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05/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Amici di Gesù sulla terra, condividono con Dio in cielo una eredità che non marcisce: così il Papa nella Messa in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti nel corso dell'anno
  • Benedetto XVI nomina il dott. Giovanni Amici e l’ing. Paolo Sagretti vicedirettori della direzione dei Servizi Generali del Governatorato
  • Messaggio del cardinale Tauran agli indù per la festa del Diwali: nel dialogo e nel rispetto della libertà religiosa costruiamo insieme la pace
  • Il Pontificio Consiglio per i migranti invita a superare la diffidenza nei confronti degli zingari
  • Oggi in Primo Piano

  • Al Palacongressi di Rimini, grande folla alle esequie di don Benzi. Mons. Lambiasi: Don Oreste, profeta e messaggero dell’amore di Dio
  • Un testimone della speranza cristiana capace di leggere i segni dei tempi in modo profetico. A 30 anni dalla morte di Giorgio La Pira, la riflessione del cardinale Antonelli e dello storico Giovagnoli
  • Il socialdemocratico Alvaro Colom nuovo presidente del Guatemala
  • Intervista con l'arcivescovo Angelo Comastri sul suo nuovo libro "L’Angelo mi disse. Autobiografia di Maria"
  • Chiesa e Società

  • Presentato il documento della COMECE per una strategia dell’Unione Europea a favore delle coppie e delle famiglie
  • In Terra Santa, Assemblea Plenaria della Conferenza episcopale austriaca
  • India: nazionalisti indù contro la parità dei diritti ai dalit cristiani e musulmani. La risposta della Chiesa
  • Parrocchia romana sostiene un asilo ed una chiesa in Birmania
  • Dossier dell’Agenzia Fides su immigrazione e società avanzate
  • Regno Unito: domenica 18 novembre i cattolici in preghiera per i detenuti e le loro famiglie
  • Edizione interconfessionale in albanese del Nuovo Testamento
  • Da oggi a Montesilvano un convegno della CEI sui 50 anni della "Fidei donum"
  • A Roma, un corso di formazione per gli animatori delle missioni carmelitane
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Pakistan: ondata di arresti tra gli oppositori di Musharraf. Gli USA chiedono al presidente di indire nuove elezioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Amici di Gesù sulla terra, condividono con Dio in cielo una eredità che non marcisce: così il Papa nella Messa in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti nel corso dell'anno

    ◊   Sono stati amici di Gesù nella vita terrena, ora sono immersi nell'amore eterno di Dio in cielo.
    E’ quanto ha detto Benedetto XVI durante la Messa da lui presieduta questa mattina nella Basilica Vaticana in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno. Il servizio di Sergio Centofanti:

     

    (Canto)

     
    “Con fraterno affetto ricordo i nomi dei compianti Porporati: Salvatore Pappalardo, Frédéric Etsou-Nzabi Bamungwabi, Antonio María Javierre, Angelo Felici, Jean-Marie Lustiger, Edouard Gagnon, Adam Kozłowiecki e Rosalio José Castillo Lara”.

     
    Il Papa ha sottolineato che la preghiera di suffragio della Chiesa si “appoggia” sulla preghiera di Gesù quando dice: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io” (Gv 17,24). “Quelli che mi hai dato”: è una bella definizione del cristiano, afferma il Papa:

     
    “Sono uomini che il Padre ‘ha dato’ a Cristo. Li ha tolti dal mondo, quel ‘mondo’ che ‘non L’ha conosciuto’ (Gv 17,25), e li ha chiamati a diventare amici di Gesù. Questa è stata la grazia più preziosa di tutta la loro vita. Sono stati certamente uomini con caratteristiche diverse, sia per le vicende personali che per il ministero esercitato; tutti però hanno avuto in comune la cosa più grande: l’amicizia con il Signore Gesù. L’hanno ricevuta in sorte sulla terra, come sacerdoti, ed ora, al di là della morte, condividono nei cieli questa ‘eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce’” (1 Pt 1,4).

     
    “E’ consolante e salutare” – ha proseguito il Papa - meditare, nella preghiera per i defunti, “sulla fiducia di Gesù verso il Padre” e “lasciarsi così avvolgere dalla luce serena di questo abbandono assoluto del Figlio alla volontà del suo Abbà”. “Una speranza che non delude”, anche quando si attraversa la notte più oscura, anche nelle prove – ha detto il Pontefice – sperimentate dai cardinali e dai vescovi scomparsi, che così tante volte hanno recitato il Salmo 42: “Perché ti rattristi, anima mia, / perché su di me gemi? / Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, / lui, salvezza del mio volto e mio Dio”:

     
    “Come sacerdoti ne hanno sperimentato tutta la risonanza esistenziale, prendendo anche su di sé le accuse e le derisioni di quanti dicono ai credenti nella prova: 'Dov’è il tuo Dio?'. Ora, al termine del loro esilio terreno, sono giunti in patria. Seguendo la via aperta dal loro Signore Risorto, non sono entrati in un tempio fatto da mani d’uomo, ma nel cielo stesso (cfr Eb 9,24). Là, insieme con la Beata Vergine Maria e con tutti i Santi, possano contemplare finalmente – è la nostra preghiera - il volto di Dio e cantare in eterno le sue lodi. Amen!”

     
    (Canto)

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    Benedetto XVI nomina il dott. Giovanni Amici e l’ing. Paolo Sagretti vicedirettori della direzione dei Servizi Generali del Governatorato

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vicedirettori della direzione dei Servizi Generali del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano il dottor Giovanni Amici, finora capo contabile della Ragioneria dello Stato, e l'ingegner Paolo Sagretti, che conserva anche l'attuale incarico di Floriere.

    Il dott. Giovanni Amici, 48 anni, è sposato ed ha due figli. Laureato in Economia e Commercio presso l’Università “La Sapienza”, è stato assunto in Governatorato nel 1986. Due anni dopo assume la qualifica di capo contabile alla direzione dei Servizi Tecnici. Dal 2001 viene trasferito alla direzione della Ragioneria dello Stato.

    L’ingegner Paolo Sagretti, 47 anni, è sposato ed ha due figli. Laureato in Ingegneria Meccanica nel 1987 è assunto in Vaticano nel 1988 e, dal 1991, è assistente di Floreria. Nel gennaio del 2003 assume l’incarico di Floriere.

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    Messaggio del cardinale Tauran agli indù per la festa del Diwali: nel dialogo e nel rispetto della libertà religiosa costruiamo insieme la pace

    ◊   “Cristiani e Indù: decisi a percorrere un cammino di dialogo”: è il titolo del Messaggio per festa del Diwali, inviato dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Una ricorrenza il Diwali, tra le più antiche e profondamente radicate nel mondo induista, che simboleggia la vittoria della verità sulla menzogna, del bene sul male, della vita sulla morte. Nota anche come ‘Festa delle Luci’, da qui la tradizione di accendere lucerne, candele o lampade nelle case, è occasione per le famiglie di ritrovarsi durante i giorni celebrativi del Diwali, che culmineranno quest’anno il 9 novembre. Il servizio di Roberta Gisotti:

