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SOMMARIO del 08/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI al Capitolo della Basilica di San Pietro: rendetela sempre più un luogo di preghiera e di adorazione, a testimonianza per chiunque la visiti
  • Altre udienze
  • Benedetto XVI riconsegna all’uomo di oggi la centralità del Vangelo: così, il vescovo di Castellaneta, Fragnelli, commenta le parole del Papa all’Angelus domenicale
  • Si apre a Ravenna la plenaria della Commissione mista cattolico-ortodossa per il dialogo teologico
  • Padre Lombardi: nessun coinvolgimento del Vaticano nei progetti del Centro Sportivo Italiano con l'Ancona Calcio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sgomento e paura nella comunità cristiana di Gaza dopo l’uccisione di un giovane evangelico
  • Oltre 200 mila persone ieri alla Marcia della Pace Perugia Assisi
  • Mons. Comastri: il Rosario, una preghiera semplice e profonda che affratella tutti
  • Chiesa e Società

  • Agli ‘ingegneri del DNA’ Mario Capecchi, Oliver Smithies e Martin Evans il Premio Nobel per la Medicina 2007
  • Almeno 66 i morti e 18 dispersi a causa del tifone Lekima, che si è abbattuto sul Vietnam
  • Sale l’allarme colera in Iraq. L’epidemia scoppiata ad agosto ha varcato i confini con l’Iran
  • Il primate della Comunione anglicana Rowan Williams denuncia la “sofferenza straziante” dei profughi iracheni
  • Dopo la celebrazione della Settimana per la difesa e la promozione della Vita, il Brasile dedica la giornata di oggi al nascituro
  • I cattolici di Santo Domingo si mobilitano contro l’aborto, in difesa della vita
  • Testamento biologico ed eutanasia: al centro dei lavori del 23. mo Congresso nazionale dell’AIPaS, che si aprirà oggi pomeriggio a Collevalenza, in Umbria
  • Saranno beatificati il 24 novembre, a Nagasaki, i 188 martiri cattolici giapponesi uccisi nel XVII secolo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il presidente pakistano giunto illeso in Kashmir, dopo l’incidente all’elicottero della scorta, costato la vita a 4 militari – Scontri all’Università di Teheran tra studenti che contestavano il presidente e sostenitori di Ahmadinejad
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI al Capitolo della Basilica di San Pietro: rendetela sempre più un luogo di preghiera e di adorazione, a testimonianza per chiunque la visiti

    ◊   Rendere la Basilica di San Pietro sempre più “un luogo di preghiera, di adorazione e di lode al Signore”. E’ un vero e proprio mandato quello che Benedetto XVI ha affidato stamattina ai componenti del Capitolo della Basilica papale vaticana, istituzione millenaria che da quasi dieci secoli cura gli aspetti liturgici, caritativi, pastorali e amministrativi della Chiesa-simbolo della cristianità. I particolari dell’intervento del Papa nel servizio di Alessandro De Carolis:


    Il vostro impegno “professionale” è la preghiera. Tra le innumerevoli incombenze che occupano la quotidianità del Capitolo della Basilica di San Pietro, Benedetto XVI ha dato il massimo rilievo all’orazione. E’ questo il “ministero” originario del Capitolo, ha affermato il Papa nell’udienza ai canonici e ai coadiutori facenti parte di questa antica istituzione, guidati dall’arciprete della Basilica, l’arcivescovo Angelo Comastri. Antica istituzione che risale al 1053 e che deve le sue origini a Leone IX e più ancora a Eugenio IV, che 150 anni più tardi permise al Capitolo di assumere - ha ricordato il Papa - l’aspetto di una “comunità ben strutturata e autonoma”, passando gradualmente da un modello monasteriale all’attuale struttura canonicale. In quasi mille anni, il Capitolo si è occupato del campo liturgico e dei servizi annessi al culto nella Basilica vaticana, dell’amministrazione del suo patrimonio, della cura pastorale del Rione Borgo, della carità verso l’ospedale Santo Spirito e altre istituzioni. Ma negli ultimi anni, ha osservato Benedetto XVI, si è tornati “progressivamente” all’antico, al ministero originario della preghiera, già definito un mese fa dal Pontefice, durante la sua visita all’Abbazia austriaca di Heiligenkreuz, “un servizio al Signore” e “una testimonianza per gli uomini”:

     
    “Ecco quale è la natura propria del Capitolo Vaticano e il contributo che da voi attende il Papa: ricordare con la vostra presenza orante presso la tomba di Pietro che nulla va anteposto a Dio; che la Chiesa è tutta orientata a Lui, alla sua gloria; che il primato di Pietro è al servizio dell'unità della Chiesa e che questa a sua volta è al servizio del disegno salvifico della Santissima Trinità”.
     
    Mons. Comastri, nel suo indirizzo di saluto al Papa, aveva ribadito l’impegno del Capitolo ad essere “corona di orazione incessante e di comunione leale e profonda con Pietro, che oggi – ha detto - ha il nome di Benedetto XVI”. E il Papa ha accolto questa riconfermata fedeltà, apprezzando lo “zelo” mostrato da canonici ed esortandoli “affinché - ha auspicato - la Basilica di San Pietro possa essere un autentico luogo di preghiera, di adorazione e di lode al Signore”:

     
    “In questo luogo sacro, dove giungono ogni giorno migliaia di pellegrini e turisti da tutto il mondo, più che altrove è necessario che accanto alla tomba di Pietro vi sia una comunità stabile di preghiera, che garantisca continuità con la tradizione e al tempo stesso interceda per le intenzioni del Papa nell'oggi della Chiesa e del mondo”.

     
    Benedetto XVI, che ha sottolineato la collaborazione esistente tra l'istituzione capitolare e la Fabbrica di San Pietro, ha concluso l’udienza invocando sul Capitolo la protezione di San Pietro, di San Giovanni Crisostomo - “le cui reliquie - ha rammentato - sono conservate proprio nella vostra Cappella, e degli altri Santi e Beati presenti nella Basilica” - e la protezione della Vergine Immacolata, “la cui effigie da voi venerata nella Cappella del Coro - ha concluso il Papa con uno sguardo alla storia e all’arte sacra - venne incoronata dal Beato Pio IX nel 1854 e circondata di stelle cinquanta anni dopo, nel 1904, da San Pio X”.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in successive udienze: mons. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente della Conferenza episcopale italiana; mons. Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana, presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, con il vice-presidente, mons. Luiz Soares Vieira, arcivescovo di Manaus, e con il segretario generale, mons. Dimas Lara Barbosa, vescovo tit. di Megalopoli di Proconsolare, ausiliare di São Sebastião do Rio de Janeiro; la delegazione del World Jewish Congress, guidata dal suo presidente, Ronald S. Lauder, il segretario generale Michael Schneider e il vice-segretario generale Maram Stern. In fine mattinata il Papa ha ricevuto il senatore Marcello Pera.

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    Benedetto XVI riconsegna all’uomo di oggi la centralità del Vangelo: così, il vescovo di Castellaneta, Fragnelli, commenta le parole del Papa all’Angelus domenicale

    ◊   “L’annuncio del Vangelo resta il primo servizio che la Chiesa deve all’umanità”: è il forte richiamo che Benedetto XVI ha pronunciato ieri all’Angelus domenicale. Un impegno, ha proseguito, necessario “per offrire la salvezza di Cristo all’uomo del nostro tempo, in tante forme umiliato e oppresso, e per orientare in senso cristiano le trasformazioni culturali, sociali ed etiche che sono in atto nel mondo”. Su queste parole del Pontefice, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di Castellaneta, Pietro Maria Fragnelli:


    R. - Il dono che il Papa ci ha fatto con questa riflessione, che viene a confermare tutto il Magistero del Santo Padre, sottolinea in ogni occasione l’importanza di riconsegnare il Vangelo all’uomo di oggi. Questo è il primo servizio e noi sappiamo che dall’apertura del cuore degli uomini e delle istituzioni al Vangelo dipende anche il cammino vero della pace. L’apertura al Vangelo è sorgente di pace. Il messaggio che il Papa ci consegna con le parole dell’Angelus è anzitutto un atto di fede nella forza del Vangelo, che apre i cuori e le istituzioni ad un senso forte della dignità dell’uomo.

