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SOMMARIO del 05/10/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • La legge morale naturale assicura la difesa della dignità dell’uomo contro l’attacco delle ideologie e del relativismo etico: così il Papa alla Commissione teologica internazionale
  • Altre udienze
  • I rischi di una globalizzazione senza volto umano al centro della riflessione di mons. Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, presentata alla Gregoriana dal sottosegretario, mons. Parolin
  • La Chiesa e la sua vicinanza pastorale e sociale agli immigrati, in un mondo che globalizza i mercati ma non la giustizia: intervento di mons. Marchetto al Convegno in corso all'Università Gregoriana
  • Il neoambasciatore italiano presso la Santa Sede, Zanardi Landi: Italia e Vaticano in piena sintonia sulle grandi questioni del panorama internazionale
  • I titoli di oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il Pakistan domani alle urne per scegliere il suo presidente. Lo ha deciso la Corte suprema. Favorito l'attuale capo dello stato Musharaff
  • Il dialogo fra culture e religioni per un mondo senza violenza: è l'obiettivo del prossimo meeting "Uomini e religioni" che Sant'Egidio aprirà a Napoli il 21 ottobre, in coincidenza con la visita del Papa
  • Nell’odierna Giornata mondiale degli insegnanti, l’ONU esorta la comunità internazionale ad investire nuove risorse nella lotta contro l’analfabetismo. Intervista con mons. Aldo Martini
  • Chiesa e Società

  • A Fatima, in Portogallo, la Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE)
  • Lutto nell’episcopato cinese: deceduto, a quasi 90 anni, mons. Benedetto Cai Xiufeng, vescovo di Wuzhou. Aveva trascorso 22 anni in prigione
  • Corea: passo storico nel dialogo Nord-Sud, mentre la Chiesa prega per l’unità e la riconciliazione del popolo coreano
  • Solidarietà della Chiesa filippina, srilankese e indiana con la popolazione della Birmania
  • Sri Lanka. A Colombo, la società civile chiede giustizia per l’uccisione di padre Packiya Ranjith
  • “Rompere il silenzio sulla crisi umanitaria in Iraq”: appello del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC)
  • ONU: istituito un “relatore speciale” per le moderne forme di schiavitù
  • Morte degna ed eutanasia non sono la stessa cosa: così i vescovi colombiani in un documento riguardo al progetto di legge sulla legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito
  • Assassinato un volontario di Italia Solidale appartenente alla comunità del popolo Nasa della Colombia
  • In Francia, test del DNA per i parenti extracomunitari di immigrati regolari. La Chiesa: “Lesa la dignità umana”
  • In Nigeria, il primo Congresso missionario nazionale, a 50 anni dalla “Fidei Donum”
  • Il cardinale Pell, arcivescovo di Sydney, ai partecipanti alla GMG: “Preparatevi spiritualmente”
  • Italia: 2 milioni e 623 mila famiglie vivono sotto la soglia di indigenza, lo denuncia l’ISTAT, che ieri ha presentato il Rapporto 2006 sulla povertà relativa in Italia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Birmania: oggi riunione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU dopo la missione dell'inviato di Ban Ki-moon, Gambari - L'Iran ribadisce di voler continuare il suo programma nucleare nonostante le pressioni internazionali
  • Il Papa e la Santa Sede



    La legge morale naturale assicura la difesa della dignità dell’uomo contro l’attacco delle ideologie e del relativismo etico: così il Papa alla Commissione teologica internazionale

    ◊   “Nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore dell’uomo”: è uno dei passaggi forti dell’appassionato discorso che Benedetto XVI ha pronunciato, stamani, nell’udienza ai membri della Commissione teologica internazionale, in occasione della sessione plenaria dell’organismo vaticano. Un intervento, quello del Pontefice, tutto incentrato sul contenuto etico della fede cristiana e sul valore della legge naturale, vero baluardo contro la tendenza al relativismo etico così forte nel mondo di oggi. L’indirizzo di saluto al Papa è stato rivolto dal presidente della Commissione, il cardinale William Joseph Levada. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    L’etica universale, è il richiamo di Benedetto XVI, appartiene “al grande patrimonio della sapienza umana”, che “in qualche modo costituisce una partecipazione della creatura razionale alla legge eterna di Dio”. Il Papa ribadisce che la dottrina sulla legge morale “viene illuminata e sviluppata in pienezza alla luce della Rivelazione cristiana”. Quindi, indica le due finalità essenziali di questa dottrina:

     
    "Da una parte, si comprende che il contenuto etico della fede cristiana non costituisce un'imposizione dettata dall’esterno alla coscienza dell'uomo, ma una norma che ha il suo fondamento nella stessa natura umana; dall'altra, partendo dalla legge naturale di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, si pone con essa la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in generale, con la società civile e secolare".

    Tuttavia, è la riflessione del Papa, “a motivo dell'influsso di fattori di ordine culturale e ideologico, la società civile e secolare oggi si trova in una situazione di smarrimento e di confusione”. Anzi, rileva, “si è perduta l'evidenza originaria dei fondamenti dell'essere umano e del suo agire etico e la dottrina della legge morale naturale si scontra con altre concezioni che ne sono la diretta negazione” con “gravi conseguenze nell'ordine civile e sociale”. Ancora, costata, “presso non pochi pensatori sembra oggi dominare una concezione positivista del diritto” secondo cui la società, “o di fatto la maggioranza dei cittadini, diventa la fonte ultima della legge civile”:

    "Il problema che si pone non è quindi la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell'equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto. La storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare".

    In realtà, prosegue Benedetto XVI, “la vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità”. Parole corredate da un richiamo, al quale, ha detto il Papa, “nessuno può sottrarsi”:
     
    "Quando sono in gioco le esigenze fondamentali della dignità della persona umana, della sua vita, dell'istituzione familiare, dell'equità dell'ordinamento sociale, cioè i diritti fondamentali dell'uomo, nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore nel cuore dell'uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile".

    La legge naturale, spiega ancora, “diventa così la vera garanzia offerta ad ognuno per vivere libero e rispettato nella sua dignità, e difeso da ogni manipolazione ideologica e da ogni arbitrio e sopruso del più forte”. E, ancora, il Papa chiama a raccolta tutti gli uomini di buona volontà per difendere “il valore inalienabile della legge morale naturale” intaccata dal relativismo:

     
    "Se per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo e il relativismo etico giungessero a cancellare i principi fondamentali della legge morale naturale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe ferito radicalmente nelle sue fondamenta. Contro questo oscuramento, che è crisi della civiltà umana, prima ancora che cristiana, occorre mobilitare tutte le coscienze degli uomini di buona volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse dal cristianesimo".
    Dal rispetto della legge morale naturale, è stato il richiamo di Benedetto XVI, dipende infatti “l’avanzamento dei singoli e della società sulla strada dell’autentico progresso in conformità con la retta ragione, che è partecipazione alla Ragione eterna di Dio”. Il Papa non ha mancato di ringraziare i teologi della Commissione per il lavoro svolto, ricordando la recente pubblicazione del documento dal titolo “La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo”. Un documento, è l’auspicio del Pontefice, che potrà costituire “un aiuto e una sorgente di consolazione per i fedeli che hanno sofferto nelle loro famiglie la morte inattesa di un bambino prima che ricevesse il lavacro della rigenerazione”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il presidente del Land tedesco di Niedersachsen, Christian Wulff, il cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, e l'arcivescovo Félix del Bianco Prieto, elemosiniere di Sua Santità.

