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08/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • In udienza da Benedetto XVI il presidente del Mozambico Armando Guebuza. Ribadito l’impegno a lavorare insieme per il bene del popolo mozambicano
  • Fecondata dalla fede, la cultura sia capace di proporre la bellezza della vita cristiana: così, il Papa nel messaggio alle Pontificie Accademie
  • Messaggio del Papa per i 1600 anni dalla morte di San Giovanni Crisostomo
  • Il Papa nomina mons. Bregantini nuovo arcivescovo di Campobasso: intervista con il presule
  • Altre udienze e nomine
  • Il richiamo della Santa Sede in ambito europeo a tutelare i diritti dei migranti e dei rifugiati, spesso discriminati e sfruttati, soprattutto se minori o donne
  • Oggi in Primo Piano

  • Pakistan: elezioni a febbraio. Musharraf lascerà la guida dell'Esercito
  • Rischia di precipitare la crisi in Georgia: è scontro con la Russia
  • “La kenosi di Cristo” al centro del seminario della Cattedra Gloria Crucis della Pontificia Università Lateranense
  • Dare voce a chi non ce l’ha: l’impegno dell’associazione “Voglio vivere”, impegnata a diffondere il messaggio di pace e giustizia di Raoul Follereau
  • Chiesa e Società

  • Cresce l’emergenza umanitaria in Somalia. L'appello delle ONG
  • Dai leader religiosi africani, critiche all'accordo tra UE e ACP, che raduna Stati di Africa, Caraibi e Pacifico
  • Sale il bilancio delle vittime delle inondazioni in Vietnam mentre si attende per il fine settimana l’arrivo del tifone Peipah
  • Il governo filippino stanzia 36 milioni di euro per controllare le nascite. I vescovi: si lotti contro la povertà
  • I vescovi del Libano invitano il Parlamento a "salvare" il Paese, eleggendo un presidente
  • I vescovi austriaci incontrano in Terra Santa i rappresentanti delle Chiese di Gerusalemme
  • Il cardinale Rodé: la vita religiosa è scelta di libertà e speranza
  • Albania: le monache clarisse aprono le porte del loro convento, ex carcere durante il regime comunista
  • “Immorale la sperimentazione su embrioni ibridi”: dall’Inghilterra il Movimento per la vita SPUC condanna la legge al vaglio del Parlamento
  • Prosegue in Australia, tra gli aborigeni, il pellegrinaggio della Croce della GMG
  • A Pianaccio, nell'Appennino bolognese, i funerali di Enzo Biagi
  • A Milano i parroci si recheranno anche nelle case dei fedeli musulmani per gli auguri natalizi
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’inviato dell’Onu Gambari in Birmania: aperta la via del dialogo tra la Giunta militare e l’opposizione democratica
  • Il Papa e la Santa Sede



    In udienza da Benedetto XVI il presidente del Mozambico Armando Guebuza. Ribadito l’impegno a lavorare insieme per il bene del popolo mozambicano

    ◊    
    Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano il presidente della Repubblica del Mozambico, Armando Guebuza, che successivamente ha avuto un colloquio con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, accompagnato dal segretario per i Rapporti con gli Stati, arcivescovo Dominique Mamberti. Nel corso dei cordiali colloqui, si legge in una nota della Sala Stampa vaticana, si è messo l’accento sulle “buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e il Mozambico” sottolineando “la convergenza di idee e propositi sul contributo che la Chiesa può offrire al bene dell’intera Nazione”.

     
    Nell’udienza, è stata auspicata “una collaborazione sempre più concreta nel campo della sanità e dell’educazione delle nuove generazioni che sono la speranza della Nazione”. In particolare, prosegue il comunicato, “la Chiesa Cattolica è impegnata a potenziare e a sviluppare la sua presenza nel settore universitario”. Si è parlato anche dell’applicazione dell’Accordo di Pace di Roma, di cui il 4 ottobre scorso si è celebrato il XV anniversario, “concordando sulla necessità di giungere a una piena riconciliazione nazionale”. Infine, conclude la nota, si è prospettata la ripresa dei colloqui “in vista di un Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica del Mozambico”.

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    Fecondata dalla fede, la cultura sia capace di proporre la bellezza della vita cristiana: così, il Papa nel messaggio alle Pontificie Accademie

    ◊   Sia nella Chiesa che nel mondo profano bisogna promuovere “una cultura degna dell’esistenza umana”: è l’esortazione di Benedetto XVI contenuta nel Messaggio indirizzato a mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, in occasione della 12.ma seduta pubblica delle Pontificie Accademie, che si è tenuta questa mattina nell’Aula nuova del Sinodo. Nel documento, il Papa ringrazia il cardinale Paul Poupard per il prezioso servizio offerto alla Chiesa durante il suo venticinquennale impegno a capo del dicastero vaticano per la cultura. Durante la seduta sono stati consegnati dei premi a giovani studiosi che, con il loro lavoro, contribuiscono in maniera significativa alla promozione dell’umanesimo cristiano all’inizio del Terzo Millennio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    Le Pontificie Accademie, scrive il Papa, sono chiamate a “promuovere, sia nella Chiesa che nel mondo profano, una cultura degna dell'esistenza umana, fecondata dalla fede, capace di proporre la bellezza della vita cristiana”. Una cultura, prosegue il messaggio, capace “di rispondere adeguatamente alle sempre più numerose sfide dell'odierno contesto culturale e religioso”. Benedetto XVI si sofferma poi sul tema della seduta “Testimoni del suo amore. L'amore di Dio manifestato dai Martiri e dalle opere della Chiesa”, che richiama la Sacramentum Caritatis. In questa Esortazione Apostolica, afferma il Pontefice, “ho voluto sottolineare ancora una volta il fondamentale nesso tra la celebrazione dei divini Misteri e la testimonianza della vita, tra l'esperienza di incontro col Mistero di Dio, fonte di stupore e di gioia interiore, ed il dinamismo di un rinnovato impegno che ci porta ad essere, appunto, testimoni del suo amore”. Ricordando che Gesù stesso è “il testimone fedele e verace”, sottolinea il Papa, “dobbiamo convincerci che è proprio la testimonianza coerente e convinta dei credenti” “il mezzo con cui la verità dell'amore di Dio raggiunge l'uomo nella storia, invitandolo ad accogliere liberamente questa novità radicale”.

     
    In tale contesto, è il richiamo del Papa, “è più che mai necessario riproporre l'esempio dei Martiri cristiani, sia dell'antichità sia dei nostri giorni, nella cui vita e nella cui testimonianza, spinta fino all'effusione del sangue, si manifesta in modo supremo l'amore di Dio”. I Martiri sono un segno perenne della verità dell’amore cristiano, scrive ancora, riprendendo la Bolla di indizione del Giubileo, Incarnationis mysterium, di Giovanni Paolo II. Il Papa non manca poi di menzionare “tutte le opere di carità fiorite nel corso dei secoli ad opera di fedeli generosi”. Spinti dal “fuoco interiore dell'amore di Cristo”, constata, moltissimi credenti “si sono adoperati, in questi venti secoli di storia cristiana, a creare e promuovere iniziative di carità e istituzioni benefiche, per andare incontro ai bisogni dei più poveri e manifestare così concretamente lo stretto, indissolubile legame tra amore di Dio e amore del prossimo”. Ancora oggi, è la riflessione del Papa, “tante opere caritative promosse dai credenti rappresentano una straordinaria testimonianza di ciò che può fare l'amore di Dio, quando viene accolto nel cuore dell'uomo”.

