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SOMMARIO del 30/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Presentata la nuova Enciclica di Benedetto XVI "Spe salvi": "nella speranza siamo stati salvati"
  • Un'Enciclica illuminante e incoraggiante: così, i cardinali Vanhoye e Cottier alla presentazione della "Spe Salvi" in Sala Stampa vaticana
  • Il commento di padre Lombardi all'Enciclica del Papa
  • Udienze
  • Il Papa nomina nuovo arcivescovo di Monaco e Frisinga mons. Reinhard Marx
  • Altre nomine
  • Proseguiamo nel dialogo della carità e della verità, perché il mondo ha bisogno di una voce cristiana indivisa: lo scrive il Papa al Patriarca Bartolomeo I, nella festa di Sant'Andrea
  • A Roma il Forum delle Organizzazioni Non-Governative di ispirazione cattolica
  • Oggi in Primo Piano

  • Processo di pace in Medio Oriente: le speranze del patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah
  • Accordo tra Croce Rossa e Mezzaluna Rossa permette l’ingresso di ambulanze palestinesi a Gerusalemme Est: il commento di mons. Tomasi
  • Chiesa e Società

  • Allarme dell’UNICEF dopo il passaggio del ciclone Sidr in Bangladesh: tre milioni di persone mancano di tutto
  • Uganda: nuovo ceppo di Ebola uccide 16 persone e ne infetta 50
  • La Croce Rossa denuncia che lo stupro è “un’arma da guerra” nell’est della Repubblica Democratica del Congo
  • Necessario l’aiuto internazionale per aiutare i profughi centrafricani in Camerun
  • Amnesty International denuncia: proseguono gli arresti in Myanmar, più di 700 da settembre
  • Auspicio di pacificazione dalla Chiesa in Myanmar: è giunto il momento di “dimostrare buona volontà”
  • I vescovi USA invitano ad un dibattito sui flussi migratori dopo le nuove leggi sull’immigrazione
  • In Bolivia, la Chiesa chiede a fedeli e cittadini di partecipare ad un “minuto di preghiera” per la riconciliazione
  • In Colombia, prima riunione per preparare la Grande missione continentale in America Latina
  • Lettera dei vescovi coreani per l'Avvento: santificare famiglia e annunciare il Vangelo
  • Ritiro spirituale al Seminario di Pechino per celebrare i 10 anni del Corso di formazione alla fede
  • In Vietnam, attraverso attività educative e caritative, si dà sostegno alla missione
  • I francescani di Terra Santa rinnovano la loro professione religiosa
  • Dalla GMG nuove speranze per la pastorale giovanile in Australia
  • A Livorno, un convegno su Paolo VI ed il movimento ecumenico in Italia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Russia: Putin firma la sospensione del Trattato sulle armi convenzionali in Europa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Presentata la nuova Enciclica di Benedetto XVI "Spe salvi": "nella speranza siamo stati salvati"

    ◊   Il Papa ha firmato questa mattina alle 11.00 nella Biblioteca del Palazzo Apostolico la sua seconda Enciclica: è intitolata “SPE SALVI” e parte da un passo della Lettera di San Paolo ai Romani (Rm 8,24): “nella speranza siamo stati salvati”. Il documento è stato poi presentato nella Sala Stampa vaticana. Ecco una sintesi dell'Enciclica curata da Sergio Centofanti:

     
    “La redenzione, la salvezza, secondo la fede cristiana – spiega il Papa nell’introduzione – non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino”. (1)

     
    Perciò “elemento distintivo dei cristiani” è “il fatto che essi hanno un futuro: … sanno … che la loro vita non finisce nel vuoto”. Il Papa sottolinea che il messaggio cristiano non è solo “informativo”, ma “performativo”. Questo significa che “il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova”. Sulla scia di San Paolo, il Papa esorta i cristiani a non affliggersi “come gli altri che non hanno speranza” e con San Pietro ci invita a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi. (2)

     
    “Giungere a conoscere Dio – il vero Dio, questo significa ricevere speranza”. Questo lo comprendevano bene i primi cristiani, come gli Efesini, che prima di incontrare Cristo avevano molti dèi ma vivevano “senza speranza e senza Dio”. Il problema per i cristiani di antica data – sottolinea - è l’abitudine al Vangelo: la speranza “che proviene dall’incontro reale con … Dio, quasi non è più percepibile”. Qui il Papa cita un primo testimone della speranza cristiana: Santa Giuseppina Bakhita. Nata nel 1869 nel Darfur, in Sudan, viene rapita a nove anni e venduta come schiava: dopo prove terribili giunge in Italia dove conosce “la grande speranza” e può dire: “io sono definitivamente amata e qualunque cosa accada – io sono attesa da questo Amore”. (3)

     
    Il Papa ricorda che Gesù non ha portato “un messaggio sociale-rivoluzionario” come Spartaco, e “non era un combattente per una liberazione politica, come Barabba o Bar-Kochba”. Ha portato “qualcosa di totalmente diverso: … l’incontro con il Dio vivente … l’incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo”, “anche se le strutture esterne rimanevano le stesse”. (4)

     
    Cristo ci rende veramente liberi: “Non siamo schiavi dell’universo” e delle “leggi della materia e dell’evoluzione”. San Gregorio Nazianzeno vede nei Magi guidati dalla stella “la fine dell’astrologia”, una concezione – afferma il Papa – “nuovamente in auge anche oggi”: “non sono gli elementi del cosmo … che in definitiva governano il mondo e l’uomo, ma un Dio personale governa le stelle, cioè l’universo”. Siamo liberi perché “il cielo non è vuoto”, perché il Signore dell’universo è Dio che “in Gesù si è rivelato come Amore”. (5)

     
    Cristo è il “vero filosofo” che “ci dice chi in realtà è l’uomo e che cosa egli deve fare per essere veramente uomo”. “Egli indica anche la via oltre la morte; solo chi è in grado di fare questo, è un vero maestro di vita”. (6) E ci offre una speranza che è insieme attesa e presenza: perché “il fatto che questo futuro esista, cambia il presente”. Infatti “per la fede … sono già presenti in noi”, ad uno stato iniziale, “le cose che si sperano: il tutto, la vita vera”. Il futuro è attirato “dentro il presente” e noi lo possiamo già percepire e “questa presenza di ciò che verrà crea anche certezza”, “costituisce per noi una ‘prova’ delle cose che ancora non si vedono”. (7)

     
    Questa speranza non è qualcosa ma Qualcuno: non è fondata su cose che passano e ci possono essere tolte, ma su Dio che si dona per sempre: per questo è una speranza che libera e permette a tanti cristiani di abbandonare tutto “per amore di Cristo” come ha fatto San Francesco e di affrontare le persecuzioni e il martirio opponendosi “allo strapotere dell’ideologia e dei suoi organi d’informazione” rendendoli così capaci di rinnovare il mondo. (8)

     
    Il Papa rileva che “forse oggi molte persone rifiutano la fede semplicemente perché la vita eterna non sembra loro una cosa desiderabile. Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente, e la fede nella vita eterna sembra , per questo scopo, piuttosto un ostacolo”. (10) “L’attuale crisi della fede – prosegue - è soprattutto una crisi della speranza cristiana”. “La restaurazione del paradiso perduto, non si attende più dalla fede” ma dal progresso tecnico-scientifico, da cui – si ritiene - potrà emergere “il regno dell’uomo”. La speranza diventa così “fede nel progresso” fondata su due colonne: la ragione e la libertà che “sembrano garantire da sé, in virtù della loro intrinseca bontà, una nuova comunità umana perfetta”. “Il regno della ragione … è atteso come la nuova condizione dell’umanità diventata totalmente libera”. (17-18) “Due tappe essenziali della concretizzazione politica di questa speranza” sono state la Rivoluzione francese (19) e quella marxista. Di fronte agli sviluppi della Rivoluzione francese, “l’Europa dell’Illuminismo … ha dovuto riflettere in modo nuovo su ragione e libertà”. La rivoluzione proletaria d’altra parte ha lasciato “dietro di sé una distruzione desolante”. “L’errore fondamentale di Marx” è stato questo: “ha dimenticato l’uomo e ha dimenticato la sua libertà… Credeva che una volta messa a posto l’economia tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo”. (20-21) “Diciamolo ora in modo molto semplice – scrive il Papa : l’uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza”. (23) “L’uomo non può mai essere redento semplicemente” da una struttura esterna. “Chi promette il mondo migliore che durerebbe irrevocabilmente per sempre fa una promessa falsa”. Così sbagliano quanti credono che l’uomo possa essere redento mediante la scienza. “La scienza … può anche distruggere l’uomo e il mondo”. “Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore”. Un amore incondizionato, assoluto : “La vera grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora sino alla fine”. (24-26)