     
    D. – Il Papa, ancora una volta, mette l’accento sull’origine, sulla fonte della nostra fede. Pensiamo anche al ciclo di catechesi del mercoledì sugli Apostoli ed ora sui Padri della Chiesa...

     
    R. – Il Papa continuamente richiama la nostra attenzione sul fatto che in tutti i secoli della storia cristiana è avvenuto questo servizio, primo servizio di annuncio del Vangelo, un primo servizio che è stato svolto in un modo specifico, illuminato e illuminante dai Padri della Chiesa. Questo richiamo costante che il Papa fa ai grandi catechisti della storia cristiana, ci incoraggia, ci infonde fiducia a non avere paura di fronte alle difficoltà del momento presente, di fronte alla crisi delle istituzioni, le diverse istituzioni sociali, pedagogiche, economiche.

     
    D. – Come testimoniare oggi, soprattutto ai più giovani, la gioia che deriva dal mettersi al servizio di Gesù?

     
    R. – Penso che sia molto importante presentare testimonianze positive dell’oggi, non solo dei grandi catechisti del passato ma anche dei grandi testimoni di Gesù Risorto dell’oggi, coloro che pagano personalmente il prezzo, per esempio, del dialogo impegnativo con culture nuove che si affacciano nello scenario universale nel quale siamo chiamati a testimoniare la fede. Tutto questo ha un linguaggio convincente che i giovani sicuramente sono pronti ad accogliere. Noi vogliamo per questo dire grazie anche al Papa che non smette di ricordare il 50.mo anniversario della Fidei Donum che è in sostanza un’opportunità importante per ridare visibilità a tanti missionari e missionarie che hanno tessuto la speranza tra le diverse chiese del mondo in questi ultimi 50 anni.

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    Si apre a Ravenna la plenaria della Commissione mista cattolico-ortodossa per il dialogo teologico

    ◊   Si apre questa sera a Ravenna la 10.ma Assemblea plenaria della “Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme”, organismo istituito da Giovanni Paolo II e dal Patriarca Ecumenico Dimitrios I il 30 novembre 1979, festa di Sant’Andrea, Patrono della Chiesa di Costantinopoli. La Commissione - composta da 30 membri ortodossi e da altrettanti rappresentanti cattolici - è attualmente impegnata nello studio del documento dal titolo “Conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa – Conciliarità e Sinodalità nella Chiesa”. L’incontro si apre ufficialmente alle 19.30 con la Liturgia dei Vespri nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe, presieduta dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia, mons. Giuseppe Verucchi, con la partecipazione dei rappresentanti cattolici e ortodossi. Al termine della sessione verrà emesso un comunicato per informare sullo svolgimento dei lavori. Ma come procede il dialogo teologico tra ortodossi e cattolici? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Eleuterio Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e co-segretario cattolico della Commissione mista:


    R. – E' necessario fare dei progressi. Probabilmente il tema preciso del ruolo del Papa nella Chiesa non sarà esaurito in questa sessione, ma è necessario porre dei presupposti concordati, comuni, per cui si possa discutere il problema. Già nel documento di Valamo, nel 1988, si era detto che è nella prospettiva della comunione tra le Chiese locali che potrebbe essere affrontato il tema del primato nell’insieme della Chiesa, e in particolare quello del primato del Vescovo di Roma. E’ in questa linea e in questa prospettiva che si spera di poter fare dei progressi nella comprensione e negli accordi.

     
    D. – Cosa fare allora per una migliore comprensione reciproca tra cattolici e ortodossi?

     
    R. – Questo dialogo ha sottolineato due aspetti: la dimensione del dialogo della carità e quello teologico, che è proprio della Commissione mista. Il dialogo della carità si è svolto con grande profitto e ha creato le condizioni per progredire anche nel dialogo della verità, nel dialogo teologico. Attualmente, in questo dialogo della carità partecipano molte Chiese locali. Noi leggiamo dalla stampa iniziative che promuovono contatti tra diocesi cattoliche e diocesi ortodosse, fra facoltà teologiche cattoliche e ortodosse. Di recente, nel mese di settembre, si è tenuto a Tinos un incontro tra l’Istituto di spiritualità francescana della Pontificia Università Antonianum e la Facoltà teologica dell’Università Aristotele di Salonicco. La ricerca inoltre che si fa negli istituti teologici specifici e l’insegnamento che avviene nelle facoltà teologiche cattoliche e ortodosse possono dare un grande contributo per l’approfondimento delle relazioni. Quindi, ci sono delle relazioni di fraternità tra le Chiese, come espresso in modo generale, comprendendo anche i protestanti a Sibiu, nella terza Assemblea ecumenica europea, ed in altre iniziative di questo tipo che riguardano i rapporti di fraternità e di aiuto. E all’interno del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani noi abbiamo un comitato cattolico di collaborazione culturale con le Chiese ortodosse, che offre borse di studio ad ortodossi per la specializzazione in facoltà teologiche cattoliche. Anche questo è un aspetto, uno strumento per una migliore comprensione.

     
    D. – Mons. Fortino, una maggiore armonia tra cattolici e ortodossi può favorire il dialogo anche con le Chiese protestanti?

     
    R. – Quando è stato dichiarato aperto il dialogo teologico cattolico-ortodosso nel 1979, quando Papa Giovanni Paolo II ha fatto visita al Patriarcato ecumenico, ed è stata resa nota la Commissione mista, i nomi della Commissione mista cattolico-ortodossa, è stato detto che si sperava che questo dialogo potesse aiutare anche gli altri dialoghi aperti nel mondo fra la Chiesa cattolica ed altre Chiese e comunità ecclesiali, e fra altre Chiese tra di loro in cui non era impegnata la Chiesa cattolica. Io credo che la ragione sia progredire nella visione di un modello di unità fra cattolici e ortodossi che rispetti l’unità nella fede, nei sacramenti e nella organizzazione gerarchica. Questo contribuirà ed influirà almeno sulle esigenze presenti in tutti gli altri dialoghi.

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    Padre Lombardi: nessun coinvolgimento del Vaticano nei progetti del Centro Sportivo Italiano con l'Ancona Calcio

    ◊   L’Ancona Calcio, società italiana di serie C1 e il Centro Sportivo Italiano, hanno concluso un accordo che prevede l’applicazione di un codice etico nella conduzione della società marchigiana, con un nuovo modello di gestione finanziaria, e, tra l’altro, la diffusione della cultura sportiva tra i tifosi ed il sostegno ad iniziative sociali nel Terzo Mondo. In cambio, il C.S.I. si impegna a rafforzare l’Ancona con la ricerca di sponsor per la squadra. La stampa,  italiana e straniera,  ha attribuito l’iniziativa al Vaticano e alla Conferenza episcopale italiana, sottolineando inoltre come il “progetto Ancona” possa “essere il viatico per l’allestimento da parte del Vaticano di una nazionale Vaticana”. Luca Collodi ha chiesto a padre Federico Lombardi, direttore generale della Radio Vaticana e della Sala Stampa della Santa Sede, se il Vaticano e gli stessi vescovi italiani sono coinvolti nell’iniziativa:


    R. – A me sembra che il Vaticano e la Conferenza episcopale italiana non c’entrino assolutamente niente. Ci sono delle iniziative che hanno delle finalità positive ed apprezzabili e se le intenzioni che sono state dichiarate possono effettivamente realizzarsi, questa è certamente una cosa buona. Ma da qui al fatto di attribuire l’iniziativa o la responsabilità di una iniziativa al Vaticano e alla Conferenza episcopale, diciamo che ce ne passa. Il Vaticano proprio non c’entra assolutamente nulla e, per quanto mi consta, neppure la Conferenza episcopale italiana. Forse il vescovo di Ancona ne è stato informato, ma a cose – diciamo – già impostate. Non bisogna, quindi, attribuire alla Chiesa delle responsabilità che non ha, anche se può vedere positivamente degli impegni di laici cattolici impegnati nei vari campi, compreso quello dello sport.