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    I rischi di una globalizzazione senza volto umano al centro della riflessione di mons. Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, presentata alla Gregoriana dal sottosegretario, mons. Parolin

    ◊   Globalizzazione e secolarizzazione, libertà religiosa nelle società multiculturali e rischi di sincretismo: sono i temi al centro della riflessione dell'arcivescovo, Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, letta nell’ambito del Convegno promosso dall'Accademia Cattolica bavarese e dall'Ambasciata della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede sul tema: “Globalizzazione e Religione: sfide per la politica e la Chiesa.” A presentarla è stato mons. Pietro Parolin, sottosegretario del dicastero vaticano, per via dell’impegno di mons. Mamberti di questi giorni all’ONU. Il servizio di Fausta Speranza:
     
    Alla globalizzazione si deve dare un volto e deve essere il volto umano: è questo il principio di fondo della riflessione, che mette in luce diversi rischi. Globalizzazione potrebbe portare a sincretismo: se la tecnica è messa al centro di tutto, se governa l’integrazione delle economie o le rivoluzioni nelle comunicazioni, se diventa concezione della politica, allora si può arrivare al sincretismo, perché l’abitudine a livellare tutto in modo tecnico porta a farlo anche con le religioni. Si può finire per relativizzare tutto, anche la verità. Precisamente, mons. Mamberti sottolinea che “se si finisce per ritenere che ogni religione sostanzialmente equivale alle altre, capace cioè per se stessa di condurre gli uomini alla salvezza, di conseguenza ogni religione - ed il cristianesimo in particolare - che si presenti con la pretesa di verità - afferma mons. Mamberti - viene considerata come un movimento quasi fanatico e potenzialmente fondamentalista”. In realtà, spiega ancora il segretario per i Rapporti con gli Stati, “l’incontro tra le religioni non può avvenire nella rinuncia alla verità, ma è possibile solo mediante il suo approfondimento”. “Il relativismo non unisce. E nemmeno il puro pragmatismo”. E’ quanto aggiunge mons. Mamberti sottolineando che “la rinuncia alla verità ed alla convinzione non innalza l’uomo e nemmeno lo avvicina agli altri, ma lo consegna al calcolo dell’utile o dell’egoismo, privandolo della sua grandezza”.

     
    Mons. Mamberti ricorda che “la globalizzazione ha messo in scacco le società chiuse a base ideologica, etnica, nazionalistica e culturale, e ha favorito una positiva apertura verso una cittadinanza universale”. Il problema, dunque, non è la globalizzazione in sé ma solo il rischio di perdere la centralità dell’uomo e della trascendenza, che significherebbe perdere anche il rispetto della libertà religiosa. Su questo punto mons. Mamberti chiarisce esplicitamente: “La globalizzazione moltiplica i contatti e le convivenze multi-etniche, ma c’è il rischio che scaturiscano tensioni dall’incomprensione o dal mancato rispetto dei valori culturali della nazione che accoglie, come pure dalla violazione della dignità delle persone che arrivano e non condividono la stessa cultura o la stessa fede”. Per questo, il Segretario per i Rapporti con gli Stati fa una raccomandazione: “E’ assai opportuno spiega - distinguere con chiarezza i necessari provvedimenti di accoglienza degli immigrati e di pieno rispetto per l’esercizio della loro libertà religiosa, dalle ingiustificate concessioni che mettono a rischio l’identità culturale e religiosa delle società che li accolgono”. “La società globalizzata tende a livellare e ad omologare, - ribadisce - ma ciò non impedisce che lo Stato tuteli, con speciale considerazione nelle sue leggi e regolamenti, i valori religiosi che sono professati dalla maggioranza dei cittadini e che appartengono al patrimonio storico, artistico e culturale della propria nazione”. Inoltre, mons. Mamberti auspica che i sistemi giuridici siano articolati a partire dal concetto di eguale dignità di tutti gli uomini - anche a prescindere dal loro credo religioso - e che quindi garantiscano eguaglianza fra gli uomini e le donne. “Questo snodo è fondamentale - tiene a ribadire - non soltanto sul piano giuridico, ma altresì per elaborare modelli di società capaci di fronteggiare in modo positivo la globalizzazione, di trarre beneficio dalle sue risorse e di convivere pacificamente, sia sul piano nazionale che a livello internazionale”.

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    La Chiesa e la sua vicinanza pastorale e sociale agli immigrati, in un mondo che globalizza i mercati ma non la giustizia: intervento di mons. Marchetto al Convegno in corso all'Università Gregoriana

    ◊   E al Convegno in corso all'Università Gregoriana è intervenuto stamattina anche l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e degli itineranti, che ha sviluppato una riflessione sull'impegno della Chiesa nel campo dei flussi migratori mondiali. Il mondo globalizzato - ha osservato all'inizio - ha portato “cambiamenti rapidi in campo politico, economico e sociale”. Ma se ciò ha comportato un “vantaggio per l’umanità”, non ha però eliminato i problemi riguardanti la giustizia e la solidarietà. Mons. Marchetto ha aperto la sua ampia riflessione alla Gregoriana analizzando lo scenario mondiale indotto dalla globalizzazione. “Per quel che riguarda i limiti, nell’attuale mercato mondiale - ha obiettato il presule - si stanno formando enormi sistemi economici, finanziari, tecnologici e culturali, spesso ‘giganti’ agguerriti ed invincibili. I grandi ricchi del pianeta possiedono così una ricchezza pari a quella della metà della popolazione mondiale”. E questi mutamenti, ha proseguito mons. Marchetto, si registrano in modo analogo anche nel settore dello stato sociale o dei media. Tuttavia, l’altra faccia della medaglia mostra una realtà che difficilmente gode di questo benessere: gli immigrati. Una persona su 35, ha affermato il segretario del dicastero vaticano, “vive fuori del suo Paese d’origine" per motivi di lavoro, studio, o per scampare da guerre, catastrofi ambientali, miseria.

    Questa situazione è una sfida che i cattolici hanno raccolto da molto tempo, offrendo "assistezna pastorale, sociale e legale". “L’attuale mondo globalizzato - ha osservato mons. Marchetto - impegna la Chiesa ad affrontare anche le onde migratorie e le condizioni di vita a cui gli immigrati sono soggetti. Essa è chiamata anche qui ad esercitare la missione del ‘Buon Samaritano’; la sua missione è quella di soccorrere gli immigrati che hanno difficoltà di sopravvivenza ed aiutarli ad avere un dignitoso lavoro e un rifugio. La Chiesa - ha insistito - è vicina agli emigrati, rifugiati, alle vittime del traffico di vite umane, a tutti coloro che sono coinvolti nel fenomeno della mobilità umana, ed è chiamata a capire i loro problemi, ad appoggiare le loro giuste rivendicazioni”, demolendo “i pregiudizi che limitano le persone e mostrano come la presenza dell’altro" sia una "preziosa opportunità" per "scoprire la bellezza della fraternità, nella libertà delle relazioni rispettose, accogliendo cordialmente l’altro”. (A cura di Alessandro De Carolis)


    E di immigrazione, ma dal versante italiano, si è parlato nel Rapporto “Italiani nel mondo” presentato ieri a Roma da Migrantes, ACLI, INAS-CISL e Padri Scalabriniani. Lo studio afferma che gli italiani che risiedono all’estero sono oltre tre milioni e mezzo, un numero superiore ai residenti in Italia. L’emigrazione italiana è prevalentemente concentrata in Europa e in America, con comunità che superano il mezzo milione di presenze in Germania, Svizzera e Argentina. Non si tratta di un fenomeno legato al secolo scorso, ma di forte attualità e soprattutto in crescita: le stime 2007 superano di quasi mezzo milione di unità quelle relative al 2006. Paolo Ondarza ne ha parlato con don Domenico Locatelli, direttore Migrantes Italiani nel mondo:


    R. - Non è una cosa del passato, ma è una cosa attuale e coinvolge sì gente che non trova la possibilità di un lavoro - soprattutto nel sud Italia - ma coinvolge anche persone con delle lauree che vanno fuori per cercare uno sbocco per la loro professionalità.

     
    D. - Potremmo, quindi, dire che l’identità è cambiata?

     
    R. - Io direi che è cambiata l’identità dell’italiano che è andato all'estero, un italiano po’ illetterato. Ha imparato anche una professionalità in ambito pubblico, perché altrove ha visto che gli uffici pubblici funzionano. E questo, quando arriva in Italia, può riportarlo e quindi vuol dire crescere.

     
    D. - Cosa dire dell’accoglienza che gli italiani trovano? Come si comportano i Paesi?

     
    R. - Si comportano come si comporta anche qui l’Italia con gli immigrati: c’è quindi la fobia dello straniero. Quando poi ci si avvicina alla persona, senza paura, disposto a conoscerla e farsi conoscere, allora questa - a volte - forma di razzismo può tramutarsi in amicizia. Io penso che gli italiani, con l’esperienza di questi 150 anni, possano contribuire molto ad aiutare l’Italia: aiutarla a non avere paura, aiutarla a non mettere a disagio gli immigrati e gli stranieri che sono fra noi. Siamo diventati Paesi di emigrazioni, ma anche di immigrazione. Abbiamo una valenza unica in Europa e possiamo, quindi, giocarcela bene. Non improvvisando, ma cercando un po’ di regolare i flussi, creando una cultura di accoglienza che ci fa soltanto bene.

     
    D. - L’immigrazione è sempre un fenomeno positivo, oppure ci sono delle condizioni perché questo porti ad una reale integrazione, ad una reale amicizia tra i popoli?

