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SOMMARIO del 25/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa annuncia umilmente la verità di Cristo Re, morto in croce nel più grande atto di amore di tutta la storia: lo ha affermato il Papa nella Messa celebrata con i nuovi cardinali. Appello di pace per il Medio Oriente
  • Il Pontificio Consiglio per i migranti promuove il primo Congresso internazionale sui clochard
  • Oggi in Primo Piano

  • Vertice di Annapolis: invitata anche la Santa Sede
  • Le Missioni Cristiane per i ciechi nel mondo in aiuto dei bambini etiopici con gravi patologie della vista
  • Oggi la Giornata internazionale contro la violenza alle donne
  • Giornata per il sostentamento del clero sul tema: "I sacerdoti aiutano tutti. Aiuta tutti i sacerdoti"
  • Chiesa e Società

  • Violenze in Bolivia dopo l'approvazione della nuova Costituzione, criticata anche dai vescovi
  • Campagna della Chiesa filippina a favore della missione
  • L'impegno dei vescovi indiani nella lotta contro l'AIDS
  • Il Centro "Jeunes Kamenge” di Bujumbura, si prepara al Natale con attività legate alla riconciliazione
  • Iraq: presto esami di religione cristiana anche per gli studenti delle scuole pubbliche
  • Perù. Sperimentato con successo a Lima un progetto per diminuire la violenza familiare
  • Il Vicariato di Roma promuove anche quest’anno le Catechesi per i giovani
  • L'Opera Don Guanella organizza a Roma un Capodanno alternativo insieme ai disabili
  • Riapre domani dopo due anni di restauro la Cattedrale di Patti
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Russia divampa la protesta anti-Putin in vista delle elezioni di domenica prossima. Arrestato il campione di scacchi Kasparov
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa annuncia umilmente la verità di Cristo Re, morto in croce nel più grande atto di amore di tutta la storia: lo ha affermato il Papa nella Messa celebrata con i nuovi cardinali. Appello di pace per il Medio Oriente

    ◊   “La morte in croce di Gesù è il più grande atto d’amore di tutta la storia”: di questa verità la Chiesa è depositaria “in tutta umiltà e senza ombra di orgoglio o arroganza”: è quanto ha affermato stamani Benedetto XVI, nella Solennità di Cristo Re, celebrando nella Basilica Vaticana la Santa Messa con i 23 nuovi cardinali creati ieri nel secondo Concistoro del suo Pontificato. Durante il rito si è svolta la semplice e suggestiva cerimonia della consegna dell'anello cardinalizio. In Piazza San Pietro oltre 20 mila pellegrini giunti da tutto il mondo hanno seguito la Messa dai maxi-schermi, nonostante la giornata piovosa. All'Angelus il Papa ha invitato a pregare per il successo del vertice di pace sul Medio Oriente che si svolgerà martedì prossimo negli Stati Uniti. Il servizio di Sergio Centofanti.


    (Tu es Petrus)

     
    Cristo Re dell’universo – ha affermato il Papa – è “l’unico Signore, di fronte al quale siamo tutti fratelli. L’intera gerarchia della Chiesa, ogni carisma e ministero, tutto e tutti siamo al servizio della sua signoria”. Ma la regalità di Cristo è “singolare” – ha proseguito Benedetto XVI – perché si manifesta sulla Croce: Gesù, disprezzato e schernito, “rivela la propria gloria rimanendo … sulla croce, come Agnello immolato”. In modo inaspettato, nota il Pontefice commentando il Vangelo odierno – il buon ladrone “confessa la regalità del giusto innocente”: lo vede crocifisso e lo chiama re; comprende che “la vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo la c’è il Regno”; e così “la gloria divina è già presente, seppure nascosta dallo sfiguramento della croce”:

     
    “In Gesù crocifisso avviene la massima rivelazione di Dio possibile in questo mondo, perché Dio è amore, e la morte in croce di Gesù è il più grande atto d’amore di tutta la storia. Ebbene, sull’anello cardinalizio, che tra poco consegnerò ai nuovi membri del sacro Collegio, è raffigurata proprio la crocifissione. Questo, cari Fratelli neo-Cardinali, sarà sempre per voi un invito a ricordare di quale Re siete servitori, su quale trono Egli è stato innalzato e come è stato fedele fino alla fine per vincere il peccato e la morte con la forza della divina misericordia. La madre Chiesa, sposa di Cristo, vi dona questa insegna come memoria del suo Sposo, che l’ha amata e ha consegnato se stesso per lei (cfr Ef 5,25). Così, portando l’anello cardinalizio, voi siete costantemente richiamati a dare la vita per la Chiesa”.

     
    E la Chiesa è dunque chiamata a servire fedelmente la verità di Cristo morto e risorto per la nostra salvezza:

     
    “La Chiesa è depositaria del mistero di Cristo: lo è in tutta umiltà e senza ombra di orgoglio o arroganza, perché si tratta del dono massimo che ha ricevuto senza alcun merito e che è chiamata ad offrire gratuitamente all’umanità di ogni epoca, come orizzonte di significato e di salvezza. Non è una filosofia, non è una gnosi, sebbene comprenda anche la sapienza e la conoscenza. E’ il mistero di Cristo; è Cristo stesso, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re dell’universo”.

     
    “Come non provare – ha proseguito il Papa - un émpito di entusiasmo colmo di gratitudine per essere stati ammessi a contemplare lo splendore di questa rivelazione?”:

     
    “Come non sentire al tempo stesso la gioia e la responsabilità di servire questo Re, di testimoniare con la vita e con la parola la sua signoria? Questo è, in modo particolare, il nostro compito, venerati Fratelli Cardinali: annunciare al mondo la verità di Cristo, speranza per ogni uomo e per l’intera famiglia umana”.

     
    Strettamente unito a questa missione è l’impegno per “la pace tra tutti i discepoli di Cristo, come segno della pace che Gesù è venuto a instaurare nel mondo … mediante la croce”:

     
    “La Chiesa è quella porzione di umanità in cui si manifesta già la regalità di Cristo, che ha come manifestazione privilegiata la pace. E’ la nuova Gerusalemme, ancora imperfetta perché pellegrina nella storia, ma in grado di anticipare, in qualche modo, la Gerusalemme celeste… La preghiera per la pace e l’unità costituisca la vostra prima e principale missione, affinché la Chiesa sia ‘salda e compatta’ (v. 3), segno e strumento di unità per tutto il genere umano” (cfr Lumen gentium, 1).

     
    Al termine della celebrazione il Papa si è recato sul Sagrato della Basilica per la recita dell’Angelus e per benedire le migliaia di pellegrini presenti in Piazza San Pietro, salutando in particolare i fedeli iracheni giunti per festeggiare il neoporporato patriarca di Babilonia dei Caldei Emmanuel III Delly. Benedetto XVI ha ricordato il vertice di pace sul Medio Oriente che si svolgerà martedì prossimo, ad Annapolis, negli Stati Uniti: “israeliani e palestinesi – ha detto - con l’aiuto della Comunità Internazionale, intendono rilanciare il processo negoziale per trovare una soluzione giusta e definitiva al conflitto che da sessant’anni insanguina la Terra Santa e tante lacrime e sofferenze ha provocato nei due popoli”. Quindi ha lanciato un appello:

     
    “Vi chiedo di unirvi alla Giornata di preghiera indetta per oggi dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America per implorare dallo Spirito di Dio la pace per quella regione a noi tanto cara e i doni della saggezza e del coraggio per tutti i protagonisti dell’importante incontro”.

