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02/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Si è spento all’età di 82 anni, don Oreste Benzi. Il cordoglio di Benedetto XVI: “Un infaticabile apostolo della carità che ha speso la vita per gli ultimi e gli indifesi”. Intervista con il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi
  • Nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti il Papa si reca nelle Grotte Vaticane per pregare accanto alle Tombe dei Papi
  • Il cardinale Arinze: le nostre preghiere e i nostri sacrifici aiutano le anime del Purgatorio a salire in cielo
  • Mons. Migliore: difendiamo integralmente la vita dicendo no ad aborto, eutanasia e pena di morte
  • Oggi in Primo Piano

  • E' morta Giovanna Reggiani, la donna aggredita martedì a Roma
  • Il cardinale Ruini presiede la Messa per i defunti al Cimitero del Verano
  • Chiesa e Società

  • India. Mons. Gracias, arcivescovo di Mumbai: la legge sugli uteri in affitto, un passo indietro per la società
  • Chiese d’Africa e d’Europa unite contro le “nuove schiavitù”
  • Il saluto di Benedetto XVI alla Conferenza Animatori del Rinnovamento nello Spirito Santo, in corso a Rimini
  • Oltre due mila partecipanti al 28.mo Convegno Giovani verso Assisi
  • A Imperia, l'Assemblea Generale della CISM sul pluralismo religioso e culturale in Italia
  • Austria. L’Azione cattolica contro la disoccupazione giovanile
  • Il JRS sulla vicenda dell’Arche de Zoe: separare i bambini dalle famiglie sia sempre l’ultima scelta
  • “Mater Unitatis”: in Romania, il primo monastero cattolico in terra ortodossa
  • Cambogia: parrocchia cattolica offre cibo a famiglie buddiste per la festa dei morti
  • Il Premio Templeton per il giornalismo religioso a Tom Heneghan della Reuters
  • 24 Ore nel Mondo

  • Emergenza umanitaria in Somalia. Scontri e violenze a Mogadiscio, almeno 90 mila le persone in fuga
  • Il Papa e la Santa Sede



    Si è spento all’età di 82 anni, don Oreste Benzi. Il cordoglio di Benedetto XVI: “Un infaticabile apostolo della carità che ha speso la vita per gli ultimi e gli indifesi”. Intervista con il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi

    ◊   Si è spento poco dopo le due di questa mattina, per un attacco cardiaco, don Oreste Benzi, l’82.enne sacerdote romagnolo, fondatore dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, che per circa 40 anni è stato in prima linea per assistere i disagiati di tutto il mondo. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, Benedetto XVI esprime il proprio dolore per la scomparsa di don Benzi, ricordato come un "umile e povero sacerdote di Cristo", un "infaticabile apostolo della carità” dall’“intensa vita pastorale” spesa per gli ultimi e gli indifesi, un "docile servitore della Chiesa" che si è fatto carico - afferma il Papa - "di tanti gravi problemi sociali che affliggono il mondo contemporaneo”. Alessandro Gisotti ripercorre in questo servizio le tappe principali della vita e dell’opera di don Benzi:


    “Io non ho fondato niente. Sono stati i poveri che ci hanno rincorso, che ci hanno impedito di addormentarci”: don Oreste Benzi rispondeva così a quanti gli chiedevano perché avesse fondato l’Associazione “Papa Giovanni XXIII”. Don Oreste si è lasciato incontrare da Cristo. Ha cercato e trovato il Suo Volto in quello di chi soffre, nei barboni, nelle donne costrette a vendere il proprio corpo, nei ragazzi alla ricerca di un senso per la propria vita. Già a 12 anni, nel 1937, don Oreste è in seminario a Rimini. Nel 1949 viene ordinato sacerdote e fin dai primi anni ’50 come assistente della Gioventù Cattolica riminese matura in lui la convinzione di farsi prossimo agli adolescenti per proporre loro un “incontro simpatico con Cristo”. Impegno portato avanti per cinquant’anni. Ecco come don Oreste ricorda ai nostri microfoni una serata con i giovani in discoteca:

     
    "Mi ricordo, in particolare, di un incontro nella discoteca ‘L’altro mondo’, quando ho parlato a tutti i presenti ricordando che la vita è la professione di un amore infinito, ho detto: 'Dio è in gamba! Facciamo un applauso al Signore!'. E alle due e mezzo di notte mille giovani hanno applaudito il Signore. Uno di quei giovani poi mi ha fermato e mi ha detto: 'Grazie, padre, che sei venuto!' Ed ha aggiunto: “'Non lasciateci soli!'”.
     