     
    R. - L’emigrazione è sempre il frutto di una ingiustizia profonda, di una miseria, di una guerra dalla quale scappare, ma può essere anche cambiata in situazioni di opportunità. Prendiamolo come un elemento costitutivo di questa società. Non va dimenticato l’esempio che abbiamo sotto gli occhi: quelli dei Paesi che sono diventati i primi del mondo proprio grazie alla capacità di armonizzare le diversità. Allora, l’immigrazione fa forte una nazione, se è bene accolta.

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    Il neoambasciatore italiano presso la Santa Sede, Zanardi Landi: Italia e Vaticano in piena sintonia sulle grandi questioni del panorama internazionale

    ◊   Un sentimento di "umiltà e modestia" nell'affrontare un incarico in rapporto a un'istituzione come la Chiesa che si occupa delle "grandi questioni" dell'umanità. E' l'atteggiamento con il quale il nuovo ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, si accinge alle sue nuove responsabilità, dopo l'udienza di ieri che lo ha visto dinanzi a Benedetto XVI per la presentazione delle Lettere credenziali. Giovanni Peduto ha chiesto al diplomatico cosa l'abbia più colpito del discorso rivoltogli dal Pontefice:

     
    R. - Mi ha colpito innanzitutto l’approccio semplice del Santo Padre, così incoraggiante, che risaltava di più, perché collocato nello splendore del cerimoniale della Santa Sede. Quello che mi ha colpito del discorso del Santo Padre è stato il tono positivo e incoraggiante del discorso e il richiamo ai diritti dell’uomo e all’azione che l’Italia svolge già come membro del Consiglio dei diritti dell’uomo e potrà svolgere nei prossimi anni in campo internazionale, per ribadire quella funzione che la diplomazia italiana da molti anni svolge di favorire la pace ed introdurre nel dibattito internazionale dei temi molto legati ad una concezione dell’uomo, che caratterizza il nostro Paese.

     
    D. - Benedetto XVI ha sottolineato che la Sede di Pietro si trova nella penisola italiana “non senza un misterioso e provvidenziale disegno di Dio”…

     
    R. - Mi sembra che tutti noi e non solo il Santo Padre siamo abituati a considerare Roma come profondamente collegata alla presenza degli organi centrali della Chiesa cattolica. La presenza della Chiesa cattolica in Italia ha profondamente segnato la natura del Paese, dall’arte all’architettura, ma anche soprattutto al modo di essere del popolo italiano. Mi sono permesso di dire nel mio discorso che il rapporto tra Chiesa cattolica e popolo italiano che si è svolto nei secoli ha conosciuto dei momenti di dialettica, dei momenti di dibattito vivace, ma non è mai stato vissuto nell’estraneità e ha determinato in maniera importante la configurazione attuale del modo di essere della società italiana.

     
    D. - Il punto sui rapporti tra Stato italiano e Santa Sede…

     
    R. - I rapporti tra Stato italiano e Santa Sede in questo momento sono molto buoni. Le questioni pratiche che per anni si erano trascinate sono state, nel corso dell’ultimo biennio, grazie al lavoro del mio predecessore, risolte. Non esistono, dunque, motivi di attrito o di frizione a livello di politica internazionale. Le grandi linee della politica estera italiana sono spesso consoni con l’impostazione generale della Santa Sede e mi riferisco soprattutto al primato delle Nazioni Unite, all’enfasi sui diritti dell’uomo, alla lotta per la tutela dell’ambiente e all’importante azione che l’Italia svolge per la tutela della pace con le missioni internazionali.

     
    D. - Come rafforzare il dialogo bilaterale superando quelle tendenze laiciste che di tanto in tanto riappaiono per escludere la fede dalla vita pubblica?

     
    R. - La società italiana è molto composita, molto variegata. Le sensibilità sono talvolta fortemente divergenti e diversificate. Quello che io mi propongo di fare è cercare di lavorare sui moltissimi punti di convergenza, sui molti punti in cui l’azione della Santa Sede e della Chiesa vanno incontro alle esigenze della società italiana. Mi proporrei, dunque, nel corso dei prossimi anni di cercare di guardare sempre ai "bicchieri mezzi pieni" e mai a quelli "mezzi vuoti" e di lavorare appunto sugli aspetti positivi.

     
    D. - Le sue speranze all’inizio di questo mandato…

     R. - La mia speranza è essenzialmente una: sperare di poter identificare presto un modo per essere utile al mio Paese, per essere utile alla gente di questo Paese, per essere utile anche alla Santa Sede nel mio piccolo, con tutta la modestia determinata dalla mia persona e dai limiti del lavoro di funzionario dello Stato. Cercare di riuscire in qualche modo a far fare un piccolo passo avanti alla comprensione reciproca per il lavoro da fare insieme.

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    I titoli di oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - L'udienza di Benedetto XVI ai membri della Commissione teologica internazionale. Nella circostanza il Papa ha richiamato l'esigenza di creare nelle cultura e nella società civile e politica le condizioni necessarie per una piena consapevolezza del valore inalienabile della legge morale naturale.

    Servizio estero - Penisola coreana: il Segretario generale dell'ONU soddisfatto dell'accordo di pace tra Seoul e Pyongyang.

    Servizio culturale - Un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo "Si spinse ad esplorare i confini della Terra attratto dai deserti ghiacciati e dai popoli che li abitano": innovatore e grande comunicatore, Paul-Emile Victor ha diretto personalmente quattordici missioni al Polo Sud.
     Servizio italiano - In rilievo il tema delle riforme.

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    Oggi in Primo Piano



    Il Pakistan domani alle urne per scegliere il suo presidente. Lo ha deciso la Corte suprema. Favorito l'attuale capo dello stato Musharaff

    ◊   Si terranno domani le elezioni presidenziali in Pakistan. E’ la decisione presa dalla Corte Suprema pakistana, chiamata a pronunciarsi in merito anche se bisognerà attendere per i risultati ufficiali delle consultazioni. Intanto il governo ha approvato l’accordo sulla riconciliazione nazionale, siglato ieri tra l’ex primo ministro, Benazir Bhutto, e l’attuale presidente, Pervez Musharraf. Benedetta Capelli:

    Sembrerebbe in discesa la strada verso la presidenza per Musharaff. Con il pronunciamento della Corte suprema, che ha confermato le elezioni per domani, la via per un nuovo mandato si fa libera anche se il tribunale ha precisato che i risultati ufficiali definitivi non potranno essere resi noti fino a quando non verrà messa la parola fine sulla legittimità della candidatura dello stesso Musharraf, e cioè entro il 17 ottobre. L’opposizione ha infatti presentato una serie di ricorsi basati sull’impossibilità per il generale del doppio incarico: capo dello Stato e capo dell’esercito. Ruolo, quest’ultimo, che Musharaff ha deciso di lasciare dopo la sua rielezione ed in proposito ha già nominato un successore. Il voto di domani, dunque, non dovrebbe riservare sorprese soprattutto alla luce dell’approvazione da parte del governo dell’accordo di riconciliazione nazionale che offre l'amnistia all'ex premier Benazir Bhutto, in esilio a Londra e condannata per corruzione. Si apre quindi la strada ad una condivisione dei poteri della Bhutto con il presidente Musharraf il quale, se dovesse essere eletto, dovrebbe giurare come capo dello Stato il prossimo 15 novembre in coincidenza con la fine della legislatura, mentre nuove elezioni generali sono fissate entro la metà di gennaio. Già in vista di domani, le autorità hanno rafforzato le misure di sicurezza nel Paese, più volte minacciato, soprattutto negli ultimi tempi, da Al Qaida.

    Domani, dunque, il Pakistan eleggerà il suo presidente. Quali saranno gli elementi di novità che emergeranno da questo voto? Stefano Leszczynski ha intervistato Alberto Negri, inviato a Islamabad de “Il Sole 24 ore”:

    R. - Le elezioni non porteranno novità, perché praticamente Musharraf verrà rieletto presidente. La novità vera, grande, è il ritorno sulla scena di Benazir Bhutto e l’accordo tra l’ex primo ministro, in esilio dal ’99 dopo il colpo di Stato, ed il presidente Musharraf, il quale ha promesso che dopo l’elezione a presidente abbandonerà la divisa da generale. E’ questo l’accordo che dovrebbe in qualche modo tentare di salvare il Pakistan dal radicalismo islamico.