     
    D. – Mercoledì prossimo, la società Ancona Calcio parteciperà all’udienza del Papa. Che significato può avere?

     
    R. – Alle udienze generali partecipano tutte le persone che hanno chiesto di venire ad ascoltare, a vedere il Santo Padre ed anche a salutarlo. Fra questi, di tanto in tanto ci sono anche dei gruppi di sportivi. Così anche per questa udienza di mercoledì se sarà presente la squadra dell’Ancona, che ha chiesto di essere ricevuta, perché non farla essere presente? Non è che con questo il Papa abbia sponsorizzato o abbia preso responsabilità sul funzionamento dello squadra.

     
    D. – Padre Lombardi, dal sito del Centro Sportivo Italiano del Comitato Provinciale di Roma si legge che “il progetto Ancona Calcio potrebbe essere il viatico per l’allestimento da parte del Vaticano di una nazionale vaticana, come - si legge – da tempo nei sogni del cardinale Bertone”…

     
    R. – Io credo che il cardinale Bertone avesse fatto una battuta spiritosa su questo, in una delle occasioni in cui ha parlato – come sappiamo – positivamente dell’aspetto educativo, dei valori positivi che ci possono essere nello sport ed anche in particolare nel mondo del calcio. Non mi risulta, però, che ci sia nessuna iniziativa seria in questo senso. Il calcio in Vaticano ha pure una sua storia come forma di incontro e di animazione comunitaria fra il personale delle diverse istituzioni, ma di qui a pensare ad una nazionale vaticana, che entri nel campo agonistico, ce ne va e mi pare che siano favole.

     
    D. – Perché la stampa dà queste notizie che sono poi, in qualche modo, ridimensionate e addirittura sono a volte non vere e perché la Chiesa, i vescovi e il Papa si ritrovano spesso a “sponsorizzare” iniziative che non sono loro?

     
    R. – Mi sembra che sia una dinamica abbastanza comune, quella di dare notizie che suscitano una certa curiosità e che possono apparire originali e, quindi, richiamano l’attenzione. Se sono poi coinvolte anche personalità della Chiesa o istituzioni della Chiesa, questo contribuisce alla curiosità. Quando si va poi a vedere veramente di cosa si tratta, si vede però che nella grandissima parte dei casi il fondamento non c’è. Quindi se vediamo le cose nella loro obiettività vengono ridimensionate, senza bisogno di fare particolari tragedie o di essere particolarmente sorpresi se questo avviene.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Ottobre 2007: il Rosario per la pace nelle famiglie, nelle Nazioni e nel mondo intero. All'Angelus il Papa raccomanda ai fedeli la recita quotidiana della corona mariana nel mese in cui la Chiesa celebra la Giornata missionaria mondiale.

    Servizio estero - Iraq: il presidente Talabani prospetta la possibilità di un ritiro di 100.000 soldati USA entro la fine del 2008.

    Servizio culturale - Un articolo di Marco Testi dal titolo "La geografia di Carlo Emilio Gadda": un convegno a cinquant'anni dalla pubblicazione di "Quer pasticciaccio brutto di via Merulana".

    Servizio italiano - In rilievo il tema della scuola.

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    Oggi in Primo Piano



    Sgomento e paura nella comunità cristiana di Gaza dopo l’uccisione di un giovane evangelico

    ◊   C’è sgomento nella piccola comunità cristiana della Striscia di Gaza per l’uccisione di un giovane cristiano evangelico, Rami Ayyad. L’uomo era stato rapito sabato e ieri il suo corpo senza vita è stato ritrovato nei pressi di una moschea. L’episodio ha provocato sconcerto anche tra gli ambienti dei fondamentalisti di Hamas, che, attraverso l’ex premier Haniyeh, hanno espresso il loro cordoglio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Sull’assassinio ci sono, al momento, solo alcuni elementi certi: il giovane è stato rapito all’uscita della Libreria protestante che dirigeva nel rione Zaitun, nel centro di Gaza ed è stato ucciso in modo brutale. Il gruppo radicale Hamas, che controlla la Striscia di Gaza ha subito condannato l’omicidio e assicurato che saranno presi i responsabili di questo efferato crimine. Il delitto fa crescere i timori per nuovi episodi di violenza contro l’esigua comunità cristiano-palestinese. Prima della morte del giovane, ci sono state anche gravi intimidazioni. Il custode di Terra Santa, padre Pizzaballa, non ritiene comunque che ci sia una persecuzione contro i cristiani come in Iraq. Si tratta- ha detto all’Agenzia SIR - di schegge impazzite che vogliono accreditarsi agli occhi di strati della popolazione musulmana”. Di questa opinione è anche mons. Fuad Twal, arcivescovo coadiutore del Patriarcato latino di Gerusalemme, che sottolinea come la città di Gaza sia in preda, al momento, ad un caos totale. “Nonostante una situazione così grave – ha aggiunto – continuiamo, come cristiani, a lavorare per la pace, la giustizia, il dialogo e la convivenza in questa terra”. Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha dichiarato che l’assassinio è una pessima notizia; “non solo perché ogni violenza è da condannare, ma anche perché si può trattare di un fatto di grave intolleranza religiosa da parte di integralisti musulmani in una regione dove tensioni e violenze sono all’ordine del giorno”. Padre Lombardi ha espresso poi il timore che le violenze si aggravino. Un timore, questo, condiviso anche da padre Manuel Musallam, l'unico sacerdote cattolico a Gaza, raggiunto telefonicamente nella città palestinese:


    R. – I cristiani a Gaza hanno paura, perchè è la prima volta che un cristiano viene ucciso in questo modo in Palestina. I musulmani, generalmente, sono nostri amici. Noi abbiamo molti incontri con loro. Oggi ho incontrato due ministri di Hamas, che sono venuti a trovarmi nella scuola delle Suore del Rosario, che è stata attaccata e incendiata. La scuola è stata riparata e i due ministri sono venuti a portare la loro solidarietà ai cristiani.

     
    D. – Come i musulmani considerano i cristiani che vivono nella Striscia di Gaza?

    R. – Noi siamo palestinesi, siamo cristiani di Palestina, e i musulmani conoscono benissimo questa realtà, anche quando parlano della nostra situazione. Ai cristiani che vivono al di fuori - italiani, europei, americani, di tutto il mondo – dicono che sono “i crociati”, un popolo che non amano. Ma a noi della Palestina ci chiamano “cristiani” e questa parola fa la differenza tra noi e i cristiani che vivono fuori. Non è mai successo niente del genere ai cristiani prima di ieri. E’ la prima volta che vediamo una cosa del genere. Anche i musulmani sono rimasti esterrefatti.

     
    D. – Perchè, in questo clima di rispetto, il fanatismo colpisce anche i cristiani?

     
    R. – La situazione generale a Gaza sollecita il fanatismo: c’è fame, paura, guerra; non c’è lavoro, non c’è elettricità, non ci sono medicine. Quindi, ci sono fanatici che parlano di proselitismo, ma non è una situazione generale.