     Coglie questa opportunità il cardinale Jean-Louis Tauran per inviare “fervidi auguri” ai “cari amici Indù”, sottolineando che il mondo “desidera ardentemente la pace.” “Possiamo noi, - si chiede allora il porporato - in quanto credenti di diverse tradizioni religiose, non lavorare insieme” perché “il mondo divenga per tutti i popoli un luogo migliore in cui vivere?” Ecco perché “le nostre rispettive comunità devono dedicare urgente attenzione all’educazione dei credenti, che possono facilmente essere indotti in errore da una propaganda falsa ed ingannevole". “Non dimentichiamo – aggiunge il presidente del dicastero vaticano per il dialogo interreligioso - che l’ignoranza è il primo e, forse, il principale nemico nella vita di chi crede, mentre il contributo di ogni credente ben formato, insieme a quello degli altri, costituisce una ricca risorsa per una pace duratura”.
     Ribadisce nel suo messaggio il cardinale Tauran che “la credenza religiosa e la libertà vanno sempre di pari passo. Non ci può essere costrizione nella religione: nessuno può essere forzato a credere, né chiunque voglia credere può esserne impedito”, ricordando che “il rispetto per la libertà religiosa” “è un aspetto fondamentale e primordiale della libertà di coscienza degli individui e della libertà dei popoli”.
     “Dobbiamo lavorare – sollecita il porporato gli induisti – per costruire legami di amicizia, come del resto devono fare gli aderenti di ogni religione”. E questo richiede “incontri regolari”, “ascolto paziente”, “attiva collaborazione” e, soprattutto, “un atteggiamento di reciproco rispetto”. Solo attraverso il dialogo, evitando pregiudizi e idee stereotipate sugli altri e testimoniando fedelmente i nostri precetti ed insegnamenti religiosi, “possiamo realmente superare i conflitti”. Questo “è davvero l’unico cammino percorribile per noi credenti”.
     “La mano che vi tendo calorosamente” in questa occasione di festa – conclude il cardinale Tauran - “è anche un gesto di buona volontà, da parte della Chiesa cattolica, ad incontrarvi ed a collaborare con voi, con le vostre famiglie, con i leaders delle vostre comunità e con tutti i seguaci” “per promuovere l’armonia nella società e la pace nel mondo".

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    Il Pontificio Consiglio per i migranti invita a superare la diffidenza nei confronti degli zingari

    ◊   Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha reso noto, stamani, il documento finale del primo incontro mondiale di sacerdoti, diaconi e religiosi zingari svoltosi a Roma dal 22 al 25 settembre scorso sul tema “Con Cristo al servizio del Popolo zingaro”. E’ giunto il tempo – si legge nel testo – che si vinca l’immagine che tende a “considerare gli zingari solamente come poveri da aiutare”: occorre sforzarsi affinché si accettino “le ricchezze umane e spirituali di cui gli zingari sono portatori”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nel documento si chiede anche di “cercare modi adeguati per superare la generale diffidenza nei confronti degli zingari e sollecitare un’apertura nella società che offra loro la possibilità di inserirsi pienamente”. Si auspicano, inoltre, una mutua collaborazione della Chiesa con le comunità zingare e la presenza, in ogni Paese, di animatori pastorali: la cultura zingara, in fase di mutazione per l’influenza dei mass media e una maggiore alfabetizzazione, offre nuove possibilità per l’evangelizzazione. Si raccomanda, quindi, di tenere conto della visione e dell’esperienza religiosa di queste comunità con attenzione particolare alla donna gitana, in quanto “portatrice di valori umani e religiosi nella famiglia”. Nel documento si sottolinea, poi, che sia gli zingari sia i gağé, ovvero tutti coloro che non sono zingari, sono coinvolti in atti di razzismo: per questo – si afferma – “occorre che la razza non ci separi”, ma che “cerchi di favorire l’unità nella diversità”. L’auspicio è che diaconi, sacerdoti e religiosi di origine zingara assumano il ruolo di “ponte tra comunità zingara e gağé”. La relazione tra le due comunità è falsata da un rigetto ancestrale. “Essa – si legge nel documento – si apre alla ricerca della verità che le è propria, permeata dalla fiducia e dall’amore gratuito, senza volontà alcuna di dominio”. E’ giunta l’ora – si sottolinea nel testo - di dare al mondo “l’unico segno indicato da Gesù Cristo”, di offrire questo segno di amore fraterno “più con gli atti che con le parole”, “più nel quotidiano della vita ecclesiale che in manifestazioni straordinarie”. Agli zingari consacrati, definiti “ambasciatori di Cristo”, è affidato dunque il dovere di incoraggiare, all’interno della società e della Chiesa, il passaggio alla riconciliazione e alla comunione tra zingari e gağé. Si stima che gli zingari siano circa 36 milioni sparsi in Europa, in America e in diversi Paesi dell’Asia. I consacrati zingari sono un centinaio: almeno 20 sacerdoti provengono dall’India, una decina dall’Ungheria. La Francia è, finora, l’unico Paese dove il direttore nazionale della pastorale per gli zingari è un loro presbitero, coadiuvato da 3 diaconi permanenti, 2 suore e una laica consacrata, tutti zingari.

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    Oggi in Primo Piano



    Al Palacongressi di Rimini, grande folla alle esequie di don Benzi. Mons. Lambiasi: Don Oreste, profeta e messaggero dell’amore di Dio

    ◊   Trecento sacerdoti e migliaia di fedeli: questo il colpo d’occhio del Palacongressi di Rimini, quando verso le 9.30 di questa mattina è giunto il feretro di don Oreste Benzi, il sacerdote romagnolo fondatore dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, spentosi venerdì scorso per un attacco cardiaco all’età di 82 anni. Moltissimi i giovani presenti al rito funebre, presieduto dal vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, e concelebrato da una dozzina fra cardinali e vescovi, tra i quali il cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, il cardinale emerito di Ravenna, Ersilio Tonini. La cronaca della cerimonia nel servizio di Alessandro De Carolis:


    (musica)

     
    Sorride, il sacerdote dalla “tonaca lisa”. Sorride dalla foto, don Oreste, e guarda le prime file della grande platea del Palacongressi: sorride agli ultimi che erano i suoi primi, i disabili, che lo piangono, ma più ancora lo ringraziano per aver scoperto o ritrovato grazie a lui dignità e speranza.

     
    (canto)

     
    Cantano i giovani - che lo amavano perché lui sapeva accoglierli senza distinzioni, incurante del marchio di “tossicodipendente” che recavano molti che bussavano alle sue comunità – e canta la gente, arrivata da molte parti d’Italia e del mondo per salutarlo l’ultima volta. Primi tra tutti, i figli spirituali di don Benzi, quelli che da molto o da poco tempo hanno condiviso con lui - attraverso l’Associazione Papa Giovanni XXIII - le fatiche del servizio sulle frontiere delle strade più malfamate, tra prostitute e bambini senza più nessuno o mai nati; giovani madri senza più una famiglia e famiglie capaci di essere padri e madri per le troppe orfanezze che oggi popolano le città, a nord e a sud del mondo. Al vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, è spettato il compito di trasformare in preghiera, ricordo e gratitudine le preghiere, i ricordi e la gratitudine dei presenti per quell’“infaticabile apostolo della carità”, come ha definito Benedetto XVI don Benzi, nel suo telegramma letto durante la cerimonia.

     
    Parlando dapprima in modo figurato ai bambini e poi agli adulti, mons. Lambiasi ha fatto rivivere l’anima di don Oreste, la sua spiritualità genuina di padre e di servo dei piccoli, attingendo a più riprese ai suoi scritti. “Non lasciarti inquinare dal calcolo di quanto puoi guadagnare o perdere negli atti che compi”, ha citato il presule del sacerdote romagnolo. “Chiediti solo quanto puoi amare gratuitamente. Meno ricevi, tanto più sei gratuito; tanto più sei figlio di Dio che ama gratuitamente. Dio quando ci ha creati non ha pensato a quanto avrebbe guadagnato creandoci”. Don Oreste, ha osservato mons. Lambiasi:

     
    “Ha sempre creduto che la fede cristiana non è una serie di idee vaghe e complicate: è una persona, Cristo; è la storia della sua croce e risurrezione (…) Tutta la straordinaria, infaticabile opera di Don Oreste - a favore della vita non ancora nata, dell’umanità emarginata, umiliata e calpestata, a favore della pace e del rispetto dei diritti umani, a cominciare da quello della libertà religiosa – tutto ha avuto come unico fine e scopo: fare di Cristo il cuore del mondo, e per questo farne il centro del nostro cuore”.