     
    Il Papa indica quattro luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza. Il primo è la preghiera: “Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora … se non c’è più nessuno che possa aiutarmi … Egli può aiutarmi”. Il Papa ricorda l’esperienza del cardinale vietnamita Van Thuan, per 13 anni in carcere, di cui 9 in isolamento: “in una situazione di disperazione apparentemente totale, l’ascolto di Dio, il poter parlargli, divenne per lui una crescente forza di speranza”. (32-34)

     
    Accanto alla preghiera c’è poi l’agire. “La speranza in senso cristiano è sempre anche speranza per gli altri. Ed è speranza attiva, nella quale lottiamo” affinché “il mondo diventi un po’ più luminoso e umano. E solo se so che “la mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell’amore” io “posso sempre ancora sperare anche se … non ho più niente da sperare”. E “nonostante tutti i fallimenti” questa speranza mi dà “ancora il coraggio di operare e di proseguire”. (35)

     
    Anche il soffrire è un luogo di apprendimento della speranza. “Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza”: tuttavia “non è la fuga davanti al dolore che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore”. Qui il Papa cita un altro testimone della speranza, il martire vietnamita Paolo Le-Bao-Thin, morto nel 1857. Fondamentale è poi saper soffrire con l’altro e per gli altri. “Una società che non riesce ad accettare i sofferenti …è una società crudele e disumana”. (36-39)

     
    Infine, altro luogo di apprendimento della speranza è il Giudizio di Dio. “La fede nel Giudizio finale è innanzitutto e soprattutto speranza”: “esiste la risurrezione della carne. Esiste una giustizia. Esiste la ‘revoca’ della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto”. Il Papa si dice “convinto che la questione della giustizia costituisce l’argomento essenziale, in ogni caso l’argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna”. E’ impossibile infatti “che l’ingiustizia della storia sia l’ultima parola”. “Dio è giustizia e crea giustizia. E’ questa la nostra consolazione e la nostra speranza. Ma nella sua giustizia è insieme anche grazia”. “La grazia non esclude la giustizia…I malvagi alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato”. Il Papa ribadisce la dottrina sull’esistenza del purgatorio e dell’inferno. Tuttavia se il Giudizio di Dio “fosse pura giustizia, potrebbe essere alla fine per tutti noi solo motivo di paura”. Invece è anche grazia e questo “consente a noi tutti di sperare e di andare pieni di fiducia incontro al Giudice che conosciamo come nostro ‘avvocato’”. (41-47)

     
    Nei capitoli sul Giudizio finale Benedetto XVI inserisce una riflessione sull'ateismo del XIX e del XX secolo: si tratta di "una protesta contro le ingiustizie del mondo" - nota - che diventa "protesta contro Dio". "Se di fronte alla sofferenza di questo mondo la protesta contro Dio è comprensibile, la pretesa che l'umanità possa e debba fare ciò che nessun Dio fa né è in grado di fare, è presuntuosa ed intrinsecamente non vera. Che da tale premessa siano conseguite le più grandi crudeltà e violazioni della giustizia non è un caso - aggiunge - ma è fondato nella falsità intrinseca di questa pretesa". (42)

     
    Benedetto XVI poi ribadisce: “La nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me. Da cristiani non dovremmo mai domandarci solamente: come posso salvare me stesso? Dovremmo domandarci anche: che cosa posso fare perché altri vengano salvati …? Allora avrò fatto il massimo anche per la mia salvezza personale. (48)

     
    Nell’ultimo capitolo rivolge la sua preghiera a “Maria, stella della speranza”:

     
    “Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con te. Indicaci la via verso il suo regno! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino!” (49-50)

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    Un'Enciclica illuminante e incoraggiante: così, i cardinali Vanhoye e Cottier alla presentazione della "Spe Salvi" in Sala Stampa vaticana

    ◊   Dunque, sono stati i cardinali Georges Marie Martin Cottier, Pro-Teologo emerito della Casa Pontificia e Albert Vanhoye, professore emerito di Esegesi del Nuovo Testamento del Pontificio Istituto Biblico a presentare stamani in Sala Stampa vaticana l’Enciclica “Spe Salvi”. La presentazione è stata introdotta dal direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi che ha sottolineato come Benedetto XVI abbia iniziato a scrivere l’Enciclica dopo Pasqua. “Un’Enciclica scritta di getto”, ha detto, aggiungendo che, pur non essendo già in programma, “non è da escludere una terza Enciclica” incentrata sulla fede. Durante la conferenza stampa, sono state mostrate le immagini del Centro Televisivo Vaticano che ritraevano la firma della “Spe Salvi” da parte del Santo Padre. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    Un’Enciclica “illuminante, incoraggiante e stimolante”: così, il cardinale Albert Vanhoye ha definito la “Spe Salvi”. Un’Enciclica, ha subito evidenziato, nella quale “ritroviamo il Papa profondo teologo e nel contempo pastore attento alle necessità del suo gregge”. Il documento, ha spiegato il porporato, offre riflessioni approfondite sulla speranza e la fede cristiana, mentre non mancano pagine commoventi su grandi testimoni della speranza dal quale emerge “il dinamismo intenso dell’esperienza cristiana”. Nella “Spe Salvi”, ha aggiunto, il Papa mette l’accento sul bisogno di una speranza veramente valida, di una speranza con la “S” maiuscola:

     
    “Effettivamente, la fede cristiana non consiste anzitutto nell’accettare un certo numero di verità astratte, ma consiste nel dare la propria adesione personale alla persona di Cristo, per essere da lui salvati e introdotti nella comunione divina. La vera speranza ci viene data nell’incontro personale con il Dio vivo e vero per mezzo di Cristo.”
     
    L’Enciclica, ha detto ancora, mette a confronto “la vera fisionomia della speranza cristiana” che ha una relazione stretta non solo con la fede “ma anche con l’amore che viene da Dio e unisce a Dio e ai fratelli”. Ecco allora che la speranza cristiana non è individualistica, non è oziosa, “ma spinge ad agire”. E’ sempre anche “una speranza per gli altri”. Il cardinale Georges Cottier ha invece offerto una presentazione della “Spe Salvi” sotto l’aspetto filosofico. L’Enciclica, ha detto, mostra la “bellezza” e la “forza di liberazione” della speranza cristiana e fa capire perché questa speranza "è decisiva per la cultura e l’autentico umanesimo”. Il porporato ha rilevato che nella “Spe Salvi” viene ripreso un tema forte di questo Pontificato: il rapporto tra fede e ragione, specie di fronte alle sfide che il progresso pone oggi al cristiano:

     
    "Certo la vittoria della ragione sull’irrazionale è anche uno scopo della fede cristiana. Grande dono di Dio all’uomo, la ragione non può dominare se è staccata da Dio o diventata cieca per Dio. Inoltre, la ragione nella sua ampiezza è più che la ragione del potere e del fare. Abbiamo visto che il progresso dovuto a quest’ultima richiede una regolazione etica. La ragione del potere e del fare deve dunque essere integrata 'mediante l'apertura alle forze salvifiche della fede, al discernimento tra bene e male'".
     
    La “Spe Salvi”, ha concluso il cardinale Cottier, sarà una preziosa compagna “per vivere in pienezza la speranza”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, i relatori hanno affermato che pur non avendo un proposito esplicitamente ecumenico, un’Enciclica sulla Speranza potrà essere d’aiuto alla piena comunione dei cristiani. Il cardinale Cottier ha ribadito che la “grande Speranza” non nega il valore delle piccole speranze umane a meno che queste non si ripieghino in se stesse. Quindi, il cardinale Vanhoye, citando la “Spe Salvi”, ha ribadito che intento del Papa è, da una parte, meditare sulle radici della speranza e, dall’altra, far constatare anche ai non cristiani la sconfitta delle speranze politiche, come il marxismo, che pretendono di stabilire un mondo rinnovato senza Dio.

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    Il commento di padre Lombardi all'Enciclica del Papa

    ◊   Sulla nuova Enciclica di Benedetto XVI ecco il commento del nostro direttore, padre Federico Lombardi:


    Di fronte alla fatica e all’oscurità del presente, per camminare fiduciosi verso una meta abbiamo bisogno di una speranza affidabile e “sostanziosa”, cioè non fatta solo di parole vuote o atteggiamenti puramente soggettivi: una speranza che cambi davvero la nostra vita. Questa è la speranza donata a chi crede nel Dio che è amore. La speranza che mira ad immergerci alla fine nel suo amore infinito, abbracciarlo ed esserne abbracciati, non come singoli, ma insieme, in un incontro che ristabilisca giustizia, vita e salvezza, oltre tutte le ingiustizie e le assurdità della storia di questo mondo.

