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SOMMARIO del 17/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Forti della testimonianza di Papa Wojtyla, difendiamo sempre la vita specie degli anziani e dei malati: così, Benedetto XVI alla Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la pastorale della salute
  • Il Papa nomina Dom Pietro Vittorelli Abate di Monte Cassino
  • Altre udienze e nomine
  • Domani a Novara la Beatificazione di Rosmini. Lo storico Giovagnoli: come Benedetto XVI seppe dialogare con i mondi più lontani dalla Chiesa
  • Appello del cardinale López Trujillo ai Paesi latinoamericani: no alla legalizzazione dell'aborto
  • La Santa Sede ribadisce l’auspicio in una rapida conclusione dei negoziati con Israele: così padre Lombardi dopo un’intervista di mons. Sambi
  • La visita del cardinale Martino in Madagascar
  • Oggi in Primo Piano

  • Bangladesh: forse migliaia di vittime per il ciclone Sidr
  • Ieri in Francia i funerali del padre gesuita Xavier Léon-Dufour: dedicò la sua vita all'esegesi delle Sacre Scritture
  • Albania: le suore clarisse aprono a Scutari le porte del loro convento, ex carcere durante l'era comunista
  • Sugli schermi in Italia "I viceré" di Roberto Faenza
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Ghana: al seminario sulle nuove schiavitù, si discute sul contributo che Africa ed Europa possono dare insieme per la giustizia e la pace
  • RD del Congo: liberati oltre 200 ragazzi costretti ad arruolarsi nelle milizie filogovernative dei Maimai
  • Non c’è pace per i cristiani in Iraq: nuove allarmanti notizie dal sito Baghdadhope
  • La Conferenza episcopale del Cile chiede solidarietà per le vittime del terremoto che ha colpito il nord del Paese
  • I vescovi messicani: i principi etici sono l’unico antidoto contro i monopoli che generano la povertà
  • In diminuzione la povertà in America Latina e nei Caraibi. L’ONU presenta dati e prospettive incoraggianti
  • El Salvador. Commemorazioni a 18 anni dall’uccisione di sei sacerdoti gesuiti
  • Il cardinale Maradiaga all’Assemblea della Conferenza spagnola dei religiosi: “Non c’è spazio per lo scoraggiamento”
  • Spagna: aumentati del 330% i divorzi per le coppie con meno di un anno di matrimonio
  • Belgio. Appello del cardinale arcivescovo di Mechelen-Bruxelles, Danneels, per l’unità del Paese
  • Domani, in India, Giornata nazionale delle comunicazioni. "La vera sfida - afferma la Conferenza episcopale - è evitare l'alienazione"
  • Turchia. Semidistrutta la cappella della Trasfigurazione ad Halki
  • Il ruolo-chiave dell’agricoltura per la sicurezza alimentare al centro della 34.ma sessione della Conferenza della FAO
  • 24 Ore nel Mondo

  • Kosovo alle urne per le elezioni politiche e amministrative. I serbi invitati a boicottare il voto
  • Il Papa e la Santa Sede



    Forti della testimonianza di Papa Wojtyla, difendiamo sempre la vita specie degli anziani e dei malati: così, Benedetto XVI alla Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la pastorale della salute

    ◊   Difendere con coraggio il primato della vita e la dignità della persona umana, soprattutto se anziana e malata: è l’appello levato da Benedetto XVI nel discorso di stamani ai partecipanti alla XXII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema “La pastorale nella cura dei malati anziani”. Il Papa ha anche ricordato l’esempio del suo amato predecessore, Giovanni Paolo II, che negli anni della malattia ha sempre esortato i medici a non cedere mai alla tentazione dell’eutanasia. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del dicastero vaticano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    Un appassionato discorso in difesa della vita, soprattutto quando l’avanzare dell’età e le malattie la rendono più fragile: Benedetto XVI ha esortato gli scienziati e i medici come anche i politici a non dimenticare che “la tentazione dell’eutanasia appare come uno dei sintomi più allarmanti della cultura della morte, che avanza soprattutto nelle società del benessere”. Il Santo Padre ha usato le parole di Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae e, proprio all’esempio offerto da Papa Wojtyla di fronte alla sofferenza, ha voluto dedicare un passaggio forte del suo intervento:

     
    "In più occasioni, il venerato mio predecessore Giovanni Paolo II, che specialmente durante la malattia ha offerto un’esemplare testimonianza di fede e di coraggio, ha esortato gli scienziati e i medici ad impegnarsi nella ricerca per prevenire e curare le malattie legate all’invecchiamento, senza mai cedere alla tentazione di ricorrere a pratiche di abbreviamento della vita anziana e ammalata, pratiche che risulterebbero essere di fatto forme di eutanasia".

     
    Tale dovere, ha aggiunto, “tocca anche agli operatori sanitari” che devono farsi “ministri della vita in tutte le sue fasi” specie in quelle segnate dall’infermità. “Occorre un generale impegno – è stata la sua esortazione – perché la vita umana sia rispettata non solo negli ospedali cattolici, ma in ogni luogo di cura”. Il Papa si è soffermato sulla cura dei malati anziani. L’anzianità, ha rilevato, ha fasi distinte con luci e ombre che suscitano alcune domande. Ci si chiede, ha detto, “se ha ancora senso l’esistenza di un essere umano che versa in condizioni assai precarie, perché anziano e malato”. E ancora, ha proseguito, ci si domanda “se, quando la sfida della malattia si fa drammatica”, non sia il caso di accettare “l’eutanasia come una liberazione”, piuttosto che “continuare a difendere la vita”. Interrogativi ai quali il cristiano non può sottrarsi:
     
    "Con queste domande deve misurarsi chi è chiamato ad accompagnare gli anziani ammalati, specialmente quando sembrano non avere più possibilità di guarigione. L’odierna mentalità efficientista tende spesso ad emarginare questi nostri fratelli e sorelle sofferenti, quasi fossero soltanto un 'peso' ed 'un problema' per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa che essi vanno, invece, rispettati e sostenuti mentre affrontano serie difficoltà legate al loro stato".
     
    E’ giusto, ha detto Benedetto XVI, “che si ricorra pure, quando è necessario, all’utilizzo di cure palliative, le quali, anche se non possono guarire, sono in grado però di lenire le pene che derivano dalla malattia”. Tuttavia, è stato il suo richiamo, “accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre mostrare una concreta capacità di amare, perché i malati hanno bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento e accompagnamento”:

     
    "Gli anziani, in particolare, devono essere aiutati a percorrere in modo consapevole ed umano l’ultimo tratto dell’esistenza terrena, per prepararsi serenamente alla morte, che - noi cristiani lo sappiamo - è transito verso l’abbraccio del Padre celeste, pieno di tenerezza e di misericordia".
     
    Il Santo Padre non ha mancato di mettere l’accento sul ruolo della famiglia nella cura degli anziani. E’ importante, ha affermato, che “gli anziani ammalati possano trascorrere l’ultimo periodo della vita nella loro casa e prepararsi alla morte in un clima di calore familiare”. D’altro canto, ha aggiunto, anche quando si rendesse necessario il ricovero in strutture sanitarie, non deve mai venire meno “il legame del paziente con i suoi cari”. Nei momenti più difficili, ha poi sottolineato, il malato sia “incoraggiato a trovare la forza per affrontare la sua dura prova nella preghiera e col conforto dei Sacramenti”. Il malato sia circondato dai fratelli, è stato l’invito del Santo Padre, “è questo, in verità, il vero obiettivo della cura pastorale delle persone anziane”. Quindi, ha ribadito che per i cristiani è la fede in Cristo ad illuminare la malattia come ogni altro evento dell’esistenza. Morendo sulla croce, ha detto il Papa, Gesù “ha dato alla sofferenza umana un valore e un significato trascendenti”:

     
    "Dinanzi alla sofferenza e alla malattia i credenti sono invitati a non perdere la serenità, perché nulla, nemmeno la morte, può separarci dall’amore di Cristo. In Lui e con Lui è possibile affrontare e superare ogni prova fisica e spirituale e, proprio nel momento di maggiore debolezza, sperimentare i frutti della Redenzione".

