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SOMMARIO del 07/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'udienza generale dedicata a San Girolamo: la Bibbia va letta personalmente e in comunione con la Chiesa per non cadere nell'individualismo. Stretta di mano tra il Papa e l'arcivescovo ortodosso russo, Innokentiy
  • Il primo ministro romeno in udienza oggi da Benedetto XVI ringrazia la Chiesa e il Papa per il sostegno concreto agli immigrati e la promozione di una cultura di tolleranza
  • Nomine
  • Oggi in Primo Piano

  • Russia: la Duma sospende il Trattato sulla limitazione delle armi convenzionali in Europa
  • Mons. Ravasi ricorda Enzo Biagi
  • Israele: la crisi dei visti continua a colpire sacerdoti e religiosi cattolici
  • Una missionaria e una giovane ricercatrice insieme per dare una scuola ai bambini della Tanzania
  • Chiesa e Società

  • Iraq: dal 2003 la metà dei cristiani ha abbandonato le proprie case
  • Uruguay: il Senato vota la depenalizzazione dell’aborto. L'appello dei vescovi
  • Problematiche sociali e azione pastorale al centro della 180.ma Assemblea plenaria dei vescovi del Paraguay
  • Telepace celebra 30 anni di trasmissioni con una Messa a Gerusalemme officiata all’aperto sulla cosiddetta “collina del Papa”
  • Cattolici, ebrei, musulmani e buddisti riuniti a Berna, in Svizzera, per la prima Settimana delle religioni
  • Al via a Nairobi, in Kenya, i lavori del “Global christian forum”
  • A dicembre saranno uinificate le due Conferenze episcopali CERAO per l’Africa francofona e AECAWA per l’Africa anglofona
  • La Caritas australiana chiede al Governo che uscirà dalle elezioni di novembre di impegnarsi per raggiungere gli Obiettivi del Millennio
  • Gli auguri degli ortodossi e dei protestanti al nuovo presidente dei vescovi francesi
  • La vita consacrata è viva e vitale: cosi mons. Gardin all’Assemblea dei Superiori Maggiori
  • Diocesi di Roma: il 13 novembre "Dialoghi in cattedrale" con mons. Ravasi e il giornalista Ferrara sul libro del Papa "Gesù di Nazaret"
  • Al cardinale Camillo Ruini la Medaglia d'oro della cultura cattolica
  • La suora zambiana Juliana Malama è la nuova Superiora generale delle Suore Francescane Missionarie "Del Giglio"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Pakistan: l'ex premier Benazir Bhutto invita il popolo a manifestare contro il presidente Musharraf
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'udienza generale dedicata a San Girolamo: la Bibbia va letta personalmente e in comunione con la Chiesa per non cadere nell'individualismo. Stretta di mano tra il Papa e l'arcivescovo ortodosso russo, Innokentiy

    ◊   La Bibbia ha parole che trascendono i tempi: si rivolge al cuore di ogni singola persona, ma allo stesso tempo fa nascere la comunità cristiana, la Chiesa, al cui interno le parole sacre possono essere comprese nella loro più profonda verità. E’ l’insegnamento centrale della catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di stamattina in Piazza San Pietro. Davanti ai circa 40 mila fedeli in Piazza San Pietro, il Papa ha presentato la figura di un celebre biblista del V secolo, San Girolamo, autore della “Vulgata”, la traduzione ufficiale dell’Antico Testamento adottata dalla Chiesa latina. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    San Girolamo sta alla Bibbia come un famoso concertista allo spartito di un classico della musica. Studio approfondito, preparazione, sensibilità e dedizione ai testi sacri lo resero uno dei maggiori esegeti e scrittori dell’antichità cristiana. Benedetto XVI lo ha presentato all’inizio della catechesi come un “Padre della Chiesa che ha posto al centro della sua vita la Bibbia: l’ha tradotta, l’ha commentata nelle sue opere, e soprattutto - ha sottolineato - si è impegnato a viverla concretamente nella sua lunga esistenza terrena”, permettendo tra l’altro all’ormai vasta produzione di scritti della Chiesa di essere colti nella loro importanza sia spirituale che culturale:

     
    "Confutò con energia e vivacità gli eretici che contestavano la tradizione e la fede della Chiesa. Dimostrò anche l'importanza e la validità della letteratura cristiana, divenuta una vera cultura ormai degna di essere messa a confronto con quella classica".

     
    Il Papa ha ripercorso le fasi salienti della vita di San Girolamo. Uomo dal carattere “focoso”, fu eremita e segretario di un Papa, Damaso, poliglotta e cultore dei capolavori del pensiero antico, monaco nell’animo e difensore della fede contro gli eretici. Ma furono i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento l’oggetto centrale della passione, della fede e del lavoro di un uomo che ebbe la sorte di finire i suoi giorni accanto al luogo dove il cristianesimo iniziò, Betlemme. Se la traduzione latina dei testi biblici - più conosciuta come “Vulgata” - è il suo inestimabile lascito alla Chiesa di ogni tempo, il suo lasciarsi interpellare in profondità dalla Bibbia - come San Girolamo fece nei suoi primi anni, nella solitudine ricercata del deserto di Calcide - resta, ha affermato Benedetto XVI, un esempio antico di un atteggiamento sempre attuale per ogni cristiano:

     
    “'Ignorare le Scritture è ignorare Cristo'. Perciò è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura. Questo nostro dialogo con essa deve sempre avere due dimensioni: da una parte, dev'essere un dialogo realmente personale, perché Dio parla con ognuno di noi tramite la Sacra Scrittura e ha un messaggio per ciascuno. Dobbiamo leggere la Sacra Scrittura non come parola del passato, ma come Parola di Dio che si rivolge anche a noi e cercare di capire che cosa il Signore voglia dire a noi".

     
    Ma “per non cadere nell’individualismo”, cioè in una comprensione personalistica della Bibbia, bisogna sempre tener presente - ha detto il Papa - anche l’altra valenza della Sacra Scrittura, quella di “dono” dato da Dio “per costruire la comunità della Chiesa”:

     
    "Dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva. Il luogo privilegiato della lettura e dell'ascolto della Parola di Dio è la liturgia, nella quale, celebrando la Parola e rendendo presente nel Sacramento il Corpo di Cristo, attualizziamo la Parola nella nostra vita e la rendiamo presente tra noi. Non dobbiamo mai dimenticare che la Parola di Dio trascende i tempi. Le opinioni umane vengono e vanno. Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l'eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l'eterno, la vita eterna".
     
    Significativo momento ecumenico, al termine dell'udienza generale, quando Benedetto XVI ha salutato l'arcivescovo Innokentiy del Patriarcato ortodosso di Mosca. Dopo la stretta di mano e qualche istante di conversazione, l'arcivescovo Innokentiy si è congedato dal Papa donandogli un libretto sulla cui copertina è raffigurato il Patriarca ortodosso di Mosca, Alessio II. In precedenza, al momento dei saluti pubblici, Benedetto XVI aveva esortato, tra gli altri, i pellegrini della diocesi di Terni-Narni-Amelia, guidati vescovo Vincenzo Paglia, a guardare con forza all’Eucaristia, perché “vi introduca ha detto loro il Papa - ad un rinnovato ascolto della Parola di Dio e vi orienti ad intraprendere con maggiore audacia la via della carità vissuta”. E un pensiero del Pontefice era andato anche ai partecipanti al Corso di formazione permanente per missionari promosso dalla Pontificia Università Salesiana e ai seminaristi della città lombarda di Lodi.