    E sull’uccisione dell’esponente della comunità cristiana di Gaza, Charles Collins ha raccolto il commento di padre David Jaeger della Custodia Francescana di Terra Santa:


    R. – Si vede che ancora oggi ci sono coloro che rischiano la propria vita, pur di rendere testimonianza a Cristo Salvatore dell’umanità. Ci si domanda, poi, se questo fatto significhi che la piccolissima comunità cristiana nella Striscia di Gaza sia in pericolo imminente. D’altra parte, non è chiaro fino a che punto gli esponenti di Hamas siano in grado di controllare la Striscia e i tanti gruppi armati ed estremisti che vi si trovano. Ci si deve affidare, però, alle autorità religiose cristiane locali per dare una risposta più accurata su questo punto. Qualcuno mi ha domandato se non era vero che il giovane ucciso, con la sua testimonianza aperta abbia suscitato troppa ira negli oppositori della religione cristiana. Ho risposto: “Forse. Ma non ha fatto lo stesso Gesù Cristo?”. Anche Gesù Cristo, infatti, se non avesse provocato tanto le autorità del suo tempo, avrebbe salvato la vita. Quindi, questo modo di dare colpa alla vittima non è certamente ammissibile, soprattutto non nel contesto del discorso cristiano.

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    Oltre 200 mila persone ieri alla Marcia della Pace Perugia Assisi

    ◊   “Tutti i diritti per tutti”. Questo lo slogan scelto dagli organizzatori della 17.ma Marcia della Pace Perugia - Assisi, alla quale hanno preso parte, ieri, oltre 200 mila persone. Ai partecipanti è giunto anche il messaggio di Benedetto XVI che ha “rinnovato l'appello alla comunità internazionale per una pacifica soluzione dei conflitti nelle varie regioni del mondo”. Il Papa ha auspicato, inoltre, “che l'esempio evangelico di San Francesco susciti nei credenti rinnovata coscienza della preziosa realtà della pace quale dono di Dio ed esigente dovere di ciascuno”. Al termine della marcia, Gabriella Ceraso ha chiesto un commento ad Andrea Olivero presidente nazionale delle ACLI. Ascoltiamo:


    R. – La marcia per la pace è una marcia per l’impegno, una marcia di spiritualità, anche laica. Ci sprona tutti a dare qualcosa di noi stessi, alla luce di quello che abbiamo visto in Birmania nelle scorse settimane.

     
    D. - Come è stato recepito da voi l’appello del Papa alla pace quale dono di Dio e esigente dovere di ciascuno, secondo l’esempio di San Francesco?

     
    R. – E’ stato certamente un grande dono. L’esempio di Francesco è un esempio calzante di un uomo che ha fatto della pace la sua vita, non soltanto uno slogan. Ci siamo sentiti davvero legati al Papa, che ha voluto ricordarci che dobbiamo impegnarci, dobbiamo realizzare questo umanesimo planetario.

     
    D. – I molti giovani presenti quanto hanno fatto loro il messaggio dei diritti umani e quanto sono pronti ad impegnarsi?

     
    R. – Credo che ci sia una voglia di darsi da fare. Molte volte non ci sono esempi per loro chiari e sono disorientati su quali possano essere le strade. In queste ore, abbiamo visto tanti giovani impegnarsi, camminando ma anche portando loro esperienze. A questi giovani dobbiamo dare più proposte.

     

    E alla Marcia della Pace era presente anche una delegazione di giovani del Kenya guidata da padre Kizito Sesana, missionario comboniano. Stefano Leszczynski lo ha intervistato.


    R. – Ho visto con piacere, rispetto al passato, che c’erano meno uomini politici. Credo che la marcia dovrebbe sottolineare – e ieri lo ha fatto – che la pace è un diritto di tutti. La pace assolutamente non ha colore; la pace è l’aspirazione fondamentale della maggioranza delle persone nel mondo. Noi abbiamo fatto una marcia della pace, tre settimane fa a Nairobi, e abbiamo avuto la partecipazione dei tre principali partiti politici del Kenya. Hanno evitato di fare politica durante la marcia della pace.

     
    D. – Una marcia per la pace che ha avuto delle tematiche molto forti. Tuttavia, l’Africa raramente trova spazio. Forse questa è una cosa che si potrebbe correggere...

     
    R. – Ieri l’Africa è stata presente alla fine, soprattutto, quando 'i miei ragazzi' hanno improvvisato una danza, che ha coinvolto tutti quelli che erano rimasti sulla rocca negli ultimi momenti della manifestazione. Bisognerebbe che l’Africa fosse più presente, non solo parlando delle crisi, dei momenti difficili, ma anche della positività, delle cose che crescono. Io vedo in Kenya, per esempio, che c’è una straordinaria crescita della società civile in questi ultimi anni, che andrebbe sostenuta.

     
    D. – L’Africa fa poca notizia: perché?

     
    R. – C’è tutta una serie di ragioni, ma il motivo fondamentale è la distanza culturale, che abbiamo con l’Africa. Viviamo, effettivamente, in due mondi molto diversi. L’Africa è altra, quasi per definizione. Allora ci si spaventa e ci si ferma. Bisogna studiare, spiegare e informarsi. Sia i mass media che i fruitori dei mezzi di informazione non hanno voglia abitualmente di fare questa fatica.

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    Mons. Comastri: il Rosario, una preghiera semplice e profonda che affratella tutti

    ◊   “Recitare con fede la corona del Rosario per la pace nelle famiglie, nelle nazioni e nel mondo intero”: è l’esortazione lanciata ieri durante l’Angelus da Benedetto XVI in occasione della memoria della Beata Vergine Maria del Rosario. Il Papa ha ricordato che "il Rosario è un mezzo donato dalla Vergine per contemplare Gesù e, meditandone la vita, amarlo e seguirlo sempre più fedelmente". Ma su questa antica e sempre nuova preghiera ascoltiamo la riflessione dell’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano. L'intervista è di Davide Dionisi:


    R. - Il Rosario è una preghiera che non invecchia, perchè innanzitutto è una preghiera semplice. Si può dire che sia una preghiera talmente semplice da affratellare tutti. Nello stesso tempo è una preghiera profonda, perchè è una preghiera cristologica. Giovanni Paolo II lo sottolineò in modo particolare: il Rosario ci fa meditare la vita di Gesù insieme a Maria. Infine, è una preghiera umile, perché è una preghiera ripetitiva. E chi ripete è umile. Non c’è cosa più gradita a Dio dell’umiltà. Nello stesso tempo è una preghiera di affetto. Quando si vuol bene ad una persona, la stessa cosa si ripete mille volte. Una mamma non si stanca di dire ad un figlio “ti voglio bene” e un figlio non si stanca di dire alla mamma “ti voglio bene”. E’ la preghiera adatta alla singola persona, ma nello stesso tempo anche all’intera famiglia. Quando nelle famiglie si recita il Rosario, la vita diventa diversa.

     
    D. – Il Rosario è una preghiera, dunque, che conduce a Gesù...

     
    R. - Il Rosario è una preghiera che immette nel mistero di Cristo, che introduce nella comunione con Gesù. Maria, quindi, ama il Rosario, perché Maria vuole questo: vuole portarci a Gesù. Qualcuno stoltamente ha detto che la devozione a Maria potrebbe allontanare da Gesù, ma questo è impensabile, perché Maria sulle labbra ha un solo nome: Gesù. “Fate quello che Lui vi dirà. Qualunque cosa Gesù vi dirà voi fatela, voi ascoltatela”. E questo è il compito di Maria, questa è la missione di Maria: non tenerci stretti a sé, ma portarci a Gesù. E siccome il Rosario è una preghiera che porta a Gesù, anzi fa camminare sulle orme di Gesù, è una preghiera particolarmente cara a Maria. Si può dire che è la preghiera che compie la sua missione. E’ la preghiera attraverso la quale Maria ci introduce nell’intimità con Gesù, nella comunione con Gesù e, quindi, ci aiuta a diventare più credenti, ci aiuta a diventare più cristiani. Perché diventando mariani, si diventa cristiani.