     
    E’ il Signore, ha concluso, che “trasforma l’esistenza dando senso salvifico anche alla malattia ed alla morte”. Di qui, l’esortazione agli operatori sanitari e a tutti i fedeli ad impegnarsi sempre “a diffondere il vangelo della vita”.

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    Il Papa nomina Dom Pietro Vittorelli Abate di Monte Cassino

    ◊   In Italia, il Santo Padre ha nominato Abate Ordinario dell’Abbazia territoriale di Monte Cassino il padre benedettino Dom Pietro Vittorelli, monaco della medesima Abbazia territoriale, finora maestro dei novizi della Congregazione Cassinese. Dom Pietro Vittorelli è nato a Roma il 30 giugno 1962. Il 19 luglio 1989 ha ottenuto la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università La Sapienza di Roma. Il 24 settembre 1989 ha fatto il suo ingresso come postulante nell’Abbazia di Montecassino. Ha emesso la professione monastica il 13 gennaio 1991 ed ha ricevuto l’ordinazione presbiterale il 26 giugno 1994. Nel 1994 ha conseguito il grado di Baccelliere in Sacra Teologia presso il Pontificio Ateneo di S. Anselmo in Roma. Nel 1997 è stato nominato maestro dei Novizi della Congregazione Cassinese. È stato Membro di Presidenza del Comitato Nazionale del Ministero per i Beni Culturali per la Battaglia di Montecassino nel 50° anniversario della distruzione. Nel 1994 ha sostenuto l’esame di stato per l’abilitazione alla professione medica e conseguentemente si è iscritto all’Albo dei Medici Chirurghi della Provincia di Frosinone. Dal 1994 al 2004 ha partecipato alla realizzazione delle mostre per il Bimillenario di Cristo e per il Grande Giubileo del 2000, in collaborazione con la Biblioteca Apostolica Vaticana ed il Ministero per i Beni Culturali. È autore di articoli sulla Dottrina Sociale della Chiesa, e di carattere giuridico.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, questa mattina, in udienza un gruppo di presuli della Conferenza episcopale del Kenya, in visita “d Limina Apostolorum”.

    In Inghilterra, il Papa ha nominato vescovo di Middlesbrough mons. Terence Patrick Drainey, del clero della diocesi di Salford, finora rettore del St. Cuthbert’s College di Ushaw.

    In Argentina, Benedetto XVI ha nominato vescovo prelato di Cafayate il padre agostiniano Mariano Moreno García, finora parroco della cattedrale di Cafayate.

    In Spagna, il Papa ha nominato vescovo titolare di Bigastro ed ausiliare di Madrid il padre gesuita Juan Antonio Martínez Camino, segretario generale della Conferenza episcopale spagnola.

    Benedetto XVI ha nominato membro della Congregazione per i Vescovi l’arcivescovo José Octavio Ruiz Arenas, vice presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina.

    Il Papa ha nominato consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede l’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Generali.

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    Domani a Novara la Beatificazione di Rosmini. Lo storico Giovagnoli: come Benedetto XVI seppe dialogare con i mondi più lontani dalla Chiesa

    ◊   “Una delle cinque o sei più grandi intelligenze che l’umanità abbia prodotto a distanza di secoli”: così, Alessandro Manzoni definiva Antonio Rosmini figura fondamentale del cattolicesimo dell’Ottocento che, domani a Novara, verrà elevato all'onore degli altari. Sacerdote di profonda spiritualità, filosofo, teorico della politica e scrittore prolifico, Rosmini fu un anticipatore lungimirante per la vita della Chiesa. Impegnato nel “condurre gli uomini alla religione mediante la ragione”, fu anche un fulgido esempio di obbedienza alla Chiesa. Sul contributo che il nuovo Beato ha dato alla Chiesa e al pensiero cattolico, Alessandro Gisotti ha intervistato lo storico Agostino Giovagnoli, docente all’Università “Cattolica” di Milano:


    R. – E’ una figura che ha illuminato davvero tutto l’’800 italiano ed europeo. Certamente è stata una persona molto sensibile al suo tempo. In questo senso ha costruito un ponte - rispetto ad un mondo che stava cambiando vorticosamente ed in modo problematico - per una Chiesa che veniva violentemente separata dallo Stato, che si trovava di fronte a quella che i contemporanei chiamavano la “rivoluzione”. Rosmini ha mostrato la strada che la ”rivoluzione”, chiamiamola così, non era solo contro la Chiesa, ma poteva diventare amica della Chiesa e amica della fede soprattutto. Questo io credo abbia aperto una strada di grande importanza.

     
    D. – “Le cinque piaghe della Santa Chiesa” è l’opera più nota di Rosmini, un’opera che non fu capita all’epoca, ma che successivamente ha dato molti frutti. Qual è la tesi forte, espressa da Rosmini?

     
    R. – Era un libro del 1832 che fu pubblicato in realtà nel 1848. Quindi, tutti lo lessero nel contesto politico del ’48. In realtà, la tesi di fondo è una tesi ecclesiologica ed è una tesi debitrice, come tutta l’ecclesiologia di Rosmini alla scuola di Tubinga, alla scuola tedesca, e su questa base Rosmini sostiene alcune tesi che, di fatto, sganciano la Chiesa dagli ultimi residui del rapporto con l’ancien régime e mostrano l’universalità della Chiesa: una Chiesa amica dei popoli e non dei potenti, una Chiesa amica dei popoli, perchè essa stessa è realtà di popolo. Quindi, non tanto per un’affinità politica, ma per un’affinità di sensibilità sostanziale con le ragioni profonde dell’epoca. Basti pensare, in questo senso, all’insistenza sulla necessità della lingua liturgica volgare. Di fatto, noi vediamo un profeta, un precursore che ha anticipato il Vaticano II sotto molti profili.

     
    D. – Rosmini resta anche un modello esemplare di uomo capace di dialogare con tutti, in particolare con gli intellettuali del suo tempo, senza annacquare la propria identità cristiana. Si coglie una certa sintonia con Joseph Ratzinger...

     
    R. – Io credo proprio di sì. Accennavo prima alla parola “rivoluzione”. A me ha colpito qualche tempo fa che Benedetto XVI non abbia avuto paura di parlare del cristianesimo come di una rivoluzione. In qualche modo, Rosmini ha fatto questo, cioè ha liberato la Chiesa dal rischio di appiattirsi sulla controrivoluzione: non tanto una posizione politica, ma una posizione ideologica di avversione al mondo moderno e a tutto ciò che il mondo moderno porta con sé. Invece, appunto, la capacità di Rosmini è stata quella di cogliere la questione antropologica, diremmo con le parole di oggi. Una delle cose più originali di Rosmini fu la sua antropologia, un’antropologia innovativa, perché non pessimista come quella prevalente nel cattolicesimo del suo tempo, spaventato dalle novità della modernità, ma un’antropologia aperta, positiva, in cui non si nega l’esistenza del peccato originale, ma si coglie tutte le infinite possibilità che la grazia apre all’umanità. E’ una Chiesa amica, amica della novità, amica del tempo, senza rinunciare in nulla all’annuncio cristiano, anzi valorizzandone proprio gli aspetti più profondi e, spesso, meno compresi dal mondo contemporaneo.

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    Appello del cardinale López Trujillo ai Paesi latinoamericani: no alla legalizzazione dell'aborto

    ◊   Si vanno estendendo in America Latina le legislazioni abortiste: su 16 Paesi, in tre l’aborto è legalizzato, in 6 è depenalizzato, mentre in 7 è ancora illegale. Ma altri governi stanno tentando di introdurre leggi sulla interruzione volontaria della gravidanza. E’ il caso dell’Uruguay, dove il Senato ha dato il via libera alla depenalizzazione. Si attende adesso la decisione della Camera. I vescovi uruguayani hanno pubblicato un coraggioso documento in difesa della vita nascente. Ascoltiamo in proposito il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, intervistato da Sergio Centofanti:


    R. – E’ una situazione delicata, complessa in cui in alcune Nazioni cresce la voglia di legalizzare l’aborto, soprattutto per la via della depenalizzazione, e aprire quindi la porta a tutti gli effetti e le conseguenze che non mostrano una società umana ma una società che diventa crudele per via di queste leggi inique. Sono leggi che non hanno la forza della legge! Dunque, i vescovi hanno presentato una riflessione molto chiara, molto profonda in questo documento, che si chiama “Defendiendo la vida humana ganamos todos”, cioè nella difesa della vita umana vinciamo tutti. Questa è la verità e in questo senso l’insegnamento dei vescovi è molto attuale, molto profondo. Ci aspettiamo che sia bene accolto dagli uruguayani e speriamo anche nel fatto che il presidente sembra contrario all’aborto e che non accetterebbe una tale legge: speriamo che sia così! Questo sarebbe un bell’esempio ...