     
    Quest’anno, il premio delle Pontificie Accademie è stato attribuito al dott. Antongiulio Granelli per la tesi di Dottorato dal titolo “Il Cimitero di Panfilo” sulla via Salaria vetus a Roma, discussa presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Accogliendo inoltre il suggerimento dello stesso Consiglio di Coordinamento, il Papa ha anche offerto, quale segno di apprezzamento e di incoraggiamento, una Medaglia del Pontificato allo studioso dott. Massimiliano Ghilardi, per l'opera “Gli arsenali della Fede”.

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    Messaggio del Papa per i 1600 anni dalla morte di San Giovanni Crisostomo

    ◊   Ha parlato “appassionatamente dell’unità della Chiesa sparsa nel mondo”, ha denunciato il contrasto che nel IV secolo esisteva “tra lo spreco stravagante dei ricchi e l’indigenza dei poveri”, si è adoperato per offrire assistenza agli ammalati. Sono alcuni aspetti della personalità di San Giovanni Crisostomo che Benedetto XVI ha voluto ricordare in un messaggio indirizzato ai partecipanti al convegno che si è aperto stamani a Roma, all’Istituto Patristico Augustinianum, per ricordare i 1.600 anni dalla morte del Padre della Chiesa. Un’occasione, scrive il Papa, “per incrementare gli studi su di lui, recuperarne gli insegnamenti e diffonderne la devozione”. Il servizio di Tiziana Campisi:


    Di lui i secoli ci hanno tramandato la forza espressiva della predicazione e l’efficacia delle parole, lasciandoci immaginare quel tono suadente e quelle espressioni del suo dire che gli valsero il titolo di “Bocca d’oro”, in greco Crisostomo. A lui, scrive Benedetto XVI, si deve la promozione di “quel fruttuoso incontro fra il messaggio cristiano e la cultura ellenica” e quel “grande impegno nel rendere l’insegnamento della Chiesa accessibile alle persone semplici”, ma “anche ai dissenzienti, preferendo usare verso di essi la pazienza piuttosto che l’aggressività, poiché credeva – sottolinea il Papa – che per vincere un errore teologico, ‘nulla è più efficace della moderazione e della gentilezza’”. Infaticabile predicatore della Chiesa di Antiochia, Giovanni Crisostomo soleva spesso ripetere ai suoi fedeli che a “caratterizzare l’impegno civico dei cristiani” deve essere “in particolare il rifiuto di mezzi violenti nella promozione di cambiamenti politici e sociali”.

     
    Vescovo di Costantinopoli nel 398, riforma il clero e sprona i presbiteri “a vivere in conformità con il Vangelo”. Rifugge “ogni ostentazione di lusso” ed adotta “uno stile di vita modesto”, distribuisce l’elemosina ai poveri e “suggerisce ai ricchi di accogliere i senzatetto nelle loro case”. Nel suo messaggio Benedetto XVI descrive poi che “tanto fu persistente la sua difesa del povero e il rimprovero per chi era troppo ricco, da suscitare il disappunto e anche l’ostilità contro di lui da parte di alcuni ricchi e di quanti detenevano … il potere politico”. Fu condannato due volte dall’imperatore all’esilio, ma “la sua coraggiosa testimonianza in difesa della fede ecclesiale” e “la sua generosa dedizione al ministero pastorale” non vennero mai meno.

     
    A ricordo della sua “sollecitudine per la Sacra Liturgia”, “una delle più ricche espressioni della Liturgia orientale porta … il suo nome”. Giovanni Crisostomo aveva capito, aggiunge il Papa, che “la Divina Liturgia pone spiritualmente il credente tra la vita terrena e le realtà celesti … promesse dal Signore”. Esortava spesso “i fedeli ad accostarsi degnamente all’altare del Signore, ‘non con leggerezza … non per abitudine e formalità’, ma con ‘sincerità e purezza di spirito’”, ribadendo “che la preparazione alla Santa Comunione deve includere il pentimento dei peccati e la gratitudine per il sacrificio compiuto da Cristo per la nostra salvezza”. “Dalla contemplazione del Mistero” il Crisostomo non dimenticava mai di trarre “conseguenze morali”, si legge del dottore della Chiesa nel messaggio del Santo Padre, e ai suoi uditori spiegava che “la comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo … obbliga a offrire assistenza materiale ai poveri e agli affamati”.

     
    Non dimenticò nemmeno gli ammalati Crisostomo e per loro costruì ospedali; affermava che “l’assistenza materiale della Chiesa si deve estendere ad ogni bisognoso, senza tener conto del credo religioso: ‘il bisognoso appartiene a Dio, anche se pagano o Ebreo. Anche se non crede, è degno di aiuto'". Benedetto XVI definisce poi straordinario lo “sforzo messo in opera da San Giovanni Crisostomo per promuovere la riconciliazione e la piena comunione tra i cristiani d’Oriente e d’Occidente”.

     
    Il Santo vescovo annoverato tra i grandi Padri d’Oriente “parlò appassionatamente dell’unità della Chiesa sparsa nel mondo”, riteneva che “quando una parte della Chiesa soffre per una ferita, tutta la Chiesa soffre per la stessa ferita” e che “nella Chiesa non c’è spazio per le divisioni”; essa esiste, esclamava, “non perché quanti si sono riuniti si dividano, ma perché quanti sono divisi possano unirsi”.

     
    “Per quanto tempo ancora saremo inchiodati alla realtà presente? Quanto ancora ci vorrà prima che possiamo riscuoterci? Per quanto ancora trascureremo la nostra salvezza?”: conclude il suo messaggio con queste parole del Crisostomo il Papa, ricordando con il Padre della Chiesa che Cristo è da glorificare non solo con la fede ma anche con le opere, perché solo questo connubio ci condurrà “per la grazia e l’amorevole tenerezza del nostro Signore Gesù Cristo” alla vita eterna.

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    Il Papa nomina mons. Bregantini nuovo arcivescovo di Campobasso: intervista con il presule

    ◊   Il Papa ha nominato oggi nuovo arcivescovo di Campobasso-Boiano mons. Giancarlo Maria Bregantini, finora vescovo di Locri-Gerace. Succede a mons. Armando Dini, che lascia l’incarico per raggiunti limiti di età. Ma ascoltiamo come ha accolto questa nomina mons. Bregantini che lascia la guida della diocesi di Locri dopo 13 anni. L’intervista è di Sergio Centofanti:


    R. – Nel nome del Signore, come ogni obbedienza: per obbedienza sono venuto e per obbedienza parto. Quella stessa frase, quindi, che mi disse mons. Mariano Magrassi di venerata memoria: “Obbedisci al Papa. Non si dice no. Se obbedirai avrai sì la strada in salita, faticosa, ma sempre con la mano di Dio vicina; se non obbedisci scegli certo la strada più comoda, ma sarai solo”. E questo è quello che ho sempre insegnato ai ragazzi alla Cresima e ai preti, soprattutto i più giovani. Ed oggi che il Papa lo chiede a me rispondo con questa disponibilità e, anche se con tanta sofferenza nel cuore, saluto la mia diocesi e mi avvio all’altra.

