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SOMMARIO del 18/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • All’Angelus, l’appello del Papa per le popolazioni del Bangladesh devastato dal ciclone Sidr. Il Santo Padre invita i fedeli a confidare nell’amore di Gesù anche di fronte alle calamità naturali
  • Oggi pomeriggio, a Novara, la cerimonia di Beatificazione di Antonio Rosmini, figura luminosa del cattolicesimo italiano
  • Il cardinale Bertone, a Brindisi per inaugurare la Cattedrale restaurata, invita i fedeli ad essere Chiesa viva nel mondo di oggi
  • La Santa Sede è al fianco di chi difende il diritto inviolabile della vita: così, l’Osservatore vaticano all’ONU, mons. Celestino Migliore, dopo il voto in favore di una moratoria sulla pena di morte
  • Oggi in Primo Piano

  • Si chiude oggi l’Anno giubilare di Sant’Elisabetta d’Ungheria. Con noi, il cardinale arcivescovo di Budapest, Péter Erdő
  • La drammatica condizione del popolo eritreo raccontata, ieri a Roma, dai missionari cattolici espulsi dal Paese africano
  • Mons. Ravasi e il prof. Cacciari a confronto sul senso della sofferenza umana, al convegno dell’Associazione Medici Cattolici Italiani
  • L’impegno del Movimento dei Focolari per la pace in Terra Santa: la testimonianza della palestinese Margherita Karram
  • Il PIME lancia un progetto per sostenere i seminari della Guinea-Bissau. Con noi, il vescovo di Bafatà, Pedro Zilli
  • Chiesa e Società

  • L'ONU celebra oggi la Giornata internazionale in memoria delle vittime del traffico stradale
  • In Cambogia i gesuiti avviano una campagna contro le bombe a grappolo
  • Inizia domani a Madrid, presieduta da mons. Ricardo Blázquez, la 90.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola
  • Firmato accordo tra il World Economic Forum e il World Energy Council, per affrontare il problema energetico dell’Africa
  • Il pittore australiano Richard Campbell tra i collaboratori della GMG del prossimo anno
  • Inizia, domani in Messico, il sesto ritiro spirituale per sacerdoti e vescovi del "Rinnovamento nello Spirito Santo"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Bangladesh: oltre 2200 morti per il ciclone Sidr
  • Il Papa e la Santa Sede



    All’Angelus, l’appello del Papa per le popolazioni del Bangladesh devastato dal ciclone Sidr. Il Santo Padre invita i fedeli a confidare nell’amore di Gesù anche di fronte alle calamità naturali

    ◊   Benedetto XVI è vicino alle popolazioni del Bangladesh devastato dal ciclone Sidr. All’Angelus, in Piazza San Pietro, il Papa ha rivolto un appello alla comunità internazionale, affinché si prodighi per aiutare quanti sono provati da questa calamità naturale. Il Papa ha anche ricordato la figura di Antonio Rosmini, che verrà beatificato oggi pomeriggio a Novara. Quindi, ha chiesto il bando delle mine antiuomo, in occasione dell’apertura di una Conferenza internazionale su questi terribili ordigni, al via oggi in Giordania. Il servizio di Alessandro Gisotti:
     

     
    Anche di fronte alle calamità naturali, raccogliamo l’invito di Gesù ad affrontare gli eventi quotidiani, “confidando nel suo amore provvidente”. E’ l’esortazione di Benedetto XVI, che all’Angelus ha rivolto un pensiero speciale alle popolazioni del Bangladesh, devastato da un terribile ciclone che ha seminato morte e distruzione. Il Papa ha assicurato la sua vicinanza a quanti soffrono ed ha lanciato un accorato appello:

     
    "Faccio appello alla solidarietà internazionale, che già si è mossa per far fronte alle immediate necessità. Incoraggio a porre in atto ogni possibile sforzo per soccorrere questi fratelli così duramente provati".

     
    Prima dell’appello per il Bangladesh, il Papa si è soffermato sulla pagina evangelica della domenica, che riferisce dell’esortazione di Gesù ai suoi discepoli affinché non abbiano paura, ma affrontino con coraggio e fiducia le incomprensioni e le persecuzioni. Sin dall’inizio, ha detto il Pontefice, la Chiesa “vive nell’attesa orante del suo Signore, scrutando i segni dei tempi e mettendo in guardia i fedeli dai ricorrenti messianismi, che di volta in volta annunciano come imminente la fine del mondo”:

     
    "In realtà, la storia deve fare il suo corso, che comporta anche drammi umani e calamità naturali. In essa si sviluppa un disegno di salvezza a cui Cristo ha già dato compimento nella sua incarnazione, morte e risurrezione. Questo mistero la Chiesa continua ad annunciare ed attuare con la predicazione, con la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza della carità".

     
    “Non temiamo per l’avvenire”, ha proseguito, “anche quando esso ci può apparire a tinte fosche, perché il Dio di Gesù Cristo che ha assunto la storia per aprirla al suo compimento trascendente” ne è “il principio e la fine”.
     
    "Egli ci garantisce che in ogni piccolo ma genuino atto di amore c’è tutto il senso dell’universo, e che chi non esita a perdere la propria vita per Lui, la ritrova in pienezza".

     
    Benedetto XVI ha quindi rivolto il pensiero all’odierna Beatificazione di Antonio Rosmini, tratteggiando la figura e il carisma di questo sacerdote e uomo di cultura, “animato da fervido amore per Dio e per la Chiesa”:

     
    "Testimoniò la virtù della carità in tutte le sue dimensioni e ad alto livello, ma ciò che lo rese maggiormente noto fu il generoso impegno per quella che egli chiamava “carità intellettuale”, vale a dire la riconciliazione della ragione con la fede. Il suo esempio aiuti la Chiesa, specialmente le comunità ecclesiali italiane, a crescere nella consapevolezza che la luce della ragione umana e quella della Grazia, quando camminano insieme, diventano sorgente di benedizione per la persona umana e per la società".
     
    Il Papa ha poi sottolineato l’esempio di carità offerto dalle persone consacrate ed in particolare da quelle chiamate alla contemplazione nei monasteri di clausura. A loro, alle quali la Chiesa dedica una Giornata speciale il prossimo 21 novembre, dobbiamo tanto, ha detto, ribadendo che i monasteri sono delle oasi spirituali le quali ci indicano che Dio e il suo amore sono l’ultima ragione per cui vale la pena vivere. Parole corredate da una profonda riflessione proprio sulla forza dell’amore cristiano:

     
    "La fede che opera nella carità è il vero antidoto contro la mentalità nichilista, che nella nostra epoca va sempre più estendendo il suo influsso nel mondo".
     Il Papa non ha mancato di fare riferimento all’Assemblea degli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione contro le mine antiuomo, al via oggi in Giordania. La Santa Sede, ha ricordato, è uno dei principali promotori della Convenzione. Ha, così, espresso l’augurio e l’incoraggiamento per il buon esito della conferenza, “affinché questi ordigni, che continuano a seminare vittime, tra cui molti bambini, siano completamente banditi”. Infine, salutando i pellegrini di lingua francese, ha ricordato che ricorre oggi la Giornata internazionale contro gli incidenti stradali. Il Papa ha chiesto diraddoppiare gli sforzi per essere prudenti, al fine di proteggere la propria vita e quella degli altri”.