     
    D. – Cresce nell’opinione pubblica mondiale il rifiuto della pena di morte. Perché non c’è un uguale mobilitazione nei confronti della difesa dell’inizio della vita umana, della difesa di innocenti che non hanno voce?

     
    R. – Questa è una buona riflessione. Alcuni aspetti mobilitano l’opinione pubblica, come abbiamo visto in questi giorni alle Nazioni Unite. Ma è curioso che l’opinione pubblica non sia ugualmente mobilitata riguardo a questa “pena di morte” che subiscono i bambini più innocenti nel ventre della madre. Un bambino non è colpevole di niente e dunque non può essere vittima, e la prima punizione – invece – nell’aborto è contro il bambino che viene distrutto: si annulla il bambino, e annullare una vita umana – così si diceva già nel Talmud – è come se si dicesse che tutto il mondo dev’essere eliminato. Speriamo che nei Parlamenti di altre Nazioni prevalga un po’ il buonsenso e che in quelli dove già esistono legislazioni permissive, possano andare verso una riflessione nuova. Ad ogni modo, dobbiamo ricordare che i cattolici e le persone in genere – non è soltanto una questione di cattolici o meno – sono chiamati a una vera obiezione di coscienza.

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    La Santa Sede ribadisce l’auspicio in una rapida conclusione dei negoziati con Israele: così padre Lombardi dopo un’intervista di mons. Sambi

    ◊   L’intervista con l’arcivescovo Pietro Sambi, pubblicata sul sito Internet www.terrasanta.net “riflette il suo pensiero e la sua esperienza personale vissuta nel corso degli anni del suo servizio presso la Delegazione apostolica di Gerusalemme e come nunzio in Israele”. E’ quanto sottolinea il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in merito ad un’intervista nella quale il nunzio apostolico negli Stati Uniti esprime forti riserve sui negoziati in corso tra Santa Sede ed Israele. Da parte della Santa Sede, prosegue la nota della Sala Stampa, “si ribadisce l’auspicio – già espresso in occasione della recente visita del presidente Peres al Santo Padre – ‘per una rapida conclusione degli importanti negoziati ancora in corso’ e per la soluzione di comune accordo dei problemi esistenti”. Nell’intervista, mons. Sambi afferma, tra l’altro, che l'Accordo economico tra Santa Sede e Israele “dopo quasi dieci anni di trattative rese inutili da rinvii degli incontri da parte della delegazione israeliana, da mancanza di poteri della medesima nelle trattative, in una parola per assenza di volontà politica, non è stato ancora firmato”.

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    La visita del cardinale Martino in Madagascar

    ◊   Cento anni fa, esattamente il 21 giugno 1907, nella diocesi di Ambatondrazaka, in Madagascar, veniva amministrato il primo battesimo, inizio di una feconda fioritura apostolica che oggi sta vivendo abbondanti frutti pastorali. Per celebrare degnamente il centenario e farne il punto di partenza di nuovi sviluppi apostolici, la diocesi -sotto la guida illuminata del suo vescovo, monsignor Antonio Scopelliti - ha indetto un anno giubilare scegliendo quale tema di riflessione e approfondimento lo stesso che Benedetto XVI ha stabilito per la seconda assemblea sinodale per l'Africa (2009), e cioè l'impegno della Chiesa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. A solennizzare e dare maggior impulso allo svolgimento del giubileo, in consonanza con il tema prescelto, è stato invitato il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che  si è recato nel Madagascar in visita pastorale dall'8 al 13 novembre scorsi.

    L’organizzazione per  il viaggio pastorale ha previsto una fitta agenda di impegni con visite ed incontri a  Tananarive, Moramanga, Andilanatoby, Ambatondrazaka, Anjiro. Insieme al nunzio in Madagascar, il porporato ha avuto incontri con la Conferenza episcopale del Madagascar, con i sacerdoti, religiosi e i fedeli del Paese nonché con le autorità civili e politiche. Nei suoi discorsi il presidente del Consiglio Pontificio “Giustizia e Pace” non si è stancato di ribadire come per la Chiesa i termini Giustizia e Pace siano intimamente collegati al tema della riconciliazione e a quello dello sviluppo. Il momento più importante della visita pastorale del porporato è stato quello della celebrazione eucaristica ad Ambatondrazaka dinanzi a  migliaia di fedeli, e nell’omelia ha ricollegato il tema generale del giubileo alla gioiosa esperienza della vita che evoca l’anelito della risurrezione, e all’impegno di andare controcorrente in un mondo dove  sono coltivate in modo latente o palese varie forme che esprimono una certa diffusa cultura della morte.

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    Oggi in Primo Piano



    Bangladesh: forse migliaia di vittime per il ciclone Sidr

    ◊   Si teme una catastrofe in Bangladesh dopo il passaggio del ciclone Sidr. Incerto il bilancio che potrebbe toccare diverse migliaia di morti: ufficialmente le autorità riferiscono di oltre mille vittime. Si registrano rallentamenti nei soccorsi perché il Paese è al buio: difficoltà per il danneggiamento delle condutture idriche e delle strade. Un milione e mezzo di euro è stato stanziato dall’Unione Europea. La Mezzaluna Rossa locale ha mobilitato circa 30 mila volontari mentre il Programma Alimentare Mondiale, ha predisposto l’invio di aiuti sufficienti a soddisfare il fabbisogno di 400mila persone per tre giorni. Stefano Leszczynski ha raccolto la testimonianza dal Bangladesh del missionario saveriano, padre Carlo Dotti:
     
    R. – Alcuni villaggi sono stati colpiti duramente, alcune case spazzate via, alberi abbattuti.

     
    D. – Padre, come si spiega un disastro di questa portata?

    R. – Diciamo che le case sono fatte in modo tale da non sopportare il forte vento che si è abbattuto sulla zona con raffiche di 200 – 230 km all’ora. Alcune abitazioni sono state sollevate e sono state portate via! Anche un orfanotrofio in muratura che abbiamo nel sud è stato sradicato.

     
    D. – Adesso la gente si sta spostando in massa dalle zone colpite ...

     
    R. – Mi hanno detto che il governo ha avvisato di spostarsi da quelle zone; i bambini e le bambine di quegli orfanotrofi sono stati evacuati nei pressi di Dacca. Il ciclone Sidr è comunque passato, si è spinto verso la Birmania.

     
    D. – Quindi, adesso la situazione è di ricostruzione e di soccorso ai bisognosi ...

     
    R. – E’ di soccorso, di ricostruzione... Mi hanno riferito che il tetto di un altro orfanotrofio è stato scoperchiato e il riso che era lì per i bambini si è rovinato. Ora sono in una grande emergenza.

