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SOMMARIO del 14/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: una educazione integrale della persona, culturale, morale e religiosa, esclude la violenza. La catechesi dedicata a San Girolamo. Il saluto ai familiari delle vittime di Nassirya e la preghiera davanti alle reliquie di Santa Teresa di Lisieux
  • Il 13 dicembre il Papa incontrerà gli universitari romani in preparazione al Natale
  • Nomine
  • Da domani in Vaticano la Conferenza internazionale sulla pastorale nella cura dei malati anziani
  • Oggi in Primo Piano

  • In corso a Roma l'assemblea internazionale dell'Unione apostolica del clero: il saluto del Papa
  • Tante persone ai funerali di Gabriele Sandri, nella Chiesa di San Pio X a Roma. La riflessione del cardinale Saraiva Martins
  • Cento anni fa nasceva padre Pedro Arrupe, 28.mo preposito generale della Compagnia di Gesù: intervista con il cardinale Tucci
  • Con il confronto tra mons. Ravasi e Giuliano Ferrara sul "Gesù di Nazaret" del Papa, sono ripresi in Laterano i Dialoghi in Cattedrale
  • Si celebra oggi la Giornata Mondiale del diabete
  • Chiesa e Società

  • Si è spento a Roma, il padre missionario gesuita Francesco Belfiori per 50 anni al servizio della Chiesa in Cina
  • Ancora scontri nella regione congolese del Nord Kivu tra i ribelli di Nkunda e le truppe regolari
  • India: attaccati e saccheggiati due conventi di religiose cattoliche
  • Iraq: il Patriarca Delly chiede al presidente Talabani di inserire l'insegnamento della religione cristiana nelle scuole pubbliche
  • La Conferenza episcopale statunitense ha un nuovo presidente
  • Messico: i lavori dell'84.ma Assemblea generale dei vescovi alla luce del documento di Aparecida
  • I vescovi argentini chiedono l’impegno della società civile nella lotta contro la droga
  • "Fare della Bolivia una casa di fratelli per vivere e convivere con dignità". Messaggio dei vescovi del Paese al termine della loro Plenaria
  • I vescovi del Paraguay illustrano in un messaggio i problemi del Paese
  • Dal Cile oltre 400 esperti lanciano l’idea di un’Assemblea Mondiale di Parlamentari per una politica internazionale pro vita
  • La Chiesa bulgara ricorda i martiri uccisi durante il regime comunista
  • Una nota pastorale contro la mafia. L'appello ai giovani dei vescovi calabresi
  • “L’esperienza di costruire la comunità con la Parola di Dio” è il tema dell’ottavo Seminario sulla Bibbia in lingua cinese, svoltosi a Macao
  • Da domani, a Roma, Congresso europeo della Famiglia sul tema “Formando il futuro dell’Europa: famiglia ed educazione”
  • Nasce in Cambogia il primo programma radiofonico voluto dalla Chiesa per i giovani
  • Assisi: al convegno liturgico si è parlato di musica ed arti visive
  • 24 Ore nel Mondo

  • Catastrofe umanitaria in Somalia: centinaia di migliaia i profughi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: una educazione integrale della persona, culturale, morale e religiosa, esclude la violenza. La catechesi dedicata a San Girolamo. Il saluto ai familiari delle vittime di Nassirya e la preghiera davanti alle reliquie di Santa Teresa di Lisieux

    ◊   Una sana e integrale educazione culturale, morale e religiosa è condizione di ogni progresso che escluda la violenza. E’ quanto ha detto stamani Benedetto XVI in Piazza San Pietro durante l’udienza generale, anche oggi dedicata a San Girolamo. Il Papa ha poi salutato i familiari delle vittime di Nassirya presenti alla catechesi nel quarto anniversario della morte dei loro cari. Circa 25 mila i fedeli giunti in Piazza San Pietro nonostante la giornata piovosa. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Il Papa ha continuato la sua catechesi su San Girolamo, il Padre della Chiesa, nato in Dalmazia nel 347 e morto a Betlemme nel 420, che tradusse in latino la Bibbia: era un uomo “veramente innamorato della Parola di Dio”, ha sottolineato il Pontefice che sulla scia del Santo ha invitato i fedeli a leggere con frequenza la Bibbia ricordando che “ignorare la Sacra Scrittura è ignorare Cristo”, vita e orientamento quotidiano dei credenti:
     
    “La Bibbia, strumento «con cui ogni giorno Dio parla ai fedeli» (Ep. 133,13), diventa così stimolo e sorgente della vita cristiana per tutte le situazioni e per ogni persona. Leggere la Scrittura è conversare con Dio: «Se preghi, - egli scrive a una nobile giovinetta di Roma - tu parli con lo Sposo; se leggi, è Lui che ti parla» (Ep. 22,25). Lo studio e la meditazione della Scrittura rendono l'uomo saggio e sereno (cfr In Eph., prol.)”.

     
    Benedetto XVI ha sottolineato due fondamentali criteri per capire la Sacra Scrittura: ecco il primo:

     
    “Solo un profondo spirito di preghiera e l'aiuto dello Spirito Santo possono introdurci alla comprensione della Bibbia: «Nell'interpretazione della Sacra Scrittura noi abbiamo sempre bisogno del soccorso dello Spirito Santo» (In Mich. 1,1,10,15)”.

     
    Il secondo criterio di interpretazione della Parola di Dio è “la sintonia con il magistero della Chiesa”:

     
    “Non possiamo mai da soli leggere la Scrittura. Troviamo troppe porte chiuse e scivoliamo facilmente nell’errore. La Bibbia è stata scritta dal Popolo di Dio e per il Popolo di Dio, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Solo in questa comunione col Popolo di Dio possiamo realmente entrare con il ‘noi’ nel nucleo della verità che Dio stesso ci vuol dire. Per lui un'autentica interpretazione della Bibbia doveva essere sempre in armonica concordanza con la fede della Chiesa cattolica”.

     
    San Girolamo non trascurava poi l’aspetto etico, cioè il dovere della coerenza cristiana di accordare la vita con la Parola divina, un impegno di testimonianza per tutti i fedeli ma in particolare per i predicatori:

     
    “Così esorta il sacerdote Nepoziano: «Le tue azioni non smentiscano le tue parole, perché non succeda che, quando tu predichi in chiesa, qualcuno nel suo intimo commenti: "Perché dunque proprio tu non agisci così?". Carino davvero quel maestro che, a pancia piena, disquisisce sul digiuno; anche un ladro può biasimare l'avarizia; ma nel sacerdote di Cristo la mente e la parola si devono accordare» (Ep. 52,7)”.

     
    Coerenza che “deve tradursi in atteggiamenti di vera carità perché – come diceva San Girolamo - in ogni essere umano è presente la Persona stessa di Cristo”:

     
    “A che scopo rivestire le pareti di pietre preziose, se Cristo muore di fame nella persona di un povero? (Ep. 58,7). Girolamo concretizza: bisogna vestire Cristo nei poveri, visitarlo nei sofferenti, nutrirlo negli affamati, alloggiarlo nei senza tetto (Ep. 130,14)”.

     
    Il Papa ha poi ricordato con San Girolamo la necessità di una educazione integrale della persona sia culturale che morale e religiosa:

     
    “E vediamo proprio oggi come l’educazione della personalità nella sua integralità, l’educazione alla responsabilità davanti a Dio e davanti all’uomo, sia la vera condizione di ogni progresso, di ogni pace, di ogni riconciliazione ed esclusione della violenza. Educazione davanti a Dio e davanti all’uomo: è la Sacra Scrittura che ci offre la guida dell’educazione e così del vero umanesimo”.

     
    Infine tra i saluti quelli rivolti con affetto ai familiari delle vittime di Nassirya, presenti in Piazza San Pietro nel quarto anniversario della tragica morte dei loro cari:

     
    “La memoria di questi nostri fratelli e di quanti hanno sacrificato il bene supremo della vita per il nobile intento della pace contribuisca a sostenere il cammino della rinascita, piena di speranza, del caro popolo iracheno”.

     
    Al termine dell’udienza il Papa si è recato nella sua cappella privata per pregare davanti alle reliquie di Santa Teresa di Lisieux, portate in Vaticano in occasione di un pellegrinaggio in Italia a 10 anni dalla proclamazione della Santa a Dottore della Chiesa, nel 120.mo anniversario del suo incontro con il Papa Leone XIII (20 novembre 1887) e nell’80.mo anniversario della sua proclamazione a Patrona delle Missioni e dei Missionari, con San Francesco Saverio; il pellegrinaggio è guidato dal vescovo di Bayeux e Lisieux, mons. Pierre Pican e dal rettore della Basilica di Lisieux, mons. Bernard Lagoutte.

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    Il 13 dicembre il Papa incontrerà gli universitari romani in preparazione al Natale

    ◊   Giovedì 13 dicembre si svolgerà nella Basilica di San Pietro il tradizionale incontro della comunità universitaria di Roma con Benedetto XVI. “Si ripete così ancora una volta – sottolinea un comunicato del Vicariato - l’incontro con il Papa in preparazione al Santo Natale, promosso dall’amato Giovanni Paolo II nel 1979”. Il programma prevede alle 17.00 la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini. Al termine del rito i giovani incontreranno il Santo Padre. In questa occasione, arriverà a Roma dall’ Albania l’Icona Maria Sedes Sapientiae, che dal 9 al 13 dicembre, in occasione della VI Convention Europea degli Studenti universitari, farà visita ad alcune parrocchie romane, e sarà consegnata al termine dell’incontro con Benedetto XVI, dalla delegazione universitaria albanese a quella della Romania, che custodirà l’Icona fino al prossimo 1° marzo 2008, giorno in cui ci sarà nell’Aula Paolo IV in Vaticano il collegamento con Bucarest in occasione della VI Giornata Europea degli Universitari.

