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SOMMARIO del 26/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa sia pronta ad incontrare le esigenze spirituali degli uomini del nostro tempo: così Benedetto XVI ai nuovi cardinali, ricevuti in Aula Paolo VI con i familiari
  • Altre udienze e nomine
  • Solidarietà verso gli homeless per frenare il dramma silenzioso della loro miseria: lo hanno invocato il cardinale Martino e mons. Marchetto alla prima Conferenza internazionale sulla Pastorale per i senza dimora
  • Oggi in Primo Piano

  • Alla vigilia della Conferenza di pace di Annapolis, si riaccendono le speranze della comunità internazionale per il Medio Oriente. Intervista con padre David Jaeger, della Custodia francescana di Terra Santa
  • Fiducia alla FAO: bilancio in crescita nel prossimo biennio per la sfida di liberare il mondo dalla fame
  • Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita: basta considerare "intoccabile" in Italia la legge 194 sull'aborto
  • I diritti dell'infanzia violata: servono politiche e stanziamenti per salvare le piccole vittime della violenza. L'opinione dei professori Sclavi e Citarella
  • Opporre la cultura della vita e della legalità alle derive delle mafie: lo chiedono in una nota ai fedeli i vescovi della Calabria. Intervista con mons. Mondello
  • Il ct. della nazionale di calcio italiana, Donadoni: il mondo del pallone ha bisogno di chi sappia proporre valori, come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI
  • La 25.ma edizione del Torino Film Festival: uno sguardo attento al cinema non commerciale e due retrospettive dedicate ai registi John Cassavetes e Wim Wenders
  • Chiesa e Società

  • Il Bangladesh conta due miliardi di danni per il ciclone Sidr. Scoordinati gli aiuti
  • Emergenza nelle Filippine per il passaggio del tifone Mitang
  • Il cardinale Sfeir lancia un appello per il Libano, ancora senza un presidente
  • Rischia di chiudere l’ospedale somalo fondato dalla Tonelli, la missionaria italiana uccisa nel 2003
  • Solenne celebrazione eucaristica a Kibeho, in Rwanda, per i 25 anni delle apparizioni mariane
  • Il dramma dei piccoli profughi birmani in India nell'allarme lanciato da un gruppo attivista che opera nel Paese asiatico
  • La carità cristiana per favorire la riunificazione tra Corea del sud e Corea del nord
  • In Pakistan: la Chiesa e i giornalisti cristiani si mobilitano contro le restrizioni ai media decise dal governo
  • In Indonesia, una processione dedicata ai "Tre tesori della fede"
  • Alla Radio Vaticana il "Premio Telamone per la pace 2007" per il contributo al risveglio della morale della società
  • 24 Ore nel Mondo

  • Putin chiede di riformare l’OSCE, che ha deciso di non monitorare le parlamentari di domenica prossima in Russia
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa sia pronta ad incontrare le esigenze spirituali degli uomini del nostro tempo: così Benedetto XVI ai nuovi cardinali, ricevuti in Aula Paolo VI con i familiari

    ◊   Siate sempre testimoni generosi dell’amore a Cristo: è l’esortazione del Papa rivolta a tutti i fedeli in occasione dell’incontro, stamani in Aula Paolo VI, con i 23 cardinali creati nel Concistoro di sabato scorso. I nuovi porporati sono stati ricevuti da Benedetto XVI assieme a familiari ed amici. Un’udienza, ha detto il Papa nel discorso articolato in diverse lingue, che rappresenta bene la cattolicità della Chiesa. Ai nuovi cardinali, il Papa ha donato una copia speciale del "Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica", impreziosta da 49 immagini fuori testo e 8 miniature. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un momento di festa, in un clima di comunione con il Successore di Pietro, “un’occasione singolare per sperimentare la cattolicità della Chiesa”: Benedetto XVI ha accolto con queste parole affettuose i 23 nuovi cardinali, accompagnati da familiari ed amici venuti da ogni angolo del mondo per fare ad essi “corona in un momento così importante della loro esistenza”. E proprio alle persone amiche dei nuovi cardinali, Benedetto XVI ha voluto rivolgere una calorosa esortazione:

     
    "Esorto ciascuno di loro a non farvi mai mancare l’amicizia, la stima e la preghiera, aiutandovi così a continuare a servire fedelmente la Chiesa e a rendere nei vari compiti e ministeri, che la Provvidenza vi affida, una testimonianza sempre più generosa di amore a Cristo".

     
    Il Papa ha così chiesto ai membri del Collegio cardinalizio di accompagnarlo con la loro “esperienza umana e pastorale”:
     
    "Io conto molto sul vostro prezioso sostegno, perché possa svolgere al meglio il mio ministero al servizio dell’intero popolo di Dio".

     
    Quindi, ha messo l’accento sul servizio che il Successore di Pietro assieme ai Pastori è chiamato ad offrire ai fedeli di tutto il mondo:
     
    "Continuate a pregare per loro e anche per me, affinché sia sempre salda la comunione dei Pastori con il Papa sì da offrire al mondo intero la testimonianza di una Chiesa fedele a Cristo e pronta ad andare incontro con coraggio profetico alle attese ed esigenze spirituali degli uomini del nostro tempo".

     
    Parlando in lingua francese, il Papa ha sottolineato l’importanza per i nuovi porporati di essere accompagnati dai fedeli nella preghiera. Parole ribadite anche nel saluto in lingua inglese, nel quale ha messo l’accento sul legame tra i cardinali e il Pontefice quale segno dell’unità della Chiesa. In spagnolo, ha chiesto alla Vergine Maria di vegliare sui nuovi cardinali, affinché il loro servizio alla Chiesa sia molto fecondo. Benedetto XVI non ha mancato di salutare in tedesco il neo cardinale Cordes e in polacco il cardinale Rylko. Quindi, rivolgendosi al nuovo cardinale Scherer, arcivescovo di San Paolo, ha ricordato con emozione il suo viaggio apostolico in Brasile, nel maggio scorso. “Tornando nelle vostre varie diocesi - ha concluso il Papa - recate a tutti il mio saluto e l’assicurazione del mio costante ricordo al Signore”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec.

    In Angola, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Lwena il padre Salesiano, Jesús Tirso Blanco, finora vice ispettore del suo Istituto in Angola. Il neo presule, 50 anni, ha svolto gli studi di Filosofia e Teologia nella casa di formazione dei Salesiani a Buenos Aires. Ha una Licenza in Missiologia e Comunicazione Sociale. Dopo l’ordinazione presbiterale, è stato fra l'altro parroco, ed esperto di pastorale giovanile, Da 1996 al 1998, ha completato gli studi a Roma.

    La Diocesi di Lwena, suffraganea dell’Arcidiocesi di Huambo, è stata eretta nel 1979. Ha una popolazione di 700 mila abitanti, dei quali 140 mial cattolici, suddivisi in 4 parrocchie e 9 missioni, con 20 sacerdoti (12 diocesani e 8 religiosi). I seminaristi sono 18 e le Religiose 20.