     
    D. – Lei è sempre stato un punto di riferimento anche per la lotta alla criminalità. C’è chi ha espresso dispiacere per il fatto che lascia Locri dopo tanti anni di questo impegno…

     
    R. – Certamente ed è un reciproco dispiacere. Voglio però dire, cercando di rasserenare gli animi, che molto di quello che ho insegnato loro, è stato maturato insieme, con i giovani e con i collaboratori, cresciuti ormai fisicamente e spiritualmente. Loro restano qui, ma hanno imparato un metodo, lo vivranno comunque e sempre intensamente. Io sono certo che il Signore li accompagnerà e li renderà forti, anche se in questo momento sono in lacrime.

     
    D. – Come è cambiata la Locride dopo tanti anni in cui lei è stato alla guida di questa diocesi?

     
    R. – Se mi è dato di esprimere un giudizio, anche se può apparire particolare, posso dire che la vedo cambiata nella consapevolezza di fronte al male, non tanto ancora nella forza effettiva, perché spesso la fragilità è ancora evidente nella risposta. Ma la consapevolezza, però, di dire questo è il bene e questo è il male, questo è no e questo è sì, è ormai entrata.

     
    D. – Che cosa manca a questa lotta contro la mafia, contro la criminalità organizzata?

     
    R. – Mancano tre cose. Anzitutto che tutte le istituzioni facciano la loro parte, in maniera piena e leale, qualitativa e quantitativa. Manca poi, in secondo luogo, il collegamento tra tutte le realtà positive e, quindi, una coordinazione attuata in miglior modo. E, infine, la Calabria è trattata ancora come terra dimenticata, basta vedere la questione dei treni, dei trasporti. Soltanto con fatica si riuscirà ad innestare un processo di consapevolezza reale e visibile sul piano sociale, politico ed economico. L’appello ad investimenti maggiori e a scelte più chiare è necessario, a mio giudizio, è doveroso raccoglierlo.

     
    D. - Cosa ha imparato in questi anni?

     
    R. – Tantissimo. Io sono venuto giovanissimo come vescovo, avevo 45 anni. Sono andato in tutti i Paesi, nelle frazioni più sperdute in visita pastorale, sono andato in frazioni che neanche la gente del luogo conosce. Ho dormito nelle canoniche, nei sottoscala. Questa è stata la mia forza, la grande condivisione. Ho imparato molto a piangere insieme con la gente, ho imparato molto la fatica del perdono, ma ho imparato anche il dramma del sangue versato. Quante cose ho imparato da chi ha fatto purtroppo il male, quanto ho imparato nelle carceri, ho imparato a metterci insieme nella collaborazione nord-sud con le cooperative Trentino-Locride. Ma ho imparato dai preti la tenacia a resistere come parroci per anni e anni in Aspromonte, in zone difficili con mille insidie e mille fatiche; ho imparato dalle suore la tenerezza ed ho imparato dalle mamme il tema del lievito, del dono: il lievito in Calabria si dà da famiglia a famiglia, è l’immagine di un dono che non si può tenere, perché se lo si tiene deperisce e marcisce, mentre se lo doni, ce l’hai sempre nuovo. Questi sono soltanto alcuni flash della mia vita e per i quali i benedico il Signore.

     
    D. – A questo punto, quali sono le sue speranze?

     
    R. – So di essere accolto a Campobasso con grande gioia, questo me lo hanno assicurato i vescovi e gli amici, anche se io non conosco questa terra ed è, quindi, per me molto arduo affrontarla. Ma so anche che il cuore è già aperto e che le speranze sono grandi. Parto con grande commozione da qui, ma anche con molta forza.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza i membri della presidenza della Conferenza dei vescovi cattolici del Canada e un gruppo di presuli della Conferenza episcopale del Portogallo, in visita “ad Limina”. Sempre stamani, il Papa ha ricevuto in udienza l’arcivescovo Vito Rallo, nunzio apostolico in Burkina Faso e in Niger, con i familiari. Questo pomeriggio, Benedetto XVI riceverà in udienza un altro gruppo di vescovo del Portogallo, in visita “ad Limina”.

    In India, il Papa ha nominato vescovo di Lucknow mons. Gerald John Mathias, finora vescovo di Simla and Chandigarh.

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    Il richiamo della Santa Sede in ambito europeo a tutelare i diritti dei migranti e dei rifugiati, spesso discriminati e sfruttati, soprattutto se minori o donne

    ◊   I diritti dei migranti e dei rifugiati, dei minori e delle donne al centro dell’intervento dell’arcivescovo Manuel Monteiro de Castro, nunzio apostolico in Spagna, capo della delegazione della Santa Sede alla Conferenza dei Ministri europei della Giustizia, svoltasi a Lanzarote, nell’ambito del Consiglio d'Europa. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    Un occasione opportuna – ha plaudito mons. Monteiro de Castro - questa riunione di Lanzarote in Spagna – “per riflettere sulle condizioni e sulle modalità di accesso alla giustizia di categorie di persone vulnerabili” - come i migranti, i richiedenti asilo, e i minori – “affinché i loro diritti siano tutelati e si prevenga o si eliminino eventuali forme di discriminazione”.

     
    “Siamo ben coscienti” – ha detto il presule – che queste persone, nel continente europeo “in un modo o nell’altro, soffrono di forme di esclusione, di disparità di trattamento, che siano nel mondo del lavoro, dell’educazione e della formazione, o dell’assistenza sanitaria. Ancor più, lo sfruttamento e gli abusi, anche sessuali, che coinvolgono i minori e i migranti, specialmente le donne, pongono numerosi problemi di ordine morale e giuridico”. “Si tratta di circostanze – ha stigmatizzato il capo della delegazione vaticana - tanto più penose che riguardano persone senza difesa, le più deboli e quelle che vivono lontano dai loro Paesi, quasi sempre senza averlo scelto”.

     
    Secondo l’arcivescovo, le ragioni per cui si limita o perfino si nega l’accesso alla giustizia a queste persone è da ricercarsi prima di tutto nella sensibilità degli individui. E dunque “per sradicare tali forme d’intolleranza è necessario purificare e rinnovare il cuore di ciascuno”: solo allora sarà possibile modificare il quadro legislativo ed anche i processi giudiziari e le garanzie procedurali che talvolta arrivano a privare i migranti e i minori della loro dignità di persone, “ostacolando le loro aspirazioni e negando di conseguenza i loro diritti e le loro libertà”.

     
    La Santa Sede, ha ammonito il presule, “considera tali situazioni come una flagrante contraddizione dei valori fondamentali radicati nella cultura europea, che ispirano il processo d’integrazione in seno ai popoli europei, facendo inoltre correre il rischio di trasformare le regole essenziali della convivenza in una semplice legalità formale che, sovente, non è realmente funzionale di fronte alle esigenze dell’ordine sociale.”

     
    “La giustizia – ha concluso mons. Monteiro de Castro - è in effetti sinonimo di rispetto dell’altro, di partecipazione delle sue aspirazioni e dei suoi bisogni; è dunque capace d’ispirare una cultura di legalità che, in caso di discriminazioni, di violazioni e di abusi garantisce i diritti fondamentali, riconoscendo che questi devono essere esercitati con responsabilità, nel rispetto dei valori delle nostre società e dei principi di base della vita comune”.