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    Il primo ministro romeno in udienza oggi da Benedetto XVI ringrazia la Chiesa e il Papa per il sostegno concreto agli immigrati e la promozione di una cultura di tolleranza

    ◊   Benedetto XVI ha accolto stamani in Vaticano il primo ministro della Romania Calin Popescu Tariceanu, accompagnato dalla moglie. Il leader romeno aveva chiesto questo incontro volendo ringraziare il Papa e la Chiesa per quanto fanno a sostegno degli immigrati sia concretamente sia per la promozione di una cultura della tolleranza e dell’accoglienza. Il colloquio, durato una decina di minuti, si è svolto al termine dell'udienza generale, in una saletta attigua all'Aula Paolo VI. Come ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, il capo del Governo romeno ha espresso particolare apprezzamento per le parole del Santo Padre all’Angelus di domenica scorsa, che aveva auspicato che “le relazioni tra popoli migranti e popolazioni locali avvengano nello spirito di quell’alta civiltà morale che è frutto dei valori spirituali e culturali di ogni popolo e Paese”. E chi è preposto alla sicurezza e all’accoglienza, aveva sollecitato il Papa “sappia far uso dei mezzi atti a garantire i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza”. Calin Tariceanu si è poi recato a Palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi e concordare una strategia comune volta a contrastare la criminalità, garantire la sicurezza della collettività e al contempo i diritti dei cittadini romeni in Italia. Sull’esito del colloquio - che giunge dopo il decreto legge sulle esplusioni approvato dal Governo italiano - Prodi e Tariceanu terranno alle 14.30 una conferenza stampa congiunta. Ma ascoltiamo il primo ministro romeno intervistato dal nostro collega della redazione francese della Radio Vaticana, Xavier Sartre:

    R. - Je suis un peut…
    Io sono un po’ deluso per le posizioni prese da alcune personalità politiche italiane ed anche talora dalla gente comune riguardo ai romeni e al popolo romeno. E’ mio dovere far risaltare le migliori personalità romene del mondo accademico ed universitario, del mondo degli affari così come del mondo dello sport, tutte personalità queste ben conosciute e riconosciute per le loro attività e per le loro personalità in Italia, per cercare di ridare, in qualche modo, un’immagine più veritiera di quella che è la Romania di oggi, dopo l’adesione all’Unione Europea. E’ vero, certo, che ci sono delle persone che per i loro atti criminali hanno creato una reazione ed una emozione molto viva in Italia ed io personalmente sono desolato per le azioni compiute da queste persone, ma non credo che sia logico mettere sullo stesso piano delle persone che commettono reati con un popolo intero, con tutti quei romeni che lavorano in Italia e che sono riconosciuti ed apprezzati per il loro lavoro onesto.

     
    D. – Quali sono le responsabilità in questo aumento dei sentimenti antiromeni in Italia?

     
    R. – Il y a une responsabilité partagé…
    C’è certamente una responsabilità condivisa tra coloro che hanno commesso i crimini e che devono ora certamente essere giudicati e puniti secondo la legge vigente, ma anche - e questa è un altro tipo di responsabilità - tra le autorità italiane. Penso, in particolare, alle autorità locali che hanno guardato con poco interesse ad una realtà sociale così complessa, pensando di risolvere una emergenza sociale con la creazione di campi per le persone immigrate da altri Paesi. C’è stata una sorta di attitudine a lasciar andare le cose, a lasciarle passare. Ma così facendo non si è fatto altro che nutrire, in un gruppo non integrato socialmente, una criminalità che è poi venuta fuori. Io credo che ci debba essere ora l’obbligo da parte delle autorità di intervenire, di offrire una possibilità di inserimento e di lavoro, perché io credo che sia possibile integrare queste persone nelle diverse attività. Io so che ci sono alcune città in Italia, dove è stato attuato un progetto del genere e so anche che in queste città non c’è stato alcun atto di criminalità. Per quanto riguarda Roma, il fenomeno è stato amplificato e credo anche strumentalizzato a livello politico da alcune personalità che sembrano sempre in campagna elettorale.

     
    D. – Riguardo alla responsabilità della Romania, che viene talora accusata di fare poco per impedire questa ondata di emigrazione…

     
    R. – Il n’y a pas une législation europeenne…
    Non c’è una legislazione europea che può impedire la libera circolazione. Il valore, il più riconosciuto, dell’Unione Europea è proprio quello della libera circolazione delle persone. Per quanto riguarda le persone che verranno coinvolte in questa decisione di allontanamento dall’Italia verso il loro Paese di origine, la giustizia romena deciderà riguardo alla reale necessità di applicazione di queste misure restrittive e riguardo all’obbligo di non abbandonare il proprio Paese per un periodo prestabilito. Ma è certo che queste misure devono essere prese soltanto per le persone che sono state implicate in reati. Per questa ragione, chiedo alle autorità italiane di fornirci i dossier di queste persone che sono oggetto di questa decisione di allontanamento, così da poter agire anche noi in accordo e conoscendo i fatti.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Legazpi, nelle Filippine, presentata da mons. Nestor C. Cariño, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato vescovo di Ambanja, in Madagascar, il padre salesiano Rosario Saro Vella, parroco e superiore della Comunità Salesiana di Bemaneviky. Padre Rosario Saro Vella è nato l’8 maggio 1952 a Canicattì, arcidiocesi di Agrigento. Compiuti gli studi secondari nello Studentato salesiano di San Gregorio, a Catania, ha frequentato l’Istituto teologico di Messina ed è stato ordinato sacerdote il 27 maggio 1979. Ha pure conseguito una Laurea in Filosofia all’Università di Palermo. Dopo l'ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1979-1981: animatore degli studenti salesiani a san Gregorio di Catania; dal 1981: missionario in Madagascar; 1982-1995: parroco ad Ankililoaka (arcidiocesi di Toliara); 1989-1990: maestro dei novizi ad Ankililoaka; 1995-2004: parroco della parrocchia e del distretto di Betafo (diocesi di Antsirabe); dal 2004: parroco e superiore della Comunità Salesiana di Bemaneviky (diocesi di Ambanja). Insegna Patristica nel Seminario Maggiore Interdiocesano di Antsiranana; è membro del Collegio dei Consultori della diocesi di Ambanja.