     
    Dedicando la sua seconda Enciclica alla speranza, Benedetto XVI ha colto con acutezza uno dei problemi più urgenti e drammatici del nostro tempo, ma non si attarda in una facile descrizione della disperazione diffusa nel mondo, piuttosto affronta con umiltà e coraggio una lunga serie di domande difficili – a cui non sfugge, e che anzi va a cercare – per mettere direttamente a confronto gli interrogativi e i dubbi dell’uomo contemporaneo con le risposte della fede. La speranza cristiana non è un atteggiamento vuoto, puramente soggettivo? Che senso ha parlare di “vita eterna”? Non sono parole che evocano solo una noia infinita e che chiudono il cristiano in un deprecabile individualismo? Che lo alienano dall’impegno nel mondo e dalla responsabilità di lottare per trasformarlo fin d’ora con la forza della ragione e della scienza in un regno di maggiore giustizia e libertà?

     
    Il Papa rovescia questi interrogativi indicando la vera natura della speranza cristiana e presentandola incarnata nella vita concreta di figure luminose di martiri e testimoni delle diverse epoche dalla Chiesa fino ad oggi. Non solo, ma il Papa è convinto che il rifiuto della fede e della speranza cristiana – in fondo il rifiuto di Dio – porti alla fine l’uomo a perdere se stesso. Per dirla con le parole impressionanti di Kant, “il regno dell’uomo solo” si risolve nella “fine perversa di tutte le cose”. Ma lo spirito del ragionamento di Benedetto XVI non porta affatto ad una critica meramente negativa, anzi, si pone ancora una volta in una prospettiva di dialogo, di aiuto reciproco fra ragione e fede. In un passaggio centrale, egli afferma che “è necessaria un’autocritica dell’età moderna in dialogo con il cristianesimo e con la sua concezione della speranza. In un tale dialogo anche i cristiani devono imparare nuovamente in che cosa consista veramente la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che cosa invece non possano offrire. Bisogna che nell’autocritica della società moderna confluisca anche un’autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici”.

    Abbiamo tanto apprezzato i “mea culpa” risonati spesso nei discorsi dei Papi precedenti; qui abbiamo probabilmente un “mea culpa” caratteristico di questo pontificato, in cui la dimensione pastorale e quella culturale si uniscono così profondamente. Ma perché i cristiani imparino nuovamente che cosa hanno da offrire al mondo devono – come Benedetto XVI ha già detto nella prima enciclica – ripartire da Dio; non un Dio qualsiasi, ma il Dio che ci è venuto incontro e in Cristo si è rivelato come Amore. La fiducia in questo Amore – continua il Papa – alimenta una preghiera di desiderio che allarga il cuore; sostiene una speranza impegnata e operosa, che sa e vuole cambiare il mondo proprio perché mira aldilà di esso; trova la forza di portare le sofferenze e scoprirne il senso, anche quando sono ingiuste.

    Infine, permette di affrontare la grande sfida ultima della fede e della speranza, cioè il problema terribile del male nel mondo, vera radice dell’ateismo moderno. E qui, senza compromessi e timidezze, il discorso del Papa giunge fino alle “cose ultime”, alle questioni del “dopo” questa vita, al purgatorio, all’inferno, al Giudizio; un Giudizio con la G maiuscola, visto ancora una volta non solo per l’individuo, ma per tutti. Un Giudizio che richiama con forza alla responsabilità, ma che ristabilisce in modo pieno e definitivo la giustizia e la immerge nella prospettiva dell’Amore. Un Giudizio a cui guardare dunque non con terrore, ma con speranza.
    Certo, nonostante la finezza spirituale e la ricchezza culturale per intercettare gli interrogativi e le attese profonde dell’uomo d’oggi, non si può negare che si tratti di un discorso sconcertante per una mentalità abitualmente chiusa nell’orizzonte terreno, qual è quella di gran parte dei nostri contemporanei. Ma proprio questo è quanto di più importante i cristiani hanno da offrire loro, e diciamo pure anche di più bello. Siamo perciò grati a Benedetto XVI di averci riportato ancora una volta, con forza e dolcezza, con rigore e intensità spirituale, alle questioni decisive della proposta cristiana per l’uomo e per il mondo: quelle che spesso rischiamo di dimenticare, mentre sono quelle da cui dipende il nostro stesso modo di vivere e di camminare nel mondo.

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    Udienze

    ◊   Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina un altro gruppo di presuli della Conferenza episcopale di Corea, in visita "ad Limina". Questo pomeriggio riceverà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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    Il Papa nomina nuovo arcivescovo di Monaco e Frisinga mons. Reinhard Marx

    ◊   Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo metropolita di Monaco e Frisinga mons. Reinhard Marx, finora vescovo di Trier. Mons. Marx è nato a Geseke (diocesi di Paderborn) il 21 settembre 1953. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la Facoltà teologica di Paderborn e all’”Institut Catholique de Paris”. E’ stato ordinato sacerdote il 2 giugno 1979 per l’arcidiocesi di Paderborn. Dal 1979 al 1981 è stato vice-parroco ad Arolsen e dal 1981 al 1986 assistente ecclesiastico dell’Istituto Sociale “Kommende” a Dortmund. Dal 1986 ha continuato gli studi presso l’Università di Bochum, ottenendo il Dottorato in Teologia. Nel 1989 è stato nominato direttore del “Kommende”. E’ stato anche professore di Dottrina Sociale della Chiesa alla Facoltà Teologica di Paderborn. Il 23 luglio 1996 è stato eletto vescovo titolare di Pedena ed ausiliare di Paderborn. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 21 settembre successivo. Il 20 dicembre 2001 è stato nominato vescovo di Trier. Mons. Marx è membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. In seno alla Conferenza episcopale tedesca è presidente della Commissione per le questioni pubbliche e sociali (Kommission für gesellschaftliche und soziale Fragen) e vice-presidente della Commissione per la Chiesa nel mondo. E’ anche delegato della Conferenza episcopale tedesca nella Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (Com.E.C.E.), presidente della Commissione tedesca Iustitia et Pax e Gran Priore della Luogotenenza tedesca dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

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    Altre nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinunzia al governo pastorale della diocesi di Lugo (Spagna) presentata da mons. José Higinio Gómez González, O.F.M., per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev.do Alfonso Carrasco Rouco, del clero della diocesi di Mondoñedo-Ferrol, finora professore di Teologia dogmatica presso la Facoltà Teologica "San Dámaso" di Madrid. Il rev.do Alfonso Carrasco Rouco è nato il 12 ottobre 1956 a Villalba, provincia di Lugo (Galicia), nella diocesi di Mondoñedo-Ferrol.
     
    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nelson (Canada), presentata da mons. Eugene Jerome Cooney per raggiunti limiti di età. Gli succede padre John Corriveau, O.F.M. Cap., già ministro generale dell’Ordine francescano dei Frati minori cappuccini. Padre John Corriveau è nato a Zurich, Ontario, nella diocesi di London, il 27 luglio 1941. È stato ordinato sacerdote il 23 ottobre 1965, quale religioso dell’Ordine dei Frati minori cappuccini. Nel 1994 è stato eletto Ministro generale dell’Ordine dei Frati minori cappuccini, mantenendo tale incarico per due mandati sessennali consecutivi fino all’agosto 2006.

    Il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Villavicencio (Colombia) mons. Óscar Urbina Ortega, finora vescovo di Cúcuta. Mons. Óscar Urbina Ortega è nato in Arboledas, nell’arcidiocesi di Nueva Pamplona, il 13 aprile 1947. Dopo aver studiato nei seminari minore e maggiore dei Redentoristi, ha frequentato la teologia nelle Università Cattoliche "La Salle" e "San Buenaventura" a Bogotá. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. E’ stato ordinato sacerdote il 30 novembre 1973. Il 28 gennaio 1998 è stato nominato vescovo titolare di Forconio ed ausiliare di Bogotá. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 13 aprile 1998. Il 9 novembre 1999 è stato nominato vescovo di Cúcuta.

    In Italia, il Papa ha nominato vescovo di Savona–Noli mons. Vittorio Lupi, del clero della diocesi di Ventimiglia–Sanremo, finora vicario generale. Mons. Vittorio Lupi è nato il 4 aprile 1941 a Ceriana, diocesi di Ventimiglia-San Remo e provincia di Imperia. E’ stato ordinato sacerdote il 30 maggio 1964.
     