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    Oggi in Primo Piano



    Pakistan: elezioni a febbraio. Musharraf lascerà la guida dell'Esercito

    ◊   Dopo i numerosi appelli della comunità internazionale, il presidente pakistano Musharaff ha annunciato che le elezioni generali nel Paese asiatico si terranno prima del 15 febbraio 2008: si è detto poi pronto a lasciare la guida delle Forze armate. Intanto non si ferma la repressione: migliaia di attivisti legati all’ex premier Benazir Bhutto sono stati arrestati. Il servizio di Benedetta Capelli:
     
    Pervez Musharaff intende rispettare la promessa fatta prima delle elezioni presidenziali: lascerà la guida dell’Esercito in occasione del giuramento del suo secondo mandato alla guida del Paese. Lo ha annunciato oggi la televisione nazionale che ha sciolto anche la riserva sulle consultazioni parlamentari: si terranno entro e non oltre il prossimo 15 febbraio, un mese dopo rispetto alla scadenza fissata in precedenza e poi messa in dubbio a seguito dell’imposizione dello stato d’emergenza, che secondo il procuratore generale pachistano, verrà revocato nel giro di uno o due mesi. La misura d’urgenza ha prodotto la rimozione del presidente della Corte Suprema, in procinto di pronunciarsi sulla validità dell’elezione di Musharaff, contestata dall’opposizione per l’incostituzionalità della doppia carica del generale: capo dello Stato e capo dell’Esercito. Ieri era stato deciso di fissare la data delle consultazioni il 14 novembre ma le pressioni internazionali sul Pakistan hanno accelerato i tempi. Il presidente americano Bush, in una telefonata a Musharaff, lo aveva esortato a rispettare il calendario elettorale e a lasciare l’Esercito. Una ricostruzione smentita però da Islamabad che, in un comunicato, ha reso noto che il capo della Casa Bianca avrebbe espresso sostegno al presidente per la sua guida del Paese. Critica la situazione sul terreno: migliaia di sostenitori dell’ex premier Benazir Bhutto sono stati arrestati nella notte. E domani è in programma una imponente manifestazione a Rawalpindi contro lo stato d’emergenza ma si teme la repressione della polizia. Le forze dell’ordine hanno lanciato l’allarme per la presenza di almeno otto kamikaze tra i manifestanti. Infine quattro esponenti dell’opposizione sono stati incriminati per alto tradimento dopo aver criticato il provvedimento di Musharraf.


    La Chiesa in Pakistan ha lanciato in questi giorni un appello alla riconciliazione e per il ripristino delle istituzioni democratiche. Ascoltiamo in proposito il nunzio apostolico a Islamabad, mons. Yllana Adolfo Tito, al microfono di Emer McCarthy:


    R. – It has been published…
    E’ stato pubblicato dalla Conferenza dei vescovi attraverso la Commissione episcopale Giustizia e Pace: richiedeva l’immediato rilascio di coloro che sono stati arrestati dopo la dichiarazione dello stato di emergenza. Allo stesso tempo i vescovi richiedono anche il ripristino della Costituzione, che da sabato è stata dichiarata “sospesa”, questa è la parola tecnica che è stata usata. Quindi, la Chiesa persegue un cammino perchè tutte le persone coinvolte, tutti i settori della società, dalle autorità in giù, arrivino davvero a lavorare insieme, ad unire le forze per risolvere i problemi in modo pacifico.

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    Rischia di precipitare la crisi in Georgia: è scontro con la Russia

    ◊   Sempre più critica la situazione in Georgia. Cresce infatti la protesta dell’opposizione mentre forze dell’esercito si sono schierate oggi a Tiblisi, dopo che il governo ha decretato quindici giorni di stato di emergenza in tutto il Paese. Il presidente georgiano Saakashvili ha accusato apertamente il Cremlino di fomentare le manifestazioni, sfociate in violenti scontri con la polizia. La Russia ha risposto espellendo tre diplomatici georgiani e chiedendo alla comunità internazionale di fermare le violenze sui manifestanti. Per un commento sulla grave situazione georgiana Stefano Leszczynski ha intervistato il prof. Vittorio Strada, esperto di area ex sovietica e docente presso l’Università di Venezia:


    R. – La situazione georgiana sta assumendo forme sempre più inquietanti in questi ultimi tempi. La crisi, maturata nelle settimane scorse, ha un’origine interna, ma va soprattutto inserita in un contesto di rapporti bilaterali tra Georgia e Federazione Russa. Inoltre, la situazione si è complicata in ragione dei contenziosi che la Georgia ha al suo interno con l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale, regioni che rivendicano la propria autonomia e la propria indipendenza ed hanno un rapporto privilegiato con la Federazione Russa, che sostiene queste tendenze – diciamo – separatistiche.

     
    D. – La Georgia, come molte delle Repubbliche ex-sovietiche, è un territorio che non riesce a trovare una sua stabilità politica. Questo, secondo lei, può essere dovuto anche alle difficoltà di sviluppo economico del Paese?

     
    R. – Certo. Le difficoltà economiche sono forti e derivano anche dal fatto che queste regioni una volta erano integrate dal sistema economico dell’Unione Sovietica. Ormai sono circa 15 anni che la realtà sovietica si è disgregata e la dipendenza economica ed energetica delle ex Repubbliche sovietiche dalla Federazione Russa è sempre più forte. Tutto questo crea instabilità. Non bisogna poi ignorare la delusione che è derivata dalle cosiddette rivoluzioni arancioni, che sia in Ucraina, sia in Georgia hanno un po’ tradito le aspirazioni della gente.

     
    D. – La repressione interna in Georgia appare molto dura. Lei pensa che ci potrebbe essere un intervento da parte dell’Occidente sul governo georgiano?

     
    R. – Non solo ci potrebbe essere, ma credo che ci dovrebbe essere. Un intervento di questo tipo, con una funzione mediatrice e pacificatrice da parte occidentale, potrebbe essere molto efficace se fatta attraverso una politica equilibrata, capace anche di capire la situazione di questi Paesi che vogliono difendere la propria sovranità, la propria indipendenza. Del resto credo che la risposta molto dura del governo Saakashvili alle manifestazioni di piazza sia dovuta ai timori che possa esplodere una guerra civile e che questa possa inoltre degradare a causa di un intervento - indiretto ovviamente - da parte della Federazione Russa. Stato che, tra l’altro, già svolge un ruolo nelle crisi separatiste, che hanno colpito tutta l’area.

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    “La kenosi di Cristo” al centro del seminario della Cattedra Gloria Crucis della Pontificia Università Lateranense

    ◊   “Stima di sé e kenosi”. E’ il tema del seminario interdisciplinare, tenutosi ieri nella Pontificia Università Lateranense, a Roma. Il convegno, promosso dalla Cattedra Gloria Crucis dell’Università Pontificia, con la collaborazione dell’Istituto Edith Stein, ha proposto un approccio sia antropologico sia cristologico della kenosi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

     
    Il termine kenosi, che in greco significa “svuotamento”, indica la rinuncia di Gesù Cristo, Figlio di Dio, alle sue prerogative divine e l’accettazione integrale della condizione umana. San Paolo usa per primo il termine kenosi: nella lettera ai Filippesi scrive che “Gesù umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte”. A differenza dell’uomo che crede di realizzarsi nell’elevarsi, Dio si manifesta nell’abbassarsi. Sul concetto di kenosi per Dio e per l’uomo, ascoltiamo padre Fernando Taccone direttore della Cattedra Gloria Crucis e docente al Pontificio Istituto Pastorale:

    “C’è la kenosi di Cristo, appunto questo svuotamento della sua divinità ma non è che ‘si svuoti’: Lui si ritira per cui poi Cristo, pur nella forma di Dio, prende anche la forma di servo: ecco, quindi, l’abbassamento di Cristo. Nell’uomo questa kenosi ha un significato molto più ampio perché l’uomo ha poco: è una creatura debole, limitata, già abbastanza svuotata di tante realtà. Tuttavia, c’è una kenosi che l’uomo deve fare ed è quella che riguarda il riempimento, che ci può essere in lui, della realtà della forma del peccato. Ora è proprio da questa forma di peccato che l’uomo deve cercare di svuotarsi per riempirsi di quella forma di Dio che è la grazia, la presenza di Dio in lui”.