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    Ieri in Francia i funerali del padre gesuita Xavier Léon-Dufour: dedicò la sua vita all'esegesi delle Sacre Scritture

    ◊   Si sono svolti ieri a Pau, in Francia i funerali di padre Xavier Léon-Dufour, deceduto lo scorso 13 novembre. Sacerdote, esegeta e professore di Sacra Scrittura, padre Léon-Dufour è stato autore di una ventina di volumi, quasi tutti tradotti in italiano. Tra questi, “Francesco Saverio, itinerario mistico dell’apostolo”, “Un biblista cerca Dio” e il “Dizionario di teologia Biblica”, tradotto in 22 lingue. Quando parlava di se stesso, diceva di essere “un biblista in continua ricerca di Dio e dell’uomo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

     La vita di padre Léon-Dufour si snoda attraverso il Novecento: tra riflessioni, studi ed esegesi sulla Sacra Scrittura emerge sempre l’amore per Dio. Nella lettera scritta ai genitori il giorno dopo la pronuncia dei suoi voti, nel 1931, il giovane gesuita chiaramente illustra il proprio progetto di vita: “Voglio vivere – scriveva - per la Sua gloria, non più per me”. Come esegeta e professore, ha riflettuto e indagato suscitando sempre grande interesse. Ne sono scaturiti ricchi dibattiti in cui l’uomo di studi, che non ha mai cessato di lasciarsi stimolare dal dubbio, appare in completa sintonia con l’uomo di fede. Questa concordanza appare chiaramente nel libro “Dio si lascia cercare”: padre Léon-Dufour ripercorre l’itinerario che lo portò da studente di un collegio di Bordeaux a scegliere la Compagnia di Gesù; il suo racconto si presenta come una riflessione sui momenti salienti della sua vita, in cui la frequentazione dei testi biblici non lo ha mai distolto dall’attenzione nei confronti del mondo. Di questo mondo, segnato nel Novecento da drammatiche pagine di storia, conosce anche l’orrore del nazismo che definisce “una dottrina tortuosa, demagogica, in cui si incrociavano le speranze popolari e un sordo rancore”. La sua vita è scandita invece da speranze riposte nel Signore e dallo studio delle Sacre Scritture: nel libro “Il pane della vita” spiega in che cosa consiste la presenza di Cristo nell’Eucaristia ripercorrendo le origini del cristianesimo. Nell’opera “Lettura dell’evangelo secondo Giovanni”, il teologo rivela la ricchezza nascosta sotto l’apparente semplicità del testo evangelico: la espone in un linguaggio che offre una prospettiva quasi familiare senza rinunciare al rigore scientifico e trasmettendo la sua esperienza di Dio. Ed era proprio questa – ricorda l’Osservatore Romano – “una parte importante del suo impegno di esegeta”, che non è più solo l’uomo di ricerca ma è colui che, “vivendo la Scrittura”, fa conoscere la Parola al pubblico. Alcuni “hanno lasciato ardere in loro la fiamma di un Altro che li supera infinitamente, sapendo che quest’Altro, li animava nell’intimo. Questa – si legge in uno scritto di padre Dufour – è stata la mia storia”.

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    Albania: le suore clarisse aprono a Scutari le porte del loro convento, ex carcere durante l'era comunista

    ◊   In Albania, a Scutari, otto monache clarisse hanno aperto le porte del loro convento, trasformato in carcere durante il regime comunista, per non dimenticare drammatiche pagine di storia. Ogni anno, passando per le celle ed il cortile, viene celebrata la Via crucis per ricordare chi ha sofferto in quel luogo. Sulla storia di questo convento, luogo di preghiera e di memoria, ascoltiamo suor Sonia, raggiunta telefonicamente a Scutari da Amedeo Lomonaco:


    R. - Noi siamo le sorelle clarisse, sorelle povere di Santa Chiara, il primo monastero di sorelle clarisse qui in Albania dopo tanti secoli. Oggi occupiamo una struttura che era il vecchio convento dei Frati minori. Nel 1946 è stato confiscato all’ordine dei Frati minori e trasformato in sede della Sicurimi, cioè la polizia segreta del regime. Un lato fu anche adibito a celle di detenzione e luogo di tortura; il lato più antico conserva, ancora oggi, una serie di celle dove sui muri si possono vedere dei segni, delle incisioni. Percorrendo i corridoi di questo convento, si può respirare veramente un’aria di grazia: questi corridoi sono stati veramente bagnati dal sangue di martiri; martiri che non sono solo sacerdoti, frati della Chiesa cattolica, ma martiri come tutti coloro che hanno sofferto. Uomini qui hanno visto annientata la loro dignità di essere umani. Sui muri vediamo questi segni, come ad esempio delle croci, ma anche delle piccole moschee. Ricordiamo proprio come durante gli anni di persecuzione del regime di Enver Hoxha, cominciato nel 1945, si è potuto vivere in questi luoghi un vero ecumenismo nella sofferenza.

     
    D. – Il vostro convento è quindi un luogo di preghiera e di memoria: cosa si può fare per non far cadere nell’oblio fatti storici che i giovani conoscono poco?

     
    R. – Sì, noi siamo qui per custodire e raccontare questa storia, per non farla dimenticare. E’ molto importante questo perché sappiamo che, se un popolo non riconosce la propria storia, rischia anche di ripetere gli stessi errori; ma è anche vero che oggi questo popolo, anche con molta fatica, vuole ricostruire una storia migliore, diversa; quindi, forse, possiamo anche comprendere quanto non voglia ricordare il passato così recente e comunque così difficile. E’ anche vero che oggi i giovani guardano ad altro, aspirano ad altro. Allora noi, con il nostro rimanere in modo stabile in questo luogo, diventiamo un segno visibile; molti si pongono una domanda: ‘Ma come mai tutti vanno via da questo Paese e voi invece restate in Albania?’ Noi vogliamo semplicemente diventare punto di riferimento ma anche, come già succede, luogo di incontro. Sicuramente siamo contente di essere qui, sicuramente il Signore ha permesso questo al di là di ogni nostra aspettativa. Certamente, per vie misteriose, la Provvidenza ci ha condotto qui e noi qui non abbiamo nessuna pretesa se non quella di sperare e di far sperare perché il Signore sempre è lì dove ci sono macerie e ha sempre ricostruito e fatto nascere la vita.

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    Sugli schermi in Italia "I viceré" di Roberto Faenza

    ◊   Accese discussioni e diversi pareri critici hanno accolto l’uscita sugli schermi italiani de "I Viceré", un film diretto da Roberto Faenza e ispirato all’omonimo romanzo scritto da Federico De Roberto nel 1894. La saga di una nobile famiglia siciliana che riflette i mali di una società e di una classe politica, raccontata in un film nel quale spicca la straordinaria interpretazione di Lando Buzzanca nel truce ruolo del Principe Giacomo. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Una sfida ritenuta impossibile: tradurre in immagini la saga siciliana dei Vicerè subito costretta – anche se da molti ritenuta un capolavoro nascosto –, ad un percorso letterario e artistico piuttosto accidentato, nel quale si è a sua volta inserito il film, epico e grandioso, diretto da Roberto Faenza. Criticato, dunque, e applaudito, accusato di infedeltà e di compiaciuto, commerciale ammiccamento alle difficoltà attuali della classe politica italiana: ed in effetti I Viceré contiene in embrione, come ha acutamente osservato Ernesto Galli della Loggia, “tutta l’antropologia del potere politico in Italia”. Dal punto di vista cinematografico, la vicenda scabrosa e passionale della nobile e arrogante famiglia degli Uzeda di Francalanza, al tramonto del Regno borbonico e all’alba di quello italiano dei Savoia, è stata trattata dal regista, pur con qualche inevitabile aggiustamento e semplificazione, con una encomiabile serietà artistica e produttiva, una attenzione rigorosa agli attori e ai particolari, situazioni che ricordano, non solo per i contenuti narrati, l’analoga avventura siciliana del ben più famoso Gattopardo. Il potere, insomma, ieri come oggi, è una temibilissima arma che può rivolgersi inaspettatamente contro chi lo detiene, ma, in fondo, triste constatazione, sono sempre i deboli ed i semplici a farne le spese. Questi, ed altri, i motivi che hanno convinto il regista italiano a realizzare un film così atteso e complesso. Ascoltiamo Roberto Faenza:

    “Effettivamente questo romanzo doveva essere portato sullo schermo già dai tempi di Visconti, Rossellini e di tanti altri registi; poi per tante vicissitudini non è accaduto. Noi ci siamo riusciti, ma per pura fortuna. Effettivamente tutta questa polemica un po’ mi sorprende e al tempo stesso mi fa pensare che se un film alimenta tanta passione vuol dire che è un film che ha qualcosa da dire”.
     