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    Solidarietà verso gli homeless per frenare il dramma silenzioso della loro miseria: lo hanno invocato il cardinale Martino e mons. Marchetto alla prima Conferenza internazionale sulla Pastorale per i senza dimora

    ◊   Una preoccupazione umana ed ecclesiale”, che chiede risposte in grado di arginare il dramma quotidiano e semisconosciuto dei senza fissa dimora. Lo hanno invocato ad una voce il cardinale Renato Raffaele Martino e l’arcivescovo Agostino Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e degli itineranti, entrambi intervenuti questa mattina, a Roma, al primo Incontro internazionale di Pastorale per le Persone senza fissa dimora, organizzato dal dicastero vaticano. I particolari, nel servizio di Alessandro De Carolis:


    Muoiono nel silenzio che ha accompagnato la loro vita di “invisibili”. Cinquantamila senza tetto, ogni giorno, cadono vittime della loro miseria che non fa notizia, se non per chi si è votato alla loro assistenza. Sono uomini e donne, vecchi e ragazzini, vittime dei ripari fatiscenti in cui bivaccano, dell’acqua malsana alla quale troppe volte accostano le labbra, della carenza di igiene che li espone alle malattie. In altri termini, vittime di un ordine sociale “imperfetto, ineguale, ingiusto”, rispetto al quale “coloro che appartengono ad altri ambiti della società hanno praticato una ‘amnesia selettiva’”. E’ lo scenario generale delineato da Marchetto nel suo intervento alla Conferenza di Roma, che segna - ha ricordato - il terzo di una serie di incontri organizzati dal dicastero vaticano circa la cosidetta “Pastorale della strada”. Le cifre esposte dal segretario del Pontificio Consiglio per i migranti evocano immagini di baraccopoli di tutto il mondo - con i 100 milioni di ragazzi di strada che si stima le popolino - o dei milioni di senza fissa dimora che sono in scia al ricco Occidente: almeno tre milioni in Europa e tre e mezzo negli USA, metà dei quali ragazzi, senza contare ovviamente i continenti dove la povertà è una piaga che ancora oggi sanguina in modo copioso. A seconda della latitudini, ognuno di questi invisibili viene chiamato homeless o clochard o barbone o pudel, ma la loro esistenza, ha osservato mons. Marchetto, pur non inquadrabile in “una sola entità” si riassume in un’identico risultato finale: la “perdita della dignità e del diritto fondamentale alla casa”.

     
    Tuttavia, ha obiettato il presule, “soddisfare le necessità umane fondamentali offrendo riparo, alloggio, cibo, vestiti, calore, cure sanitarie e così via, è solo l’inizio dell’opera”. C’è, nel profondo di ogni persona senza dimora una necessità “più grande”: quella di “essere accettata e trattata con dignità”. Questo obiettivo è ben chiaro ai molti Istituti religiosi o organizzazioni cattoliche, come ad esempio la Caritas, che si occupano dei senza dimora e il cui lavoro è stato ampiamente apprezzato dal presule. Proprio sulla base dell’esperienza fin qui acquisita, mons. Marchetto ha delineato cinque direzioni per orientare la solidarietà in questo specifico settore sociopastorale: anzitutto, eliminare gli stereotipi che condizionano il giudizio sui senza casa da parte della gente, turbata dalla loro non convenzionalità. Quindi, aiutarli rispettando la loro sfera vitale, con un equilibrio - ha distinto mons. Marchetto - “attento tra aiuto e libertà, tra vicinanza e distanza”. Terzo, elaborare un “ministero cristiano specifico”, evitando nel caso degli homeless forme di “proselitismo”. Quarto, tenere presente che il loro reinserimento in famiglie o comunità non è mai facile e, addirittura, talvolta “impossibile” né “auspicabile”, per via della “vulnerabilità” dei soggetti, la cui storia personale potrebbe renderli ostili a un ritorno al passato che a loro appare invece come un “futuro incerto”. Infine, approfondire il fenomeno con un’adeguata riflessione ecclesiale. In questo caso, ha proposto mons. Marchetto, si potrebbe pensare alla “creazione di coalizioni di ampia portata tra organizzazioni laiche e religiose per operare insieme in questo processo di cambiamento e rinnovamento”.

     
    Introducendo i lavori della Conferenza, il cardinale Martino aveva rammentato ai partecipanti i passi principali compiuti dal magistero ecclesiale in questo campo. Benedetto XVI, ha ricordato, insiste nella Deus caritas est sull’amore che nasce da Cristo e dunque sulla “dedizione” che ne scaturisce: “Non è sufficiente – scrive il Papa - donare cose temporali, ma dobbiamo essere ‘presenti a livello personale’ in tutto ciò che facciamo, secondo il modello offerto dalla parabola del buon Samaritano”: per esso, “la carità cristiana è dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata situazione, costituisce la necessità immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista della guarigione, i carcerati visitati”. Ma in definitiva, la carità cristiana supera la filantropia, poiché - afferma Benedetto XVI - ci chiede di “imparare a vedere con gli occhi di Cristo e a stare con gli altri secondo la Sua prospettiva”.

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    Oggi in Primo Piano



    Alla vigilia della Conferenza di pace di Annapolis, si riaccendono le speranze della comunità internazionale per il Medio Oriente. Intervista con padre David Jaeger, della Custodia francescana di Terra Santa

    ◊   Mancano meno di 24 ore all’attesa Conferenza di pace sul Medio Oriente. Ai lavori ad Annapolis, negli Stati Uniti, prenderanno parte negoziatori israeliani, palestinesi e diversi rappresentanti della comunità internazionale. Nel pomeriggio, il presidente americano, George Bush, incontrerà il premier israeliano, Ehud Olmert, ed il presidente palestinese, Abu Mazen. Al vertice - ha confermato il direttore della Sala Stampa vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi - è stata invitata anche la Santa Sede. Quali risposte devono arrivare dalla Conferenza di Annapolis per rendere reale il progetto di due Stati democratici - Israele e Palestina - che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco, padre David Jaeger, della Custodia francescana di Terra Santa:

     
    R. - Credo che la prima cosa, fosse anche l’unico risultato, sarebbe quella di avviare concretamente il negoziato di pace con l’obiettivo preciso del Trattato di pace definitivo tra la nazione palestinese e quella israeliana.

     
    D. - Il movimento radicale Hamas ha dichiarato, però, che i palestinesi non terranno conto delle eventuali decisioni che saranno prese alla Conferenza. Questo è un ostacolo reale?

     
    R. - No, non costitusice alcun ostacolo perché l’Organizzazione per la liberazione della palestina, l’OLP, che internazionalmente - e anche e soprattutto nel mondo arabo - è riconosciuta come il solo, legittimo rappresentante del popolo palestinese. Per cui, quello che direbbero organizzazioni o individui che sono al di fuori dell’OLP, non dovrebbe avere nessun impatto.

     
    D. - L’Iran critica, poi, i Paesi arabi che parteciperanno ai lavori, accusandoli di "scarsa intelligenza politica". Come si pone in generale oggi il mondo arabo di fronte al difficile processo di pace israelo-palestinese?

