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SOMMARIO del 13/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa in Kenya, una "voce molto ascoltata": in Vaticano, la visita "ad Limina" dei presuli del Paese africano. La testimonianza del presidente dei vescovi, mons. John Njue
  • Rinunce e nomine
  • Benedetto XVI sara’ a Lourdes nel 2008 per il 150.mo delle apparizioni: lo ha annunciato il vescovo della cittadina mariana alla conferenza stampa di presentazione delle cerimonie giubilari
  • Vivificati dall’amore di Cristo, rinnovate l’impegno pastorale e missionario della Chiesa: lo ha detto il cardinale Bertone ai vescovi argentini, nel suo recente viaggio nel Paese
  • Oggi in Primo Piano

  • “La Chiesa cattolica nell’Europa del terzo millennio”, questo il titolo del dibattito svoltosi ieri a Roma, alla presenza del cardinale Angelo Scola
  • Il parroco di Gabriele Sandri, il tifoso ucciso domenica scorsa: non trasformare le esequie in un momento di violenza
  • Parola scritta e Parola "vista" attraverso l'arte sacra di maestri contemporanei: le caratteristiche del nuovo Lezionario liturgico curato dalla CEI. Intervista con mons. Giuseppe Betori
  • Chiesa e Società

  • Sacerdoti cattolici e monaci buddisti presentano una petizione per la pace in Sri Lanka
  • In Pakistan, le minoranze religiose si uniscono alla protesta della società civile contro lo stato di emergenza imposto dal presidente Musharraf
  • A Giakarta, cristiani e musulmani festeggiano insieme il Syawalan, tradizionale festività islamica
  • Il cardinale scozzese O’Brien, recentemente in visita in Cina, esprime fiducia per il futuro della Chiesa nel Paese asiatico
  • Diminuisce il numero delle vittime delle mine anti-uomo, ma oltre un terzo è costituito da bambini
  • Messico: ci vorranno “almeno sei anni per la ricostruzione” dello Stato di Tabasco colpito da gravissime inondazioni
  • Dibattito sulla riforma costituzionale in Venezuela: i vescovi chiedono di agire con serenità per mantenere la pace
  • L’arcivescovo coadiutore del Patriarcato latino di Gerusalemme auspica che “L’Europa abbia un ruolo politico forte” per la minoranza cristiana in Medio Oriente
  • Concluso in Serbia l'incontro del Gruppo ortodosso-cattolico Sant'Ireneo, sul primato del Papa
  • Sarà distribuito, in Burundi, nelle scuole elementari “Tra due mondi”, libro di un sacerdote burundese ucciso nel 1972
  • Aperto in Australia un museo dedicato a Suor Mary MacKillop, la Beata proclamata dal Papa fra i Patroni della GMG
  • Regole per Internet: se ne discute al Forum dell’ONU in corso a Rio de Janeiro
  • Al via, a Parigi, le Settimane Sociali francesi sul tema dello sviluppo duraturo e solidale
  • Il Tribunale di Brescia ha condannato a 30 anni gli assassini della giovane pakistana, Hina Saleem
  • Ad Assisi, il Convegno dei direttori degli Uffici liturgici diocesani: centrale la questione della formazione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Marcia di protesta con forti tensioni in Pakistan, ma senza Benazir Bhutto costretta agli arresti domiciliari

  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa in Kenya, una "voce molto ascoltata": in Vaticano, la visita "ad Limina" dei presuli del Paese africano. La testimonianza del presidente dei vescovi, mons. John Njue

    ◊   Cinquecento anni fa il cristianesimo sfiorava per la prima volta il Kenya, al seguito dei portoghesi in viaggio verso l’India alla ricerca delle spezie. Quel primo seme fiorisce più tardi, a metà dell’800, grazie alla predicazione dei Padri dello Spirito Santo. Attualmente, su oltre 30 milioni di kenyoti, un terzo si professa cristiano e il 25% cattolico. La Chiesa in Kenya è oggi una realtà ben strutturata e autorevole, con 4 arcidiocesi metropolitane e 20 diocesi che lavorano per il benessere spirituale ma anche sociale di un Paese, nel quale la lotta alla povertà e la diffusione delle sette religiose sono tra le sfide più impegnative. E’ questo lo scenario che i vescovi dello Stato africano presenteranno da oggi al 24 novembre prossimo a Benedetto XVI, durante le udienze della loro visita ad Limina. Al presidente della Conferenza episcopale del Kenya, l’arcivescovo di Nairobi, John Njue, Lisa Zengarini ha chiesto in quale contesto socio-politico si trovi ad operare oggi la comunità ecclesiale:


    R. - E’ un contesto democratico. La democrazia è in crescita in questi anni in Kenya, anche se spesso non viene vissuta in modo corretto, soprattutto adesso che si avvicinano le elezioni del 27 dicembre. La campagna elettorale crea inevitabilmente tensioni. Una cosa molto positiva è che adesso c’è una libertà di espressione che prima non c’era.

     
    D. - La Chiesa interviene in questo ambito ed è una voce ascoltata?

     
    R. - Sì, è ascoltata, anche perché ha dato un importante contributo al processo democratico nel Paese. Chiaramente ora, in un contesto pluralistico, ci sono anche reazioni non positive alle nostre posizioni. Ma in genere la Chiesa è ascoltata ed è anche vista come un corpo che dà un orientamento.

     
    D. - Cosa ci può dire invece delle sfide più specificamente pastorali, come tra l’altro le vocazioni?

     
    R. - Prima di tutto dobbiamo dire che oggi la pastorale va abbastanza bene. Le vocazioni sono molto numerose nei nostri seminari nazionali. Tuttavia, dobbiamo anche riconoscere il fatto che c’è un aspetto per così dire materialistico che influenza particolarmente i giovani e i cristiani in genere. Ed è per questo che, sicuramente, dobbiamo rivedere i nostri programmi pastorali, per dare concretezza al documento conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, secondo il quale essa deve sempre sapere “scrutare i segni dei tempi”.

     
    D. - Quale spazio viene dato ai laici, come viene incoraggiata la loro partecipazione alla vita della Chiesa?

     
    R. - Abbiamo compiuto un lungo percorso. Stiamo sperimentando una transizione da una Chiesa guidata dai missionari a una Chiesa che adesso viene portata avanti dai locali. E non è una semplice transizione, perché in passato la gente guardava alla Chiesa, ai sacerdoti come quelli che danno, ma adesso stiamo insistendo perché sia la gente a sostenere la Chiesa. Quindi, ci stiamo muovendo verso una situazione di autosufficienza. Ed è in questo che penso che i laici si stiano svegliando. Vedo, ad esempio, che nelle parrocchie si fanno avanti per condurre le varie attività. Per me è una cosa molto bella: adesso riescono a capire che sono loro la Chiesa e quindi che, come laici, devono essere coinvolti nelle sue varie attività.

     
    D. - Eccellenza, la Chiesa in Kenya è ben presente nei media, diciamo anche che è una presenza abbastanza dinamica. Quali sono i progetti in cantiere?

     
    R. - Credo sia una realtà che si sta affermando. Abbiamo già un’emittente che si chiama “Radio Waumini”, che appartiene alla Conferenza episcopale, e anche delle emittenti in alcune diocesi che sono uno strumento molto utile nell'opera di evangelizzazione. Stiamo cercando di vedere come questi progetti possano arrivare anche alle diocesi più lontane. Su questo fronte, stiamo appena agli inizi.

     
    D. - Una domanda personale: come ha accolto la sua nomina a cardinale?

     
    R. - E’ stata proprio una sorpresa che non mi aspettavo, perché è avvenuta poco dopo il mio trasferimento da Nyeri a Nairobi. Era una sorpresa, ma come sempre l’ho accolta anche con spirito di obbedienza e servizio, perché facciamo quello che il Signore ci chiede di fare e noi lo sappiamo attraverso la Chiesa e sicuramente attraverso l’autorità della Chiesa. Sono riconoscente al Santo Padre, perché penso che sia una cosa buona non soltanto per me come individuo, ma per il Kenya, l’Africa e la Chiesa Universale.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Melbourne In Australia, presentata per raggiunti limiti di età dall'arcivescovo, Hilton Deakin.