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    Nomine

    ◊   In Brasile, il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore di Rio do Sul mons. Augustinho Petry, finora vescovo titolare di Gabi e ausiliare dell’Ordinariato Militare per il Brasile. Mons. Augustinho Petry è nato il 29 agosto 1938 nella città di São José, nello Stato di Santa Catarina ed è stato ordinato sacerdote il 4 luglio 1965 ed incardinato nell’arcidiocesi di Florianópolis. Il 27 dicembre 2000 è stato nominato vescovo titolare di Gabi e ausiliare dell’Ordinariato Militare per il Brasile, ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 18 marzo 2001.

    In Ungheria, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Esztergom-Budapest il rev.do János Székely, vicario episcopale per la Cultura e Rettore della Scuola Superiore di Teologia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Febiana. Il Rev.do János Székely è nato il 7 giugno 1964 ed è stato ordinato sacerdote il 2 marzo 1991 con incardinazione a Esztergom-Budapest.

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    Da domani in Vaticano la Conferenza internazionale sulla pastorale nella cura dei malati anziani

    ◊   Sarà incentrata sui malati anziani la XXII Conferenza internazionale, promossa dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, che si aprirà domani in Vaticano, presso l’Aula Nuova del Sinodo. Stamane, nella Sala Stampa della Santa Sede, il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del dicastero pontificio ha illustrato ai giornalisti l’agenda ed i contenuti dei lavori, che si protrarranno fino a sabato 17 novembre. Presenti all’incontro mons. José L. Redrado e padre Felice Ruffini, rispettivamente segretario e sottosegretario del medesimo Pontificio Consiglio, insieme ai professori Roberto Bernabei e Massimo Petrini, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    “La pastorale nella cura dei malati anziani”: ne dibatteranno per tre giorni, 40 esperti in campo geriatrico, biomedico, storico, filosofico, teologico e pastorale, chiamati da 20 Paesi, mentre oltre 60 sono le nazioni da cui arriveranno i partecipanti. Ad aprire i lavori sarà la relazione del cardinale Javier Lozano Barragán, che illustrerà la sollecitudine della Chiesa a servizio delle persone ammalate che sono entrate nella fase della vecchiaia, la tappa – ha sottolineato il porporato ai giornalisti – più importante perché da essa l’umanità si apre alla vita senza termine”:
     

     
    “La nostra conferenza internazionale si muove in un rigoroso campo di fede e ragione ma, come risulta evidente dalla tematica esposta, tutto è trattato in uno slancio ascendente e continuo: scienza, filosofia e teologia pastorale. La serietà del nostro impegno esige un’accurata analisi di tutta la situazione per arrivare ad una sintesi vitale che significhi la felicità totale di ogni persona. Così cerchiamo di dare ragione della nostra speranza”.

     

     
    Sono oggi nel mondo 390 milioni le persone con oltre 65 anni – ha ricordato il presidente del Dicastero pontificio – e saranno 800 milioni nel 2025, di cui 500 milioni vivono in Paesi con speranza di vita oltre i 60 anni, ma ce ne sono 50 milioni che vivono in Paesi dove la vita media non supera i 45 anni, come ad esempio la Sierra Leone dove la morte giunge mediamente a soli 39 anni. In cima alla lista sono invece il Giappone con una vita media per le donne di 86 anni e San Marino per gli uomini di 80 anni, seguiti da molti altri Paesi occidentali. Disparità enormi che riflettono gravi sperequazioni nella qualità di vita sul Pianeta.
     Riguardo i contenuti della Conferenza nella prima giornata saranno poste a confronto analisi di gerontologi e demografi per passare poi all’esame delle principali malattie che colpiscono la terza età e delle nuove medicine per curarle. Si parlerà anche dell’influenza dei cambianti climatici sugli anziani. Si affronteranno quindi gli aspetti politici e legislativi in tema di sanità e di previdenza, e cosi anche del ruolo dei media e del fenomeno delle migrazioni
     Due interrogativi: “Che cosa pensare?” e “Che cosa fare?”, guideranno le discussioni della seconda e terza giornata dei lavori, in cui saranno poste a confronto varie esperienze maturate in diversi contesti cristiani ma anche ebraici, induisti, islamici e buddisti, senza trascurare punti di vista della cultura postmoderna.

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    Oggi in Primo Piano



    In corso a Roma l'assemblea internazionale dell'Unione apostolica del clero: il saluto del Papa

    ◊   Ascoltare i sacerdoti diocesani - specie se in condizioni di disagio - e accoglierli in una dimensione di fraternità, pregare con loro, sensibilizzare i vescovi alla paternità verso i propri sacerdoti. E’ lo spirito che, da quasi 150 anni, anima il servizio dell’Unione apostolica del clero che sta tenendo in questi giorni a Roma la sua assemblea internazionale sul tema della Chiesa particolare. All'organismo è arrivato stamani durante l'udienza generale anche il saluto del Papa, il quale ha auspicato che questa importante realtà "contribuisca a tener viva nei sacerdoti la coscienza della loro vocazione alla santità, condizione indispensabile per essere nel mondo segno credibile dell'amore di Cristo". Alessandro De Carolis ha parlato di questa esperienza con il segretario dell’Unione apostolica del clero, don Jacob Alberto Kapingala:


    R. - La prima esperienza è la preghiera. E’ un primo, grande impegno che abbiamo ed ogni nostro gruppo, secondo i nostri statuti, devi trovarsi almeno una volta al mese per pregare. Vogliamo corrispondere a quell’imperativo di Gesù che dice di pregare Dio perché mandi gli operatori nella sua messe e noi prendiamo questo invito molto sul serio, in un tempo come il nostro in cui c’è più necessità dei ministri ordinati, in qualità e in quantità. E un altro aspetto che vogliamo sottolineare è quello della formazione permanente, che riguarda tutti gli animatori di tutti i settori che si trovano nell’Unione apostolica del clero.

     
    D. - Tra i punti della vostra assemblea, c’è quello della fraternità dei sacerdoti. Si vede spesso nella solitudine che vivono i sacerdoti diocesani una delle cause che induce alcuni di loro a mettere in discussione il proprio ministero. Qual è la vostra opinione su questo punto?

     
    R. - Riguardo a questo, ciò che veramente è più importante è la solidarietà. Noi vogliamo vivere anzitutto la fraternità, aiutandoci e aiutando gli altri nelle diverse situazioni in cui vivono, soprattutto i preti che vivono isolati. La solitudine porta sempre ad una situazione di disagio. E sosteniamo anche i preti anziani, e tutti quelli che hanno più bisogno di un aiuto fraterno e vicendevole.

     
    D. - In che modo concreto l’Unione apostolica del clero aiuta i sacerdoti che vivono situazioni di disagio?

     
    R. - Quello che noi offriamo, non è un aiuto così diretto: è un appello che facciamo a tutti i vescovi ed è poi il vescovo a prendere le iniziative opportune. Noi sollecitiamo quella paternità, diciamo, da parte del vescovo verso i propri sacerdoti, perché siano aiutati a risolvere i loro problemi.

     
    D. - L’Unione apostolica del clero ha dei momenti di fraternità anche all’interno dell’Associazione?

     
    R. - Sì, quello che noi chiamiamo “Cenacolo”: ogni mese i membri si ritrovano per condividere insieme, fraternamente, i problemi, per un aiuto pastorale, spirituale, economico, in tutte le dimensioni cioè che toccano l’aspetto umano e spirituale della formazione.

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    Tante persone ai funerali di Gabriele Sandri, nella Chiesa di San Pio X a Roma. La riflessione del cardinale Saraiva Martins

    ◊   Una folla enorme ha preso parte oggi nella Chiesa di San Pio X, parrocchia del quartiere romano della Balduina, ai funerali di Gabriele Sandri, il tifoso ucciso domenica scorsa da un poliziotto sull’Autosole. Episodio che ha scatenato una vera e propria guerriglia urbana tra polizia e ultras in varie zone della capitale, e che oggi ha portato il ministro dell’interno Amato ad avvertire: siamo pronti a reagire in caso di violenze. Oltre mille le persone presenti in chiesa e altrettante quelle che sono rimaste fuori. A partecipare anche esponenti politici, tra cui il sindaco di Roma Veltroni che ha decretato due ore di lutto cittadino. Servizio di Francesca Sabatinelli:


    Una chiesa stracolma, e tanti applausi per Gabriele Sandri. In Chiesa ultras, venuti da tutta l’Italia, soprattutto romanisti, uniti da questa tragica vicenda che ha colpito le tifoserie di tutto il Paese, che già ieri nella camera ardente avevano espresso il loro cordoglio. Tra i banchi anche l’intera squadra della Lazio e il capitano della Roma Totti. Forti le parole di don Paolo Tammi, il parroco che ha celebrato i funerali: "La violenza non genera giustizia. Ma cosa ha fatto Gabriele per morire? Non si poteva evitare tutto questo?". Don Tammi ha inviato messaggi alle istituzioni e ai tifosi, ha sollecitato le prime a far presto luce sull’accaduto, ad arrivare a giustizia e verità; se si parla di perdono, ha spiegato, bisogna anche parlare di giustizia e per Gabriele ci deve essere una giustizia umana che non sia vendetta. Agli amici del ragazzo a chiesto di evitare la vendetta, di fermare la violenza, che non genera giustizia:


    "A tutti voi, amici di Gabriele, a tutti voi che siete qui oggi, ragazzi, dico che Gabriele era un ragazzo sano, buono, amava la vita, le coccole, l’amore. Non era un violento, nei suoi occhi non c’era né vendetta né fallo di reazione".