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    Il Pontificio Consiglio per i migranti promuove il primo Congresso internazionale sui clochard

    ◊   “In Cristo e con la Chiesa a servizio dei senza fissa dimora", i cosiddetti clochard. Su questo tema si confronteranno domani e martedì a Roma circa cinquanta persone, in rappresentanza di 29 Paesi di 4 Continenti, per il primo Incontro internazionale di pastorale delle persone senza fissa dimora promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. L’obiettivo è di offrire l’opportunità ai diversi operatori pastorali impegnati in questo particolare campo, di condividere le loro esperienze e individuare nuove vie per restituire dignità alle persone che vivono sulla strada. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    Ci sono sofferenze laceranti, molte volte confinate tra la morsa del freddo e dell’indifferenza, che le società ricche spesso trascurano: sono quelle dei senza tetto, che attualmente nel mondo sono più di un miliardo. Molti conducono vite ‘invisibili’ a causa di piaghe purtroppo diffuse, quali la povertà e la mancanza di lavoro. A queste poi si aggiungono la stigmatizzazione, l’emarginazione e l’esclusione sociale. Sono drammi, spesso avvolti dal silenzio, che si ripetono quotidianamente: si stima che siano almeno 50 mila le persone, per la maggior parte donne e bambini, che muoiono ogni giorno a causa di carenti condizioni sanitarie dovute alla mancanza di sistemazioni, alloggi adeguati. Su questo fenomeno, ascoltiamo al microfono di Giovanni Peduto, l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:

     
    "È importante ricordare che, in quanto fenomeno globale, è difficile parlare della realtà di chi vive senza una dimora fissa in modo semplicistico e pre-definito, dal momento che si manifesta con modalità diversificate. È facile descrivere con stereotipi una persona senza dimora fissa con espressioni come barbone, clochard, hobo, tramp e così via, ma in realtà tale condizione si presenta in una varietà di modi diversi e complessi, normalmente correlati alla molteplicità di cause che portano un individuo a vivere sulla strada. Per alcuni si tratta di una realtà transitoria, di breve durata, ma per altri essa rappresenta un’ininterrotta, e spesso persino scelta, modalità di vita. Spesso coloro che corrono il rischio più grave di diventare senza fissa dimora sono i più poveri, coloro che sono maggiormente emarginati, meno istruiti e più vulnerabili. Scarsa formazione culturale e insufficiente preparazione professionale, tossicodipendenza o alcolismo, patologie croniche, malattie mentali ed eccentricità sono fattori che si trovano frequentemente. Un ulteriore elemento riguarda la gioventù, che abbraccia una 'rozza' esistenza per sperimentare un nuovo stile di vita. Molti altri rimangono impigliati nella trappola di una permanente povertà, che corrode la stima di sé, intaccando attese e motivazioni. Sebbene coloro che vivono senza fissa dimora non formino ovviamente un gruppo omogeneo, tuttavia essi hanno “valori”, comportamenti e prospettive che li caratterizzano. Tra di essi ve ne sono alcuni non disposti o incapaci di comportarsi in modo convenzionale, quale normale e ovvia difesa contro l’emarginazione e il rifiuto. Molte di queste manifestazioni della condizione di chi vive senza fissa dimora servono soltanto a spingerli ulteriormente ai margini della società".

     
    Anche se la situazione dei senza fissa dimora si manifesta in molteplici e svariati modi nel mondo intero – si legge nel comunicato del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti - “quasi ovunque chi è senza tetto vive ai margini della società”. “Un comportamento ritenuto anti-sociale, l’accattonaggio, l’inosservanza delle convenzioni – si legge ancora nel documento - servono soltanto a dare risposte al problema che rimangono distaccate e senza reciproco coinvolgimento”. Di fronte alle problematicità delle persone senza fissa dimora, la Chiesa interviene, invece, con specifiche iniziative ecclesiali per rispondere a mutevoli necessità. Ascoltiamo ancora l’arcivescovo Agostino Marchetto:
     
    "La Chiesa ha sempre cercato di riconoscere la presenza di Cristo specialmente nei più poveri ed emarginati e, perciò, lungo la sua storia ha anche cercato di dare risposta alle necessità di coloro che vivono senza fissa dimora. Nel suo ministero Gesù è andato incontro a chi era lungo la via e sulla strada. Allo stesso modo oggi la Chiesa continua ad incontrare chi vive sulla strada e a rispondere a questo serio disagio: dare alloggio, nutrire e vestire coloro che ne hanno bisogno. È la prima accoglienza. Il nostro Incontro rappresenta le molteplici sfaccettature della risposta della Chiesa. Sacerdoti, religiosi e laici; congregazioni e ordini religiosi, istituti di vita apostolica, coloro che lavorano nell’ambito del volontariato sono qui presenti. Non dovremmo poi dimenticare la collaborazione e la partecipazione che esistono tra molti Cristiani e gli organismi statali, deputati all’assistenza dei senza fissa dimora. La Chiesa offre la sua risposta non soltanto soccorrendo le primarie necessità, ma anche cercando di scorgere Cristo in ciascuna persona, con ciò stesso promuovendo e riconoscendo la dignità umana, aiutando i senza fissa dimora, con il dovuto rispetto, a scoprire la ricchezza del Vangelo di Gesù Cristo e dei Sacramenti di salvezza. Essa è consapevole che in ogni persona che vive sulla strada non vi è soltanto un individuo senza un luogo di riparo, ma anche una persona lontana dal focolare domestico, con le negative ripercussioni che fanno seguito a tale privazione. Questo significa accompagnare una persona, se ciò è possibile, lungo il cammino, non solo dando risposta ai suoi bisogni fondamentali ma anche offrendole la possibilità di prendere parte, in modo completo e dignitoso, alla famiglia umana e, dove è possibile, anche a quella ecclesiale".