    In Francia, il Papa ha nominato coadiutore di Soissons, mons. Hervé Giraud, finora ausiliare di Lione. Il presule, 50 anni, ha ottenuto il Baccalaureato civile a Paray-le-Monial ed il “Diplôme d’Etudes Universitaires Générales” (DEUG) a Lione. Dopo aver insegnato matematica, ha frequentato il Seminario Interdiocesano Saint-Irénée a Sainte-Foy-lès Lyon ed è stato ordinato sacerdote nel 1985. Successivamente, è stato inviato a Roma dove ha conseguito la Licenza in Teologia Morale presso la Pontificia Università Gregoriana. Nel suo soggiorno romano, è stato Cappellano presso la chiesa di Saint-Louis-des Français a Roma. Ha anche ottenuto la qualifica dottorale all’Istituto Cattolico di Parigi. Tra gli incarichi svolti, quello di cappellano degli studenti a Privas, di docente, di rettore del Seminario Universitario di Lione, di membro della “Commission d’Ethique de l’Association Française pour le Dépistage et la Prévention des Handicaps de l’Enfant” a Parigi (Ministero della Salute), di segretario della Commissione episcopale per i Ministeri Ordinati e di cappellano nazionale per i Centri di preparazione al matrimonio.



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    Benedetto XVI sara’ a Lourdes nel 2008 per il 150.mo delle apparizioni: lo ha annunciato il vescovo della cittadina mariana alla conferenza stampa di presentazione delle cerimonie giubilari

    ◊   Presentato stamani, in Sala Stampa Vaticana, il programma delle celebrazioni per il 150.mo anniversario delle apparizioni della Vergine Immacolata a Lourdes, la cittadina francese ai piedi dei Pirenei, cui parteciperà anche il Papa. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Ricorrerà l’11 febbraio del 2008 l’anniversario dei 150 anni dalla prima delle 18 apparizioni della Madonna a Santa Bernadette Soubirous. Ad illustrare il ricco calendario degli eventi giubilari è stato mons. Jacques Perrier, vescovo di Tarbes e Lourdes, ricordando che Benedetto XVI parteciperà alle celebrazioni, anche se ancora non sono note le date della sua visita, il prossimo anno, nel Santuario cattolico più frequentato al mondo, che accoglie ogni anno oltre 6 milioni di fedeli, e che nel 2008 - si prevede - saliranno ad 8 milioni.

     
    Rome et Lourdes sont tellement liées depuis 1858...

    Ha sottolineato, mons. Perrier, il forte legame che unisce Lourdes a Roma dal 1858, da qui l’importanza di presentare in Vaticano, nel centro della cattolicità, questo grande evento ecclesiale.

     
    L’anno giubilare sarà inaugurato con una solenne cerimonia l’8 dicembre prossimo, festa dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria”, cui seguirà il 9 dicembre un Colloquio di apertura sul tema “Il messaggio di Lourdes, da ieri ad oggi e da oggi a domani”. Il calendario degli eventi proseguirà lungo l’arco del 2008. Da segnalare, in particolare dal 4 all’8 settembre, il Congresso mariologico su “Le apparizioni della Vergine Maria: tra storia, fede e teologia”, di cui ha riferito ai giornalisti padre Vincenzo Battaglia, presidente delle Pontificia Accademia mariana internazionale:

     
    “La nostra esperienza è che davvero quando ci si ritrova per riflettere da teologi sulla figura e l’opera della Beata Vergine Maria, in questo caso sulle apparizioni della Beata Vergine Maria, davvero si fa comunione nella fede”.
     
    Della grande attesa fra quanti - soprattutto le persone più deboli - hanno in programma di recarsi a Lourdes per rendere omaggio alla Madonna, ha parlato Alessandro Pinna, presidente a Roma dell’UNITALSI, l’organizzazione dedicata al trasporto degli ammalati nei Santuari del mondo, spiegando come questa ricorrenza rappresenti un'occasione di riflessione anche per tutti gli operatori dell’UNITALSI:

     
    “Per l’UNITALSI, che è nata a Lourdes - dove il suo fondatore Giovan Battista Tomassi, si era recato lì per suicidarsi - il Giubileo è l’occasione di rileggere la propria storia e di vivere un nuovo e grande impegno, perchè i malati, i sofferenti, i poveri siano sempre al centro della vita della nostra associazione e dei suoi pellegrinaggi”.

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    Vivificati dall’amore di Cristo, rinnovate l’impegno pastorale e missionario della Chiesa: lo ha detto il cardinale Bertone ai vescovi argentini, nel suo recente viaggio nel Paese

    ◊   Cristo sia sempre “il cuore ed il centro” del “rinnovamento pastorale e missionario della Chiesa” in Argentina e in tutta l’America Latina: è la viva esortazione che il cardinale Tarcisio Bertone ha rivolto ai vescovi argentini nei giorni scorsi, in occasione della 94.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale argentina, svoltasi a Buenos Aires. Ricordiamo che l’11 novembre, il porporato ha presieduto la cerimonia di Beatificazione di Zeffirino Namuncurà, indio della Pampa, morto ai primi del Novecento. Sul discorso del cardinale Bertone ai vescovi argentini, il servizio di Alessandro Gisotti:


    È necessario che la Chiesa “non sia percepita come una semplice organizzazione umanitaria, bensì nella sua realtà più autentica, come famiglia di Dio vivificata dall'amore di Cristo”: è quanto sottolineato dal cardinale Tarcisio Bertone che, rivolgendosi ai vescovi argentini, ha ribadito che l’obiettivo della Chiesa è di “fare arrivare ad ogni uomo e ad ogni donna il messaggio integrale della salvezza”. Così facendo, ha rilevato il segretaio di Stato, “le opere di promozione umana che si realizzano con gran generosità”, saranno “la testimonianza visibile dell'amore di Cristo, il quale vuole che tutti gli uomini giungano alla conoscenza della verità e sperimentino la forza rinnovatrice del suo Spirito”. Ricordando la Conferenza di Aparecida, aperta da Benedetto XVI nel maggio scorso, il porporato ha sottolineato quanto il Papa sia vicino ai pastori dell’America Latina impegnati in un “rinnovato impulso alla nuova evangelizzazione nelle Chiese locali di questa parte del mondo”. E’ assai eloquente, ha detto il segretario di Stato vaticano, che “il Santo Padre, prendendo il nome di Benedetto, abbia voluto proporre agli uomini, sul piano della fede, il primato di Dio sull'azione: ora et labora”. Per il Papa, ha proseguito, è “ferma convinzione” che “i grandi problemi che travagliano il mondo e la Chiesa non si supereranno trasformando i cristiani in attivisti, ma in discepoli di preghiera”. Certo, ha aggiunto, “ai cristiani, come agli altri cittadini, si deve chiedere impegno politico, competenza professionale, promozione della solidarietà e della libertà, dei diritti e della giustizia. Tuttavia, ciò che è specifico dei cristiani è la preghiera al Dio vivente”. Ecco perché, è stata la sua riflessione, “Benedetto XVI insiste sul fatto che, prima di qualsiasi programma di attività, ci deve essere l’adorazione, che ci rende liberi nella verità e illumina il nostro agire”.