    Inoltre, Faenza ha dovuto anche affrontare, così come era accaduto allo scrittore del romanzo, l’accusa di anticlericalismo, dalla quale così si difende:

    “Io ho fatto un film, poco tempo fa, che è 'Alla luce del sole', su don Puglisi, e l’ultima cosa che vorrei fare al mondo è fare un film anticlericale. Penso che dentro al film ci siano delle cose un po’ scabrose che riguardano la vita in un monastero dei Benedettini a Catania ma questo perché si trattava di persone che venivano messe lì non per vocazione ma per opportunismo, il famoso opportunismo che permea tutto il film. Ecco, questo non ha nulla a che vedere con l’anticlericalismo, anzi potrebbe essere l’opportunità per riflettere su delle pratiche che sono all’opposto della religione”.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 33.ma Domenica del Tempo Ordinario la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù parla ai discepoli della fine dei tempi: vi saranno guerre, fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. Ma non sarà ancora la fine: dovranno prima avvenire grandi persecuzioni che daranno ai discepoli occasione di render testimonianza. Quindi Gesù aggiunge:

    “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:


    “Gesù prospetta la fine. Egli assume ora il registro del futuro e parla come profeta. Non era il suo registro consueto, ma talora lo inseriva, quando riteneva che i suoi dovessero avere una certa nozione e non essere del tutto sprovvisti riguardo agli accadimenti futuri. E’ sempre così: quando il Signore svela qualcosa, è perché è vitalmente necessario che noi lo sappiamo. La fine di cui parla Gesù non è però un avvenimento istantaneo ed immediato: è una fine che si estende nel tempo. La sua presenza ha riempito il tempo ed ora, nella pienezza del tempo, ora che il Regno di Dio è in mezzo a noi, la storia si spacca, si spacca l’umanità, e nel suo spaccarsi sulla pietra che è Cristo, nel suo cadere, perseguita. Ciò richiede la perseveranza che non è solo costanza contro le avversità esteriori, ma forza di durata contro la difficoltà interiore a perdurare. Questa virtù – dono di Dio – è necessaria alla salvezza”.

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    Chiesa e Società



    Ghana: al seminario sulle nuove schiavitù, si discute sul contributo che Africa ed Europa possono dare insieme per la giustizia e la pace

    ◊   Dal seminario su “Schiavitù e nuove schiavitù”, in corso in Ghana e promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE) e dal Simposio delle Conferenze episcopali in Africa e Madagascar (SECAM), emerge una priorità: tracciare nuove vie di collaborazione dando ulteriore impulso al contributo che Europa ed Africa sono chiamate a dare insieme per la giustizia, la pace e lo sviluppo del mondo intero. Nel pomeriggio, i vescovi africani ed europei discuteranno, in particolare, sul documento finale, incentrato secondo anticipazioni di stampa, sugli accordi di partenariato tra Unione Europea ed Unione Africana, sull’impatto ambientale delle industrie estrattive e sulla questione delle migrazioni. Tra le tante richieste ai governi, c’è anche quella di “cambiare il modo con cui l’Europa negozia con l’Africa”, soprattutto per quanto riguarda gli accordi con le ex colonie di Africa, Carabi e Pacifico. “Così formulati – spiega all’Agenzia Sir Firmin Adjahossou, responsabile del Programma ‘Good governance’ del SECAM – costringerebbero a rimanere nella povertà oltre 750 milioni di persone per il resto della loro vita”. Nel documento si chiede poi all’Europa di “cambiare gli stili di consumo delle popolazioni e di promuovere l’utilizzo delle risorse naturali”. Ma, soprattutto, è necessario “elaborare politiche chiare e quadri giuridici per controllare in maniera efficace le industrie estrattive”. Ai governi africani si chiede inoltre di “accordare licenze solo dopo il consenso previo delle comunità locali”. Durante il seminario sono anche state denunciate nuove forme di schiavitù: il vescovo di Xai-Xai, in Mozambico, mons. Lucio Andrice, ha spiegato che migliaia di mozambicani emigrano per lavorare nelle grandi piantagioni in Sudafrica, dove lavorano per sei o sette mesi senza ricevere stipendi. Il vescovo di Lwena, mons. Gabriel Mbilingi, ha detto poi che ogni mese molti migranti si recano in Angola per cercare diamanti. Il presule ha precisato che la polizia, mal pagata, lascia passare i migranti alle frontiere per circa 100 dollari e requisisce eventuali diamanti trovati dagli immigrati. Anche in Europa la schiavitù assume caratteristiche drammatiche: la Chiesa moldava ha lanciato, in particolare, una campagna informativa contro la tratta di donne e bambini. Suor Henriette Adindu, del centro per il rinnovamento spirituale della diocesi di Kumasi in Ghana, ha rivelato infine che, ogni anno, sono almeno 50 mila le donne che partono dall’Africa per arrivare in città europee, dove vengono costrette a prostituirsi. Il seminario si chiuderà domani con una commemorazione del 200.mo anniversario della fine della schiavitù in Africa. (A.L.)

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    RD del Congo: liberati oltre 200 ragazzi costretti ad arruolarsi nelle milizie filogovernative dei Maimai

    ◊   Oltre 200 ragazzi costretti ad arruolarsi nelle milizie filogovernative dei Maimai, attive nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, sono stati liberati grazie all’intervento di organizzazioni umanitarie come Save the Children e UNICEF. Il numero esatto dei ragazzi sottratti agli scontri in atto da mesi nel tormentato Paese africano ammonta a 232 unità, con un’età media di 14 anni. L’operazione umanitaria fa seguito a una lunga campagna che l’UNICEF, assieme ad altre organizzazioni non governative, stanno portando avanti da tempo per porre fine a questo fenomeno particolarmente diffuso in alcuni Paesi del continente africano, dove nelle guerre locali vengono spesso coinvolti – loro malgrado – ragazzi e ragazze. “Gran parte dei 232 minori che sono stati liberati sono ora in una struttura di accoglienza temporanea in attesa di riabbracciare i loro familiari”, si legge in una nota diffusa dall’UNICEF. (Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese)

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    Non c’è pace per i cristiani in Iraq: nuove allarmanti notizie dal sito Baghdadhope

    ◊   Nonostante la condanna dell’Europarlamento di Strasburgo per le violenze contro i cristiani nel mondo, dall’Iraq giungono sempre notizie allarmanti. Secondo quanto riferisce il sito Baghdadhope, ripreso dall’agenzia Sir, “da Bassora padre Zacaria Sulaqa, parroco siro cattolico della città, denuncia la quasi completa sparizione della comunità cristiana. Delle circa 10 mila famiglie cristiane di Bassora ne sarebbero rimaste poco più che 500”. L’embargo e la difficoltà di vivere da cristiani tra i motivi dell’abbandono. Non basta a riequilibrare la situazione l’offerta delle autorità cittadine ai cristiani di arruolarsi in polizia. Per quanto riguarda Baghdad, “alcune famiglie sono ritornate nel quartiere di Dora nella speranza di potere tornare alle proprie abitazioni lasciate per la violenza scoppiata tra sunniti e sciiti. Qui, molte case sono state depredate o occupate illegalmente. Sempre a Dora, sette luoghi di culto sono chiusi”. A Mosul, invece, “almeno 2500 studenti che vivono nei villaggi cristiani vicini alla città sono preoccupati di non poter continuare gli studi perché la strada verso le scuole è pericolosa”. Dal Kurdistan, molti rifugiati sono costretti a ripartire per motivi economici. La grande massa di profughi ha fatto alzare i prezzi dei beni di consumo. La situazione è confermata anche da mons. Rabban Al-Qas, vescovo caldeo di Amadhiya. (R.M.)