     
    D. - Un accordo che ha tutti i presupposti per durare o i punti di tensione sono ancora tanti?

     
    R. - La storia politica del Pakistan ci insegna purtroppo che questo è un Paese dai regimi molto instabili, soprattutto quelli civili, e c’è un motivo: il panorama politico è molto frammentato e gli attori che stanno tornando sulla scena sono - Benazir Bhutto compresa – piuttosto usurati.

     
    D. - I talebani che agiscono dall’Afghanistan potrebbero realmente accettare di vedere un Pakistan normalizzato in seguito a questo processo elettorale, o tenteranno un colpo di mano?

     
    R. - Certamente, gli eventi interni del Pakistan sono influenzati da quello che avviene ai suoi confini. Lo sono sempre stati. Quindi, in qualche modo, quello che avviene in Pakistan è decisivo, o comunque può influenzare, quello che può succedere in Afghanistan.

     
    D. - Gli Stati Uniti, che hanno avuto finora una grossa influenza e grossi interessi sul Pakistan, potrebbero decidere di cambiare il sostegno dato finora al presidente Musharraf e puntare magari su qualcun altro?

     
    R. - Per ora non credo, anzi questo accordo di spartizione del potere tra Benazir Bhutto e Musharraf è letto e interpretato da tutti come un’operazione di chiarissima marca statunitense.

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    Il dialogo fra culture e religioni per un mondo senza violenza: è l'obiettivo del prossimo meeting "Uomini e religioni" che Sant'Egidio aprirà a Napoli il 21 ottobre, in coincidenza con la visita del Papa

    ◊   Sarà Benedetto XVI ad aprire, domenica 21 ottobre a Napoli, la 21.ma edizione dell’incontro internazionale "Uomini e Religioni", organizzato dalla comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con la diocesi di Napoli, quest’anno dal titolo: “Per un mondo senza violenza, religioni e culture in dialogo”. Per due giorni, rappresentanti di tutte le religioni, nonché esponenti internazionali del mondo della cultura e della politica, animeranno incontri, conferenze e manifestazioni: come ad Amalfi, dove il Patriarca ortodosso, Bartolomeo I, riceverà la cittadinanza onoraria e una reliquia di Sant’Andrea. L’appuntamento è stato presentato ieri a Roma. Il servizio di Francesca Sabatinelli:


    Un tema del nostro tempo: la violenza, un problema di Napoli, così come di tante altre città. E’ però dal capoluogo partenopeo che partirà il messaggio: il dialogo come unica via per arrivare ad un mondo senza violenza e dove le religioni non vengano usate per fare guerra all’altro. Il meeting Uomini e Religioni propone dunque la lettura di importanti personalità religiose, della politica e della cultura, che discuteranno di religioni e ragione, delle sfide dell’Europa, dei conflitti nel mondo. Ad avviare i lavori, la celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI, presenti i rappresentanti ecumenici. Una felice coincidenza: così Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio, definisce la visita di Benedetto XVI a Napoli, il 21 ottobre prossimo:

    "Saremmo contenti di poter salutare il Papa dopo la Messa con i rappresentanti presenti al meeting interreligioso. Io credo che la particolarità di quest’anno è che verrà da Napoli un messaggio molto forte che dice che “gli uomini e le donne di religione credono profondamente che la pace sia un dono dall’alto, cioè legato alla preghiera, all’approfondimento delle Scritture, all’approfondimento della propria tradizione religiosa. Nulla a che vedere con il sincretismo, ma i credenti, assieme agli uomini o alle donne di buona volontà, dicono che la religione non può essere strumentalizzata per la violenza, per la guerra. Chi crede solo allo scontro tra le civiltà, non crede al futuro dell’uomo e noi lavoriamo per garantire invece un futuro a tutti noi".

    A Napoli si ritroveranno importanti presenze islamiche e dell’ebraismo, ma soprattutto eminenti figure del mondo cristiano: Bartolomeo I, Patriarca ortodosso ecumenico, Anastasios, primate della Chiesa ortodossa d’Albania, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, i cardinali Tauran, McCarrick, Kasper, Ricard. Il dialogo ecumenico è l’idea portante dell’incontro di Sant’Egidio, è una grande responsabilità per ogni cristiano. L’ecumenismo è la prima vocazione come cristiani e credenti. Ancora Marazziti:
     
    "Non possiamo entrare in una stagione di pessimismo sull’ecumenismo. Cristiani uniti farebbero un’Europa diversa e farebbero dell’Europa un valore in più per il mondo. Oggi c’è questa debolezza dell’Europa, che invece potrebbe dare tanto, ed è una debolezza che l’unità dei cristiani metterebbe a dura prova, ovvero sfiderebbe ad un livello più alto".

     
    Appuntamento quindi il 21 ottobre in piazza del Plebiscito, per la Messa presieduta dal Papa. Fino a martedì 23 si alterneranno le tavole rotonde, nel pomeriggio la cerimonia finale che come di consueto vedrà la lettura e la firma dell’appello di pace da parte di tutti i rappresentanti delle religioni presenti.

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    Nell’odierna Giornata mondiale degli insegnanti, l’ONU esorta la comunità internazionale ad investire nuove risorse nella lotta contro l’analfabetismo. Intervista con mons. Aldo Martini

    ◊   Gli insegnanti hanno ruolo fondamentale per sconfiggere l’analfabetismo: è il richiamo del direttore generale dell’UNESCO, Koïchiro Matsuura, nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale degli insegnanti. La mancanza di maestri qualificati, rileva l’ONU, rappresenta il maggiore ostacolo all’istruzione di milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo. Complessivamente, sottolinea l’UNESCO, mancano almeno 18 milioni di insegnanti, di cui 4 nel solo continente africano. Per una riflessione sul ruolo dei maestri nella lotta all’analfabetismo e alla povertà, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Aldo Martini, presidente dell’OPAM, l’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo:


    R. - L’istruzione non è un optional, ma è un diritto di ogni persona. Così dice l’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU. Nella pratica, però, sappiamo che non è così. Quasi un sesto della popolazione mondiale non sa né leggere né scrivere e non può accedere alla scuola. Oltre ai 900 milioni di adulti analfabeti, abbiamo 100 milioni di bambini che non ricevono alcuna forma di istruzione. Una delle cause, oltre alla povertà, è dunque anche la mancanza di insegnanti.

     
    D. - Quali sono i principali problemi per gli insegnanti nei Paesi in via di sviluppo?

     
    R. - Innanzitutto il problema della mancanza di insegnanti, problema numerico. Abbiamo Paesi dove le classi - e parlo delle classi della scuola primaria - arrivano a 100, 150 alunni. Un secondo problema è avere insegnanti qualificati, perchè spesso i governi cercano di “tappare” questo grosso deficit, promuovendo magari sul campo giovani che hanno poco più dell’età dei loro alunni e a volte hanno un grado di istruzione estremamente limitato. Mancano soprattutto le insegnanti donne. In certe culture, la presenza di una donna come insegnante è fondamentale affinché i genitori affidino le bambine alla scuola, perché altrimenti temono che possano subire violenze. Poi, servono insegnanti remunerati decentemente, perchè in molti Paesi l’insegnante è il più dequalificato tra gli impiegati pubblici.

     
    D. - Cosa sta facendo l’OPAM per gli insegnanti del Terzo mondo?

     
    R. - Noi abbiamo lanciato una campagna “Adotta un maestro” che ha avuto un certo successo. Con un calcolo molto semplice, possiamo dire che con meno di un caffé al giorno o meno di due pizze al mese, noi riusciremmo a mantenere un maestro per un mese. In molti Paesi dell’Africa, bastano 15 euro mensili. E’ inutile fare delle scuole che poi vengono disertate. E’ inutile impiegare tanti soldi, perchè i bambini possano andare a scuola, quando poi non hanno i maestri. Un invito che vorrei fare agli ascoltatori è proprio questo: una maggiore sensibilità al problema della formazione degli insegnanti. In questo, noi troviamo una grande sensibilità e anche un aiuto concreto, ad esempio, da parte della Conferenza episcopale italiana, nella persona di mons. Bacchelli, il quale ogni volta che si presenta un progetto di questo genere è molto sensibile e ci aiuta.