     
    Don Oreste Benzi, ha proseguito mons. Lambiasi, è stato coerente per una vita intera con la scoperta fatta all’inizio dell’amore di Dio. Ed era sinceramente costernato quando constatava la superficialità di quegli “impiegati della carità”, come li chiamava, che facevano del bene senza credere nel Bene da cui ogni forma di solidarietà scaturisce: Gesù. Amato al punto da sfiorare con la sua umanità la grandezza del suo Signore:

     
    “Come Gesù, Don Oreste non si apparteneva: quanto si sentiva di appartenere a Dio, tanto sentiva di appartenere ai poveri. Era tanto vicino a tutti, quanto era distaccato da tutti. Ed era tanto più unito a tutti, quanto più era unito a Dio. Ascoltiamo ancora le sue parole: ‘Per stare in piedi, bisogna stare in ginocchio, perché sa stare del tutto con i poveri chi sa stare del tutto con il Signore’”.

     
    In don Oreste, si legge nel messaggio dell’arcivescovo di Genova e presidente della CEI, Angelo Bagnasco, “abbiamo potuto cogliere una mirabile convergenza di adesione senza riserve alla Chiesa e alla sua dottrina e di servizio disinteressato alla persona umana”. Un servizio compreso, ammirato e “tradotto” così, con semplicità, da uno dei tanti giovani presenti alla cerimonia funebre:

     
    “Grazie, perché hai sempre visto il buono in tutti, dandoci fiducia e valore, non fermandoti mai al nostro limite. Accompagnaci ora a vivere del tutto la libertà, la giustizia, l’amore infinito che con il tuo sì alla vita, ci hai sempre trasmesso. Grazie”.

    (musica)

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    Un testimone della speranza cristiana capace di leggere i segni dei tempi in modo profetico. A 30 anni dalla morte di Giorgio La Pira, la riflessione del cardinale Antonelli e dello storico Giovagnoli

    ◊   Ricorre oggi il 30.mo anniversario della morte di Giorgio La Pira, figura straordinaria di cristiano impegnato nella società civile. Deputato alla Costituente, sindaco di Firenze per 15 anni, instancabile promotore di incontri per il dialogo e la pace, La Pira sarà presto elevato all’onore degli altari. La sua causa di canonizzazione “cammina speditamente”, sottolinea il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in un’intervista all’Osservatore Romano. Sull’eredità spirituale di Giorgio La Pira, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del cardinale arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli:


    R. – Nella liturgia dei funerali di La Pira, il cardinale Benelli ebbe a dire: “Nulla può essere capito di Giorgio La Pira se non è collocato sul piano della fede”. Quindi, direi che tutto è eredità spirituale di Giorgio La Pira: la sua professione di docente universitario, l’attività politica come membro dell’Assemblea Costituente, come deputato, come sindaco, l’attività caritativa, culturale. Tutto è eredità spirituale, in quanto tutto è ispirato da un grandissimo amore per il Signore Gesù Cristo. Lui scrisse: “Il Signore mi ha fatto una grande grazia: il desiderio sconfinato di amarLo e di farLo sconfinatamene amare”. Tutto è in lui santità laicale, santità di laico e tutto è spiritualità, insieme contemplativa e attiva, spiritualità incarnata, come deve essere quella di ogni cristiano.

     
    D. - La Pira pregava durante le sedute del Consiglio comunale e tra i tanti ricordi ce n’è uno particolarmente significativo in questo contesto. Quando parlò al Cremlino, affermò che non si sentiva solo, perchè era accompagnato dal suo Angelo custode e dalle preghiere di tante persone. Si può dire, dunque, che per La Pira la preghiera era, è, la vera motrice della storia?

     
    R. – Sì, considerava la preghiera la più grande forza storica. Vedeva come in tutte le tradizioni culturali la religione sia al centro, sia l’ispiratrice di tutto. Le sue lettere alle claustrali stanno a testimoniare come lui sentisse decisiva la presenza della preghiera per la sua stessa azione di sindaco, per la sua molteplice attività sul piano anche politico, nazionale e internazionale, soprattutto per il suo impegno per la pace nel mondo.

     
    D. – “Spes contra spem”, sperare contro ogni speranza, è il motto a cui La Pira è stato fedele tutta la vita. Si può dire che La Pira è stato anche un profeta?

     
    R. – Si può dire che è stato profeta nel senso più vero della parola, nel senso in cui i Santi sono profeti, perchè cercava di anticipare il Regno metastorico di Dio, di anticiparlo nella storia, non solo nella sua vita privata, ma anche nella sua azione. Quindi, confidando nella presenza del Signore Risorto, che è attiva, che è incessante nella storia degli uomini, confidando appunto in questa presenza, era impegnato ad anticipare i valori del Regno. E in questo senso era profeta: nel leggere i segni dei tempi e cercare di anticipare i valori del Regno di Dio nella storia. Ecco il suo motto: “Spes contra spem”. Era ben certo che con Cristo tutto è possibile, anche quello che umanamente sembra fuori della nostra portata.

     
    Giorgio La Pira visse, dunque, in profondità il Vangelo tanto nella sua vita personale quanto nella sua attività politica e sociale. Anzi, non si può capire l'azione politica di La Pira prescindendo dalla sua fede. Lo sottolinea il prof. Agostino Giovagnoli, storico dell’Università “Cattolica” di Milano, intervistato da Alessandro Gisotti:


    R. – Non si tratta soltanto di un uomo politico che svolge onestamente il proprio dovere, ispirandosi a valori cristiani, c’è molto di più. C’è una capacità di lettura storica alla luce della fede, che ispira la sua stessa politica. In questo senso, La Pira è stato capace di coniugare un senso biblico molto forte e anche una concretezza di realizzazioni estremamente sorprendente, perchè tutto ciò lo ha portato a compiere azioni che hanno sorpreso molti: dal salvataggio della fabbrica Pignone, ai colloqui per la pace nel Mediterraneo a Firenze, ai contatti con il mondo comunista e al dialogo con gli esponenti delle altre religioni abramitiche. E’ davvero un politico non comune e un politico non comune proprio grazie alla sua fede.

     
    D. – La Pira ha dimostrato lungo tutta la sua vita che la politica è qualcosa di alto, di nobile. Un esempio, se vogliamo, guardando anche allo scollamento a cui assistiamo oggi, tra la classe politica e i cittadini...

     
    R. – Credo proprio di sì. Usava spesso La Pira un’espressione: “Pilotare la speranza”. Per La Pira la politica doveva fare questo. Egli non soltanto lo pretendeva da sé, ma lo pretendeva anche da altri uomini politici, lo sperava da loro, richiamando i suoi compagni, soprattutto nel suo partito e nel mondo cattolico a svolgere un’azione che fosse in grado di aprire le porte al futuro. “Pilotare la speranza”, dunque, nel senso che il contingente della politica deve sempre collegarsi a grandi progetti, deve sempre guardare al futuro del mondo, deve porsi il problema del rapporto tra le civiltà. La Pira è stato spesso definito un profeta. Certo, ha saputo guardare molto avanti. Oggi la politica non soffre solo perché gli uomini politici sono ripiegati sul proprio interesse particolare. Anche nei casi migliori, oggi, gli uomini politici sono spesso privi di questa capacità di sguardo. E, ancora una volta, La Pira ci sorprende, perché proprio egli ha saputo trarre dalla speranza cristiana indicazioni molto concrete e alla fine anche efficaci.