    Infine, il Santo Padre ha nominato segretario del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali mons. Paul Tighe, del Clero dell'arcidiocesi di Dublino, finora direttore del "Diocesan Office for Public Affairs". In pari tempo, il Papa ha nominato segretario aggiunto del medesimo Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali mons. Giuseppe Antonio Scotti, finora addetto di Segreteria di Iª classe presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.

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    Proseguiamo nel dialogo della carità e della verità, perché il mondo ha bisogno di una voce cristiana indivisa: lo scrive il Papa al Patriarca Bartolomeo I, nella festa di Sant'Andrea

    ◊   Festa solenne questa mattina al Fanar di Istanbul, sede del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, per le celebrazioni in onore di Sant’Andrea Apostolo. Un anno dopo la visita di Benedetto XVI in Turchia e l’abbraccio con il Patriarca Bartolomeo I, una delegazione vaticana, guidata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, ha partecipato alla Divina Liturgia nella Chiesa patriarcale, portando a Bartolomeo I un Messaggio del Papa, un dono d’arte sacra e una copia dell’Enciclica Spe salvi, firmata oggi dal Pontefice. Nel Messaggio al Patriarca, Benedetto XVI ritorna sui temi del dialogo e del cammino verso la piena unità fra cattolici e ortodossi, della quale il mondo - scrive - ha urgente bisogno. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Una voce cristiana indivisa può porsi con maggior “convinzione” di fronte alle questioni dell’epoca contemporanea e di riflesso opporsi alle sue derive. C’è un tratto d’urgenza, tra i molti di affetto, che caratterizza il Messaggio di Benedetto XVI al Patriarca Bartolomeo I. “Il nostro lavoro verso l'unità è secondo la volontà di Cristo nostro Signore”, scrive il Papa, che osserva come “in questi primi anni del terzo millennio”, gli “sforzi” di cattolici e ortodossi siano “ancora più urgenti a causa delle molte sfide che coinvolgono tutti i cristiani" e alle quali - sprona il Pontefice - "dobbiamo rispondere con una voce unita e con convinzione”. Ma lo sguardo verso le attese del futuro, e le risposte che i cristiani nel loro insieme possono offre, chiudono un Messaggio per il resto intessuto di grande riconoscenza per quel recente passato che riporta alla memoria la fine di novembre 2006, con l’abbraccio fra Benedetto XVI e Bartolomeo I al balcone del Patriarcato di Istanbul. “Nel cuore - confessa il Papa - ricordo con forza la mia personale partecipazione lo scorso anno alla celebrazione” della festa di Sant’Andrea Apostolo. E la presenza di una delegazione vaticana in Turchia, come pure di una ortodossa a Roma durante la scorsa solennità dei Santi Pietro e Paolo, sono tutti segni - afferma Benedetto XVI - “di autentico impegno delle nostre Chiese per una sempre più profonda comunione, rafforzata attraverso cordiali rapporti personali, la preghiera e il dialogo della carità e della verità”.

     
    Riandando ai passaggi ecumenici di quest’anno ormai alla conclusione, il Papa si sofferma con attenzione sulla recente riunione della Commissione teologica mista cattolico-ortodossa, svoltasi in ottobre a Ravenna: una città, sottolinea significativamente Benedetto XVI, “nella quale i monumenti parlano con eloquenza dell’antico patrimonio bizantino tramandato a noi dalla Chiesa indivisa del primo millennio. Possa lo splendore di questi mosaici - è l’auspicio del Papa - ispirare tutti i membri della Commissione mista a proseguire nel loro importante compito con rinnovata determinazione, in fedeltà al Vangelo e alla Tradizione, sempre attenti ai suggerimenti dello Spirito Santo nella Chiesa di oggi”. La riunione di Ravenna, riconosce Benedetto XVI, “non è stata priva di difficoltà”: prego, dunque, “vivamente che esse possano presto essere chiarite e risolte, in modo che vi sia piena partecipazione all’undicesima Sessione plenaria e alle successive iniziative, tese a proseguire il dialogo teologico nella carità e nella comprensione reciproca”.

     
    Il Papa conclude il Messaggio riconfermando l’impegno della Chiesa cattolica “a coltivare fraterni rapporti ecclesiali e a perseverare - è il suo invito - nel nostro dialogo teologico, così da avvicinarci alla piena comunione”, secondo lo spirito della Dichiarazione congiunta firmata da Benedetto XVI e dal Patriarca Bartolomeo I, al termine del viaggio apostolico in Turchia.

     
    Il Messaggio del Papa al Patriarca Bartolomeo I è stato letto questa mattina durante la celebrazione nella Chiesa del Fanar. Al termine della Divina Liturgia, Alessandro De Carolis ha raggiunto telefonicamente a Istanbul l’inviato del quotidiano Avvenire, Salvatore Mazza:

     
    R. - C'è stato certamente un clima di grandissima festa. Il ricordo della visita di un anno fa è stato presente nei discorsi e anche, soprattutto, nell’atmosfera che si è respirata qui. Sia il Patriarca che il cardinale Kasper hanno ricordato quei momenti indimenticabili di dodici mesi fa e si è sentito un clima di grande fraternità. Tanto più che, quest’anno, la solennità di Sant’Andrea per il Patriarcato ha avuto un’importanza straordinaria, in quanto, nell’ottobre scorso, grazie alla generosità - come l’ha definita il Patriarca Bartolomeo I - di Benedetto XVI, parte delle reliquie di Sant’Andrea, che erano conservate ad Amalfi, sono tornate qui al Fanar, a Costantinopoli. Quindi, si può immaginare il clima della comunità ortodossa.

     
    D. - E’ stato fatto cenno del Messaggio che Benedetto XVI ha inviato al Patriarca Bartolomeo?

     
    R. - Sì, il Messaggio è stato letto ed è stato applaudito e si è potuto capire che le relazioni con il Patriarcato sono non soltanto buone, ma veramente fraterne. I toni sia del Messaggio che del discorso del Patriarca vanno oltre le semplici relazioni fra Chiese sorelle.

     
    D. - Oggi, dal cardinale Kasper è stata recapitata al Patriarca anche una copia dell’Enciclica presentata qui in Vaticano...

     
    R. - Sì, infatti, tra i doni che Benedetto XVI ha voluto fare al Patriarca in questa occasione c’è anche una copia autografa della sua Enciclica che è significativo sia stata firmata il 30 novembre, il giorno di Sant’Andrea. Se vi sia una relazione diretta o un’intenzione ecumenica diretta in questa scelta del Papa non si sa. Sicuramente, però, resta un dato molto significativo.

     
    D. - Il 2007 è stato, per così dire, un anno marcatamente ecumenico, con i tanti appuntamenti, come Sibiu, Ravenna, ma anche per lo spazio avuto dal tema nell'ultimo Concistoro. Possiamo parlare di un buon auspicio per il dialogo del 2008...

     
    R. - Direi di sì. D’altra parte, lo stesso cardinale Kasper nell’incontro che ha preceduto il Concistoro, una settimana fa, è stato molto esplicito in proposito, parlando di una terza fase del dialogo con gli ortodossi, che ancora il dialogo con le altre chiese cristiane non conosce.

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    A Roma il Forum delle Organizzazioni Non-Governative di ispirazione cattolica

    ◊   Da oggi a domenica prossima 2 dicembre si svolge a Roma un Forum di Organizzazioni Non-Governative (ONG) di ispirazione cattolica, al quale prendono parte 85 ONG che fanno riferimento, nella loro presenza ed attività in ambito internazionale all'insegnamento evangelico e alla Dottrina Sociale della Chiesa. Lo rende noto un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede.

    “Si tratta – afferma la nota - di un importante momento di reciproca conoscenza, come pure di una rilevante occasione per promuovere il dialogo e la collaborazione delle ONG fra di loro e con la Santa Sede sulle odierne tematiche globali e sulle sfide e opportunità che esse comportano”. Domani mattina, i partecipanti al Forum saranno ricevuti in Udienza da Benedetto XVI.

