari, ma anche perché la distruzione è stata grande: circa il 50 per cento delle case è distrutto, l’85 per cento a Pisco e il 50 per cento ad Ica. La gente è ancora in strada, il governo ha promesso aiuti che però ancora non arrivano. Ancora non si è fatto tutto quello che si sarebbe potuto fare, ed è già passato tanto tempo dal terremoto! L’alternativa è avere una casa provvisoria o una casa definitiva, ma la gente non ha denaro sufficiente. Come Chiesa, ci troviamo con 135 chiese cadute, tra Pisco e Ica. E’ un problema, per noi, ma continuiamo a celebrare la Messa e a impartire i Sacramenti sulla pubblica piazza o in qualche albergo, provvisoriamente...

     
    D. - Cosa sta facendo la Caritas, o la Chiesa, attraverso i suoi organismi di carità, per aiutare queste persone?

     
    R . - Noi ringraziamo Iddio ma anche il Santo Padre perché il cardinale Bertone, che è stato a Ica e a Pisco, ha lasciato 150 mila dollari da parte della Santa Sede e del Santo Padre per la regione di Ica. Anche dalla Commissione per l’America Latina ho ricevuto aiuto, ma noi a Ica abbiamo ancora tanti problemi e tante cose da risolvere e non abbiamo ancora il denaro sufficiente per ricostruire una chiesa. Anche i preti che vivono in questa zona: alcuni non hanno casa, perché è caduta la chiesa, la casa, tutto... Ma non abbiamo perso la speranza!

     
    D. - A due mesi dal terremoto, quale appello vuole rivolgere attraverso i microfoni della Radio Vaticana?

     
    R. - Grazie per le preghiere, per la solidarietà manifestata, ma la gente ancora soffre molto. Confidiamo nell’aiuto di tutti. Siamo nell’emergenza, siamo come i poveri che hanno perso quel poco che avevano. Ma adesso speriamo di essere ancora migliori, con la grazia del Signore, con l’aiuto di tanta gente che ha la possibilità di aiutare queste regioni, questa gente povera.
     Raccogliendo dunque l’appello del vescovo di Ica, vi ricordiamo che per sostenere gli interventi in corso in favore dei terremotati del Perù, si possono inviare offerte a Caritas Italiana, tramite il conto corrente postale N. 347013 (causale “TERREMOTO PERU’ 2007”)

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    In 15 anni, dal 1990 al 2005, 23 Stati africani hanno "bruciato" 290 miliardi di dollari in guerre. Lo rivela lo studio di una ONG britannica. Il parere di Raffaello Zordan

    ◊   Tra il 1990 ed il 2005, i costi delle guerre che hanno sconvolto 23 Paesi africani - circa 290 miliardi di dollari - sono stati quasi pari alle cifre devolute in aiuti internazionali. A rivelarlo è uno studio di Oxfam, importante organizzazione non governativa britannica. Il documento, dal titolo ''I miliardi perduti dell’Africa'', è stato presentato a Johannesburg in collaborazione con due altre ONG: l'International network on small arms e la Safeworld. Nel rapporto - in cui si sottolinea come 15 anni di guerra abbiano scardinato totalmente l'economia e in generale gli equilibri sociali delle Nazioni coinvolte - gli operatori riflettono su possibili altre destinazioni di quegli stessi soldi, come la prevenzione di AIDS, TBC e malaria, il reperimento di acqua potabile e la creazione di nuovi sistemi sanitari ed educativi. Ma la speranza per l’Africa non cessa. Ne è convinto Raffaello Zordan, redattore di Nigrizia, intervistato da Giada Aquilino:


    R. - Stiamo parlando di aiuti molto spesso a Stati che erano in una situazione di conflitto: sottolineo "erano", perché alcuni di questi Stati che vengono citati nel Rapporto oggi sono usciti da tale situazione. Contestualmente all’erogazione di aiuti, sono state attuate - per esempio nella Repubblica Democratica del Congo - delle politiche che hanno avuto il sostegno forte della comunità internazionale per arrivare a chiudere i conflitti e ora queste nazioni, pur tra le difficoltà, sono in una fase di transizione democratica.

     
    D. - Eppure, il traffico di armi rimane una realtà dell’Africa e non solo. Perché non è stato debellato fino a questo momento?