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    Oggi in Primo Piano



    Russia: la Duma sospende il Trattato sulla limitazione delle armi convenzionali in Europa

    ◊   In Russia, la Duma, la Camera bassa del parlamento, ha approvato oggi all'unanimità la sospensione del Trattato sulla limitazione delle armi convenzionali in Europa. La moratoria entrerà in vigore dal 12 dicembre, dopo l'approvazione da parte del Senato e della promulgazione da parte del presidente russo Vladimir Putin. Il ritiro dell'adesione da parte di Mosca giunge in seguito alla mancata riforma del Trattato da parte dei Paesi della Nato, una riforma invocata da Mosca per ristabilire gli equilibri militari in Europa con i cambiamenti degli ultimi anni. Salvatore Sabatino ha chiesto a Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe, come interpretare questa decisione di Mosca. Ascoltiamo:


    R. – Credo che possa essere letta a tanti livelli. Il primo, più evidente, più banale, è che in Russia siamo in un clima pre-elettorale. Si voterà a dicembre per il rinnovo della Duma e poi a marzo per il nuovo presidente, con, all’orizzonte, questa figura di Putin che, in qualche modo, continuerà a dominare la politica russa. Quindi, Putin ha tutto l’interesse a mostrarsi deciso in questa sua politica, soprattutto nel proseguimento dell’opera di ricostruzione dell’orgoglio nazionalista russo. Credo che poi ci sia anche uno scenario di più ampio respiro, uno scenario che ormai da diversi anni vediamo svilupparsi, ed è quello secondo il quale, mentre dopo la caduta del muro di Berlino molti pensavano che gli Stati Uniti fossero rimasti – per usare un’espressione sintetica e un po’ brutale – soli a dominare il mondo, la realtà ci ha rapidamente dimostrato che questo non è vero. Gli Stati Uniti sono sicuramente l’unica vera superpotenza rimasta, ma ci sono molti Paesi importanti, per tante ragioni – economiche, sociali, demografiche – come la Cina, come l’India, come la Russia stessa, il Venezuela di Chavez, l’Iran di Ahmadinejad, che sono riluttanti a stare dentro alle briglie imposte in qualche modo dagli Stati Uniti e si ribellano in vario modo. La Russia, in particolare, si ribella contro lo scudo spaziale che dovrebbe essere installato ai suoi confini.

     
    D. – Questa decisione non rischia di complicare i rapporti diplomatici con Washington?

     
    R. – Certamente, innalza il livello di scontro, ma non credo che i livelli diplomatici tra gli Stati Uniti attuali e la Russia attuale possano essere compromessi più di così, nel senso che, escludendo ovviamente scenari pazzeschi di guerre e così via, sono molti anni che Washington e Mosca rivaleggiano in ogni campo. E questa decisione, per esempio, mi sembra di gran lunga meno importante di quanto sia stata per esempio l’attività che gli Stati Uniti hanno realizzato, tracciando per esempio quel grande oleodotto che taglia a metà il Caucaso e va dall’Azeirbajan alla Turchia, passando per la Georgia. Dal punto di vista geo-strategico, dal punto di vista delle politiche concrete, quell’azione degli Stati Uniti è stata molto più importante ed efficace di questa decisione di Putin.

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    Mons. Ravasi ricorda Enzo Biagi

    ◊   I funerali di Enzo Biagi, spentosi ieri a Milano, saranno celebrati domani mattina alle 11.00 nella piccola Chiesa dei Santi Giacomo e Anna, a Pianaccio, il piccolo borgo di Lizzano in Belvedere, sull'Appennino bolognese, dove il giornalista era nato 87 anni fa. L’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, è stato tra le tante personalità che erano andate a salutarlo quando era ricoverato in clinica. Giovanni Peduto ha chiesto a mons. Ravasi cosa gli resta di questo ultimo incontro con Enzo Biagi:

     
    R. – E’ stato un incontro particolarmente intenso, perché in un certo senso è stato quasi una sorta di abbraccio che abbiamo avuto a conclusione di un lungo itinerario comune. Il giornalista ha voluto che, anche insieme alle figlie, dicessimo la preghiera del Padre Nostro e dell’Ave Maria, che ricordavano le sue radici, quelle radici profonde e cristiane che la sua famiglia gli aveva dato e che era l’ambiente che lui ricordava sempre con grande intensità, che era quello bolognese, e che gli aveva quasi posto come una sorta di sigillo nell’anima. Ha poi voluto la benedizione e ci siamo poi scambiati l’augurio di rivederci ancora. Io penso che questo augurio abbia lo stesso un suo valore, perché attraverso la dimensione dell’eterno, in cui ora è inserito, posso ancora ritrovare la sua semplicità e soprattutto la sua speranza sottintesa, ma speranza cristiana.

     
    D. – Come è nata la sua amicizia con Enzo Biagi?

     
    R. – L’amicizia con Enzo Biagi è nata lungo due itinerari, due percorsi. Il primo è stato evidentemente quello della cultura milanese. In pratica devo dire che conosco ed ho frequentato un po’ tutte le personalità significative del mondo della cultura milanese e, quindi, anche del giornalismo. Un parallelo evidentemente è, ad esempio, il legame che c’è stato con Indro Montanelli. Il secondo itinerario è quello molto più interessante, perché è quello nato proprio sul discorso religioso e, direi forse meglio, spirituale in senso lato. Questo discorso ha avuto un picco particolare quando ad Enzo Biagi è morta la moglie Lucia, la moglie amatissima con la quale aveva condiviso l’intera esistenza, e quando ha vissuto il dramma profondo e lacerante della perdita della figlia Anna. Da quel momento il discorso sui temi religiosi, tutte le volte che ci vedevamo, ed anche il discorso sul significato della vita erano abbastanza spontanei ed immediati. Ogni anno poi celebravo la Messa e lui veniva a questa celebrazione piangendo, quasi commosso e non soltanto per quel ricordo amaro della sua vita, ma anche e soprattutto – me lo diceva – per questa grandezza che in sé ha la liturgia cristiana, che è – appunto – sorgente di fiducia e di speranza.

     
    D. – Quale eredità lascia Enzo Biagi al giornalismo italiano?

     
    R. – Una duplice eredità, io penso. Da un lato ha insegnato a scrivere in maniera limpida, nitida, semplice, ma al tempo stesso anche capace di fare dei ritratti autentici. Il suo dettato non aveva assolutamente – anche se tante volte era, per esempio, polemico – le caratteristiche di un certo giornalismo di assalto, di aggressione, per cui si cerca, ad esempio, in una intervista che l’altra persona abbia a cadere in una trappola. Una sua intervista o comunque un suo articolo era sempre un’intervista o comunque un articolo di rispetto, anche se – ed è questa la seconda dimensione – egli non ha mai mancato di dare un giudizio di tipo morale. Se i nostri ascoltatori hanno letto qualche libro di Biagi si ricorderanno che quasi tutti i libri di Biagi sono libri autobiografici, caratterizzati da questi incontri con tutte queste personalità più importanti del secolo scorso, ma se si leggono in profondità non sono soltanto dei ritratti freddi ed asettici, sono anche dei ritratti in cui si scava e alla fine si mostra un elemento morale. Era questa, infatti, la dimensione che egli trovava un po’ mancante nella cultura contemporanea. Io condivido questa sua visione, anche nel giornalismo: una mancanza, quindi, di etica generale e fondamentale che giudica il bene e il male, la verità e il falso, ma giudica anche la vita dell’uomo.

     
    D. – Proprio alla cultura in quanto tale quale eredità lascia Biagi?

     
    R. – La sua eredità io penso sia quella dell’aver voluto interessarsi in modo particolare della storia, della storia del presente, con tutto il groviglio delle sue contraddizioni. Ma questa sua capacità di percorrere sempre le vie della storia moderna in cui siamo immersi – non dimentichiamo mai che tutte le sue interviste riguardavano le personalità sia del mondo della politica, sia del mondo della cultura, sia del mondo delle spettacolo, sia del mondo in genere e, quindi, anche figure che rappresentassero in qualche modo un emblema – era sempre segnata da una caratteristica, anche esterna, che è la caratteristica della citazione. Egli citava sempre qualcosa che apparteneva anche al grande passato e spesso diceva: “Se uno ha già detto bene una cosa, perché io devo dirla in un’altra maniera”. Questo, secondo me, rappresenta un modo per ricordare, perché Biagi aveva un senso profondo della memoria, ma anche per essere consapevoli che noi siamo eredi di una grande tradizione che ci sta alle spalle e in questa grande trazione Enzo Biagi, pur con la sua laicità, aveva messo sempre anche – e questo lo posso riconoscere e lo potranno riconoscere anche tutti i sacerdoti che lo hanno conosciuto – il cristianesimo.