     
    Il cardinale Bertone ha esortato i presuli a “dare nuovo vigore alla comunione ecclesiale e conservare l'unità, in primo luogo” con le comunità diocesane. In alcuni casi, ha avvertito, questo esigerà “coraggio, decisione e fermezza; altre volte sarà necessario ricorrere alla pazienza e alla comprensione”, ma “soprattutto, occorre restare uniti a Cristo ed imparare da Lui, il Buon Pastore, ad essere buoni pastori”. La Chiesa in Argentina, è stata poi la sua riflessione, “è molto attiva nell'impegno di annunciare il Vangelo e nella catechesi, realizzando un grande sforzo per la formazione permanente del clero”. Tale formazione, ha detto, include in primo luogo “un'educazione alla preghiera personale e liturgica”, oggi “particolarmente necessaria per far sì che i cristiani siano preparati a rispondere, in modo maturo e consapevole, alle sfide del mondo attuale”. Di qui, l’urgenza di una “catechesi ed una educazione cristiana che formino un laicato saldo e convinto”. Il cardinale Bertone non ha mancato di mettere l’accento sul ruolo della “comunità parrocchiali”. Queste, ha esortato, devono essere “eloquenti luoghi di concordia, scuole di preghiera, specchi di carità e sorgenti di speranza, in modo che tutti i loro membri sperimentino la gioia di sentirsi amati dal Signore e dai fratelli”, avvertendo “al tempo stesso il bisogno di comunicare a quanti li circondano la piena felicità di essere discepoli di Cristo”.

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    Oggi in Primo Piano



    “La Chiesa cattolica nell’Europa del terzo millennio”, questo il titolo del dibattito svoltosi ieri a Roma, alla presenza del cardinale Angelo Scola

    ◊   Quale ruolo potranno avere le radici cristiane nel processo istituzionale europeo? E’ questo uno dei temi affrontati ieri a Roma nel seminario dal tema “La Chiesa Cattolica nell’Europa del Terzo Millennio”, promosso dalla Fondazione Ducci, e svoltosi nei locali dei Musei Capitolini al Campidoglio. Tra i relatori, il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, il filosofo Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, Giuliano Ferrara, direttore del “Foglio”, e Francesco Margiotta Broglio, esperto di Storia della Chiesa. Moderatore, Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica, “Limes”. Il servizio di Giancarlo La Vella:

     
    Il rapporto tra Chiesa Cattolica e Unione Europea nei prossimi anni deve necessariamente realizzarsi in un confronto costruttivo sui valori che il Vecchio continente, in continua evoluzione, deve porre alla sua base. E’ vero che l’Unione Europea è l’organismo catalizzatore nella definizione degli obiettivi da perseguire in futuro, ma è anche vero che essa non comprende ancora in sé tutta la realtà effettivamente europea. E’, dunque, necessario porsi in un’ottica di reale integrazione, soprattutto nei confronti del Paesi dell’est appena entrati nell’Unione, di dialogo tra culture diverse: problemi questi che, prima di quanto si possa pensare, dovranno essere affrontati, insieme con le pressanti sfide economiche e sociali. Temi, inoltre, che la Chiesa ha sempre posto a corollario della convivenza e della comprensione tra i popoli. Su quali basi dovrà svolgersi, dunque, il rapporto tra Chiesa cattolica ed Europa? Lo abbiamo chiesto al cardinale Angelo Scola:

     
    R. - Io penso che l’azione, che la Chiesa ha sempre svolto a favore dell’Europa, possa intensificarsi nella misura in cui noi guardiamo con attenzione, sia al Magistero di Benedetto XVI, sia a quanto lentamente sta avvenendo nelle varie Chiese d’Europa. Esse hanno imparato uno stile comune di lavoro e credo stiano dando una testimonianza capace di offrire elementi decisivi per la configurazione del nuovo cittadino europeo.

     
    D. - Va ormai archiviata la questione del riconoscimento delle radici giudaico-cristiane dell’Europa?

     
    R. - Io penso di no. Spero che tutti mostrino senso di responsabilità per riconoscere quello che è un dato di fatto. Il problema, però, per noi cristiani, è mostrare che il cristianesimo è una risorsa viva e presente per il futuro dell’Europa.

     
    Per questo, dunque - è stato sottolineato - l’Europa, se vuole interpretare un ruolo da protagonista negli equilibri mondiali, non può fare a meno di salvaguardare la vita umana, dal suo concepimento alla sua naturale conclusione, e di aprire un dialogo con la realtà islamica, sempre più presente nel continente. Un aspetto per il quale la Chiesa potrebbe fare da battistrada, soprattutto alla luce del valori comuni tra le grandi religioni monoteistiche. Quali i lineamenti sui quali potrà avvenire questo dialogo? Ce ne parla Mario Scialoja della Lega Musulmana Mondiale:

     
    R. - Potrà avvenire sulle posizioni comuni in campo di bioetica, per esempio. Qui, al convegno, si è parlato di quelle nuove tendenze scientifiche che creano problemi alla Chiesa cattolica ed anche al mondo musulmano. Quindi, tra islam e cristianesimo c’è una comunanza di vedute in tema di sacralità della vita, di rispetto dell’ambiente, di società e di famiglia: aspetti che costituiscono terreno fecondo per un dialogo costruttivo.

     
    Ma c’è il rischio che le crescenti differenze culturali e sociali nell’Europa di oggi possano costituire un ostacolo al dialogo interno? Sentiamo Lucio Caracciolo:

     
    R. - Questo rischio esiste. Ma, d’altronde, il dialogo si fa con chi la pensa diversamente, altrimenti sarebbe un monologo. A me pare che questa Europa, dal punto di vista culturale, appare sempre più ricca, sempre più meticcia, sempre più varia. Naturalmente, ciò comporta dei rischi inevitabili. Ma l’alternativa è un lento, inarrestabile e triste declino.

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    Il parroco di Gabriele Sandri, il tifoso ucciso domenica scorsa: non trasformare le esequie in un momento di violenza

    ◊   Una giustizia certa e retta nei confronti di chi ha sbagliato, senza in nessun modo colpevolizzare l'intero corpo della Polizia di Stato. E' ciò che chiedono i familiari di Gabriele Sandri, il tifoso laziale 28.enne, ucciso domenica scorsa nel casello autostradale di Badia al Pino, in seguito a un colpo di pistola sparato da un'agente, intervenuto per disperdere una rissa fra tifosi. Mentre le indagini sull'accaduto fanno il loro corso, da stamattina a Roma centinaia di persone si recano nella camera ardente per rendere l'ultimo omaggio alla salma del giovane. I funerali si solgeranno domani nella parrocchia di S. Pio X, alla Balduina, il quartiere romano dove risiede la famiglia Sandri. Luca Collodi ha contattato telefonicamente il parroco della S. Pio X, don Paolo Tammi, che si appella ai tifosi affinché non precipitino nella tensione il momento delle esequie:


    R. - Domenica scorsa, appena mi sono accorto che Gabriele era mio parrocchiano, sono andato immediatamente a trovare la mamma. Sono stato con lei per un po’. E’ una donna distrutta dal dolore. La morte del figlio l’ha duramente provata, anche perché è una morte inspiegabile. Nessuna morte si spiega sul piano umano e questa è ancora più inspiegabile e sicuramente evitabile.

     
    D. - Don Paolo Tammi, che tipo di giustizia chiede la famiglia di Gabriele Sandri?

     
    R. - Mi pare di capire che chieda una giustizia certa, retta, nei confronti della persona, non del corpo della polizia. Per quello che mi è stato dato di capire, non sono arrabbiati nei confronti della polizia o delle istituzioni. Certo, un membro di un’istituzione che dovrebbe difendere i cittadini ha fatto una cosa inspiegabile, che ci auguriamo sia solo colposa. Quindi, è chiaro che si tratta di una giustizia nei confronti della persona. Credo che in uno Stato di diritto chi sbaglia debba scontare una pena.

     
    D. - Lei vuole rivolgere dalla Radio Vaticana un appello ai tifosi che domani vorranno partecipare ai funerali di Gabriele Sandri alla Balduina?