     
    R. - Innanzitutto, l’Iran non è un Paese arabo e, quindi, il suo atteggiamento non ha nessun impatto sui Paesi membri della Lega Araba. I Paesi arabi seguono molto da vicino queste aperture, queste prospettive di negoziati di pace di Israele con i palestinesi, per mettere su compiutamente quella cerchia di pace.

     
    D. - Alla Conferenza di Annapolis, si prevede un’ampia partecipazione internazionale. Quale significato assume, in particolare, l’annunciata partecipazione della Siria?

     
    R. - Confermerebbe, concretamente, quanto è stato più volte dichiarato negli ultimi anni dalla presidenza siriana, di voler anch’essa arrivare ad un Trattato di pace con Israele e di chiedere l’apertura di negoziati concreti di pace tra le due nazioni.

     
    D. - Quali sono le aspettative della Chiesa di Terra Santa per la Conferenza di Annapolis?

     
    R. - Umanamente parlando, le future condizioni e prospettive di vita della Chiesa in Terra Santa dipendono dalla pace. In mancanza di pace, si avverte la crescita della militanza di organizzazioni islamiste nei Territori occupati: ne abbiamo avuto la conferma a Gaza negli ultimi mesi.

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    Fiducia alla FAO: bilancio in crescita nel prossimo biennio per la sfida di liberare il mondo dalla fame

    ◊   Incontro stampa, stamane a Roma, in chiusura della 34.ma Conferenza dell’Organizzazione dell’ONU per l’agricoltura e l’alimentazione (FAO). I Paesi membri esprimono fiducia per il piano di rilancio e i progetti di riforma della più grande agenzia delle Nazioni Unite, impegnata a liberare il pianeta dall’incubo della fame. Ma siamo ben lontani dal raggiungere gli obiettivi del Millennio, ha denunciato - ancora una volta - il direttore generale della FAO, Jacques Diouf. Il servizio di Roberta Gisotti:


    La FAO, impegnata nel cambiamento che investe l’intero sistema delle Nazioni Unite per rispondere con efficienza alle più importanti sfide che sono di fronte all’umanità. Si è detto “molto soddisfatto”, Jacques Diouf, per il bilancio 2008-2009 approvato dalla Conferenza: 867,6 milioni di dollari, il 13,3 per cento in più rispetto al biennio passato e dopo 14 anni di budget sempre ridotti. Tutti d’accordo i Paesi membri, eccetto Stati Uniti, Giappone, Canada e Svizzera. Non ha nascosto, Diouf, tutte le difficoltà per raggiungere l’obiettivo del Millennio di dimezzare entro il 2015 il numero degli affamati. Oggi, sono 854 milioni, in aumento quindi dopo sette anni. C’è, quindi, grande preoccupazione considerato che nel 2050, la popolazione dell’intero pianeta salirà da sei a nove miliardi.

     
    Che fare? La FAO mette in programma per il prossimo anno tre Conferenze, la prima già fissata dal 3 al 5 giugno 2008, dedicata alla sicurezza alimentare mondiale e alle sfide dei cambiamenti climatici e alle bioenergie. La seconda, incentrata sull’interrogativo “Come nutrire il mondo nel 2050?”. La terza, per decidere le riforme della stessa organizzazione: governance, gestione interna, attività esterne.

     
    Il dato riportato da Diouf che più impressiona è che ancora oggi il 70 per cento dei poveri nel mondo vive in aree rurali, mentre le risorse destinate all’agricoltura calano sempre di più. Nessun obiettivo - ha concluso Diouf - sarà mai raggiunto se manca la volontà politica dei Paesi.

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    Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita: basta considerare "intoccabile" in Italia la legge 194 sull'aborto

    ◊   E’ necessario riformare la legge 194 sull’aborto e creare consultori in favore della vita contrastando le logiche di morte. E’ la sfida lanciata dal XXVII Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita che si è chiuso ieri a Roma dopo tre giorni di lavori. L’iniziativa dal tema “30 anni di legge 194” ha visto tra l’altro l’intervento del segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori, il quale ha sottolineato la necessità di tutelare la persona umana “fin dal primo momento della sua esistenza, dal concepimento” fino al suo termine naturale. Al microfono di Massimiliano Menichetti, il presidente del Movimento per la Vita Carlo Casini:


    R. - La legge 194 è purtroppo diventata, nella dominante cultura italiana, intoccabile: guai a chi parla di modificare la legge. Noi diciamo che ora basta. Sono passati 30 anni, è dunque lecito riflettere di nuovo, tanto più che quando questa legge fu emanata, fu promessa una revisione, formalmente. Sappiamo esattamente quali sono stati gli effetti della legge: 4 milioni 800 mila bambini condannati a morte, uccisi. E’ necessario ricominciare a parlare della legge e modificarla. In sostanza, la domanda fondamentale che tutti dovrebbero porsi è: se noi, con pochi mezzi, abbiamo potuto salvare dall’aborto 85 mila bambini - e questo significa aver salvato anche le loro madri - quanto maggiore potrebbe essere l’effetto di un’azione dello Stato e delle istituzioni in questo senso?

     
    D. - Anche il segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori, a margine del convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita, ha ribadito: “La 194 può essere riformata”. Cosa va cambiato?

     
    R. - Bisogna che i consultori si trasformino e diventino in forma pubblica un modo di esprimere solidarietà nei confronti della donna in difficoltà, così come ora fanno i Centri di aiuto alla Vita. Bisogna che il valore della vita, il diritto alla vita fin dal concepimento, sia manifestazione formale legislativa. Il ministro, nella sua relazione annuale, non deve poi mostrare solo i dati di quanti bambini sono stati uccisi con l’aborto, ma indichi quanti ne sono stati salvati dalle strutture della legge e del volontariato.

     
    D. - Come Movimento per la vita il vostro cavallo di battaglia è: ascoltare, informare, sostenere...

     
    R. - Noi vogliamo consultori trasformati, riformati che svolgano essi il ruolo dei Centri di Aiuto alla Vita, cioè che non autorizzino l’aborto ma che viceversa siano preposti a fare tutto il possibile per prevenire l’aborto, anche con potere di iniziativa, cercando le donne in difficoltà che vengono segnalate. Questo significa avviare una collaborazione molto intensa. Nell’immediato, prima di una riforma dei consultori che noi auspichiamo, dovrebbe essere introdotto l’obbligo da parte delle autorità consultoriali di avvisare i Centri di Aiuto alla Vita ogni volta che affrontano un caso. 