    Più volte don Tammi è stato interrotto dagli applausi, anche quando ha spiegato che l’odio stringe il cuore in una morsa, e quando ha ricordato che il calcio con questa tragedia c’entra poco. La bara di Gabriele è uscita dalla Chiesa portata a spalla dagli amici, attraversando ali di folla che coralmente ha scandito la parola giustizia. Nel pomeriggio, il quartiere romano della Balduina, sarà attraversato da un corteo, organizzato dagli amici di Gabriele.

    Ma come evitare che lo sport sia nuovamente segnato da violenze e tragici fatti, come quelli avvenuti domenica scorsa dopo la notizia della morte di Gabriele? Luca Collodi lo ha chiesto al cardinale portoghese Josè Saraiva Martins, grande appassionato di calcio:


    R. – A mio avviso l’ordine pubblico di per se non può bastare. Sarà sempre inefficace se manca una vera formazione umana dei cittadini. Per me è semplicemente assurdo che nel 2007 accadano ancora questa cose, che giocare a calcio sia diventato un pericolo per i cittadini, quando invece lo sport dovrebbe essere una festa, un divertimento.

     
    D. – La violenza può essere combattuta nelle scuole, anche con l’insegnamento dell’educazione civica ...

     
    R. – Direi che soprattutto ci vuole una educazione veramente civica, da cittadini che vivono nel 21.mo secolo. Noi crediamo di aver raggiunto l’apice del progresso nei vari settori della vita umana. Questa violenza non è progresso è regresso, perché una realtà umana si può chiamare progresso solo nella misura in cui aiuta la convivenza umana ad essere sempre più umana. Quindi penso che le autorità devono prendere molto sul serio questo problema che non è un problema superficiale, non è un problema accidentale ma fondamentale che riguarda non solo i giovani ma tutta la società umana.

     
    D. – I giovani che compiono atti di violenza spesso dicono di ricercare la giustizia attraverso la violenza ...

     
    R. – Mai la violenza sarà un mezzo per cercare la giustizia. Certamente la violenza porta a nuove violenze e non porta mai alla giustizia, intesa questa bellissima parola ‘giustizia’ in quel senso profondamente umano che è del nostro linguaggio comune.

     
    D. – Perché questo malumore sociale dei giovani emerge proprio a partire dallo sport, che invece dovrebbe essere un momento valoriale, di comunità?

     
    R. – Proprio perché vengono a mancare quei valori centrali, fondamentali di ogni convivenza umana: qui naturalmente hanno un ruolo molto importante le famiglie. L’educazione dei giovani si fa certamente nelle scuole, ma sono i genitori che devono orientare e formare bene i loro figli che sono i giovani che poi vanno allo stadio. I genitori sono i primi formatori dei propri figli. Quelli che commettono questi atti di violenza non è che sono figli di nessuno, appartengono ad una famiglia. Allora la famiglia deve essere responsabile di quello che fanno i loro figli: bisogna andare all’origine, proprio alla causa ultima di questa mancanza di formazione.

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    Cento anni fa nasceva padre Pedro Arrupe, 28.mo preposito generale della Compagnia di Gesù: intervista con il cardinale Tucci

    ◊   Ricorre oggi il 100.mo anniversario della nascita di padre Pedro Arrupe, ventottesimo preposito generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983 e artefice del rinnovamento conciliare dei Gesuiti. In Spagna, in questi giorni, i mezzi di comunicazione hanno dato ampio risalto alla figura di padre Arrupe. Per ricordare il gesuita basco si è anche tenuta ieri una manifestazione a Bilbao, dove padre Arrupe è nato il 14 novembre del 1907. Il servizio di padre Ignacio Arregui:


    Ieri, padre Pêter Hans-Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù, ha pronunciato all’Università di Deusto (Bilbao) una lezione che chiamerei magistrale. Padre Kolvenbach ha affrontato nel suo intervento l’intero periodo post-conciliare nella Chiesa e nella Compagnia di Gesù. Tutto alla luce di quella che è stata l’esperienza personale di Pedro Arrupe come preposito generale della Compagnia di Gesù. Padre Kolvenbach è riuscito ad offrire una visione globale, della problematica situazione che si è vissuta dopo il Concilio Vaticano II. Ed ha offerto alcuni chiarimenti fondamentali per poter valutare, l’atteggiamento di Pedro Arrupe assolutamente identificato con il Vaticano II, ma anche cosciente dei rischi, dei limiti, e perfino degli errori che potevano accompagnare quella nuova esperienza. Molte le espressioni, le formulazioni di padre Kolvenbach che meriterebbero di essere riportate. Ma, come sintesi dei tanti aspetti affrontati nel suo intervento, può essere utile ricordare queste parole pronunciate da Pedro Arrupe: “Siamo straordinariamente attivi nel trovare modi per impedire allo Spirito di agire personalmente, ed è così che il Vangelo diventa allora lettera morta. Sono profondamente convinto di una cosa: che senza una vera conversione personale, non saremo in condizione di rispondere alle sfide che ci lancia questo nostro oggi”. Un applauso che è durato parecchi minuti è stata la prova dell’interesse e dell’entusiasmo con il quale il pubblico ha ascoltato il discorso di padre Kolvenbach che è durato un'ora e quindici minuti. Erano presenti il vescovo di Bilbao, mons. Ricardo Blázquez, presidente della Conferenza episcopale spagnola, il suo vescovo ausiliare, tutti i superiori gesuiti, regionali, spagnoli e tante personalità della vita accademica e politica di Bilbao e dei Paesi Baschi. (Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui)

    Padre Arrupe, che ha anche istituito il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, era convinto, come Sant’Ignazio, che nella salute o nella malattia, in una vita lunga o breve, la missione per la gloria di Dio non cessa di compiersi. Nella sua ultima omelia aveva anche detto: “Senza dubbio sono passato attraverso molte difficoltà, piccole e grandi, ma sempre aiutato dal conforto di Dio. Questo Dio nelle cui mani mi sento ora più che mai”. Per un ricordo del gesuita basco, scomparso il 5 febbraio del 1991, ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande, il cardinale Roberto Tucci:


    R. – E’ stato un personaggio dell’immediato post-Concilio, un po’ travolto da tutte le difficoltà di quel periodo, ma che ha rappresentato una forte spiritualità missionaria e una forte radicazione nella spiritualità di Sant’Ignazio.

     
    D. – Cosa ha dato alla Compagnia di Gesù, a cui lei appartiene?

     
    R. – Ha dato il rinnovamento delle Costituzioni della Compagnia nel quadro dei documenti del Concilio Vaticano II, soprattutto quello riguardante il rinnovamento della vita religiosa alla luce del Concilio.

     
    D. – Testimone di questi anni anche travagliati del dopo-Concilio, Padre Arrupe come aveva letto questo passaggio della storia della Chiesa?

     
    R. – L’aveva letto con grande fiducia e con grande entusiasmo; cercava di convogliare il corpo intero della Compagnia, che era diviso come era un po’ diviso tutto il mondo cristiano e cattolico in quel periodo. Lui è stato eletto quando il Concilio era verso la fine, ma dopo è stato uno di quelli che ha vissuto, più interiormente, il cambiamento del Concilio, cambiamento che naturalmente non era una rivoluzione ma semplicemente uno sviluppo, una riforma, ma nella continuità.

     
    D. – Ecco, la Compagnia di Gesù come sta portando avanti questa eredità?

     
    R. – Soprattutto ispirandosi ai testi nei quali padre Arrupe ha espresso la sua spiritualità. Io li rileggo, ogni tanto, perché quelli non sono criticabili; il suo 'governo', magari, ha avuto dei lati meno positivi perché padre Arrupe era un uomo che aveva una grande fiducia negli altri, e questo qualche volta non gli ha permesso di vedere subito delle cose che andavano corrette nella vita della Compagnia in quel periodo un po’ turbolento dell’immediato post-Concilio.

     
    D. – Padre Arrupe visse gli ultimi 10 anni della sua vita immobilizzato, per via di un ictus. Una biografia particolare, la sua. Lei però, vuole sottolineare in particolare la spiritualità di questo gesuita ...

     
    R. – Padre Arrupe ha vissuto quegli anni in maniera veramente esemplare, per cui qualunque sia il giudizio sul governo della Compagnia nel periodo in cui lui è stato padre generale, rimane un tesoro, questa sua maniera di vivere il suo isolamento, la mancanza di possibilità di comunicare e la sua obbedienza; certamente ha sofferto molto delle decisioni che sono state prese. In fondo, c’è stato un po’ una specie di commissariamento del governo della Compagnia, ma ha sempre risposto con questa sua obbedienza e questa devozione al Papa, nonostante tutto.