     
    R. - Assolutamente sì. Voglio dire ai tifosi, sia a quelli che lo conoscevano, sia a quelli che non lo conoscevano, che Gabriele era un ragazzo buono. Questo lo so con certezza, perché i suoi amici me lo hanno detto e così mi hanno detto il papà e la mamma. Un ragazzo che è passato attraverso la parrocchia, un ragazzo che non ha mai fatto violenza, un ragazzo descritto come un buon figlio di famiglia - la mamma lo chiamava “coccolone” - un ragazzo che aveva ancora delle espressioni affettive molto belle nei confronti dei genitori e degli amici. Per cui, raccomando a tutti i tifosi di vivere il loro dolore in maniera corretta, in maniera cristiana - se sono credenti - in memoria di Gabriele, per affetto per Gabriele che vive in Dio, di non fare nessun gesto, di non approfittare di una situazione celebrativa per aggiungere problemi a problemi. Non si ottiene giustizia con la violenza, questo è sicuro.

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    Parola scritta e Parola "vista" attraverso l'arte sacra di maestri contemporanei: le caratteristiche del nuovo Lezionario liturgico curato dalla CEI. Intervista con mons. Giuseppe Betori

    ◊   Una traduzione delle Sacre Scritture più fedele e nel contempo di più facile ascolto: è la nuova versione del Lezionario liturgico della Conferenza episcopale italiana (CEI), presentato ieri presso la nostra emittente. Il progetto prevede la pubblicazione, entro il 2008, di 9 volumi: già pronti i primi tre. Migliaia le correzioni alla precedente versione. L’opera è corredata da riproduzioni di dipinti appositamente realizzati da artisti contemporanei. Ma perché un nuovo lezionario? Paolo Ondarza lo ha chiesto a mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI:


    R. - E’ un nuovo lezionario per obbedire alla Santa Sede che, promulgando nel 1986 una nuova edizione latina della Bibbia, la cosiddetta "Nova Vulgata" - che farà riferimento a testi originali ebraici e greci diversi - ha invitato le Conferenze episcopali a tradurre nuovamente i libri biblici.

     
    D. - Almeno un esempio di correzione fatta alla traduzione precedente...

     
    R. - Un esempio è il Cantico di Simeone “Nunc dimittis”. Laddove prima la traduzione, in maniera sbrigativa, traduceva un imperativo che Simeone poneva al Signore - "Ora lascia che il tuo servo vada in pace” - adesso è tradotto più opportunamente con un “Ora puoi lasciare che il tuo servo vada in pace”. Non abbiamo, grosso modo, nuove letture rispetto al lezionario precedente. Abbiamo delle forme nuove di traduzione, perché è cambiato il testo di riferimento che è appunto la “Nova Vulgata”.

     
    D. - Perché l’arte?

     
    R. - Per ritornare ad una vecchia tradizione della Chiesa, che ha sempre accompagnato la parola proclamata con la parola vista, proposta attraverso le immagini, sia nelle chiese che nei libri liturgici. Si tentava di mostrare alla gente la parola che veniva ascoltata, soprattutto attraverso delle miniature che accompagnavano gli antichi testi. Noi, quindi, abbiamo avuto fiducia nell’arte contemporanea, come la Chiesa nel passato si fidò di Giotto, di Raffaelo, di Michelangelo.

     
    D. - Non si tratta di un libro qualunque: che raccomandazioni fare a chi si accosta alla lettura delle Sacre Scritture?

     
    R. - E’ soprattutto un libro da leggere nella viva fede della Chiesa e poi da tradurre in vita, perchè dalla vita nasce la Parola, ma la Parola stessa ha poi bisogno di tornare alla vita delle persone che l’ascoltano.

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    Chiesa e Società



    Sacerdoti cattolici e monaci buddisti presentano una petizione per la pace in Sri Lanka

    ◊   Una delegazione di sacerdoti cattolici e di monaci buddisti ha presentato una petizione al presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapakse, per chiedere la fine della guerra che da oltre 20 anni insanguina il Paese. “Non vogliamo lasciare madri senza figli, vedove senza mariti, disabili senza cure. Noi bambini, giovani, donne e uomini di quest’isola possiamo vivere insieme in pace, condividere il governo e le ricchezze del Paese”, si legge nella petizione sottoscritta da 85 mila persone di ogni credo, tra cui l’arcivescovo di Colombo, Oswald Gomis, e il vescovo della diocesi settentrionale di Mannar Rayappu Joseph. La delegazione ha espresso le forti preoccupazioni della comunità cattolica e buddista in Sri Lanka per la drammatica situazione del Paese, dove violenti scontri fra le forze regolari e i ribelli tamil continuano a mietere vittime innocenti. Da oltre 20 anni i ribelli del LTTE (le Tigri di Liberazione della Patria Tamil) combattono contro le forze regolari per ottenere l’autonomia dei territori a nord e ad est, a maggioranza tamil. Finora il conflitto ha causato circa 70 mila morti. Il cessate-il-fuoco siglato nel 2002 è stato più volte violato da entrambe le parti. (A.L.)

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    In Pakistan, le minoranze religiose si uniscono alla protesta della società civile contro lo stato di emergenza imposto dal presidente Musharraf

    ◊   Le minoranze religiose in Pakistan, specialmente cristiani e indù, si sono mobilitate nella protesta contro la dichiarazione dello stato di emergenza in Pakistan, unendosi ai movimenti della società civile, chiedendo il ripristino delle libertà individuali e dei diritti umani. I cristiani, impegnati nella lotta per i diritti umani hanno anche pagato di persona con arresti e intimidazioni. Alcuni leader religiosi si sono esposti direttamente, firmando un documento che chiede al presidente Musharraf di far tornare in vigore la Costituzione, sospesa con il provvedimento dello stato di emergenza. Fra gli attivisti arrestati – rivela l’agenzia Fides - vi sono quattro cristiani, rilasciati successivamente ma dopo aver ricevuto forti intimidazioni e maltrattamenti. E’ stato fermato anche il leader religioso indù, Rana Bhagwandas. Il leader politico cristiano, Julius Salik, ha inoltre criticato apertamente la censura sui media e la repressione messa in atto dal governo. Molti cittadini di religione musulmana, cristiana e indù, che hanno aderito al Partito Popolare Pakistano guidato da Benazhir Bhutto, sono poi stati arrestati nelle retate contro i sostenitori dell’e premier, Benazir Bhutto. Fra le organizzazioni che hanno denunciato la situazione, e chiesto al governo il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, vi sono: la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale del Pakistan; la Commissione per la Pace e lo Sviluppo Umano; l’organizzazione “Minorities Concern”, impegnata a difendere in particolare i diritti delle minoranze religiose. (A.L.)

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    A Giakarta, cristiani e musulmani festeggiano insieme il Syawalan, tradizionale festività islamica

    ◊   Un’occasione di festa e di riconciliazione. Dopo gli anni del conflitto, che dal 1999 al 2002 ha provocato migliaia di morti nell’arcipelago delle Molucche, cristiani e musulmani di Yogyakarta, sull’isola di Giava, si sono riuniti per festeggiare insieme la festa di Syawalan. Si tratta di una tradizionale cerimonia musulmana in cui i partecipanti chiedono scusa per reciproci torti. “La gente proveniente dalle Molucche, che vive in altre regioni del Paese, ha la stessa responsabilità di chi è rimasto a casa a costruire e mantenere la pace”, ha detto ai presenti Din Syamsuddin, presidente dell’associazione nazionale islamica Muhammadiyah. Da Syamsuddin arriva anche l’invito a resistere alle sollecitazioni alla violenza provenienti dai gruppi estremisti islamici locali, che a suo tempo innescarono e sostennero il conflitto. “Queste occasioni di festa - ha detto Glend Engko, membro dell’associazione - fanno bene a tutti noi e ci aiutano a riconciliarci l’un l’altro, dopo tanto dolore”. (C.D.L.)