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    I diritti dell'infanzia violata: servono politiche e stanziamenti per salvare le piccole vittime della violenza. L'opinione dei professori Sclavi e Citarella

    ◊   Non ha confini geografici né sociali il dramma di milioni di bambini vittime ogni anno della violenza. Dal lavoro minorile all’arruolamento forzato, dalla piaga della pedofilia a quella della prostituzione, molteplici sono le violazioni dei più elementari diritti umani. In difesa dei minori, lo scorso 20 novembre si è celebrata la Giornata mondiale dell’infanzia, in occasione del 18.mo anniversario della Convenzione ONU sui diritti del bambino. A Roma, presso la sede della Società Italiana per l’Organizzazione internazionale (SIOI), rappresentanti ONU, UNICEF e del governo italiano si sono incontrati per discutere sul tema. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:


    Emarginazione, violenze, conflitti armati, abbandono. E poi, malnutrizione e mancata istruzione. Sono questi i mali che piagano l’infanzia nel mondo e offendono il diritto alla vita e i principi dell’ascolto e della tutela del minore. Un bilancio sulla condizione dell’infanzia che soffre nelle parole del professor Antonio Sclavi, presidente di UNICEF Italia:

     
    “Si parla di 9-10 milioni, cioè una quantità enorme di bambini che muoiono tra 0 e 5 anni, considerato che da noi quasi nessuno muore da 0 a 5 anni: perché non c’è un’assistenza sanitaria a tutto tondo, in quelle zone. Occorre un’assistenza sanitaria sull’igiene alla nascita, sull’allattamento con il latte materno e non con il latte artificiale, per cui il bambino può crescere in modo equilibrato. Circa l’80 per cento delle morti per malaria sono di bambini, perché sono più deboli, sono quelli che cadono prima e che non si risollevano”.

     
    Una situazione drammatica che non ha trovato sollievo nell’approvazione, 18 anni fa, della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia: uno strumento giuridico che tarda a dare i risultati attesi e lascia insoluti ancora numerosi problemi. Ne fa un bilancio il professor Luigi Citarella, presidente dell’Istituto nazionale per i diritti dei minori e membro del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo:

     
    “Elementi positivi ce ne sono e sono tanti. Per esempio, nella lotta alla pedofilia, effettivamente, si stanno facendo dei grandi progressi in Europa ma in particolare in Italia. Sul problema Internet, in questo campo siamo quasi all’avanguardia. Così per altri settori. I bambini non accompagnati in Europa hanno in Italia un trattamento che è migliore di quello di tanti altri Paesi europei. Ma il problema grosso, serio, colossale è la povertà. Il secondo problema sono le malattie, specialmente l’AIDS in Africa, dove fa veramente un’ecatombe di bambini e di adulti”.

     
    All’intervento nei Paesi del Terzo Mondo va unito quello delle regioni sviluppate, in Italia come in Europa. Ancora Sclavi:

     
    “C’è da fare cose ben grosse anche nei Paesi industrializzati. Una lunga serie di disposizioni, di leggi, di stanziamenti perché altrimenti non si attua questa convenzione. Quindi, il cambiamento è culturale. Significa mettere in prima linea certe spese, in uno Stato, e non lasciarle in fondo, come di solito succede. Una serie di interventi da contabilizzare in modo da potersi confrontare con gli anni successivi e anche con gli altri Stati”.
     
    Un atto di responsabilità che interpella ciascun individuo singolarmente:

     
    “Il singolo cittadino deve fare cultura. L’intervento materiale può consistere nel dare dei finanziamenti che siano destinati a progetti organici, perché il singolo aiuto ci appaga il cuore ma non risolve il problema di certi Paesi”.

     
    Nelle parole del professor Giovanni Conso, presidente del Comitato per i diritti umani della Società italiana per l’organizzazione internazionale, l’augurio che entro il 2009, XX anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, la condizione dei minori disagiati possa registrare un sensibile miglioramento.

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    Opporre la cultura della vita e della legalità alle derive delle mafie: lo chiedono in una nota ai fedeli i vescovi della Calabria. Intervista con mons. Mondello

    ◊   Dal mondo della criminalità organizzata in Italia emerge un nuovo pericolo, indicato dal presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione: quello dell’alleanza tra "Cosa nostra", "n’drangheta" e "camorra". Il traffico di stupefacenti è tuttora il massimo fattore di guadagno per le cosche - ha dichiarato Forgione - ma rivela una novità che sta diventando sempre più preoccupante: accordi trasversali tra le mafie più pericolose. A queste organizzazioni malavitose si deve opporre una cultura della vita e della legalità. Nella nota della Conferenza episcopale calabrese, diffusa ieri in tutte le parrocchie, si invitano in particolare i fedeli a promuovere questa cultura contro la n’drangheta. Sull’intento di questo documento, ascoltiamo al microfono di Debora Donnini, l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria–Bova, mons. Vittorio Luigi Mondello, presidente della Conferenza episcopale calabrese:


    R. - Primo di tutto, bisogna fare in modo che il problema della mafia o della ‘ndrangheta in Calabria non venga messo da parte e dimenticato. Noi, come vescovi, che già qualche anno prima avevamo pubblicato un’altra lettera sulla mafia, abbiamo pensato di ripubblicare una nota proprio per invitare tutti, cristiani e non cristiani, e specialmente le autorità politiche, a ricordare che questo problema non è stato ancora debellato.

     
    D. - Qual è la situazione della legalità attualmente, in Calabria?

     
    R. - Non è una situazione molto florida, proprio per la presenza di questa "palla al piede", come la chiamo io, di questo peso imposto dalla mafia, che è presente in quasi tutti i gangli fondamentali della vita politica, sociale ed economica. C’è bisogno di insistere perché un simile problema non venga messo da parte. Ed è per questo, poi, che noi - con questa lettera - invitiamo tutti ad un esame di coscienza e ad una conversione.

     
    D. - Voi dite: "Punto di partenza è la conversione personale e comunitaria"...

     
    R. - Noi dobbiamo distinguere la mafia da una mentalità mafiosa. Credo che in Calabria, purtroppo, sia presente una radicata mentalità mafiosa anche se non delinquenziale.

     
    D. - Ci sono degli strumenti, qualcosa di concreto che voi proponete?

     
    R. - Certo. Noi proponiamo che questa mentalità mafiosa debba essere cambiata attraverso una formazione impartita a cominciare dalle scuole, perché molte volte questa mentalità è radicata in famiglia, giacché la mafia è considerata “l’onorata società”. Invece, si deve far cambiare questa mentalità, far capire che quello è un male, non è un bene. La scuola, dunque, ma poi anche la famiglia dev’essere interessata in questo compito educativo, così come anche la Chiesa è impegnata in questo stesso compito.

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    Il ct. della nazionale di calcio italiana, Donadoni: il mondo del pallone ha bisogno di chi sappia proporre valori, come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI

    ◊   Più ombre che luci hanno segnato la cronaca recente del calcio italiano, con le derive di violenza che hanno visto un giovane tifoso perdere la vita, come in precedenza e in altre circostanze era stato un ispettore di polizia a cadere senza vita. Le luci sono state "accese" in particolare dalla nazionale di calcio azzurra, guidata dal commissario tecnico, Roberto Donadoni. Luca Collodi gli ha chiesto un'opinione sugli ultimi avvenimenti e sul bisogno di valori del quale, ora più che mai, il microcosmo del pallone sembra aver bisogno:


    R. - Credo che il buon senso debba essere risvegliato in noi, altrimenti si corre il rischio di arrivare ad un degrado tale dal quale poi è difficile rientrare.