     
    R. - Evidentemente, non ci sono le motivazioni politiche per farlo. Per esempio, alcune lobby delle armi vogliono evitare che si sappia troppo dove girano le armi, senza contare poi che c’è un problema di flussi clandestini o di triangolazioni. Esistono cioè casi in cui si vendono armi ad un Paese che non è in guerra e quello stesso Paese poi le fa arrivare agli Stati in guerra.

     
    D. - Da una parte, il contrasto al traffico delle armi, dall’altra la lotta alle altre grandi emergenze dell’Africa: quale impegno c’è da parte degli Stati africani, oggi?

     
    R. - E’ chiaro che i temi della salute e gli altri temi di base che per noi sono scontati, lì sono più difficilmente arginabili, come epidemie, pandemie. Da un lato, ci sono difficoltà di informazione, dall’altro spesso ci si deve scontrare con popolazioni che - per tradizioni consolidate - non vanno molto d’accordo con la medicina e con l’informazione moderna. E poi, naturalmente, avendo problemi enormi davanti - come scarsità di infrastrutture, strade che non ci sono, ospedali che sono pochi - quei governi devono fare i conti con tante emergenze. Però, dal nostro osservatorio, vediamo sempre una maggiore attenzione da parte dei governi a queste problematiche, perché anche nel continente africano esistono sempre più organizzazioni, realtà della società civile, chiese, missionari che creano casi internazionali e che vanno a "bussare alle porte", cercando di sensibilizzare anche su questi temi sociali.

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    L'Italia celebra la Giornata della persona con Sindrome di Down. Anna Contardi (AIPD): servono migliori servizi

    ◊   Una vasta campagna di sensibilizzazione e una corretta informazione per debellare pregiudizi e luoghi comuni: è l'obiettivo dell'odierna Giornata nazionale della Persona con Sindrome di
    Down, promossa dal Coordinamento nazionale delle associazioni delle persone down, che in Italia sono oggi circa 38 mila. In oltre 60 città della Penisola, e in più di 200 punti d'incontro, verrà offerta una tavoletta di cioccolato del commercio equo e solidale in cambio di un contributo, allo scopo di sostenere i progetti delle associazioni. Eliana Astorri ha chiesto ad Anna Contardi, da 20 anni coordinatrice dell'Associazione italiana persone down (AIPD), quale sia la condizione delle persone affette da questa sindrome:


    R. - E’ una persona che ha una condizione genetica particolare che determina alcune caratteristiche, delle quali la più evidente è la disabilità intellettiva. Infatti, le persone con Sindrome Down sono le persone con disabilità intellettiva probabilmente più conosciute e più identificabili, nel panorama della disabilità intellettiva.

     
    D. - Perché ci sono ancora pregiudizi su queste persone? C’è ancora chi pensa che siano individui “stupidi”...

     
    R. - Secondo me, perché c’è poca conoscenza e molte persone pensano che una persona che ha la Sindrome di Down sia una persona che avrà sempre un atteggiamento di passività, che non può magari prendere iniziative, avere dei sentimenti, svolgere con buone capacità un lavoro. Mentre, ormai, l’esperienza di chi ha accettato l’incontro con queste persone ci ha permesso di capire che oggi un bambino con Sindrome Down è un bambino che va a scuola con gli altri bambini e può imparare a leggere e a scrivere, che un bambino, un adolescente con Sindrome Down possono raggiungere dei livelli di autonomia, sia pure ridotta, ma che questo permette loro per esempio di prendere un autobus e di muoversi da soli in una città, e che alcune persone adulte con Sindrome Down, sicuramente più di quelle che oggi già lo fanno, possono inserirsi produttivamente nel mondo del lavoro.