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    Chiesa e Società



    A Fatima, in Portogallo, la Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE)

    ◊   “Senza i cristiani e la Chiesa, l’Europa non avrebbe cuore”. E’ chiaro e forte il messaggio che il cardinale Péter Erdó, arcivescovo di Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE), ha lanciato ieri all’apertura dell’Assemblea plenaria dell’organismo continentale. Assemblea che si tiene a Fatima, in Portogallo, uno dei luoghi simbolo delle radici cristiane dell’Europa, in occasione delle celebrazioni per il 90.mo anniversario delle apparizioni mariane. Naturalmente, alla voce del porporato ungherese si sono aggiunte anche quelle di altri membri della plenaria. Il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, portando il saluto del Papa, ha ricordato che anche se nell’Europa di oggi vi sono forze che tendono ad emarginare i cristiani e i loro valori, non bisogna scoraggiarsi, anzi, questa è l’ora dell’impegno. Mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga, presidente della Conferenza episcopale portoghese, ha aggiunto: “Dobbiamo rimanere uniti nel credere che la fede cristiana rappresenta un patrimonio molto speciale per il presente e il futuro dell’Europa, proprio come la famiglia”, argomento del quale si è parlato stamattina. “Minarla – ha detto il cardinale francese Jean-Pierre Ricard – sarebbe un grave danno per tutti”. E anche questo è un messaggio chiaro e forte per Bruxelles, come per i singoli Paesi europei. (Da Fatima, per la Radio Vaticana, Mimmo Muolo, inviato di Avvenire)

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    Lutto nell’episcopato cinese: deceduto, a quasi 90 anni, mons. Benedetto Cai Xiufeng, vescovo di Wuzhou. Aveva trascorso 22 anni in prigione

    ◊   Il 20 agosto scorso, è deceduto, quasi novantenne e dopo anni di malattia, mons. Benedetto Cai Xiufeng, vescovo di Wuzhou, nella regione autonoma di Guangxi, nella Cina continentale. Il presule era nato nel 1918 a Pingnan e venne battezzato nel 1932. Fu ordinato sacerdote il 3 dicembre 1948. Per 22 anni, dal 1956 al 1978, fu in prigione, “alla scuola di San Paolo”, come egli stesso definì il carcere. Nel 1980, tornò a lavorare a Wuzhou: per tre anni insegnò inglese in una scuola media, poi riprese il ministero pastorale da presbitero. Il presule, che è rimasto sempre fedele al Papa, era conosciuto per la sua vita semplice: si dice che al momento della morte usasse ancora vestiti comprati circa 20 anni prima per soli tre yuan. Raccomandava a tutti di non dare troppa importanza ai soldi, dato che - affermava - “l’amore del denaro porta all’inferno”. I funerali sono stati celebrati il 24 agosto alla presenza di molti sacerdoti, religiose e fedeli. La diocesi di Wuzhou conta 20 mila cattolici, con quattro sacerdoti, 26 suore e cinque seminaristi. (R.M.)

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    Corea: passo storico nel dialogo Nord-Sud, mentre la Chiesa prega per l’unità e la riconciliazione del popolo coreano

    ◊   Grande gioia della Chiesa coreana per l’accordo, raggiunto a Pyongyang, tra il leader della Corea del Nord, Kim Jong Il, e il presidente sudcoreano, Roh Moo-hyun, per la creazione di una “zona speciale di pace e di cooperazione economica”. L’intesa è stata preceduta dall’annuncio, ai colloqui a sei di Pechino, dello smantellamento nucleare nordcoreano entro la fine dell’anno. Nella delegazione del Sud giunta a Pyongyang, era presente anche mons. John Chang Yik, vescovo di Ch’unch’ŏn e presidente della Conferenza episcopale coreana. In passato, la Chiesa ha sempre diffuso inviti alla pace e alla riconciliazione, sostenendo una ripresa dei colloqui, per dare il via a un’era di pacifica convivenza e armonia nell’estremo Oriente. Come riferisce l’agenzia Fides, i cattolici hanno sempre operato, attraverso la preghiera e la solidarietà, per abbattere il muro fra Nord e Sud Corea e piantare semi di giustizia, pace e gioia, promuovendo diverse iniziative di dialogo e incrementando le relazioni. Oltre alle ormai consuete attività nel campo della raccolta di aiuti umanitari della Caritas, la comunità cristiana organizza ogni anno una novena di preghiera dal 18 al 27 giugno. La Giornata di preghiera per la riconciliazione e l’unità si celebra dal 1965 nella domenica più vicina al 25 giugno, giorno in cui è scoppiata la guerra di Corea (1950-53). Per i tre giorni del vertice di Pyongyang, e nei giorni che verranno, le comunità cattoliche della Corea del Sud si ritrovano in preghiera. Nelle diocesi è stato ridistribuito, letto e meditato il testo del messaggio di mons. Lucas Kim Woon-hoe, presidente della Commissione per la riconciliazione del popolo coreano, in seno alla Conferenza episcopale, pubblicato nel giugno scorso in occasione della Giornata di preghiera per la riconciliazione e l’unità del popolo coreano. (R.M.)

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    Solidarietà della Chiesa filippina, srilankese e indiana con la popolazione della Birmania

    ◊   Le Chiese delle Filippine, dello Sri Lanka e dell'India promuovono in questi giorni incontri di preghiera e manifestazioni di solidarietà a favore dei monaci buddisti e della popolazione dell’ex Birmania, che protestano contro la giunta militare al potere, rivendicando diritti umani e democrazia. La Conferenza episcopale filippina ha chiesto a tutti i cattolici della nazione di pregare ed offrire Messe, “affinché si raggiunga presto una soluzione, pacifica e non violenta, alla crisi del Myanmar”. “Sappiamo bene cosa vuol dire legge marziale, perché l’abbiamo vissuta sulla nostra pelle – scrive il presidente dei vescovi filippini, mons. Angel N. Lagdameo, in un messaggio letto in tutte le diocesi e ripreso da AsiaNews – Per questo, possiamo capire cosa provano i monaci, la popolazione e i nostri fratelli del Myanmar”. Intanto, ieri sera a Colombo, in Sri Lanka, davanti all’ambasciata del Myanmar, per più di un’ora oltre 200 persone, tra cui suore e sacerdoti cattolici, leader di partiti, attivisti per i diritti umani, insieme a circa 40 monaci buddisti birmani, hanno mostrato in silenzio cartelli e striscioni, chiedendo tra l’altro: “Liberate i prigionieri politici”; “Ascoltate il popolo”, “Fermare le uccisioni”; “Libertà per i giornalisti”, “Rilasciare Aung San Suu Kyi”. L’iniziativa è stata promossa dalle organizzazioni The Human Rights in Conflict program of the Law and Society Trust (LST) e Friends of the Third World (FTW). E anche Duleep de Chimera, vescovo anglicano di Colombo, in una lettera all'ambasciatore birmano, esprime "solidarietà per la lodevole guida dei monaci buddisti del Myanmar nella protesta di massa". Una protesta definita "legittima". Infine, una veglia di preghiera a lume di candela, per esprimere la vicinanza a chiunque lotti con metodi non violenti per la pace, la giustizia e la libertà è stata organizzata, per il prossimo 7 ottobre, dall’arcidiocesi di Delhi, in India, nella cattedrale del Sacro Cuore. “La popolazione birmana – afferma ad AsiaNews l’arcivescovo locale, mons. Vincent Michael Concessao - è stata oppressa sin dalla presa di potere della giunta, 45 anni fa, che ha imposto la sua idea di Stato e di diritti: questa, ora, è divenuta la nostra preoccupazione. Con la nostra veglia di preghiera, vogliamo dire che si deve trovare una soluzione pacifica a questa situazione”. (R.M.)

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    Sri Lanka. A Colombo, la società civile chiede giustizia per l’uccisione di padre Packiya Ranjith

    ◊   La società civile in Sri Lanka non si rassegna all’uccisione di padre Nicholas Pilai Packiya Ranjith, coordinatore per il distretto di Mannar del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, morto il 26 settembre in un attentato esplosivo, mentre con un’auto portava alimenti e altri aiuti al campo profughi e all’orfanotrofio di Vidathalvu. Il 3 ottobre – riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews – 22 organizzazioni hanno diffuso una lettera di condanna del brutale omicidio del sacerdote cattolico, impegnato nell’aiuto ai poveri e agli emarginati del nord del Paese, segnato dalla guerra civile da oltre 20 anni. Nel documento, i firmatari, tra cui Caritas-Kandy, National Peace Council e Christian Alliance for Social Action, chiedono alle autorità di prendere in seria considerazione il caso e di garantire indagini indipendenti per assicurare alla legge i responsabili. Denunciano poi che finora nessuno risulta indagato in relazione all’incidente. La morte di padre Packiya Ranjith è avvenuta meno di due settimane dalla negazione, da parte di Colombo, che nel Paese luoghi di culto e leader religiosi siano sotto costante attacco. L’accusa è mossa al governo srilankese dalle organizzazioni per i diritti umani e da gruppi religiosi locali e internazionali. Nella lettera si chiede “al governo, ai ribelli delle Tigri Tamil e agli attori armati in campo di rispettare la legge internazionale e garantire sicurezza ai capi religiosi e agli operatori umanitari, di modo che possano portare avanti il fondamentale lavoro di assistere e proteggere le vittime del conflitto”. Padre Packiya Ranjit è il quarto esponente religioso ucciso o scomparso nel nord e nell’est dello Sri Lanka dall’agosto 2006, mentre risulta 58.mo nella triste e lunga lista di operatori umanitari uccisi o scomparsi dal gennaio 2006. (R.M.)