    Durante il seminario si è poi sottolineato che stima di sé e kenosi non si oppongono, ma permettono l’acquisizione della verità dell’uomo e concorrono ad una crescita umana integrale. Ascoltiamo Maria Grazia Costa, preside dell'Edi.si-Istituto Edith Stein:

    “Concorrono alla crescita umana integrale perché la stima di sé non è né un auto esaltarsi né un andare verso una modalità ‘narcisistica’ della persona che guarda solo verso se stessa; ma è un andare verso una relazione e, quindi, verso una relazione più piena con Dio, tra creatura e Creatore”.

    L’umiltà diventa esaltazione e nello spogliamento di se stesso che caratterizza profondamente la verità su Cristo, si può anche ristabilire la verità dell’uomo. Ascoltiamo ancora padre Taccone:

    “La via dell’umiltà e come via della verità di riconoscimento di se stesso, ci apre alla somma verità che è Dio; anche Lui si è umiliato proprio per venire incontro alla nostra realtà quotidiana per cui diventa anche modello. Ma è un modello grande perché già anche all’interno della Trinità, c’è questa umiltà perché ciascuna delle tre persone altro non fa che realizzare l’Altro; per cui sono tre persone distinte ma un solo Dio. Quindi è un’umiltà che in realtà è creatività”.

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    Dare voce a chi non ce l’ha: l’impegno dell’associazione “Voglio vivere”, impegnata a diffondere il messaggio di pace e giustizia di Raoul Follereau

    ◊   Amare il vicino come il lontano. Agire, quando tutto sembra disperato: fedele a questo principio, Raoul Follereau ha speso la sua vita in difesa degli esclusi, dando voce a chi non l’aveva. “Apostolo dei lebbrosi”, Follereau ha lottato contro ogni miseria. Oggi, a 30 anni dalla sua morte che ricorre il prossimo 6 dicembre, l’eredità di Follereau è quanto mai feconda. In Italia, il suo testimone è stato raccolto dall’associazione “Voglio Vivere”, nata nel 1994, e membro dell’Unione internazionale delle Associazioni Raoul Follereau. Al microfono di Alessandro Gisotti, il presidente del sodalizio, Guido Barbera, si sofferma sul significato del nome dell’associazione:


    R. - Abbiamo scelto il nome “Voglio vivere”, perché non solo è uno degli slogan forti di Raoul Follereau, ma è soprattutto il grido che si alza dai bambini, dalle persone di tanti Paesi impoveriti del mondo che vogliono vivere. Quindi, abbiamo cercato in questo slogan di esprimere tutto il desiderio di vita delle persone e anche la dignità che c’è in ogni persona che va rispettata.

     
    D. – “Voglio vivere” ha un’attenzione particolare proprio come l’aveva Follereau per i più piccoli...

     
    R. – Sicuramente sì, perché i bambini, non solo sono tra le fasce più indifese, ma sono anche il futuro della nostra civiltà. Quindi, investire nei bambini per difendere il loro diritto alla vita, ma anche per difendere il loro diritto all’istruzione, vuol dire lavorare per costruire una civiltà dell’amore.

     
    D. – C’è un progetto in particolare che “Voglio vivere” sta seguendo con maggiore attenzione in questi ultimi tempi?

     
    R. – Oltre all’impegno costante che abbiamo per continuare la cura dei malati di lebbra, in alcuni Paesi del mondo, oggi stiamo lavorando per i bambini, in particolare in Madagscar, dove da anni seguiamo il lavoro di alcuni istituti di suore che recuperano i bambini abbandonati e li fanno crescere nell’educazione, oltre che nella formazione. Di recente, abbiamo iniziato anche nella Repubblica Democratica del Congo, dove la guerra, la violenza, la fame, ci hanno portato ancora pochi mesi fa, durante l’estate, a scoprire bambini fortemente denutriti, fortemente a rischio di vita. I bambini quindi rimangono nella nostra attenzione prioritaria, insieme ad un altro grosso problema che è il problema dell’acqua. Oggi abbiamo 4900 bambini al giorno che muoiono per la carenza di acqua. Quindi, portare l’acqua e, con l’acqua, soprattutto i servizi igienici, è un compito essenziale.

    Chiunque voglia aiutare l’associazione “Voglio Vivere”, può farlo attraverso il C/C Postale 13604137 intestato a Voglio Vivere – ONLUS, Sede sociale via Piave, 9 bis – C.P. 402 – 13900 Biella.

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    Chiesa e Società



    Cresce l’emergenza umanitaria in Somalia. L'appello delle ONG

    ◊   “Le ONG non possono fronteggiare adeguatamente la crisi umanitaria”. Lo denuncia attraverso la Caritas il Consorzio delle Organizzazioni non governative presenti in Somalia. Gli operatori umanitari – dichiarano le ONG - “tentano con tutte le loro forze di portare assistenza nelle aree di raccolta” ma sono ostacolati da “alti livelli di insicurezza, continui attacchi, intimidazioni, mine lungo la strada e checkpoints che rallentano gli accessi”. “La comunità internazionale e le parti coinvolte nel conflitto – aggiungono - hanno la responsabilità di proteggere i civili, rendere possibile l’invio degli aiuti e rispettare gli spazi e la sicurezza degli operatori umanitari”. Nella Somalia centrale e meridionale cresce da mesi l’emergenza: ad oggi si stimano ad un milione e mezzo le persone che in tutto il Paese necessitano di assistenza. A Mogadiscio decine di migliaia di persone fuggono dalla violenza dei combattimenti tra l’esercito e le forze antigovernative, aggiungendosi alle oltre 335 mila che necessitano di assistenza immediata. Dalla capitale somala l’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) esprime la sua preoccupazione per la popolazione rimasta in città. Le persone sono terrorizzate ma non possono fare altro che aspettare e sperare che la violenza non le raggiunga - afferma Colin McIlreavy, capo missione di MSF in Somalia. “A Mogadiscio – aggiunge - in questo momento non esiste un posto sicuro dove andare”. Nelle ultime settimane, riferisce l’organizzazione, i combattimenti si sono avvicinati all'ospedale. Mentre diminuisce il numero dei feriti provenienti dai quartieri più colpiti, gli scontri armati impediscono agli operatori di lasciare l’ospedale per raggiungere i malati. MSF lancia un appello alle parti in conflitto affinché risparmino i civili e garantiscano loro l’accesso ai soccorsi. (C.D.L.)