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    Oggi in Primo Piano



    Processo di pace in Medio Oriente: le speranze del patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah

    ◊   Un progetto di risoluzione per appoggiare la decisione di rilanciare il processo di pace in Medio Oriente. E’ quanto hanno presentato gli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU al termine dei colloqui tra il premier israeliano Olmert ed il presidente palestinese Abu Mazen. Entrambi al vertice di Annapolis, tenutosi ad inizio settimana, si sono impegnati nell’arrivare ad un accordo di pace entro il 2008. Un compromesso che si presenta come una novità capace di far ripartire concretamente il dialogo israelo-palestinese. Sentiamo il commento di mons. Michel Sabbah, patriarca di Gerusalemme dei Latini, intervistato da Sara Fornari:


    R. – L'aspetto nuovo in questa iniziativa sembra essere la volontà americana, che è decisa. Sembra esserci una forte decisione. Ma è anche nuovo il fatto che il calendario sia stato fissato nel tempo di un anno e questo rappresenta un giusto tempo per poter realizzare l’iniziativa, se ovviamente ci sarà la volontà sincera di farlo. Fissare un tempo maggiore, estendendolo a tanti anni, avrebbe potuto dare spazio a molti rischi da una parte e dall’altra, avrebbe potuto dare spazio anche a reazioni violente ed attentati così da poter rimettere di nuovo tutto in discussione. Se veramente si riuscirà ad avanzare bene in questo anno, anche la violenza sarà più contenuta, permettendo così di portare avanti questo processo.

     
    D. – Oltre ai movimenti della politica e della diplomazia, c’è poi l’impegno della preghiera, richiamato di recente anche da Benedetto XVI. Un impegno, questo, che non deve mai venire meno. Ma come vivono questo momento e in che modo si sentono coinvolti i cristiani di Terra Santa?

     
    R. – Noi siamo coinvolti come popolo che vive sotto occupazione, che vuole quindi la libertà e che vuole la fine di questa occupazione e di tutte le sofferenze; ma siamo coinvolti anche in quanto cristiani, credenti in Dio, e crediamo che la pace sarà proprio un dono di Dio. La pace sarà un dono di Dio agli uomini, ma gli uomini che riceveranno questo dono sono in realtà i nostri capi politici, che possono quindi decidere di ricevere o rifiutare questo dono: questo è il problema. Rimane certo che la preghiera rappresenta un fattore molto importante, perché in Terra Santa si tratta con Dio, che lo si voglia o meno, che israeliani, palestinesi o americani lo vogliano o meno. Per loro rappresenta soltanto un caso politico, ma per noi - e non soltanto per noi – è sì un caso politico, ma anche un caso di fede e di mistero di Dio.

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    Accordo tra Croce Rossa e Mezzaluna Rossa permette l’ingresso di ambulanze palestinesi a Gerusalemme Est: il commento di mons. Tomasi

    ◊   Una risoluzione che ha permesso l’ingresso ieri di ambulanze palestinesi in territorio israeliano: è stata firmata a Ginevra nell’ambito della 30esima Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, che si conclude oggi. A confermarlo nell’intervista di Fausta Speranza è l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi che ha partecipato in qualità di osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio ONU e Istituzioni specializzate a Ginevra:


    R. – In questa XXX Conferenza della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, sono state discusse varie attività necessarie per rafforzare l’aspetto umanitario nel mondo di oggi, dove ci sono tante tragedie e tante difficoltà. I punti che questa volta si sono voluti enfatizzare soprattutto, sono stati quelli che riguardano disastri naturali o creati dall’uomo e vedere come le conseguenze di queste tragedie possono essere alleviate attraverso una solidarietà umana, efficace soprattutto da parte delle società membro della Croce Rossa. E’ stato un dibattito vivace, interessante; c’erano più di 3 mila persone che rappresentavano un po’ tutto il mondo. Uno degli aspetti che è emerso durante queste discussioni, questi incontri, è stato il rapporto tra il gruppo palestinese, i rappresentanti della Mezzaluna Rossa palestinese, e quello della società equivalente di Israele, che si chiama Magen David Adom. Sembrava impossibile arrivare ad una conclusione concordata. E invece con fatica e con l’aiuto dell’Unione Europea e di altri ambasciatori, anche dall’America Latina, e soprattutto con la buona mediazione del rappresentante degli Stati Uniti, si è riusciti a mettersi d’accordo su una risoluzione accettata per consenso da tutti, quindi da tutto il mondo arabo e da tutto il mondo islamico e dal mondo occidentale e dal mondo africano. La risoluzione rende possibile che le ambulanze che portano il segno dell’Associazione palestinese della Mezzaluna Rossa possano entrare a Gerusalemme Est e prendersi cura della popolazione nelle emergenze. Questo è un passo importante perché mostra la possibilità di lavorare assieme in un territorio che è veramente difficile. Questa esperienza potrebbe anche essere presa come un simbolo di speranza che nel Medio Oriente di oggi, tra palestinesi e israeliani, si possa arrivare ad una formula più ampia di collaborazione e di rispetto reciproco che possa garantire la pace e che poi è l’obiettivo politico che è stato raggiunto, in qualche modo, ad Annapolis nei giorni scorsi. Si è rafforzata la decisione comune di dialogare, di incontrarsi regolarmente, di procedere verso la costruzione di due Stati veramente amici, anche se ci vorrà un po’ di tempo.

     
    D. – Prof. Tomasi, le migrazioni sono una delle quattro priorità, con le pandemie, la violenza urbana e il degrado ambientale, indicate nella Conferenza di Ginevra. Lei, tra l’altro, ha partecipato in questi giorni anche ad un incontro internazionale proprio sulle migrazioni. Quali sono le sfide e gli obiettivi, in tema di migrazione internazionale?

     
    R. – Certamente, è un fatto ormai conosciuto che le migrazioni stanno diventando una delle grandi priorità del mondo internazionale, insieme all’energia, insieme alla pace, all’abolizione dei conflitti. E’ normale che sia così, perché ci sono più di 200 milioni di persone che vivono e lavorano fuori del Paese in cui sono nati o di cui sono cittadini. Poi, le migrazioni per lavoro, in particolare, diventano la fetta dominante di questo movimento globale di popolazione. Il 3 per cento dei tre miliardi di lavoratori di questo mondo sono migranti, quindi parliamo di una fetta molto consistente. Davanti a questa realtà, la comunità internazionale cerca di gestire questi flussi in una maniera ordinata e in una maniera efficiente, che possano procurare benessere per i Paesi di partenza e benessere per i Paesi di arrivo. Però, e qui è un po’ il punto che ha fatto la delegazione della Santa Sede in questi giorni, noi vediamo che in questa programmazione politica l’accento viene messo quasi esclusivamente sulla produttività e il benessere economico che le migrazioni possono dare. Quindi, le migrazioni vengono viste in funzione dell’economia, mentre la tradizione della Chiesa, della dottrina sociale cristiana è che la persona, anche nel caso delle migrazioni, deve rimanere al centro dell’attenzione. E quindi, partendo da un discorso più globale, cioè comprensivo di diritti umani, di rispetto dei diritti delle popolazioni che ricevono i migranti, dei migranti e dei Paesi da cui provengono questi flussi, noi possiamo creare veramente una politica più costruttiva e più efficace a lungo andare.

    Nel suo intervento a Ginevra mons. Tomasi ha sottolineato inoltre l’importanza di lavorare insieme in tutto il contesto internazionale per un’assistenza che non sia mera pietà ma “supporto psicologico, morale e spirituale”, fondato sul rispetto della dignità di ogni persona umana.

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    Chiesa e Società



    Allarme dell’UNICEF dopo il passaggio del ciclone Sidr in Bangladesh: tre milioni di persone mancano di tutto

    ◊   Sono più di otto milioni le persone colpite in Bangldaseh dal ciclone Sidr. Tra queste la metà sono bambini. Nel Paese scarseggiano, poi, le risorse idriche, il cibo, le medicine. Molte abitazioni e vie di comunicazioni sono state distrutte o gravemente danneggiate. Tra le emergenze, la principale è quella della mancanza di acqua potabile: molte condutture, infatti, sono state distrutte in seguito al passaggio del ciclone. Almeno tre milioni di persone mancano di tutto. E’ questo il quadro allarmante dell’UNICEF sulla drammatica situazione nel Paese asiatico. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, il bilancio è di oltre 3400 morti. I feriti sarebbero, inoltre, almeno 27 mila e più di 2 mila i dispersi. “La distruzione di raccolti, infrastrutture e mezzi di sussistenza è totale”, ha dichiarato Luois-Georges Arsenault, rappresentante dell’UNICEF durante una visita nel distretto di Patuakhali. Secondo stime aggiornate dell’ONU, nei trenta distretti investiti dal ciclone, ci sono oltre 1,5 milioni di sfollati. Il governo dello Stato asiatico – rende poi noto l’Osservatore Romano - ha chiesto, intanto, nuovi aiuti alla comunità internazionale: secondo il consulente del Ministero per la gestione dei disastri e dell’alimentazione, servono almeno 500 mila tonnellate di riso per poter essere in grado di prevenire una possibile crisi alimentare. I principali danni, provocati da Sidr, si registrano nel settore agricolo ed il governo del Bangladesh prevede un’emergenza alimentare per i prossimi sette mesi. (A.L.)