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    Oggi pomeriggio, a Novara, la cerimonia di Beatificazione di Antonio Rosmini, figura luminosa del cattolicesimo italiano

    ◊   Come sottolineato dal Papa all'Angelus, la Chiesa italiana si appresta a celebrare la Beatificazione di Antonio Rosmini. Tutto pronto, dunque, al Palazzetto dello Sport di Novara, dove alle ore 15, il cardinale prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, José Saraiva Martìns, a nome del Papa, proclamerà Beato Rosmini, tra i più grandi pensatori italiani, vissuto tra il 1797 e il 1855. Giovanni Peduto ha intervistato per l’occasione uno dei più profondi conoscitori del pensiero del sacerdote e filosofo trentino, padre Umberto Muratore, attualmente superiore provinciale dei Rosminiani in Italia:


    R. – Antonio Rosmini è stato, al tempo stesso, un nobile, un prete, un fondatore di ordini religiosi, un Santo e il più grande pensatore dell’ottocento italiano e forse europeo. Un Beato quindi che assomma in sé quanto di più nobile e di più alto possa desiderare un’esistenza umana. E’ nato a Rovereto, nel Trentino, da ricca famiglia patrizia, primogenito maschio di quattro figli e destinato a divenire erede universale di tutti i beni di famiglia. Si convinse prestissimo che l’unica vera sapienza stava in Dio, cioè nel dedicare la vita alla gloria di Dio ed al bene del prossimo in tutte le direzioni. Coerentemente, scelse di passare da buon cristiano a prete, da prete a religioso, da religioso a capofamiglia di un istituto religioso unico nello spirito, che porta il nome di ‘Istituto della Carità’ per gli uomini, di ‘Suore della Provvidenza’ per le donne. Oggi essi sono chiamati Rosminiani. In una visita a Roma, Pio VIII gli diede una missione personale e singolare per i tempi, cioè la missione della carità intellettuale, col compito di studiare e scrivere al fine di “condurre gli uomini alla religione mediante la ragione”. Egli, pur non abbandonando gli altri rami di carità, prese questa obbedienza come volontà di Dio per lui, e si mise a dialogare seriamente con tutta la cultura del tempo, al fine di mostrare che la ragione, se si allontana dalla fede, perde gradualmente vitalità fino a spegnersi ed a cadere nella follia che ne segna il suo suicidio. L’aver portato efficacemente a termine questa nobile missione di carità costituisce oggi forse la sua virtù eroica più luminosa. I suoi contemporanei in parte l’hanno capito, in parte l’hanno avversato: i tempi non maturi e le passioni degli uomini gli hanno creato resistenza e incomprensione. Ma egli andò avanti, producendo più di cento opere profonde su tutti i campi del sapere, e affidando alla Provvidenza di Dio, per amore del quale lavorava, i frutti dei suoi sudori.

     
    D. – Rosmini conobbe molti uomini del suo tempo…

     
    R. - Sì, conobbe Papi, re, imperatori, fondatori, ministri, studiosi altolocati e uomini semplici di ogni condizione. Tra i suoi amici più noti Alessandro Manzoni e Giovanni Bosco. Di lui ci rimangono circa 20.000 lettere. Il governo piemontese lo inviò presso Pio IX in missione diplomatica. La sua tomba si trova a Stresa, dove morì, a 58 anni, il 1° luglio 1855. Dopo la morte i suoi avversari ottennero una condanna di quaranta proposizioni tratte dalle sue opere. Condanna, dalla quale è stato assolto nel 2001 con una Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, nota che porta le firme dell’allora prefetto Joseph Ratzinger (oggi Papa Benedetto XVI) e dell’allora segretario Tarcisio Bertone (oggi segretario di Stato).

     
    D. – Perché la Chiesa lo eleva all'onore degli altari dopo così lungo tempo?

     
    R. – La lunghezza del tempo è comprensibile, se si pensa alla ricchezza del patrimonio intellettuale che Rosmini ci lascia. Egli ha attraversato il vasto campo del sapere, al fine di raccogliere dall’antico e dal nuovo un deposito enorme di carità per le intelligenze. Bisognava vagliare con calma ogni sua pagina, assicurarsi che si trattasse di sorgenti pulite, prima di porlo fra i maestri dello spirito e della santità. Oggi i tempi sono maturi, perché Rosmini gode di una stima vasta e generale, non ha più chi lo accusa, e per di più la sua testimonianza di vita e di pensiero è diventata un tesoro per l’umanità intera.

     
    D. – Qual è il messaggio che la Chiesa intende dare agli uomini di oggi con la Beatificazione di Rosmini?

     
    R. – Direi che i segnali da raccogliere in questo evento sono essenzialmente due. Il primo, che appartiene al passato, vuole insegnarci come la Chiesa premia la fedeltà dei suoi figli, finisce col rendere giustizia a chi si è messo fiducioso nelle Sue mani, amandola e soffrendo per il suo bene. Il secondo, forse il più stimolante oggi, è che con la Beatificazione di Rosmini si annuncia un’alba nuova. Oggi gli uomini, soprattutto in Occidente, soffrono non tanto di povertà materiali, ma di una povertà intellettuale etica e religiosa che ha origine nello smarrimento dell’intelligenza e della volontà. Sentono penuria di beni che illuminino l’intelletto e scaldino il cuore. Rosmini è ricco di questi beni e la Chiesa gli dà visibilità per indicare ai contemporanei una sorgente abbondante e pulita cui attingere.

     
    D. – Ci può segnalare qualcuno di questi beni?

     
    R. – Conoscendo la vita e leggendo gli scritti di Rosmini si impara, ad esempio, a programmare la propria vita verso la santità, portando con sé tutto il proprio io: l’intelligenza, gli affetti, la volontà. Si impara inoltre che esiste un solo cammino sapienzale, quello della ragione che si arricchisce e completa attingendo alla fede. Un altro campo in cui Rosmini è maestro e amico è il modo di vivere in società, persona portatrice di una dignità infinita accanto ad altre persone, il cui unico fine è unirci tra di noi e in Dio in una comunione che va al di là della breve vita terrena. Rosmini infine ci può essere maestro nell’aprirci sui vasti orizzonti del soprannaturale, della grazia che salva, dell’amore che attinge con fede alla Croce di Cristo, dalla quale scende la nostra salvezza eterna. Tutti questi valori ce li porge non predicando, non imponendosi, ma ragionando con noi, cioè dandoci la persuasione della verità di quanto viene dicendo.