    Sempre pronto a chinarsi sulle sofferenze dei più deboli, siano essi malati o emarginati della società, don Oreste, che negli anni ’60 insegna religione in diversi Licei della Romagna, decide di dare vita ad un’associazione. E’ il 1968, fedele all’unica autentica rivoluzione, quella che viene dall’Amore di Dio, don Oreste fonda l’associazione “Papa Giovanni XXIII”. Quarant’anni dopo, il sodalizio conta 200 case famiglia, 32 comunità terapeutiche, 6 case di preghiera e, ancora, 7 case di fraternità e 15 cooperative sociali diffuse in tutto il mondo dalla Tanzania al Brasile, dalla Russia alla Sierra Leone. L’albero è cresciuto e ha dato molti frutti, ma la radice è rimasta la stessa:
     
    "Il carisma consiste, in primo luogo, nel conformare la vita a Gesù nel suo essere povero, nel suo essere servo, nel suo essere vittima di espiazione dei peccati del mondo. Poi, secondo, nel condividere direttamente la vita degli ultimi, cioè: l’io e il tu diventano un 'noi' effettivo, il mio e il tuo diventano un 'nostro' effettivo".

     
    Instancabile il suo impegno per la vita nascente. Don Oreste ha sempre denunciato che di fronte all’aborto il più grande peccato è tacere. “Se tutti i cattolici si mettessero a urlare – è stato il suo richiamo costante – questa ingiustizia smetterebbe! Non sono colpevoli solo i medici e i politici, ma anche tutti quelli che rimangono indifferenti”:

     
    "Nell’aborto abbiamo due feriti: uno, mortalmente, ed è il bambino, l’altro perennemente, ed è la madre. Noi vogliamo salvare l’uno e l’altra. Spesso andiamo a pregare davanti agli ospedali: anche se ci prendono in giro abbiamo visto che la potenza della preghiera è realmente provvidenza di Dio".

     
    Don Oreste Benzi colpiva per la sua semplicità, il sorriso bonario, i modi affabili tipici della gente della sua terra, ma anche per la sua forza, il suo incredibile coraggio. Un coraggio che il sacerdote romagnolo ha mostrato nell’andare a “strappare” le ragazze dalla strada, liberandole dai propri aguzzini.

     
    "Bisogna scegliere di cancellare la prostituzione schiavizzata e poi di illuminare coloro che fossero eventualmente libere. La realtà attuale è che non esiste più prostituzione libera. Il parroco, i movimenti ecclesiali, sono loro le punte avanzate per una liberazione di queste creature".

     
    Tossicodipendenti, carcerati, zingari: gli esclusi dalla società non erano esclusi dallo sguardo paterno di don Oreste. Un sacerdote innamorato di Cristo e della sua Chiesa. Un uomo, che lungo tutto la sua vita, si è lasciato guidare da Gesù:

     
    "Non siamo noi che abbiamo fatto dei programmi, perché siamo certi che il programma ce l’ha il Signore. E Lui continuamente ci presenta i suoi progetti. E noi cerchiamo di dire sempre di 'sì' e di non perdere mai la coincidenza con Dio che viene".
     Una prima avvisaglia del malore, Don Oreste l'aveva avuta due giorni fa, a Roma, di ritorno dai lavori dell'Osservatorio sull'infanzia. La scorsa notte poi, verso l'una, l'attacco cardiaco nel suo alloggio, alla Parrocchia della Risurrezione, risultato fatale nonostante il tempestivo soccorso dei sanitari. Tra i primi ad accorrere al capezzale dell'anziano sacerdote ormai spirato è stato il neo-vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi. Questa la sua testimonianza, raccolta da Alessandro De Carolis:


    R. - Io l’ho saputo presto e sono andato subito, questa mattina alle 6, a benedire la salma: don Oreste era deceduto da poche ore. Trovarmi lì, di fronte a lui, che avevo visto appena qualche giorno fa e con il quale avevamo condiviso varie ipotesi di impegni comuni, chiaramente mi ha colpito nel cuore. Ho riletto, proprio davanti a lui, la pagina che lui ha scritto per questa giornata: don Oreste, tra le tante cose che riusciva a fare - magari tra un aeroporto e l’altro - scriveva anche un commento alle letture della liturgia della Parola di ogni giorno. E ho letto proprio davanti alla sua salma queste parole, che risultano profetiche. Venerdì 2 novembre, commento al Libro di Giobbe”, si legge testualmente così: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicina dirà: ‘E’ morto’. In realtà, è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste, perché appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio”. L’abbiamo letta con tutti i suoi figli spirituali, i membri dell’Associazione “Papa Giovanni XXIII” e tutti quanti abbiamo avvertito questo brivido di emozione molto forte.

     
    D. - Qual è l’eredità che lascia anzitutto nella sua diocesi, ma anche alla Chiesa italiana don Oreste Benzi?

     
    R. - Don Oreste è stato e si è sempre sentito figlio di questa diocesi, sempre prete diocesano, e aveva un rapporto con il vescovo nutrito di grande affetto, di grande, grande rispetto. Quando mi vedeva, in questi appena 45 giorni dall’inizio del mio ministero come vescovo diocesano, faceva spontaneamente il gesto che facevano i preti anziani di una volta quando vedevano il vescovo: addirittura, si inginocchiava. Ero io che lo dovevo rialzare e non era un gesto formale. A noi lascia, e penso a tutta la Chiesa in Italia, questo grande messaggio: credere significa amare, e amare i membri più poveri del Corpo di Cristo, le membra più umiliate, più offese, più calpestate nella loro dignità. Ecco, questo per lui significava amare i poveri, significava farsi povero non solo per i poveri, ma tra i poveri. Penso che questo sia il messaggio, il suo testamento spirituale più prezioso.

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    Nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti il Papa si reca nelle Grotte Vaticane per pregare accanto alle Tombe dei Papi

    ◊   Nel giorno in cui la Chiesa commemora i fedeli defunti, Benedetto XVI si reca, oggi alle 18.30, nelle Grotte Vaticane per un momento di preghiera in privato in suffragio dei Pontefici lì sepolti e per tutti i defunti. Ieri il Papa, all’Angelus in Piazza San Pietro, ha invitato a pregare per quanti hanno terminato la vita terrena, “offrendo anche le sofferenze e le fatiche quotidiane affinché, completamente purificati, essi siano ammessi a godere in eterno la luce e la pace del Signore”. Benedetto XVI più volte in questi due anni e mezzo di Pontificato ha esortato a guardare “all’enigma della morte con serenità e speranza”, lasciandosi illuminare dalla fede nella risurrezione. Ma ascoltiamo le sue parole in questo servizio di Sergio Centofanti.


    “Della morte del corpo non c’è da aver paura, ci ricorda la fede: sia che viviamo, sia che moriamo, siamo con il Signore”.

     
    Così il Papa all’Angelus del 5 novembre dell’anno scorso. Ma Benedetto XVI sottolinea anche le strane dimenticanze dell’uomo moderno che spesso vive come se Dio non esistesse:

     
    “L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però, per sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la trascenda; è insopprimibile nell’essere umano l’anelito alla giustizia, alla verità, alla felicità piena”. (Udienza generale del 2 novembre 2005)

     
    “L’enigma della morte” – spiega il Papa – s’intreccia dunque con “la questione di come vivere bene, come trovare la felicità” e nello stesso tempo con l’attesa “di un giudizio finale che ristabilisca la giustizia” che ha come metro l’amore di Cristo:
     