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    Dai leader religiosi africani, critiche all'accordo tra UE e ACP, che raduna Stati di Africa, Caraibi e Pacifico

    ◊   Più di 40 leaders religiosi, tra cui rappresentanti della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Africa orientale, hanno disapprovato, durante un convegno tenutosi nei giorni scorsi a Nairobi, gli accordi di partnership economica tra l’Unione Europea e l’ACP, che raduna gli Stati di Africa, Carabi e Pacifico. I rappresentanti religiosi hanno anche auspicato che, in futuro, la ratifica dei trattati sia subordinata all’approvazione parlamentare. Nel breve periodo si auspica, poi, che la stipula del documento sia rinviata a dopo il 31 dicembre. Lo scopo del rinvio – riferisce il quotidiano ‘L’Osservatore Romano’ – è di informare le popolazioni dei paesi interessati all’accordo “su costi e benefici cui andrebbero incontro”. Le intese di libero scambio – secondo i leader religiosi – potrebbero minare l’agricoltura africana e, con essa, la possibilità di rispondere al fabbisogno alimentare del Continente. Il presidente della Conferenza episcopale del Kenya, mons John Njue, ha lanciato poi un monito sulla probabile instaurazione di uno Stato federale nel Paese: servirà – ha detto il presule – soltanto a “dividere i keniani su basi etniche”. L’idea di uno Stato federale è stata lanciata dal principale partito di opposizione, il movimento del partito Orange. Il dibattito sul federalismo è uno dei principali temi al centro dell’attuale campagna per le elezioni generali del prossimo 27 dicembre. (A.L.)

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    Sale il bilancio delle vittime delle inondazioni in Vietnam mentre si attende per il fine settimana l’arrivo del tifone Peipah

    ◊   Resta alto lo stato di emergenza in Vietnam, e sale ad 82 il numero delle vittime provocate dalle piogge che negli ultimi giorni hanno colpito il centro del Paese asiatico. Dalla metà di ottobre tempeste e alluvioni flagellano l’intero territorio inondando decine di migliaia di abitazioni e distruggendo strade e infrastrutture. Si calcola che le piogge incessanti abbiano provocato 200 vittime e causato perdite economiche per circa 200 milioni di euro. Stando a quanto riferito dall’agenzia missionaria Misna, l’area più colpita sarebbe quella della città costiera di Da Nang ed il territorio circostante ricoperto dalle piantagioni di caffè, la cui raccolta è stata rimandata di almeno due settimane. Difficile la situazione anche nelle province di Binh Dinh e Phu Yen, da dove sarebbero state evacuate circa 60 mila persone. La protezione civile invita la popolazione ancora in loco a non abbandonare le abitazioni per evitare il rischio di annegare o di essere trascinati dal fango prodotto dalle frane. Intanto si attende con preoccupazione l’arrivo del tifone Peipah, previsto per il fine settimana, che nel passaggio sulle Filippine ha già causato cinque morti. Si teme per la vita di 9000 pescatori ancora al largo delle coste del Daklak, da dove Peipah dovrebbe raggiungere il paese. (C.D.L.)

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    Il governo filippino stanzia 36 milioni di euro per controllare le nascite. I vescovi: si lotti contro la povertà

    ◊   Nelle Filippine, la Camera dei rappresentanti ha deciso di stanziare oltre 31 milioni di euro per controllare le nascite. Secondo il governo del Paese asiatico, è necessario affrontare “la crescita annua della popolazione, pari al 2,6 per cento, perché contrasta con i programmi di salute pubblica ed istruzione”. I vescovi filippini hanno contestato la decisione e hanno chiesto di destinare la stessa somma contro disoccupazione e povertà. Ma il governo di Manila ha già assegnato i finanziamenti: il presidente della Commissione parlamentare per gli stanziamenti pubblici ha precisato che i fondi “serviranno per promuovere seminari e campagne nazionali sul controllo delle nascite, ma anche per procurare tutti quei prodotti, naturali ed artificiali, che aiuteranno ad ottenere lo scopo”. La Chiesa – riferisce inoltre l’agenzia AsiaNews - ha più volte contestato le iniziative del governo filippino a sostegno del controllo artificiale delle nascite. Soprattutto nella zona meridionale del Paese, i cattolici si sono impegnati per promuovere quei "metodi naturali" che hanno dato buoni frutti. (A.L.)

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    I vescovi del Libano invitano il Parlamento a "salvare" il Paese, eleggendo un presidente

    ◊   Maggioranza ed opposizioni sono ugualmente responsabili di una crisi politica che “non solo rischia di mandare in crisi il sistema democratico che caratterizza il Libano, ma può portare ad un'esplosione senza precedenti”. Lo affermano i vescovi maroniti rivolgendosi ai responsabili politici del Paese dei cedri, nel comunicato diffuso ieri al termine del loro incontro mensile, caduto alla vigilia della prevista data della riunione del Parlamento per l’elezione del Presidente della Repubblica, in programma il 12 di questo mese. “E’ un comunicato che ha riassunto le angosce e le inquietudini del nostro misero popolo”: le parole forti e molto significative dell'arcivescovo maronita di Jbail, Mons Bechara Rahi, riferisce l'Agenzia AsiaNews, spiegano il nuovo accorato appello dei vescovi che richiamano l’intero Parlamento alla responsabilità che ha “davanti a Dio, alla coscienza e alla patria”. La dichiarazione dei vescovi, come era previsto, non ha presentato nessun candidato alla presidenza della Repubblica, ma ha ribadito la necessità di facilitare il compimento del processo elettorale secondo la Costituzione, accusando i due fronti politici di “restare sulle loro posizioni”. I vescovi hanno inoltre espresso la loro vicinanza ai deputati della maggioranza, che sono costretti a non abbandonare il loro albergo vicino al Parlamento, per il timore di attentati ed a quelli che, per la stessa preoccupazione, sono riparati all’estero. (R.P.)

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    I vescovi austriaci incontrano in Terra Santa i rappresentanti delle Chiese di Gerusalemme

    ◊   Prosegue il pellegrinaggio della Conferenza Episcopale Austriaca in Terra Santa. Una tappa importante è stata, ieri pomeriggio, l'incontro dei presuli con i rappresentanti delle chiese di Gerusalemme: un'accoglienza calorosa, quella offerta dai capi delle chiese cattoliche, orientali e alcuni protestanti, ai vescovi austriaci e al Cardinale Christoph Schöenborn, arcivescovo di Vienna, atteso anche da molti religiosi - tra cui diversi domenicani- presso la Porta di Jaffa. Da qui i membri della conferenza episcopale austriaca sono discesi in processione verso la Basilica della Risurrezione. Scortati per le vie della città vecchia dai dragomanni, insieme ai frati della Custodia francescana e ai canonici del Patriarcato Latino, i presuli hanno fatto il loro ingresso solenne al Santo Sepolcro. Ingresso tradizionalmente riservato - oltre che ai nuovi Patriarchi di Gerusalemme o al nuovo Custode – solo ad alcune personalità importanti. Ad accogliere i 16 presuli austriaci nella basilica del Santo Sepolcro, presso la Pietra dell'Unzione, il Custode di Terra Santa, P. Pierbattista Pizzaballa. All'edicola della Risurrezione, invece, il Coadiutore del Patriarca Latino, mons. Fouad Twal, ha rivolto agli ospiti e al cardinale Christoph Schöenborn un discorso di benvenuto in tedesco, in cui ha accostato la situazione dei cristiani di Terra Santa alla Via Crucis del Signore. "Viviamo ancora il nostro Golgota e attendiamo la Risurrezione", ha detto mons. Fouad Twal chiedendo preghiere. Prossima tappa del pellegrinaggio, questo pomeriggio, con la visita al muro occidentale del Tempio, mentre è confermata per sabato mattina la visita, alquanto eccezionale, alla Spianata delle Moschee. (A cura di Sara Fornari)

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    Il cardinale Rodé: la vita religiosa è scelta di libertà e speranza