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    Con il confronto tra mons. Ravasi e Giuliano Ferrara sul "Gesù di Nazaret" del Papa, sono ripresi in Laterano i Dialoghi in Cattedrale

    ◊   Per i “Dialoghi in Cattedrale”, promossi dalla Diocesi di Roma, si è svolto ieri sera in una affollata Basilica di San Giovanni in Laterano, l’atteso confronto tra l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ed il direttore del quotidiano “Il Foglio”, Giuliano Ferrara sul “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI. “Un libro che rappresenta un avvenimento nella storia del mondo moderno”, ha sottolineato Ferrara. Un testo, ha detto Mons. Ravasi, che impegna “a riconoscere autenticamente il volto di Cristo, oltre gli strumenti della ricostruzione storica. Il servizio di Luca Collodi:


    Il "Gesù di Nazareth” scritto dal Papa entra in modo deciso nella cultura profana proponendo un metodo per leggere la Scrittura con una feconda combinazione tra fede e ragione. "Benedetto XVI, spiega Giuliano Ferrara, sa che nel mondo la ragione e la fede vivono vite separate”, ma sa anche “che gli uomini e le donne della nostra epoca vivono nel crepuscolo del razionalismo e nella notte del relativismo e che a questa mancanza di luce si ribellano”. “Ed è per questo, afferma Giuliano Ferrara, che il suo Gesù incarnato diventa un significato anche per chi non crede”:
     
    “Nello scrivere questo libro il Papa doveva smantellare alcuni dogmi. Doveva smantellare alcuni dogmi laici: per esempio, quello che porta ad accettare Gesù come uomo e negare la possibilità messianica dell’Incarnazione. Oppure, accettare il carisma morale dei Vangeli e negare il loro mistero, la Risurrezione. Oppure, ancora, accettare la storia cristiana come passato e negare la memoria cristiana, la testimonianza -parola chiave di tutto il cristianesimo- che si perpetua come eterno presente”.

     
    Per mons. Gianfranco Ravasi, l’impegno fondamentale per conoscere autenticamente il Volto di Cristo è quello “non soltanto di riuscire a definirne l’impegno storico, documentario, ma è soprattutto il tentativo di scoprire la dimensione trascendente, del Mistero, affidata ad altri canali della conoscenza umana come la teologia e la ricerca spirituale”:

     
    “Dobbiamo cercare di ricordare, ed è questa la sfida del libro, che noi siamo alla ricerca, sì del Gesù storico, e andremo col metodo storico-critico, con la strumentazione disponibile … però alla fine, fatta questa operazione, noi non abbiamo il Gesù reale. Abbiamo bisogno di un altro canale di conoscenza, di un altro percorso attraverso un’altra strumentazione, per la ricostruzione di questo Gesù reale, che non abbia solo lo scheletro ricostruito attraverso la metodologia storico-critica: perchè allora non ricorrere anche al percorso teologico, al percorso mistico, strettamente e rigorosamente inteso?”.

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    Si celebra oggi la Giornata Mondiale del diabete

    ◊   Molte città del mondo, nei loro luoghi più significativi, si illuminano oggi di luce blu per celebrare la Giornata Mondiale del Diabete. È il caso, in particolare, della suggestiva skyline di New York, sede delle Nazioni Unite. Con una risoluzione, l'ONU lo scorso dicembre ha sottolineato la gravità del diabete, dedicandogli la Giornata del 14 novembre. Il servizio di Andrea Rustichelli:


    Il diabete ha un vasto impatto sociosanitario. Nei Paesi poveri, il problema è l’accesso alla diagnosi e all’insulina, mentre nel mondo sviluppato i punti critici sono la cattiva alimentazione e la sedentarietà, terreni fertilissimi per l’insorgenza della malattia. Sono circa 246 milioni le persone con diabete nel mondo; si stima che nel 2025 i malati potrebbero diventare 380 milioni. E sono ingenti le ricadute economiche sui sistemi sanitari. Negli Stati Uniti, i costi del diabete ammontano a oltre 44 miliardi di dollari, circa l’1,3 per cento del PIL. La risoluzione dell’ONU – un fatto raro e significativo in ambito sanitario – è il frutto di una campagna di opinione guidata in particolare dalla Federazione internazionale del diabete, che raggruppa associazioni di medici e pazienti ed ha diversi partner, come la Novonordis, che promuove un’efficace campagna di prevenzione: “Changing Diabetes”.

     
    L’Italia è un Paese d’eccellenza nel trattamento della malattia, grazie alla legge 115 del 1987, che istituisce i centri diabetologici sul territorio. Sentiamo Paola Pisanti, presidente della Commissione nazionale diabete del Ministero italiano della Salute:

     
    R. – Si tratta di una patologia che ha un impatto sanitario forte, ma soprattutto un impatto sociale, cioè nella vita quotidiana del paziente. Cosa c’è da fare? C’è da cambiare soprattutto un po’ la cultura all’approccio alla malattia. Si tratta di una patologia cronica e quindi richiede un approccio non di emergenza, ma un intervento basato sulla continuità assistenziale.

     
    D. – Quanto è importante il divulgare modelli e stili di vita che siano positivi, come quello incentrato per esempio su una buona dieta, sullo sport …

     
    R. – La terapia non è soltanto farmacologica, ma è una terapia dietetica, è una terapia basata anche sull’attività e sul movimento. Quindi è fondamentale sia per la prevenzione della complicanza, sia proprio per impedire la malattia. E’ fondamentale lavorare su questo aspetti: noi, in Italia, ci stiamo lavorando, qui, al Ministero attraverso il programma “Guadagnare salute”, che si incentra proprio sulla prevenzione del rischio delle malattie.

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    Chiesa e Società



    Si è spento a Roma, il padre missionario gesuita Francesco Belfiori per 50 anni al servizio della Chiesa in Cina

    ◊   Si è svolta ieri a Roma, presso la chiesa del Gesù, la cerimonia funebre del missionario gesuita padre Francesco Belfiori, spentosi domenica scorsa all’età di 82 anni dopo una lunga malattia. A presiedere i funerali è stato mons. Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, che ha presentato le condoglianze del Santo Padre e la gratitudine della Santa Sede per il lavoro svolto dal missionario nei suoi 50 anni di servizio alla Chiesa in Cina. Padre Belfiori è stato, infatti, tra i primi religiosi cattolici ad intessere i rapporti con la Chiesa cinese dopo la Rivoluzione culturale e la morte di Mao Zedong. Ed è proprio ad Hong Kong, che negli anni ’90, mons. Filoni ha conosciuto di persona il padre gesuita, durante una Missione di studio della Santa Sede verso la Cina nella quale p. Belfiori ha offerto la sua amicizia e il suo contributo in qualità di esperto della vita della Chiesa cinese. “Partecipava alle celebrazioni più importanti della parrocchia, spesso in compagnia del rappresentante della Santa Sede – ha ricordato padre Galbiati, missionario del Pime ad Hong Kong – ed era difficile sfuggire al fascino della sua bontà e gentilezza”; da lui, inoltre, si recavano giornalisti ed esperti sinologi di ogni nazione per attingere nuove conoscenze e confrontarsi in merito alla situazione politico - sociale del Paese. Originario della Sardegna, padre Belfiori nacque l’11 ottobre 1925, ed entrò nella Compagnia di Gesù di Galloro Ariccia, nel 1945. Subito dopo gli studi di Filosofia, compiuti a Messina, fu destinato alla Cina come missionario; qui, già sacerdote, fu molto attivo nella provincia di Hukou e in molti servizi apostolici in Taiwan. Nel 1973 fu inviato proprio a Taiwan per coordinare il lavoro dei gesuiti in veste di superiore del distretto, mentre nel 1979, prestò servizio per un anno presso la Nunziatura Apostolica di Taipei. E’ del 1980 la chiamata ad Hong Kong, per una missione speciale e delicata: occuparsi nella maniera più efficace dei bisogni più urgenti dei gesuiti che, per 25 anni, subirono prigionia e lavori forzati nella Cina continentale. P. Belfiori fu capace di assolvere l’incarico prendendo contatto con la maggior parte di essi e anche grazie a loro potè ricevere preziose informazioni sulla situazione di vescovi, religiosi e religiose. Costretto nel 2002 a tornare in Italia per l’aggravarsi del suo stato di salute, non fece più ritorno nella sua terra di missione, ma offrì le sue sofferenze per il futuro della Cina che considerava ormai la sua nuova patria. (F.F)

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    Ancora scontri nella regione congolese del Nord Kivu tra i ribelli di Nkunda e le truppe regolari

    ◊   Un assalto ai campi profughi nei pressi di Goma, capitale della provincia, ha provocato la fuga di migliaia di civili. Sarebbero circa 26 mila le persone fuggite dai campi profughi del Nord Kivu a seguito di un attacco sferrato ieri dalle milizie armate del generale ribelle Nkunda. Lo denuncia il portavoce dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, e le organizzazioni non governative attive nella provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo, nella regione africana dei Grandi Laghi. I miliziani di etnia tutsi, riporta il quotidiano Avvenire, avrebbero attaccato tre campi profughi di Mugugna, a circa dieci chilometri da Goma, capoluogo della provincia. Secondo fonti militari i guerriglieri avrebbero assaltato anche postazioni governative adiacenti all’accampamento, per essere poi respinti dalle truppe regolari. Almeno 27 i ribelli rimasti uccisi nello scontro a fuoco. Solo nelle prime ore di questa mattina, riporta l’agenzia di stampa francese AFP, nell’area sarebbe tornata la calma. In queste ore i civili starebbero lentamente tornando nei campi abbandonati alla vigilia degli scontri. (C.D.L.)