    “Felice l'uomo che dona; felice l'uomo che non utilizza la vita per se stesso, ma dona; felice l'uomo che è misericordioso, buono e giusto; felice l'uomo che vive nell'amore di Dio e del prossimo. Così viviamo bene e così non dobbiamo aver paura della morte, perché siamo nella felicità che viene da Dio e che dura sempre”.(Udienza generale del 2 novembre 2005)

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    Il cardinale Arinze: le nostre preghiere e i nostri sacrifici aiutano le anime del Purgatorio a salire in cielo

    ◊   Sul senso dell'odierna Commemorazione di tutti i fedeli defunti ascoltiamo il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, al microfono di Giovanni Peduto:


    R. – La Chiesa commemora i nostri fratelli e le nostre sorelle morti in stato di grazia, ma non proprio totalmente purificati, non ancora in cielo: arriveranno certo in cielo, ma per il momento soffrono in Purgatorio. Ma quanto devono soffrire in Purgatorio? Noi non lo possiamo sapere, Dio solo lo sa. La Chiesa ci insegna che le nostre preghiere, la Santa Messa specialmente, i nostri sacrifici, le nostre opere, le nostre elemosine possono aiutare queste anime che si trovano in Purgatorio affinché si avvicini il giorno per la loro salita in cielo. C'è poi l'indulgenza plenaria: quando si riesce a ottenerla per una di queste anime, esse vanno subito in cielo. Noi dobbiamo, quindi, pregare per loro: così possiamo aiutare le anime del Purgatorio.

     
    D. – Eminenza, si usa dire oggi, quando muore una persona, che è tornata alla Casa del Padre: ma questo vuol dire che quell’anima è già in Paradiso?

     
    R. – La gente presente ad un funerale non ha autorità di canonizzare nessuno. Possono sperare che sia arrivata alla Casa del Padre in cielo, ma può ugualmente essere possibile che quella persona in realtà si trovi in Purgatorio. Soltanto quando una persona è canonizzata o beatificata siamo certi che sia in cielo. Solo Dio sa se quella persona è già in cielo, noi non possiamo saperlo e quindi preghiamo per quella persona, perché potrebbe anche essere in Purgatorio. Se è, invece, già in cielo, Dio utilizzerà tutte quelle preghiere certamente per un’altra persona.

     
    D. – Noi possiamo e dobbiamo pregare per i defunti. Ma le anime dei defunti possono fare qualcosa per noi?

     
    R. – La nostra fede ci dice questo: le anime dei defunti possono pregare ed aiutarci. In che modo lo facciano, noi non lo sappiamo. Ma sappiamo invece che in Cristo Salvatore c’è una comunione tra coloro che sono arrivati in cielo, coloro che sono in Purgatorio e coloro che sono ancora sulla terra.

     
    D. – Eminenza, alcune persone disperate per la perdita di una persona cara, cercano di mettersi – diciamo così – in contatto con l’anima del defunto...

     
    R. – Nella fede devono pregare per i loro cari defunti. Una persona però può esagerare cercando il contatto con i morti e può avvicinarsi quasi alla superstizione. Questa è sempre una tentazione per l’anima umana, ma noi dobbiamo cercare di resistere a questa tentazione. Dobbiamo evitare tutte quelle prassi che non si basano sulla vera roccia della Rivelazione: preghiera, Messa, vita da buon cristiano. Tutto il resto è nelle mani di Dio, nelle mani della Provvidenza.

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    Mons. Migliore: difendiamo integralmente la vita dicendo no ad aborto, eutanasia e pena di morte

    ◊   E' in corso al Palazzo di Vetro di New York l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Partecipa ai lavori anche l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l'ONU. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:


    D. – Mons. Migliore, lei nei giorni scorsi ha molto sottolineato il fatto che per parlare di pace, perché si arrivi alla pace ci sono delle strade obbligate, cioè bisogna passare per il rispetto dei diritti umani. Fondamentale, quello della libertà religiosa calpestata in molti Stati ...

     
    R. – Sì. Effettivamente, la questione del dialogo interreligioso e interculturale è molto presente in questi tempi alle Nazioni Unite, ed è bene che sia così proprio perché è uno strumento e una modalità per arrivare a quella pace, a quella convivenza pacifica che tutti vogliamo. Però, ecco, dev’essere un dialogo che parte “da” e arriva “ad” un maggiore rispetto e promozione del diritto alla libertà religiosa.