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    La Conferenza episcopale del Cile chiede solidarietà per le vittime del terremoto che ha colpito il nord del Paese

    ◊   Dopo il terremoto che ha colpito mercoledì il nord del Cile, mons. Alejandro Goić Karmelić, vescovo di Rancagua e presidente della Conferenza episcopale cilena, ha emesso un comunicato in cui partecipa in modo speciale ai difficili momenti che stanno vivendo tanti fratelli nelle diocesi di Calama, Antofagasta, Iquique ed Arica. Il presule - riferisce l'agenzia Fides - eleva la sua preghiera al Padre chiedendo "il riposo eterno delle persone che hanno perso la vita, implorando contemporaneamente la pace e la consolazione per i loro familiari e il sollievo per le vittime". Mons. Goić Karmelić invita quindi tutte le comunità a un gesto di solidarietà, realizzando collette speciali e straordinarie durante la celebrazione delle Sante Messe di questo fine settimana, che saranno destinate in modo esclusivo a questo fine. Contemporaneamente, chiede a tutti i fedeli di essere generosi con la campagna che sta realizzando Caritas Cile per raccogliere fondi per aiutare i disastrati. Secondo gli ultimi dati, si registrano 12 morti e oltre 130 feriti. Le principali strade della regione, compresa quella che unisce Iquique ad Arica, alla frontiera con il Perù, sono interrotte per le frane. (R.M.)

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    I vescovi messicani: i principi etici sono l’unico antidoto contro i monopoli che generano la povertà

    ◊   La tutela della dignità della vita umana e della famiglia alla luce del Vangelo; l’opzione preferenziale per i poveri; la sfida della secolarizzazione e dell’indebolimento della vita cristiana: questi i temi centrali del messaggio finale dell’84.ma Plenaria dei vescovi messicani, conclusasi ieri presso il Santuario della Madonna di Guadalupe. I presuli si sono riuniti per delineare i piani pastorali nazionali nel contesto delle raccomandazione del Documento della V Conferenza generale degli episcopati latinoamericani e caraibici di Aparecida. I presuli del Messico sottolineano l’urgente bisogno che “i legislatori, i governanti, i professionisti della salute, consapevoli della dignità della vita umana, facciano di tutto per proteggerla e difenderla dai crimini abominevoli dell’aborto e dell’eutanasia”. Ricordano poi l’importanza della globalizzazione per l’intera famiglia umana, ribadendo però la necessità che questi processi oltre a mettersi sempre al servizio della centralità dell’uomo accettino la guida dei principi etici, “l’unico antidoto – spiegano - contro il lucro, elevato a valore supremo e contro i monopoli che finisco per generare molta povertà”. Evidenziato, quindi, il bisogno di perfezionare costantemente la democrazia per renderla partecipativa e rispettosa dei diritti umani. Poi, il tema cruciale dell’indebolimento della vita cristiana, al centro delle riflessioni in Aparecida nel maggio scorso. Tale debolezza - dicono i presuli - si registra non solo nella società in generale, ma anche all’interno della comunità ecclesiale. Le cause sono da individuare “nel secolarismo, nell’edonismo e nell’indifferenza”, ma anche “nello scarso accompagnamento da parte nostra ai fedeli laici” e a volte a un’evangelizzazione che non ha saputo sviluppare “nuovo ardore e nuovi metodi ed espressioni”. Occorre lavorare infaticabilmente - scrivono i vescovi, citando le parole di Benedetto XVI nel suo discorso inaugurale alla Conferenza di Aparecida - per favorire e garantire la “presenza di Dio, l'amicizia col Figlio di Dio incarnato, la luce della sua Parola”. Esse “sono sempre condizioni fondamentali per la presenza ed efficacia della giustizia e dell'amore nelle nostre società”. Infine, nella prospettiva del 49.mo Congresso Eucaristico Internazionale, in programma a giugno 2008 in Quebéc, i presuli incoraggiano i fedeli messicani a prendere parte attivamente nei congressi diocesani e, in particolare, a quello nazionale nel prossimo mese di maggio. (A cura di Luis Badilla)

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    In diminuzione la povertà in America Latina e nei Caraibi. L’ONU presenta dati e prospettive incoraggianti

    ◊   Sta diminuendo la miseria in America Latina e nei Caraibi: lo indicano i dati diffusi dalla Commissione economica dell’ONU per la regione (CEPALC), ripresi dall’agenzia Misna. Secondo la CEPALC, nel 2007 14 milioni di persone sono uscite dalla povertà e 10 milioni dalle condizioni di indigenza; si registrano comunque ancora 190 milioni di poveri e 69 milioni di indigenti. “L’America Latina - ha evidenziato il segretario esecutivo della CEPALC, l’argentino José Luis Machinea - è ben posizionata sul cammino verso la diminuzione di metà della povertà estrema entro il 2015, parte degli Obiettivi del Millennio”. Secondo il rapporto, intitolato “Panorama sociale dell’America Latina 2007”, i Paesi in cui è stata maggiormente ridotta la povertà negli ultimi cinque anni sono Argentina, Venezuela, Perù, Cile, Ecuador, Honduras e Messico. Nella classifica, il Paese con meno poveri (il 13,7%) è il Cile, seguito da Uruguay (18,5%), Costa Rica (19), Argentina (21), Venezuela (30,2), Panama (30,8), Messico (31,7) e Brasile (33,3). E’ la prima volta dal 1990 - sottolineano gli esperti - che il numero di poveri nell’area scende sotto i 200 milioni. (R.M.)

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    El Salvador. Commemorazioni a 18 anni dall’uccisione di sei sacerdoti gesuiti

    ◊   “I nostri martiri vivranno sempre nel cuore di un popolo che invoca la pace senza la violenza, la giustizia con equità”: è quanto ha affermato il rettore della ‘Universidad Centroamericana José Simeón Cañas’ (UCA) di San Salvador, il gesuita José María Tojeira, commemorando il 18.mo anniversario dell’assassinio di sei suoi confratelli, di una loro collaboratrice e di sua figlia adolescente nel 1989, durante un’incursione dell’esercito nell’ateneo della capitale. Riuniti in processione – riferisce l’agenzia Misna - centinaia di fedeli hanno commemorato domenica scorsa la strage dei gesuiti, occorsa durante la guerra civile (1980-'92), ancora coperta “da impunità e ingiustizia”, come ha ricordato padre Tojeira. Nonostante le ripetute richieste della UCA per fare luce sui mandanti, le indagini non sono mai state riaperte dopo un processo a nove militari, tenuto 16 anni fa, archiviato con due condanne, poi sospese. All’alba del 16 novembre 1989, un gruppo di militari del battaglione ‘Atlacatl’ (un’unità specificamente addestrata negli Stati Uniti alla lotta antiguerriglia) fece irruzione alla UCA e uccise a sangue freddo i religiosi spagnoli Ignacio Ellacuría, allora rettore dell’UCA, Ignacio Martín Baro, il vice-rettore, Segundo Montés, Juan Ramon Moreno, Amando López e Joaquín Lopez y López, oltre alla cuoca dell’ateneo, Elba Julia Ramos, e sua figlia quindicenne, Celina Mariceth Ramos. Nove soldati, tra cui il direttore della Scuola militare della capitale, il colonnello Guillermo Alfredo Benavides, furono processati nel 1991 per responsabilità nella strage; tra questi, Benavides e il tenente Yusshy Mendoza furono condannati a 30 anni di carcere, ma beneficiarono due anni dopo dell’amnistia proclamata nel 1993 dall’Alleanza Repubblicana Nazionalista (ARENA), allora al governo, nell’ambito degli accordi di pace che nel ‘91 avevano messo fine a 12 anni di conflitto interno. (R.M.)

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    Il cardinale Maradiaga all’Assemblea della Conferenza spagnola dei religiosi: “Non c’è spazio per lo scoraggiamento”

    ◊   Con una Celebrazione Eucaristica presieduta dal cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, si è conclusa giovedì a Madrid la 14.ma Assemblea generale della Conferenza Spagnola dei Religiosi (CONFER). Secondo quanto riportato dalla Agencia de Noticias Vida Religiosa, la Santa Messa è stata preceduta da una conferenza intitolata “La Vita Religiosa in cammino: mistica e profezia”, in cui il porporato ha proposto ai religiosi della Spagna un percorso di rinnovamento della vita religiosa. Un cammino nel quale “non c’è spazio per lo scoraggiamento” e che si realizza unendo mistica e profezia. Facendo riferimento alla profezia, il cardinale Maradiaga ha parlato di inserimento nella realtà, di essere attivi e audaci come i propri fondatori e fondatrici, di essere creativi nell’apostolato e nella vita e “nella avanguardia della missione”. “Dio vuole fare di voi un’opera d’arte, poiché Dio non vuole cristiani scadenti”, ha detto l’arcivescovo di Tegucigalpa, ricordando ai Superiori che “l’opera d’arte si chiama santo o santa” e a questo “tutti siamo chiamati”. Una santità - ha quindi sottolineato - che si realizza “compiendo la volontà di Dio ogni giorno”. Una risposta a queste esortazioni è giunta dal padre mercedario Alejandro Fernández Barrajón, presidente della CONFER: “Siamo disposti, come religiosi e religiose – ha detto - a continuare a essere uomini e donne di Dio, cercatori dell’infinito e amanti del mistero della vita. La passione per Dio e per l’umanità – ha aggiunto – fanno parte delle nostre più convinte scommesse”. (A.M.)