     
    D. - Qual è la posizione delle istituzioni nei confronti del sostegno alle persone con Sindrome di Down?

     
    R. - Il nostro è un Paese che ha molte leggi buone e a volte delle difficoltà di applicazione. Per quanto riguarda i bambini, il bisogno e la risposta più forte alle istituzioni è sul piano riabilitativo e sul piano dell’inserimento scolastico. Sicuramente, rispetto a ciò, in Italia abbiamo ancora delle situazioni a "macchia di leopardo": non dappertutto le due questioni vengono garantite come dovrebbero, ma probabilmente le carenze più grandi le abbiamo proprio nell’età adulta. Perché, di fatto, ci sono ancora pochi servizi che seguono gli inserimenti lavorativi e che quindi rendono pienamente attuata una legge che pure esiste ed è una legge buona sull’inserimento nel lavoro delle fasce deboli. E certamente, c’è ancora molto da fare per quanto riguarda la risposta alla residenzialità degli adulti, cioè alla possibilità per una persona adulta o perché non ha più la famiglia o perché ha desiderio di una sua vita fuori dalla famiglia, di trovare delle risposte adeguate dal punto di vista delle case-famiglia e delle comunità-alloggio.

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    L'Orchestra al femminile "Le Muse" dedica stasera un concerto al compositore Grieg nella Chiesa valdese di Roma. Intervista con la direttrice, Laura Simionato

    ◊   L’Orchestra Le Muse, un ensemble tutto al femminile diretto da Laura Simionato, si esibisce questa sera - con replica giovedì prossimo - presso la Chiesa Valdese di Roma, in un concerto dedicato al centenario della scomparsa del compositore norvegese, Edvard Grieg. La particolare sensibilità dell’originale formazione orchestrale diventa un momento di riflessione per la sua direttrice, che interpreta modernamente il ruolo della donna nel mondo dell’arte. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Nata nel 1998, l’Orchestra Le Muse è una formazione molto particolare e suggestiva: è diretta da una donna, Laura Simionato, allieva di Bruno Aprea e Teresa Procaccini, ed è composta esclusivamente da professioniste che provengono dalle più importanti orchestre romane. Grazie alla sua versatilità e sensibilità, l’Orchestra si distingue nel panorama del concertismo italiano per le sue esecuzioni particolarmente legate al clima del Romanticismo del quale sa cogliere le più profonde istanze e suggestioni. Come si coniuga lo spirito particolare di questa formazione artistica alla musica di Grieg, del quale esegue due melodie per archi e la celebre "Holberg Suite"? Laura Simionato lo spiega così:

     
    R. - Forse si avvicina di più alle nostre corde. Cerchiamo di cogliere quella sensibilità, quella suggestione, quel sentimentalismo che proprio vive in queste composizioni. Quindi, ci sentiamo in qualche modo particolarmente vicine a questo tipo di composizioni.

     
    D. - L’Unione Europea celebra nel corso del 2007 l’Anno europeo per le pari opportunità. Che cosa significa questo appuntamento in riferimento all’esperienza che lei ha avuto fino ad oggi come direttore di un’orchestra, ruolo che è quasi esclusivamente identificato come maschile?

     
    R. - Per me, ha un significato particolare e penso anche per tutte le donne che ricoprono questo ruolo. Noi troviamo una grandissima difficoltà ad inserirci negli importanti circuiti musicali, proprio per la difficoltà di vederci ricoprire questo ruolo e comunque ruoli di responsabilità. Quindi, nell’anno delle pari opportunità, chiediamo che ci sia riconosciuto questo ruolo, ci sia data la possibilità di inserirci nei circuiti importanti del concertismo ed anche in importanti enti, per ricoprire i ruoli della direzione artistica, della direzione musicale: ruoli nei quali la donna è quasi completamente assente. Ciascuna di noi ha cercato di fare un proprio percorso, ma molto spesso questo percorso è autogestito, a secondo delle capacità di ognuna di organizzarsi. E’ molto difficile, però, continuare nel percorso artistico, se poi non ci vengono offerte delle opportunità vere, nelle quali mostrare agli altri e farci in qualche modo riconoscere per le nostre capacità.