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    Uganda: nuovo ceppo di Ebola uccide 16 persone e ne infetta 50

    ◊   Le autorità di Kampala non hanno dubbi: un focolaio di Ebola sta mietendo vittime in Uganda. Al momento, l’orribile pandemia ha già causato 16 morti e 50 persone contagiate dalla febbre letale, una febbre emorragica. L’area colpita dal virus si trova nella regione di Bundibugyo, al confine con la Repubblica Democratica del Congo, dove peraltro l’insicurezza regna sovrana; ed è anche difficile monitorare questi fenomeni epidemiologici. I sintomi di Ebola, letale nell’80% dei casi, sono febbre alta e dissenteria emorragica. Il capo dell’unità di crisi sanitaria ugandese a Kampala rivendica di aver isolato i casi, sebbene abbia poi ammesso che potrebbero esserci altri casi ignoti in villaggi remoti. L’Ebola si trasmette - è bene rammentarlo - consumando selvaggina infetta o con il contatto con le feci e il sangue delle persone contagiate. (A cura di Giulio Albanese)

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    La Croce Rossa denuncia che lo stupro è “un’arma da guerra” nell’est della Repubblica Democratica del Congo

    ◊   “Un’arma da guerra” utilizzata da tutti i gruppi attivi nell’est della Repubblica Democratica del Congo. E’ lo stupro, un dramma che, secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, serve “a terrorizzare la popolazione o ad intimidirla”. Alla sistematicità della violenza sulle donne, definita “scioccante”, si aggiunge poi la mancanza di strutture sanitarie e psicologiche di sostegno adeguate. Le regioni maggiormente interessate dal fenomeno – rende noto l’agenzia Misna – sono quelle del Nord e del Sud Kivu. In quest'ultima regione, da alcune settimane, è iniziata una vasta campagna di informazione: si stima, che nel solo ospedale Panzi di Bukavu, arrivino ogni giorno almeno 10 vittime di violenze sessuali. Dal 2000, sono stati oltre 16 mila i casi di stupro registrati dalla struttura. Gli esperti ritengono si tratti solo della “punta di un iceberg”: le donne, vittime di violenze che si recano in ospedale per ricevere le dovute cure, sono infatti solo la minoranza. A frenarle è, spesso, il timore dello “stigma” sociale o, più semplicemente, l’assenza di strutture sanitarie. Molte donne restano, così, vittime invisibili. (A.L.)

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    Necessario l’aiuto internazionale per aiutare i profughi centrafricani in Camerun

    ◊   Nel nord della Repubblica Centrafricana, le violenze in corso continuano a spingere i civili alla fuga ed il governo del Camerun ha bisogno dell’aiuto internazionale per accogliere i rifugiati. E’ quanto sostiene l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (OCHA) al termine di una missione di verifica e censimento compiuta nella zona a ridosso del confine con il Centrafrica. Si stima siano oltre 45 mila i profughi centrafricani presenti in Camerun. Il governo di Yaoundé, secondo i dati raccolti dall’OCHA, non avrebbe poi i mezzi finanziari necessari per far fronte alla situazione. L’esecutivo camerunese – riferisce l’agenzia missionaria Misna - ha messo a punto un piano di aiuto umanitario per gli sfollati ma mancano i fondi necessari. Il nord della Repubblica Centrafricana è da due anni teatro di attacchi e combattimenti: finora sono state almeno 300 mila le persone costrette a lasciare i loro villaggi. (A.L.)

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    Amnesty International denuncia: proseguono gli arresti in Myanmar, più di 700 da settembre

    ◊   In Myanmar, si sono verificati nuovi casi di arresti di attivisti politici, nonostante l’impegno assunto all’inizio del mese dal primo ministro, Thein Sein, davanti all’inviato speciale delle Nazioni Unite, Ibrahim Gambari. E’ quanto denuncia l’organizzazione Amnesty International, precisando che nelle carceri della ex Birmania si trovano almeno 700 persone, arrestate durante e dopo le manifestazioni di settembre. “Due mesi dopo la violenta repressione contro manifestanti pacifici – ha dichiarato Catherine Baber, di Amnesty – proseguono senza sosta gli arresti arbitrari”. La scorsa settimana, nel corso del 40.mo summit dell’Associazione delle nazioni dell’Asia sud-orientale, il governo del Myanmar ha sottoscritto, comunque, la nuova Carta dell’organismo che impegna tutti gli Stati a “promuovere e proteggere i diritti umani”. Ma dal Paese asiatico continuano ad arrivare notizie preoccupanti: secondo agenzie di stampa, la giunta militare ha ordinato la chiusura di un monastero a Yangon che offre assistenza ospedaliera a pazienti affetti da HIV o AIDS. L’inviato speciale dell’ONU ha immediatamente criticato il provvedimento: “Devono essere evitate – ha detto - tutte le azioni che vanno contro lo spirito di riconciliazione nazionale e che minino il dialogo tra l’esecutivo e coloro che non sono d’accordo con la politica del governo”. (A.L.)

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    Auspicio di pacificazione dalla Chiesa in Myanmar: è giunto il momento di “dimostrare buona volontà”

    ◊   Vicinanza ai monaci buddisti, che si sono resi portavoce delle sofferenze della popolazione del Myanmar, è stata espressa dall’arcivescovo di Yangon, mons. Charles Maung Bo, e dal vescovo di Mawlamyne, mons. Rayond Saw Po Ray. I due presuli hanno evidenziato, in interviste concesse all’agenzie AsiaNews, che la situazione dell’ex Birmania resta difficile: "La gente – ha affermato il vescovo di Mawlamyne – spera in un miglioramento, in un cambiamento, ma ha troppa paura per riuscire a parlare". "I soldati – ha aggiunto – l’arcivescovo di Yangon – sono ovunque e controllano i monasteri". I presuli auspicano poi un cambiamento che possa portare alla pacificazione del Paese. Per mons. Rayond Saw Po Ray è giunto il momento di “dimostrare buona volontà”. "I desideri della gente – ha spiegato mons. Charles Maung Bo - crescono e sono grandi come le loro difficoltà. Questa volta – ha aggiunto – ci sentiamo più sostenuti dall’esterno”. “La preghiera – ha concluso mons. Rayond Saw Po Ray – è l’unica cosa che possiamo offrire a chi lotta”. (A.L.)

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    I vescovi USA invitano ad un dibattito sui flussi migratori dopo le nuove leggi sull’immigrazione

    ◊   Alle persone prive di documenti bisogna offrire l’opportunità di legalizzare il loro status. A tutti i cattolici si chiede di rifiutare atteggiamenti ostili nei confronti degli immigrati. E’ quanto chiede la Chiesa negli Stati Uniti precisando anche che il governo americano ha chiaramente “il diritto di controllare e di far entrare in vigore le leggi”. Tre vescovi del Maryland – riferisce l’Osservatore Romano - hanno anche esortato un milione di cattolici a impegnarsi in un dialogo di fede sull’immigrazione. I presuli si sono espressi dopo l’entrata in vigore della "Oklahoma Taxpayer and citizen protection Act" del 2007: il provvedimento di legge rende passibile di reato chi, consapevolmente, ospita o trasporta uno straniero privo di documenti in regola e pone barriere specifiche all’assunzione di stranieri non in regola con i permessi. Il vescovo di Tulsa, mons. Edward James Slattery, ha pubblicato una lettera pastorale in cui delinea il piano di azione diocesano in quattro punti per affrontare la nuova regolamentazione statale sull’immigrazione illegale, descritta come una delle più dure della nazione. Il vescovo ausiliare di Los Angeles, mons. Alexander Salazar, ha affermato inoltre che “Nostra Signora di Guadalupe ci esorta a rispettarci reciprocamente e ad unirci contro l’ingiustizia del nostro sistema di immigrazione”. E la processione annuale di domenica prossima, organizzata dall’arcidiocesi di Los Angeles, in onore di Nostra Signora di Guadalupe, sarà parte, idealmente, di un’esortazione della Conferenza episcopale della California sulla recente forma dell’immigrazione. “I cattolici – sottolineano i vescovi nel testo – devono considerare prioritarie le esigenze degli immigrati sprovvisti di documenti e delle loro famiglie e anche le motivazioni che li spingono ad emigrare negli Stati Uniti”. (A.L.)