     
    D. - Quanto pesa sul fattore-violenza l’immagine che la tv e la stampa spesso offrono del calcio e dello sport?

     
    R. - E’ un po’ quanto dicevo prima: il buon senso ha chiaramente una rilevanza importante. In questo, la televisione e la stampa hanno un grande compito. Se riescono ad adoperarsi in maniera costruttiva e positiva, possono dare un enorme apporto. Spesso, secondo me, questo non accade.

     
    D. - Lei è selezionatore della Nazionale, si trova in un ruolo importante. Guarda all’uomo che è dentro un giocatore?

     
    R. - Sicuramente. Credo che tutti questi aspetti abbiano una grande rilevanza e importanza. Ogni giocatore, prima di tutto, è un uomo.

     
    D. - In una precedente intervista ha fatto riferimento a Papa Benedetto XVI e a Giovanni Paolo II. Simpaticamente, se dovesse schierarli in campo, che ruoli attribuirebbe loro?

     
    R. - Credo che in questo momento non ci sia bisogno solo di difensori ma anche di attaccanti, come coloro che chiaramente propongono e danno qualcosa. Quindi, li schiererei chiaramente dal centrocampo in avanti.

     
    D. - Ispiratori del gioco?

     
    R. - Direi di sì, visto che sono anche ispiratori di vita e di comportamento.

     
    D. - Un consiglio, ai giovanissimi che si avvicinano al calcio...

     
    R. - Consiglio di usare molto la propria testa, di non farsi trascinare da consigli sbagliati o da gruppi che non pensano tanto al bene comune, ma più che altro a se stessi.

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    La 25.ma edizione del Torino Film Festival: uno sguardo attento al cinema non commerciale e due retrospettive dedicate ai registi John Cassavetes e Wim Wenders

    ◊   E'stata inaugurata nei giorni scorsi, la 25.ma edizione del Torino Film Festival, la prima diretta dal regista italiano Nanni Moretti. Molta attesa per le sue scelte e per l’inconfondibile impronta con la quale ha segnato sezioni e giornate della manifestazione torinese, alla quale è sempre stato affezionato, come spettatore e come autore di cinema. Il servizio è di Luca Pellegrini:

    Nel 1982 nacque, sotto l’egida dello studioso Gianni Rondolino, come Festival Cinema Giovani. Nel 1998 Alberto Barbera, attuale direttore del Museo nazionale del cinema, ne cambiò il nome, ma non lo spirito, in Torino Film Festival. Oggi, il neo direttore Nanni Moretti, il regista de "La Messa è finita" e "La stanza del figlio", ha dichiarato di avere stilato un programma legato alla tradizione di un cinema indipendente, fuori dalle esigenze commerciali, una caratteristica che rende questa rassegna unica nel panorama dei festival internazionali. Torino diventa per nove giorni il luogo dell’arte cinematografica nel quale autori noti ed emergenti si incontrano ed incontrano un pubblico vivace e curioso, aperto al confronto. Ne è segno una sezione di frontiera davvero curiosa, che Moretti ha voluto chiamare “Lo stato delle cose”: sguardo sui momenti ancora inesplorati e vitali del cinema che scruta l’esistenza nei suoi chiaroscuri, tentativo attraverso i diversi linguaggi visivi di comprendere la realtà in cui viviamo. Ma molti sono anche i titoli di richiamo e più che complete, a disposizioni di tutti i cinefili, le due retrospettive dedicate a John Cassavetes, caustico indagatore della società americana degli anni Settanta, e allo sfuggente, immaginario Wim Wenders. Emanuela Martini, che ha affiancato lo schivo, timido e introverso Moretti alla direzione, così descrive il loro impegno comune:

    “L’idea sia di Nanni Moretti che mia era comunque di mantenere lo spirito del Festival di Torino che - l’ho sempre pensato - è probabilmente in Italia, l’unico festival che può avere quella connotazione di Festival metropolitano un po’ sullo stile nordeuropeo: molto meno attaccato, affezionato all’ufficialità - anche se ovviamente ufficialità c’è - e tuttavia molto, molto più libero e soprattutto molto attento nei confronti del cinema indipendente e non si chiama più Cinema Giovani, ma anche del cinema giovane. Infatti, in concorso sono 15 titoli e sono tutte opere prime o seconde, al limite c’è qualche deroga su una terza opera. Quindi, continua ad essere sostanzialmente un Festival di registi che iniziano”.

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    Chiesa e Società



    Il Bangladesh conta due miliardi di danni per il ciclone Sidr. Scoordinati gli aiuti

    ◊   Il Bangladesh piegato dal ciclone Sidr. Secondo il Financial Express, ammonterebbe a quasi 2 miliardi di euro il danno economico subito dal Paese dal passaggio della perturbazione che il 15 novembre scorso ne ha scosso le coste sud-occidentali provocando migliaia di morti. Secondo una stima preliminare, i due miliardi di euro includono danni alle infrastrutture, al settore rurale, alle scuole, e all’industria dell’allevamento del bestiame. L’emergenza rimane alta anche sul fronte umanitario, poiché la situazione non è sotto controllo. Secondo quanto riporta la Misna, citando fonti giornalistiche locali, la distribuzione degli aiuti sarebbe avvenuta in modo totalmente scoordinato, provocando forti disparità e spiacevoli conseguenze: un surplus di consegne in alcune zone, quelle più facilmente raggiungibili, e assenza di acqua, cibo e beni di prima necessità in molte altre. Situazione denunciata anche dall’esercito secondo cui nelle località dove la popolazione ha ricevuto più aiuti del necessario, si è già creato un mercato parallelo per rivendere il materiale in eccesso. Il governo intanto ha fatto sapere di aver bisogno di 200.000 tonnellate di cereali, per coprire il fabbisogno alimentare delle popolazioni colpite dal ciclone. (F.F)

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    Emergenza nelle Filippine per il passaggio del tifone Mitang

    ◊   Migliaia di ettari di raccolto sono stati distrutti; 300.000 persone sono state evacuate. Almeno sette, invece, le vittime. E’ il bilancio provvisorio delle piogge che si sono abbattute negli ultimi giorni sulle regioni settentrionali delle Filippine. Secondo quanto riporta l’agenzia MISNA, la Protezione Civile filippina ha individuato il centro più colpito: si tratta della provincia di Bicol, la stessa che lo scorso anno, sempre a causa di un tifone, contò oltre 1.000 morti e 120.000 senza-tetto. Per far fronte alle urgenti operazioni di soccorso, l’esercito è stato svincolato da altri compiti, compresa l’offensiva contro i ribelli. 'Mitag', tifone di categoria 1, con venti fino a 120 chilometri, si muove ora verso Taiwan. (F.F)

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    Il cardinale Sfeir lancia un appello per il Libano, ancora senza un presidente