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    Il cardinale scozzese O’Brien, recentemente in visita in Cina, esprime fiducia per il futuro della Chiesa nel Paese asiatico

    ◊   “Guardo al futuro con fiducia nonostante gli ostacoli” con queste parole si è espresso l’arcivescovo di Saint Andrews e di Edimburgo, cardinale Keith Michael Patrick O’Brien, di ritorno da un recente viaggio in Cina. Nel corso della visita, che ha toccato luoghi significativi tra cui la tomba di Matteo Ricci a Pechino ed il santuario mariano di Shanghai, il porporato ha incontrato una rappresentanza di vescovi della Chiesa "ufficiale". Di questi, molti hanno espresso il rammarico di non essere in piena comunione con il Papa e viva commozione per la lettera indirizzata da Benedetto XVI ai cattolici cinesi lo scorso 30 giugno. Tuttavia, al cardinale scozzese non sfugge il problema della Chiesa cattolica fedele al Papa: sono otto milioni i fedeli, cui lo Stato non riconosce alcuna libertà d’associazione, anche se, a suo dire, si intravede qualche timido cambio di rotta da parte della dirigenza cinese. In tal senso l’accenno fatto – per la prima volta - alla religione in un emendamento alla costituzione proposto nel corso dell’ultimo Plenum del Partito comunista, potrebbe aprire spiragli di dialogo. (A.L.)

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    Diminuisce il numero delle vittime delle mine anti-uomo, ma oltre un terzo è costituito da bambini

    ◊   Diminuisce del 16% il numero delle vittime provocato dalle mine anti-uomo. E’ il dato che emerge dal “Landmine monitor report’”, il documento pubblicato ogni anno nell’ambito della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine. Un segnale positivo che si scontra tuttavia con un dato di altro tenore: il 34% delle 5751 vittime degli ordigni nascosti sarebbe costituito da bambini. Secondo quanto riferito dall’agenzia missionaria Misna, Colombia, Afghanistan e Cambogia sono i Paesi che più subiscono la minaccia delle mine anti-uomo. “In Cambogia – dice alla Misna la portavoce della Campagna, Simona Beltrami – la guerra è finita da molto tempo, eppure la quantità di mine che era stata disposta dalle parti in conflitto causa ancora oggi morti rallentando lo sviluppo e il progresso economico”. Le operazioni di bonifica – aggiunge Beltrami – richiedono tempi più lunghi del previsto. Ancora secondo la Misna, Pakistan, Myanmar, Somalia e Libano sarebbero i Paesi dove si è registrato il maggior aumento nel numero delle vittime. Nel Paese dei cedri le bombe a grappolo, le cosiddette "cluster bomb", lanciate dall’aviazione israeliana durante il conflitto contro le milizie di Hezbollah, nell’estate del 2006, hanno decuplicato il numero delle vittime, passando da 22 nel 2005 ad oltre 200 nel 2006. (C.D.L.)

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    Messico: ci vorranno “almeno sei anni per la ricostruzione” dello Stato di Tabasco colpito da gravissime inondazioni

    ◊   “Sarà necessario uno sforzo enorme, ci vorranno oltre sei anni per ricostruire Tabasco”. Lo ha detto il segretario del governo dello stato sud-orientale messicano, Humberto Mayans, a 15 giorni dalle gravissime inondazioni che hanno colpito la regione. Le autorità locali, ha aggiunto il funzionario, hanno deciso intanto di creare un comitato di “trasparenza cittadina” per vigilare sulla destinazione degli aiuti donati da privati, governo federale e Paesi stranieri; si verificherà in particolare che i fondi “non verranno usati da nessuno per fini politici o economici”. Negli ultimi giorni il livello delle acque, che hanno inondato l’80% del territorio di Tabasco si è progressivamente abbassato dopo aver superato anche i tre metri. “Ma il peggio - titolano alcuni giornali locali - deve ancora arrivare”. Data per chiusa la fase di ricerca e recupero dei superstiti – riferisce l’agenzia Misna - si apre ora quella più complicata: “Arriverà lo sconforto per la gente che dovrà prendere coscienza di quello che ha perso”, ha detto la coordinatrice generale della Protezione civile, Laura Gurza Jaidar. Intanto a Villahermosa, la popolazione è in gran parte costretta ad usare mascherine di protezione per proteggersi dalle esalazioni emanate da tonnellate di immondizia. Il presidente Felipe Calderón, atteso nuovamente oggi a Tabasco, ha attribuito la catastrofe agli effetti dei cambiamenti climatici. Il quotidiano ‘La Jornada’ ha sottolineato, invece, che non si sono tratti i dovuti insegnamenti dagli “errori di questa e delle precedenti amministrazioni”, impegnate in “una logica di grandi opere che hanno cercato di imporre all’acqua le loro regole, cambiando radicalmente l’uso del suolo”. (A.L.)

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    Dibattito sulla riforma costituzionale in Venezuela: i vescovi chiedono di agire con serenità per mantenere la pace

    ◊   I vescovi del Venezuela chiedono, in un documento, di mettere fine alle aggressioni e di evitare confronti violenti. Secondo i presuli, “di fronte alla proposta di Riforma Costituzionale, appoggiata da alcuni e messa in discussione da altri, il Venezuela sta vivendo momenti di grande intensità politica che hanno portato a legittime manifestazioni studentesche, ma anche ad atti di violenza verbale e fisica che turbano la pace”. Per questo, la Conferenza Episcopale venezuelana lancia un appello “a tutto il popolo venezuelano, ed in particolare ai dirigenti sociali, politici e studenteschi, di tutti i settori o area politica”. Si chiede, in particolare, di agire “con serenità, con spirito realmente democratico, nella cornice della Costituzione e delle leggi, per mantenere la pace ed evitare qualsiasi atto di violenza”. I vescovi ricordano, inoltre, che le manifestazioni pacifiche sono una legittima espressione della pluralità politica, riconosciuta dalla Costituzione. Per questo, non si devono giudicare a priori come iniziative di “cospirazione destabilizzatrice”. Allo stesso tempo, i vescovi deplorano gli atti di violenza che si sono registrati in alcune Università e che devono essere debitamente sanzionati. I presuli venezuelani ribadiscono, infine, la loro disponibilità “a favorire l’incontro nel dialogo costruttivo e a continuare a lavorare nell’adempimento della nostra evangelizzatrice, affinché il Venezuela sia realmente di tutti”. (A.L.)

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    L’arcivescovo coadiutore del Patriarcato latino di Gerusalemme auspica che “L’Europa abbia un ruolo politico forte” per la minoranza cristiana in Medio Oriente

    ◊   “Sono felice che la comunità internazionale mostri riguardo nei confronti della presenza cristiana in Medio Oriente”. E’ quanto afferma all’agenzia Sir l’arcivescovo coadiutore del patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Fuad Twal, in vista della discussione giovedì prossimo a Strasburgo sulla "situazione delle comunità cristiane nella regione. Il presule ha però aggiunto che con il passare del tempo aumentano problemi e difficoltà per i cristiani di Terra Santa. Senza entrare in ambito politico – prosegue mons. Twal – “abbiamo problemi anche a svolgere la nostra attività pastorale”. “Non riusciamo – spiega quindi il presule – a portare avanti la nostra missione a favore della pace e della riconciliazione”. Secondo mons. Twal, è tempo che l’Europa “cominci ad avere anche un ruolo politico forte” in favore della piccola comunità cristiana in Medio Oriente. L’arcivescovo auspica, infine, una risoluzione che contenga “un richiamo ai diritti umani per le comunità cristiane” sottolineando “il diritto all’accesso a tutti i luoghi Santi, alla dignità, al culto, alla libertà di coscienza”. (A.L.)