    ◊   “Quasi tutte le grandi riforme della vita della Chiesa, nella sua storia bimillenaria, sono venute da religiosi, religiose e sacerdoti appartenenti a congregazioni religiose”: lo ha detto il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, aprendo nella Pontificia Università Urbaniana il 54.mo corso della “Scuola pratica e teologia e diritto per la vita consacrata”. Il cardinale ha affermato inoltre che "ci sono segni innegabili di freschezza, testimonianze eloquenti di quella che io chiamo ‘santa tenacia’: la santità continua a fecondare la vita della Chiesa”. Nella situazione attuale - ha aggiunto il porporato – "la nuova evangelizzazione appare quanto mai urgente". Il cardinale Rodé ha quindi ricordato alcune delle tappe più significative della vita religiosa nella comunità cattolica; tra queste, “la grande svolta della storia della Chiesa nel IX secolo promossa dall’esperienza monastica di Cluny, che ha trasformato profondamente la Chiesa”. “L’importanza della vita religiosa – ha spiegato il porporato - si toccò con mano anche con la riforma gregoriana del 1060-1070, attuata da Papa Gregorio VII” e, due secoli dopo, con l’azione di due Santi carismatici, quali Franceso e Benedetto. Il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica ha poi citato la risposta cattolica alla riforma protestante, “ad opera principalmente di religiosi quali i Gesuiti e i Cappuccini”. "La fioritura delle congregazioni religiose del XIX secolo – ha detto inoltre il cardinale Rodé – ha trasformato la Chiesa e cambiato il volto della società". Si è poi assistito allo scatenarsi dei “poteri nemici della Chiesa”, tra cui il comunismo e le dittature, che – ha osservato il porporato – “hanno colpito le congregazioni religiose”. “Questo – ha concluso – perché la vita religiosa è percepita come un qualcosa di inquietante: in essa i nemici della Chiesa sentono che c’è la forza più decisa della fede”. (A.L.)

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    Albania: le monache clarisse aprono le porte del loro convento, ex carcere durante il regime comunista

    ◊   Otto monache clarisse hanno aperto in Albania, a Scutari, le porte del loro convento, che durante il regime comunista era usato come carcere. Il convento, proprietà dei francescani fino al 1946, era stato requisito e trasformato in carcere dopo l’abolizione degli ordini religiosi, seguita dal divieto di ogni forma di culto. Ora le otto clarisse, quattro italiane e quattro albanesi,aprono le porte del convento “per non dimenticare”. “Il regime – racconta suor Sonia in un'intervista raccolta nel sito "Antenne di pace" dell'Associazione Papa Giovanni XXIII – ha annientato in 50 anni la dignità delle persone”. “Nel 1976 – aggiunge - veniva proclamato l’ateismo di Stato: l’uomo era ridotto ad una larva, si preoccupava solo di mangiare, nient’altro”. Le celle dei frati erano diventate celle di detenzione e in ognuna venivano recluse più di 15 persone. Amplificatori nel cortile riproducevano suoni ad alto volume per coprire le urla dei torturati. Le suore celebrano ogni anno, passando per le celle ed il cortile, la Via crucis per ricordare chi ha sofferto in quel luogo. Alcuni superstiti sono tornati e hanno lasciato una testimonianza scritta: “se non volevo morire e non volevo che venisse fatto del male alla mia famiglia – scrive un ex guardia carceraria – dovevo dire di sì”. (A.L.)

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    “Immorale la sperimentazione su embrioni ibridi”: dall’Inghilterra il Movimento per la vita SPUC condanna la legge al vaglio del Parlamento

    ◊   “Esperimenti sinistri”, così Anthony Ozimic, segretario della “Società per la protezione dei bambini non nati” (SPUC), definisce le sperimentazioni di embrioni ibridi, in parte umani in parte animali, consentite dalla nuova legislazione inglese. Si tratta di “un attacco senza precedenti alla dignità della vita umana” – aggiunge Ozimic - che “va contro la morale ed è promosso da interessi di tipo economico”. La nuova norma, che gode del sostegno del governo ed è allo studio del parlamento, estende le possibilità di inseminazione artificiale, considera embrioni anche i prodotti della clonazione e consente il prelievo di gameti senza il consenso dei pazienti. Il Movimento per la vita britannico – riporta l'Agenzia Sir – presenterà emendamenti alla legge per contrastare il limite di tempo, oggi indicato a 24 settimane, entro il quale l’aborto è considerato legale. (C.D.L.)

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    Prosegue in Australia, tra gli aborigeni, il pellegrinaggio della Croce della GMG

    ◊   Ha da pochi giorni lasciato la diocesi di Wilcannia-Forbes la Croce della GMG che in questi mesi attraversa l’Australia, in attesa dell’apertura della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Sydney il 15 luglio 2008. “Momenti toccanti” raccontati all’agenzia Zenit da Denise Gersbach, coordinatrice della GMG0 per Wilcannia-Forbes: un bambino su una sedia a rotelle assisteva al passaggio della Croce – ricorda la donna - e quelli che la portavano hanno deviato il percorso per raggiungerlo; “era come se Gesù fosse andato lì a toccarlo”. Dopo aver raggiunto la città di Broken Hill, la Croce della GMG e l’Icona della Madonna che sempre l’accompagna, sono state consegnate all’Arcidiocesi di Adelaide. Nei prossimi giorni e fino all’arrivo a Sydney, saranno visitate altre 14 diocesi. (C.D.L.)

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    A Pianaccio, nell'Appennino bolognese, i funerali di Enzo Biagi

    ◊   Una folla di amici e di autorità tra le quali il presidente del Consiglio Romano Prodi, ha tributato l’ultimo saluto ad Enzo Biagi, scomparso all’età di 87 anni. La cerimonia si è svolta a Pianaccio, piccola frazione dell’Appennino bolognese che ha dato i natali al giornalista. Troppo piccola la chiesa per ospitare tutti, così i partecipanti al rito hanno riempito la piazza e le stradine adiacenti. Il parroco, Don Racilio Elmi, ha ricordato i valori umani di cui Biagi è stato dispensatore. “Era profondamente legato, ha aggiunto, ai sentimenti della vita cristiana che aveva assorbito in famiglia e nella comunità”. A conferma, il parroco ha ricordato che dodicenne, Biagi vinse con un tema il premio “Dottrina”. Nell’omelia, mons. Giovanni Nicolini, ha definito Biagi un “angelo della speranza” capace di un’interpretazione severa ed aperta che scaturiva da un segreto che per Biagi è sempre stato l’amore. “Dobbiamo esprimere riconoscenza, ha concluso, nei confronti di un laico cristiano come Biagi, mai tribuno della plebe ma caratterizzato dalla dolcezza dell’amico”. Il cardinale Ersilio Tonini, al termine del rito, ha ricordato la profondità interiore di Biagi, il suo legame con le radici e con gli insegnamenti ricevuti da bambino. “Biagi, ha detto il cardinale Tonini, citava sempre la mamma che prima di dormire gli chiedeva se aveva recitato l’Atto di dolore”. (A cura di Stefano Andrini)

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    A Milano i parroci si recheranno anche nelle case dei fedeli musulmani per gli auguri natalizi