     
    D. – Lei ha puntato l’indice contro le leggi sulla blasfemia: le ha definite causa di grandi sofferenze ...

     
    R. – Sì, certo, lo sono. Quello che chiediamo – e che riteniamo che sia consono ad un trattamento degno del rispetto dell’uomo – è quello intanto di arrivare a regolare queste questioni, ma poi, soprattutto, quello di trattare le persone che sono accusate di blasfemia rispettando i loro diritti. Perché spesso queste persone vengono sottoposte a dei processi sommari oppure neanche è concessa loro la possibilità di un regolare processo. Le pene, soprattutto quando si tratta poi della pena di morte, sono sproporzionate e quindi, ecco: ciò che si chiede è di rivedere questo sistema delle legislazioni e, nel frattempo, massimo rispetto per le persone che sono coinvolte in queste accuse.

     
    D. – Lei ha ribadito il richiamo a rispettare il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale; ha richiamato anche all’abolizione della pena di morte e si sta discutendo alle Nazioni Unite l’approvazione di una moratoria. Quindi, quanto è importante ancora una volta sottolineare che bisogna difendere la vita umana?

     
    R. – La questione della pena capitale si può capire, si può intendere nel contesto del diritto alla vita, e il diritto alla vita è un diritto che parte fin dal concepimento e va fino al termine della vita. Quindi, quando c’è il rispetto di tutte le fasi della vita, si può benissimo anche risolvere molto meglio la questione della pena capitale.

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    Oggi in Primo Piano



    E' morta Giovanna Reggiani, la donna aggredita martedì a Roma

    ◊   Profondo cordoglio è stato espresso dal mondo politico e militare e dalla stessa comunità romena per la morte di Giovanna Reggiani, aggredita martedì scorso a Tor di Quinto a Roma, da un romeno. La donna, 47 anni, è morta ieri sera presso l'Ospedale Sant'Andrea della capitale. Il premier Prodi, in un telegramma inviato al capitano di vascello Giovanni Gumiero, marito della donna, ha espresso la vicinanza e l’abbraccio dei cittadini italiani. E mentre nel carcere di Regina Coeli è iniziato l’interrogatorio del presunto omicida, Nicolae Romulus Mailat, le Forze dell'ordine stanno sgomberando, prima di abbatterle, le baracche del campo nomadi in cui la donna è stata aggredita. Intanto c’è chi invoca il “pugno duro” a fronte dei dati del Viminale che collocano i romeni, tra gli stranieri, in cima alle statistiche per reati di omicidio. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Paolo Ciani responsabile per i servizi con i Rom e i Sinti della Comunità di Sant’Egidio.


    R. - E’ un problema che esiste, però non va criminalizzata un’intera comunità. Io le faccio l’esempio di Roma. A Roma c’è la più grande comunità di immigrati romeni, circa 70 mila immigrati. Dall’inizio dell’anno, sono stati arrestati 5 mila romeni. E’ chiaro: è un numero molto alto, ma non si possono criminalizzare 70 mila persone per 5 mila delinquenti.

     
    D. – L’immigrazione in Italia ha molti volti. Quello mostrato in questi giorni è fatta di baracche e campi abusivi, di situazioni-limite: da una parte, povera gente che cerca un futuro, dall’altra sacche di delinquenza. Come si scioglie questo nodo?

     
    R. – Si scioglie sicuramente arrestando i delinquenti, quindi sicuramente non lasciando che esistano pezzi di città abbandonati a se stessi. Perché il problema è che molti di questi luoghi non incontrano in nessun modo le istituzioni, siano esse gli assistenti sociali o la polizia o i vigili urbani. E’ chiaro che una maggiore presenza delle istituzioni anche in luoghi della città che sembrano abbandonati, aiutano a distinguere i cattivi dai buoni. Non va criminalizzato il povero, non va criminalizzato chi vive in baracca. Va colpito e va colpito anche duramente chi all’interno di questa emarginazione commette dei crimini.