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    Concluso in Serbia l'incontro del Gruppo ortodosso-cattolico Sant'Ireneo, sul primato del Papa

    ◊   Si è svolto a Velika Plana, in Serbia, il IV incontro del Gruppo di lavoro ortodosso-cattolico Sant’Ireneo. Tema della sessione (dopo quelle di Atene nel 2004 e di Chevetogne in Belgio nel 2006) è stato ”Dottrina e pratica del Primato nel Medio Evo”. La sessione – alla quale hanno partecipato 13 teologi ortodossi dei vari patriarcati e 13 teologi cattolici di diversi paesi europei - si è aperta con una visita alla Facoltà teologica di Belgrado dove i membri del gruppo di lavoro sono stati accolti dall’arcivescovo cattolico di Belgrado, Mons. Stanislav Hocevar. “In maniera generale – si legge in un comunicato pubblicato oggi e ripreso dall'Agenzia Sir – le discussioni hanno chiaramente mostrato che, per comprendere i principali enunciati relativi al Papato medioevale, è indispensabile situarli nel loro contesto storico particolare”. Nel comunicato si sottolinea pertanto la necessità di stabilire “una distinzione tra la pratica del primato così come si è sviluppato in risposta alle circostante storiche e la sua natura stessa”. Scopo del lavoro: cercare di “superare certe posizioni del passato e integrare in una comprensione comune del Primato, gli elementi essenziali conservati nelle due tradizioni”. In questa prospettiva, il Gruppo di lavoro ha discusso “del modo in cui si potrebbe esercitare il primato qualora sia ristabilita la piena comunione”. (R.P.)

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    Sarà distribuito, in Burundi, nelle scuole elementari “Tra due mondi”, libro di un sacerdote burundese ucciso nel 1972

    ◊   E’ iniziata la distribuzione gratuita nelle scuole elementari e medie del Burundi di 10.000 copie del libro “Entre deux mondes” (“Tra due mondi”) del sacerdote burundese Michel Kayoya, arrestato a Gitega, imprigionato e ucciso nel maggio 1972. In quell’anno, dopo un tentativo di colpo di stato e massacri compiuti da alcuni ribelli di etnia hutu, il governo reagì in modo non meno violento con stragi di hutu e decine di migliaia di profughi in fuga verso Paesi vicini. “Il libro parla di fraternità, pace, riconciliazione e dialogo tra le culture; è un soffio di libertà in un Paese che conosce molti problemi”, dicono i responsabili del Centro giovani Kamenge. Il Centro – riferisce l’agenzia Misna - è gestito dai missionari saveriani a Bujumbura, promotori dell’iniziativa di diffusione del libro, pubblicato in Italia dall’Editrice Missionaria Italiana (EMI) e ristampato con il contributo della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). “Radicalmente opposto alla pratica meschina del doppio linguaggio, preferiva parlare a viso scoperto senza mai dissimulare il suo cuore dietro artifici, né il suo pensiero dietro false ideologie. Sapeva che prima o poi ciò gli avrebbe creato dei problemi” scrive nella prefazione di ‘Entre deux mondes’ mons. Joachim Ntahondereye, vescovo di Muyinga. (A.L.)

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    Aperto in Australia un museo dedicato a Suor Mary MacKillop, la Beata proclamata dal Papa fra i Patroni della GMG

    ◊   Si occupava dell’istruzione dei bambini poveri Suor Mary MacKillop, la beata australiana a cui è dedicato il museo inaugurato oggi a Fitzroy, nei pressi di Melbourne, in Australia. Una struttura voluta dall’Ordine delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore, di cui la beata è co-fondatrice, e che nasce per rendere nota la storia e l’itinerario di santità della religiosa, in vista della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, l’8 luglio a Sydney. La suora australiana è stata infatti nominata dal Santo Padre fra i Patroni della GMG. Curato da Suor Helen Smith, profonda conoscitrice della MacKillop, il museo offre ai visitatori una biografia illustrata della beata, diversi suoi oggetti personali e la storia della Congregazione. Congregazione delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore che è attiva in Oceania, America Latina, Africa, Asia. Conta oltre 1.200 religiose che operano in numerose scuole per orfani, ragazzi di strada, bambini delle comunità aborigene. (C.D.L.)

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    Regole per Internet: se ne discute al Forum dell’ONU in corso a Rio de Janeiro

    ◊   Libertà di espressione, sicurezza, e questioni legate all’accesso alla rete: sono alcuni dei temi al centro del secondo forum dell’ONU sulla regolamentazione di Internet, apertosi ieri a Rio de Janeiro, in Brasile. All’incontro partecipano circa 2000 persone, rappresentanti di governi, industrie e società civili, provenienti da più di 70 Paesi del mondo. Il convegno – riferisce l’agenzia missionaria Misna - è incentrato, in particolare, sulla difesa dei bambini e dei minori dai rischi che si corrono navigando in rete. Il tema è stato proposto dal Consiglio d’Europa, che preme perché l’adescamento di minori sul web e la diffusione di materiali pedo-pornografici siano considerati un crimine. La disparità nell’accesso ad Internet nei Paesi in via di sviluppo è poi un altro degli argomenti al centro del Forum: “se un miliardo di persone hanno ormai la possibilità di accedere alla rete – ha detto il sottosegretario generale delle Nazioni Unite, Sha Zukang – sono oltre cinque miliardi coloro che non sono nelle medesime condizioni”. Si parlerà anche della “limitazione dell’influenza dello Stato”, cercando di misurare l’opposizione al ruolo dominante degli Stati Uniti in Internet grazie all’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers). L’ICANN, organismo americano incaricato della gestione dei nomi e indirizzi nella rete, è tuttora oggetto di controversie: diversi operatori del web temono che il trasferimento della responsabilità della gestione di Internet ad altri Paesi renda la rete vulnerabile alle censure. (A.L.)

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    Al via, a Parigi, le Settimane Sociali francesi sul tema dello sviluppo duraturo e solidale

    ◊   “Vivere diversamente, per uno sviluppo duraturo e solidale”. E’ il tema scelto quest’anno dalle Settimane sociali di Francia che si svolgeranno a Parigi dal 16 al 18 novembre. All’incontro sono attese circa 4 mila persone. Nel presentare il tema, il presidente delle Settimane francesi, Jerome Mignon, spiega che il titolo scelto rappresenta “un impegno da prendere, segnato più da uno slancio di vita che non dalla paura per una catastrofe”. Ma, soprattutto, risponde ad un appello lanciato recentemente dai vescovi francesi sull’importanza di “intraprendere nuovi stili di vita”. Dalle Settimane Sociali – prosegue il presidente – ci si “attende un messaggio di speranza”, “un richiamo ai poteri politici” perché si assumano “una responsabilità di lungo termine” affinché vengano coniugati “armoniosamente i criteri dell’efficacia economica, della preservazione dell’ambiente e della giustizia sociale”. (A.L.)

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    Il Tribunale di Brescia ha condannato a 30 anni gli assassini della giovane pakistana, Hina Saleem

    ◊   Sono stati condannati a 30 anni di carcere gli aguzzini di Hina Saleem, la ventenne pakistana uccisa l’11 agosto dello scorso anno da alcuni suoi familiari. E’ la sentenza decisa dal Tribunale di Brescia nei confronti del padre della giovane, Mohammed Saleem, reo confesso a pochi giorni dall’omicidio, e dei due cognati coinvolti nel reato. A due anni e otto mesi è stato invece condannato lo zio per concorso nell'occultamento di cadavere. La sentenza accoglie le richieste del PM Paolo Guidi, e prescrive l’isolamento per uno dei cognati, responsabile in carcere di tentativi di aggressione ai danni del padre della giovane. Alla lettura della sentenza la madre di Hina avrebbe dato in escandescenza per essere poi allontanata dall’aula. La ragazza fu sgozzata in casa propria ed il suo corpo senza vita fu nascosto dai quattro complici nel giardino dell’abitazione, a Sarezzo, in provincia di Brescia. La famiglia non le perdonava il fidanzamento con un giovane cattolico italiano e la scelta ad intraprendere un lavoro. (A cura di Claudia Di Lorenzi)

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    Ad Assisi, il Convegno dei direttori degli Uffici liturgici diocesani: centrale la questione della formazione