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    Oggi in Primo Piano



    Vertice di Annapolis: invitata anche la Santa Sede

    ◊   Tutto pronto negli Stati Uniti dove martedì ad Annapolis è in programma la conferenza di pace sul Medio Oriente. Al vertice - ha affermato oggi il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi - è stata invitata anche la Santa Sede. La composizione della delegazione vaticana sarà resa nota domani. Intanto, il premier israeliano Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen sono giunti in America ed entrambi hanno espresso l’auspicio per “negoziati seri”. Hamas ha definito la partecipazione al vertice dell’Autorità Nazionale Palestinese “un tradimento” dell’eredità dell’Intifada di Arafat. Per Abu Mazen l’opposizione ha diritto di esprimere il proprio dissenso ma non bisogna trascurare l’importanza “storica” dell'evento. D'altra parte, secondo fonti diplomatiche, anche la Siria ha accettato di partecipare al vertice. Dunque speranze e scetticismo aleggiano attorno a questo appuntamento. Ma quali sono le aspettative della popolazione locale? Fabio Colagrande lo ha chiesto a padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:


    R. – Se devo essere sincero, qui in Terra Santa, da parte della gente non c’è tantissima attesa. C’è grande discussione in ambito politico e sui mass media, ma la gente ne parla poco, forse proprio perché la gente ha poca fiducia, purtroppo. Le aspettative sono quelle di sempre e cioè non certo quelle che si trovi una soluzione finale, perché questo appare impossibile adesso, ma che si mettano almeno le basi per un dialogo serio tra le parti.

     
    D. – Come evitare che sia solo un’altra occasione per proclami del futuro e come far sì, invece, che possa diventare un’occasione per un vero accordo di pace?

     
    R. – E’ importante che ci sia un impegno da ambo le parti, soprattutto riguardo alla formazione e al riconoscimento l’uno dell’altro, riguardo alla formazione nelle scuole – cosa, questa molto importante – ma che si possa soprattutto avere il coraggio di affrontare i nodi veri e, quindi, non soltanto rimanendo sui principi.

     
    D. – Quali sono gli impegni che le due parti dovrebbero prendere proprio per andarsi incontro?

     
    R. – Dal punto di vista pratico, della vita anche politica, ci sono problemi seri come anzitutto quello relativo alla mobilità all’interno dell’autonomia palestinese, al riconoscimento dell’autonomia e, quindi, dello Stato palestinese, dando però tutte le garanzie affinché questo avvenga. Dall’altro lato è, però, necessaria una garanzia da parte palestinese per un impegno serio e per evitare qualsiasi forma di violenza. Questo è il primo passo. Ci sono poi, certo, tutti gli altri aspetti politici più complicati come la questione di Gerusalemme, i profughi, etc. Quello che è importante in questa occasione – non possiamo certo aspettarci che possano essere risolti tutti i problemi – è che almeno il primo aspetto sia affrontato in maniera seria.

     
    D. – Gli osservatori dicono che entrambe le parti sono ostaggi degli estremisti?

     
    R. – E’ difficile dirlo, perché è vero che ci sono estremisti da ambo le parti, ma non credo che siano poi così forti. La maggioranza della gente, la maggioranza della popolazione è ormai stanca di questo conflitto, di questa situazione, che è divenuta logorante. Io sono convinto che se ci fosse un accordo serio ed ancorato al terreno, la gran parte della popolazione seguirebbe questo accordo.

     
    D. – Lo scrittore israeliano Amos Oz ha detto che questa volta gran parte della responsabilità ricade sul governo israeliano perché è Israele ad avere il controllo dei territori e non il contrario…

     
    R. – Questo è vero. Le responsabilità sono, però, di tutti - questo è chiaro - e non soltanto di Israele: c’è sempre la tendenza a scaricare tutto soltanto su Israele. E’ chiaro però che Israele, essendo lo Stato più forte, quello che ha il controllo del territorio ed anche le maggiori responsabilità, si deve impegnare maggiormente. Ma, allo stesso modo, anche i palestinesi si devono impegnare e non solo per riconoscere Israele, ma anche per lavorare fattivamente per la costruzione del loro Stato.

     
    D. – Qual è la situazione umanitaria a Gaza?

     
    R. – La situazione è sempre molto difficile. Gli accessi, soprattutto delle materie prime, sono a singhiozzo e variano a seconda dei periodi. Questo ovviamente influisce su tutta la vita della popolazione. Ma è anche vero che le lotte interne e le fazioni certamente non aiutano ad avere un interlocutore unico e capace, così come non aiutano ad avere il controllo del terreno.

     
    D. – I vostri timori in caso di un fallimento del vertice di Annapolis?

     
    R. – Io spero che non ci siano degenerazioni, che non sia un “tanto peggio o un tanto meglio” e che, comunque e in ogni caso, si continui - soprattutto attraverso la presenza e lo sforzo della Comunità internazionale - a cercare non soltanto di arginare la situazione, ma anche di riprendere le negoziazioni.

     
    D. – Siamo ad un mese dal Natale ... un’occasione anche per tornare a pregare per la pace in Medio Oriente?

     
    R. – Questa è la prima cosa e forse anche la principale che noi religiosi, insieme a tutti coloro che hanno fede, possiamo e dobbiamo fare. Dobbiamo pregare affinché il Signore tocchi il cuore di tutti - cristiani, ebrei e musulmani – così che, in un modo o nell’altro, si riesca a fare qualcosa, magari anche piccolo, ma certamente di positivo per questo Paese.

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    Le Missioni Cristiane per i ciechi nel mondo in aiuto dei bambini etiopici con gravi patologie della vista

    ◊   Iniziamo oggi una nuova rubrica del nostro Radio Giornale, sulla scia della nuova Enciclica di Benedetto XVI, di prossima pubblicazione, sul tema della speranza. Si tratta di uno spazio dedicato a quanti - donne e uomini, religiosi e laici - stanno testimoniando, spesso nel silenzio e tra molte difficoltà, la forza straordinaria della speranza evangelica. La prima storia che vogliamo raccontarvi ha per scenario l’Etiopia, dove da 10 anni c’è una speranza in più per i bambini affetti da patologie visive: è la Clinica di Oftalmologia St. Francis nella cittadina etìope di Nazareth. Nel solo 2006, grazie al sostegno di CBM, le Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo, sono state compiute 1000 operazioni di cataratte e oltre 20 mila visite di controllo. Sulla realtà di questa clinica e i benefici per la popolazione, Alessandro Gisotti ha intervistato il dottor Mario Angi, presidente di CBM Italia:

    R. – La clinica si trova in un’area molto povera intorno a Nazareth, in Etiopia. Qui ci sono campi profughi e molti villaggi con problemi di igiene, cioè mancanza di acqua, mancanza di pulizia degli occhi. Il tracoma e difetti di vista sono frequenti nei bambini. La clinica dà un servizio chirurgico e un servizio di prevenzione.

     
    D. – Quale gioia provano questi bambini quando riacquistano letteralmente la vista?

     
    R. – Certamente, è un’emozione grandissima perché in Etiopia ci sono malattie genetiche che portano a difetti di vista, quali la miopia elevata o l’astigmatismo, e il fatto di potere identificare e correggere i difetti visivi nei bambini permette loro di andare a scuola e di vedere finalmente quello che imparano. Le patologie congenite, tipo cataratta o tracoma, sono più rare. Però, nei bambini c’è proprio un servizio anche di correzione dei difetti refrattivi e di prevenzione del tracoma che è molto importante. Io affianco i medici locali. La nostra filosofia è quella non di sostituire, ma di affiancarli. Io vado in media due-tre volte l’anno. Abbiamo messo in atto proprio una politica di valorizzazione del personale locale.