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    India: attaccati e saccheggiati due conventi di religiose cattoliche

    ◊   Ancora episodi di violenza contro i cristiani, in India. A denunciare i fatti è l’Osservatore Romano che in merito scrive: “Ad essere presi di mira questa volta sono stati due conventi di religiose cattoliche, attaccati e saccheggiati nello stato del Bihar, nell’India Nordorientale”. In un caso, si tratta della casa della Carità di Nazareth a Rajgir, in cui due uomini armati sono entrati minacciando la direttrice dell’Istituto e colpendola alla testa; nel secondo assalto invece, ad essere coinvolta è stata la comunità delle suore del Sacro Cuore di Muzzaffarpur, che si occupa di bambini poveri e di malati di Aids. Il vicario generale dell’arcidiocesi di Patna, mons. Devasta Mattathinani, ha condannato le violenze subite dalle sorelle spiegando che la ragione di tanta ostilità nei confronti dei cristiani è motivata dall’impegno nel sociale portato avanti dai religiosi e dalle religiose del Paese. “Siamo a servizio della gente, dovremmo essere protetti”, ha dichiarato il sacerdote. La Chiesa Cattolica in India offre il proprio aiuto alla popolazione senza discriminazioni, agendo nel campo della sanità, dell’istruzione, dei servizi sociali; secondo l’ultimo rapporto presentato dalle autorità indiane, per la crescita dell’estremismo religioso, le comunità cristiane nel Paese hanno subito oltre 460 aggressioni negli ultimi venti mesi. (F.F)

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    Iraq: il Patriarca Delly chiede al presidente Talabani di inserire l'insegnamento della religione cristiana nelle scuole pubbliche

    ◊   “Il presidente iracheno Talabani ha promesso al patriarca caldeo Mar Emmanuel III Delly di intervenire presso il ministero dell’Istruzione affinché anche gli alunni cristiani possano sostenere a fine anno, l’esame di religione cristiana che permetterebbe loro di ottenere votazioni finali maggiori”. Lo rivela in un’intervista al sito dell’Ufficio pastorale migranti dell’arcidiocesi di Torino, mons. Jacques Isaac, vescovo responsabile per gli affari culturali del patriarcato di Babilonia dei Caldei e rettore del Babel College, l’unica facoltà cristiana di studi teologici in Iraq. “Il sistema educativo iracheno – spiega il presule - è basato sulla valutazione centesimale data dalla somma dei voti finali in ogni materia studiata. In molte scuole l’unico insegnamento religioso impartito è quello islamico e di conseguenza per gli studenti cristiani è molto difficile avere votazioni finali uguali a quelli dei loro compagni musulmani che invece sostengono un esame in più”. Per questo motivo “il Patriarca ha chiesto al presidente iracheno di garantire l’insegnamento della religione cristiana nelle scuole pubbliche dove la percentuale degli studenti cristiani raggiunge il 25%, come accadeva nel regime di Saddam Hussein”. Altra difficoltà rappresentata da mons. Isaac è quella di “trovare oggi professori in grado di insegnare la religione cristiana. La fuga e l’emigrazione forzata dei cristiani hanno fatto scomparire dal Paese molte figure preparate. Ci sono poi i problemi del caos che regna a Baghdad e che non ha risparmiato il ministero dell’Istruzione, e dell’appartenenza politica dei responsabili di tali decisioni che a volte può ostacolare o rallentare l’iter di leggi favorevoli alla minoranza cristiana”. Nonostante i problemi, conclude il vescovo, “i cristiani sono ancora percepiti come “portatori di cultura.” Tutti sanno che prima della nazionalizzazione delle scuole da parte del passato regime nel 1972 le scuole cristiane erano considerate le migliori del Paese tanto che le famiglie musulmane più in vista vi mandavano i propri figli a studiare, ed alcuni dei protagonisti dell’attuale scena politica irachena, di fede islamica, hanno studiato in esse. (R.P.)

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    La Conferenza episcopale statunitense ha un nuovo presidente

    ◊   E’ il cardinale Francis Eugene George, già arcivescovo di Chicago, il nuovo presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. La sua elezione è stata ufficializzata ieri, nel corso dell’assemblea generale dell’Organismo in corso a Baltimora. Il cardinale George, che rimarrà in carica tre anni, è nato a Chicago nel 1937 ed è sacerdote degli Oblati di Maria Immacolata; succede al vescovo di Spokane, mons. William Stephen Skylstad. In un messaggio redatto durante la stessa assemblea generale, i vescovi americani sono tornati sulla situazione irachena, definita inaccettabile e insostenibile. “La nostra conferenza – si legge – punta la sua attenzione sull’obiettivo di una transizione responsabile”. Richiamando l’amministrazione di Washington al senso dell’etica piuttosto che alla strategia militare i vescovi fanno riferimento al pericoloso stallo politico dell’Iraq, che blocca anche il processo di riconciliazione nazionale. “Riteniamo – continua il testo – che gli Stati Uniti debbano collaborare con la Siria e l’Iran, di importanza critica per portare un po’ di stabilità in Iraq; il rispetto per l’autodeterminazione degli iracheni suggerisce che la nostra nazione non cerchi di costruire basi militari permanenti in quel Paese, né cerchi di controllarne le risorse petrolifere”. Facendo appello agli insegnamenti della Chiesa, i presuli richiamano al concetto di pace e giustizia attraverso uno sforzo generale: politico, diplomatico ed economico. Un appello, infine, i vescovi americani hanno lanciato all’amministrazione Bush, affinché vengano impiegati maggiori sforzi e impegni sostanziali per venire incontro ai milioni di profughi e sfollati provocati dal conflitto. (F.F)

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    Messico: i lavori dell'84.ma Assemblea generale dei vescovi alla luce del documento di Aparecida

    ◊   “La Chiesa sarà missionaria se ognuno dei suoi membri avrà una forte coscienza della necessità di annunciare il Vangelo nel luogo della propria esistenza, per trasformare la realtà e stabilire il Regno di Dio”: con queste parole si è espresso ieri in Messico il neo nunzio apostolico mons. Christophe Pierre all’apertura della 84.ma Assemblea plenaria dei vescovi messicani presso la Basilica di Guadalupe. Ricordando l’insegnamento di Benedetto XVI, il presule ha rilevato che la “grande sfida della Chiesa è quella di essere segno vivo della presenza di Dio nella realtà umana per annunziare il Vangelo nel mondo d’oggi con la sua cultura che cambia”. Il Santo Padre, ad Aparecida, ha ricordato il nunzio, “ha giustamente richiamato l’attenzione su tutti i campi prioritari del rinnovamento della Chiesa e lo ha fatto rammentando il contesto della relativizzazione dei valori e l’avanzamento del secolarismo”. Mons. Pierre ha ricordato poi che il Papa, in particolare, come sfide fondamentali, “ha identificato la famiglia, i presbiteri, le religiose, i laici nonché i giovani e i movimenti ecclesiali, tutti compiti che la Chiesa messicana affronta da sempre e che oggi, alla luce del documento di Aparecida, si propone di aggiornare nell’ambito dei piani pastorali”. Affidando i lavori della Plenaria alla protezione di Nuestra Señora di Guadalupe, mons. Pierre, ha trasmesso poi un forte incoraggiamento ai presuli messicani affinché con la loro azione pastorale accrescano le “conversioni personali dei fedeli poiché questo darà linfa nuova alla Chiesa stessa”. (T.C.)

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    I vescovi argentini chiedono l’impegno della società civile nella lotta contro la droga

    ◊   Un appello contro la droga, che intrappola i giovani e “annulla il dono della libertà”, viene dai vescovi dell’Argentina, in occasione della 94.ma Assemblea Plenaria dell'Episcopato, celebrata a Buenos Aires dal 5 al 9 novembre. "La tossicodipendenza non è solo un problema di sostanze, bensì piuttosto di cultura, di valori, di condotta e di opzioni" si legge nella Lettera Pastorale diffusa dai vescovi. Un documento, riporta l’agenzia Fides, nel quale i presuli argentini danno voce al dolore delle tante famiglie colpite dal dramma della droga. "Tutto quello che è in relazione con la droga è disumanizzante – ricordano i vescovi - sommerge con il fallimento i progetti di vita e sottomette le famiglie a dure prove". Un male terribile che “avanza sfruttando l'innocenza e la fragilità dei bambini", "obbligati ad affrontare un presente precario ed un futuro incerto", e che è alimentato nel Paese dalla piaga del narcotraffico. Per fronteggiare l’emergenza i vescovi argentini invitano la società nel suo insieme a creare “rete sociale che favorisca la cultura della vita", a demolire l’illusione che sia facile liberarsi dall’assuefazione alle droghe, e a "denunciare e perseguire i mercanti di morte”. “Una lotta frontale contro il traffico ed il consumo", riporta il documento, verso la quale “devono concorrere tutte le risorse su cui conta il nostro Stato di diritto”. (C.D.L.)