     
    D. – Nella Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” Giovanni Paolo II scrisse che attraverso il Rosario il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria. Che cos’è la scuola di Maria, per le famiglie di oggi?

     
    R. – Maria è la donna che ci educa alla libertà. Oggi noi viviamo un autentico sbandamento nei confronti della libertà. Per molti il capriccio è libertà, per molti l’egoismo è libertà, per molti la cattiveria stessa è libertà. Non sappiamo più cosa sia la libertà. Maria ci educa alla libertà, perchè Maria ci educa al sì, al sì a Dio. La vetta più alta della libertà umana è il momento in cui Maria, nella piccola casa di Nazareth rispondendo all’annuncio dell’Angelo dice: “Eccomi, io sono la schiava del Signore”. In quel momento Maria divenne la donna più libera.

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    Chiesa e Società



    Agli ‘ingegneri del DNA’ Mario Capecchi, Oliver Smithies e Martin Evans il Premio Nobel per la Medicina 2007

    ◊   Con l’annuncio stamane a Stoccolma dei vincitori del Premio per la Medicina si è aperta la stagione del Nobel, il più prestigioso riconoscimento scientifico e culturale a livello mondiale. Quest’anno l’ambito titolo è andato a due ricercatori americani ed un britannico per le loro ricerche sulle cellule staminali. Mario Capecchi, italiano ed Oliver Smithies, inglese, ambedue cittadini americani, insieme al britannico Martin Evans hanno meritato quest’anno il Premio Nobel per la Medicina, grazie alle loro ricerche sulle cellule staminali, “che al momento sono applicate in quasi tutti gli ambiti della biomedicina” – sottolinea la motivazione - per lo sviluppo di nuove terapie. Gli studi condotti da Capecchi, Smithies ed Evans hanno permesso di modificare il patrimonio genetico dei topi, per ottenere mutazioni dei geni desiderati, identificando la funzione svolta da ogni gene, in ogni fase dello sviluppo. Di questi topi geneticamente modificati ce ne sono, oggi, almeno 25 milioni nei laboratori di tutto il mondo, utilizzati dai ricercatori per riprodurre malattie umane, per poi analizzarle nel dettaglio e sperimentare l’efficacia di nuovi farmaci, mettendo a punto terapie per sconfiggere malattie che sono ai primi posti tra le cause di morte, come tumori, malattie cardiovascolari, Aids e malaria. Il Premio Nobel per la Medicina – lo ricordiamo – è dotato di un compenso di 1 milione e 540 mila dollari, che i vincitori Capecchi, Smithies ed Evans - soprannominati gli ‘ingegneri del DNA’ - potranno spartire per approfondire le loro rivoluzionarie ricerche. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Almeno 66 i morti e 18 dispersi a causa del tifone Lekima, che si è abbattuto sul Vietnam

    ◊   66 morti e 18 dispersi. Questo il bilancio, ancora provvisorio, del passaggio di Lekima, solo l’ultimo dei tifoni che periodicamente sconvolgono il Vietnam. Stando ai dati forniti dal governo, si tratta di una delle peggiori inondazioni degli ultimi 45 anni, responsabile di uno stato di emergenza che investe soprattutto le province settentrionali di Thanh Hoa e Nghe An. Giunto nella regione nella notte fra mercoledì e giovedì, il tifone, che ha raggiunto anche l'isola cinese di Hainan, localita' turistica a sud delle coste del Guangdong, ha provocato piogge intense e alluvioni, sommerso le sorgenti di acqua potabile e fatto crollare i pali dell’alta tensione; molti villaggi risultano ad oggi isolati e il diffondersi di condizioni igieniche precarie profila il rischio di malattie epidemiche. Nella provincia di Son La, riferiscono dal locale Dipartimento per le tempeste e le inondazioni, sarebbero 42 i ponti divelti e circa 600.000 i metri cubi di fango prodotti dalle piogge. In tutto il Paese sarebbero andati distrutti 120.000 ettari di terreno coltivato, per danni che ammontano a circa 41 milioni di dollari. Nguyen Truong Son, responsabile della protezione civile locale, conferma la difficoltà di raggiungere alcuni villaggi ed informa che la popolazione colpita sarà presto raggiunta da elicotteri e imbarcazioni che provvederanno a distribuire i viveri. “La nostra priorità – afferma il funzionario - è provvedere a soccorrere le vittime ed aiutarle a ricostruire le loro case”. Per far fronte all’emergenza, la cui portata, secondo il CIRC, Comitato Internazionale della Croce Rossa, è stata probabilmente sottostimata, sono stati allertati circa 5 mila soldati e 30 mila uomini delle forze di sicurezza. Nguyen Huy Nga, direttore del Dipartimento di Salute Preventiva del Ministero della Salute vietnamita, assicura lo stato di allerta anche per i medici, pronti a fronteggiare il divampare di focolai epidemici. Dall’inizio dell’anno in Vietnam i tifoni hanno fatto almeno centoquaranta vittime. (C.D.L)

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    Sale l’allarme colera in Iraq. L’epidemia scoppiata ad agosto ha varcato i confini con l’Iran

    ◊   L’epidemia di colera esplosa in Iraq ad agosto continua diffondersi in modo allarmante senza che il governo centrale o le organizzazioni internazionali adottino serie misure per affrontarla. La denuncia arriva dall’interno dello stesso ministero iracheno della Sanità. Alcuni funzionari – citati in forma anonima dal sito internet Azzaman ripreso dall’Agenzia AsiaNews – parlano di una situazione “senza speranza” in un conteso già tragico come quello dell’Iraq. L’epidemia, che finora ha interessato il nord del Paese, ha varcato da poco i confini arrivando fino in Iran, dove i casi registrati lungo la zona di frontiera sono 43. Lo ha riferito il Mohsen Zahrai, responsabile iraniano per il controllo delle infezioni dall'acqua, secondo il quale ''per il momento in territorio iracheno non vi e' speranza di contenere l'epidemia''. “Senza speranza” è anche la popolazione, raccontano fonti sempre di AsiaNews nella provincia di Niniveh. Qui nei piccoli villaggi si ammassano i numerosi profughi che fuggono dalle violenze di Baghdad e Mosul. “I centri medici, non chiamiamoli ospedali, - dicono - sono pochi e mancano di tutto, dal materiale sanitario al personale: i dottori non lavorano perché hanno paura, essendo tra le categorie più colpite da uccisioni e sequestri”. Ma il problema è molto più esteso: “L’acqua, arriva un giorno sì e uno no, e non è potabile; la scarsa fornitura di elettricità (2 ore al giorno) e l’assenza di gruppi elettrogeni non permettono di poter alimentare i frigoriferi e conservare sano il cibo, soprattutto la carne”. “Nessuno si interessa a questa emergenza – continuano le fonti dal nord del Paese – la struttura sanitaria è praticamente assente, il governo non esiste, non vediamo aiuti neppure dalle grandi organizzazioni internazionali”. “Aspettiamo ancora l’arrivo di 150 milioni di tavolette al cloro per purificare l’acqua – riferiscono dal ministero della Sanità – ma finora non si è visto niente”.La settimana scorsa l'Organizzazione mondiale della sanità ha diffuso i dati ufficiali sul colera in Iraq. Dopo la prima apparizione, il 14 agosto a Kirkuk, l'infezione risulta ormai diffusa in 9 delle 18 province del Paese, con 3.315 casi accertati di contagio da vibrio cholerae tra gli oltre 30mila malati di dissenteria acuta. Il tasso di mortalità rimane basso, solo 14 finora i decessi, ma l'epidemia è ancora in espansione nelle regioni di Kirkuk e Sulaymaniah e resta stabile a Bassora, Baghdad, Dahuk, Mosul e Tikrit. (R.P.)