     
    D. – C’è una storia tra le tante che l’ha colpita, che le rimarrà più di altre nel cuore?

     
    R. – C’era una ragazza di 18 anni, con una miopia elevata – 26 diottrie di miopia – che non aveva mai visto nella sua vita. Io le ho proposto un’operazione di trapianto del cristallino e l’ho operata, dandole una vista buona, senza occhiali. L’anno successivo questa ragazza è ritornata per invitarmi a casa sua e mi ha offerto dei maccheroni cucinati all’etiope ed un caffè, dicendomi: “Grazie, dottore, perché mi hai ridato i miei occhi”. E questo mi ha molto colpito.

     
    D. – E adesso, per Natale, in realtà anche per celebrare il centenario – perché CBM festeggia nel 2008 i cento anni dalla sua nascita – c’è un’iniziativa particolare: il calendario “Sguardi” che riguarda proprio questi bambini. Ce ne vuole parlare?

     
    R. – E’ stata un’idea del fotografo Pino Ninfa il quale ha dato delle piccole camere fotografiche digitali a questi bambini che avevano in qualche modo ritrovato la vista, con gli occhiali o con gli interventi, e ha fatto fotografare ai bambini la loro realtà familiare. Ovviamente, lui si è messo alle spalle dei bambini ed ha fotografato il bambino che fotografava la famiglia, per cui le foto sono molto spontanee: gli sguardi di questi bambini che riscoprono il mondo e che ci portano all’interno delle loro famiglie in maniera spontanea, sono veramente state una sorpresa anche per me, perché sono di una poesia, di una spontaneità incredibili.

    Per avere maggiori informazioni sull’attività delle Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo ed eventualmente acquistare il calendario “Sguardi”, si può visitare il sito Internet www.cbmitalia.org

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    Oggi la Giornata internazionale contro la violenza alle donne

    ◊   “La violenza contro le donne continua ad essere uno dei più atroci, sistematici e diffusi abusi contro i diritti umani nel mondo”. E’ la denuncia che il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha lanciato in occasione dell’odierna Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un fenomeno in aumento contro il quale c’è ancora molto da fare, spiega Ban Ki-moon, per accrescere una consapevolezza a livello pubblico, per costruire una volontà politica e per fornire delle risposte efficaci. Il servizio di Francesca Sabatinelli:


    Il mostro non è uno sconosciuto, per la maggior parte dei 200 milioni di donne che nel mondo muoiono a causa della violenza, la mano assassina è di un familiare o comunque di una persona conosciuta. La violenza domestica, ha denunciato il Consiglio d’Europa, uccide più del cancro, più delle guerre, più degli incidenti stradali. In Europa si è calcolato che a subirla sia tra il 12 e il 15% delle donne e che è la prima causa di morte per le donne fra i 16 ed i 44 anni. In molti casi non viene denunciata: i numeri potrebbero quindi essere anche di molto superiori. Esistono poi gli stupri e le violenze durante le guerre. In Bosnia, in soli tre anni, tra il 1992 ed il 1995, si calcola che siano state violentate tra le 20 e le 50 mila donne. Una cifra che aumenta vertiginosamente se si va nel Rwanda del 1994 o nella Sierra Leone del decennio 1991 – 2002. 130 milioni, di cui la maggior parte in Africa, sono le bambine e le ragazze sottoposte alla mutilazione dei genitali. Nel mondo, almeno una volta nella vita una donna su tre è vittima di violenza fisica, sessuale, psicologica o sociale. Per frenare la violenza sulle donne, confermano gli esperti, bisogna lavorare sull’uomo e sui modelli di trasmissione dei valori. La donna è stata sempre vittima di fondamentalismi e persecuzioni: bisogna partire dalle scuole e dall’educazione, per non dimenticare le donne, e “Noi non le dimentichiamo” è la campagna lanciata dalla Fondazione Pangea per raccogliere fondi per le afghane, triste simbolo della violenza sulle donne. Fino al 2 dicembre, inviando un sms al 48584, si potrà contribuire con un euro al progetto Jamila, per far ripartire la vita delle donne di Kabul. Con noi Luca Lo Presti, presidente della fondazione:

     
    R. – E’ cambiata la vita, è cambiata la speranza per un futuro, attraverso il progetto Jamila, la vita riparte da una donna. Soprattutto il microcredito, perché attraverso un prestito queste donne diventano imprenditrici, proprietarie di quell’autonomia, di quella economia che da loro possibilità di ricominciare ma soprattutto di riuscire a togliere dalla strada i figli: mandare a scuola questi bambini con la speranza di un futuro diverso.

     
    D. – Con 10 euro si garantisce un corso di sartoria per una donna, con 20 euro si dona un corso di alfabetizzazione, di diritti umani, di igiene a cinque donne: sono cifre per noi veramente irrisorie, che in Afghanistan cambiano la vita ...

     
    R. – Sembra incredibile, vero? 150 euro, e una donna diventa imprenditrice: là è un grande risultato. Ricorderò sempre una tra le nostre primissime beneficiarie del progetto, che mi disse: “Perché non devo venire e non devo provare? Perché mi picchieranno, perché mi stupreranno, ma io vivo così”: perché questa donna si prostituiva per portare a casa dei soldi per sfamare i bimbi. “O perché mi uccideranno? Io ho una possibilità di tornare a vivere e non la voglio perdere”.

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    Giornata per il sostentamento del clero sul tema: "I sacerdoti aiutano tutti. Aiuta tutti i sacerdoti"

    ◊   Si svolge oggi la Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del clero promossa dalla CEI, la Conferenza episcopale italiana, sul tema “I sacerdoti aiutano tutti. Aiuta tutti i sacerdoti”. Per ciascun fedele è l’occasione per meglio comprendere l’attività dei 39 mila sacerdoti presenti in Italia e per conoscere come le offerte versate vengono impiegate. Alcuni organi di informazione stanno promuovendo una campagna di disinformazione accusando la Chiesa di gravare eccessivamente sulle tasche degli italiani. Si tratta di vere e proprie falsità: lo conferma Paolo Mascarino, responsabile del servizio per il sostegno economico del Clero della CEI. L’intervista è di Paolo Ondarza.


    R. – La Chiesa è stata chiamata ad un grandissimo sforzo di trasparenza verso i cittadini in quanto non ha più nulla di garantito dallo Stato e sia l’8 per mille sia le offerte per il clero, che appunto sono le due nuove forme di sostegno economico, vivono della partecipazione libera dei fedeli. Per questo la Chiesa in questi anni si è molto organizzata per rendere pubblici e trasparenti i bilanci a livello nazionale della CEI, a livello diocesano e anche a livello parrocchiale. Le recenti polemiche sui giornali non nascono da un difetto di trasparenza, bensì da una volontà di curiosare o creare degli scoop falsi, sollecitando un pochino la curiosità dei fedeli su cose che assolutamente non sono vere.