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    “Rompere il silenzio sulla crisi umanitaria in Iraq”: appello del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC)

    ◊   Un appello a “rompere il silenzio della comunità internazionale sulla crisi umanitaria in Iraq” e a fornire maggiori aiuti agli sfollati e ai rifugiati è stato lanciato del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC). In una “Dichiarazione sull’Iraq e le sue comunità cristiane”, pubblicata durante la recente riunione del comitato esecutivo del CEC in Armenia e ripresa dall’agenzia Misna, si afferma che “più della metà della popolazione irachena vive nella povertà estrema, persino nella più totale indigenza”. Un iracheno su sei - prosegue il testo - “è dovuto scappare da casa o dal Paese” a causa del “clima di violenza imposto da gruppi armati, forze militari regolari e fazioni criminali”. Partendo dalla constatazione che “le strategie basate sull’uso della forza hanno portato il Paese al caos”, il Consiglio ribadisce che “le Chiese non appoggiano le politiche fondate sull’occupazione” e chiede, in un’altra nota, “il ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq e l'attuazione di programmi politici, economici e di sicurezza multilaterali”. La sorte dei cristiani in Iraq (solo il 4% della popolazione, ma il 40% dei profughi), “senza essere dissociata da quella delle altre comunità del Paese, è fonte di preoccupazione per le Chiese nel mondo e un’incitamento a reagire”. I dirigenti del CEC si congratulano poi con i capi religiosi musulmani iracheni “per l'uso della propria autorità per limitare la violenza”. Suggeriscono infine una presa di posizione congiunta dei cristiani e dei musulmani “a favore della tolleranza e della coesistenza in Iraq. Sarebbe un messaggio potente per tutti gli iracheni - concludono - di qualunque fede religiosa appartengano”. (R.M.)

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    ONU: istituito un “relatore speciale” per le moderne forme di schiavitù

    ◊   La figura di un "relatore speciale" sulle forme contemporanee di schiavitù è stata istituita dal Consiglio dei diritti umani dell’ONU, accettando le raccomandazioni del Franciscans International (FI), organizzazione non governativa dei missionari francescani a statuto consultivo presso le Nazioni Unite. “E’ il coronamento dei nostri sforzi degli ultimi dodici mesi”, si legge in una nota del FI, citata dall’agenzia Misna. Nel 2002, fu il francescano Joseph Legounou, deceduto l’anno scorso, a parlare pubblicamente in sede ONU delle forme attuali di schiavitù in Africa occidentale e, in particolare, nel suo Paese, il Togo. “L’intervento di fratel Joseph – ha commentato Alessandra Aula, coordinatrice dell’organizzazione – seguito da quelli di numerosi altri francescani che hanno partecipato ai nostri corsi di formazione, e la campagna di sensibilizzazione hanno avuto un risultato: ormai, le forme contemporanee di schiavitù saranno oggetto dell’attenzione e della visibilità che meritano nel sistema dei diritti umani dell’ONU”. Secondo alcune stime correnti, sarebbero circa 12 milioni le vittime di sfruttamento illegale nel mondo. Fratel Legonou, noto per il suo impegno a favore dei più bisognosi, fu coordinatore della Commissione Giustizia e pace dell’Africa sub-sahariana, coordinatore del FI in Benin, Costa d’Avorio e Togo e membro della Commissione ONU per i diritti umani. (R.M.)

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    Morte degna ed eutanasia non sono la stessa cosa: così i vescovi colombiani in un documento riguardo al progetto di legge sulla legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito

    ◊   “Il senso della dignità umana implica la ricerca e lo sviluppo delle condizioni fisiche, psicologiche, spirituali e morali proprie della persona umana”; questa dignità non diminuisce con il dolore e con la sofferenza che non sono da considerare “ostacoli per la vita dell’essere umano”. Così si esprimono i vescovi colombiani in un documento che analizza il disegno di legge sulla legalizzazione dell’eutanasia e il suicidio assistito, attualmente in discussione al senato. Nel comunicato, firmato dal presidente della Conferenza Episcopale Colombiana, l’arcivescovo di Tunja, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, si afferma che dolore e sofferenza costituiscono una grande opportunità per “riconoscere la fragilità umana e la naturale sfida a superarla”. “La dignità di un essere umano non entra in conflitto con la propria natura, in modo che invecchiare, soffrire e morire non sono elementi che degradano la dignità di un essere umano” affermano i vescovi che nel marzo scorso, quando il progetto di legge è stato presentato al Congresso della Repubblica, avevano già pubblicato un documento per ribadire il loro si alla difesa della vita e il rifiuto dell’eutanasia. L’episcopato aveva anche chiesto ai legislatori di pensare l’elaborazione di norme per promuovere le cure palliative. Nel nuovo documento datato 3 ottobre i vescovi affermano che “il vero senso della morte degna sta nella conclusione naturale del processo vitale in condizioni umane di assistenza medica, familiare e spirituale”. Sebbene il disegno di legge “pretenda di offrire la possibilità di ‘mettere fine alla vita in una forma degna ed umana’, “non esiste, tuttavia, ‘forma degna ed umana possibile’ quando si tenta di mettere fine alla vita di qualunque essere umano”. Inoltre, per i presuli, gli argomenti esposti dai senatori che hanno promosso il progetto di legge “attentano ai valori propri” della cultura colombiana “che da secoli ha vissuto sempre il dolore e la morte con un sacro rispetto ed un senso trascendente”. Secondo l’episcopato questa legge “mette alcuni esseri umani in situazione di vulnerabilità e di mancanza di protezione da parte del Governo che è nell'obbligo di rispettare la vita come il primo e fondamentale dei diritti dei colombiani”. (T.C.)

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    Assassinato un volontario di Italia Solidale appartenente alla comunità del popolo Nasa della Colombia

    ◊   La sera del 25 settembre, è stato ucciso in Colombia José Clímaco Chocué Camayo, volontario di Italia Solidale, la ONLUS fondata 50 anni fa da padre Angelo Benolli. Secondo un comunicato dell’organizzazione, ripreso dall’agenzia Fides, il volontario è morto nella valle del Cauca, per mano di sicari sconosciuti. Da tempo era minacciato dalle “Aquile nere”, una formazione di paramilitari. È stato giustiziato perché, come “cabildo supplente”, autorità significativa del popolo Nasa, si batteva onestamente per il bene della sua gente, per liberarla dai soprusi e dalle violenze che, da sempre, mietono vittime tra questa pacifica popolazione indigena. Aveva scelto di aiutare la sua gente non solo con le rivendicazioni sociali, con le marce e con le denunce, ma lavorando attivamente per la vita dei bambini e delle famiglie, come volontario della collaborazione “Nord del Cauca Solidale - Italia Solidale”, nata per portare autentico sviluppo alle persone e alle comunità, attraverso una "nuova cultura di vita” e un “nuovo modo di fare missione ed adozione a distanza”. Stava inoltre sperimentando, insieme alla sua gente, che con i "prestiti solidali", un sistema di microcredito innovativo, si ritrova veramente la dignità, si esce dalla schiavitù dell’assistenzialismo e si rendono le famiglie sussistenti. Il popolo indigeno dei Nasa vive sulla Cordigliera centrale delle Ande. Questo è un territorio strategico per il traffico di droga, conteso da narcotrafficanti, paramilitari, guerriglia e truppe dell’esercito regolare. Come se non bastasse, negli ultimi anni si sono inaspriti gli scontri armati tra guerriglieri delle FARC ed esercito. (R.M.)