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    Israele: la crisi dei visti continua a colpire sacerdoti e religiosi cattolici

    ◊   Sono passati anni e, malgrado le promesse del governo israeliano, sacerdoti e suore che escono da Israele per far ritorno continuano ad aver bisogno di un nuovo visto di ingresso da parte di un consolato israeliano, che ottengono con grosse difficoltà e che comunque impone mesi di esasperante attesa per il disbrigo delle pratiche. I responsabili ecclesiastici di Terra Santa hanno preferito evitare proteste pubbliche, cercando invece di ottenere un mutamento di linea tramite negoziati discreti con le autorità civili competenti. Sulla questione Luca Collodi ha intervistato padre David Maria Jaeger, giurista francescano, appartenente alla Custodia di Terra Santa:


    R. – Il problema dei visti e dei permessi di soggiorno sta attraversando l’ennesima crisi. Ogni volta i ritardi, i dinieghi, causano enormi problemi alla pastorale, al funzionamento della Chiesa. Il problema di fondo è che in Israele non c’è nessuna normativa per il rilascio dei permessi di ingresso e di soggiorno, eccetto quello che ti dice il funzionario del giorno allo sportello. Invece ci vuole che ci siano norme che permettano alla Chiesa di programmare ragionevolmente chi possa essere ammesso, come e quando. Nell’accordo fondamentale con la Santa Sede del ’93, sarebbe stato previsto in linea di massima il diritto della Chiesa a dispiegare il proprio personale nelle proprie istituzioni. Risulterebbe un impegno comune di negoziare un patto circa questa normativa e questo impegno è stato esplicitato tra le parti già nel marzo del ’94. Risulta che c’era un accordo procedurale di negoziare precisamente un patto sulle norme per il rilascio di questi permessi. Il che fino ad oggi non è avvenuto.

     
    D. – Al momento, la situazione praticamente come si svolge sul campo? Un sacerdote che si deve muovere cosa fa?

     
    R. – Attualmente ci sono molti che attendono il rilascio dei visti. In casa mia c’è un sacerdote siro-cattolico, destinato alla cura pastorale dei siri-cattolici di Gerusalemme. E’ l’unico sacerdote abilitato al rito che vive lì, ma invece lui non può partire per Israele perché non ha ricevuto il visto e non c'è nessuna indicazione se lo riceverà, quando lo riceverà e come o che cosa dovrebbe ancora fare per riceverlo. Ci sono anche altri, molti dei quali hanno ricevuto il visto per un solo anno o un solo ingresso. Per esempio, se devono lasciare il Paese non possono rientrare, se non avendo fatto una nuova domanda.

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    Una missionaria e una giovane ricercatrice insieme per dare una scuola ai bambini della Tanzania

    ◊   Missionaria a Morogoro in Tanzania, dal 1980, suor Teresa Drago si occupa a tempo pieno di bambini di strada, assicurando loro cibo, scuola ed assistenza. Sono ben 700 i giovani a cui la religiosa delle Suore Collegine della Sacra Famiglia garantisce l’istruzione che non potrebbero mai permettersi con i propri mezzi. Uno dei sogni di suor Teresa era realizzare un’aula di informatica per i suoi piccoli alunni. Sogno che si è realizzato grazie all’impegno di Rossana Muscillo, dottoranda al Laboratorio di Ingegneria dell’Università “Roma Tre”. Ecco la sua testimonianza, al microfono di Alessandro Gisotti:


    R. – Io ho conosciuto Suor Teresa 10 anni fa e sono rimasta veramente affascinata dalla grinta e dalle idee che lei aveva, perché comunque già 10 anni fa la sua missione vedeva un asilo funzionante e un doposcuola. Già 10 anni fa aveva in mente di costruire una scuola elementare all’interno della sua missione, che potesse gestire tranquillamente. E due anni fa, finalmente, è riuscita in questo sogno. Così, ha costruito una grandissima e bellissima scuola elementare. Allora io, reduce da un’altra grande esperienza in Senegal, l’ho chiamata chiedendole cosa pensasse di un’aula di informatica nella sua scuola. Lei voleva un’aula seria da almeno 30 postazioni con tutte le prese funzionanti, con tutti i monitor con una buona risoluzione. Ne voleva 30, perché ogni aula è fatta in media di 30 bambini. Ho di nuovo trascorso un mese da lei, a Morogoro, e abbiamo montato finalmente tutti e 30 i computer. La speranza quest’anno è di fare, durante tutto l’anno accademico, ogni giorno, informatica o, comunque, almeno due o tre lezioni a settimana.

     
    D. – Ma quanto è importante l’informatica in un Paese come la Tanzania?

     
    R. – Suor Teresa vive a Morogoro che, effettivamente, è una cittadina problematica. Hanno poche possibilità sia di lavorare che di un futuro dignitoso. Saper usare il computer, per quanto possa sembrare assurdo, dà una carta in più. I bambini che escono a 13 anni e sanno usare Word, nella capitale soprattutto, se si presentano a qualunque colloquio di lavoro, che sia in un grande supermercato, che sia un ufficio pubblico, hanno una carta in più. Penso che sia forse l’unica scuola elementare in tutta la Tanzania in cui i bambini studiano informatica. Se già i bambini arrivano a 15, 16 anni, sapendo usare il computer, anche se iniziassero la scuola secondaria sapendolo già usare, sarebbe un grande vantaggio.

     
    D. – Prospettive per il futuro della missione di Suor Teresa Drago, con particolare riferimento all’educazione...

     
    R. – Lei vuole formare insegnanti e scuole professionali, con una grinta e una voglia di fare assoluta, tanto che continua a dirmi: “Rossana se continui a starmi vicina, spero di aprire tra cinque anni una sede universitaria informatica della Tanzania, e mi piacerebbe che tu facessi il rettore!”

    Uno dei modi per aiutare suor Teresa Drago nei suoi programmi è attraverso l’Opera di Promozione per l’Alfabetizzazione nel Mondo. Si possono avere ulteriori informazioni consultando il sito Internet www.opam.it.