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    Il socialdemocratico Alvaro Colom nuovo presidente del Guatemala

    ◊   Inattesa vittoria, ieri, in Guatemala del candidato socialdemocratico Alvaro Colom che nel ballottaggio delle elezioni presidenziali conquista, al quarto tentativo, oltre il 52,7 per cento dei voti. Con il 47,2 per cento, invece, il candidato sconfitto, il generale in congedo Otto Perez Molina, ha consolidato una forza politica di opposizione rilevante che potrebbe creare al nuovo governo non pochi problemi. Il servizio di Luis Badilla:


    La vittoria di Colom, se da un lato conferma la tendenza latinoamericana ad eleggere politici e partiti di centro-sinistra o apertamente di sinistra, dall’altro rappresenta un’assoluta novità in Guatemala, dove da oltre 50 anni si sono susseguiti governi di destra o dittature militari.

     
    L’elezione del candidato socialdemocratico ha fatto inoltre registrare un’affluenza alle urne che ha superato il 63 per cento degli aventi diritto al voto, cosa inedita poiché per un decennio i votanti non hanno mai superato il 40 per cento del corpo elettorale. Ad una prima analisi la vittoria del cinquantaseienne Alvaro Colom pare possa spiegarsi non solo per via del suo carisma e delle sue promesse elettorali, indirizzate soprattutto verso i settori meno abbienti del Paese e in particolare verso la popolazione aborigena (il 41 per cento dei guatemaltechi), ma anche, e soprattutto, per il sostanziale fallimento del governo del presidente uscente Oscar Berger, che, senza un candidato proprio, ha dovuto lasciare il passo a Otto Perez Molina, costretto a fondare un proprio partito per prendere parte alla consultazione. Tra la cosiddetta “mano dura e tolleranza zero” sulle violenze che stanno devastando il Guatemala con un record di 17 omicidi ogni 24 ore proposta da Perez Molina e la sfida dello “sviluppo sociale” di Alvaro Colom, che ha centrato la sua campagna sulla povertà in cui versa metà del Paese, l’elettorato ha scelto la seconda prospettiva.

     
    Ma sembra sia stato l’aumento dei votanti indigeni ad avere caratterizzato il successo elettorale di Colom, che pare abbia un significato politico per la massiccia richiesta di giustizia sociale e sviluppo, e non rappresenti dunque una rivendicazione etnica. Va ricordato, infatti, che, nel primo turno lo stesso elettorato ha negato il proprio appoggio al premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchù, candidata maya, che ha ottenuto poco più del 3 per cento dei voti.

     
    Nelle sue prime dichiarazioni Colom ha voluto ringraziare Dio che – ha detto - ci ha aiutato a decidere liberamente senza ulteriori spargimenti di sangue. Parlando poi delle principali sfide socio-economiche, ha fatto capire che occorreranno cambiamenti istituzionali, ma ciò dipenderà dai risultati finali per il rinnovo dei 130 membri dell’Assemblea nazionale che ancora non si conoscono.

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    Intervista con l'arcivescovo Angelo Comastri sul suo nuovo libro "L’Angelo mi disse. Autobiografia di Maria"

    ◊   Oggi alle 18.00 verrà presentato presso l'Istituto Patristico Augustinianum, a Roma, un nuovo libro dell’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano e prossimo cardinale: il 24 di questo mese, infatti, Benedetto XVI gli imporrà la berretta cardinalizia. Il libro è intitolato “L’Angelo mi disse. Autobiografia di Maria". Ma ascoltiamo lo stesso mons. Comastri al microfono di Giovanni Peduto:


    R. – Ho usato, innanzitutto, un genere letterario un po’ originale. Ho immaginato che fosse Maria a raccontare la sua vita, e spiego perché. L’evangelista Luca ci racconta l’Annunciazione. Chi ha raccontato l’Annunciazione? Presenti erano soltanto l’Angelo e Maria. Non credo che l’Angelo abbia parlato. Quindi è Maria che ha raccontato alla Chiesa l’avvenimento dell’Annunciazione e mi sembra bello, allora, immaginare che sia ancora Maria a raccontare alla Chiesa l’Annunciazione. Se andiamo avanti: chi era presente all’incontro tra Maria ed Elisabetta? Elisabetta e Maria. Chi ha raccontato alla Chiesa quell’incontro? Chi ha consegnato alla Chiesa quel “Magnificat"? Soltanto Maria. Allora, ancora una volta, è bello immaginare che sia lei proprio a raccontarci il “Magnificat”. Io ho pensato, ho re-immaginato il “Magnificat” ampliandolo, per rendere ancora più chiaro il pensiero di Maria e per rendere ancora più luminosa quella intuizione che attraversa tutto il Magnificat: Dio posa lo sguardo sui piccoli mentre gli orgogliosi ed i superbi non riescono a vedere lo sguardo di Dio. E’ la grande intuizione di Maria. E così andando avanti. Chi ha raccontato la nascita a Betlemme? Chi ha raccontato l’arrivo dei Magi? Chi ha raccontato il dramma nel Tempio di Gerusalemme, quando Maria e Giuseppe cercarono con ansia per tre giorni Gesù e lo ritrovarono nel Tempio, e Maria ebbe un’espressione incredibile: ‘Figlio, perché ci hai fatto così?' E’ Maria che ha raccontato tutto questo. Ecco perché è nato questo genere letterario. Ho cercato di ricostruire il racconto della vita di Maria immaginando che fosse lei a raccontarlo alla Chiesa di oggi.

     
    D. – Eccellenza, questo è il contenuto. Ma chi sono i destinatari del libro?

     
    R. – I destinatari del libro sono tutti i cristiani, perché non esiste un vero cristiano, un vero discepolo di Gesù che non ami la Madre di Gesù. Quindi, io vorrei che attraverso questo libro, in qualche modo si risvegliasse la devozione a Maria per potere, attraverso Maria, andare a Gesù. Perché il libro vuole portare verso Gesù. Ogni volta che parla Maria, porta sempre a Gesù. Ecco: c’è tutto un movimento, dalla Madre verso il Figlio, perché lo scopo di Maria non è portarci a sé, ma condurci a Gesù. E ho avuto una bella consolazione: in 20 giorni sono andate vie 7 mila copie ... è stato veramente un record che mi ha consolato non tanto per il successo in sé, quanto perché Maria è entrata nel cuore di tanta gente. Ho ricevuto diverse lettere di questo tenore. Per esempio, una mi dice così: "Io sono una cristiana fervente, sono una mamma di famiglia, la mia impostazione spirituale era cristocentrica ed esclusivamente cristocentrica". Cristocentrica, va bene: tutto deve avere al centro Gesù. Però ‘esclusivamente’ cristocentrica, qui c’è da riflettere. E aggiunge: "Io avevo escluso completamente Maria, e sentivo che mi mancava qualcosa. Attraverso la lettura di questo libro, innanzitutto ho capito che Maria non mi allontana da Gesù, ma mi porta a Gesù. Ho riscoperto la Madonna. Ne sono felice e la ringrazio". Questa lettera mi ha fatto un immenso piacere. E tante altre lettere di questo tenore.

     
    D. – Eccellenza, la presentazione di questo suo libro cade nel mese di novembre, notoriamente dedicato alla commemorazione dei defunti. C’è un legame, un rapporto tra Maria e le anime dei defunti?