    ◊   Un nuovo appello alla classe politica e ai dirigenti libanesi per giungere presto ad un’ intensa sul nome del prossimo capo dello stato. E’ stato lanciato dal Patriarca della Chiesa maronita, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, per evitare che il Libano rimanga troppo tempo senza un presidente dopo la scadenza ufficiale del mandato di Emile Lahud e la proclamazione dello stato di emergenza. “Siamo in una fase transitoria che potrebbe portarci alla stabilità come al caos e al confronto mortale” ha detto il Patriarca nella dichiarazione riportata da Misna. “È dunque richiesto a tutti – ha aggiunto – di dimostrare la loro serietà e il loro patriottismo onesto”. In attesa che si giunga ad una soluzione, il ruolo di presidente è stato assunto ad interim dal primo ministro Fuad Sinora, secondo le regole previste dalla Costituzione. Ma il movimento Hezbollah ha manifestato in merito il proprio dissenso. Il prossimo appuntamento per designare il successore di Lahud - che secondo la tradizionale ripartizione delle cariche istituzionali libanesi deve essere un cristiano maronita - è stato fissato dal Parlamento per il 30 novembre. (F.F)

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    Rischia di chiudere l’ospedale somalo fondato dalla Tonelli, la missionaria italiana uccisa nel 2003

    ◊   Un appello per salvare l’ospedale somalo di Borama, fondato dalla missionaria laica Annalena Tonelli. E’ stato lanciato dalla direzione del Coopi, l’organizzazione non governativa di Milano a cui è stato affidato il nosocomio nel 2004. “Ci troviamo nella situazione di non poter più pagare i salari della maggior parte del personale – ha denunciato Paola Grievel, dirigente della Coopi – siamo senza fondi, aiutateci”. La struttura di Borama conta 150 posti letti; dopo la morte della missionaria di Forlì, era stata finanziata dal Comitato contro la fame nel mondo della provincia romagnola grazie ai fondi ricevuti dal Comune, dalla Provincia e dalla Fondazione Cassa di Risparmio. Adesso, è urgente trovare una soluzione per salvare questo prezioso luogo di cura fortemente voluto da Annalena Tonelli, la missionaria italiana che scelse di dedicare la sua vita ai poveri del Kenya e delle Somalia finendo barbaramente uccisa proprio per la sua opera di carità, il 5 ottobre del 2003 mentre stava facendo ritorno a casa. Grazie alla Tonelli sono stati aperti anche una scuola speciale per sordomuti e bambini disabili e il Centro antitubercolosi, che assiste e guarisce migliaia di ammalati. (F.F)

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    Solenne celebrazione eucaristica a Kibeho, in Rwanda, per i 25 anni delle apparizioni mariane

    ◊   Una liturgia eucaristica per concludere il 25° anniversario delle apparizioni mariane a Kibeho, in Rwanda. Si svolgerà mercoled' prossimo e sarà presieduta dal cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; con lui, concelebreranno il Nunzio Apostolico in Rwanda, i vescovi del Paese e dei Paesi vicini. Le apparizioni della “Madre del Verbo” iniziarono il 28 novembre del 1981 e si sono concluse nello stesso mese del 1989; la loro autenticità è stata riconosciuta e proclamata nel giugno 2001 dal vescovo di Gikongoro, mons. Augustin Misago, dopo la consultazione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Delle tre veggenti riconosciute come tali dall’autorità ecclesiastica, Alphonsine Mumureke è entrata nella Congregazione delle Clarisse Cappuccine ad Abidjan, Nathalie Mukamazimpaka vive a Kibeho; Marie Claire Mukangango, invece, è stata uccisa nei massacri del 1994. (F.F)

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    Il dramma dei piccoli profughi birmani in India nell'allarme lanciato da un gruppo attivista che opera nel Paese asiatico

    ◊   Non dimenticare i bambini e i profughi del Myanmar in India. A lanciare l’appello dalle colonne dell’agenzia Asianews è Montu Ahanthem attivista del gruppo per i diritti dell’infanzia, Manipur Alliance for Child Rights (MACR). Vicino a Manipur, infatti, località al confine con l’ex Birmania, vivono centinaia di minori in uno stato di assoluta indigenza, bisognosi di tutto. “Sono circa 200 piccoli birmani che vivono a Moreh e nei villaggi più interni di Zoldam, Zangoulen, Changtung e T. Nampao , dichiara Ahnthem. Questi bimbi necessitano di cure particolari e non dispongono di nessun sostegno economico: i genitori come unico mezzo di sostentamento entrano nel giro della prostituzione. Il risultato è che molti di loro finiscono su una strada, costretti a lavorare come schiavi del sesso per mantenere la loro stessa famiglia. Le bambine diventano prostitute e molti altri vengono abusati o sfruttati”. Oltre a questo, bisogna aggiungere i rischi di Aids, malaria, denutrizione, dissenteria e scabbia a cui i piccoli sono continuamente esposti. L’attivista di Manipur, evidenzia l’aiuto offerto dalle comunità cristiane presenti nella zona ma anche la necessità di fare di più. Il primo ad essere chiamato in causa è il governo indiano “perché metta in agenda, tra le sue priorità, l’assistenza ai giovani rifugiati birmani” benché l’area di Moreh sia particolarmente fuori controllo a causa dell’infiltrazione di gruppi ribelli ed esponenti del narcotraffico. (F.F)

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    La carità cristiana per favorire la riunificazione tra Corea del sud e Corea del nord

    ◊   “La vita del cristiano e l’aiuto alla Corea del Nord” è il tema su cui si sono confrontati i membri della Commissione episcopale per la riconciliazione del popolo coreano, nel corso del decimo incontro nazionale che si è svolto nei giorni scorsi a Suji. L’agenzia di stampa Asianews riporta in proposito l’esito dei lavori attraverso la parola dei protagonisti, fra cui p. Paul Han Jeong-gwan segretario della Commissione che, nell’intervento tenuto nel corso della sessione, ha evidenziato l’importanza della carità nel relazionarsi alla Corea del Nord. “L’amore cristiano rappresenta la pietra d’angolo su cui, un giorno, verrà ricostruita la Chiesa e la missione di quel Paese. Per questo, è fondamentale continuare in quello che facciamo ma anche trovare nuove strade per lo stesso obiettivo. “La logica prosecuzione della carità – ha fatto eco p. Kim Hun-il - diventa anche un'importante operazione politica, perché può guarire le ferite delle due nazioni”. Sulla stessa linea anche p. Damien Kim Young-nam, professore di Teologia della Bibbia all’Università cattolica coreana, secondo il quale: “Dio inizia l’uomo alla riconciliazione. La riconciliazione di Dio in Cristo è la base per tutte le altre. La Chiesa coreana deve intraprendere con umiltà questo cammino, e riconoscere che la riconciliazione fra le due Coree è uno dei grandi segni del tempo che, in questa precisa era storica, viene richiesto ai cattolici”. Rischi, tuttavia, di altre stagioni segnate dalla stagnazione economica e dalla carestia sono state sottolineate da Kim Jeong-su, direttore del Dipartimento per l’assistenza umanitaria e la cooperazione del ministero sudcoreano dell’Unificazione che ha denunciato: “La causa principale della crisi in cui versa la popolazione nordcoreana è la sua stagnante economia. I prossimi anni non vedranno dei miglioramenti, perché le alluvioni e le disastrose politiche centrali non vengono in alcun modo fermate” (F.F)