     
    D. – Integrazione vuol dire anche non lasciare che la gente viva in baracche come quelle che si stanno vedendo in questi giorni nei telegiornali …

     
    R. – Questo è sicuro! Guardi, all’inizio degli anni Settanta, Roma aveva 60 mila baraccati, e non erano certo cittadini immigrati: né extracomunitari, né comunitari, ma erano in larga parte cittadini italiani. E’ chiaro che negli anni Settanta c’era l’idea che chi viveva in baracca aveva il diritto, prima o poi, di accedere ad una casa. Ora sembra che vivere in baracca costituisca di per sé un crimine, e non parliamo certo di due numeri. Il problema è pensare delle soluzioni possibili – per esempio – per l’accesso alla casa, l’accesso a centri di accoglienza. Lasciare la gente in baracca pensando che tanto prima o poi andrà espulsa, “tanto prima o poi abbatteremo le baraccopoli”, non è una soluzione. E questo, in questi anni in Italia l’abbiamo visto!

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    Il cardinale Ruini presiede la Messa per i defunti al Cimitero del Verano

    ◊   La preghiera come cammino verso il bene di fronte alla ferocia della cronaca quotidiana: questa la riflessione principale dell’omelia che il cardinale vicario Camillo Ruini ha pronunciato ieri a Roma. Al Cimitero del Verano, infatti, il porporato ha celebrato una Santa Messa in suffragio di tutti i fedeli defunti della Diocesi di Roma. Il servizio di Isabella Piro.

    (musica)

     
    È stata la cronaca più recente a fare da filo conduttore all’omelia del cardinale Camillo Ruini, pronunciata ieri pomeriggio, durante la Messa in suffragio di tutti i fedeli defunti della diocesi di Roma. Immediato infatti il richiamo alla vicenda di Giovanna Reggiani, la donna morta dopo essere stata sequestrata e seviziata nel quartiere Tor di Quinto. Un episodio da cui il Cimitero romano del Verano si allontana, ha detto il porporato, in quanto “luogo di pace e di preghiera, lontano dal rumore di ogni giorno e dall’affaticarsi della vita quotidiana”.

     
    “Lontano, soprattutto, dal peso della cronaca oscura di ogni giorno, che sembra a volte un pantano di malvagità e di peccato. Siamo tutti ancora turbati: ci ha toccato quella ferocia insensata e ci spinge a rinnovare il nostro sentimento di vicinanza a tutti coloro che sono in pericolo o nella sofferenza”.

     
    Episodi come questi, ha continuato il cardinale Riuni, ci spingono a “rinnovare la nostra volontà di essere vigilanti nella maniera più efficace possibile”. Ma soprattutto “ci spingono a pregare perché solo il Signore può illuminare le nostre menti e volgere al bene i nostri cuori”. Per ottenere questo cambiamento, ha continuato il porporato, dobbiamo quindi seguire la strada indicataci dal Vangelo: una strada “ripida, in salita, controcorrente”, ma che tutti possiamo percorrere:

     
    “Questa strada è una strada difficile, ma percorribile. Anzi, tanti l’hanno già percorsa, e tanti continuano a percorrerla e noi, qui, preghiamo per essere tra questi che percorrono questa strada e che la percorrono fino alla sua meta definitiva”.

     
    “L’uomo cresce stando vicino a Dio e appassisce allontanandosi da lui – ha concluso il cardinale Ruini – questa sia la certezza della nostra vita e la bussola del nostro cammino”.