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    Chiesa e Società



    In Polonia, Giornata nazionale del Papa, sul tema: “Giovanni Paolo II, difensore della dignità dell’uomo”

    ◊   “Giovanni Paolo II, difensore della dignità dell’uomo”: su questo tema, in Polonia si celebra oggi la Giornata nazionale del Papa. La ricorrenza, giunta alla settima edizione, è organizzata dalla Fondazione Opera del Nuovo Millennio, in collaborazione con l’Azione Cattolica, la Federazione dei Club degli intellettuali cattolici, gli Scout e altre organizzazioni giovanili cattoliche. Tra le numerose manifestazioni promosse nel quadro della Giornata, figurano un mega-concerto a Varsavia, cui partecipano i principali cantautori polacchi, dal titolo: “Dignità, verità, amore. Preghiere di dubbiosi”. In corso, inoltre, dibattiti e celebrazioni liturgiche con speciali intenzioni di preghiera per la Beatificazione di Papa Wojtyła. Ieri, intanto, si è tenuta all’Università di Varsavia la Sessione scientifica internazionale sul ruolo di Giovanni Paolo II nella difesa dei diritti umani, cui è intervenuto anche mons. Pietro Parolin, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. La Fondazione promotrice della Giornata è particolarmente impegnata nell’assegnazione di borse di studio a giovani di famiglie disagiate, attraverso un fondo speciale alimentato ogni anno dalla raccolta di offerte effettuata in questi giorni da 100 mila volontari in tutta la Polonia. Negli ultimi sette anni, sono oltre 1750 i giovani provenienti da famiglie povere di aree rurali e piccole città che hanno usufruito delle borse di studio. E ieri, ha avuto luogo la cerimonia di consegna del premio “Totus tuus” nelle sue quattro categorie: promozione umana, impegno caritativo ed educativo, cultura cristiana, promozione del magistero di Giovanni Paolo II, media. (R.M.)

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    Al via a Drobeta Turnu Severin, in Romania, la nuova missione popolare dei Missionari Oblati di Maria Immacolata

    ◊   Oggi a Drobeta Turnu Severin, in Romania, durante la Messa, mons. Cornel Damian, vescovo ausiliare di Bucarest, consegnando le croci ai missionari ed affidando le lampade dei centri della Parola, ha aperto la missione popolare nella parrocchia romano cattolica dell’Immacolata Concezione. Come novità il programma della missione, promossa dai Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI), prevede il coinvolgimento diretto di tutte le famiglie nella preghiera del mattino che si svolgerà in casa. Ogni nucleo fisserà l’ora in cui tutti suoi membri, prima di partire per le diverse attività quotidiane, potranno pregare insieme. L’equipe missionaria, formata da 4 oblati di Maria Immacolata e da suor Cistina Popov delle Suore della Carità di San Giovanna Antida, da domani fino al prossimo 18 ottobre visiterà tutte le famiglie della parrocchia e ogni sera terrà i centri di ascolto della Parola. Questi incontri serali saranno ospitati da otto famiglie che riceveranno nelle loro case la gente della zona che desidera ascoltare la parola di Dio e condividere l’esperienza della fede. Diversi gli appuntamenti previsti per questa settimana nell’ambito di un progetto maturato durante il tempo della missione e cominciato il 25 marzo scorso quando il parroco, don Claudio Cojan e padre Angelo D'Addio OMI, hanno pregato e si sono impegnati insieme per discernere come rispondere pastoralmente ai bisogni spirituali della comunità. (E. B.)

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    Dieci anni senza condanne a morte: la Corea del Sud diventa abolizionista di fatto

    ◊   Non avendo ordinato da 10 anni la realizzazione di esecuzioni capitali, la Repubblica della Corea del Sud diventa un Paese “abolizionista di fatto”. I dieci anni dall’ultima esecuzione scoccheranno il 29 dicembre, ma non vi sono in programma esecuzioni nei prossimi mesi. Infatti, l’ordinamento giuridico nazionale prevede ancora la possibilità di applicare la pena di morte, ma la popolazione civile ha gradito comunque la scelta del governo di fermare le condanne. Molti osservatori in Corea del Sud sperano che l’orientamento nazionale non muti, anzi sperano si possa procedere in tempi brevi ad una completa abrogazione della pena capitale. Affinché questo accada, è necessaria l’approvazione del documento sull’abolizione da parte del Parlamento. “Spero che la Corea del sud possa compiere un ulteriore passo avanti - ha detto l’arcivescovo emerito di Seul, Stephen Kim Sou-hwan, all’agenzia Fides - divenendo un Paese che rispetta la vita umana e i diritti dell’uomo come valori supremi”. Numerose, in tutto lo Stato, le cerimonie per festeggiare questo traguardo. Secondo l’ex presidente coreano, Kim Dae-jung, “la cerimonia di dichiarare la Corea del sud abolizionista di fatto è uno dei momenti più importanti della storia del Paese”. (B.B.)