     
    D. – Un’ultima curiosità. A giorni, il Santo Padre conferirà il cardinalato ad alcuni esponenti della Chiesa. Pio IX comandò anche a Rosmini di prepararsi al cardinalato. Come prese egli questo comando?

     
    R. – Lo prese come un fardello pesante da non desiderare, ma al quale non ci si può sottrarre se è il Papa a volerlo. Proprio come fece Gesù con la Croce. Per Rosmini le cose si misero in modo tale che, a pochi giorni dal conferimento, la nomina non ebbe luogo. Conserviamo ancora la veste che il Papa gli aveva comandato di preparare. La Provvidenza aveva per lui altri piani. Probabilmente, pensando agli scritti che pubblicò in seguito, possiamo immaginare che è stato meglio così. Era cioè meglio per la Chiesa che Rosmini approfondisse il suo pensiero, accumulasse il suo deposito, affinché noi oggi trovassimo un tesoro più abbondante cui attingere per illuminare di senso l’intelligenza e scaldare di fuoco il cuore.

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    Il cardinale Bertone, a Brindisi per inaugurare la Cattedrale restaurata, invita i fedeli ad essere Chiesa viva nel mondo di oggi

    ◊   “Il binomio tra fede e solidarietà aiuti le generazioni a costruire un futuro di pace e di autentico sviluppo”. A conclusione dell'incontro in prefettura, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha impresso la nota caratteristica della sua visita, oggi a Brindisi, per l'inaugurazione della Cattedrale restaurata e del nuovo seminario arcivescovile. Da Brindisi, il servizio di Angelo Sconosciuto:


    Sollecitato dal prefetto a parole di conforto per quanti operano “per combattere le piaghe della clandestinità, della disoccupazione e della criminalità” in difesa della dignità umana, il cardinal Bertone ha ribadito “la vicinanza spirituale del Santo Padre, che apprezza l'impegno della testimonianza cristiana che viene da Brindisi” e l'auspicio di averlo – ha detto - “in mezzo a voi”. Nella sua omelia, in cattedrale, quindi, dopo l'indirizzo di saluto rivoltogli dall'arcivescovo di Brindisi-Ostuni, mons. Rocco Talucci, che ha espresso gratitudine per questa visita, il cardinale Bertone ha ricordato innanzitutto come queste terre siano state “testimoni del primo annuncio apostolico” e come ogni chiesa materiale sia “simbolo dell'edificio spirituale, che va restaurato continuamente”.

     
    Nel commentare il brano del Vangelo odierno, quindi, ha esortato i fedeli ad essere “Chiesa viva, fatta di pietre vive, persone tutte chiamate alla santità”. “Ogni chiesa locale – ha aggiunto – deve essere proprio come fermento della comunità degli uomini per il bene comune”. Quindi, il riferimento a Giorgio la Pira, “vero uomo della polis, che affidava il compito alla Chiesa particolare, di rigenerare in Cristo la società civile, riparare nella grazia l'ordine umano collettivo, rifare le cattedrali e le chiese centro della città”. Quindi, ha rivolto il pensiero al sinodo diocesano che si andrà a celebrare in Cattedrale, come segno della collegialità, ma anche segno della missione nel mondo, avendo sempre come “punto di partenza l'Eucarestia”, che vivifica il centro e le periferie, attraverso le parrocchie. Il cardinale Bertone ha quindi affidato a “Maria, la Vergine madre di Cristo e della chiesa” i progetti ed il cammino della chiesa di Brindisi-Ostuni, che oggi pomeriggio vivrà un altro momento significativo quando lo stesso porporato benedirà ed inaugurerà il nuovo seminario, che dopo decenni di permanenza in Ostuni, ritorna come luogo fisico in città, in una struttura nuova, adeguata alle esigenze educative e pastorali dei giovani che verranno ospitati. (Da Brindisi, per la Radio Vaticana, Angelo Sconosciuto)

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    La Santa Sede è al fianco di chi difende il diritto inviolabile della vita: così, l’Osservatore vaticano all’ONU, mons. Celestino Migliore, dopo il voto in favore di una moratoria sulla pena di morte

    ◊   Ha destato ampia eco, a livello internazionale, l’approvazione alle Nazioni Unite di una risoluzione che esorta tutti gli Stati ad adottare una moratoria sull’uso della pena di morte. Grande la soddisfazione della missione permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro. Alessandro Gisotti ha raccolto il commento dell’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore vaticano all’ONU di New York:


    R. – L’abbiamo accolta tutti con molto favore e anche con gioia e soddisfazione. Questa risoluzione, per quanto limitata nel suo scopo, che non è gia l’abolizione della pena capitale, ma una moratoria sulle esecuzioni, ha una sua forza. Si tratta di una dichiarazione di volontà politica e non ancora uno strumento giuridico vincolante, tuttavia offre alla comunità internazionale una base autorevole per un dibattito ed iniziative che potranno portare alla definitiva abolizione della pena capitale.

     
    D. – Come lei sottolineava, il voto alla Terza Commissione dell’Assemblea Generale è un passo importante, ma ancora lunga è la strada da percorrere per bandire la pena capitale. Quali sono i suoi auspici?

     
    R. – Intanto, dalla Terza Commissione dovrà passare all’Assemblea. Questo non sembra un grande problema. La vera questione riguarda gli effetti che dovrà produrre questa risoluzione. Qui c’è tutto un lavoro culturale e di sensibilità per il diritto alla vita che deve essere portato avanti nel mondo intero.

     
    D. – La Santa Sede è storicamente impegnata al Palazzo di Vetro per promuovere i diritti dell’uomo a partire, ovviamente, proprio dalla difesa della vita. Quanto, soprattutto in base alla sua esperienza, questa voce è ascoltata nel consesso delle Nazioni?

     
    R. – In questo caso specifico la delegazione della Santa Sede ha incoraggiato e sostenuto in vario modo l’opera delle delegazioni governative che, insieme a varie associazioni della società civile, hanno portato avanti questa causa. Anche il segretario per i rapporti con gli Stati, mons. Mamberti, intervenendo nel dibattito generale dell’Assemblea, più di un mese fa, ha ricordato che l’abolizione della pena di morte potrà essere raggiunta in modo efficace e durevole solo nel rispetto del contesto del diritto alla vita in tutte le sue fasi. Ora è logico che quando la Santa Sede parla su questioni che sono più controverse – prendiamo la questione dell’aborto – l’ascolto nei termini di un voto è difficile quantificarlo. Anzi, il voto normalmente si attiene a quello che le legislazioni nazionali già dicono. Tuttavia, posso testimoniare che moltissimi qui all’ONU sono contenti quando la Santa Sede prende la parola e rimane quasi l’unica a parlare su tali temi, perché è una voce della ragione che moltissimi sentono dentro di sé.

     
    D. – La Santa Sede ha sempre sostenuto il ruolo delle Nazioni Unite. Questo voto può, secondo lei, aiutare in qualche modo l’ONU ad acquistare una rinnovata autorevolezza?