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    India. Mons. Gracias, arcivescovo di Mumbai: la legge sugli uteri in affitto, un passo indietro per la società

    ◊   La proposta di legge che in India dovrebbe regolare le gravidanze con uteri in affitto “rappresenta un passo indietro per la società indiana perché, se legiferi su di un argomento, lo rendi accettabile e in un certo senso legale: questo tipo di concepimento è invece inaccettabile da un punto di vista morale ed etico”. E’ la riflessione di mons. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, circa l’ipotesi di regolamentare le gravidanze “presso terzi” ventilata da alcuni parlamentari indiani. Secondo il presule, intervistato dall’agenzia AsiaNews, “è un messaggio sbagliato, che va contro gli interessi dei cittadini e della società. La vita umana è sacra - ha affermato - ed è un dono unico e profondo che Dio ha fatto all’uomo. Un bambino deve nascere in una famiglia e ogni surrogato offende la dignità ed i diritti del neonato”. Attualmente, l’India è uno dei maggiori recettori del “turismo medico”, in particolar modo delle gravidanze anormali. Questo si spiega con la qualità medica delle grandi città, che vanta standard molto alti a basso costo, ma soprattutto con la mancanza di una legislazione sugli uteri in affitto e sulla fecondazione in vitro. Denunciando queste anomalie, il ministro della Sanità, Renuka Chaudhary, ha appoggiato la richiesta di un gruppo di parlamentari che cerca di ottenere una legge in materia. Le madri “surrogato” - ha precisato mons. Gracias – “creano divisioni all’interno del nucleo più sacro della nostra società, la famiglia, e vanno contro la legge naturale. Inoltre – ha concluso – queste tecniche distruggono la personalità delle donne: sia di chi affitta l’utero, sia di chi alleverà il bambino. E’ triste dover considerare che questo avviene a causa dell’alto tasso di povertà, che costringe le donne a fare qualunque cosa per sopravvivere”. Attualmente, secondo le statistiche, il giro di affari sulle gravidanze “anormali” in India si aggira intorno ai 450 milioni di dollari e il numero di uteri in affitto è raddoppiato nel giro degli ultimi tre anni. Tuttavia, i numeri reali sono maggiori, dato il grandissimo numero di casi non ufficiali di fecondazioni assistite che avvengono nel Paese. (R.M.)

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    Chiese d’Africa e d’Europa unite contro le “nuove schiavitù”

    ◊   Cinque giorni di confronto per fare il punto sulle nuove schiavitù e il fenomeno della tratta degli esseri umani. Il comitato permanente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (SECAM) si è riunito a Il Cairo, in Egitto, per “mettersi in sintonia con il prossimo Seminario promosso dal SECAM in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) per ricordare i 200 anni dalla fine della schiavitù in Africa”. Tale Seminario è in programma dal 13 al 20 novembre a Cape Coast, in Ghana. Nella riunione ospitata nella capitale egiziana sono state poste le basi per un lavoro comune, tra vescovi africani ed europei, basato già sull’impegno di diverse conferenze episcopali dell’Africa nel cercare di contrastare il fenomeno della “tratta”: sono infatti migliaia le donne che finiscono nelle mani di trafficanti senza scrupoli con la promessa di un lavoro e di un futuro migliore e si trovano invece costrette alla prostituzione. Molto forte è il lavoro delle congregazioni religiose, soprattutto femminili, per avvisare e sensibilizzare le donne e che sta dando vita a un impegno “in rete” con le congregazioni europee. In Italia, ad esempio, l’Unione delle Superiore Maggiori (USMI), attraverso suor Eugenia Bonetti, Missionaria della Consolata, sta svolgendo un’impegnativa opera di sensibilizzazione e coordinamento. In particolare, 250 religiose di 70 congregazioni lavorano in 110 progetti per recuperare e allontanare dalla strada le donne, in collaborazione con vescovi e suore dei Paesi di provenienza. “La tratta di esseri umani – ha sottolineato suor Bonetti – produce un’entrata annuale di 8-12 miliardi di dollari e segue soltanto al commercio di armi e a quello della droga”. (F.M.)