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    Il Consiglio Ecumenico delle Chiese promuove un concorso per i giovani teologi

    ◊   In occasione del 60.mo anniversario della fondazione, il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) ha organizzato un concorso di scrittura rivolto agli studenti di teologia di tutto il mondo. Per partecipare bisogna presentare un elaborato di massimo 6 mila parole, in lingua inglese, entro il 28 febbraio 2008. Come riferisce l’agenzia SIR, il titolo del tema è “Insieme per cambiare le cose. Prospettive per l’ecumenismo del XXI secolo”. I sei migliori saggi saranno presentati dagli autori in una conferenza internazionale, che si terrà in Svizzera alla fine del prossimo anno. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è stato inaugurato nel 1948, ad Amsterdam. Oggi è un organismo di primaria importanza per promuovere l’unità cristiana: riunisce 347 chiese in più di 110 Paesi e rappresenta oltre 560 milioni di cristiani. (B.B.)

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    Prima edizione del premio “Per mare: al coraggio di chi salva le vite umane”, indetto dall’ACNUR

    ◊   Assegnato il premio “Per mare: al coraggio di chi salva le vite umane”, all’equipaggio del motopeschereccio di Mazara del vallo Ofelia I. Il capitano Pietro Russo e 9 membri dell’equipaggio hanno ricevuto una medaglia d’argento ciascuno e 10 mila euro da dividere in parti uguali. Il 24 settembre 2006, l’equipaggio trasse in salvo 21 naufraghi, dispersi dopo l’affondamento della loro imbarcazione ad oltre 50 miglia da Lampedusa. Il premio, alla sua prima edizione, è stato indetto dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) in collaborazione con il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera. (B.B.)

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    "L’informazione è libertà. Media, mercato, etica". Questo il tema del Convegno nazionale dell’UCSI, conclusosi ieri in Sicilia

    ◊   Due giorni di incontri e dibattiti all’Università Kore di Enna, alla presenza di molti ospiti fra i quali autorità locali ed esperti del mondo del giornalismo. L’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI) ha organizzato in Sicilia il consueto Convegno nazionale dedicato al ruolo e alla missione dei giornalisti di ispirazione cattolica. Il tema della libertà di informazione è stato esaminato sia in funzione degli aspetti legati sia all’etica della professione - che sembra sempre più spesso necessitare di nuove regole - che al mercato, con il prodotto a metà strada fra esigenze di vendita e contenuti chiari e completi. Nel suo intervento, il vescovo di Piazza Armerina, mons. Michele Pennisi, ricordando l’importanza della formazione degli operatori dei media, ha sottolineato come nell’attuale contesto il tema della libertà venga separato da quello della verità che dovrebbe essere la guida dell’operato dei giornalisti nelle consapevolezza - ha precisato - che la verità non è un bene infuso, “ma occorre cercarla, studiarla, confrontarla con le proprie opinioni e soprattutto con la durezza dei fatti”. In questo quadro, il compito primario del giornalista di ispirazione cristiana - ha continuato mons. Pennisi - non è solo quello di formare la coscienza individuale sui grandi temi che via via si dibattono nella società come eutanasia, aborto e diritti umani, ma anche quello di confrontare questi temi con il Magistero della Chiesa. Secondo il presule, la pretesa di trasformare il lettore, il telespettatore, il radioascoltatore e l’utente di internet in soggettivo attivo pensante, anziché semplice destinatario passivo di messaggi mediatici, è il presupposto dal quale ogni giornalista cattolico dovrebbe partire per contribuire a migliorare la società. Da anni - ha affermato il vescovo di Piazza Armerina - la Chiesa italiana esorta a riflettere sulla così detta “questione antropologica”, ossia la domanda su che cosa significhi essere uomo. Una problematica, questa, che si inserisce nella questione più ampia della verità, con cui tutti - credenti e non - devono confrontarsi. Come si legge nel Direttorio Comunicazione e Missione: “i media, ampliando a dismisura le capacità comunicative e relazionali, possono favorire un nuovo umanesimo o generare una drammatica alienazione dell’uomo da sé e dagli altri”. Ed è proprio qui che si delinea il compito educativo che per mons. Pennini è “volto anzitutto a ritrovare nella persona umana l’interlocutore privilegiato di una società che voglia interagire con la cultura dei media senza regredire a massa anonima o peggio ancora a semplice Auditel”. Ed è qui - ha concluso - “che si inserisce per tradizione il giornalismo cattolico italiano, che ha avuto un peso determinante nella formazione di generazioni di laici impegnati nella difesa della dignità e dei diritti della persona umana. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Medio Oriente: la Rice cerca l'accordo su una bozza di documento tra israeliani e palestinesi in vista della Conferenza di pace negli Stati Uniti - Il Togo oggi alle urne, elezioni anticipate in Australia il prossimo 24 novembre