     
    R. – Certamente, Maria è la Regina del Paradiso, è la Regina dei Santi, come noi la chiamiamo. E noi desideriamo che tutte le anime siano in Paradiso, e anche quelle del Purgatorio sono orientate al Paradiso. Certamente, Maria è in Cielo assieme ai Santi accanto a Gesù e accanto alla Santissima Trinità; è chiaro che nel mese di novembre Maria è un grande richiamo al Cielo, così come anche il ricordo dei Defunti è un richiamo al Cielo, perché viviamo in un’epoca di grande amnesia dell’eternità. Oggi sembra che l’umanità abbia dimenticato il destino ultimo. Per questo, quando si dimentica il Paradiso, il mondo diventa inferno, il mondo diventa invivibile. Il richiamo dell’Aldilà è indispensabile non per alienarci, ma per farci vivere bene l’“aldiquà”. Allora, ecco lo scopo di questo libro ed ecco anche perché è una coincidenza felice il fatto che lo presentiamo nel mese dei morti, cioè nel mese dell’Aldilà.

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    Chiesa e Società



    Presentato il documento della COMECE per una strategia dell’Unione Europea a favore delle coppie e delle famiglie

    ◊   La Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) ha presentato stamani, a Bruxelles, il documento dal titolo “Proposta per una strategia dell’Unione Europea a favore delle coppie e delle famiglie”. Gli obiettivi indicati sono quindi quelli di “aiutare le coppie sposate” e “sostenere i genitori nei loro compiti educativi”. Vengono caldeggiate “iniziative politiche”, tra cui quelle volte a prevenire i divorzi, a conciliare la vita professionale e familiare e a combattere la violenza domestica. Nel testo si analizzano anche le difficoltà per le coppie in Europa: tra queste, “l’implosione demografica” e il tasso di divorzio in costante ascesa presentano “alti costi, sociali e finanziari, per la società europea”. Tra i vari dati, si sottolinea che dal 1980 al 2005 il numero di divorzi è aumentato di oltre il 50 per cento”. Si tratta di costi legati, direttamente o indirettamente, “alle difficoltà delle coppie di mantenere rapporti stabili” e di promuovere il matrimonio come migliore forma di unione. La questione, diventata sempre più urgente, è su come aiutare le coppie quando affrontano crisi serie. E’ quindi interesse dell’Europa sostenere e rinforzare – si legge nel documento - “il rapporto stabile e responsabile tra uomo e donna, di cui il matrimonio è l’espressione ideale”. La crisi della famiglia – si sottolinea nel testo - è una crisi della società moderna che presenta aspetti e dinamiche nuove. “L’emancipazione delle donne, che è uno sviluppo benvenuto”, ha comportato ad esempio nuove sfide: uomini e donne – si osserva nel documento - si confrontano per tradurre la nuova dimensione paritaria “in un rapporto stabile che possa rispondere alla sfida multipla di gestire carriere professionali paritarie allevando figli in contesti a volte difficili e avendo anche cura, in diversi casi, di membri anziani della famiglia”. Il risultato è molto spesso, la rottura della coppia e della famiglia, che può avere conseguenze psicologiche molto negative, soprattutto per i bambini. Anche la violenza domestica è causa di destabilizzazione dei legami familiari: da questo deriva, secondo la COMECE, la necessità “di individuare contromisure a livello europeo”, anche al fine di prevenire “la delinquenza giovanile”, spesso conseguenza di “modelli di comportamento familiari”. Il testo si sofferma quindi sull’importanza di eliminare le discriminazioni “in materia di trattamento fiscale o diritti pensionistici” nei confronti di chi decide di rimanere a casa per occuparsi dei figli, almeno fino al terno anno di età. Si ricorda poi che le politiche regionali europee non dovrebbero escludere “l’utilizzo di fondi per iniziative volte a migliorare le condizioni generali di alloggio per le coppie a basso reddito”. La COMECE propone anche una riduzione delle aliquote IVA per “prodotti essenziali per la cura e la crescita dei bambini”. Per scongiurare i rischi cui sono esposti, occorre anche “bandire i videogiochi più brutali” attraverso “specifici strumenti legislativi” e aiutare i genitori a controllare l’uso, da parte dei figli, di Internet e cellulari. Per salvaguardare la salute dei bambini in Europa, dove un piccolo su quattro è in soprappeso, diventa inoltre prioritario strutturare correttamente i comportamenti alimentari. Un ruolo essenziale è anche quello della “prevenzione dell’abuso di alcol e droghe”. Si auspicano, poi, agevolazioni per i ricongiungimenti delle famiglie di immigrati da considerarsi una sfida chiave per l'integrazione e un maggiore sostegno alle persone con figli affetti da patologie mentali. (A.L.)

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    In Terra Santa, Assemblea Plenaria della Conferenza episcopale austriaca

    ◊   I vescovi austriaci si fanno pellegrini in Terra Santa per la seconda riunione annuale della Conferenza episcopale austriaca. un segno della profonda preoccupazione dei presuli per la situazione in Medio Oriente e un’espressione di solidarietà con i cristiani della martoriata regione. La presenza, poi, nella città vecchia di Gerusalemme di un ospizio austriaco è un segno del particolare legame dei cattolici austriaci con la Terra di Gesù. Tema centrale dell’Assemblea plenaria, che si concluderà il prossimo 10 novembre, è l’impegno pastorale successivo alla visita nel 2000 di Giovanni Paolo II in Terra Santa. Il programma prevede, oggi, la concelebrazione eucaristica nella Basilica dell’Annunciazione di Nazareth; domani una concelebrazione che si terrà a Tabgha, nella Chiesa della Moltiplicazione dei pani. Mercoledì prossimo i vescovi austriaci saranno ricevuti dai rappresentanti di tutte le chiese cristiane di Gerusalemme alla porta di Giaffa. Il giorno seguente sono previsti la concelebrazione al Santo Sepolcro e la visita al memoriale dell’Olocausto “Yad Vashem”. Il 9 novembre i presuli incontreranno l’arcivescovo Aristarchos, del Patriarcato greco-ortodosso, e nel pomeriggio visiteranno a Betlemme la Basilica della Natività. A conclusione del pellegrinaggio, la visita dei vescovi austriaci alla Cupola della Roccia ed alla Moschea di Al Aksa. Il pellegrinaggio – ha spiegato l’arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale austriaca, cardinale Christoph Schöenborn – desidera offrire anche “un contributo alla costruzione della fiducia tra i cristiani delle diverse confessioni e tra cristiani, ebrei e musulmani”. (A.L.)