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    In Bolivia, la Chiesa chiede a fedeli e cittadini di partecipare ad un “minuto di preghiera” per la riconciliazione

    ◊   Di fronte alla crisi sociale che scuote la Bolivia, la Chiesa sta promuovendo una campagna nazionale di preghiera che ha per motto “Per la vita e la riconciliazione dei boliviani”. La Chiesa invita a partecipare, oggi, ad un “minuto di preghiera”. Si chiede a fedeli e cittadini, ovunque si trovino, di pregare per un minuto ringraziando Dio per il dono della vita e chiedendo il dono della riconciliazione. Un invito è stato rivolto, in particolare, ai fedeli: quello di partecipare all’Eucaristia di domenica prossima pregando per il dono della pace duratura, per saper accogliere e rispettare il dono della vita, per chiedere la riconciliazione e l’unità dei boliviani, per agire con responsabilità e nel dialogo sincero. Ad oggi, la tensione tra governo socialista e opposizione in Bolivia è cresciuta per lo sciopero indetto in sei delle nove regioni del Paese, e per uno sciopero della fame in atto da lunedì contro il presidente Evo Morales. Scontri si sono verificati a Cochabamba e a Santa Cruz, dove gruppi di dimostranti hanno aggredito i commercianti che tenevano aperti alcuni negozi nonostante lo sciopero. Gli ambasciatori dei Paesi dell’Unione Europea (UE) si sono visti ieri con Morales e lo hanno invitato a rispettare la legalità ed i principi democratici. (A.M.)

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    In Colombia, prima riunione per preparare la Grande missione continentale in America Latina

    ◊   A Bogotà, sede del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), si è chiusa ieri la prima riunione della Commissione Speciale che ha l’incarico di progettare la Missione Continentale. A questa missione è stata chiamata tutta la Chiesa dell’America Latina durante la celebrazione della V Conferenza di Aparecida, lo scorso mese di maggio. Hanno partecipato alla riunione 13 esperti di missioni, tra cui 7 vescovi, coordinati dal Segretario Generale del Celam, mons. Víctor Sánchez. L’obiettivo dell’incontro era quello di abbozzare un piano che riassumesse tutte le iniziative proposte nell’ambito della missione, a livello locale o diocesano, ed a livello nazionale con le Conferenze episcopali. In tale contesto, il CELAM viene visto come animatore continentale di questa missione, che deve avere un carattere permanente. I partecipanti, in seguito, hanno visionato i vari sussidi pubblicati negli incontri preparatori della Conferenza di Aparecida, specialmente quelli dedicati alla missione. Sono state prese in esame anche le proposte elaborate dai gruppi durante i giorni della Conferenza Generale. Nella riunione di Bogotà sono stati presentati anche i suggerimenti offerti dall'ultima Assemblea del CELAM, che ha avuto luogo a luglio a L'Avana, e dalla successiva riunione di coordinamento dei dipartimenti e dei centri dello stesso CELAM. (A.M.)

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    Lettera dei vescovi coreani per l'Avvento: santificare famiglia e annunciare il Vangelo

    ◊   Condividere i propri beni con il prossimo e santificare la famiglia, ma soprattutto portare il Vangelo a chi non lo conosce, per essere parte integrante nella missione della Chiesa universale. Sono questi i “compiti” assegnati dai vescovi coreani ai loro fedeli, in occasione dell’inizio dell’Avvento. I presuli hanno infatti scritto ognuno una lettera indirizzata a tutte le parrocchie delle loro diocesi, che verrà letta domenica prossima, la prima di Avvento. Le indicazioni contenute nei vari testi “devono divenire un percorso da seguire non soltanto in questo santo periodo, ma per tutta la vita”. L’arcivescovo di Seoul, il card. Nicholas Cheong Jin-suk, riferisce l'Agenzia AsiaNews, ha intitolato la sua lettera “Famiglia, base della vita”. Nel testo, il porporato scrive: “Prima di tutto deve essere proclamato e riconosciuto il nobile diritto ed il valore della famiglia, che è alla base del rispetto per gli esseri umani. Questo è fondamentale, se si vuole creare uno sviluppo sociale equilibrato”. Un risultato del genere, sottolinea, “si otterrà soltanto se riusciremo ad abolire la cosiddetta ‘Legge per la salute di madre e figlio’ , (la normativa che prevede il pieno accesso alle pratiche abortive), la pena di morte e la clonazione di embrioni umani. Sono queste, oggi, le minacce alla nostra società”. L’arcivescovo di Kwangju, mons. Andreas Choi Chang-mou, invita invece la sua comunità a “rinnovare la propria immagine, in modo da poter manifestare in pieno il mistero della divina incarnazione e portare avanti così il progetto divino per l’umanità”. Infine, un testo comune a firma dell’intera Conferenza episcopale coreana afferma che “la cosa più importante per i cattolici è avere cura dei propri vicini, perché la prima missione della Chiesa è quella di servire. Dobbiamo tornare alla cura del nostro mondo, dobbiamo essere missionari del Vangelo ed educare nella fede i nostri giovani, speranza per il mondo”. (R.P.)

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    Ritiro spirituale al Seminario di Pechino per celebrare i 10 anni del Corso di formazione alla fede

    ◊   Per celebrare i 10 anni del Corso di formazione alla fede, destinato soprattutto ai laici, si è tenuto nel seminario diocesano di Pechino un ritiro spirituale incentrato sulla formazione dei missionari per la Chiesa del terzo millennio e per la diocesi della capitale cinese. “Preghiera e vita”, “La preghiera contemplativa” e “La preghiera di Taizé” sono stati i temi principali affrontati durante il ritiro. Si è sottolineato, in particolare, che la missione è basata sulla preghiera e sul rapporto spirituale intimo con il Signore. Al ritiro – riferisce l’agenzia Fides – hanno partecipato oltre 100 fedeli che hanno offerto le loro testimonianze di vita cristiana. Il primo ciclo del Corso è stato istituito nel 1997, quando il Seminario di Pechino ha individuato l’esigenza di assicurare una formazione spirituale, missionaria e catechetica ai laici rispondendo allo spirito del Decreto “Ad Gentes” del Concilio Vaticano II. L’arcidiocesi di Pechino attualmente conta circa 60 mila fedeli, 51 sacerdoti e una cinquantina di religiose. (A.L.)

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    In Vietnam, attraverso attività educative e caritative, si dà sostegno alla missione

    ◊   Grazie alle attività caritative, sociali ed educative, sacerdoti, religiosi e laici riescono a dare sostegno all’attività missionaria. Se ne è avuta conferma nell’incontro della diocesi di Phan Thiet, nel sud del Vietnam, con 200 religiosi, 9 ordini e due associazioni religiose che si sono scambiati le loro esperienze. La federazione dei monaci e delle suore cattolici svolge da 13 anni attività pastorali ed educative e sono molto contenti di avere un gruppo per lavorare insieme. Secondo una delle maggiori preoccupazioni, espresse dalla lettera pastorale di quest’anno della Conferenza episcopale, “oggi l’educazione rappresenta il futuro per la società e per la Chiesa” e “per integrarsi nella situazione del Paese, i religiosi debbono avere fede nell’oggi”. Sacerdoti e suore - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno coscienza di tale obiettivo: “Abbiamo svolto attività pastorali e sociali in parrocchie, comunità e province della diocesi, basandoci sulle Guide spirituali della Chiesa del Vietnam. Ci siamo trovati davanti a numerose difficoltà, ma non ci siamo scoraggiati. Ci siamo reciprocamente aiutati per andare avanti”. (A.L.)

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    I francescani di Terra Santa rinnovano la loro professione religiosa

    ◊   I frati della Custodia di Terra Santa si sono ritrovati ieri sera nella basilica del Getsemani a Gerusalemme, per rinnovare la loro professione religiosa ed hanno ricevuto la Regola di san Francesco dalle mani del custode, padre Pierbattista Pizzaballa. La storia racconta - scrive l'Agenzia Sir - che papa Onorio IV, il 29 novembre 1226, approvò la regola dei Frati Minori, presentatagli da Francesco d’Assisi. Per questo motivo il 29 novembre i frati minori rinnovano la loro professione religiosa. “La Regola, nell’esperienza francescana, non è un elaborato amministrativo ma impegno a vivere secondo il vangelo offrendo la propria umanità perché il Signore continui a parlare, a salvare il mondo attraverso di noi” ha detto nell’omelia padre Pizzaballa che ha aggiunto “per noi, che abbiamo la grazia di essere francescani in Terra Santa, l’amore di Cristo deve possedere una forza e un’urgenza particolare”. “La Regola non è pacco di norme burocratiche ma lo spirito della nostra appartenenza all’Ordine dei minori, un sostegno contro l’indolenza e il pericolo di manipolare le parole di Gesù secondo schemi umani e secondo le convenienze di circostanza”. “Vogliamo essere nel mondo testimoni credibili dell’amore divino; - ha concluso - questo esige il rifiuto di ogni mediocrità, di ogni compromesso con lo spirito del mondo, di ogni lettura accomodante ed individualista della nostra vocazione”. (R.P.)