    ◊   Dopo la missione fallimentare in Russia sullo scudo spaziale, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, è giunta in Israele per un nuovo round di colloqui in vista della conferenza di pace sul Medio Oriente, fissata per metà novembre negli Stati Uniti. Il nostro servizio:
     
    Trovare un’intesa tra israeliani e palestinesi su un documento comune da discutere poi nel vertice di novembre nel Maryland. E’ l’arduo compito che attende Condoleezza Rice, sbarcata a Tel Aviv insieme al ministro della difesa Robert Gates, e ormai abituata alle missioni difficili dopo l’infruttuosa tappa in Russia che non ha prodotto alcuna apertura del Cremlino sullo scudo anti-missile statunitense nell’est europeo. Il segretario di Stato americano ha escluso “sviluppi sostanziali” tra israeliani e palestinesi ed ha parlato di contatti che “attraversano una fase delicata”. Sul tavolo, restano infatti molti nodi cruciali come i confini del futuro Stato palestinese, lo status dei Luoghi santi e la questione dei profughi. Temi che scoraggiano il premier israeliano Olmert, che proprio oggi, durante una seduta del governo, ha espresso incertezza sulla possibilità di definire un documento congiunto prima della conferenza del mese prossimo. Sempre oggi, Olmert ha cambiato il capo negoziatore con l’Autorità Nazionale Palestinese ed ha scelto il ministro degli Esteri, Tzipi Livni. Sono dunque cinque i giorni di visita per la Rice, nella cui agenda è presente anche un colloquio con gli esponenti del partito conservatore israeliano “Shas” che si oppone a qualsiasi cessione del territorio. Un tema caro al segretario di Stato americano che, in volo verso Tel Aviv, ha parlato degli espropri in Cisgiordania come provvedimenti che incrinano la fiducia delle parti che discutono dei due Stati: palestinese e israeliano. Altro arduo compito della Rice è quello di ottenere l’appoggio dei Paesi arabi più moderati; sono infatti previste tappe in Giordania ed in Egitto. Una missione sulla quale pesa l’invito della Guida iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei di disertare il vertice. Un appello già raccolto da Hamas e dalla Siria.

    - Ancora vittime tra i civili in Iraq. In un attentato kamikaze avvenuto a Samarra, 8 persone sono rimaste uccise e altre 4 ferite. Le forze americane hanno liberato un ostaggio iracheno a nord di Baghdad, i suoi rapitori sono stati arrestati. L’operazione è avvenuta martedì scorso ma lo si è appreso solo oggi. Non hanno provocato invece né vittime né feriti i colpi sparati dall’artiglieria turca contro il villaggio di Nezdoor, nella provincia irachena di Dahuk. Un episodio che arriva alla vigilia della ratifica, da parte del parlamento di Ankara, del via libera alle operazioni militari oltre confine contro i militanti curdi del PKK.

    - Giornata di elezioni legislative in Togo. Quasi tre milioni di cittadini sono chiamati a scegliere 81 deputati del Parlamento tra duemila candidati appartenenti a 32 partiti politici. Tra i maggiori: la formazione legata al defunto presidente Eyadema, alla guida del Togo dal 1967 e scomparso in modo improvviso nel 2005, e “l’Unione delle forze per il cambiamento”, partito dell’opposizione guidato da Olympio. Sono oltre tremila gli osservatori nazionali e internazionali che vigileranno sul voto. Seimila gli agenti che garantiranno il regolare svolgimento delle elezioni.