     
    D. – Ci aiuta a quantificare le necessità economiche del clero in Italia?

     
    R. – Si raccolgono per il clero oltre 16 milioni di euro, che sono la quarta raccolta fondi d’Italia, dopo colossi come la ricerca per il cancro, UNICEF e Telethon, che possono impiegare mezzi di propaganda e di sensibilizzazione che ovviamente noi per i preti non possiamo usare. Quindi, la generosità degli italiani verso i sacerdoti è altissima. I sacerdoti in Italia sono 39 mila, percepiscono una remunerazione mensile per 12 mensilità che oscilla tra gli 800 euro del prete appena ordinato ai 1.200 del cardinale nel pieno del suo sacerdozio. Questi soldi sono pochi, ma moltiplicati per 39 mila e inserendo anche le tasse IRPEF, si arriva a 500 mila euro circa di fabbisogno annuale per il sostentamento del clero. Metà di questo è autofinanziato dagli stipendi propri dei sacerdoti, dalle comunità parrocchiali e dai beni della Chiesa. Il resto è affidato ai fedeli.

     
    D. – Ed è opportuno ricordare che le offerte al clero non riguardano solamente i sacerdoti attivi, ma anche quei sacerdoti che non prestano più servizio, gli anziani ...

     
    R. – Ha ragione. Tutti i sacerdoti in pensione, o anziani, o molto malati sono ancora sostenuti dal nuovo sistema di sostentamento del clero e dalle offerte dei fedeli che permettono loro, anche nel momento di maggiore necessità, di poter contare sulla solidarietà di tutti.

     
    D. – Sovvenire alle necessità della Chiesa non è un optional: il Diritto canonico, infatti, spiega che per i fedeli questo rappresenta un dovere ...

     
    R. – E’ un dovere d’amore. Vuol dire essere consapevoli delle necessità: la missione, l’evangelizzazione, la carità, sono tutte opere che hanno bisogno di fondi, di mura, di riscaldamento, di libri ... Tutto questo costa. Allora il fedele ha il dovere di contribuire proprio perché si rende conto che lui stesso appartiene alla Chiesa ed è appunto il suo modo di partecipare alla grande missione universale della Chiesa.

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    Chiesa e Società



    Violenze in Bolivia dopo l'approvazione della nuova Costituzione, criticata anche dai vescovi

    ◊   Da ieri sera, la Bolivia ha una nuova Costituzione, anche se ancora nelle sue linee generali. L’Assemblea costituente riunita a Sucre, infatti, ha approvato un "testo globale" con 143 sì su 145 delegati presenti in Aula. Spetta ora ad una specifica Commissione esaminare e approvare nel dettaglio, articolo per articolo, il documento finale. I membri dell’opposizione non hanno partecipato al voto e il loro leader, l’ex presidente Jorge Quiroga, del partito “Podemos”, ha dichiarato: “E’ una Costituzione militarizzata, scritta con i fucili e macchiata di sangue”. Infatti, appena la notizia si è diffusa, incidenti e scontri violenti si sono verificati in diverse città del Paese; in queste circostanze, Gonzalo Durán, avvocato di 29 anni della città di Sucre, ha persona la vita colpito da una pallottola al torace. Il clima in realtà è molto rovente da diversi mesi e, soprattutto, da quando l'Assemblea costituente ha cominciato, settimane fa, a segnare il passo addirittura per la mancanza di un accordo sul regolamento delle discussioni. Oggi sotto l'incalzare della scadenza del 14 dicembre prossimo, per la consegna del testo finale che dovrà essere sottoposto a referendum si è scelto la curiosa scorciatoia, mai vista in America Latina, di approvare un "testo globale" che, alla fine, non è altro che un insieme di principi privo della forma giuridica tipica delle costituzioni. La Chiesa cattolica, in questi 15 mesi di discussioni, si è pronunciato a più riprese sia sui contenuti, giudicati di “grande rilevanza per la vita di tutti i boliviani - e non solo per una parte della nazione”, sia sul clima di scontro, odio e violenza che ha polarizzato la società boliviana paralizzando “il dialogo, lo scambio di proposte, con gravi danni al bene comune”. Venerdì sera, alla vigilia dell’annuncio dell’approvazione di un “testo globale della Costituzione”, l’Episcopato attraverso una nota di mons. Parraga Jesús Juárez, vescovo di El Alto e segretario della Conferenza episcopale, si era rivolto al Paese per richiamare l’attenzione di tutti sulla pericolosità della situazione, in particolare della Costituente “che – si legge nel comunicato dal significativo titolo 'Consenso urgente!' – ha subìto un deterioramento grave a causa delle posizioni intransigenti e all’ingerenza di interessi alieni alla natura dell’Assemblea”. “Esortiamo tutti, prosegue la nota, a ritornare alla razionalità e a deporre atteggiamenti e azioni che provocano solo divisioni (…) per camminare insieme verso un dialogo sociale sano e autentico capace di rendere compatibili le aspirazioni individuali con il benessere di tutta la popolazione”. I vescovi, inoltre, denunciano “come un’aberrazione contraria ai principi umani l’uso dei bisogni e delle aspirazioni popolari come risorsa di calcolo politici (…) così come le pressioni che conducono allo scontro tra fratelli”. In riferimento all’impasse creatosi in seno alla Costituente, i presuli, ancora una volta esortano tutti a lavorare per ristabilire le condizioni della “convivenza pacifica e la stabilità che reclama il nostro popolo. Spetta ai leader politici offrire in questo momento - concludono - proposte concrete e giuste, ed agire con disinteresse, ascoltandosi reciprocamente, per trovare le giuste soluzioni al conflitto che consuma la nazione”. (A cura di Luis Badilla)

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    Campagna della Chiesa filippina a favore della missione

    ◊   L’impegno missionario non deve e non può essere limitato alla Giornata missionaria mondiale o all’Ottobre missionario, ma deve essere uno stile e una modalità che occupi, sempre e comunque, le iniziative pastorali delle Chiese locali. A questo esorta la Conferenza episcopale filippina in vista del nuovo anno liturgico 2007-2008, rilanciando la necessità di corsi e programmi di formazione missionaria per seminaristi così come per il clero, per i religiosi e per le associazioni ecclesiali. Per rispondere a questo appello, i salesiani delle Filippine hanno organizzato per il mese di novembre un seminario dal tema: “Formare un volontariato missionario”, volto a rilanciare una rinnovata consapevolezza missionaria tra salesiani e laici a distanza di 132 anni dal sogno di don Bosco di raggiungere nuove terre. E’ quanto annota l’Osservatore Romano, che spiega come il progetto preveda l’utilizzo delle nuove tecnologie da mettere a servizio dell’animazione missionaria: una newsletter mensile “Auxiliares of the Mission” e la diffusione di sms settimanali per raggiungere i religiosi, gli amici, e quanti desiderino pregare per i missionari. Per questo, è stato anche preparato un kit e un manuale, da mettere a disposizione dei gruppi giovanili e dei gruppi delle scuole, ma anche a quanti sono interessati ad approfondire la propria preparazione culturale e spirituale in funzione dell’evangelizzazione, in modo da rendere più concreto l’impegno nelle proprie realtà locali e nelle esperienze all’estero. (F.F)