    ◊   La liturgia deve entrare a pieno titolo nella formazione dei sacerdoti, i quali operano cercando di offrire a Cristo un’esistenza che sia più adatta possibile a far passare l’azione di Gesù come pastore. Lo ha detto ieri, aprendo il convegno dei direttori degli uffici liturgici diocesani, monsignor Luciano Monari, vescovo di Brescia e vicepresidente della CEI. Ad Assisi, infatti, dove si svolge il simposio, al centro dell’attenzione vi sono diverse dimensioni della liturgia, dalla presidenza dell’assemblea, alla musica, all’arte. Ma centrale è la questione della formazione, come ha ricordato anche il presidente della Commissione episcopale, monsignor Felice Di Molfetta, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano. Per questo Monari ha ricordato come il sacerdote debba uniformarsi a Cristo fin dagli anni del seminario. Egli deve permettere all’uomo il contatto con la persona viva del Risorto attraverso la parola, i sacramenti e in particolare l’Eucaristia, nella quale Gesù è presente nella forma della sua donazione di amore. Secondo il teologo Giorgio Bonaccorso, intervenuto questa mattina, è infatti ancora molto forte “il pericolo di ideologizzare la fede”. Quest’ultima, oltre che credere intellettualmente, è soprattutto un vivere in Cristo. E i sacerdoti, ha aggiunto don Gianni Cavagnoli che ha preso la parola subito dopo, agendo in nome di Cristo, proprio attraverso la liturgia, mostrano questa grande verità. Una fede vissuta, dunque, che sarà anche più facile da trasmettere. (Da Assisi per la Radio Vaticana Mimmo Muolo)

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    24 Ore nel Mondo



    Marcia di protesta con forti tensioni in Pakistan, ma senza Benazir Bhutto costretta agli arresti domiciliari
     

    ◊   Dopo giorni di attesa e di tensione è partita una marcia di protesta contro lo stato di emergenza, ma a Benazir Bhutto è stato impedito di partecipare. Il nostro servizio:


    Uomini armati hanno aperto il fuoco contro due posti di polizia a Karachi, in Pakistan meridionale, mentre sostenitori della leader dell'opposizione Benazir Bhutto tenevano una manifestazione di protesta. L'attacco è avvenuto nel quartiere di Lyari, una roccaforte del PPP. Assente la leader posta da ieri agli arresti domiciliari in una casa di Lahore, in Pakistan orientale. Si è voluto impedirle di guidare quello che era stato pensato come un corteo di automobili fino a Islamabad, per chiedere la revoca dello stato di emergenza imposto dal presidente Pervez Musharraf il 3 novembre. Intanto la leader dell'opposizione pachistana rilancia la sfida al regime militare del presidente Musharraf, chiedendo per la prima volta che si dimetta da capo dello Stato. Finora si era limitata a chiedere che il generale Musharraf abbandonasse la carica di capo delle forze armate e divenisse un presidente civile. Nelle ultime ore sono intervenuti il presidente degli Stati Uniti Bush, il quale ha chiesto che lo stato d'emergenza sia revocato in modo da permettere elezioni ''libere e giuste''. E poi il ministro degli Esteri britannico Milliband, che ha precisamente chiesto la revoca delle misure eccezionali entro 10 giorni.

    Il ritorno dell’ex premier, Benazir Bhutto, in Pakistan era considerato, dal punto di vista strategico, il modo migliore per ricompattare il Paese, oggi, però, più che mai diviso. Ma allora quali sono stati gli elementi che hanno scompaginato i precedenti accordi tra il presidente Musharraf e la signora Bhutto? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Emanuele Giordana, direttore dell’agenzia giornalistica “Lettera 22”:

     
    R. – Quel che è andato di traverso è stata l’ostinazione dei giudici della Corte Suprema, i quali non ritenevano costituzionale la maniera, nonostante gli accordi con la Bhutto, in cui il presidente si era fatto rieleggere. Quando Musharraf si è reso conto che nel giro di qualche giorno la Corte Suprema avrebbe detto che era ineleggibile in quella maniera, cioè con il vecchio Parlamento, quindi con tutti i giochi sotterranei per avere un accordo, un travaso di voti, ha accelerato, e accelerando ha ovviamente scompaginato tutto il gioco e l’accordo con Benazir Bhutto.

     
    D. – Musharraf è stato più volte ammonito da Washington uno dei più importanti sponsor economici del Paese. A questo punto quali le risposte che dobbiamo aspettarci da parte degli Stati Uniti?

     
    R. – Al di là delle parole usate, dure fino ad un certo punto, gli Stati Uniti hanno fatto capire che non avrebbero comunque messo in crisi il meccanismo di finanziamento militare dell’apparto che Musharraf governa, cioè l’esercito pakistano. Non mettendo in crisi questo, si è capito fin da subito che la pressione degli Stati Uniti era una pressione politica e fino ad un certo punto. Quindi, gli USA hanno già dimostrato che più di tanto non faranno. E’ evidente però che anche per Washington mantenere ottime relazioni con un governo militare diventa molto complicato. Quindi, noi ci dobbiamo aspettare pressioni sempre più forti, soprattutto perché si arrivi all’accordo con la Bhutto, che è l’unica strada praticabile a questo punto.

    - Scontro a fuoco tra militari turchi e membri PKK Un nuovo scontro a fuoco nella provincia orientale turca di Sirnak ai confini con l'Iraq tra militari turchi e membri del PKK, ha provocato la morte di 4 militari di Ankara. Nello scontro avvenuto sulla montagna di Gabbar sono rimasti uccisi - secondo fonti locali dei servizi di sicurezza - un sottufficiale di carriera e 3 soldati di leva turchi. Non si hanno notizie di eventuali perdite tra i membri del PKK considerato terrorista oltre che dalla Turchia anche dall'Unione Europea e dagli USA. Dagli inizi dell'anno sono stati oltre 150 i soldati turchi uccisi in scontri o attentati, mentre sono oltre 200 i ribelli del PKK che hanno perso la vita. Inoltre, secondo quanto ha reso noto la rete televisiva turca NTV, aerei turchi hanno bombardato stamani un edificio in una località del Nord Iraq. Interpellato dai giornalisti, il premier turco Tayyip Erdogan ha detto di non esserne al corrente. Ma il commento di Erdogan non costituisce - secondo gli osservatori - una smentita delle notizie sui bombardamenti turchi, in quanto i militari turchi, avendo ottenuto dal Parlamento e dal governo un'ampia delega a compiere operazioni in Nord Iraq al fine di colpire le locali basi del PKK, potrebbero avere agito in autonomia nel quadro di quella delega.

    - Territori palestinesi La polizia del movimento integralista islamico Hamas ha arrestato la notte scorsa decine di membri del partito Al Fatah del presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas), dopo la morte di sette palestinesi (sei secondo altre fonti) uccisi ieri al termine di una grande manifestazione per commemorare Yasser Arafat. Lo hanno detto dirigenti di Al Fatah. Secondo fonti mediche, ieri al termine della grande manifestazione per commemorare il primo presidente palestinese, sette palestinesi sono stati uccisi e circa 1309 feriti, fra cui donne e bambini. Per oggi, il presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha decretato una giornata di lutto nazionale nei Territori. Sulla responsabilità degli spari iniziali che hanno funestato la manifestazione proseguono le polemiche. Al Fatah accusa i miliziani di Hamas di aver compiuto un ''massacro premeditato'', mentre Hamas addossa la responsabilità degli incidenti a ''gangster di al Fatah''.

    - Iraq E' di almeno 15 integralisti uccisi il bilancio di una ''lunga e violenta'' battaglia che ha contrapposto nelle ultime 24 ore forze USA e soldati dell'esercito iracheno a gruppi di seguaci di Al Qaida a Idwaniya, nel cosiddetto ''triangolo della morte'' a sud di Baghdad. A Kirkuk, centro petrolifero a nord di Baghdad, un capitano dell'esercito iracheno è stato ucciso e la moglie è rimasta ferita dal fuoco di uomini armati che hanno fatto irruzione stamani nella loro abitazione. Intanto, il movimento del leader radicale sciita iracheno Moqtada al Sadr ha chiesto lo scioglimento del parlamento e nuove elezioni politiche. Lo ha annunciato il portavoce Baha al-Aaraji. Sempre stamani, cinque poliziotti sono inoltre rimasti feriti nell'esplosione di un ordigno al passaggio del vicecomandante della polizia di Kirkuk, generale Sarhad Qadir, che è tuttavia rimasto illeso.