     
    R. – Sicuramente, perché uno dei cardini dell’ONU è proprio quello di lavorare per la pace e lo sviluppo attraverso la cooperazione. Non si può nascondere che tutto questo esercizio per arrivare a questa risoluzione ha rilevato ancora una volta che la mancanza di convinzione per proteggere la vita in tutte le sue fasi, specialmente nella fase prima della nascita e al termine della vita stessa, è una mancanza reale. E’ su questo, mi sembra, che l’ONU sarà chiamata a riflettere e anche ad adeguare le sue iniziative, le sue decisioni, se vuole essere credibile sulla questione del rispetto della vita in tutte le sue fasi. Sarà la storia che, su questo, ci giudicherà e giudicherà anche questa istituzione.

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    Oggi in Primo Piano



    Si chiude oggi l’Anno giubilare di Sant’Elisabetta d’Ungheria. Con noi, il cardinale arcivescovo di Budapest, Péter Erdő

    ◊   E’ giunto a conclusione l’Anno giubilare internazionale di Santa Elisabetta d’Ungheria in occasione dell’VIII centenario dalla nascita. Stamani, a Sárospatak, città nella parte nord orientale del Paese, il momento culminante con la Messa solenne presieduta dal cardinale Péter Erdő, primate d’Ungheria, concelebrata con tutti i vescovi ungheresi. In una lettera inviata al porporato per l’evento giubilare, Benedetto XVI ha definito Santa Elisabetta una Santa europea. Marta Vertse, incaricata del programma ungherese, ha chiesto proprio all’arcivescovo di Budapest, cardinale Péter Erdő, di tratteggiare la figura e il carisma di Santa Elisabetta d’Ungheria:


    R. - Santa Elisabetta è stata una donna laica, una donna sposata in età giovanissima. Il suo matrimonio era un matrimonio veramente cristiano, pieno di un grande amore tra i coniugi, verso Dio e anche verso tutti i bisognosi e i poveri che vivevano intorno alla coppia.

     
    D. - Benedetto XVI nella lettera indirizzata a Lei per l’anno giubilare ha scritto che Santa Elisabetta era una Santa europea. Quale significato ha oggi questa dimensione europea di Santa Elisabetta di Ungheria?

     
    R. - Significa anzitutto che molti popoli guardano a Santa Elisabetta come a un Santo proprio. Santa Elisabetta di Turingia, Santa Elisabetta di Ungheria, ma anche in Slovacchia e in altri Paesi. In diversi luoghi, si è diffuso il culto di Santa Elisabetta molto presto dopo la sua morte. Era un fenomeno quasi analogo al culto di madre Teresa, perché Santa Elisabetta ha parlato una lingua che capiscono tutti, la lingua dell’amore, la lingua della carità: l’apertura verso i poveri, che non significava l’accettazione di circostanze molto dure di povertà personale, ma soprattutto questo aiuto fraterno ai bisognosi. Non disprezzava il valore dei beni di questa Terra, ma si prodigava per un ridimensionamento, una collocazione giusta di tutti questi beni nel contesto della carità. Questo era un punto stupendo nella vita di Santa Elisabetta. Il suo amore verso il marito, i figli, e soprattutto verso Dio non si fermava ai confini della sua famiglia, ma oltrepassava questi confini. Questo fenomeno era considerato da tutti i suoi contemporanei come un miracolo di Dio, come un segno di vera santità.

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    La drammatica condizione del popolo eritreo raccontata, ieri a Roma, dai missionari cattolici espulsi dal Paese africano

    ◊   Sono rientrati, ieri, in Italia dall’Eritrea i missionari cattolici cui il governo di Asmara non ha rinnovato i permessi di soggiorno. I religiosi stranieri allontanati dal Paese e appartenenti a diverse congregazioni sono tredici, insieme a loro anche una volontaria laica. Nel corso di un incontro, organizzato a Roma, presso la Casa Generalizia dei Comboniani, hanno raccontato la propria esperienza, denunciando le drammatiche condizioni umanitarie dell’Eritrea e il rischio di una guerra con l’Etiopia. A seguire l'incontro per noi c'era Silvia Gusmano:

     
    “Era affollato l’altra sera l’aeroporto di Asmara, sembrava piazza san Pietro, tanta era la gente venuta a dirci grazie e arrivederci!” Così, padre Bonifacio Apaap, un comboniano filippino che ha trascorso gli ultimi tre anni in Eritrea ha descritto il momento doloroso della partenza. A lui, come ad altri 13 missionari cattolici, il governo ha consegnato un visto d’uscita. Scaduti i permessi di soggiorno, hanno dovuto lasciare il Paese e le proprie attività umanitarie. Due le motivazioni formali del provvedimento: il rifiuto dei religiosi a svolgere il servizio militare e il divieto di permanenza oltre due anni per le Organizzazioni non governative. Una la spiegazione reale, secondo i religiosi: la volontà del governo di controllare la religione come tutte le altre sfere della vita sociale. Già la Chiesa copta è stata sottoposta a forti pressioni e si teme la stessa sorte per le istituzioni cattoliche. I missionari stranieri, inoltre, sono considerati testimoni scomodi in un Paese piegato dalla fame e dalle ingiustizie del governo di Isaias Afwerki. Il padre pavoniano Fiorenzo Losa:


    "In questo momento, a livello sociale, stanno avvenendo dei fatti molto gravi dove anche i contadini, gli agricoltori vengono privati del raccolto. Questo provoca la sofferenza di un popolo che si sente umiliato anche nel proprio lavoro, nella propria fatica. Teniamo presente che nei villaggi ci sono le donne, i bambini gli anziani, gli emarginati, i mutilati".


    Il servizio militare è obbligatorio per tutti nel Paese. La sua durata è a discrezione del governo, che così - è stato sottolineato durante l'incontro - si preparebbe ad una nuova guerra contro l’Etiopia per la demarcazione dei confini. Intanto, la gente viene privata anche del conforto e dell’aiuto dei missionari costretti a partire. Suor Isabella Limongi, figlia della Carità:


    "Quello che viene meno è una presenza di solidarietà della Chiesa internazionale. Viene meno questo ponte tra noi e loro, che certamente dà tanto coraggio alla gente, alla Chiesa stessa, alle nostre consorelle".


    Ora la nuova missione di questi religiosi è richiamare l’attenzione del resto del mondo sulle disperate condizioni dell’Eritrea. Un’attenzione finora scarsa, come evidenzia la comboniana Gladys Primero Palacio:


    "Si sente un silenzio molto grande, una mancanza di partecipazione e di aiuto. Invece noi vediamo che c’è bisogno di tante cose per sostenere la gente".
     
    Una missione ben più difficile di quella che hanno svolto finora.