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    Il primate della Comunione anglicana Rowan Williams denuncia la “sofferenza straziante” dei profughi iracheni

    ◊   “La straziante sofferenza dei rifugiati iracheni testimonia che il conflitto iracheno ha prodotto molti danni”. Lo ha detto l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Rowan Williams, nel corso di una recente visita in Siria, nel monastero siro-ortodosso di Ma’aret Sednaya. Secondo quanto riportato dal sito dell’arcivescovo ripreso dall’Agenzia Sir, Williams ha potuto ascoltare le testimonianze dei rifugiati presenti, molti dei quali hanno visto i loro parenti, rapiti, uccisi o costretti alla fuga. “I fatti di questi ultimi anni – ha dichiarato Williams – hanno provocato danni terribili in tutta la regione e in moltissime persone”. Un pensiero particolare il Primate lo ha rivolto ai bambini, ai figli dei rifugiati: “ogni bambino ha diritto a crescere in una casa sicura, con persone di cui si possa fidare, ha diritto a vivere in un luogo dove può vedere un futuro di pace. Ogni volta che incontro persone che sono fuggite dalla loro patria penso ai loro figli”. “La situazione – ha concluso – richiede attenzione e sforzi urgenti. La sicurezza che impedisce a queste persone di fare rientro in Iraq dipende da un accordo nazionale che garantisca la libertà e la dignità di ogni minoranza”. La visita di Williams è poi proseguita in Libano dove ha visitato il campo di rifugiati di Dibayeh nei pressi di Beirut. (R.P.)

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    Dopo la celebrazione della Settimana per la difesa e la promozione della Vita, il Brasile dedica la giornata di oggi al nascituro

    ◊   Si celebra oggi in Brasile la Giornata del nascituro. Promossa dalla Conferenza episcopale due anni fa, la Giornata è stata preceduta da una Settimana per la difesa e la promozione della Vita che ha promosso dibattiti, riflessioni e proposte concrete. L’arcidiocesi di Vitoria ha organizzato invece per oggi laboratori, conferenze, incontri di teatro, momenti di musica e diverse celebrazioni. Alle 19.30 presiederà una Santa Messa presieduta l’arcivescovo mons. Luiz Mancilha Vilela. Ieri, invece, l’arcidiocesi di Aparecida ha concluso la Settimana per la Vita con una celebrazione nella cattedrale di San Antonio. Per mons. Girônimo Zanandréam, vescovo di Erexim, la Giornata di oggi è un modo per “celebrare annualmente il diritto alla vita così come è consacrato nella Carta costituzionale brasiliana” e servirà “per promuovere riflessioni e discussioni sulle conseguenze etiche di alcune proposte legislative che offendono la dignità umana”. La vita umana, scrive il presule, è un dono di Dio; “è unica, originale e inviolabile”, perciò, creatura di Dio ed “ha diritto a una vita degna, dal concepimento fino al suo termine naturale”. E a proposito delle minacce che assediano la vita umana mons. Zanandréam ha fatto riferimento alla mentalità contracettiva, alle proposte in favore dell’aborto e dell’eutanasia, alla manipolazione delle cellule embrionali e degli embrioni umani, alla violenza, alla devastazione della natura, al narcotraffico, all’alcolismo e ad altri pericoli. Sulla legalizzazione dell’aborto, attualmente vietato in Brasile, mons. Zanandréam definisce le proposte di legge “conservatrici e reazionarie” nonché un controsenso, poiché è una stoltezza difendere i diritti umani - e “primo di questi diritti è, appunto, il diritto di nascere” - e pretendere allo stesso tempo di legalizzare l’aborto. Intanto, a Brasilia, il 20 ottobre si svolgerà una conferenza contro l’approvazione della Legge sull’aborto. Diverse organizzazioni “pro Vita” del Brasile hanno lanciato una Campagna rivolta “a tutti quelli che comprendono il valore della vita umana” in vista della votazione, nella Commissione di previdenza sociale e famiglia della Camera dei deputati di Brasilia, il Disegno di legge del governo che intende legalizzare l’aborto senza restrizioni, per qualunque motivo, durante i nove mesi di gravidanza. Nel 2005 il progetto non fu votato grazie alla pressione dell’opinione pubblica che si dimostrò apertamente a favore della vita e completamente contraria alla legalizzazione dell’aborto. Il Disegno di legge è stato presentato ancora una volta all’inizio di quest’anno con la petizione del deputato José Genoíno. Mons. Zanandréam si augura che il Congresso brasiliano sia sensibile e ascolti la maggioranza dei brasiliani che secondo studi demoscopici, è contraria all’aborto (93 per cento). (T.C.)

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    I cattolici di Santo Domingo si mobilitano contro l’aborto, in difesa della vita

    ◊   La Chiesa cattolica della Repubblica Dominicana è impegnata in una articolata campagna contro l’aborto che, insieme alle manifestazione di protesta, prevede anche la celebrazione di Sante Messe in diverse parti del Paese. L’iniziativa - scrive l'Agenzia Fides - prenderà il via nella Casa San Pablo di Santo Domingo, con la testimonianza del rettore dell’Università Autonoma di Santo Domingo (UASD), che racconterà l’esperienza personale di sua madre, cui il medico aveva suggerito di abortire per motivi di salute. Il 25 ottobre è stato deciso che durante il giorno verranno tenute accese le luci dei veicoli, “in segno di vita”, secondo la proposta della Chiesa. Lo stesso giorno i religiosi si recheranno al Congresso Nazionale (bicamerale) per un abbraccio simbolico al Parlamento. Il cardinale arcivescovo di Santo Domingo, Nicolás de Jesús López Rodríguez, presiederà sul luogo una Santa Messa concelebrata dai vescovi ausiliari dell’arcidiocesi. Il 28 ottobre i religiosi hanno promosso la “Marcia per la vita” e allestiranno un palco al Congresso Nazionale, dove alcuni artisti eseguiranno pitture a favore della vita. La Chiesa cattolica dominicana ha denunciato recentemente alcuni organismi internazionali ed organizzazioni non governative (ONG) di esercitare pressioni sul governo e sui legislatori locali affinché si depenalizzi l’aborto nel Paese. Il presidente della Conferenza episcopale dominicana, l’arcivescovo di Santiago de los Caballeros, mons. Benito Ramón de la Rosa y Carpio, in un comunicato firmato dai vescovi dominicani ha affermato che “dietro la pratica abortista c’è un grande giro di affari”, per cui non stupiscono le pressioni per la sua depenalizzazione (Fides) (R.G.)