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    India: nazionalisti indù contro la parità dei diritti ai dalit cristiani e musulmani. La risposta della Chiesa

    ◊   Parte oggi in India una campagna dei nazionalisti indù contro l'intenzione del governo centrale di concedere i privilegi delle Scheduled Castes anche a cristiani e musulmani, unici gruppi ancora esclusi. Secondo il presidente della All India SC Reservation Protection Forum, Vijay Sonkar Sastri, ex deputato del partito nazionalista d’opposizione Bharatya Janata Party (Bjp), dare gli stessi diritti a tutti i fuori casta al di là dell’appartenenza religiosa, priverà indù, sikh, giainisti e buddisti delle loro quote riservate nel campo professionale e dell’istruzione. “Si tratta - ha spiegato Sastri - di un provvedimento che incoraggerebbe conversioni di massa al cristianesimo e all’islam e che mira solo a guadagnare voti in queste categorie sociali in vista delle prossime elezioni”. In India, secondo quanto stabilito dal paragrafo 3 dell’Order Act sulle Scheduled Castes del 1950, i benefici loro concessi, sono riservati ai soli dalit indù; in un secondo tempo sono stati aggiunti anche buddisti e sikh. Solo cristiani e islamici rimangono ancora esclusi. La Chiesa indiana, sottolinea l'Agenzia AsiaNews, è da tempo in prima linea nella battaglia per la parità dei diritti di tutti i fuori casta. Secondo p. Cosmon - segretario esecutivo della Commissione per Scheduled Castes-Tribes and Backward Class della Conferenza episcopale indiana – i gruppi che continuano ad opporsi “vogliono solo impedire lo sviluppo economico e sociale dei cristiani e dei musulmani e privarli della loro dignità umana”. Il sacerdote spiega che i nazionalisti portano sempre la stessa giustificazione al loro risentimento per i cristiani: le conversioni forzate. “Ma se fosse vero – aggiunge – come spiegare che la percentuale dei cristiani nel Paese è ferma al 2,5 per cento?”. “Lo sviluppo economico e l’oppressione sociale non possono convivere – conclude p. Cosmon – escludere una fetta della società dal processo di sviluppo dell’India, solo a causa della sua fede, rappresenta una violazione dei diritti umani, un ostacolo al progresso e una vergogna e per tutta la nazione”. (R.P.)

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    Parrocchia romana sostiene un asilo ed una chiesa in Birmania

    ◊   La parrocchia di Santa Maria Stella Maris di Ostia (Roma) ha deciso di sostenere un asilo e una chiesa nel Myanmar. A Loikau, in una zona collinare al centro della ex Birmania, esiste da un paio d’anni un asilo con altri locali per ospitare la casa di formazione delle suore: 10 religiose e 10 novizie. C’è poi tra i campi una chiesa in grado di accogliere fino a mille persone, dove la domenica le famiglie dei contadini, ognuna con 8,10 figli, arrivano a piedi dai villaggi vicini per partecipare alla Messa. “I contatti con la missione sono ora essenzialmente via mail”, ha spiegato il parroco, don Plinio Poncina, secondo quanto riportato dal settimanale diocesano di Roma “RomaSette”. L’aiuto dei fedeli di Ostia arriva nell’ex Birmania – dove nelle settimane scorse si sono susseguiti violenti scontri tra i manifestanti pacifici guidati dai monaci buddisti che chiedevano democrazia e l’esercito della Giunta militare – grazie all’associazione Bambini della Birmania onlus, attiva da 6 anni. L’associazione è nata nel 2001 dopo la consacrazione di alcune suore birmane, in servizio presso la parrocchia, nella congregazione delle Missionarie della fede. In 4 anni sono stati raccolti 100.000 euro, 30.000 dei quali sono stati destinati alla chiesa. “Il nostro dare si è fermato al materiale per l’edilizia, compreso il bambù per le impalcature – ha spiegato don Plinio –, ma sono loro in realtà ad averci edificato con la loro testimonianza. Senza riserve ognuno ha iniziato a donare generosamente tempo ed energia per costruire a Dio una casa in muratura”. Il passo successivo è stato l’asilo. “A sorpresa siamo riusciti a ricavare anche alcuni locali per le suore. Con le donazioni restanti stiamo tentando di garantire il vitto per i bambini”. “Sono 2.500 in tutto – ha detto la referente del progetto, Maria Lucaferri –. Riusciamo a provvedere solo a 225 di loro. Con 5 euro, corrispondenti per noi ad una consumazione al bar, potremmo garantire ad un bambino il riso, ovvero l’essenziale per vivere, per un mese intero”. Le donazioni, ricorda “RomaSette”, arrivano “da singoli, famiglie, sposi che scelgono di rinunciare ai regali di nozze, o genitori che segnalano l’iniziativa in occasione di battesimi o comunioni”. (R.P.)

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    Dossier dell’Agenzia Fides su immigrazione e società avanzate

    ◊   “Non esiste al mondo un Paese che non sia interessato da fenomeni migratori e una previsione precisa delle future tendenze è molto difficile”. E’ quanto si legge nel dossier “Il fenomeno dell’immigrazione nelle società avanzate” realizzato dall’Agenzia Fides. Nel rapporto, si sottolinea che i flussi migratori aumenteranno se non si riusciranno a risolvere problemi gravi, quali disoccupazione e sottosviluppo di Paesi poveri. Il documento ricorda, poi, che almeno 175 milioni di persone vivono in un Paese diverso da quello in cui sono nate. Lo studio rileva anche che i rom sono “specialmente vulnerabili” alle politiche di segregazione, in particolare per quanto riguarda l’istruzione. Si evidenzia inoltre che in Europa, solo in Gran Bretagna e in Finlandia ci sono sistemi in grado di riferire episodi di violenza a sfondo razzista. In Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta mancano dati ufficiali su questo tipo di violenze. Il risultato è che “le minoranze etniche possono subire discriminazioni senza che ci sia una risposta adeguata dello Stato”. (A.L.)

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    Regno Unito: domenica 18 novembre i cattolici in preghiera per i detenuti e le loro famiglie

    ◊   Le prigioni britanniche, sovrappopolate e dove il tasso di suicidi è in continuo aumento saranno al centro delle preghiere della Chiesa cattolica del Regno Unito il 18 novembre, “Prisoners’ Sunday”, “la domenica dei carcerati”. I cattolici, riferisce l'Agenzia Sir, pregheranno per i detenuti, per le loro famiglie e per chi lavora all’interno del sistema carcerario. A tutte le parrocchie del Regno Unito è stato inviato, dal “Prison Advice and Care Trust”, una charity fondata nel 1898 da avvocati cattolici, del materiale informativo sulle prigioni che comprende anche preghiere di intercessione e qualche proposta per la liturgia dei bambini. L’iniziativa è stata promossa dal card. Murphy O’Connor leader dei cattolici britannici e presidente della già citata charity: “negli ultimi mesi la popolazione delle prigioni del Regno Unito è aumentata raggiungendo 81.000 carcerati, il numero più alto fino ad oggi. Il sistema è sull’orlo del collasso per il sovraffollamento e lo scioccante aumento nel tasso di suicidi. Cristo ci insegna a credere nella dignità e nel valore di ogni essere umano e nella possibilità di redenzione, qualsiasi cosa una persona abbia fatto. Grazie a giustizia, misericordia e speranza tutti diventano parte del disegno di Dio”. (R.P.)

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    Edizione interconfessionale in albanese del Nuovo Testamento

    ◊   “Un importante tassello nel cammino della rinascita spirituale e religiosa avviato dal popolo albanese dopo la caduta del duro regime comunista”. Con queste parole l’Osservatore Romano commenta la notizia dell’edizione del Nuovo Testamento tradotto in lingua albanese. Il volume, intitolato “SeBashku” (Insieme) ed edito dalla Società Biblica Interconfessionale dell’Albania, è stato presentato nei giorni scorsi a Tirana. L’obiettivo è anche quello di incoraggiare e favorire il dialogo ecumenico. Alla presentazione hanno partecipato circa 250 persone, tra cui vescovi cattolici, rappresentanti della Chiesa ortodossa, pastori della comunità protestante e delegazioni delle società bibliche internazionali. L’iniziativa ha suscitato grande interesse anche perché è la prima, nel suo genere, nella storia dell’Albania. Il volume è frutto di un lungo e accurato lavoro di traduzione durato 7 anni. L’équipe di traduttori, coordinata da don Carlo Bozzetti, docente della pontificia Università Salesiana di Roma, partendo dall’edizione critica interconfessionale in lingua greca, ha tradotto in albanese corrente i libri del Nuovo testamento sul modello dell’edizione italiana “Parola del Signore”, pubblicato dalla Ellenici-ABU. (A.L.)