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    Spagna: aumentati del 330% i divorzi per le coppie con meno di un anno di matrimonio

    ◊   E’ boom del “divorzio express” in Spagna con un aumento del 330% delle rotture tra le coppie sposate da meno di un anno. I dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica (INE) hanno provocato una forte reazione della Chiesa. Secondo i dati dell’INE ripresi dal quotidiano Avvenire, nel 2006, rispetto al 2005 anno di introduzione della legge per il “divorzio express”, che semplifica al massimo le procedure, la rottura definitiva delle unioni matrimoniali ha fatto registrare un aumento generale del 74,3%, pari a 126.952 coppie, il 51,3% delle quali hanno figli piccoli mentre il 45% non ha prole e una crescita di oltre il 330% dei divorzi tra le coppie che si sono sposate nel periodo di entrata in vigore della legge. La durata media del matrimonio che si rompe è di 15,1 anni. Il “divorzio express”, cui l’INE imputa il forte aumento delle rotture, consente la fine dell’unione matrimoniale per decisione di una delle parti, senza necessità di una separazione previa o di spiegarne le ragioni. Il cardinale Antonio Cañizares, arcivescovo di Toledo e vice-presidente della Conferenza Episcopale spagnola, ha avvertito che il boom dei divorzi, pronostica un rischio di “sfascio della società”. Il responsabile della commissione famiglia e difesa della vita dei Vescovi spagnoli, padre Leopoldo Vives, ha affermato che la nuova legge sul divorzio è quella “che più sta danneggiando la famiglia” in quanto ormai “costa meno divorziare che cancellare un abbonamento telefonico”. Anche l’Istituto di politica familiare, un’organizzazione internazionale indipendente ha invitato il governo Zapatero a modificare la legge del “divorzio express” che ha fatto della Spagna il Paese con il maggior tasso di rotture familiari rispetto al numero di matrimoni, all’interno dell’Unione Europea. (R.P.)

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    Belgio. Appello del cardinale arcivescovo di Mechelen-Bruxelles, Danneels, per l’unità del Paese

    ◊   “La Chiesa deve guardarsi dall’interferire nella politica: l’organizzazione della società e delle sue istituzioni appartiene ai politici”. A ribadirlo giovedì scorso, dalla Cattedrale dei Santi Michel e Gudule a Bruxelles, è stato l’arcivescovo di Mechelen-Bruxelles, il cardinale Godfried Danneels, che ha presieduto il Te Deum in occasione della Festa del Re. “Certamente – ha spiegato il porporato, citato dall’agenzia Sir – la Chiesa e lo Stato hanno entrambi come finalità il bene comune e la felicità degli uomini, ma le loro vie e mezzi sono diversi e non vanno mai confusi”. Per il cardinale Danneels, “il compito della Chiesa è vegliare sul cuore dell’uomo”, una sorta di “politica del cuore” basata sul saper “vivere con l’altro”. E’ Cristo, secondo il porporato, che mostra come superare i conflitti di cui l’umanità è segnata. “L’altro è mio fratello e mia sorella – ha ribadito - l’amore è libero e rispetta l’altro nella sua differenza”. Pur senza menzionare la difficile situazione interna del Belgio, che proprio di recente ha visto una spaccatura tra Vallonia e Fiandra, Danneels ha concluso esortando tutti a “pregare per il nostro Paese nelle sue differenze e nella sua unità”. (R.M.)

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    Domani, in India, Giornata nazionale delle comunicazioni. "La vera sfida - afferma la Conferenza episcopale - è evitare l'alienazione"

    ◊   “Nel pieno della rivoluzione delle comunicazioni, la vera sfida è quella di evitare l’alienazione per non soccombere”: è la riflessione di padre Henry D’Souza, segretario della Commissione episcopale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza episcopale dell’India (CNBI), alla vigilia della Giornata nazionale indiana delle comunicazioni, in programma per domani. Il sacerdote riconosce i passi avanti fatti nel settore delle telecomunicazioni, di cui oggi la nazione asiatica è leader insieme a Cina e Stati Uniti, che hanno indubbiamente contribuito allo sviluppo sociale delle aree più disagiate e a una maggiore partecipazione popolare alla vita politica del Paese, che definisce “una democrazia vivace.” Al contempo, padre D’Souza non tace i rischi cui la società dell’informazione va incontro. Tra questi, quello del consolidamento di un’aristocrazia mediatica che sia in grado di condizionare gli stili di vita delle persone. Il fatto ad esempio che la gente spenda più di quanto guadagna per accedere a beni di lusso rappresenta, secondo il religioso, un allarme sociale. Come pure è preoccupante l’aumento della violenza tra le giovani generazioni che, bersagliate da programmi aggressivi, vanno perdendo il senso del gioco di gruppo e crescono socialmente isolate. (A.M.)

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    Turchia. Semidistrutta la cappella della Trasfigurazione ad Halki

    ◊   In Turchia, una squadra di guardie forestali ha demolito ieri quasi interamente la cappella, del XVII secolo, dedicata alla Trasfigurazione del Signore situata davanti la scuola Teologica di Halki. Lo rende noto l’agenzia AsiaNews, secondo cui la cappella era stata restaurata recentemente con il permesso delle autorità locali. La squadra ha proceduto alla demolizione senza alcun preavviso. La distruzione totale è stata evitata all’ultimo momento: in seguito alle proteste del priore della scuola di Halki e all’intervento del metropolita Meliton, direttore degli Affari Legali del Patriarcato Ecumenico, il prefetto delle Isole dei principi ha fermato la forestale. L’edificio ha comunque subito danni gravissimi. Poco più tardi, alcuni ‘ignoti’ hanno rotto i vetri della navata della chiesa della S.S. Trinità a Kadikoy, l’antica Calcedonia. In ambienti diplomatici e giornalistici già si commenta che casi simili sono in continua crescita e non sono casuali: fanno parte di una strategia adottata da quelle forze in Turchia che non vedono di buon occhio il processo di integrazione europea e sicuramente mettono a dura prova la volontà dell’attuale governo di tutelare le minoranze religiose. (R.M.)