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    L'impegno dei vescovi indiani nella lotta contro l'AIDS

    ◊   Una serie di appuntamenti per sensibilizzare i giovani al fenomeno dell’AIDS e coinvolgerli sempre più nella lotta contro la diffusione di questa malattia. E’ l’iniziativa della Commissione per la salute della Conferenza episcopale indiana (CBCI) in occasione della prossima Giornata mondiale per la lotta contro l’AIDS, in programma il 1° dicembre. Con lo slogan “La gioventù deve dare l’esempio, il futuro è adesso” l’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Blasius Moras, a capo della Commissione, ha presentato il calendario delle iniziative in programma per sabato e domenica prossimi, rivolto a tutte le fasce di età ma in particolare a coloro che rappresentano il futuro del Paese e che oggi risultano essere i più colpiti dalla diffusione dell’HIV. Il progetto coinvolge numerose associazioni cattoliche e prevede iniziative di varia natura, da momenti di preghiera comunitaria a incontri pubblici dedicati al problema. Di grande impatto, sarà l’impegno pubblico di mille gruppi da mille giovani ciascuno, che in diverse località del Paese informeranno correttamente sul virus dell’AIDS, su come evitare la sua diffusione e a prendersi cura dei malati senza discriminarli. (F.F)

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    Il Centro "Jeunes Kamenge” di Bujumbura, si prepara al Natale con attività legate alla riconciliazione

    ◊   Sono terminate oggi, in Burundi, dopo una settimana di sensibilizzazione, le attività promosse per la Giornata Internazionale contro gli abusi sui bambini. Tornei di calcio, basket e pallavolo hanno animato i vari Quartieri Nord, insieme al concorso di danze tradizionali di Kinama. Due grandi attività, inoltre, hanno coinvolto 45 Scuole Elementari: un torneo di calcio lungo un mese, a cui hanno aderito 36 istituti, e la proiezione di 5 film di disegni animati con relativa discussione al Centro "Jeunes Kamenge”. Due settimane di proiezione su grande schermo, mattina e pomeriggio, a cui hanno partecipato 6.500 bambini. Grazie all’Academy for Educational Development, organizzazione non governativa americana, sono stati raccolti fondi per garantire l’istruzione a 200 bambini. La mobilitazione, però, non si ferma. Il prossimo 27 novembre, verrà presentato al Centro “Jeunes Kamenge”, un fumetto sulla violenza contro le donne in collaborazione con la Cooperazione Svizzera; il 1° dicembre, invece, si terrà un grande concerto per la Giornata internazionale di lotta contro l’AIDS con diversi artisti. Importanti inoltre, saranno la consegna delle firme sul disarmo e gli otto giorni di formazione per ex militari ed ex ribelli. (F.F)

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    Iraq: presto esami di religione cristiana anche per gli studenti delle scuole pubbliche

    ◊   Gli studenti delle scuole pubbliche irachene potranno sostenere esami in religione cristiana. E’ quanto assicurato dal presidente della Repubblica Irachena Jalal Talabani, al patriarca dei Caldei, il neo-cardinale Emmanuel III Delly. Lo ha rivelato mons. Jacques Ishaq, vescovo ausiliare di Nisibi e responsabile per gli Affari culturali del Patriarcato di Babilonia dei Caldei in un’intervista riportata dall’agenzia Zenit. “Il sistema educativo iracheno, ha detto il presule, è basato sulla valutazione centesimale data dalla somma dei voti finali in ogni materia studiata. In molte scuole l’unico insegnamento religioso impartito è quello islamico e di conseguenza – in mancanza di una materia e di una sua valutazione – per gli studenti cristiani è molto difficile avere votazioni finali uguali a quelli dei loro compagni musulmani che invece sostengono un esame in più”. Sostenere gli esami di religione cristiana, permetterebbe agli altri studenti che professano la fede in Gesù, di ottenere valutazioni finali maggiori. Sotto il regime di Saddam Hussein, la percentuale delle ammissioni di giovani cristiani a scuola doveva rimanere sotto la soglia del 25%, così come stabilito in un decreto del 1972. In ogni caso, secondo mons. Jacques Ishaq, rimane difficile oggi trovare professori che siano in grado di insegnare la religione cristiana in Iraq. “In passato – ha affermato – i vescovi avevano stabilito che ad insegnare potessero essere solo quei laici in possesso del certificato rilasciato dopo la frequenza dei corsi triennali dell’Istituto delle Scienze Religiose del Babel College”, che è l’unica Facoltà cristiana di studi teologici presente nel Paese del Golfo, affiliata dal 1997 alla Pontificia Università Urbaniana di Roma. Oggi, la sede dell’Istituto è stata trasferita nel Kurdistan iracheno, per far fronte all’insicurezza di Baghdad e ai continui sequestri di personale ecclesiastico, ma il problema della carenza di personale qualificato rimane alta a causa dell’emigrazione forzata dei cristiani. “Ci sono poi i problemi del caos che regna a Baghdad e che non ha risparmiato il Ministero dell’Istruzione, e quello dell’appartenenza politica dei responsabili di tali decisioni che a volte può ostacolare o rallentare la messa in pratica di leggi favorevoli alla minoranza cristiana”, ha sottolineato il presule. “Tutti sanno che prima della nazionalizzazione delle scuole da parte del passato regime nel 1972 le scuole cristiane erano considerate le migliori del Paese tanto che le famiglie musulmane più in vista vi mandavano i propri figli a studiare, ed alcuni dei protagonisti dell’attuale scena politica irachena, seppure di fede islamica, hanno studiato in esse”. Questo perché in Iraq “i cristiani sono ancora percepiti come 'portatori di cultura'”. Di fronte alle violenze che insanguinano il Paese e che colpiscono anche i musulmani, ha concluso mons. Ishaq, alcuni di loro cominciano a percepire l’elemento cristiano come un elemento di equilibrio, una religione di pace”. (F.F)

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    Perù. Sperimentato con successo a Lima un progetto per diminuire la violenza familiare

    ◊   Diminuire la violenza nelle famiglie; fortificare i legami affettivi nelle case; portare alla costruzione di una società più giusta e solidale: questi, gli obiettivi del Modulo di Attenzione Integrale (MAI), lanciato dalla parrocchia di Nostra Signora di Cocharcas di Lima, in Perù, in occasione della Giornata contro la violenza familiare. L’iniziativa – riferisce l’agenzia Fides - è promossa dall'arcivescovado di Lima attraverso un progetto di sviluppo sociale finanziato dal Fondo Italo-Peruviano e realizzato dall'Istituto per la Cooperazione Universitaria (ICU) in collaborazione con Caritas Lima. Coinvolte 12 parrocchie ubicate in zone ad alto rischio sociale. Dall’inizio dell’esperienza, nel 2005, più di 3.800 persone hanno ricevuto attenzione integrale, oltre 18 mila hanno ricevuto attenzione specializzata, mentre sono state realizzate circa 500 attività lavorative e 1.500 programmi di sostegno psicologico. (R.M.)