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    In Pakistan: la Chiesa e i giornalisti cristiani si mobilitano contro le restrizioni ai media decise dal governo

    ◊   C’è preoccupazione in Pakistan, per le restrizioni imposte ai media dopo la proclamazione dello stato di emergenza da parte del presidente Musharraf. La Conferenza episcopale del Paese e i giornalisti cristiani, hanno condannato il tentativo di fermare la diffusione di notizie da parte di emittenti private e media elettronici. Come riporta un articolo dell’Osservatore Romano, i giornali vengono ancora pubblicati ma la trasmissione di programmi televisivi e radiofonici privati è stata sospesa, mentre due ordinanze sono state emanate per frenare la comunicazione attraverso le nuove tecnologie. Decisioni che invece hanno trovato l’appoggio del governo degli Emirati Arabi che, rispetto alle posizioni di Islamabad, ha invitato la televisione “Geo and Ary”, emittente che diffonde notizie sul Pakistan, a fermare temporaneamente la programmazione. Una situazione stigmatizzata dalla Commissione asiatica per i diritti umani di Hong Kong per cui non è legittimo limitare l’informazione a motivo di decisione di altri Stati, a meno che questo non comporti minacce dirette all’integrità o alla stabilità del Paese stesso. Lo scorso 11 novembre, il Forum nazionale dei giornalisti, tra i quali si annovera un buon numero di professionisti cristiani, aveva condannato i freni imposti ai media dal governo pakistano. “La pretesa di frenare il crescente estremismo e l’intolleranza nel Paese restringendo la libertà di informazione e sospendendo i diritti fondamentali è incomprensibile”, ha dichiarato il segretario del Forum, Qaiser Felix. Intanto, nelle proteste che hanno caratterizzato la vita politica e sociale del Pakistan nell’ultimo mese, sono stati arrestati diversi cronisti, poi rilasciati dalla polizia a Karachi. Dal momento che si ha grande incertezza riguardo al futuro del Paese - ha detto l’arcivescovo di Lahore mons. John Lawrence Saldanha, presidente della Conferenza episcopale pakistana e capo del Centro nazionale cattolico delle comunicazioni sociali - noi tutti dovremmo continuare i nostri sforzi per la giustizia e non perdere la speranza”. (F.F)

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    In Indonesia, una processione dedicata ai "Tre tesori della fede"

    ◊   Duemila fedeli, circa la totalità degli abitanti di Atambua, in Indonesia, hanno preso parte nei giorni scorsi alla processione “Tre tesori della fede”. Come ha riportato l’Osservatore Romano, si tratta di una ricorrenza storica che ha preso origine nel 1942, durante l’invasione giapponese, quando l’allora vicario apostolico di Atambua celebrò una messa speciale per porre la diocesi sotto la protezione del Sacro Cuore di Gesù; da qui, l’8 dicembre del 1985, per fare memoria di quei giorni, il consiglio parrocchiale della chiesa di Santa Maria Immacolata ha istituito la processione “Tre tesori della fede”: una processione di dieci chilometri con il Santissimo Sacramento, la Bibbia e una statua della Vergine. Il tema scelto per la riflessione di questo anno: “Abramo, una benedizione per tutte le Nazioni”. La città di Atambua, è una roccaforte cattolica di 2.400 abitanti situata nella parte occidentale di Timor Island. (F.F)

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    Alla Radio Vaticana il "Premio Telamone per la pace 2007" per il contributo al risveglio della morale della società

    ◊   “Per lo spirito di pace che diffonde nel mondo, per l’operato permeato di risveglio religioso, morale, sociale”: con questa motivazione il Centro Programmazione Azione Sociale di Agrigento ha conferito ieri alla Radio Vaticana il “Premio Telamone per la Pace 2007”. Il riconoscimento viene conferito dal 1981 a statisti, uomini politici di spessore mondiale, organizzazioni e personalità che si sono distinte per la loro opera a favore dell’uomo ed affianca il “Premio Telamone”, istituito 31 anni fa per quei siciliani impegnati nel sociale, nella politica, nella cultura, nel giornalismo e nell’arte che contribuiscono a dare una visione migliore e diversa della Sicilia. “Comunicare per unire e non per dividere, questo è quanto la comunità di lavoro della Radio Vaticana – tecnici, redattori, dirigenti – cerca di realizzare ogni giorno” ha scritto il direttore generale della nostra emittente, padre Federico Lombardi, nel suo saluto al Centro Programmazione Azione Sociale e al suo presidente Paolo Cilona. “Diffondendo il messaggio dei Pontefici e ispirandosi ad esso e più in generale ai valori evangelici e all’insegnamento morale e sociale della Chiesa – ha aggiunto padre Lombardi – la Radio Vaticana intende dare un suo contributo specifico alla comprensione dei grandi problemi del mondo di oggi e all’impegno concorde e solidale per affrontarli e cercarne la soluzione attraverso la crescita integrale e armonica della persona umana.”. Ricordando i diversi redattori siciliani che hanno lavorato nella nostra emittente, padre Federico Lombardi ha voluto inoltre dedicare il “Premio Telamone per la Pace 2007” alla memoria di padre Giovanni Giorgianni, religioso gesuita di Bronte per oltre 25 anni direttore del programma “Orizzonti Cristiani” scomparso nel 2001. Un premio per la pace è stato anche consegnato all’Agesci, l’Associazione guide e scout cattolici italiani, che quest’anno ha festeggiato i 100 anni del movimento fondato da Robert Baden Powell. La cerimonia di premiazione si è svolta nella sala consiliare della provincia regionale di Agrigento, poi nella Valle dei Templi, davanti al Tempio della Concordia. Quanti hanno ricevuto il Premio Telamone hanno acceso insieme il Tripode dell’Amicizia per lanciare al mondo un messaggio di pace. Nel suggestivo sito archeologico che conserva tracce del 500 a.C. è stata infine celebrata una Messa. "Definiti dalla poetessa Giuseppina Mira giganti di libertà, giustizia e pace, i Telamoni, gli Atlanti di oltre 7 metri che sorreggevano il Tempio di Giove Olimpico sopravvissuti a secoli di storia, oggi sono coloro che non si lasciano dominare dall’egoismo, dalla violenza e dal male - ha detto nella sua omelia don Carlemo Pitrone, direttore del settimanale della diocesi di Agrigento 'Amico del Popolo' - sono coloro che diffondono nel mondo la Parola di Cristo, quel Dio il cui Regno d’Amore è nato sulla Croce". (A cura di Tiziana Campisi)

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    24 Ore nel Mondo



    Putin chiede di riformare l’OSCE, che ha deciso di non monitorare le parlamentari di domenica prossima in Russia

    ◊   Il presidente russo, Vladimir Putin, ha sottolineato la necessità di riformare l’OSCE, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che ha deciso di non monitorare le elezioni parlamentari per la Duma previste il prossimo 2 dicembre. Putin ha accusato, in particolare, gli Stati Uniti di aver ispirato il boicottaggio degli osservatori dell’OSCE alle elezioni politiche. Emergono, comunque, segnali di apertura, da parte della Russia, al piano americano di ampliamento all’Europa orientale del sistema di difesa anti-missilistica. La Russia è disposta a dialogare sulle ultime proposte avanzate dagli Stati Uniti. Washington punta ad installare batterie di missili intercettori e una stazione di avvistamento radar contro eventuali attacchi missilistici da parte di Stati definiti “canaglia”. Mosca considera invece il cosiddetto scudo una minaccia alla propria sicurezza. In Russia poi, il Consiglio della Federazione ha reso noto che le presidenziali si terranno il 2 marzo, tre mesi dopo le elezioni parlamentari di domenica prossima. L’Unione Europea ha espresso, intanto, preoccupazione per la repressione delle manifestazioni dell'opposizione in Russia nel fine settimana.