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    Dalla GMG nuove speranze per la pastorale giovanile in Australia

    ◊   I coordinatori diocesani di Pastorale giovanile in Australia sono in fermento per organizzare incontri ed eventi e coinvolgere i giovani sulla scia dell’entusiasmo della Giornata Mondiale della Gioventù del 2008. Ci si aspetta, infatti, che la GMG avrà un impatto non indifferente sui giovani australiani. Si sta già pensando – rende noto l’agenzia Fides - al Servizio pastorale dopo la Giornata mondiale della Gioventù. Si intendono approfondire, in particolare, le seguenti linee: insegnare ai giovani a vivere come discepoli di Cristo nel mondo di oggi; rendere i giovani compartecipi della vita, della missione e dell’opera della Chiesa, incoraggiare e promuovere la crescita spirituale e il discernimento della vocazione in ogni persona. Da una ricerca condotta da Richard Rymarz, docente dell’Università cattolica dell’Australia, incentrata su “Giovani e nuova evangelizzazione nel XXI secolo”, emerge poi che “le Giornate mondiale della Gioventù rappresentano per i giovani un evento fondamentale nel proprio cammino spirituale, nell’itinerario di conversione e di fede”. Rymarz, secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, ha intervistato i giovani australiani che hanno partecipato alla GMG di Colonia nel 2005. Nelle conclusioni, pubblicate dalla rivista “Australian Catholic Record”, si afferma che il cambiamento principale registrato riguarda la vita interiore dei giovani. “La GMG – osserva Rymarz - ha dato loro un desiderio di impegno più serio e profondo nel cammino di fede”. (A.L.)

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    A Livorno, un convegno su Paolo VI ed il movimento ecumenico in Italia

    ◊   “La prima stella del mattino. Paolo VI e il movimento ecumenico in Italia”. E’ il titolo del convegno promosso dal Centro di documentazione del Movimento Ecumenico Italiano (CEDOMEI) che si terrà oggi e domani a Livorno. “L’incontro – spiega Riccardo Burigana, direttore del CEDOMEI – vuole essere l’occasione per un'attenta riflessione sul ruolo di Paolo VI nella promozione del dialogo ecumenico. I lavori – riferisce l’agenzia Sir - si riferiranno, in particolare, al contesto italiano, a pochi mesi dalla celebrazione della scomparsa di Papa Montini. Il convegno – aggiunge Riccardo Burigana - si propone così di illuminare ulteriormente le ricchezze spirituali, teologiche e pastorali di Paolo VI e contribuire alla sempre migliore conoscenza della memoria storica del movimento ecumenico in Italia, che proprio negli anni del pontificato di Paolo VI mosse i suoi primi passi alla luce del sole”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Russia: Putin firma la sospensione del Trattato sulle armi convenzionali in Europa

    ◊   Si riaccendono le tensioni tra la comunità internazionale e la Russia che domani è chiamata al voto per le elezioni parlamentari. Stamani, il presidente, Vladimir Putin, ha firmato la sospensione del trattato CFE sulle forze convenzionali in Europa, che sarà effettiva a partire dal 12 dicembre. Una decisione scattata per la mancata ratifica della modifica della nuova versione del Trattato, messa a punto nel 1999, ma anche in risposta allo scudo anti-missile americano nell’Europa centrale.

    Terrorismo
    E’ considerato autentico il messaggio audio di Osama Bin Laden, diffuso ieri dalla tv satellitare Al Jazeera. Nel nastro, lo sceicco del terrore invita gli europei a non partecipare al conflitto in Afghanistan dove “l’influenza americana - ha detto il capo di Al Qaeda - sta scemando”. Inoltre, si rivendica la paternità dei fatti dell’11 settembre in risposta alle azioni di americani e israeliani, eventi nei quali i talebani non c’entrano. Citati nel nastro, l’ex premier britannico, Blair, il presidente francese, Sarkozy, e l’ex presidente del consiglio italiano, Berlusconi: tutti considerati “all’ombra della Casa Bianca”.

    Colombia
    Commozione e felicità per la famiglia di Ingrid Betancourt, la leader ambientalista nelle mani delle FARC, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, dal febbraio 2002. Ieri, l’esercito colombiano ha arrestato tre guerriglieri in possesso di un video, datato 24 ottobre, nel quale venivano ripresi alcuni prigionieri tra cui l’ex candidata presidenziale. La donna è apparsa in catene, molto magra e con l’espressione triste. Si tratta della prima prova che è viva. “Raddoppieremo gli sforzi per ottenere la sua liberazione”, ha detto il presidente francese Sarkozy.

    Libano
    Secondo fonti di stampa, sembra vicina l’intesa per eleggere il nuovo capo dello Stato libanese. Si tratterebbe del comandante dell’esercito, il generale Michel Suleiman. Il presidente del parlamento, Nabih Berri, ha messo allo studio un emendamento alla Costituzione per rendere possibile l’elezione di Suleiman già nella prossima seduta, convocata per il 7 dicembre.

    Pakistan
    Attesa per conoscere il programma politico dell’ex premier pakistano, Benazir Bhutto. Oggi, in una conferenza stampa verranno annunciate le sue linee guida in vista delle elezioni dell’8 gennaio. Ieri, intanto, il presidente, Pervez Musharraf, ha giurato in abiti civili per un secondo mandato di 5 anni ed ha annunciato la revoca dello stato d’emergenza per il prossimo 16 dicembre.

    Iran
    Clima distensivo in vista dell’incontro a Londra sul nucleare iraniano tra l’Alto rappresentante della politica estera europea, Solana, e la delegazione di Teheran. Fonti vicine alla Repubblica islamica hanno parlato di prospettive “positive” per i colloqui, gli ultimi prima che la parola torni al Consiglio di sicurezza dell’ONU per possibili nuove sanzioni.

    Iraq
    Ondata di arresti a Baghdad: 40 persone sono state fermate, tra queste il figlio di un leader del Fronte della concordia, maggior gruppo parlamentare sunnita in Iraq. L’azione ha preso il via dopo che ieri erano state rinvenute due autobomba nelle vicinanze dell'abitazione dell'uomo politico, poi fatte esplodere da soldati americani.

    Italia-Francia
    A Nizza, si è svolto il vertice italo-francese con l’obiettivo puntato sul rilancio della cooperazione soprattutto nel settore energetico. Al termine della riunione, il presidente francese Sarkozy ed il premier italiano Prodi hanno firmato una serie di dichiarazioni congiunte in tema di sicurezza e difesa ma anche sull’immigrazione.
     
    Algeria
    E’ stata pari al 43,2% l’affluenza alle urne in Algeria dove ieri si sono svolte le elezioni amministrative per il rinnovo di 1451 assemblee comunali e di 48 regionali. Le consultazioni, inizialmente previste a ottobre, erano state spostate per rispettare il Ramadam.

    Ciad
    Venti di guerra nel Paese africano. I ribelli dell’UFDD, l’Unione delle Forze per la Democrazia e lo Sviluppo, già in lotta con il governo centrale di N’Djamena, hanno dichiarato di essere in conflitto con ogni presenza militare straniera sul terreno in primis l’esercito francese, che mantiene nella zona un migliaio di uomini. In Ciad è atteso l’arrivo di una forza d'interposizione, voluta dall'Unione Europea, con l'obiettivo di proteggere i campi profughi al confine con il Darfur.
     
    Filippine
    Tensione nell’isola di Jolo, nelle Filippine. Cinque soldati e quattro ribelli musulmani sono morti in accesi combattimenti che hanno costretto il governo di Manila ad inviare rinforzi nella zona. L’azione segue l’ammutinamento di una trentina di soldati, che ieri si erano barricati in un albergo di Manila per chiedere le dimissioni del presidente Gloria Arroyo.

    Turchia
    Sono ancora poco chiare le cause della sciagura aerea avvenuta in Turchia e costata la vita a 56 passeggeri. Il velivolo, decollato da Instabul, è precipitato nel sud-est del Paese, il relitto è stato rinvenuto in una zona di montagna vicino Isparta.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 334

     
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