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    Il Vicariato di Roma promuove anche quest’anno le Catechesi per i giovani

    ◊   “Cercare di dare delle risposte alle domande di vita e di fede dei giovani”. Con questo intento, il Servizio per la pastorale giovanile del Vicariato di Roma promuove anche quest’anno le “Grandi catechesi cittadine rivolte ai giovani della città”. Si tratta - informa il Servizio diocesano - di “tre incontri, distribuiti nell’arco dell’anno pastorale, per mettere a fuoco, dal punto di vista della fede, alcuni temi centrali per la crescita umana e spirituale dei ragazzi”. A fare da “filo conduttore tra i tre incontri in programma” sarà il “tema dell’anno pastorale”: “Gesù è il Signore! Educare alla fede, alla sequela, alla testimonianza”. La prima catechesi - rende noto l’agenzia SIR - sarà tenuta il 28 novembre, nella Basilica romana dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso, da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, sul tema: “Gesù è il Signore”. Destinatari dell’iniziativa "sono i giovani delle parrocchie, delle associazioni, di gruppi e movimenti, ma anche i loro coetanei che dalla vita della Chiesa sono un po’ più distanti”. Il programma prevede poi le catechesi, il 13 febbraio, di mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, e il 14 maggio di mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica. Per maggiori informazioni, consultare il sito www.chiesagiovane.it.

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    L'Opera Don Guanella organizza a Roma un Capodanno alternativo insieme ai disabili

    ◊   L’Opera di don Guanella, della Congregazione dei Servi della Carità, organizza a Roma un capodanno alternativo, da vivere come occasione di servizio e preghiera insieme ai disabili della Casa San Giuseppe: “Abbassare gli occhi per vedere il Cielo”. Si tratta di una forte esperienza di condivisione” ha spiegato don Fabio Lorenzetti, direttore del Centro di Riabilitazione Casa San Giuseppe, “in cui ognuno è chiamato a dare quel che il Signore gli chiederà”. Il programma dell’iniziativa si articola in cinque giornate, dal 28 dicembre al 1° gennaio, e prevede visite in città, momenti di riflessione, di preghiera, di condivisione fraterna, Santa Messa con Te Deum e cenone di fine anno. Ingredienti indispensabili per partecipare a questo momento di festa, ha spiegato don Lorenzetti, sono “occhi meravigliosi, orecchie tese per non capire e maniche rimboccate per lasciarsi aiutare”. (F.F)

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    Riapre domani dopo due anni di restauro la Cattedrale di Patti

    ◊   Dopo due anni di restauro, riapre domani a Patti, la Cattedrale dedicata a San Bartolomeo. Alle ore 17.00. il vescovo mons. Ignazio Zambito, presiederà la Santa Messa proprio nel giorno in cui si celebra la Dolennità della Dedicazione, avvenuta il 26 novembre 1758. La Cattedrale di Patti rappresenta un gioiello storico - artistico in cui vengono custodite preziose reliquie; tra queste anche i resti della Patrona della città, la vergine martire Santa Febronia; nella cappella a lei dedicata si trova, inoltre, il sarcofago della regina Adelasia, madre di Ruggero II re di Sicilia e di Puglia. Durante i lavori di ristrutturazione, che hanno interessato in modo particolare la cappella del Santissimo Sacramento e quella di Santa Febronia, sono venuti alla luce loculi con ossa e paramenti sacri. A completare l’opera di restauro, sono state posizionate quattro nuove campane, dedicate a San Bartolomeo Apostolo, titolare della cattedrale e Patrono della diocesi, a Santa Febronia, a San Pietro Tommaso, che fu vescovo di Patti dal 1354 al 1359 e ai Martiri del XX secolo. (F.F)

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    24 Ore nel Mondo



    In Russia divampa la protesta anti-Putin in vista delle elezioni di domenica prossima. Arrestato il campione di scacchi Kasparov

    ◊   Ad una settimana dalle elezioni in Russia, sale la tensione tra il fronte che sostiene il presidente Putin e l’opposizione. Stamani numerosi manifestanti sono stati caricati dalla polizia a San Pietroburgo prima dello svolgimento di una protesta non autorizzata. Tra le persone fermate, almeno 150, anche Boris Nemtsov, probabile candidato alle presidenziali del 2008, che è stato poi rilasciato. Ieri a Mosca era stato fermato l’ex campione del mondo di scacchi, Garry Kasparov, leader del movimento d’opposizione “L’Altra Russia”, condannato a 5 giorni di prigione dopo un processo per direttissima. L’arresto è avvenuto al termine di una marcia priva di autorizzazione a cui avevano partecipato circa 2 mila persone. Kasparov era stato già arrestato in maggio a Samarra durante il vertice Russia-Unione Europea: il fermo aveva provocato le ire di numerosi leader, in particolare del cancelliere tedesco, Angela Merkel.

    Georgia
    Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha dato le dimissioni per poter partecipare alla campagna elettorale in vista delle consultazioni del prossimo 5 gennaio, indette dopo forti manifestazioni di piazza che lo avevano spinto a decretare lo stato d’emergenza poi revocato. In base alla Costituzione, ora i poteri del capo dello Stato passano al presidente del Parlamento Nino Burjanadze.

    Afghanistan
    Rientra oggi in Italia la salma del maresciallo capo Daniele Paladini, morto ieri in un attentato kamikaze nella provincia afghana di Paghman, poco distante da Kabul. Un attacco nel quale hanno perso la vita nove civili, tra cui sei bambini, colpiti mentre uscivano da scuola. Il bilancio poteva essere ancora più drammatico se i militari italiani non avessero bloccato il kamikaze che si stava facendo esplodere tra la folla. Già a Roma i tre soldati rimasti feriti ieri nell’agguato. Il premier Prodi ha nuovamente ribadito che le truppe non lasceranno il Paese asiatico ma ha invitato a ripensare “una strategia a lungo termine” per impostare la futura presenza in Afghanistan. Lo stesso presidente del Consiglio si è detto convinto che l’attentato non era diretto contro gli italiani ma contro gli stessi afghani. Di diverso parere un leader talebano, che in un’intervista al “Corriere della Sera”, ha assicurato che proseguiranno gli attacchi contro le truppe straniere, anche quelle italiane, perchè considerate “invasori”. Ieri il governo di Kabul aveva condannato l'attentato come un “brutale crimine contro l’umanità, contro l’Islam e contro l’Afghanistan”.