    Pakistan
    Uno dei più stretti collaboratori del generale Pervez Musharraf ha dichiarato che il capo di Stato si reinsedierà giovedì prossimo nelle vesti di semplice civile. L’annuncio segue la decisione presa venerdì scorso della Corte Suprema, con la quale i giudici hanno stabilito che Musharraf ha tempo fino al 1 dicembre per lasciare l’incarico di capo delle Forze armate. In Pakistan, dove lo scorso 3 novembre è stato proclamato lo stato di emergenza, potrebbe dunque concludersi il periodo, di oltre otto anni, di regime militare: era infatti il 12 ottobre del 1999, quando Musharraf prese il potere con un colpo di stato incruento, rovesciando l’allora primo ministro, Nawaz Sharif, rimpatriato ieri, dopo sette anni di esilio. Secondo anticipazioni di stampa, Sharif, che oggi si è candidato per le elezioni politiche del prossimo 8 gennaio, potrebbe allearsi con la sua storica rivale, Benazir Bhutto.

    Afghanistan - Italia
    E’ di quattro morti il bilancio dell’esplosione che questa mattina ha distrutto un’auto nella periferia sud-orientale di Kabul, capitale dell'Afghanistan. Fonti locali riferiscono che l’ordigno è stato piazzato sul ciglio della strada. Le vittime sono civili locali. L’attentato, non ancora rivendicato, segue l’attacco suicida che solo due giorni fa è costato la vita a dieci persone, tra cui sei bambini. Tra le vittime anche il militare italiano, Davide Paladini, maresciallo capo dell’esercito, investito dall’esplosione di una bomba insieme con due colleghi rimasti feriti. Nella notte, avvolta nella bandiera tricolore, la salma dell’uomo è rientrata in Italia a bordo di un aereo atterrato all’aeroporto di Ciampino. Ad attenderla, erano presenti i familiari del militare ucciso, i vertici dell’esercito e alti rappresentanti del governo italiano.

    Francia
    Bruciano nuovamente le banlieues parigine, dove ventuno tra poliziotti e vigili del fuoco sono rimasti feriti in una notte di scontri. Tutto ha avuto origine questa volta da un incidente stradale nel quale due giovani hanno trovato la morte scontrandosi con un’auto della Polizia. Per la banlieue di Parigi si tratta di un triste deja vu: nell'autunno del 2005, la morte di due ragazzi che persero la vita fulminati nella cabina elettrica dove si erano nascosti per sfuggire alla polizia a Clichy-sous-Bois diede il via a settimane di violenze attorno alla capitale e nelle periferie di altre città francesi. Sulle ragioni di questo forte disagio sociale, Stefano Leszczynski ha intervistato Antonella Caruso, giornalista della rivista di geopolitica Limes:

    R. - I disagi di natura socioeconomica non sono assolutamente né cambiati, né tanto meno migliorati e risolti. Quindi, a distanza di due anni, le banlieues, come le citées, soffrono degli stessi mali. Episodi di questo tipo, che potrebbero avere come allora dei risultati catastrofici, possono poi allargarsi a tutto il territorio nazionale, al grido della lotta contro la discriminazione e della lotta contro le ingiustizie e il razzismo.

    D. - La politica francese non sembra aver potuto dare delle risposte soddisfacenti in questi ultimi due anni…

     
    R. - L’unico cambiamento è che oggi, a capo di questa politica delle città , c'è una donna che si chiama Fatela Amara e che è stata presidente dell’associazione “Ni Putes Ni Soumises”. E’ un’associazione particolarmente attiva contro le discriminazioni, che si è proposta di studiare un piano generale di sviluppo e soluzione dei gravi problemi in cui, ancora una volta, continuano a stagnare le vaste zone urbane, dove comunque grande è anche la percentuale di immigrati. Ancora una volta, i problemi della disoccupazione, della discriminazione, e del razzismo, si mescolano con quello della provenienza etnica dei suoi abitanti.

    D. - Il governo a cosa imputa il disagio sociale delle banlieues?

     
    R. - Sarkozy, nel 2005, era ministro degli Interni ed ebbe espressioni che furono poi giudicate particolarmente forti nei confronti degli abitanti delle banlieues: espressioni delle quali si giustificò dicendo che esprimeva il sentimento generale degli stessi abitanti delle citées, che non volevano questo amalgama tra citées, criminalità, delinquenza e, quindi, violenza.

    Croazia
    E’ ancora incerto l’esito delle elezioni politiche tenutesi ieri: si profila un testa a testa tra conservatori e opposizione di sinistra. Secondo dati parziali, con un terzo dello spoglio completato, l'Unione democratica del premier uscente, Sanader, otterrebbe 60 seggi, contro i 57 dei socialdemocratici. Se i dati saranno confermati, un ruolo determinante andrà ai partiti minori e agli 8 eletti delle minoranze etniche.

    Romania
    E’ il Partito democratico vicino al capo dello Stato, Traian Basescu, a vincere in Romania le elezioni dei rappresentanti di Bucarest al Parlamento europeo. Le prime dall’ingresso del Paese nell’Unione Europea, lo scorso 1 gennaio. Col 29,23 per cento dei voti, i democratici conquistano 14 seggi nell’europarlamento, mentre risultano duramente sconfitti gli avversari: si ferma al 21,5 per cento il Partito socialdemocratico, e al 13 per cento si attesta il Partito liberale del premier, Tariceanu. Bassa l’affluenza alle urne, ferma al 28,38 per cento. Un dato che spiega il mancato raggiungimento del quorum sul referendum di introduzione del voto uninominale - in sostituzione delle liste di partito - a partire dalle prossime elezioni politiche del 2008, al vaglio nella stessa sede. Nella giornata di oggi, il presidente rumeno, Basescu, ha proposto lo storico, già ministro degli Esteri, Mihai Razvan Ungureanu, per l’incarico di capo dei servizi di intelligence per l'estero.

    Ciad
    Combattimenti sono esplosi oggi nel Ciad orientale tra l’esercito del Paese africano ed il gruppo ribelle dell’Unione delle forze per la democrazia e lo sviluppo, che un mese fa aveva raggiunto, un accordo di pace con le autorità di N'Djamena. Il gruppo accusa ora il presidente del Ciad, Idriss Deby, di non avere rispettato i termini di quell'accordo e di avere attaccato i campi della guerriglia. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Claudia Di Lorenzi)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 330

     

     
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