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    Mons. Ravasi e il prof. Cacciari a confronto sul senso della sofferenza umana, al convegno dell’Associazione Medici Cattolici Italiani

    ◊   “A Te grida il dolore innocente”: questo il titolo del convegno promosso dall’Associazione Medici Cattolici Italiani, tenutosi ieri a Milano. Un incontro che ha visto mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e il filosofo Massimo Cacciari confrontarsi sul significato dell’umana sofferenza. A seguire il convegno per noi c’era Fabio Brenna:


    L'uomo teme il dolore, ma più del male fisico dovrebbe curarsi del male morale, che è causa del dolore. Una riflessione corale, a più voci, del filosofo, del medico, del credente e del non credente accomunati da due atteggiamenti davanti alla sofferenza e al dolore, come ha suggerito mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.


    “Il primo è sicuramente l’atteggiamento dello sconcerto, perché il dolore resta pur sempre un orizzonte oscuro, in cui la ragione e forse l’umanità profonda si disperde. Dall’altra parte, però, dobbiamo dire che l’umanità da sempre ha cercato di individuare all’interno di quell’orizzonte dei percorsi, delle luci, delle risposte e alla fine paradossalmente delle epifanie di senso, di significato, ed è per questo che allora il dolore diventa il grembo anche della speranza”.


    La società moderna dominata e ossessionata dal mito del benessere chiede di essere liberata dal dolore. Una scienza che si sente onnipotente crede di poter annientare la morte ingaggiando una lotta che diventa accanimento terapeutico. Ancora mons. Ravasi:


    “L’accanimento terapeutico, come insegna la tradizionale dottrina della Chiesa, è una scelta forse alla fine eccessiva nei confronti del male e del dolore, è una sorta di lotta che l’uomo fa in maniera quasi titanica convinto di poterlo alla fine comprimere e annientare. In realtà, noi sappiamo che l’uomo deve scoprire il senso del limite anche con le sue capacità terapeutiche e in quel momento deve cercare piuttosto di far sì che la persona sia accompagnata attraverso una mano, una carezza, un gesto d’amore e soprattutto con la presenza di una dimensione forse ulteriore, la dimensione appunto che apre l’orizzonte oltre la morte stessa”.


    Dalla preoccupazione per il dolore allo scandalo del male, dell'uomo che fa il male anziché scegliere il bene. L'uomo malvagio è però anche prigioniero, schiavo della paura, mentre l'uomo libero è anche l'uomo buono. Così, la riflessione del filosofo Massimo Cacciari:


    “Certo è uno scandalo, perché non siamo tutti buoni? Quando forse ragionevolmente si può comprendere che il cattivo è un prigioniero di sé, delle proprie passioni, del proprio spirito di inimicizia, e soprattutto delle proprie paure. Fare il male è soprattutto il prodotto di paura: si teme un nemico, reale, immaginario, e quindi il male si vuole prevenirlo, annullarlo prima che ci faccia male. Il male è quasi sempre sintomo di paura, di ignoranza. E allora perché non sarebbe semplice comprendersi, ascoltarsi, non avere paura? E tuttavia è impossibile perché se siamo liberi la possibilità di fare il male è immanente anche a chi fa il bene. Perché anche chi fa il bene, a meno che non sia il Figlio di Dio, può poi a un certo momento commettere il male”.


    Particolarmente sentita la testimonianza di Alberto Cairo da una Kabul teatro di un dolore talora frutto di negligenza per le persone, altre volte frutto del male degli uomini. Lì il dott. Cairo dirige il Centro della Croce Rossa Internazionale, dove si curano mutilati, ammalati di poliomelite e TBC ossea, invalidi di guerra. Da un luogo di grandi sofferenze la constatazione che attraverso il dolore si scopre la vita:

     “In Afghanistan la maggior parte delle persone con le quali sono venuto in contatto, anzi la quasi totalità, sono persone passate attraverso il dolore, hanno vissuto vite incredibili: ti domandi come hanno fatto, perché tutto questo… Poi non te lo chiedi più perchè, fai”.

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    L’impegno del Movimento dei Focolari per la pace in Terra Santa: la testimonianza della palestinese Margherita Karram

    ◊   Non è stata ancora ufficializzata la data della Conferenza di pace di Annapolis, negli Stati Uniti, in programma a fine mese a cui parteciperà anche il presidente americano George Bush. In preparazione all’importante appuntamento, la diplomazia internazionale ha moltiplicato i suoi sforzi per arrivare a risultati concreti. Domani, è in programma un colloquio a Gerusalemme tra il premier israeliano Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen. Intanto, nei Territori occupati le condizioni di vita rimangono drammatiche. Oltre ai blocchi ai confini e ai tagli all’energia elettrica voluti da Israele, pesa sulla popolazione palestinese la lotta in corso tra Hamas e al-Fatah. Adriana Masotti ne ha parlato con Margherita Karram, palestinese del centro dei Focolari di Gerusalemme:


    R. – Questa situazione è sempre molto difficile per la gente, perché questi blocchi impediscono di far passare tante cose, anche gli aiuti umanitari ... la gente che abita in questi posti non ha lavoro, non ha accesso agli ospedali che sono in Israele. Poi, anche se potesse venire non avrebbe soldi e sempre di più, soprattutto a Gaza, tante persone vogliono lasciare questa città anche se non è facile. Soprattutto i piccoli hanno tanta paura, si sente proprio che questa gente ormai è distrutta psicologicamente.

     
    D. – La popolazione palestinese che aveva votato Hamas, che però non è stato riconosciuto dalla comunità internazionale, che cosa pensa? E’ cambiato ora il giudizio della popolazione nei riguardi di questa fazione?

     
    R. – La gente si aspettava soprattutto di veder cambiare qualcosa, che potessero essere riconosciuti i loro diritti, che potessero avere un loro Stato ... però adesso tanti sono delusi, anzi, la situazione è peggiorata.

     
    D. – Israeliani e palestinesi aspirano alla pace. Ma che speranze ci sono da entrambe le parti, oggi?

     
    R. – Io ci credo. Io vivo qui da tanti anni e vedo che ci sono tante persone che vogliono costruire la pace. Da entrambe i lati. Veramente, esistono centinaia di organizzazioni tra Israele e Palestina che lavorano per il dialogo. Però, evidentemente, servono ancora più persone che possano veramente influenzare i governi o anche l’aiuto dall’esterno, che può contribuire a concretizzare questo desiderio di pace. C'è un gruppo che si chiama “Parents Circle”: sono famiglie che hanno avuto qualcuno della famiglia che è stato ucciso o che è morto comunque a causa della situazione politica. Loro vanno ora nelle scuole, ma ci vanno a due a due: un palestinese e un israeliano, e vanno per portare questa nuova educazione nei giovani. Questo gruppo conta ormai 500 persone.

     
    D. – Tra musulmani ed ebrei vivono, tra mille difficoltà, gli arabi cristiani. Si parla spesso della loro “fuga” dalla Terra Santa ...

     
    R. – C’è sempre stato un rapporto con i musulmani: si va a scuola insieme, si lavora insieme ... La situazione anche politica, sociale, economica influenza però molto questo rapporto e gli arabi cristiani si trovano ora in difficoltà.