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    Da oggi a Montesilvano un convegno della CEI sui 50 anni della "Fidei donum"

    ◊   Rilanciare proposte di stimolo e confronto sulla spiritualità missionaria: qualificare la spiritualità missionaria come spiritualità di comunione; far nascere nei partecipanti il desiderio della missione. Questi gli obiettivi principali del Convegno di spiritualità per ministri ordinati, che si aprirà questo pomeriggio a Montesilvano (Pescara) sul tema: “Andiamo Altrove. Spiritualità diocesana dei ministri ordinati per la missione in un mondo che cambia”. L’iniziativa, promossa dalla Commissione Cei per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese, celebra il 50° anniversario dell’enciclica “Fidei donum” di Pio XII. Attualmente, scrive l'Agenzia Sir, sono 545 - il 4% dei missionari italiani, che si aggirano intorno a 14-15mila unità - i sacerdoti "fidei donum" di 113 diocesi italiane impegnati a servire il Vangelo e i poveri in Africa (136), in America Latina (362), in Asia (23), nell'Europa dell'Est e in Oceania (3). I laici "fidei donum", con regolare convenzione Cei sono 222, di cui 114 sposati, provenienti da 42 diocesi. In totale, quindi, i "fidei donum" sono oggi 761, il 5,5% di tutti i missionari italiani sparsi nel mondo. Ad aprire oggi i lavori sarà mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento e presidente della citata Commissione Cei, cui seguirà l’intervento di don Gianni Colzani, docente alla Pontificia Università Urbaniana. (R.P.)

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    A Roma, un corso di formazione per gli animatori delle missioni carmelitane

    ◊   Da venerdì a domenica prossima, presso il Centro Interprovinciale dei Carmelitani Scalzi di Roma, si terrà un corso di formazione per gli Animatori delle missioni carmelitane, riservato a sacerdoti, religiose e laici, provenienti dalle varie province italiane e dalle congregazioni femminili aggregate. L’iniziativa è stata promossa dagli stessi Animatori missionari che lo scorso giugno si sono incontrati per discutere e condividere insieme sulla situazione e sulle problematiche esistenti nelle varie realtà italiane e non solo. Il corso di formazione vuole essere un mezzo per comprendere e soprattutto conoscere quali strumenti metodologici e tecnici utilizzare, per poter collaborare e cooperare insieme e offrire il proprio contributo a beneficio di tutta la Chiesa. Il corso sarà guidato da esperti e specialisti del settore (è prevista la presenza di mons. Giuseppe Pellegrini, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese della CEI), che partendo dalla loro stessa testimonianza, cercheranno di infondere, propagare, creare, provocare mentalità missionaria con la formazione e motivazioni sempre nuove; in modo particolare, si parlerà di come e quando essere missionari, ma anche di evangelizzazione, animazione di strada, servizio e pastorale nelle parrocchie e soprattutto ai giovani, che possono essere un vero veicolo di trasmissione missionaria attraverso le nuove tecnologie messe a disposizione dai moderni mezzi di comunicazione. È importante infatti  sottolineare il ruolo sempre attuale e “moderno” della missione, rivolgendosi non solo ai consacrati, ma anche ai laici, per far comprendere loro in che modo potranno essere missionari nella realtà in cui sono inseriti. Al termine del corso, i partecipanti riceveranno un attestato di partecipazione e successivamente potranno quindi iniziare a cooperare per diffondere e promuovere le varie realtà missionarie carmelitane presenti in Italia e nel mondo. (F.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Pakistan: ondata di arresti tra gli oppositori di Musharraf. Gli USA chiedono al presidente di indire nuove elezioni

    ◊   A due giorni dall’imposizione dello stato d’emergenza, in Pakistan la situazione rischia di precipitare. Il presidente Musharraf ha smentito le voci dei suoi arresti domiciliari, ma intorno a lui si sta creando il vuoto politico. Il segretario di Stato americano, Condolleezza Rice, ha chiesto elezioni democratiche suggerendo poi a Musharraf di dimettersi dal capo delle forze armate. Un incarico contestato dalla stessa opposizione e dal movimento degli avvocati che oggi è sceso in piazza. A Karachi e a Lahore sono stati numerosi gli arresti, circa 1.500, e le cariche della polizia. Preoccupazione per quanto sta accadendo in Pakistan è stata espressa dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Louise Arbour, che ha fatto appello alle autorità, affinché chiariscano le ragioni di così tanti arresti. La Gran Bretagna ha chiesto il rispetto dei diritti costituzionali, mentre l’Olanda ha interrotto il suo programma di aiuti al Paese in risposta allo stato d’emergenza.

    Sullo sfondo delle vicende pakistane, dunque, la posizione presa da Washington, che ha minacciato la sospensione degli aiuti a Islamabad, uno dei partner fondamentali per gli Stati Uniti nella regione mediorientale, soprattutto in chiave antiterrorista. Quali conseguenze avrebbe una rottura dei rapporti tra i due Paesi? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Elisa Giunchi, docente di Storia e istituzioni dei Paesi islamici all'Università degli Studi di Milano:
     
    R. – Devo dire che non credo in questa eventualità. E’ vero che Condolleeza Rice ha fatto sapere che l’amministrazione Bush potrà prendere in considerazione la possibilità di sospendere gli aiuti al Paese, ma già ieri il portavoce del Pentagono aveva precisato che comunque saranno esclusi quelli di tipo militare. A ciò aggiungerei che gli Stati Uniti si rendono benissimo conto che non si può ignorare del tutto l’esercito pachistano che controlla il nucleare e dal quale dipende l’avvicinamento con l’India sulla situazione del Kashmir. Infine c’è tutta la questione relativa all’insurrezione talebana nelle aree a sud e a sudest dell’Afghanistan.

     
    D. – Quanto ha influito sulle vicende degli ultimi giorni il rientro in Pakistan dell’ex premier, la signora Benazir Bhutto?

     
    R. – Sicuramente ha accelerato gli sviluppi politici interni. E’ vero che si andava profilando un accordo, che ancora si potrebbe concretizzare, tra Musharraf e la Bhutto. Un’intesa molto caldeggiata dagli Stati Uniti anche perché permette di tenere un esercito forte, che controlla la politica interna, estera e il nucleare, e al tempo stesso allarga le basi di un consenso nei confronti del governo. La Bhutto rappresenta, quindi, una possibilità per Musharraf di rimanere al potere, anche se indirettamente come presidente civile, ma anche un pericolo. E forse questa minaccia è quella che ha spinto Musharraf a prendere la decisione di imporre lo Stato di emergenza. La Bhutto è infatti riuscita a creare intorno a sé una opposizione molto vasta.

    - Medio Oriente-Rice. Prima della fine del mandato del presidente statunitense Bush, un accordo di pace tra israeliani e palestinese è possibile. Ne è convinta il segretario di Stato, americano Condolleezza Rice, oggi a Ramallah dove ha incontrato le autorità palestinesi. Si tratta della terza visita in sei settimane alla ricerca di una dichiarazione congiunta in vista della conferenza di pace sul Medio Oriente ad Annapolis, negli Stati Uniti, fissata per fine anno. Anche il presidente palestinese Abu Mazen ha parlato di progressi mentre ieri, dopo l’incontro con le autorità israeliane, la Rice aveva definito “incagliati” i colloqui soprattutto perché entrambe le parti dovranno fare “concessioni difficili e dolorose”.