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    "Fare della Bolivia una casa di fratelli per vivere e convivere con dignità". Messaggio dei vescovi del Paese al termine della loro Plenaria

    ◊   “E’ indispensabile che il cambiamento verso nuovi orizzonti di pace, giustizia e convivenza fraterna, si realizzi nel rispetto della dignità della persona umana, della sua identità culturale e religiosa e che venga salvaguardata la libertà individuale e collettiva nell’esercizio dei diritti e delle responsabilità”: è quanto scrivono i vescovi della Bolivia sulla realtà Paese nel loro messaggio al termine della 85.ma Assemblea plenaria conclusasi ieri a Cochabamba. Riflettendo sul tema “Fare della Bolivia una casa di fratelli per vivere e convivere con dignità”, i presuli hanno discusso dei problemi sociali del Paese; nel documento conclusivo dell’Assemblea invitano ad evitare la violenza, le minacce o le manipolazioni di gruppi o settori della popolazione. “Il clima di tensione che si vive – si legge nel documento dell’episcopato – crea nei cittadini un sentimento di insicurezza di fronte al futuro, aggravato dai problemi economici, come la mancanza di lavoro e l’aumento del costo della vita, che pregiudicano in maniera diretta i più poveri e gli emarginati”. Per i presuli “è urgente recuperare il senso della razionalità nelle relazioni fra i boliviani, sradicando il ricorso alla violenza che è diventato quasi una pratica normale”, perché “solo ed unicamente con il dialogo costruttivo e sincero si potranno superare le differenze e si raggiungeranno le trasformazioni urgenti richieste per il Paese”. L’invito al dialogo, aggiungono i vescovi, “vale in modo speciale per l’Assemblea Costituente, perché possa responsabilmente configurare quei cambiamenti nella nuova Costituzione Politica dello Stato, che lo stesso popolo boliviano chiede”. I presuli sottolineano poi la necessità di una vita migliore per il popolo boliviano, “perché Dio ci ha fatti soggetti di diritti e di doveri nella creazione e nella storia”. “Dalla prospettiva del Vangelo della vita, che come Chiesa costantemente abbiamo annunciato – affermano i presuli – è motivo di speranza il riconoscimento che stanno raggiungendo i popoli indigeni e i settori storicamente emarginati nella nostra società, come attori e cittadini con pieno diritto”. (T.C.)

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    I vescovi del Paraguay illustrano in un messaggio i problemi del Paese

    ◊   Povertà, disoccupazione e disgregazione delle famiglie. Sono alcuni dei malesseri che, secondo i vescovi del Paraguay, investono la realtà sociale del Paese latinoamericano. Nel messaggio diffuso al termine dell’Assemblea plenaria, tenutasi dal 5 al 9 novembre scorsi, i presuli sottolineano, in particolare, la mancanza di un’equa distribuzione delle ricchezze. Il lavoro – aggiungono – spesso non è adeguatamente retribuito e “la riforma educativa non è riuscita a risolvere i gravi problemi”. I vescovi denunciano anche carenze nel sistema sanitario e precarie condizioni economiche e sociali per gran parte della popolazione. L’emigrazione in molti casi diventa, poi, una delle cause di fenomeni destabilizzanti, quali “la disgregazione delle famiglie”, la “diminuzione della popolazione” e la “lenta disintegrazione della società”. Analizzando inoltre la situazione politica del Paese, i presuli del Paraguay si domandano se realmente “esista un’autentica democrazia” nello Stato latinoamericano. Lamentano quindi la mancanza di proposte convincenti per la nazione ed esortano il governo a lanciare un piano “per la creazione di posti di lavoro” in grado di aiutare, specialmente, le famiglie più disagiate. I vescovi chiedono infine a tutti i cittadini del Paraguay di “partecipare attivamente alle elezioni con il loro voto responsabile”, sapendo che può contribuire a combattere la corruzione. (A.L.)

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    Dal Cile oltre 400 esperti lanciano l’idea di un’Assemblea Mondiale di Parlamentari per una politica internazionale pro vita

    ◊   Un’Assemblea Mondiale di Parlamentari per la Vita: a proporla sono oltre 400 esperti e rappresentanti di 17 Paesi che si sono incontrati a Santiago del Cile per discutere della difesa e promozione della vita. Ora si punta ad un nuovo incontro nel 2008 in Spagna, con la collaborazione dell’Università San Tommaso di Santiago del Cile e della Fondazione spagnola San Pablo-CEU, per far crescere il numero dei Paesi, dei parlamentari e governanti che aderiscano all’ “Impegno per la Vita”. Secondo Lola Velarde, presidentessa della “Rete Europea dell’IPF”, perchè persone e parlamentari di diverse sensibilità ed ideologie possano dialogare sui valori della vita, “è necessario affrontare la politica a beneficio della vita nell’autentica trasversalità, senza costituire monopoli di nessun partito politico, perché si delinei come un’autentica strategia a beneficio della difesa dei diritti umani”. “La scommessa per la vita non può essere la scommessa di un Paese o di alcuni parlamentari, bensì la scommessa di tutta l’umanità” ha affermato. Va ricordato che dal 2002, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) sponsorizza riunioni regionali a livello parlamentare, allo scopo di diffondere il concetto della “salute riproduttiva”, che include la pratica dell’aborto. Secondo gli esperti che si sono incontrati a Santiago del Cile, un’Assemblea mondiale dei Parlamentari pro vita può essere una risposta per offrire opinioni e convinzioni diverse da quelle che molti organismi ONU diffondono. La prima riunione dell’UNFPA si svolta ad Ottawa, in Canada, nel 2002, la seconda a Strasburgo nel 2004, la terza nel novembre 2006 a Bangkok, in Tailandia, con la partecipazione di 180 parlamentari asiatici. L’UNFPA ha recentemente preparato un piano quadriennale di 224 milioni di dollari per sostenere e far crescere “la consapevolezza dei diritti riproduttivi”, sostiene poi che “il diritto alla salute riproduttiva si applica a tutte le persone di tutti i tempi” ed asserisce che il nuovo programma tiene conto della cultura e del clima socio-economico di particolari aree geografiche, come ad esempio la problematicità nel promuovere l’aborto negli stati arabi. Guardando alle azioni proposte per l’Africa, nel mirino dell’UNFPA ci sono i tassi relativamente alti di fertilità che hanno portato ad una crescita della popolazione, la quale, secondo l’organismo, sta “oltrepassando la capacità delle economie di generare posti di lavoro”. Ma l’UNFPA sembra ignorare il fatto che i tassi di fertilità, nella maggior parte dei Paesi africani, stanno scendendo drasticamente e che la longevità, in alcune nazioni, è ormai scesa intorno ai 40 anni. Il programma dell’UNFPA propone l’aumento dell’uso dei preservativi tra gli adolescenti e non sempre dà la dovuta importanza all’educazione sessuale. I critici dell’UNFPA fanno notare che l’agenzia usa come intercambiabili i termini “servizi di salute riproduttiva”, “diritti riproduttivi” e “salute riproduttiva”, espressioni molto discusse nella politica sociale dell’ONU, perché continuano a essere “forzate” da pressioni internazionali di tipo economico e commerciale. (L.B. – T.C.)

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    La Chiesa bulgara ricorda i martiri uccisi durante il regime comunista

    ◊   "La santità compito per tutti gli uomini", da queste parole di Benedetto XVI prende spunto anche la Chiesa cattolica in Bulgaria che ieri ha celebrato la festa dei suoi martiri fucilati dal regime comunista. Sono il beato Eugenio Bossilkov, vescovo di Nicopoli e i tre padri assunzionisti Kamen Vicev, Pavel Dgigzov e Josafat Sciskov. Una messa solenne in loro ricordo nella concattedrale di S.Giuseppe a Sofia è stata concelebrata dal nunzio apostolico in Bulgaria mons. Giuseppe Leanza, dal presidente dei vescovi bulgari mons. Hristo Projkov e dal custode dei frati cappuccini nel Paese padre Mariusz Polzin. Ieri - riferisce lìAgenzia Sir - ricorreva anche il centenario dalla nascita di Giovanna di Savoia, regina di Bulgaria e madre dell' ex premier il re Simeone II di Sasso Coburgo Gota. Oltre ai numerosi fedeli ed ai familiari della defunta regina alla celebrazione hanno partecipato molti diplomatici, religiosi e religiose che hanno conosciuto Giovanna di Savoia prima dell'avvento del comunismo. "I beati bulgari - ha detto mons. Leanza nell'omelia - sono modelli per i cristiani di oggi, specialmente per i giovani di Bulgaria che cercano di dare un senso alla loro vita e vogliono seguire Cristo". "In questa strada - secondo il presule - di aiuto potrebbe essere anche l'esempio di Giovanna di Savoia per le sue doti e virtù umane e cristiane, i suoi esempi di madre tenera ed affettuosa, la sua dedizione, bontà e carità verso gli altri". La figura di Giovanna di Savoia è stata ricordata anche da mons. Loris Francesco Capovilla, per lunghi anni, segretario particolare del Beato papa Giovanni XXIII che fu nunzio in Bulgaria. "L'essere noi cattolici ci ricorda che siamo fratelli degli Ortodossi e degli Ebrei; siamo, e vogliamo essere, amici dei Musulmani e di tutti coloro che cercano Dio, obbediscono alle Sue leggi e confidano di essere accolti un giorno nella dimora celeste. La Regina Giovanna lo ha testimoniato nel corso della sua lunga esistenza, illuminata dalla Fede e scaldata dalla carità, e nel suo sereno transito aureolato di semplicità francescana". (I.M.)