     
    D. – Che cosa sta facendo una comunità come quella dei Focolari in un contesto come quello, appunto, di Israele e dei Territori occupati?

     
    R. – Quello che cerchiamo di fare è di aiutare a mettere le persone insieme per dialogare, per conoscersi. Per esempio, quest’anno abbiamo fatto degli incontri durati sei mesi con ragazzi musulmani, cristiani ed ebrei che si incontravano per la prima volta a Gerusalemme. E veramente hanno incominciato a costruire un rapporto basato sul rispetto. Per esempio, c’è un nostro amico ebreo di Israele che sapendo della necessità dei bambini poveri palestinesi che sono a Betlemme, ha mandato una e-mail a tutti i suoi amici dicendo che lui era pronto a raccogliere vestiti e altro, da parte di chiunque volesse contribuire per aiutare questi bambini palestinesi. E tanti hanno risposto positivamente. Sono esperienze bellissime, in cui uno scopre che l’altro è come me, soffre come me. Questo fa credere che si possa veramente, un giorno, vivere tutti insieme! 

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    Il PIME lancia un progetto per sostenere i seminari della Guinea-Bissau. Con noi, il vescovo di Bafatà, Pedro Zilli

    ◊   Per aiutare le Chiese locali a crescere è importante andare incontro ai giovani che scelgono di diventare sacerdoti: all’insegna di questo impegno, il PIME, Pontificio Istituto Missione Estere, ha lanciato recentemente un progetto per il sostegno ai Seminari del Camerun e della Guinea-Bissau. Per una testimonianza sull’importanza dei seminari nei Paesi africani, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Pedro Zilli, vescovo di Bafatà, una delle due diocesi della Guinea-Bissau:


    R. – La Chiesa della Guinea Bissau è una Chiesa molto giovane. Prima mandavamo i seminaristi a Dakar, in Senegal. Adesso, dal 2002, abbiamo il seminario maggiore a Bissau. Attualmente i seminaristi sono 35, tra Bissau e Bafatà, le due diocesi. Abbiamo cominciato con 9 seminaristi nel 2002 e siamo già a 35. E’ una benedizione, una grazia, ma è chiaro che a livello economico comporta dei costi. Per questo ho scritto questa lettera, chiedendo un aiuto per i nostri seminaristi.

     
    D. – Mons. Zilli, quando si pensa alla Guinea - come a tanti Paesi dell’Africa - si pensa a problemi come la povertà, la fame. Perchè è così importante aiutare i seminaristi?

     
    R. – Alle volte ci sono delle contraddizioni. Le persone dicono: “Noi vogliamo aiutare – faccio un esempio – le suore che sono a Bafatà, perchè lavorino con i bambini denutriti, con i poveri”. Ma quando chiediamo un aiuto per le suore che sono a Bafatà, perché possano vivere, dicono: “Noi preferiamo aiutare i bambini”. Per aiutare i bambini, per aiutare i poveri, però, ci vogliono le persone, ci vogliono le suore e ci vogliono pure i sacerdoti! Una Chiesa senza sacerdoti è difficile che vada avanti. Per cui, per me, questo è alla base, anche se la gente alle volte non sente molto il problema.

     
    D. – Può dirci chi sono i seminaristi della sua diocesi, con quale spirito, con quale entusiasmo vivono questa vocazione?

     
    R. – Sono ragazzi cresciuti nelle nostre parrocchie, nelle nostre missioni, che poi hanno capito il messaggio che i missionari portavano – un messaggio di Chiesa, nel senso pieno della parola - che si sono sentiti motivati in questo spirito e che vogliono continuare questo lavoro di Chiesa. Sono molto fieri di sentirsi Chiesa locale, una Chiesa giovane, ma che comincia a dare i suoi frutti.

    Chiunque voglia sostenere i seminari della Guinea Bissau, può farlo con un versamento sul C/C postale n. 39208202 intestato a PIMEDIT onlus, via Mosé Bianchi n. 94 – 20148 Milano. Nella causale, va citato il numero del fondo S 005 . “Aiutiamo i Seminari”. Per avere ulteriori informazioni sui progetti del PIME, visitare il sito www.pime.org

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    Chiesa e Società



    L'ONU celebra oggi la Giornata internazionale in memoria delle vittime del traffico stradale

    ◊   Come proclamato dall’ONU con la risoluzione del 26 ottobre 2005, si celebra oggi la Giornata internazionale in memoria delle vittime del traffico stradale. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno sono oltre un milione le persone coinvolte in stragi stradali: una media di 3 mila persone al giorno. Un numero di vittime maggiore di quelle provocate dall’AIDS, dalle catastrofi naturali, dal terrorismo e dalle guerre. Senza adeguati interventi, si legge nel rapporto dell’ONU, c’è il rischio che nel 2020 gli incidenti stradali diventino la terza causa di morte: ischemia cardiaca e depressione, in cima alla classifica. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, fa appello agli Stati membri affinché siano consapevoli anche delle necessità di sicurezza dei fruitori della strada più vulnerabili, per esempio attraverso miglioramenti del trasporto pubblico e aree riservate a pedoni e ciclisti. Obiettivo della Giornata: fornire un’opportunità per ricordare le persone rimaste uccise in incidenti stradali in tutto il mondo, mostrare solidarietà a coloro che vivono con disabilità o con lesioni dovute ad incidenti stradali, per richiamare l’attenzione ad un maggiore sostegno ai familiari delle vittime e per richiedere maggiore impegno a livello internazionale per ridurre il tragico costo delle morti e delle lesioni sulle strade di tutto il mondo. Mostre, tavole rotonde, spettacoli teatrali, giochi di luce e fiaccolate: sono le diverse iniziative mondiali con le quali sarà celebrata la Giornata. A Roma, alle ore 18 in piazza del Campidoglio, verrà acceso un potente faro puntato verso il cielo, che si unirà con quelli accesi in Francia, Spagna, Inghilterra, Messico ed altri Paesi che stanno aderendo all’iniziativa. Al Sacro Convento di Assisi si è tenuta in mattinata una Messa in suffragio dei morti e una tavola rotonda aperta a tutte le confessioni religiose per discutere sulla problematica. (B.B.)

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    In Cambogia i gesuiti avviano una campagna contro le bombe a grappolo

    ◊   I missionari del "Jesuit Service Cambogia", appoggiati da associazioni pacifiste internazionali, hanno indetto una campagna in tutto il Paese contro le cluster bombs: le devastanti bombe a grappolo, che contengono al loro interno numerosi proiettili che esplodono al momento dell’impatto con il suolo. Incontri e distribuzione di opuscoli informativi per sensibilizzare la cittadinanza, sono solo alcune iniziative messe in campo dai gesuiti. Tra i principali obiettivi della campagna, la raccolta di firme per chiedere l’attuazione di un trattato internazionale che vieti la costruzione di queste bombe. A più di tre decenni dalla fine della guerra del Vietnam, in Cambogia ci sono ancora 6 milioni di ordigni inesplosi. Il Jesuit Service è un’associazione internazionale impegnata per la riconciliazione, la pace e la giustizia nella Cambogia con il fine di favorire lo sviluppo globale di uno Stato da troppi anni segnato da guerre e oppressioni. (B.B.)