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    Chiesa e Società



    Iraq: dal 2003 la metà dei cristiani ha abbandonato le proprie case

    ◊   I cristiani in Iraq vivono nella paura, ma animati da solidarietà ecumenica. Lo ha detto l’arcivescovo latino di Baghdad, mons. Jean Benjamin Sleiman, aggiungendo che in alcuni quartieri della capitale, così come a Bassora e a Mossul, i cristiani rimasti vivono nel terrore quotidiano. Parlando della nuova Costituzione irachena, il presule ha sottolineato, quindi, che ci sono elementi nuovi, come il riferimento alla libertà di coscienza, ma anche punti rimasti inalterati. L’arcivescovo ha citato, ad esempio, l’articolo 2, nel quale si afferma che “ogni legge che contraddice la Sharia è nulla”. L'Iraq - ha aggiunto - è strutturato "antropologicamente in una forma tribale e questa è una grossa difficoltà per i diritti dell'uomo, perchè questi ultimi presuppongono un uomo libero". Il presule ha poi ricordato che dei 700 mila cristiani che abitavano in Iraq prima dell’intervento militare statunitense, nel marzo del 2003, circa la metà si sono rifugiati in Giordania, Siria, Libano, nei pressi di Mossul e nel Kurdistan iracheno. Ultimamente, in questa area, la crisi si è aggravata: la regione curda, considerata in passato un rifugio sicuro, è teatro infatti di tensioni . Ad alimentarli sono gli attacchi dei ribelli curdi in territorio turco e l’eventualità, prevista dal parlamento di Ankara, di operazioni militari turche su larga scala contro postazioni di guerriglieri. Proprio sul Kurdistan, il Papa ha lanciato, domenica scorsa all’Angelus, un appello ricordando che numerose popolazioni, tra cui anche cristiani, “hanno trovato rifugio” in questa regione per sfuggire “all’insicurezza ed al terrorismo”. La questione dei profughi e degli sfollati desta poi preoccupazione in tutto il Paese arabo: il continuo dramma delle violenze, l’instabilità politica e la fragilità economica continuano infatti a rendere tutto l’Iraq uno Stato insicuro, un Paese abbandonato da molti iracheni. Sono almeno due milioni quelli fuggiti all’estero secondo l’ONU. E’ elevato anche il numero degli sfollati interni: la Mezzaluna Rossa irachena, nell’ultimo rapporto, rende noto che sono oltre 2,3 milioni, in maggioranza donne e bambini, le persone che hanno lasciato le loro case per sfuggire alle violenze. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Uruguay: il Senato vota la depenalizzazione dell’aborto. L'appello dei vescovi

    ◊   Un’esigua maggioranza al Senato ha approvato ieri in Uruguay un articolo di legge che depenalizza l’aborto. La norma consente alle donne di interrompere la gravidanza entro le prime 12 settimane della gestazione, ma solo a particolari condizioni: l’aborto è consentito se il feto è malformato o se sussistono rischi per la vita della madre. Oppure ancora se la donna dimostra di trovarsi in condizioni economiche svantaggiate, di soffrire problemi di salute o legati all’età, o di vivere in condizioni familiari problematiche. L’iter normativo prevede che la legge ora passi all’esame della Camera, ma il Presidente della repubblica uruguaiano, Tabaré Vázquez, ribadisce fin d’ora la sua contrarietà alla norma e pone il veto sull’approvazione definitiva. I vescovi dell’Uruguay intervengono in difesa della vita “in tutte le sue fasi”, e ribadiscono - si legge in un comunicato sul tema pubblicato lo scorso 6 luglio – che il valore della vita non è solo un imperativo della morale religiosa ma il fondamento etico su cui si costruisce la dignità e la speranza di ogni famiglia. “L'ordine giuridico, che ha le sue radici nella natura umana – aggiungono i presuli - non è arbitrario né capriccioso e non può essere sottoposto alle maggioranze occasionali. “Ci appelliamo a coloro che hanno responsabilità di legiferare sui diritti umani – concludono - diritti che sono il fondamento ultimo di una società giusta e solidale". (A cura di Claudia Di Lorenzi)


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    Problematiche sociali e azione pastorale al centro della 180.ma Assemblea plenaria dei vescovi del Paraguay

    ◊   L’odierna situazione ecclesiale e realtà nazionale, con particolare riferimento alla povertà e alla disgregazione familiare causata dal vertiginoso aumento dell’esodo di migliaia di paraguaiani alla ricerca di migliori condizioni di vita all’estero, sono tra gli argomenti al centro dei lavori della 180.ma Assemblea plenaria dei vescovi del Paraguay. Fino a venerdì l’episcopato prenderà in esame anche il documento sulle “linee comuni di azione pastorale per la Chiesa in Paraguay” nei prossimi anni, alla luce delle conclusioni di Aparecida. Il testo è il risultato di un processo di ampia consultazione della base ecclesiale. Circa le problematiche che interessano il Paraguay e in particolare il fenomeno dell’emigrazione, mons. Pastor Cuquejo, arcivescovo di Asunción e vicepresidente della Conferenza episcopale, pochi giorni fa ha affermato che si tratta non solo di “sfida etica e sociale ma anche di una sorta d’emergenza nazionale”. All’apertura della Plenaria il presidente dell’episcopato e vescovo di Encarnación, mons. Ignacio Gogorza, ha parlato del disorientamento che si registra in questi anni nel Paese, nonché della mancanza di leadership. Nella percezione dei credenti e degli stessi pastori si nota questa realtà che, ha detto il segretario della Conferenza episcopale mons. Adalberto Martínez, vescovo di San Lorenzo, i presuli ora cercheranno di osservare più da vicino e durante l’Assemblea analizzeranno anche il processo elettorale per le presidenziali dell’aprile 2008. Mons. Martínez ha annunciato inoltre che una équipe sta lavorando per elaborare un documento sulla realtà del Paese, considerata critica, e che la Chiesa intraprenderà il prossimo anno una campagna civica affinché gli elettori scelgano i loro migliori rappresentanti. Le elezioni presidenziali sono previste il 20 aprile 2008. (T.C.)

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    Telepace celebra 30 anni di trasmissioni con una Messa a Gerusalemme officiata all’aperto sulla cosiddetta “collina del Papa”

    ◊   Si è svolta stamattina sulla cosiddetta "collina del Papa" - un'altura a pochi km da Gerusalemme - una celebrazione eucaristica partecipata da 330 fedeli veronesi, pellegrini in Terra Santa col loro nuovo vescovo, in occasione dei 30 anni di attività della televisione Telepace. La messa, officiata all'aperto sulla collina di proprietà del Vaticano, che guarda su Gerusalemme, è stata presieduta da mons. Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, e concelebrata da mons. Fouad Twal, coadiutore del Patriarca Latino di Gerusalemme e da mons. Guido Todeschini, fondatore e direttore di Telepace. La "collina del Papa" è un terreno di 37.000 mq situato proprio dietro al monte degli Ulivi, tra la biblica Betania, ovvero il villaggio arabo di Al-Azarieh, e l'insediamento ebraico di Ma'ale dummim. Il terreno, che fu donato nel 1965 da re Hussein di Giordania a Papa Paolo VI in ringraziamento del suo storico viaggio in Terra Santa, e offerto quindi dalla Santa Sede a diverse istituzioni religiose, è stato accettato volentieri dall'emittente cattolica Telepace. La televisione scaligera nata nel 1977 – con un carisma di evangelizzazione e solidarietà che non conta su alcun introito pubblicitario - nel suo servizio alla Chiesa collabora col Centro Televisivo Vaticano, per portare la voce del Papa in ogni angolo della Terra. Telepace, che grazie al satellite raggiunge i 5 continenti, oltre alle sedi redazionali sorte in diverse città italiane, ha aperto da quasi 3 anni una piccola redazione fissa a Gerusalemme. Come unica televisione cattolica europea presente in pianta stabile in Terra Santa, ha il privilegio di portare in tutto il mondo i luoghi della Cristianità e il messaggio evangelico da essi irradiatosi, e - puntando microfoni e telecamere sul "bene che non fa notizia" - far conoscere la vita della chiesa Madre di Gerusalemme e dei cristiani di Terra Santa. Sulla "collina del Papa" in Betania, sotto gli auspicii del Nunzio Apostolico mons. Pietro Sambi prima, e mons. Antonio Franco poi, sorgerà in futuro un centro gestito dall'emittente cattolica italiana. (A cura di Sara Fornari)