    - Australia al voto anticipato il prossimo 24 novembre. Lo ha annunciato il primo ministro John Howard che, nei sondaggi, è in forte ribasso anche se tenta la corsa al quinto mandato. Buon andamento dell’economia e bassissimo tasso di disoccupazione sono i due elementi sui quali Howard punta per battere Kevin Rudd, numero uno del partito laburista. Il leader del centrosinistra spinge invece sulle politiche ambientaliste e nel suo programma trova spazio anche il ritiro delle truppe di Canberra dall’Iraq. Da sempre alta l’affluenza alle urne perché il voto in Australia è obbligatorio.

    - Grosso calo di popolarità per i laburisti britannici. Secondo un sondaggio, commissionato dal quotidiano “Sunday Telegraph”, il partito del premier Gordon Brown è indietro di sette punti rispetto ai conservatori, mai così avanti negli ultimi 15 anni. Consolazione personale per l’inquilino di Downing Street che viene giudicato dagli elettori più adatto alla guida del Paese rispetto al suo avversario David Cameron.

    - Undicimila seggi aperti in tutta Italia, a partire dalle 7 e fino alle 20, per le primarie del Partito Democratico. Cinque i candidati alla guida del nuovo soggetto politico, sembra favorito nella corsa l’attuale sindaco di Roma Walter Veltroni. Tutti possono votare, basta aver compiuto 16 anni e versare un euro, per gli stranieri è necessario presentare il regolare permesso di soggiorno. Esprimendo la propria preferenza si sceglierà sia il segretario del Partito democratico ma anche l’assemblea costituente incaricata di redigere lo statuto e il programma della nuova formazione politica. Secondo dati parziali, sono oltre 60 mila le persone che si sono recate alle urne.

    - E’ ripreso il collegamento ad Internet in Birmania, dove la Giunta militare ha ridotto a quattro ore il coprifuoco nella città di Yangon, teatro delle proteste antigovernative. Proseguono però gli arresti, secondo alcune organizzazioni umanitarie, ieri sei dissidenti sono stati fermati. Saranno probabilmente esaminate domani, nella riunione mensile dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea, le sanzioni economiche nei confronti della Birmania. C’è ancora incertezza sui tempi perché la presidenza di turno portoghese non intende intralciare i piani delle Nazioni Unite, che ha inviato nuovamente in Asia, Ibrahim Gambari. L’emissario dell’ONU farà tappa in Thailandia, Malesia, Indonesia, India, Cina e Giappone prima di tornare a Yangon per la seconda volta in poche settimane. Intanto, la Birmania comincia ad avvertire le conseguenze della repressione sul suo apparato economico: le principali compagnie aeree hanno infatti cancellato numerosi voli verso il Paese asiatico.

    - “Siamo nella fase decisiva per i negoziati sul futuro status del Kosovo”. E’ quanto ha precisato il capo dei mediatori dell’Unione Europa, Wolfgang Ischinger, prima dell’avvio dei colloqui a Bruxelles tra i rappresentanti di Pristina e Belgrado. Ischinger ha però definito “irreale” un accordo tra serbi e albanesi sulla provincia sotto amministrazione NATO perché le posizioni sono rimaste “troppo distanti”.

    - E’ durato quattro ore l’incontro ieri tra il leader cubano, Fidel Castro, ed il presidente venezuelano, Hugo Chavez, giunto in visita all’Avana. Pochi i dettagli del colloquio, durante il quale i due esponenti politici hanno ricordato la figura di Ernesto “Che” Guevara a 40 anni dalla sua morte. Castro, 81 anni, non appare in pubblico dal 26 luglio 2006, quando ha passato i poteri al fratello Raul in seguito al peggioramento del suo stato di salute.

    - Potrebbe aggravarsi il già pesante bilancio del crollo di un palazzo nell’est dell’Ucraina, causato da una fuga di gas. I morti sono 13 e 23 i feriti, ma almeno altre 21 persone sono disperse.

    - Nuova fiammata di violenza in Sri Lanka. Nei combattimenti tra ribelli e forze governative, scoppiati in diverse province del Paese, undici guerriglieri e un soldato sono rimasti uccisi. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 287
     
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