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    Inizia domani a Madrid, presieduta da mons. Ricardo Blázquez, la 90.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola

    ◊   Numerose le questioni all’ordine del giorno dei presuli spagnoli, ma sul piano dottrinale sono due gli argomenti principali: l’approvazione di un messaggio in occasione del 40.mo anniversario dell’Enciclica "Populorum Progressio e l’esame di un documento sulla globalizzazione, nelle sue diverse dimensioni ed in particolare la solidarietà e la pace tra i popoli. Sul piano socio-economico, ci sarà un esame sull’attuale Campagna in corso riguardo al nuovo sistema di finanziamento della Chiesa, con una ampia documentazione sulle opere di utilità pubblica che la Chiesa svolge in Spagna. All’apertura dei lavori, rivolgerà un saluto il nunzio in Spagna, mons. Manuel Monteiro de Castro. A margine dell’ordine del giorno sono due le novità. L’assemblea si chiuderà un giorno prima del solito, tenendo conto del concistoro del 24 a Roma nel quale riceveranno la berretta cardinalizia mons. Agustín García-Gasco Vicente, arcivescovo di Valencia, mons. Llúis Martínez Sistach, arcivescovo di Barcelona, e il teologo gesuita padre Urbano Navarrete. Infine, ancora un’altra novità dell’ultima ora: l’attuale segretario e portavoce della Conferenza episcopale spagnola, padre Juan Antonio Martinez Camino, è stato nominato ieri vescovo ausiliare di Madrid. (A cura di Ignacio Arregui)

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    Firmato accordo tra il World Economic Forum e il World Energy Council, per affrontare il problema energetico dell’Africa

    ◊   In occasione del 20.mo Congresso mondiale dell’Energia, tenutosi a Roma la scorsa settimana, è stata firmata un’intesa per ridurre la penuria di energia in Africa. Tra i firmatari, il World Economic Forum (WEF) e il World Energy Council (WEC). Il WEF è una fondazione creata nel 1971 con sede a Ginevra, che ha lo scopo di migliorare lo stato del mondo coinvolgendo figure di rilevanza internazionale nell’ambito della politica, della finanza, dell’industria e della cultura. Il WEC è un’organizzazione con sede a Londra fondata nel 1923, che riunisce 94 Paesi con lo scopo di promuovere la fornitura e l’uso sostenibile di energia a beneficio dell’umanità. Le due organizzazioni hanno deciso di unire le loro risorse per incrementare l’uso sostenibile di energia in aree del globo prive di elettricità. Come riferisce l’agenzia Fides, uno dei punti chiave di questa iniziativa è insegnare agli utenti locali a gestire i sistemi di produzione di energia. L’accesso all’energia è uno dei fattori chiave per lo sviluppo dei Paesi africani. Lo sottolinea anche l’ultimo rapporto della Banca Mondiale, intitolato “Africa Development Indicators 2007”. “Diverse economie africane appaiono aver avuto una svolta e si muovono sulla strada di una crescita veloce e duratura. I risultati nel decennio 1995-2005 – si legge nel Rapporto - rovesciano i collassi del 1975-85 e la stagnazione del 1985-95 e per la prima volta in tre decenni, sono in crescita allo stesso livello del resto del mondo”. La crescita economica inizia ad avere un impatto positivo sui livelli di vita dei Paesi africani, anche se il documento afferma che “più del 40 per cento degli abitanti dell’Africa sub-sahariana ancora vive con meno di 40 dollari al giorno, la speranza di vita è bloccata in alcuni Paesi e un cattivo sistema scolastico impedisce di migliorare la produttività delle persone”. (B.B.)

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    Il pittore australiano Richard Campbell tra i collaboratori della GMG del prossimo anno

    ◊   L’artista australiano Richard Campbell contribuirà alla preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), attraverso la concessione della riproduzione di alcune sue opere sui prodotti ufficiali della GMG. L’artista ha infatti creato dei dipinti che ripercorrono la storia del cattolicesimo e ne illustrano i temi principali: le stazioni della via Crucis, la Madonna, la Crocifissione e la Risurrezione. Le sue opere verranno anche esposte in una mostra allestita appositamente durante la settimana dell’evento, dal 15 al 20 luglio 2008, a Sidney. Inoltre, dall’inizio di dicembre 2008 i capolavori di Richard potranno essere acquistati attraverso il sito Internet della GMG. “Un giorno un prete cattolico mi disse di creare un dipinto che mettesse in relazione la spiritualità aborigena e i racconti biblici - spiega Richard, all’agenzia Fides - Quando iniziai a dipingere mi sentii travolgere da un’ondata di spiritualità, la stessa che credevo non abitasse più in me, e incominciai a ripercorrere con la mente la storia della mia gente". (B.B.)

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    Inizia, domani in Messico, il sesto ritiro spirituale per sacerdoti e vescovi del "Rinnovamento nello Spirito Santo"

    ◊   Inizia domani, per concludersi il 23 novembre, il sesto ritiro internazionale per sacerdoti e vescovi del movimento ecclesiale "Rinnovamento nello Spirito Santo". L’incontro si svolgerà nei locali dell’Università Univa di Guadalajara, in Messico. Organizzato dal Consiglio Carismatico Cattolico Latino Americano con il patrocinio de Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), avrà come tema principale “Il sacerdozio di Gesù Cristo nel pensiero di San Paolo”. Tra gli ospiti, riferisce l’agenzia Fides, l’arcivescovo italiano di Siracusa, mons. Giuseppe Costanzo, e il presidente nazionale del "Rinnovamento nello Spirito Santo", Salvatore Martinez. E’ prevista, inoltre, la partecipazione di oltre 1000 sacerdoti e di 25 vescovi provenienti da 15 Paesi. Nel luglio scorso, nell’ambito delle iniziative internazionali legate ai 40 anni dalla nascita del movimento, Martinez era già stato in Messico per guidare un incontro spirituale di 32 mila giovani provenienti da tutte le diocesi del Messico. “Il continente latino americano - ha detto Martinez - è una riserva di umanità all’inizio del terzo millennio di storia cristiana”. (B.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Bangladesh: oltre 2200 morti per il ciclone Sidr

    ◊   Continua, purtroppo, ad aumentare il bilancio delle vittime del ciclone Sidr che ha investito giovedì scorso le coste del Bangladesh. Le ultime stime del governo parlano di 2.217 vittime, mentre secondo una tv del Paese sarebbero 3 mila i morti a causa del disastro naturale. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:


    Il direttore locale della Protezione civile ha detto che deve ancora ricever notizie da alcune aree colpite e isolate a causa dell’inagibilità di strade e canali. Le squadre di soccorso temono di ritrovare sotto il fango e detriti migliaia di cadaveri quando potranno raggiungere le zone sinistrate che si trovano a circa 200 chilometri a sud della capitale Dhaka, nella fitta rete di canali del delta che è anche una delle zone più povere del pianeta. Interi villaggi, abitati da pescatori, sarebbero stati spazzati via dal vento, piogge e alte ondate. Dalle prime testimonianze giunte dal distretto di Barguna è emersa la disperazione dei sopravvissuti che da giorni si trovano senza cibo e acqua. In mancanza di teli per la sepoltura, i cadaveri recuperati sono avvolti nelle foglie. La catastrofe ha colpito circa un milione di persone che si sono ritrovate senza casa, senza animali e senza raccolto. La macchina dei soccorsi si è messa subito in moto. Sono impiegati elicotteri e imbarcazioni militari, ma lo sforzo è insufficiente. Secondo un funzionario locale, gli aiuti finora hanno raggiunto solo l’1 per cento della popolazione colpita. Sia gli Stati Uniti che molti Paesi europei hanno espresso la loro solidarietà al governo e promesso aiuti di emergenza. (Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola)

    Tragedia in Ucraina. Almeno 33 minatori sono morti in seguito ad un’esplosione avvenuta nella miniera di carbone di Zadiadko, nei pressi di Donetsk. Ancora ignote le cause della sciagura, avvenuta nella notte, a mille metri di profondità, quando erano 457 gli operai al lavoro. Il fitto fumo ostacola le operazioni di soccorso svolte da 40 squadre, che hanno portato in salvo oltre 300 minatori. Si tratta del più grave incidente minerario avvenuto nel Paese dal 1991, anno dell’indipendenza dall’Unione Sovietica. Secondo le statistiche ufficiali dall’inizio dell’anno sono stati 80 i morti per sciagure del genere, anche se i sindacati parlano di un bilancio molto più pesante.

    Elezioni parlamentari in Kosovo. In attesa dei risultati definitivi del voto di ieri, il partito Democratico (PDK), finora all’opposizione, ha già proclamato la sua vittoria vantando un distacco del 12 per cento sui rivali della Lega Democratica (LDK). Il servizio di Emiliano Bos:
     
    Tutto secondo i sondaggi della vigilia, gli albanesi kosovari hanno scelto un ex comandante dell’UCK per guidare la lunga marcia verso l’indipendenza. Ha vinto il partito democratico del Kosovo con oltre il 35 per cento dei consensi, il suo leader Hashim Thaci, 39 anni, sarà il nuovo primo ministro. Pur senza aver mai imbracciato il kalashinkov fu uno dei capi della guerriglia che nel 1998 combattè contro le milizie serbe di Milosevic. Per i risultati ufficiali delle legislative e delle comunali con l’elezione diretta dei sindaci ci vorrà ancora qualche giorno a causa di un sistema elettorale che permetteva fino a 10 preferenze ma il dato del voto di ieri è netto: perde per la prima volta la Lega democratica del Kosovo, orfana del suo fondatore Ibrahim Rugova e ferma poco oltre il 20 per cento. Raccolgono consensi anche il controverso miliardario Bejget Pacolli e l’ex premier sotto processo all’Aja per presunti crimini di guerra. Voto regolare secondo l’OSCE, nessun incidente di rilievo ma scarsa affluenza, poco più del 40 per cento degli aventi diritto. Hanno votato solo gli albanesi, maggioranza di un Kosovo in cerca di autonomia dalla Serbia e dall’ingombrante tutela dell’ONU che amministra ormai da 8 anni la provincia. Urne completamente vuote invece tra i serbi dell’enclave e del Nord del Kosovo secondo la richiesta di boicottaggio che arrivava da Belgrado. Già nella notte i sostenitori di Thaci hanno festeggiato per le strade delle futura capitale di un Paese che vuole diventare il 46.esimo Stato d’Europa, ma che ancora non c’è. (Da Pristina per la Radio Vaticana, Emiliano Bos)


    Myanmar - ASEAN. Al via i lavori preparatori del vertice dell’ASEAN, l’Associazione dei Paesi del sud-est asiatico, in programma da domani a Singapore. Al centro del summit la realizzazione di un mercato comune "all’europea" ma anche la vicenda del Myanmar, dopo la dura repressione della protesta popolare. L’ASEAN ha respinto la richiesta statunitense di sospendere il Myanmar dall’organizzazione, mentre Laos e Cambogia hanno condannato le sanzioni economiche imposte dai Paesi occidentali all’ex Birmania.

    Iraq. Stamani, nella città settentrionale di Mossul un’autobomba è esplosa al passaggio di una pattuglia della polizia, provocando tre morti, tra cui una donna, e una decina di feriti. A finire nel mirino degli insorti anche una base militare statunitense nel distretto di Shaab, ad est di Baghdad, colpita da alcuni colpi di mortaio che non hanno provocato vittime. Sul versante politico il governo iracheno ha chiesto nuovamente alla Turchia di avere più tempo per applicare le nuove misure per limitare le attività del PKK nel Paese.

    Raid alleato in Afghanistan. I soldati di Kabul assieme a quelli canadesi hanno condotto in nottata una vasta offensiva contro la guerriglia a Kandahar, nel sud del Paese, costata la vita a decine di talebani. Un alto dirigente della polizia ha riferito di un centinaio di ribelli uccisi o feriti, mentre fonti della NATO hanno confermato il raid, che ha visto anche l’impiego di mezzi aerei, senza tuttavia fornire cifre sulle vittime. Intanto, i talebani hanno ucciso 5 poliziotti rapiti due mesi fa, legando i cadaveri agli alberi in un villaggio del distretto di Dehrawod.
     
    Violenze in Pakistan. Non si placano gli scontri fra musulmani sciiti e sunniti nella zona nord-occidentale del Paese, verso il confine con l’Afghanistan. Il bilancio degli ultimi tre giorni – secondo fonti di intelligence di Isalmabad - parla di almeno 70 morti, tra i quali molte donne e bambini. Intanto, sul piano politico il presidente Musharraf ha ribadito che non revocherà lo stato d’emergenza, nonostante le forti pressioni da parte degli Stati Uniti.

    Vertice OPEC. La pace in tutto il mondo è importante per la stabilità dei mercati dell'energia. E' quanto afferma l’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, nel comunicato finale del vertice che si è svolto a Riad, in Arabia Saudita. L’Organizzazione si è impegnata inoltre ad approvvigionare il mercato in modo “sufficiente e sicuro”.

    Incidente in Arabia Saudita. Sono 28 le persone morte nell’incendio che si è verificato in un deposito di gas nell’est dell’Arabia Saudita. Lo ha reso noto un portavoce della società che gestisce l’impianto, precisando che 5 delle vittime sono propri dipendenti. (Panoramica internazionale a cura di Eguenio Bonanata)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 322

     

     
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