    ◊   L’Ufficio Ecumenismo e dialogo dell’arcidiocesi di Milano rinnova, anche quest’anno, l’invito ai parroci a passare anche nelle abitazioni dei fedeli di fede musulmana durante la visita nel periodo natalizio alle famiglie per la benedizione delle case. “Le esperienze degli anni scorsi – spiegano don Gianfranco Bottoni, responsabile dell’ufficio e don Giampiero Alberti, collaboratore per i rapporti con l’islam – ci incoraggiano a proseguire in questa linea: le nostre feste di Natale o di Pasqua – spiegano all’agenzia Sir – possono offrire l’occasione per un incontro: “un piccolo gesto di attenzione e di cortesia può dissipare diffidenze e avviare un percorso verso il dialogo basato sul rispetto e sulla reciproca conoscenza”. L’ufficio diocesano ha preparato per l’occasione, due modelli di lettera, disponibili anche in lingua araba, inglese, francese e urdu,) da lasciare nelle case. Nelle lettere si spiega ai fedeli musulmani il significato per i cristiani della festa di Natale e il desiderio di dare insieme “al mondo una testimonianza efficace della nostra fede nell’unico Dio”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    L’inviato dell’Onu Gambari in Birmania: aperta la via del dialogo tra la Giunta militare e l’opposizione democratica

    ◊   Si è aperta una via per un sostanziale dialogo tra la Giunta militare al potere in Birmania e il leader dell’opposizione democratica Aung San Suu Kyi. Lo ha detto l’inviato dell’ONU nel Paese asiatico, Ibrahim Gambari, dopo il colloquio con il premio Nobel per la pace che si è svolto oggi a Yangon. L’emissario di Ban Ki-moon, in volo verso Singapore, ieri ha incontrato il primo ministro, Thein Sein, dopo il rifiuto di colloqui a tre tra l’ONU, il regime e l’opposizione. Gambari ha consegnato una lettera nella quale si auspicava un faccia a faccia con il numero uno dei militari, il generale Than Shwe, e si indicavano i passi necessari per soddisfare le richieste della comunità internazionale.

    - Iraq. Attentato contro la sede del partito curdo a Mossul. Un kamikaze si è lanciato con la sua auto contro l’edificio del PKK provocando la morte di una donna ed il ferimento di 5 civili. Soltanto nell’aprile scorso, la stessa sede era stata colpita da un agguato nel quale morirono sette persone e 39 altre rimasero ferite.

    - Le tensioni tra Turchia e Iraq sulle azioni dei ribelli curdi del Pkk fanno da sfondo in queste ore alla missione in Italia del premier turco Recep Tayyip Erdogan, di ritorno da un colloquio a Washington col presidente George Bush. Stamani a Roma il capo del governo di Ankara ha incontrato il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, mentre ieri a Palazzo Chigi aveva avuto un colloquio col premier italiano, Romano Prodi. C’era per noi Giada Aquilino:

    Con 100mila soldati turchi già schierati al confine con l'Iraq, Ankara spiega che la pazienza nei confronti dei separatisti curdi del Pkk ha toccato il limite:

    (Parole in turco di Erdogan)

    “Il coltello ha raggiunto l’osso”, ha detto Erdogan a Palazzo Chigi. Il Parlamento turco ha approvato un’azione per contrastare il “terrorismo” del Pkk e scopo dell’operazione sarà quello di colpire “i campi dei ribelli curdi nel Nord Iraq e non i civili”. Insomma il Pkk - per Erdogan - è “un nemico che va eliminato” per proteggere la popolazione turca e per non dimenticare le oltre 30 mila persone rimaste uccise in circa 30 anni di lotta della guerriglia. A Washington nei giorni scorsi il premier turco aveva incassato il sostegno del presidente Bush per un contrasto - attraverso una collaborazione di intelligence - allo stesso Pkk, definito dal capo della Casa Bianca non solo un’“organizzazione terroristica” ma anche un “nemico” degli USA. Ma a Roma Erdogan si è adoperato pure affinché una possibile azione militare oltre confine non pregiudichi il cammino di Ankara verso l'Unione Europea. Un cammino – ha spiegato – recentemente rallentato dagli impegni elettorali turchi ma non certo arrestato. La collaborazione di Roma per il processo di adesione ai Ventisette è fattiva, ha assicurato Romano Prodi, che sul tema della lotta al terrorismo al fianco di Ankara si è espresso così:
     
    "E’ una cooperazione che consiste soprattutto nel rendere noto eventuali formazioni terroristiche. Riguardo alla eventuale operazione oltre confine, ho lodato il primo ministro turco per la moderazione con cui fin ora si è reagito di fronte a questi fatti, proprio perché credo che la lotta contro il terrorismo significhi anche non cedere a provocazioni eccessive".

    - Italia-Romania. Ieri il premier Romano Prodi ha incontrato a Roma il suo omologo romeno, Calin Popescu Tariceanu, dopo l’uccisione di Giovanna Reggiani, aggredita da un romeno a Tor di Quinto, quartiere della capitale. Entrambi hanno concordato sulla necessità di lavorare insieme e come primo provvedimento si è decisa l’istituzione di una task force di polizia congiunta. Sia Roma che Bucarest hanno invitato l’Europa ad intervenire sulla libera circolazione delle persone, a non sottovalutare la situazione dei rom per i quali sono stati chiesti aiuti finanziari.

    -Iran-Israele. Duro attacco del vice premier israeliano Shaul Mofaz contro il direttore dell’AIEA, Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, El Baradei. In un’intervista alla radio di Gerusalemme, Mofaz ne ha chiesto le dimissioni perché avrebbe troppo a lungo tollerato che l’Iran portasse avanti il suo controverso programma nucleare.
     
    - Il petrolio riprende la corsa a New York dove è salito sopra 97 dollari mentre a Londra il Brent ha toccato quota 94,35 dollari. In Asia è in discesa il prezzo del greggio sotto quota 96 dollari dopo che ieri ha quasi sfiorato i cento dollari al barile. A trainare il prezzo anche la forza dell’euro che ha puntato dritto verso la soglia di 1,50 dollari. Secondo l’OPEC, a pesare sono soltanto le speculazioni finanziarie e non la carenza di forniture di greggio. Il Cartello comunque si è detto pronto ad aumentare la produzione, a partire da dicembre, per fronteggiare eventuali mancanze. L’impennata dei prezzi del petrolio e l’inflazione in salita sono alcuni degli argomenti oggi al vaglio del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea.

    - Finlandia. Paese sotto shock all’indomani della morte di 7 alunni e della preside del liceo di Tuusula, nel sud del Paese, uccisi da un loro compagno di scuola che aveva annunciato il tragico gesto in un video diffuso poi su internet. Il ragazzo, durante una lezione, ha iniziato a sparare all’impazzata e poi si è tolto la vita. Ad Helsinki, in segno di lutto, tutte le bandiere sono a mezz’asta.

    - Venezuela manifestazione studenti. Proseguono le iniziative contro il referendum sulla riforma costituzionale voluta dal presidente Hugo Chavez. Ieri è stata una giornata ad alta tensione nell’università di Caracas dove la polizia ha sparato sugli studenti, ferendone nove. Nuove manifestazioni sono in programma in diverse città del Paese.

    - Tensione in Yemen. Sono 12 le vittime degli scontri tra membri di una tribù yemenita e uomini della sicurezza con il compito di difendere una società ucraina. Il fatto è avvenuto nella provincia di Shabwa, a est della capitale Sana'a.

    - Italia. Grave il bilancio dello schianto di un elicottero americano avvenuto nei pressi del fiume Piave, vicino Treviso, a duecento metri dal ponte dell’Autostrada A27, che è stata parzialmente chiusa per precauzione. Sarebbero 4 i militari statunitensi morti, altri 3 sarebbero in condizioni gravi. Sono ancora da verificare le cause che hanno provocato la caduta del velivolo.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 312

     

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