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    Testamento biologico ed eutanasia: al centro dei lavori del 23. mo Congresso nazionale dell’AIPaS, che si aprirà oggi pomeriggio a Collevalenza, in Umbria

    ◊   Testamento in vita e cura della morte, testamento biologico ed eutanasia. Questi i temi al centro del 23.mo Congresso nazionale dell’AIPaS (Associazione italiana di pastorale sanitaria), che si aprirà questo pomeriggio a Collevalanza, in provincia di Perugia. “Non è un caso - commenta Fra Marco Fabello, presidente dell’AIPaS, direttore generale dei Centri Ospedalieri Fatebenefratelli di Brescia all'Agenzia Sir - aver scelto due concetti alternativi a quelli in uso attualmente - testamento biologico ed eutanasia - per stimolare riflessioni e confrontarsi con le testimonianze di chi è a contatto con questa realtà quotidianamente. La vita sarà al centro di ogni nostro incontro e di ogni nostra preghiera – ha aggiunto Fra Fabello - siamo di fronte ad una confusione che testimonia la problematicità e la complessità dell’argomento”. Interverranno, tra gli altri: Giancarlo Zizola (giornalista); Francesco D’Agostino (del Comitato Nazionale di Bioetica); Josè Bermelo (docente al Camillanium); mons. Francesco Montenegro (presidente della Commissione Cei per la carità e la salute). L’assemblea si dividerà in gruppi che corrispondono ad aree di interesse (etica, psichiatria, alzheimer, aids, medicina alternativa ed altre), che rappresentano tutta la realtà sanitaria attuale. L’AIPaS conta circa 1.000 soci e riunisce sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose e laici che svolgono attività nella pastorale della salute. (R.G.)

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    Saranno beatificati il 24 novembre, a Nagasaki, i 188 martiri cattolici giapponesi uccisi nel XVII secolo

    ◊   Si terrà a Nagasaki, il 24 novembre prossimo, la beatificazione dei 188 martiri giapponesi uccisi nel XVII secolo a causa della loro fede cattolica. Lo ha annunciato all'Agenzia AsiaNews il segretario generale della Conferenza episcopale giapponese, p. Manyo Maeda, che ha letto la lettera inviata dal Vaticano al presidente, mons. Takeo Okada, vescovo di Tokyo. Alla cerimonia prenderà parte il cardinale Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, come inviato speciale di Benedetto XVI. Secondo p. Isao Hashimoto, cancelliere della diocesi di Nagasaki, oltre 20mila fedeli hanno già dichiarato di voler intervenire alla Messa di beatificazione. In una lettera ai cattolici giapponesi, mons. Okada ha annunciato “con grande gioia” la decisione vaticana, ed ha aggiunto: “Spero che tutti noi riusciremo a tenere nel cuore il significato di questa decisione, ed il tesoro rappresentato dalla fede che i nostri predecessori ci hanno lasciato, anche con il sangue”. Fra i 188 martiri giapponese uccisi nel XVII secolo a causa della loro fede vi sono sacerdoti, religiose e laici: la causa è nota come “beatificazione di padre Kibe e dei suoi 187 compagni”. Il padre gesuita Pietro Kassui Kibe, convertito al cristianesimo, era fuggito dalla persecuzione del governo ed era giunto a Roma, dove era entrato nella Compagnia di Gesù e ordinato sacerdote. Tornato in Giappone per esercitare il suo ministero fra i fedeli oppressi, nel 1639 era stato catturato, torturato ed ucciso a Tokyo. (AsiaNews) (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il presidente pakistano giunto illeso in Kashmir, dopo l’incidente all’elicottero della scorta, costato la vita a 4 militari – Scontri all’Università di Teheran tra studenti che contestavano il presidente e sostenitori di Ahmadinejad

    ◊   Il presidente pakistano, Musharraf, è arrivato illeso in Kashmir, dove il suo elicottero è atterrato senza problemi a Muzaffarabad, la capitale del Kashmir pakistano, dopo che un elicottero della sua scorta è precipitato stamane nella valle del fiume Jhelum, a una ventina di chilometri. Nell’incidente sono morti 4 militari e sono rimaste ferite altre tre persone, tra le quali il portavoce del presidente che non è in gravi condizioni. Il portavoce dell'esercito ha attribuito l'incidente ad un problema tecnico. Musharraf ha ricevuto sabato una nuova conferma elettorale, ma la legittimità della sua candidatura dovrà essere confermata dalla Corte suprema entro il 17 ottobre. Il presidente ha promesso di lasciare la divisa che indossa da quando aveva 18 anni, una volta che sarà eletto. Il suo successore designato alla testa dell'esercito, il generale Ashfaq Parvez Kiyani, è stato promosso capo di Stato maggiore aggiunto. Musharraf è sopravvissuto ad almeno tre attentati compiuti da militanti di Al Qaida, il più recente nel luglio scorso. Oggi si è recato in Kashmir per una cerimonia commemorativa delle vittime di un terremoto dell'ottobre 2005.

    - Sono stati celebrati alle 11, nel Duomo di Modena, in Italia, i funerali solenni del maresciallo del SISMI Lorenzo D'Auria, rapito e poi ferito il 24 settembre scorso in Afghanistan. Ieri il presidente del Consiglio italiano Prodi ha reso omaggio alla salma nella camera ardente.

    - Studenti che gridavano "morte al dittatore!" prima del discorso del presidente iraniano Ahmadinejad nel campus dell'Università di Teheran si sono scontrati oggi con studenti sostenitori di quest'ultimo. L’occasione è stata la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico. “Presidente rivoluzionario, noi ti appoggiamo”, hanno risposto i filo-Ahmadinejad, che hanno cominciato a spingere e contrastare gli oppositori, secondo quanto riportano giornalisti della Reuters presenti.

    - L'Iran ha riaperto lunedì un altro valico alla frontiera con il Kurdistan iracheno, quello di Bashmakh, dopo quello di Hajj Umran riaperto ieri. Ne ha dato notizia un responsabile delle forze di frontiera irachene, Rostom Kukai. Le frontiere con il Kurdistan iracheno erano state chiuse dall'Iran due settimane fa per rappresaglia all'arresto in Iraq, da parte di forze statunitensi, di un cittadino iraniano accusato di essere un membro dei Guardiani della rivoluzione.

    - La spartizione di Gerusalemme non è più un tabù per il governo israeliano. In un’intervista alla radio militare israeliana, il vicepremier Hami Ramon (Kadima) ha detto di essere in principio favorevole al passaggio sotto sovranità palestinese di alcuni rioni arabi di Gerusalemme est. Ramon ha aggiunto che posizioni analoghe sono rintracciabili a suo parere anche nel partito laburista e nel partito di destra Israel Betenu, che pure fa parte della coalizione di Ehud Olmert. Il leader di Israel Beitenu, Avigdor Lieberman, ha subito precisato che a suo parere Israele potrebbe rinunciare a diversi rioni di Gerusalemme est solo in cambio della annessione di colonie allo stato ebraico. Oggi intanto si riuniscono le delegazioni di Israele e dell'ANP in vista della conferenza autunnale per il Medio oriente convocata dagli Stati Uniti. Il loro obiettivo è di mettere a punto una dichiarazione congiunta. A Gerusalemme è atteso l'emissario del Quartetto (ed ex premier britannico) Tony Blair. E c’è da dire che si terrà all'inizio di novembre a Damasco il contro-vertice dei gruppi integralisti palestinesi in vista della conferenza Usa sul Medio Oriente prevista per la fine del mese prossimo. Fonti palestinesi a Damasco hanno detto all'ANSA che l'incontro, indetto dalla Jihad islamica, si svolgerà il 7 novembre e che saranno invitate tutte le fazioni palestinesi con l'esclusione di Al-Fatah, il partito del presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen).

    - Il tribunale di Algeri ha assolto gli otto giornalisti della televisione di Stato algerina, ENTV, Lotfi Cheriet, ex direttore di Canal Algerie, Houria Khathir, ex-direttrice del canale A3, e altri sei dipendenti dei due canali televisivi, accusati di aver mandato in onda al telegiornale le caricature danesi sul profeta Moametto. Il procuratore generale aveva richiesto cinque anni e tre anni di prigione rispettivamente per i due direttori e i giornalisti. La corte, scrive il quotidiano El Khabar, ha preso in considerazione l'assenza di volontà di danneggiare il profeta. I due canali televisivi avevano diffuso un reportage sulle reazioni alla pubblicazione in Danimarca delle vignette e avevano mostrato le caricature in questione.