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    In Francia, test del DNA per i parenti extracomunitari di immigrati regolari. La Chiesa: “Lesa la dignità umana”

    ◊   La Conferenza episcopale francese ha confermato la propria opposizione all’emendamento, approvato ieri dal senato a titolo sperimentale, che prevede la prova del DNA per autorizzare l’arrivo di familiari extracomunitari di immigrati già regolarmente residenti sul territorio d’Oltralpe. “Ci sarebbe in tal modo il rischio di una grave deriva sul senso dell’uomo e la dignità della famiglia”, si legge in un messaggio, ripreso dal quotidiano Avvenire, a firma di mons. Olivier de Berranger, vescovo di Saint-Denis e presidente della Commissione episcopale per la missione universale della Chiesa, e di mons. Claude Schockert, vescovo di Belfort-Montbéliard. Il cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e presidente dei vescovi francesi, aveva già preso la parola lo scorso 19 settembre a Montpellier: “In occasione delle ultime discussioni sulle leggi a carattere bioetico – aveva affermato – si era detto che non ci sarebbero stati test sul DNA al di fuori delle ragioni mediche. Non si dovrebbe aprire il vaso di Pandora e andare verso un utilizzo deleterio dei test”. Anche il Consiglio nazionale d’etica ha giudicato ieri che l’emendamento “contraddice lo spirito della legge francese”. (R.M.)

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    In Nigeria, il primo Congresso missionario nazionale, a 50 anni dalla “Fidei Donum”

    ◊   “Mi sarete testimoni” (At 1,8): attorno a questo versetto ha ruotato il primo Congresso missionario nazionale nigeriano, svoltosi a Nkpor, nell’arciodiocesi di Onitcha. L’evento è stato organizzato dalle Pontificie opere missionarie nigeriane e dal Consiglio nazionale missionario, con il patrocinio della Conferenza episcopale. L’obiettivo è stato riflettere sull’impegno della Chiesa nigeriana nella missione nel mondo, a 50 anni dalla promulgazione dell’Enciclica “Fidei Donum” di Pio XII. “Un impegno – si ricorda nel documento finale, che cita il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata missionaria mondiale 2007 - che resta il primo servizio che la Chiesa deve all’umanità di oggi, per orientare ed evangelizzare le trasformazioni culturali, sociali ed etiche; per offrire la salvezza di Cristo all’uomo del nostro tempo”. Diverse le indicazioni e raccomandazioni scaturite dal Congresso, che ha invitato a prendere a modello lo spirito dei primi missionari martiri della Nigeria. Tra queste: la promozione di un maggiore coinvolgimento dei laici nell’animazione missionaria e, a tal fine, la messa a punto di adeguate strutture di formazione e aggiornamento, con una particolare attenzione ai giovani; l’aggiornamento dei catechisti per rendere più incisiva la loro opera “in un contesto missionario in continua evoluzione”; un rinnovato impegno della Chiesa nigeriana nella missione universale; la promozione delle vocazioni missionarie nei seminari e, più in generale, di una più sistematica opera di sensibilizzazione sulla centralità della missione in tutti gli ambiti ecclesiali. Il documento sottolinea, infine, la necessità di promuovere una più stretta collaborazione e coordinamento tra vescovi, sacerdoti, congregazioni religiose e laici. (L.Z.)

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    Il cardinale Pell, arcivescovo di Sydney, ai partecipanti alla GMG: “Preparatevi spiritualmente”

    ◊   “La GMG è un momento di conversione. Per questo, occorre prepararsi spiritualmente e non lasciarsi sopraffare dalle questioni organizzative e logistiche”. A ricordarlo è il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, dove dal 15 al 20 luglio 2008 si svolgerà la prossima Giornata mondiale della gioventù. “La sfida più importante è la preparazione spirituale – ha detto il porporato, le cui parole sono riportate dalle agenzie Fides e Sir - un numero crescente di giovani australiani pensa che si possa vivere bene anche senza Dio: c’è una erosione della fede e della pratica religiosa”. Per questo, i giovani credenti sono chiamati a dare una risposta con una testimonianza di vita forte di avvicinamento ai sacramenti e alla preghiera. “Una delle benedizioni che la GMG ci donerà - ha aggiunto il cardinale Pell - è l’insegnamento di Cristo, che porterà i valori spirituali sulla scena pubblica”. Anche per mons. Anthony Colin Fisher, vescovo ausiliare di Sydney e coordinatore della GMG, “il fermento organizzativo deve sempre essere accompagnato da un impegno spirituale”. Il presule ha ricordato che la GMG in Australia costituisce un’occasione preziosa per tutti i giovani dell’Oceania, che potranno ripensare alla dimensione trascendente della vita e ritrovare il rapporto con Dio. Essa sarà, secondo mons. Fisher, “una grande opportunità per una nuova evangelizzazione”. (R.M.)

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    Italia: 2 milioni e 623 mila famiglie vivono sotto la soglia di indigenza, lo denuncia l’ISTAT, che ieri ha presentato il Rapporto 2006 sulla povertà relativa in Italia

    ◊   “I dati ISTAT dimostrano una vera emergenza cui bisogna rispondere”. Così il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, commentando il Rapporto dell’Istituto di Statistica Italiano sulla povertà relativa al 2006. L’11,1% delle famiglie - secondo i grafici – risulta essere in povertà, per un totale di oltre 7 milioni e mezzo di persone. Secondo l’ISTAT i dati non sono mutati rispetto al 2005 e sono sostanzialmente stabili negli ultimi quattro anni. “Il 2006 è stato un anno di ripresa economica. Il prodotto interno lordo è salito e sarebbe stato, quindi, legittimo attendersi - secondo l’opinione dell’economista Luigi Campiglio – una riduzione della povertà. Il fatto che sia rimasta invariata sembrerebbe – il condizionale è d’obbligo - segnalare che sia il tenore di vita, sia il livello di disuguaglianza economica nel Paese è rimasto invariato. E questo – sostiene l’economista Campiglio – non è certamente un buon segno”. I più indigenti, secondo l’ISTAT, risiedono al Sud, fra le famiglie numerose e dove vivono gli anziani. Classificate come povere le famiglie composte da due persone che hanno una spesa media mensile pari o inferiore a circa 970 euro. Dalle percentuali emerge che il 65 per cento del totale delle famiglia indigenti vive nel Mezzogiorno. La regione più in difficoltà in Italia appare la Sicilia e la più ricca l’Emilia Romagna. Al Nord, a causa del costo maggiore della vita, ad essere a rischio povertà sono l’8,1 % delle famiglie monogenitoriali. Secondo gli esperti, comunque, l’aumento di tariffe e prezzi sono solo parzialmente responsabili di questa situazione. “Il punto è che l’intero assetto della società italiana nella sua distribuzione di reddito, nella distribuzione territoriale è - secondo l’economista Campiglio - come ingessata e fa fatica a cambiare: questo ci dicono questi dati”. Sui dati dell’ISTAT è, comunque, scontro tra maggioranza ed opposizione. Il centro-destra accusa il governo di immobilismo, mentre l’esecutivo ribadisce che la Finanziaria sta andando nella giusta direzione per aiutare gli italiani. (A cura di Massimiliano Menichetti)

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    24 Ore nel Mondo



    Birmania: oggi riunione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU dopo la missione dell'inviato di Ban Ki-moon, Gambari - L'Iran ribadisce di voler continuare il suo programma nucleare nonostante le pressioni internazionali

    ◊   Giornata decisiva per la Birmania dopo le proteste di piazza contro la Giunta militare costata la vita ad un numero imprecisato di persone. Alle ore 10, le 16 in Italia, si riunirà il Consiglio di Sicurezza dell’ONU dedicato al rapporto dell’inviato di Ban-Ki-Moon nel Paese, Ibrahim Gambari. Intanto a Yangon, l’opposizione boccia come “fasulla” l’offerta di dialogo tra il generale, Than Shwe, e la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi. Per la Lega Nazionale per la Democrazia, i militari hanno chiesto al premio Nobel per la pace l'ammissione di reati che non ha mai commesso e soprattutto di abbandonare la politica del dialogo. Nessun dettaglio sui prossimi colloqui è arrivato dal rappresentante diplomatico degli Stati Uniti in Birmania, Shari Villarosa, partita questa mattina da Yangon, per incontrare i vertici delle giunta militare a Naypyidaw, la capitale amministrativa creata dal regime. Con ogni probabilità non vedrà il generale Than Shwe, ma forse un uomo vicino alla guida della Giunta militare.