    - Libano Il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, giunto nella tarda serata di ieri a Beirut, ha incontrato stamani il Patriarca cattolico-maronita Nasrallah Sfeir nel quadro delle iniziative diplomatiche europee per facilitare un'intesa sull'elezione del nuovo presidente della Repubblica in Libano. Durante la sua breve missione a Beirut, che si concluderà stasera, Kouchner incontrerà anche il presidente del parlamento e leader d'opposizione Nabih Berri, il premier Fuad Siniora, il leader sunnita della maggioranza parlamentare Saad Hariri e i maggiori esponenti della comunità maronita cui, in base agli equilibri politico-confessionali libanesi, spetta la presidenza della Repubblica. Secondo il quotidiano As-Safir, prima della partenza per Beirut, Kouchner avrebbe concordato telefonicamente la sua missione con i ministri degli Esteri italiano Massimo D'Alema e spagnolo Miguel Angel Moratinos, assieme ai quali aveva compiuto una prima missione congiunta in Libano il 20-21 ottobre scorsi. Entro la fine della settimana, anche D'Alema è atteso a Beirut per una nuova serie di colloqui in vista della sessione del parlamento, convocato il 21 novembre per eleggere il successore dell'attuale presidente, il filosiriano Emile Lahud, il cui mandato scadrà solo tre giorni dopo. Intanto, secondo la stampa USA, gli Stati Uniti progettano di donare alle Forze aeree libanesi (LAF) tre vecchi caccia d'addestramento che possono essere usati anche come bombardieri.

    - Somalia Tra continue sparatorie, agguati sempre più sanguinosi (almeno 80 morti la scorsa settimana solo nella capitale) e morti impietosamente trascinati per le strade, la Somalia, e Mogadiscio in particolare, appare ormai una nazione da cui chiunque può fugge, con qualunque mezzo. E’ quanto emerge alla lettura dei dati ufficiali diffusi ieri dall'ONU: nell'ultima settimana 24.000 persone hanno lasciato Mogadiscio, portando così il numero dei profughi interni dall'inizio dell'anno ad 850.000, in larga misura - sembra oltre 600.000 - in fuga dalla capitale. La situazione umanitaria è spaventosa, manca tutto: cibo, medicine, case, ed anche un minimo di condizioni igieniche. Queste carovane di disperati in fuga, e gli accampamenti dove tentano di fermarsi, sono un vero e proprio crogiuolo di epidemie, mentre la denutrizione falcidia soprattutto i bambini, e gli aiuti umanitari arrivano con difficoltà, e comunque sono insufficienti. Cifre altrettanto spaventose sono state fornite da una missione dell'UE al termine di un breve soggiorno a Mogadiscio. Dall'inizio dell'anno - hanno reso noto incontrando la stampa a Nairobi - nella capitale somala circa 5.000 persone, almeno un terzo delle quali donne e bambini, sono state curate in ospedale per ferite dovute ai combattimenti. Una cifra, dunque, certamente inferiore alla realtà, poichè fa riferimento solo a quanti sono stati ufficialmente 'contabilizzati'. Sul numero dei morti nessuno azzarda cifre, ma certamente sono molte centinaia, e solo a Mogadiscio. C’è da dire che per quanto riguarda il governo, il nuovo che avrebbe dovuto sostituire il dimissionario non c’è ancora.

    - Algeria Una bomba è esplosa ieri mattina a Isser Draa el Mizan, 60 km ad di Algeri, uccidendo un militare e ferendone altri sette. Secondo quanto scrive il quotidiano Le Soir d'Algerie, l'ordigno è stato fatto esplodere con un comando a distanza al passaggio del veicolo militare. Questo nuovo attentato attributo ad un cellula di Al Qaida per il Maghreb islamico (ex-Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento) è stato compiuto 24 ore dopo l'esplosione di un'autobomba contro una residenza della polizia a Maaktas (120 km ad est della capitale algerina) in cui sono rimaste ferite 7 persone tra civili e agenti di polizia. E sempre ieri Noureddin Boukraam, giornalista del quotidiano arabofono Ennahar (Il giorno) è stato arrestato ad Annaba (600 km ad est di Algeri) subito dopo aver pubblicato un dossier in cui accusava degli agenti di polizia di essere al servizio di uomini d'affari della regione. In un comunicato diramato dalla redazione del giornale algerino si legge che il giornalista “è stato arrestato ieri dalla polizia giudiziaria di Annaba senza che nessuna convocazione gli fosse stata data in precedenza'' e che, accusato di diffamazione, dovrebbe essere interrogato oggi dal procuratore della Repubblica di Annaba. Boukraam ha pubblicato ieri l'articolo, alla vigilia del processo di Samir Ben Mohamed, capo dei servizi segreti della zona, in carcere da 15 mesi per aver accusato i responsabili della polizia di Annaba di abuso di potere.

    - Coree Il presidente della Corea del Sud preme per un vertice con la Corea del Nord, gli Stati Uniti e la Cina per porre formalmente fine al conflitto che ha separato per 50 anni la penisola coreana. Roh Moon-hjun ha sottolineato che un vertice potrebbe essere d'aiuto agli sforzi internazionali per il programma di smantellamento da parte della Corea del Nord dell'arsenale nucleare e per la firma di un trattato di pace che sostituisca l'armistizio della guerra di Corea tra il 1950 e il 1953. “Al fine di spingere per la richiesta di smantellamento nucleare della Corea del Nord e per la conclusione di un trattato di pace, i leader dei Paesi interessati devono presentare una dichiarazione congiunta e costituire così un precisa pietra miliare”, ha detto Roh in un discorso a Busan. Il presidente statunitense George W. Bush e l'ambasciatore cinese in Corea del Sud hanno però replicato che un trattato di pace non potrà essere siglato fino a quando la Corea del Nord non abbandonerà il suo programma sugli armamenti nucleari. “Dichiarare la fine della guerra, dopo aver firmato un trattato di pace sembra essere privo di significato, è come proporre un brindisi dopo che il party e finito”, ha detto Roh.

    - Russia Il leader del Cremlino Vladimir Putin non ha voluto svelare oggi quale sarà il suo ruolo futuro, quando a marzo lascerà il Cremlino non potendo candidarsi per la terza volta consecutiva, ma ha precisato che “esistono diverse varianti”. “Se il popolo vota per Russia Unita, di cui guido la lista, significa che ha fiducia in me. E ciò significa che avrò il diritto morale di chiedere conto a chi lavora nella Duma e nel governo della realizzazione di quelle decisioni che sono prese oggi'”, ha spiegato Putin a Krasnoiarsk, in Siberia, citato dall'agenzia Itar-Tass. “Mi trattengo ancora dal dare una risposta diretta sul modo in cui questo avverrà, ma esistono diverse varianti. E se accadrà ciò, ossia il risultato che io spero, avrò tale opportunità”, ha concluso.

    - Filippine Un'esplosione ha scosso una parte dell'edificio della Camera dei rappresentanti delle Filippine. Lo hanno annunciato le tv locali senza fornire particolari sulla causa dello scoppio e su eventuali vittime. La radio locale ha parlato di “un'enorme esplosione” che si è verificata nella parte sud della Camera dopo le ore 20 locali (le 13 italiane). “Sembra che ci siano feriti”, ha detto da parte sua Joel Villanueva, un parlamentare intervistato alla radio, precisando che al momento dello scoppio era appena terminata una seduta. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 317

     

     
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