    - Il presidente yemenita Ali Abdallah Saleh ha affermato che lo Yemen ha ripristinato le relazioni con la Libia e l’Iran accusati la scorsa primavera di appoggiare la ribellione della minoranza sciita degli zaiditi. Abdallah Saleh lo ha annunciato in un'intervista trasmessa dalla tv Al Jazira. “La situazione si è normalizzata con l'Iran e la Libia - ha dichiarato il presidente - I nostri ambasciatori sono tornati al loro posto” nei due Paesi, da dove erano stati richiamati lo scorso maggio in segno di protesta per un presunto sostegno di Teheran e Tripoli alla ribellione zaidita. Lo scorso giugno, con la mediazione del Qatar, è stato concluso un cessate il fuoco nella provincia nord occidentale di Saada, dove si affrontavano dal 2004 soldati e ribelli che ritengono illegittimo l'attuale regime yemenita e vogliono un ritorno all'imamato zaidita, cui pose fine un colpo di stato militare nel 1962.

    - L'Interpol ha lanciato un appello per identificare un uomo sospettato di pedofilia che ha già diffuso su internet circa 200 foto, prese in Vietnam e in Cambogia, che lo mostrano con dodici bambini, i più piccoli dei quali avrebbero sei anni. E' la prima volta che l'organizzazione internazionale della polizia, con base a Lione, lancia un appello del genere. L'Interpol pubblica anche sul suo sito - www.interpol.int - un ritratto dell'uomo, la cui identità non è stata ancora determinata, che viaggerebbe continuamente nel mondo.

    - La giunta militare al potere in Birmania ritiene opportuno che la leader dell'opposizione e premio Nobel Aung San Suu Kyi rimanga agli arresti domiciliari fintanto che non verrà approvata una nuova costituzione. E’ quanto scrive la stampa locale. Il quotidiano New Light of Myanmar, principale organo d'informazione della giunta, fornisce anche risposte alle questioni poste dalle migliaia che hanno protestato contro il regime militare nell'ultimo mese, le più imponenti manifestazioni anti regime negli ultimi vent'anni. “Le tre domande dei manifestanti - più bassi prezzi al consumo, rilascio di Daw Aung San Suu Kyi e dei prigionieri politici, riconciliazione nazionale - non possono essere soddisfatte attraverso la protesta”, scrive il giornale. “Ora, i responsabili stanno valutando le modifiche per arrivare alla stesura di una Costituzione e preparare le liste “aggiunge il giornale. “Quando la Costituzione nazionale sarà approvata, la soddisfazione delle domande sarà vicina”. Lo svolgersi di un referendum sulla nuova Costituzione è il quarto passo dei sette previsti dalla roadmap verso la democrazia.

    - Altri due militari turchi sono stati uccisi e tre altri feriti in attacchi attribuiti a separatisti turchi e compiuti in tempi e luoghi diversi nelle ultime 48 ore. Sabato, un soldato è stato ucciso in scontri con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) a Baskale, vicino alla frontiera con l'Iran. Stamane a Lice, un soldato è stato ucciso e tre sono stati feriti nei pressi di Diayarbakir (Turchia sud-orientale), dopo i 13 soldati uccisi ieri in un'imboscata a Sirnak (confini con l'Iraq) e l'attentato dinamitardo avvenuto ieri a Istanbul che ha ferito 5 persone, intensificando così ancora l'allarme diffuso per le azioni armate del PKK. Il partito è considerato un'organizzazione terrorista anche dall'Unione Europea e dagli USA. L'allarme terrorismo è stato manifestato questa mattina da tutti i giornali turchi, che parlano di un'intensificazione senza precedenti negli ultimi anni della lotta armata da parte dell'organizzazione separatista armata curda. Alcuni suoi esponenti dieci giorni fa hanno ucciso dodici persone, tra cui 7 guardie di villaggio, a colpi di mitra, dopo averle fatte scendere da un minibus nei pressi di Sirnak. Le autorità militari turche hanno fatto sapere che, come risposta, intensificheranno anch'esse le operazioni antiterrorismo. Ieri un ribelle del Pkk è stato ucciso dai militari nei pressi della stessa Sirnak. Il conflitto armato tra PKK e lo Stato turco ha provocato dal 1984 ad oggi circa 37 mila morti da entrambe le parti.

    - In Cecenia, si registra un nuovo attacco dei ribelli alle forze di Mosca che controllano la Repubblica caucasica. Quattro poliziotti russi sono rimasti uccisi e dieci sono stati feriti in un’imboscata, avvenuta ieri, ad un convoglio che trasportava funzionari del Ministero dell’interno. Le autovetture sono finite sotto il fuoco di cecchini nel distretto meridionale di Vedeno. I poliziotti appartenevano a un gruppo di rinforzi inviato nell'area, dopo gli scontri con i ribelli di sabato scorso. Ma c’è il rischio che in Cecenia riesploda il confronto armato tra forze filorusse e guerriglia separatista, che negli scorsi anni ha insanguinato la Repubblica? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca per il Corriere della Sera:

    R. - Credo di no perché la situazione si sta abbastanza stabilizzando. Questi sono dei colpi di coda che comunque continueranno ad esserci e con i quali dovremmo vivere a lungo. Il problema è forse che il terrorismo si sta oggi spostando negli Stati che confinano con la Cecenia, cioè in Daghestan, in Inguscezia ed anche in Ossezia, zona molto delicata con rapporti anche tra Georgia, Russia, che sono molto tesi. In Cecenia, oggi la vita è abbastanza più tranquilla; naturalmente esistono ancora frange di guerriglieri ed anche frange di terroristi che sicuramente continueranno a colpire.

     
    D. - E’ tramontato ormai definitivamente quell’inizio di negoziati, se non sull’indipendenza, su una autonomia più accentuata della Cecenia?

     
    R. - Direi con i negoziati sicuramente sì. La Cecenia ha una certa autonomia perché Kadyrov, uomo di Mosca, si sta un po’ trasformando, non dico in un uomo di Stato ma comunque in un leader e molta gente in Cecenia è favorevole a lui e lui stesso sta ottenendo, anzi ha già ottenuto, una certa indipendenza per la Repubblica all’interno naturalmente della Federazione russa. Oltre a questo, non credo proprio che la Cecenia potrà andare ma bisogna anche dire che la maggior parte della popolazione vuole soprattutto pace a qualsiasi costo, nel senso che non è più interessata all’autonomia, non vuole più l’indipendenza, vuole semplicemente vivere in pace senza il rischio di essere uccisa dai soldati russi o dalle milizie filorusse, dai guerriglieri indipendentisti o dai terroristi per avere “collaborato con il nemico”.

    - Il ministro dell'Energia ucraino, Iuri Boiko, si è incontrato a Mosca con il numero uno di GAZPROM, Alksei Miller, per colloqui sul saldo del debito ucraino per le forniture di metano, arrivato a 1,3 miliardi di dollari secondo il colosso russo del gas. Boiko ha detto di prevedere un accordo per la ridistribuzione del gas ora stoccato nei depositi ucraini a favore di GAZPROM, il che permetterà di saldare 600 milioni del debito. Domani a Mosca è atteso anche il premier Viktor Ianukovic, che incontrerà l'omologo Viktor Zubkov. La questione dei rifornimenti di metano - che l'Occidente guarda con preoccupata attenzione, memore dei tagli degli anni scorsi dovuti alle "guerre energetiche" fra Mosca e Kiev - sarà solo uno dei temi in agenda: è probabile che i due capi di governo discutano anche del futuro dell'attuale esecutivo ucraino, alla luce dei risultati delle elezioni del 30 settembre, e delle ripercussioni che un cambio avrebbe sugli accordi in materia di idrocarburi. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

      Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 281

     
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