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    Il ruolo-chiave dell’agricoltura per la sicurezza alimentare al centro della 34.ma sessione della Conferenza della FAO

    ◊   Oltre 850 milioni di persone nel mondo soffrono la fame. Eppure, nell’agenda della comunità internazionale la ‘voce’ agricoltura risulta ancora marginale. La denuncia viene dalla 34.ma sessione della Conferenza della FAO, che prende il via oggi a Roma e i cui contenuti sono stati anticipati dall’Osservatore Romano. Ed è proprio il ruolo-chiave dell’agricoltura, nelle nuove strategie da adottare per garantire la sicurezza alimentare nel mondo, a spiccare tra i temi centrali dell’assise, in corso fino al 24 novembre. In termini di cambiamenti climatici, rifornimento energetico, riduzione delle risorse naturali, salute e sicurezza delle nazioni, l’agricoltura infatti riveste sempre una parte centrale. Come precisa l’Osservatore Romano, la FAO lancia alla comunità scientifica mondiale la proposta di valorizzare il ruolo dell’agricoltura nella riduzione degli effetti dei cambiamenti climatici per creare parametri di base e stabilire quando e come pagare agli agricoltori i servizi all’ambiente. Un sistema mirato di remunerazioni ai coltivatori potrebbe rappresentare un modo efficace di proteggere l’ambiente e di trasformare l’agricoltura in un serbatoio di carbonio, attraverso l’assorbimento dei gas serra nel suolo, nelle piante e negli alberi. Un altro tema trattato sarà quello della bioenergia, che offre nuove possibilità a numerosi Paesi in via di sviluppo di accelerare la loro crescita economica. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Kosovo alle urne per le elezioni politiche e amministrative. I serbi invitati a boicottare il voto

    ◊   Urne aperte in Kosovo per le elezioni legislative e municipali. Si rinnova il parlamento di Pristina, alla vigilia degli ultimi negoziati con Belgrado per la definizione del futuro status della provincia a maggioranza albanese, attualmente amministrata dall’ONU. I risultati sono attesi per l’inizio della prossima settimana. Da Pristina, Emiliano Bos:
     
    Stamani il Kosovo si è risvegliato sotto la neve, caduta un po’ ovunque nella notte. Tetti imbiancati anche qui a Pristina, la futura capitale di uno Stato che ancora non c’è. La neve potrebbe ostacolare l’accesso ai seggi soprattutto nelle aree di montagna. Alle urne sono chiamati un milione e mezzo di elettori, di cui circa il 90% albanesi. I sondaggi della vigilia danno per favorito il partito democratico del Kosovo, dell’ex comandante della guerriglia UCK, Hashim Thaci. In palio non ci sono solo i 120 seggi del parlamento e le amministrazioni locali ma, soprattutto, la guida del governo che probabilmente dichiarerà, non si sa ancora quando, l’indipendenza unilaterale della Serbia. Incerta la situazione nel nord del Kosovo e nelle enclave serbe, dove vivono ancora decine di migliaia di serbi che, per impedire o rallentare le operazioni di voto, potrebbero non aprire alcune scuole dove sono allestiti i seggi. L’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha però assicurato il diritto di voto attraverso appositi camion dotati di cabine elettorali. (Da Pristina, per la Radio Vaticana, Emiliano Bos)

    Pakistan- diplomazia. Nella crisi del Paese asiatico intervengono gli Stati Uniti: ieri è giunto ad Islamabad John Negroponte, numero due del Dipartimento di Stato, inviato da Washington per mediare tra il presidente, Pervez Musharraf, e l’ex premier, Benazir Bhutto. Il vice di Condollezza Rice ha incontrato il capo dello Stato al quale ha consegnato “un messaggio forte”: l’invito a revocare lo stato d’emergenza, la fine della censura, la scarcerazione dei prigionieri politici, ma anche elezioni libere e regolari nei tempi previsti. Intanto, una fonte vicina a Musharraf ha precisato, al termine dell'incontro con Negroponte, che lo stato di emergenza resterà fino a quando la sicurezza interna non migliorerà.

    Pakistan-violenza. Venti vittime e cento feriti è il bilancio degli scontri tra sciiti e sunniti nella regione tribale semi-autonoma pachistana di Kurram, al confine con l'Afghanistan. Le autorità locali hanno imposto il coprifuoco dopo i combattimenti.
     
    Birmania. Il capo della giunta militare, il generale Than Shwe, in un’intervista alla stampa, ha rilanciato l’ipotesi di una “roadmap per la democrazia” articolata in sette punti. Un piano, bocciato dalla comunità internazionale, che però rappresenta la base per i colloqui con la leader dell’opposizione, la Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari dal 2003. Ieri si è conclusa nel Paese asiatico la missione dell’inviato dell’ONU per i diritti umani, Paulo Sergio Pinheiro, che l’11 dicembre presenterà a Ginevra una relazione sulla situazione birmana.

    Afghanistan-italiani. Nuovo attacco nei confronti dei militari italiani dell’ISAF, la Forza di assistenza alla sicurezza della NATO. Cinque razzi sono stati sparati su una zona vicina all’aeroporto militare di Herat, controllato dalle truppe di Roma. Nell’azione, rivendicata dai talebani, nessuno è rimasto ferito. Solo ieri, si era registrato un fallito attacco contro gli italiani nella provincia di Farah nel quale aveva perso la vita il kamikaze ed un militare era rimasto ferito. Sono inoltre 23 i ribelli uccisi e 11 quelli catturati nella provincia meridionale afgana di Helmand in un’operazione delle forze della coalizione a guida americana.

    Iraq- Turchia. Il presidente iracheno Talabani considera “certe” le incursioni turche nel Kurdistan dove si trovano le basi dei separatisti curdi. Azioni che, però, saranno “limitate” e non pregiudicheranno le relazioni fra Baghdad e Ankara. Intanto la Polonia ha annunciato che, a partire dal 2008, la Polonia lascerà l’Iraq; una decisione che arriva all’indomani del giuramento del nuovo governo Tusk nelle mani del presidente Kaczynski.
     
    Libano-presidenziali. Secondo informazioni di stampa, sarebbero sette i candidati alla presidenza del Paese dei Cedri indicati dal Patriarca cattolico-maronita, cardinale Nasrallah Sfeir. Mercoledì prossimo sono fissate le elezioni presidenziali, ma manca l’accordo sul prossimo successore di Lahoud, il cui mandato scade il 24 novembre. Ieri sera si è conclusa la missione in Libano del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, che ha invitato le autorità politiche ad “assumersi le loro responsabilità”.

    Clima-Onu. Il surriscaldamento provocato dall’uomo può causare danni irreversibili. Lo si legge nel documento approvato a Valencia, in Spagna, nel corso della 27.ma sessione dell’IPCC, il Comitato Intergovernativo sui Mutamenti Climatici sotto l’egida dell’ONU. Il testo riunisce in sé tre documenti già presentati nel corso dell’anno: uno sui mutamenti climatici in atto; un secondo sull’impatto degli stessi e l’ultimo sulle opzioni alle quali ricorrere per affrontare l'emergenza.

    Georgia-stato d’emergenza. Tentativi di tornare alla normalità nell’ex repubblica sovietica. Il presidente Mikhail Saakashvili ha tolto lo stato d’emergenza, imposto il 7 novembre scorso dopo le manifestazioni di piazza, culminate con la convocazione di elezioni anticipate per il 5 gennaio. Il capo dello stato ha anche nominato il nuovo premier: si tratta di Vladimir Gurgenidze, 37 anni, presidente della maggiore banca privata del Paese che prende il posto di Zurab Nogaideli, dimessosi per problemi di salute. Nonostante la revoca dello stato d’emergenza, l’opposizione ha minacciato nuove iniziative se non verranno ripristinate le trasmissioni di due importanti televisioni indipendenti chiuse nei giorni scorsi.
     
    Russia- arresto ministro. Il viceministro delle finanze, Serghei Storciak, arrestato ieri, è accusato di sottrazione di fondi statali. Lo hanno chiarito fonti investigative. Insieme a lui sono stati fermati altri due imprenditori. Storciak era responsabile del debito interno e del fondo di stabilizzazione derivante dal surplus del petrolio e pari a 148 miliardi di dollari.

    - Somalia-emergenza umanitaria. Si fa drammatica la situazione nel Paese africano: a Mogadiscio, dall’inizio di ottobre, sono 460 i civili rimasti uccisi nel corso di combattimenti tra insorti e forze governative ed etiopiche; circa 400 mila persone hanno abbandonato la capitale e più di 1,5 milioni somali sopravvivono grazie ad aiuti stranieri. Il direttore esecutivo di Caritas Somalia, Davide Bernocchi, in una lettera ricevuta dall’agenzia ZENIT, ha parlato di catastrofe umanitaria e di un’assenza di sforzi politici per risolvere il conflitto che va avanti da 17 anni.

    Italia-G8. Sono attese trentamila persone a Genova dove nel pomeriggio è previsto un corteo per chiedere la creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul G8. I manifestanti vogliono anche che si faccia luce sui processi in corso per i fatti del 2001. Momenti di tensione a Pisa dove numerosi manifestanti hanno bloccato un binario perché non intendevano pagare il biglietto per Genova. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 321

     

     
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