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    Cattolici, ebrei, musulmani e buddisti riuniti a Berna, in Svizzera, per la prima Settimana delle religioni

    ◊   “Quando ci si conosce è più facile andare d’accordo”. E’ lo slogan della prima Settimana delle religioni in corso a Berna, in Svizzera, dal 4 all’8 novembre. Promosso dalla Comunità di lavoro Iras Cotis, l’evento vede riuniti rappresentanti delle diverse confessioni religiose, cattolica, ebraica, buddista e musulmana, al fine di promuovere la conoscenza ed il rispetto reciproco. “Il dialogo interreligioso non è più un lusso per intellettuali curiosi – afferma il pastore Pierre de Salis della Chiesa evangelica riformata del cantone di Neuchatel – ma una necessità per la società multiculturale nella quale viviamo”. Gli stereotipi che abbiamo gli uni degli altri – continua il pastore evangelico – ostacolano la comprensione, il rispetto e l’accettazione reciproci. L'edizione inaugurale dell’iniziativa coinvolge circa 40 località del territorio elvetico e vede un ricco calendario di eventi scandito da cerimonie, concerti, escursioni, dibattiti e conferenze. In chiusura dell’incontro, una tavola rotonda sul tema “Le religioni tra conflitti e pace”, organizzata in collaborazione con la facoltà di teologia di Lugano. (C.D.L.)

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    Al via a Nairobi, in Kenya, i lavori del “Global christian forum”

    ◊   Si è aperta ieri a Nairobi la sesta sessione del “Global christian forum”, l’incontro ecumenico a carattere internazionale che riunisce rappresentanti di quasi tutte le confessioni cristiane. Un evento promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese – riporta l’Osservatore Romano - allo scopo di “instaurare contatti tra le Chiese storiche, le cosiddette “mainline Churches”, e gli organismi pentecostali ed evangelicali in continua crescita”. All’incontro partecipano oltre 200 delegati; in rappresentanza della Chiesa cattolica sono presenti mons. Brian Farrel, segreterario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e mons. John Radano, capo ufficio della sezione occidentale del dicastero. Li accompagnano circa venti delegati tra cui mons. Theodore Adrien Sarr, neo-cardinale ed arcivescovo di Dakar, e presuli, sacerdoti e laici provenienti dai continenti. “Affinché le Chiese locali possano affrontare in modo efficace ed ecumenicamente corretto le sfide poste dalle nuove comunità” – si legge ancora sul quotidiano della Santa Sede - il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani promuove seminari dedicati ai vescovi, ai docenti di teologia e ai fedeli impegnati nell’ecumenismo. (C.D.L.)

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    A dicembre saranno uinificate le due Conferenze episcopali CERAO per l’Africa francofona e AECAWA per l’Africa anglofona

    ◊   Il prossimo dicembre la Conferenza episcopale regionale dell'Africa Occidentale francofona (CERAO) e l’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa occidentale anglofona (AECAWA), si fonderanno in un’unica Conferenza episcopale dell’Africa Occidentale. La decisione è stata formalizzata nel corso delle plenarie delle due Conferenze regionali svoltesi quest’anno, rispettivamente, a febbraio e ad ottobre. La prossima Assemblea costitutiva dell’Unione si terrà ad Abuja, capitale della Nigeria, dal 5 al 9 dicembre 2007. La CERAO riunisce i vescovi di Benin, Burkina-Faso, Niger, Costa d’Avorio, Mali, Senegal, Mauritania, Capo Verde, Guinea Bissau, e Togo, mentre l’AECAWA quelli di Ghana, Liberia, Sierra Leone, Gambia e Nigeria. La nuova Conferenza episcopale regionale sarà quindi costituita da 144 vescovi, 68 della CERAO e 76 dell’AECAWA. Le basi della fusione sono state gettate nel 2000 quando si era tenuta a Ouagadougou, capitale del Burkina-Faso, una prima Assemblea congiunta AECEWA-CERAO in occasione della celebrazione del primo centenario dell’ evangelizzazione di quel Paese. (L. Z.)

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    La Caritas australiana chiede al Governo che uscirà dalle elezioni di novembre di impegnarsi per raggiungere gli Obiettivi del Millennio

    ◊   Un impegno concreto nel campo della cooperazione internazionale per raggiungere gli obiettivi del Millennio enunciati dalle Nazioni Unite, che miravano a ridurre la povertà estrema nel mondo entro il 2015: è quanto chiede al Governo australiano, che uscirà dalle prossime elezioni, il presidente della Caritas Australia, il laico cattolico Jack de Groot. Nelle prossime elezioni federali che si terranno il 24 novembre, i cittadini australiani saranno chiamati a rinnovare l’intera Camera dei Rappresentanti e metà del Senato. “Chiediamo che l’Australia non solo aumenti il suo contributo alla cooperazione internazionale fino allo 0,7 del proprio Pil (Prodotto Interno Lordo), ma che gli aiuti siano complementari a pratiche di commercio equo e solidale, attraverso accordi commerciali stipulati con Paesi del Sud del mondo, che incontrino i bisogni di comunità vulnerabili e sostengano economie in fase di sviluppo”, ha dichiarato De Groot, cosi come riporta l’agenzia Fides. La Chiesa cattolica in tutto il mondo, a tutti i livelli, ha sottolineato ancora il presidente della Caritas, si sta impegnando per contribuire a realizzare gli Obiettivi del Millennio e a sradicare la povertà dal mondo. “Ma in Australia abbiamo visto tanti Governi negare la destinazione del surplus di Bilancio ad iniziative di cooperazione internazionale: questo è inaccettabile. Esiste un imperativo morale di mantenere le promesse fatte e di aiutare la vita di milioni di persone”, ha aggiunto De Groot. La Conferenza episcopale australiana, continua De Groot, “ha chiaramente inserito questa missione nel suo impegno per la giustizia sociale, affermando che tutti noi siamo chiamati ad impegnarci per i nostri vicini e ad agire per il bene delle persone che non condividono la nostra prosperità e sicurezza”. (R.G.)

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    Gli auguri degli ortodossi e dei protestanti al nuovo presidente dei vescovi francesi

    ◊   La Federazione protestante di Francia e l’Assemblea dei vescovi ortodossi francesi hanno inviato messaggi augurali al nuovo presidente della Conferenza episcopale francese, mons. Andrè Vingt-Trois, felicitandosi per la sua elezione. “Sappiamo di poter trovare nella vostra persona come è stato nel caso dei suoi predecessori – scrive il Metropolita Emmanuel, presidente dei vescovi ortodossi – un interlocutore abile e attento a proseguire con lo stesso senso di responsabilità, apertura e fraternità, il cammino di dialogo che è stato intrapreso da molto tempo sia all’interno del Consiglio della Chiese cristiane di Francia che tra i rappresentanti delle nostre Chiese in Francia”. “Sappiamo che la vostra carica – scrive invece il presidente della Federazione protestante, il pastore Gill Daudé – non si limita al solo mondo cattolico ma ha anche la vocazione a servire l’unità dei cristiani al di là delle frontiere confessionali, in vista di una migliore testimonianza ai nostri contemporanei”. Il pastore ha anche inviato un messaggio di saluto al card. Jean-Pierre Ricard, scrive l'Agenzia Sir, ringraziandolo per il contributo che ha dato negli anni della sua presidenza alla Cef per far “crescere l’unità tra le nostre Chiese”. Il Metropolita Emmanuel e il pastore Gill Daudé sono stati invitati a parlare all’Assemblea dei vescovi francesi che si concluderà domani a Lourdes. (R.P.)