    Iraq
    Dodici vittime e oltre 40 feriti. E’ il bilancio di tre esplosioni avvenute a Bagdad. Una violenza che non conosce tregua e che continua a scoraggiare la presenza di truppe straniere nel Paese. Ieri l’annuncio del ritiro di 5 mila soldati americani entro dicembre: il 2008 è la scadenza indicata dal neo-premier polacco Tusk, ma anche la nuova leadership australiana anticipa il prossimo rientro a casa dal Paese del Golfo dei militari di Canberra. L’alleanza che nel 2003 portò alle operazioni militari in Iraq sembra dunque sfaldarsi. Sulle ragioni di tali orientamenti, Giada Aquilino ha intervistato il prof. Maurizio Simoncelli, esperto di geopolitica dell’Istituto di Ricerca Internazionale Archivio Disarmo:


    R. – Bisogna prendere atto che la stessa missione aveva in sé i germi del fallimento. Si sapeva fin dall’inizio, purtroppo, che andare a mettere le mani in una situazione come era quella di questo territorio mediorientale voleva dire far saltare un equilibrio che si reggeva su una dittatura, perché in realtà erano presenti tre popoli profondamente divisi: gli sciiti, i sunniti e i curdi, che vivevano in una situazione di temporaneo equilibrio. L’intervento, così come è stato attuato ed in contrasto con le stesse Nazioni Unite, che hanno dimostrato in realtà fin dall’inizio di ben capire i rischi di un intervento del genere, non poteva avere altro esito se non quello di portare una profonda instabilità permanente.

     
    D. – I laburisti australiani annunciano il rientro a casa dei 580 loro soldati schierati in Iraq. La Polonia ha già confermato il ritiro delle truppe di Varsavia dal Paese del Golfo entro il 2008. Cosa cambia di fatto nella strategia militare?

    R. – Oggi si prende atto – purtroppo – di un fallimento, perché se da un punto di vista militare, nell’immediato, la battaglia è stata vinta contro le truppe di Saddam Hussein, non c’è stata la possibilità di creare un sistema politico stabile. Oggi vediamo, quindi, che progressivamente i resti di questa coalizione – anche perché questi non sono i primi; già tanti altri se ne sono andati – stiamo anche assistendo anche ad uno sfaldamento grave, anche perché gli stessi Stati Uniti non sanno come uscirne e lo stesso Bush sta concludendo il suo mandato con un grande punto interrogativo, che è quello di come andar via dal pantano iracheno.

    D. – Le violenze sul terreno, le tensioni con la Turchia, la coalizione internazionale che perde alleati: l’Iraq rischia di essere abbandonato a se stesso, al di là degli interessi economici particolari?

     
    R. – Sì, questo è il grande pericolo che si vede all’orizzonte. D’altronde lasciare un territorio del genere in balia di se stesso è altrettanto pericoloso di quanto rimanerci.

    Elezioni in Croazia
    Appuntamento elettorale oggi per la Croazia: al voto per le elezioni politiche 4,4 milioni di cittadini. Bassa l’affluenza alle urne: alle 11.00 solo il 18 per cento degli aventi diritto si è recato a votare. Nei giorni scorsi, nel loro appello alla nazione in vista della consultazione, i vescovi del Paese hanno raccomandato di avere presente nella scelta dei candidati “il bene comune, l’impegno per la tutela della vita e la solidarietà con i poveri” e inoltre la libera scelta dell’istruzione religiosa e un sistema fiscale a beneficio della famiglia. Il servizio di Fausta Speranza:

    E’ una Croazia sempre più vicina a Bruxelles quella che si reca alle urne oggi. I leader delle due principali forze sono entrambi europeisti convinti: il premier in carica conservatore Ivo Sanader e l'emergente Zoran Milanovic dei socialdemocratici. Le differenze si segnano in tema di ricette economiche: i primi rivendicano la politica di stabilizzazione macroeconomica di stampo liberale che insieme al turismo ha fatto il boom economico degli ultimi anni; gli altri insistono nel denunciare le persistenti sacche di corruzione e i problemi sociali ancora irrisolti. Se è vero che nel prossimo futuro ci sono la NATO e l’Unione Europea, è anche vero che la differenza può stare nei ritmi e nei costi: i conservatori difendono il passo accelerato imposto dal governo Sanader dal 2003; i socialdemocratici promettono un percorso più cadenzato, senza escludere tra l'altro un referendum sulla NATO. In ogni caso si tratta delle quinte elezioni dal 1991, anno dell’indipendenza dall’allora Jugoslavia. Molte cose sono cambiate, anche nella Comunità democratica croata (HDZ): la formazione che fu feudo nazionalista del defunto 'padre della patria' Franjo Tudjman, che Sanader ha riformato in questi anni verso l'approdo occidentale del Partito Popolare Europeo. La cattolicità resta un elemento fondamentale dell’identità croata e vanno poi ricordate le minoranze etniche, che eleggeranno otto deputati in seggi garantiti. Tre andranno ai 250 mila serbi di Croazia, dimezzati dopo le guerre di dissoluzione della Jugoslavia, ma tuttora numerosi e alle prese con problemi legati al rientro dei profughi e alla lenta ricostruzione e restituzione dei beni. Un seggio sarà invece appannaggio dei circa 20 mila italiani d'Istria e Fiume. Per quanto riguarda l’ingresso in Europa, superati i problemi legati alla collaborazione con il Tribunale internazionale per i crimini di guerra commessi nella ex Jugoslavia, se la Croazia manterrà il passo attuale, entrerà nell'Unione Europea segnando un tempo record per il processo di adesione: aperto nel 2005, secondo il commissario all'allargamento UE, Olli Rehn, si concluderà con l'ingresso già nel 2010.

    Romania
    Giornata di consultazioni anche in Romania. Oltre 18 milioni di elettori sono chiamati a scegliere 35 deputati europei su 551 candidati. Si tratta della prima volta per il Paese, entrato nell’Unione lo scorso primo gennaio. Il mandato degli eletti durerà soltanto 18 mesi perché nel 2009 si terranno nuovamente le elezioni generali in tutti i 27 Stati membri. Accanto alle europee a Bucarest si vota pure per un referendum sull’introduzione del sistema uninominale.

    Giordania
    Ad Amman, in Giordania, ha giurato davanti al re Abdallah II il nuovo governo guidato dal neo-premier Nader Dahabi. L’esecutivo è composto da 26 ministri, tra questi 4 donne, espressione delle elezioni che hanno sancito la vittoria dei candidati fedeli alla monarchia e la netta sconfitta dell’opposizione guidata dal Fronte islamico d'azione, partito vicino alla Fratellanza musulmana.

    Pakistan
    Rientro in patria per l’ex premier pachistano, Nawaz Sharif, dopo 8 anni di esilio in seguito al colpo di Stato messo in atto dall’attuale presidente Pervez Musharraf. Sharif ha detto che opererà per il ripristino della democrazia e la fine della dittatura. Sarebbero intanto 3 mila i sostenitori arrestati in una vasta operazione della polizia che teme sanguinosi attentati come nel caso del ritorno in Pakistan dell’ex premier Benazir Bhutto. Sul terreno, circa 30 insorti sono stati uccisi in un raid dell’esercito nella parte nord-occidentale del Paese.

    Spagna
    Il premier spagnolo, José Luis Rodriguez Zapatero, è stato ufficialmente candidato dal partito socialista per un secondo mandato in vista delle elezioni legislative del marzo 2008. Secondo i sondaggi, sembra probabile la riconferma dell'attuale capo del governo per altri quattro anni.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 329

     

     
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