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    Una nota pastorale contro la mafia. L'appello ai giovani dei vescovi calabresi

    ◊   Il prossimo 25 novembre, tutte le parrocchie della Calabria riceveranno la nota dei vescovi locali sul tema della lotta alla mafia. Il documento era stato stilato nel gennaio dello scorso anno, in occasione del convegno sulla legalità organizzato dalla Caritas, ma è stato richiesto dal presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Bagnasco, nell’ultima seduta del consiglio permanente in cui è stato affrontata la questione del Mezzogiorno. “All’interno della nota – ha dichiarato mons. Vittorio Mondello, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria e presidente della Conferenza episcopale calabrese – è evidenziata l’urgenza di incoraggiare tutti ad operare per un’autentica rinascita morale, sociale ed economica” per far fronte alle intimidazioni della ‘ndrangheta, capace di “assoggettare risorse economiche, relazionali e sociali”. “E’ fondamentale che si comprenda la gravità della situazione mafiosa non solo in Calabria ma anche in altri contesti geografici del Paese. Non possiamo permetterci di essere deboli – ha esortato mons. Vittorio Mondello in occasione della presentazione della nota – finiamo solo col rafforzare chi fa della violenza e dell’intimidazione uno stile di vita”. Il presule ha poi lanciato parole forti affinché la Chiesa per prima sfrutti le sue forze per vincere il male, rifuggendo ogni collusione con le mafie facendo sentire la sua voce. Il cristiano non può volgere lo sguardo dall’altra parte ignorando chi costantemente lede la dignità umana con atti di violenza. Un messaggio, infine, il presule ha rivolto ai giovani: “Quello che mi preme insegnare agli adolescenti che hanno paura della mafia è che, pur autodefinendosi 'onorata società', essa non ha niente di onorabile ma è solo portatrice di lutti e disonore”.(F.F)

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    “L’esperienza di costruire la comunità con la Parola di Dio” è il tema dell’ottavo Seminario sulla Bibbia in lingua cinese, svoltosi a Macao

    ◊   Erano 110 a Macao, in Asia i partecipanti all’ottavo Seminario sulla Bibbia in lingua cinese. Vescovi, sacerdoti, teologi, studiosi e laici, provenienti da oltre 20 paesi e regioni, da Hong Kong come da Taiwan, dalla Malaysia come dalla Cina continentale, per riflettere sull’esperienza del “costruire la comunità con la Parola di Dio”. A riferirlo, stando a quanto riporta l’agenzia Fides, è il bollettino diocesano in lingua cinese “Kong Ko Bao”. A presiedere l’apertura del Seminario erano presenti i vescovi di Macao, di Hong Kong, di Kuching, in Malaysia, e di Kao Siung, nello stato di Taiwan. All’incontro è intervenuto con un videomessaggio anche mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni e Presidente dell’Associazione Biblica Mondiale. Il presule ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa in vista dell’Assemblea dell’Associazione Biblica Mondiale prevista l’anno prossimo. In un messaggio scritto invece il Segretario generale dell’Associazione, Alexander Schweitzer, ha sottolineato l’importanza per la Cina della diffusione della Bibbia in lingua cinese. Ai momenti di studio e di preghiera si sono alternati spazi dedicati ai canti e ai balli etnici animati dai delegati delle popolazioni indigene di Taiwan. (C.D.L.)

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    Da domani, a Roma, Congresso europeo della Famiglia sul tema “Formando il futuro dell’Europa: famiglia ed educazione”

    ◊   Riflettere sul ruolo educativo della famiglia nella società di oggi. E’ lo scopo del Congresso europeo della famiglia, organizzato dall’Istituto di Studi Superiori sulla donna che si terrà a Roma, presso l’Hotel Parco Tirreno, da domani al 17 novembre. All’incontro, che ha per tema “Formando il futuro dell’Europa: famiglia ed educazione”, è prevista la partecipazione anche di accademici e politici. “La famiglia – spiegano all’agenzia Zenit i promotori del Congresso – ha una funzione eminentemente educativa perché è l’istituzione per eccellenza che cerca di aiutare ciascuno dei suoi membri a raggiungere la pienezza personale attraverso il perfezionamento delle proprie potenzialità”. “L’educazione – aggiungono – non può dipendere unicamente dal sistema scolastico”: educandolo, “bisogna aiutarlo a imparare a pensare, a formarsi un proprio criterio”, in modo da poter distinguere ciò che è buono da ciò che invece non lo è. Una delle tavole rotonde, “Uniti per educare: famiglia e Stato”, sarà dedicata inoltre alle relazioni tra queste due fondamentali realtà. Il tema dell’educazione è stato scelto perché “l’Europa dipende dalla sua popolazione e da questo deriva l’importanza della famiglia”. Senza la famiglia – hanno detto gli organizzatori del Congresso - “la società muore”. (A.L.)

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    Nasce in Cambogia il primo programma radiofonico voluto dalla Chiesa per i giovani

    ◊   Si rivolge ai ragazzi dai quattordici ai diciotto anni, ma vanta anche un pubblico di ventenni e trentenni. Si chiama “I Need You” ed è il primo programma radiofonico della Chiesa cambogiana dedicato ai giovani. Un progetto, riporta l’Osservatore Romano, nato con l’intento di aiutare le nuove generazioni a sviluppare le potenzialità tipiche dell’età. In uno spazio affittato all’interno di una stazione radio protestante, due presentatori e un consulente specializzato in psicologia discutono delle problematiche del mondo giovanile, attraverso il confronto diretto con il pubblico che interviene al telefono. “Riceviamo finora dalle cinque alle sei” telefonate in diretta ogni lunedì mattina, sottolinea il direttore del programma, Hou Soktheary, un giovane di 27 anni. Il quotidiano della Santa Sede spiega che il progetto nasce per aiutare i giovani a conoscersi meglio e ad affrontare e a risolvere i problemi legati al mondo degli affetti e della famiglia. “Attraverso il dialogo i giovani imparano a controllare la propria vita – sottolinea Padre Omer Giraldo, direttore dell’Ufficio cattolico per le comunicazioni sociali – e questa è una buona strada per diventare adulti e sentirsi maggiormente responsabili all’interno delle società”. L‘iniziativa, aggiunge, “serve ad aumentare l’influenza positiva della Chiesa Cattolica tra le nuove generazioni”. Non secondario è l’obiettivo di creare un network tra i giovani, affinché possano aiutarsi reciprocamente ad affrontare le difficoltà della vita. (C.D.L.)

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    Assisi: al convegno liturgico si è parlato di musica ed arti visive

    ◊   Non ci sono solo i grandi esempi del passato. Nella musica, come nell’arte per la liturgia, bisogna ritrovare il coraggio della contemporaneità. Non certo per cancellare la tradizione, ma per aggiornarla rispetto alla sensibilità di oggi. Il Convegno dei direttori degli uffici liturgici diocesani, in corso ad Assisi, dedica l’intera giornata odierna all’analisi di alcuni dei linguaggi più frequenti nella celebrazione. Stamattina si è parlato di musica e di arti visive. Oggi pomeriggio sarà la volta dell’omiletica. “Nella cultura ecclesiastica – ha detto il teologo Pierangelo Sequeri, autore tra l’altro di canti liturgici molto amati come "Symbolum" e "Il pane del cammino" – perdura un costume di pura e semplice estraneità alla contemporaneità della musica”. Occorre, dunque, chiedersi “come siamo arrivati a ripiegarci sulla nostalgia di tesori che si presumono perduti”. E per prima cosa, ha spiegato, dobbiamo sottrarci allo stallo delle tifoserie. Gregoriano da una parte, chitarre dall’altro. Molto più utile è riflettere sulla qualità spirituale della musica liturgica, per formare i giovani sacerdoti e i futuri musicisti di chiesa a una nuova ricerca. Una formazione indispensabile anche per quanto riguarda le arti visive. Architettura e pittura in primo luogo, ha ricordato don Virginio Sanson, direttore dell’Ufficio dei beni culturali della diocesi di Vicenza. Anche e soprattutto per sviluppare “la disposizione interiore ed esteriore alla contemplazione”. Insomma una lectio divina per le immagini, simile a quella già in atto per la Scrittura. (Da Assisi, per la Radio Vaticana, Mimmo Muolo)

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    24 Ore nel Mondo



    Catastrofe umanitaria in Somalia: centinaia di migliaia i profughi

    ◊   Catastrofe umanitaria in Somalia. Sono ormai quasi 200.000 i civili che nelle ultime due settimane hanno abbandonato Mogadiscio e i suoi orrori. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati lancia l’allarme per un esodo che appare disperato e che rischia di squassare i fragili equilibri che ancora resistono in poche parti del Paese. A Mogadiscio, denunciano le organizzazioni umanitarie, la sopravvivenza è ormai impossibile. Come testimonia il direttore della Caritas Somalia, Davide Bernocchi, raggiunto telefonicamente da Stefano Leszczynski:


    R. - La situazione umanitaria e il livello di violenza a cui si è giunti a Mogadiscio in questi giorni ci stanno portando oltre la crisi, verso una situazione di vera e propria catastrofe umanitaria. Basti pensare che solamente nelle ultime due settimane sarebbero fuggite da Mogadiscio 173 mila persone e le Nazioni Unite calcolano circa 850 mila sfollati dall’inizio dell’anno ad oggi.

     
    D. - La situazione nelle altre parti della Somalia è migliore, per esempio a Baidoa?

     
    R. - La situazione è migliore sebbene sia complicata anche dalle piogge stagionali che causano alcune inondazioni. Ma, soprattutto, in un Paese di 8 milioni di persone circa, un milione di sfollati crea una situazione di estremo disagio anche nel resto del Paese.

     
    D. - Qual è ora la situazione politica nel Paese e quali sono le aspettative dei somali?

     
    R. - Le istituzioni esistono ancora sebbene il primo ministro sia dimissionario; esiste un presidente, esiste un governo, esiste un parlamento. Il problema è che di fronte alla ribellione che è esplosa a Mogadiscio con l’arrivo delle truppe etiopi, questo governo non riesce a mettere in campo nessuna iniziativa politica ma solo una logica militare.

    D. - Di cosa avrebbe bisogno oggi la Somalia da parte della Comunità internazionale?

     
    R. - Credo sia molto semplice. Si tratta di un intervento a livello di pressioni politiche, fatte dagli attori giusti, che possano evitare questa catastrofe umanitaria che si profila ormai molto vicina.