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    La vita consacrata è viva e vitale: cosi mons. Gardin all’Assemblea dei Superiori Maggiori

    ◊   La vita consacrata è ancora viva e vitale, in Italia ed anche all’estero: ad affermarlo è stato mons. Gianfranco Gardin, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Il vescovo è intervenuto questa mattina all’Assemblea generale della CISM, la Conferenza dei Superiori Maggiori di tutta Italia, in corso ad Imperia, in Liguria e il suo discorso, più che una vera e propria relazione, è stata una sorta di check-up dello stato della vita consacrata effettuato anche rispondendo alle domande di alcuni dei 150 padri presenti. “Un segnale molto positivo, ha detto mons. Gardin, ci viene dalle visite ad Limina”. Quella dei vescovi è una buona testimonianza di apprezzamento nei confronti dei religiosi, solitamente ben inseriti nelle Chiese locali. “Certo, ha aggiunto il segretario del Dicastero vaticano, i problemi non mancano, preoccupano nei Paesi occidentali più secolarizzati, la mancanza di vocazioni, l’invecchiamento di frati e soprattutto suore, il relativo aumento delle Congregazioni con pochi membri. Ma queste difficoltà sono compensate dalla fioritura che si riscontra in altri contesti geografici specie nel sud del mondo”. Mons. Gardin ha raccomandato ai Superiori Maggiori soprattutto il discernimento vocazionale: “E’ bene verificare che le vocazioni siano autentiche, ha sottolineato e curare la costruzione di comunità realmente fraterne ed accoglienti, non solo verso l’esterno ma anche nei confronti degli stessi religiosi che ne fanno parte”. (A cura di Mimmo Muolo)

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    Diocesi di Roma: il 13 novembre "Dialoghi in cattedrale" con mons. Ravasi e il giornalista Ferrara sul libro del Papa "Gesù di Nazaret"

    ◊   Saranno il neo presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, mons. Gianfranco Ravasi, e il giornalista Giuliano Ferrara, direttore de “Il Foglio”, i protagonisti del nuovo “Dialogo in Cattedrale” in programma il 13 novembre a Roma (basilica di San Giovanni in Laterano – ore 19.30). Al centro della serata, riferisce l'Agenzia Sir, introdotta come di consueto dal cardinale vicario Camillo Ruini, il tema “Il Gesù di Nazaret di Benedetto XVI: storia, fede e itinerari della nostra civiltà”. “Riprende così – spiegano dal vicariato di Roma - una tradizione di incontro e di riflessione culturale e spirituale che mette a confronto esponenti del mondo ecclesiale e pensatori ‘laici’ sulla realtà del nostro tempo, nata nell’ambito della Missione cittadina voluta da Giovanni Paolo II e inaugurata nel 1996”. Tra i diversi interlocutori, nel 1998 l’allora card. Joseph Ratzinger; il giornalista Arrigo Levi; il card. Bertone quando era arcivescovo di Genova; lo scrittore Gaspare Barbiellini Amidei e, nel 2002, lo stesso mons. Ravasi. (R.P.)

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    Al cardinale Camillo Ruini la Medaglia d'oro della cultura cattolica

    ◊   A Bassano del Grappa verrà consegnato, venerdì prossimo, al cardinale Camillo Ruini, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, il Premio internazionale Medaglia d’Oro al merito della Cultura cattolica. Il riconoscimento, giunto alla 25.ma edizione, è promosso dalla Scuola di cultura cattolica della cittadina veneta e negli anni è stato assegnato a diverse personalità tra cui il cardinale Joseph Ratzinger nel 1992, il filosofo Augusto Del Noce (1985), il fondatore di Comunione e liberazione don Luigi Giussani (1995). La giuria del Premio, presieduta da Gianfranco Morra, ha motivato così l’assegnazione del riconoscimento al cardinale Ruini: “Nel suo ministero sacerdotale ed episcopale ha sempre cercato di superare la frattura fra fede e cultura che ha caratterizzato la vita delle società occidentali negli ultimi decenni. (…) Guidato dalla consapevolezza che “per noi cristiani è meglio essere criticati che irrilevanti”, non ha esitato ad indicare con chiarezza e coraggio i valori che costituiscono l’autentico bene della persona umana e che il Santo Padre Benedetto XVI ha più volte definito come “non negoziabili”: la difesa della vita dal suo concepimento alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio e la libertà di educazione”. (A.M.)

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    La suora zambiana Juliana Malama è la nuova Superiora generale delle Suore Francescane Missionarie "Del Giglio"

    ◊   E’ una zambiana, suor Juliana Malama, la nuova superiora generale delle Suore Francescane Missionarie di Assisi, dette anche ‘Del Giglio’ dal nome della loro fondatrice Angela Del Giglio, fondate nel 1702 ad Assisi, dove stanno tenendo il capitolo generale. Il tema dei lavori è “Sarete miei testimoni. Insieme per rendere visibile l’Amore di Dio”. L’assemblea ha lo scopo di fare il punto sull’operato degli ultimi anni e tracciare le linee operative per il futuro. Le capitolari sono 54 in rappresentanza delle 550 suore che conta l’Istituto con 86 case. Il Capitolo ha pure eletto suor Carmelina Russo (Italia) vicaria generale, suor Monica Parţac (Stati Uniti) segretaria generale, suor Maria Porunde (Romania) consigliera generale, suor Miriam Lee (Korea) consigliera generale, e suor Laurina Berticelli (Italia) economa generale. Per 200 anni le Suore Francescane Missionarie di Assisi operarono solo nella città diSan Francesco, superando con coraggio e fiducia in Dio momenti difficilissimi, quali le due soppressioni: quella napoleonica nel 1810 e quella italiana nel 1860. Dal 1902 l'Istituto cominciò a diffondersi in varie parti del mondo: Grecia, Turchia, Romania, Albania e in diverse regioni d'Italia. Oggi sono presenti in Italia, Romania, Giappone, Brasile, Zambia, Croazia, Stati Uniti, Corea, Kenya, Filippine, Cina, Russia, Indonesia e Repubblica Moldova. Le comunità sono in genere piccole, composte di tre o quattro suore, inserite di preferenza in contesti sociali poveri, tanto rurali come periferie delle grandi città (specialmente nelle missioni); il tipo di servizio è molteplice: dalle scuole elementari e materne o asili-nido, a ospedali, ambulatori, parrocchie, comunità di presenza ... avendo come scopo fondamentale la ricerca di Dio, l’evangelizzazione, la testimonianza della vita fraterna e della misericordia del Padre celeste. Le Suore Del Giglio hanno vissuto, quindi, nell’ultimo secolo una storia intensa di incarnazione del carisma in differenti culture. La multiculturalità è oggi una caratteristica fondamentale dell’Istituto e, tanto in Italia come in altre province, sta diventando sempre più accentuata. (A cura di Giovanni Peduto)