    - Euromed. Medio Oriente e terrorismo sono i temi in agenda al vertice che si apre oggi a Lisbona. Alla due giorni portoghese partecipano i ministri degli Esteri dei 37 Paesi che fanno parte del partenariato euro-mediterraneo. In calendario anche incontri con le delegazioni israeliana e palestinese per discutere della situazione nell’area in vista della conferenza di Annapolis, voluta dal presidente americano Bush.

    - Turchia-Iraq. In una lunga intervista ad un quotidiano italiano, il premier turco Erdogan ha ribadito che Ankara è pronta ad un’azione militare nel Kurdistan iracheno dove il PKK ha delle basi. “La pazienza della gente turca ha raggiunto il limite, per le perdite sofferte – ha detto Erdogan - troppi soldati sono morti per gli attacchi del PKK. Per proteggere i nostri cittadini prenderemo tutte le misure possibili”. La dichiarazione arriva all’indomani della liberazione di 8 soldati turchi sequestrati dai guerriglieri in ottobre e nel giorno in cui Erdogan incontrerà a Washington il presidente americano Bush. Il rappresentate turco chiederà “misure urgenti e concrete” contro i separatisti visto che i provvedimenti presi dal governo di Baghdad sono considerati insufficienti. Di ritorno dagli USA, Erdogan farà tappa a Roma, dove incontrerà le massime autorità dello Stato e del governo italiano. Intanto, nel Kurdistan diversi membri del PKK stanno lasciando le loro postazioni per ripiegare in Iran dove è presente una piccola minoranza curda.
     
    - Kosovo. Corsa contro il tempo a Vienna dove si sta negoziando il futuro status della provincia serba a maggioranza albanese. Entro il 10 dicembre, infatti, la "troika", composta da USA, Unione Europea e Russia, dovrà presentare un rapporto al segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, sull’andamento delle trattative. Restano forti le distanze tra Pristina e Belgrado che non intende concedere l’indipendenza al Kosovo. Secondo gli analisti, a Vienna non ci sarà alcuna svolta nei colloqui e, quindi, lo scenario possibile sembra essere quello di una dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle autorità kosovare.

    - Birmania. Prosegue la seconda missione dell’inviato dell’ONU, Ibraim Gambari. E’ nuovamente slittato l’incontro con il numero uno della giunta militare, il generale Than Shwe, mentre sembra imminente il colloquio con la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi.

    - Iran nucleare. Resta incerta la data dell’incontro tra il responsabile della politica estera comune della Unione Europea, Javier Solana, ed il neo-capo negoziatore di Teheran, Said Jalili. Le trattative saranno condotte solo da quest’ultimo e non più insieme al suo precedessore Ali Larijani, come era accaduto a Roma in ottobre. Lo ha precisato una fonte governativa.
     
    - Venezuela. Grandi manovre nel Paese sud-americano in vista del referendum per cambiare la Costituzione, fissato per il prossimo 2 dicembre. I vescovi venezuelani hanno espresso riserve sulle modifiche presentate che rappresenterebbero “un’involuzione nel campo dei diritti umani”. Il nostro servizio:

    Ieri, il presidente venezuelano Hugo Chávez, con un grande comizio nel centro della capitale Caracas, ha aperto la campagna referendaria per il “sì” alle numerose riforme costituzionali già approvate in Parlamento. Se il 2 dicembre prossimo le riforme riceveranno il consenso dell’elettorato, il Venezuela sarà la “prima nazione socialista del XXI secolo”. Anche le diverse aggregazioni dell’opposizione - partiti, sindacati, associazioni territoriali e imprenditoriali - hanno aperto la loro campagna per il “no”. I venezuelani dovranno decidere sul cambiamento dell’attuale Costituzione, cosiddetta “bolivariana”, in vigore dal 15 dicembre 1999. Il presidente Chávez aveva chiesto 33 modifiche, ma alla fine, il Parlamento, che sostiene nella sua totalità il capo dello Stato, poiché alle elezioni del 2005 le opposizioni non avevano presentato candidati, hanno portato il totale degli emendamenti a 69. Gran parte di queste modifiche riguarda questioni di fondamentale rilevanza democratica, poiché incidono direttamente sulle libertà civili e politiche, di stampa e associazione, meccanismi elettorali. L’opinione pubblica su questi temi è assai polarizzata e nel Paese si sono già verificati incidenti violenti e proteste, che il presidente ha minacciato di vietare nel corso della campagna referendaria. Ciò che più preoccupa è il fatto che l’intero progetto di riforma costituzionale, dalla sua origine fino alla approvazione venerdì scorso, è rimasto una proposta di una parte del Paese. I vescovi del Venezuela, dopo un accurato studio delle riforme, il 19 ottobre, hanno dichiarato che “la Costituzione e le riforme che si propongono non sono un affare che riguarda solo i partiti o determinati settori della popolazione”. “Siamo di fronte ad una questione di interesse nazionale che coinvolge tutti, senza distinzione – hanno affermato i presuli – sarebbe un grave errore credere il contrario. Non siamo davanti ad una questione che si risolve tra governo e opposizione, tra ricchi e poveri. E’ in gioco il futuro del Paese e di tutti i cittadini”. L’episcopato ha osservato che “in questo caso specifico non si tratta di semplici riforme”, che “il progetto socialista è contrario alla Costituzione e alla concezione della persona e dello Stato propria della nazione venezuelana”, che “la proposta è escludente e polarizza” il popolo e che “rappresenta un’involuzione nel campo dei diritti umani”. (A cura di Luis Badilla e Tiziana Campisi)

    - Italia mafia. Duro colpo inferto a "Cosa Nostra". Sono stati arrestati a Carini, in provincia di Palermo, due super-latitanti: Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Padre e figlio sono stati bloccati da circa 40 poliziotti, durante una riunione che stavano tenendo, insieme ad altri due ricercati Gaspare Pulizzi e Andrea Adamo. Salvatore Lo Piccolo, latitante dal 1983, era considerato a capo della mafia palermitana dopo l’arresto del boss Bernardo Provenzano.

    - Italia-Romania. Il premier italiano Romano Prodi ha negato le frizioni diplomatiche con Bucarest confermando l’arrivo nei prossimi giorni del primo ministro romeno Calin Popescu Tariceanu. Sul tema della sicurezza, stamani Prodi ha avuto un colloquio telefonico con il presidente romeno Traian Basescu dopo il varo del decreto sulle espulsioni - in discussione a partire da domani in Senato - in seguito all’omicidio a Roma di Giovanna Reggiani, aggredita da un romeno. Lo stesso Basescu ieri aveva condannato queste misure definendole “improvvisate” e tali da generare paure e odio.

    - Bulgaria. Lento ritorno alla normalità a Sofia, dopo le sei settimane di sciopero indette dal corpo docente. L’agitazione è infatti rientrata. Venerdì i sindacati hanno raggiunto un accordo con il governo per un aumento di 40 euro a partire da subito: a luglio gli insegnanti arriveranno a percepire 320 euro mensili di stipendio, un passo in avanti rispetto alle 180 euro di oggi.

    - Spagna-Marocco. E’ iniziata la visita del re di Spagna Juan Carlos nelle enclave spagnola di Ceuta e Melilla, nel nord del Marocco. Al suo arrivo è stato accolto con grande calore, nonostante la diffidenza del governo di Rabat che considera la zona sotto il suo controllo.

    - Isole Fiji. Sventato un attentato terroristico ai danni del premier Frank Bainimarama. Le forze dell’ordine hanno arrestato 16 persone, fra cui un neozelandese, sospettate di coinvolgimento nell’agguato. Il capo della polizia ha accusato i governi di Australia e Nuova Zelanda di finanziare non meglio precisate organizzazioni oppositrici dell’attuale esecutivo. Canberra e Wellington hanno respinto ogni responsabilità. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 309

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