    - Ancora violenze in Iraq, dove forze statunitensi hanno annunciato l’uccisione di 25 persone, coinvolte in un vasto traffico di armi dall’Iran, durante un bombardamento aereo nei pressi di Baquba. L’operazione è stata condotta per catturare un elemento di spicco della criminalità legato ai pasdaran iraniani. Fonti irachene rendono noto però che circa 25 civili sono rimasti uccisi in un attacco aereo. Ancora da chiarire se si tratti dello stesso episodio. Intanto, cresce il numero delle perdite tra le fila dell’esercito americano: un soldato è morto in seguito a colpi di armi leggere, ieri, durante un’operazione militare nella parte meridionale di Baghdad.

    - Elevato stato d’allerta a Gerusalemme per le preghiere dell’ultimo venerdì di Ramadan. Numerosi gli agenti schierati nelle vicinanze della Spianata delle Moschee dove si prevede l’arrivo di migliaia di palestinesi. Intanto, non si ferma la violenza tra Hamas e Fatah: nella Striscia di Gaza si sono registrati nella notte tre attentati esplosivi che però non hanno provocato vittime. Sempre nella Striscia, un soldato palestinese è morto in uno scontro a fuoco con militari israeliani.

    - In Afghanistan, un’esplosione ha provocato la morte di un soldato britannico ed il ferimento di altri due. Il fatto è accaduto ieri, ma si è saputo solo oggi, sulla via del rientro alla base aerea di Kandahar.

    - Soddisfazione è stata espressa dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, dopo l’accordo raggiunto dalle due Coree che prevede la collaborazione economica tra Seul e Pyongyang, impegnate a migliorare le loro relazioni diplomatiche. “Un passo significativo – ha dichiarato il numero uno dell’ONU - per promuovere la pace e la sicurezza della penisola coreana e più in generale dell’Asia nordorientale”.

    - Anche dopo l’annuncio della Nord Corea di smantellare gli arsenali nucleari entro l’anno, l’Iran ha fatto sapere di procedere con i propri programmi atomici. Sul presidente Ahmadinejad - che anche oggi a Teheran ha difeso il diritto del proprio Paese al nucleare - sembrano non pesare le minacce di ulteriori sanzioni internazionali. Ma secondo l’intellettuale iraniano Hassan Yousefi Eshkevari, già esponente religioso sciita ridotto dal Tribunale del Clero iraniano allo stato laicale a causa del suo impegno per i diritti umani, tali provvedimenti restrittivi causerebbero un inasprimento della repressione interna. Proprio sulla situazione dei diritti umani in Iran, Giada Aquilino ha raccolto la testimonianza dello stesso Eshkevari, in questi giorni in Italia per partecipare ad un convegno a Venezia su Islam e diritti umani:


    (parole in persiano)
    R. – La situazione sicuramente non è buona. Le violazioni sono perpetue e continue, un po’ in tutti i settori, ma soprattutto per quanto riguarda la stampa, le donne, i giovani e le minoranze etniche. I giovani sono molto attivi a livello di organizzazioni studentesche, grazie ai diritti che hanno conquistato. Anche il giornalismo iraniano è molto giovane, proprio perché i ragazzi sono portatori della voglia di libertà di espressione degli iraniani. Le donne, in particolare, hanno creato tantissime organizzazioni e campagne e stanno lottando molto seriamente per avere i diritti che al momento vengono loro negati.

     
    D. – Perché oggi l’attenzione internazionale è concentrata sul nucleare iraniano?

     
    (parole in persiano)
    R. – Suppongo che sia perché è considerato una minaccia alla sicurezza d’Israele. E poi per i timori che un Iran nucleare possa scatenare una corsa in Medio Oriente alle armi atomiche o in generale a quelle di distruzione di massa.

     
    D. – Anche l’Unione Europea ha minacciato nuove sanzioni nei confronti dell’Iran. Le autorità di Teheran e il presidente Ahmadinejad hanno risposto che andranno avanti con i loro programmi atomici. Perché?

     
    (parole in persiano)
    R. – Da una parte la Repubblica islamica dice che vuole arrivare ad un accordo sulla questione nucleare con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Dall’altra, Ahmadinejad rilascia queste dichiarazioni per avere una cassa di risonanza internazionale. Il mondo invece dovrebbe essere più attento a ciò che pensano tutti coloro che veramente prendono le decisioni in Iran. Per esempio, il Consiglio per il discernimento di Stato e l’Assemblea degli esperti - ambedue presieduti dall’ex presidente Rafsanjani - o Ali Larijani, il principale negoziatore iraniano in materia di nucleare, non sono d’accordo con l’attuale linea politica.

    - Bocciata l’ipotesi di una grande coalizione in Ucraina da parte di molti esponenti politici. Un'idea che era stata lanciata dal presidente filo occidentale Yushchenko ma non aveva trovato consensi nemmeno all’interno del suo stesso partito “Nostra Ucraina”. “No” anche dalla formazione del premier Yanukovich e dalla Timoshenko, vera vincitrice con il suo 30 per cento, delle elezioni di domenica.

    - Le autorità ucraine sono attese lunedì a Mosca per il negoziato con il colosso energentico russo Gazprom sulle forniture di gas. Intanto, Kiev ha annunciato alla Commissione Europea di voler risolvere la vicenda entro il primo novembre per evitare interruzioni nell’erogazione di energia sia verso l’Ucraina che verso l’Europa.

    - Duro colpo inferto dalla magistratura spagnola al partito fuorilegge basco, Batasuna. Sono stati arrestati numerosi dirigenti della formazione politica, considerata vicina al braccio armato dell’ETA, a Segura, durante una riunione del direttivo del partito. “Una dichiarazione di guerra contro il progetto indipendentista”, è stato il commento della sinistra radicale che ha convocato, per questa sera, mobilitazioni contro gli arresti. Il servizio di Ignazio Arregui:

    La cifra definitiva degli arrestati ieri dalla Polizia nazionale in una piccola cittá dei Paesi Baschi è di 23 tra dirigenti e militanti della sinistra radicale nazionalista basca. L’operazione si è svolta in pochi minuti mentre il gruppo era riunito per rinnovare la direzione del partito Herri Batasuna, dichiarato illegale e terrorista per la sua collaborazione con il gruppo armato ETA. Tuttavia, non si conosce ancora la motivazione precisa del giudice Baltazar Garzon che ha ordinato i fermi. Alcuni dirigenti di Batasuna, durante la tregua dell’ETA, avevano partecipato ad incontri con delegati di altri partiti politici in cerca di possibili accordi per una pace definitiva. Stavolta, invece, la riunione è stata ritenuta clandestina, illegale perché, a quanto pare, aveva come obiettivo la riorganizzazione interna del movimento. Dopo gli arresti, la polizia ha perquisito anche le case di alcuni dirigenti. Gruppi di militanti della sinistra radicale nazionalista hanno previsto manifestazioni di protesta per questa sera in diverse città dei Paesi Baschi. Sempre ieri sera, poco prima dell’intervento della polizia spagnola, quella francese aveva arrestato, nella città di Hendaya, alla frontiera con la Spagna, un collaboratore dell’ETA accusato di essere il mediatore nei negoziati tra l’organizzazione terroristica ed i cittadini vittime di estorsioni. (Per la Radio Vaticana Padre Ignazio Arregui)


    - Le autorità congolesi hanno aperto un’inchiesta dopo la sciagura aerea avvenuta, ieri sera, a Kinshasa e costata la vita a 38 persone. Il cargo Antonov 26 di fabbricazione russa si è schiantato durante il decollo su un quartiere della periferia della città africana. La Repubblica Democratica del Congo non è nuova ad incidenti del genere: già il mese scorso un velivolo prese fuoco sulla pista di Goma furono sette le vittime.

    - Grave incidente anche in Nigeria risalente a due giorni fa ma reso noto solo oggi. Due traghetti si sono scontrati sul fiume Dole-Kaina, nello Stato di Kebbi, provocando la morte di 38 persone, mentre sono 48 i dispersi.

    - In base allo studio di uno scienziato giapponese dell’Università di Tokyo, l’aviaria sta mutando in una variante più pericolosa per l’uomo. Sarebbe più semplice il contagio attraverso starnuti e colpi di tosse anche se non si è mai verificato un caso di trasmissione tra esseri umani. Gli esperti chiedono di sorvegliare la mutazione che permette al virus di annidarsi a temperature basse. Dal 2003, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono 201 le vittime, 329 le persone contagiate dall’H5N1 in12 Paesi. (Panoramica Internazionale a cura di Benedetta Capelli)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 278

     
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