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    24 Ore nel Mondo



    Pakistan: l'ex premier Benazir Bhutto invita il popolo a manifestare contro il presidente Musharraf

    ◊   Si complica la situazione in Pakistan dopo l’imposizione dello stato d’emergenza da parte del presidente Musharaff. L’ex premier Benazir Bhutto si è apertamente schierata contro il generale promuovendo una serie di iniziative in opposizione al governo. Non sono mancati i disordini con la polizia che ha caricato i sostenitori della Bhutto radunatisi ad Islamabad per una manifestazione di protesta, intanto il Parlamento ha approvato lo stato d’emergenza. Il nostro servizio:
     
    “Esorto il popolo pachistano a farsi avanti. Siamo sotto attacco”. Sono le parole appassionate dell’ex premier Benazir Bhutto, tornata ieri nel Paese, dopo che sabato il presidente Musharaff ha imposto lo stato d’emergenza con la conseguente sospensione della Costituzione e la rimozione del capo della Corte Suprema. La Bhutto, dopo aver incontrato l’opposizione, ha annunciato la sua partecipazione ad una serie di iniziative come quella di Rawalpindi, fissata per venerdì e sulla quale incombe la minaccia di una repressione da parte della polizia. Ha poi promosso una lunga marcia da Lahore a Islamabad per il 13 novembre. Manifestazioni che pongono ormai l’ex premier pakistano in aperta opposizione con il presidente Musharraf, che ne aveva autorizzato il ritorno in Patria dopo 8 anni di esilio. Oggi la Bhutto non sarà nemmeno presente alla riunione dell’Assemblea Nazionale, la camera bassa del Paese, convocata ieri a Islamabad dal generale. Intanto in un’intervista ad un quotidiano locale, il leader della Lega Musulmana del Pakistan, il partito dello stesso Musharaff, ha annunciato che lo stato d’emergenza dovrebbe durare due o tre settimane. Riguardo alle elezioni parlamentari, fissate in gennaio e messe a rischio dopo la decisione del capo dello Stato, una data ufficiale sarà scelta il 14 novembre. Un invito a stabilire una scadenza precisa era arrivato dalla Gran Bretagna segno che il pressing internazionale sul Pakistan si fa più stringente. Non è un caso che solo lunedì scorso, ma lo si è appreso solo oggi, il segretario di Stato americano Condolleezza Rice abbia telefonato a Musharaff. “Un colloquio - fanno sapere fonti di Islamabad - che non ha avuto particolari ripercussioni”. Intanto, diverse associazioni, fra cui la “Commissione Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale pakistana e la “Commissione per la pace e lo sviluppo umano” hanno condannato la decisione di Musharraf di imporre l'emergenza e la violenza dell’Esercito sui civili, chiedendo il rilascio immediato delle persone arrestate.

    - Afghanistan. Sono tre i giorni di lutto decretati dal presidente afgano Karzai dopo il grave attentato di ieri avvenuto nella provincia di Baghlan, nel nord del Paese. Nell’attacco kamikaze sono morte 40 persone tra queste numerosi parlamentari che erano in visita in un zuccherificio.

    - Turchia-Iraq. Non accenna a diminuire la tensione al confine iracheno-turco. Un soldato di Ankara ha perso la vita nel corso di un attacco nella provincia di Tunceli, roccaforte del PKK. In risposta, le forze turche hanno ucciso tre guerriglieri curdi. Sono oltre 50 le vittime tra i militari di Ankara che negli ultimi mesi stanno fronteggiando le incursioni dei separatisti. Ieri il premier Erdogan aveva annunciato che un intervento militare sul suolo iracheno è ancora possibile nonostante l’impegno del governo di Baghdad di bloccare gli attacchi. Oggi il rappresentante turco è in Italia per incontrare esponenti del mondo istituzionale e politico.

    - Iraq-violenza. Non si fermano gli omicidi politici nel Paese del Golfo. A Baghdad, un esponente del Partito islamico iracheno, Muhammed Mezher al Shekheli, è stato ucciso da un cecchino mentre era alla guida della sua auto. Sono 17 i cadaveri rinvenuti in un villaggio ad ovest di Baquba, tutti presentavano segni di tortura, intorno a loro erano state piazzate delle bombe pronte ad esplodere.
     
    - Medio Oriente. Nel corso di scontri avvenuti a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, un palestinese è morto sotto il fuoco della polizia di Hamas. Nuova ondata di arresti da parte dell’esercito israeliano nel campo profughi di Balata, vicino Nablus, in Cisgiordania. Venti palestinesi sono stati fermati. Non trova conferma invece la notizia della distruzione della casa di un esponente dalla Jihad islamica ricercato da tempo.

    - Georgia-proteste. Resta alta la tensione a Tblisi, in Georgia, dove la polizia ha usato gas lacrimogeni conto i manifestanti che da sei giorni sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Saakashvili, la convocazione di elezioni anticipate ed il rilascio di tutti i prigionieri politici. Le forze dell’ordine sono riuscite a disperdere la folla. Solo ieri in un blitz erano stati arrestati tre attivisti, tra questi un leader dell’opposizione.

    - Iran-nucleare. Il programma nucleare iraniano è “irreversibile”. Lo ha detto oggi il presidente Ahmadinejad annunciando che Teheran si è dotata di tremila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio: una fase preliminare rispetto alla produzione vera e propria di energia atomica. Ahmadinejad ha anche aggiunto che gli Stati Uniti e l’Europa sono a conoscenza di questo passaggio e che Washington si era detta disponibile a negoziati diretti con la Repubblica Islamica se quest’ultima si fosse fermata a tremila centrifughe, una quota che l’Iran intende invece incrementare.

    - Birmania. Sembra ad un punto morto la missione dell’inviato ONU, Ibrahim Gambari, da sabato a Naypyidaw, la nuova capitale birmana situata a 400 chilometri a nord di Yangoon. La Giunta militare ha rifiutato un incontro a tre con l’emissario delle Nazioni Unite, la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi e un intermediario nominato dal regime, perché un colloquio al momento sarebbe prematuro. Intanto una fonte governativa ha affermato che un vero dialogo è possibile solo se l’opposizione non appoggerà più la politica di sanzioni al Paese, perché le misure non hanno contribuito al processo di democratizzazione della Birmania. Infine c’è ampio consenso in ambito europeo per la nomina del segretario dei DS Piero Fassino come inviato dell’Unione Europea nel Paese asiatico.

    - Petrolio record. Non si ferma la corsa del greggio che oggi ha sfiorato a New York i 99 dollari a barile, spinto dalla debolezza della divisa statunitense e dai timori per i rifornimenti. Sale anche il Brent: i futures a Londra hanno superato per la prima volta i 95 dollari al barile, spingendosi fino al picco di 95,19 dollari.

    - Congo materiale radioattivo. E’ stata aperta un’inchiesta dalle autorità di Kinshasa su 18 tonnellate di minerali altamente radioattivi scaricati in un fiume della provincia sud-orientale del Katanga. Le autorità li avevano destinati in un’apposita discarica ma si sospetta che gli operai abbiano agito diversamente.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 311

     

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