     
    In Pakistan è stato arrestato l’ex campione del cricket impegnato nell’opposizione. L'ex star pachistana del cricket Imran Khan è stato arrestato dalla polizia di Lahore mentre partecipava ad una manifestazione. Un ufficiale della polizia di Lahore, Khalid Batti, fa sapere che avrà presto gli arresti domiciliari. Prima di essere arrestato, Imran Khan, che guida un piccolo partito di opposizione ed è uscito dalla clandestinità dopo 11 giorni per partecipare a una manifestazione contro Musharraf, è stato preso in consegna da un gruppo di studenti religiosi nel campus della Punjab University della città di Lahore. Imran Khan, amico a suo tempo di Lady Diana, è famoso anche per il matrimonio, fallito, con l'ereditiera ebrea Jemima Goldsmith. Nel 1982 diventa capitano del Pakistan e condurrà il suo Paese a storici risultati. Nell'aprile 1996 fonda il Tehrik-e-Insaaf (movimento per la giustizia) con lo scopo di combattere la corruzione, una delle grandi piaghe del Pakistan, ma il movimento conquista un posto in Parlamento solo nell'ottobre 2002. Nelle ultime settimane Khan si è unito a Benazir Buttho nelle proteste contro Musharraf, venendo posto agli arresti domiciliari a Lahore dai quali poi era fuggito rocambolescamente.

    Iraq. Due civili uccisi e altri tre feriti questa mattina a Baghdad, nella zona verde, in seguito all'esplosione di un ordigno artigianale. E ci sono poi tre soldati americani uccisi e altri quattro feriti, tra ieri e oggi, in due distinti attacchi di miliziani: vicino alla città di Mosul, nel nord del Paese, e nella provincia di Diyala, a nord di Baghdad. Sale così a 3.861 il numero dei soldati americani morti in Iraq dall'inizio dell'invasione del Paese nel marzo del 2003, secondo cifre fornite dal Pentagono. Intanto, gli agenti della Fbi che indagano sulla morte di 17 iracheni avvenuta lo scorso 16 settembre a Baghdad per mano delle guardie di sicurezza della Blackwater hanno stabilito che almeno 14 colpi di quelli esplosi erano ingiustificati. E' quanto riportato ieri dal New York Times. Le indagini della Fbi, ancora in corso, evidenziano che agenti della Blackwater hanno violato norme in vigore per i contractor che lavorano in Iraq e che la loro posizione è al vaglio del Dipartimento di giustizia, scrive il giornale citando fonti militari e civili anonime ma al corrente della situazione. I procuratori devono però ancora decidere eventuali imputazioni. Molti funzionari hanno espresso pessimismo sulla possibilità che ci possano essere adeguati leggi penali che possono consentire gli opportuni addebiti alla Blackwater. Il caso potrebbe essere uno dei primi presi in esame da Michael Mukasey che la scorsa settimana ha giurato come avvocato generale. Il portavoce del Dipartimento di Giustizia e della Fbi hanno rifiutato di commentare le indiscrezioni.
     
    Afghanistan. Forze afghane e della coalizione a guida americana hanno ucciso decine di taleban in scontri a fuoco nel sud del Paese dopo un agguato teso ieri da un numeroso gruppo di ribelli nel distretto di Deh Rawud, provincia di Uruzgan. Lo ha reso noto oggi l'esercito americano. Nonostante l'alto numero di caduti tra le file dei Taleban, l'insurrezione non mostra segni di cedimento, anzi si sta diffondendo dal sud all'est del Paese, in zone prima considerate sicure. C’è anche un’altra vittima: un soldato della coalizione internazionale, a maggioranza americana, morto, però, in seguito a ferite non verificatesi in combattimento, secondo un comunicato della coalizione.

    Israele. La maggioranza assoluta della popolazione ebraica adulta di Israele, il 70 per cento, si oppone alla scarcerazione di alcune centinaia di detenuti palestinesi nel quadro dei gesti distensivi che il premier Ehud Olmert intende compiere in vista della conferenza in programma a Annapolis (Usa) per rilanciare negoziati di pace israelo-palestinesi. Ne ha dato notizia oggi il quotidiano Maariv, che ha pubblicato i risultati del sondaggio. Il 22 per cento degli israeliani interpellati sono invece favorevoli al gesto. Secondo lo stesso giornale, inoltre, la conferenza di Annapolis si terrà a quanto pare il prossimo 27 novembre, anche se non c'è ancora una data ufficiale e non è nemmeno certo che sarà possibile indirla. Il giornale riferisce infatti che l'ambasciata israeliana a Washington ha avuto istruzione di prenotare per la delegazione del premier un intero piano di un albergo di Annapolis dal 25 al 27 novembre prossimi.

    Libano. Il segretario generale della Lega araba Amr Mussa è atteso questa sera a Damasco, dove domani incontrerà il presidente siriano Bashar al-Assad e il ministro degli Esteri Walid al-Muallim. Lo ha riferito stamani il quotidiano panarabo al-Hayat. Secondo il giornale, dopo gli incontri nella capitale siriana Mussa si recherà a Beirut per colloqui con i principali esponenti della maggioranza parlamentare antisiriana, sostenuta da Usa, Ue e Paesi arabi del Golfo, e dell'opposizione, appoggiata invece da Iran e Siria. La visita di Mussa a Damasco e Beirut s'inserisce nel quadro dell'attività diplomatica internazionale concentratasi nelle ultime settimane attorno alla questione delle elezioni presidenziali libanesi. Dopo la missione di ieri a Beirut del ministro degli Esteri Kouchner, domani è atteso anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. Mercoledì prossimo, è convocata la seduta del Parlamento libanese per l'elezione del successore dell'attuale capo dello Stato, il filosiriano Emile Lahoud, il cui mandato scade il 24 novembre. C’è da dire che, secondo la stampa, il Patriarca cattolico-maronita libanese Nasrallah Sfeir dovrebbe presentare oggi una lista di sei potenziali candidati alla presidenza della Repubblica che, in base al sistema politico-confessionale del Libano, deve essere un maronita.

    Tagikistan. Una bomba è esplosa oggi a Dushanbè, capitale del Tagikistan, a circa 300 metri di distanza dal palazzo presidenziale, che doveva accogliere un convegno fra rappresentanti dell'Ue e il primo ministro Akil Akilov. L'ordigno ha ucciso una guardia del palazzo, che si era avvicinato al pacco sospetto per ispezionarlo e lo ha preso in mano. Aperta un’inchiesta per terrorismo. Il Tagikistan è stato negli anni '90, dopo la caduta dell'Urss, preda di violente guerre civili fra clan, schierati in parte con il laico presidente Emomali Rakhmonov, in parte con gruppi integralisti islamici. Rakhmonov ha normalizzato con pugno di ferro, e grazie anche all'aiuto delle guardie di frontiera russe, la situazione nel Paese. Ma il Tagikistan rimane la più povera delle Repubbliche ex sovietiche, e la pace di Rakhmonov è mantenuta solo a prezzo di una rigida dittatura.

    Traffico di bambini in Ciad. Parecchie centinaia di persone, in maggioranza giovani, manifestano da questa mattina nella capitale del Ciad N'Djamena, contestando la Francia e in particolare il presidente Nicolas Sarkozy a proposito della vicenda dei 103 bambini africani, e lanciando sassi verso automobili occupate dagli occidentali. Lo ha constatato un giornalista dell'agenzia France Presse.

    Danimarca. Il liberale danese Ander Fogh Rasmussen manterrà la sua carica di primo ministro di un governo di centro destra. A confermagli l'incarico sono i risultati delle elezioni politiche, che si sono tenute ieri in Danimarca. Il nostro servizio:


    Gli ultimi pronostici, con il 95,3% dei voti assegnano la vittoria alla coalizione uscente: formata dai liberali e dai conservatori e sostenuta all'esterno dal Partito del Popolo Danese, partito di cui si discute per le posizioni xenofobe. il ritiro dall'Iraq, la guerra in Afganistan, una linea restrittiva verso gli immigrati sono temi che accomunano il liberale Rasmussen e la leader socialdemocratica Schmidt, 'pezzi' fondamentali della coalizione. Ma alla fine della campagna elettorale c'è stato accordo anche su elementi di welfare e su misure più umanitarie verso i rifugiati costretti a vivere nei campi profughi: battaglie portate avanti dalla sinistra. Il nuovo governo che emergerà, però, al momento ancora rischia di aver bisogno, per un solo seggio, del sostegno di un altro partito. Determinante l’ultimo scrutinio nella regione autonoma delle isole Faroe. In quel caso, Rasmussen dovrà allargare a Nuova Alleanza, il partito fondato nel maggio scorso dal musulmano nato in Siria, Naser Khader, con lo scopo proprio di ridurre l'influenza del Partito del Popolo Danese di posizioni xenofobe. In definitiva, è un risultato, quello delle elezioni di ieri, che sembra dire che la popolazione non ha voluto rischiare di cambiare in un momento in cui i danesi godono di un benessere diffuso con un'economia forte ed un'occupazione piena. Delle forze a sinistra, resta da dire che il partito più a sinistra, il Partito Socialista Popolare, trionfa più che raddoppiando la percentuale dei voti: un successo dovuto ai giovanissimi e ad elettori socialdemocratici delusi della svolta a destra attribuita alla loro nuova leader Schmidt. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)  

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 318

     

     
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