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    Il saluto di Benedetto XVI alla Conferenza Animatori del Rinnovamento nello Spirito Santo, in corso a Rimini

    ◊   Il vostro “incontro susciti sempre più viva adesione a Cristo per servirlo generosamente nei fratelli”. Così Benedetto XVI ha rivolto un “beneaugurante saluto” ai quattro mila responsabili del Rinnovamento nello Spirito, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Il messaggio è stato letto all’apertura della 31.ma Conferenza Animatori di questo Movimento ecclesiale, in corso a Rimini fino a domenica. Un invito ad “essere servitori e quindi a dare l’esempio” è giunto dal presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, mons. Stanislaw Rylko. “L’entusiasmo, l’impegno e la fede gioiosa che caratterizzano gli aderenti al vostro movimento – ha scritto in una lettera – siano una risorsa preziosa per la Chiesa e una efficace testimonianza per il mondo”. Anche il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (CEI), mons. Giuseppe Betori, ha inviato un messaggio ai partecipanti all’incontro riminese, sottolineando che “un movimento ecclesiale che intende dedicarsi all’evangelizzazione non può che ripartire dalla Parola di Dio”. Stamattina, la Conferenza si è aperta con un gioioso momento di preghiera di lode e con una ‘lectio divina’ animata dal padre carmelitano Silvio Josè Baez. Un commosso ricordo è stato anche rivolto a don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, scomparso la notte scorsa qui a Rimini. Oggi in programma alcuni ‘simposi tematici’ sul cammino del Rinnovamento, mentre la concelebrazione eucaristica sarà presieduta da don Guido Pietrogrande, consigliere spirituale nazionale del Movimento. Stasera, infine, è prevista una tavola rotonda sul tema “La Chiesa è nuovamente la Chiesa dei martiri?”, cui parteciperanno il giornalista Giuliano Ferrara, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, e il presidente del Rinnovamento, Salvatore Martinez. (Da Rimini per la Radio Vaticana, Luciano Castro)

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    Oltre due mila partecipanti al 28.mo Convegno Giovani verso Assisi

    ◊   "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”: su questo tema, è in corso fino al 4 novembre, presso la Basilica di San Francesco ad Assisi, la 28.ma edizione del Convegno Giovani verso Assisi, promosso dal Centro nazionale unitario di pastorale giovanile e vocazionale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali. Vi partecipano oltre due mila giovani provenienti da tutta Italia, che – si legge in un comunicato, ripreso dall’agenzia Zenit - saranno “coinvolti in un percorso di preghiera, relazioni e incontri”. L’appuntamento “costituisce un’ulteriore tappa del cammino di una pastorale giovanile rivolta in modo specifico ad una fascia d’età (quella dei ragazzi dai 17 ai 30 anni) ampia e variegata, alla quale si vuole dedicare una proposta formativa segnata dal dialogo, l’impegno e la testimonianza”. Il tema scelto per quest’anno, inserito nel percorso di meditazione delle Beatitudini, richiama immediatamente la vocazione storica di Assisi a “luogo privilegiato per il confronto e il dialogo sulla pace”. La città umbra diventa quindi “ideale per una riflessione autentica e profonda sulla pace e la creazione quali doni di Dio”, e ospita nei principali luoghi francescani i giovani partecipanti, “guidandoli attraverso un percorso battesimale di meditazione e approfondimento della vocazione a figli di Dio”. Fra gli interventi, quello di mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e della prof.ssa Maddalena Santoro, sorella di don Andrea Santoro, il missionario italiano ucciso a Trebisonda, in Turchia. (R.M.)

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    A Imperia, l'Assemblea Generale della CISM sul pluralismo religioso e culturale in Italia

    ◊   “Il pluralismo religioso e culturale della società in Italia: interrogativi ai consacrati”: questo, il tema della 47.ma Assemblea generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM), in programma dal 5 al 9 novembre a Castellaro, in Provincia di Imperia. “Il pluralismo – si legge nel comunicato di presentazione - cioè la presenza di vari popoli e di varie culture in una nazione, interessa anche i religiosi, nei cui conventi non vivono più, oggi, solo italiani o francesi o tedeschi, ma italiani e indiani, francesi e africani, tedeschi e latino-americani, i quali, pur condividendo la stessa fede, vivono il credo comune con espressioni e tradizioni diverse”. “Ovunque, infatti, - continua il comunicato - si incontrano gli ‘altri’, i ‘diversi’ che affollano le città, si affacciano nelle chiese e nei conventi, ‘rubando’ inevitabilmente situazioni e valori del nostro passato, del quale i religiosi sono fedeli custodi e oggi, forse, gelosi conservatori”. Di qui, gli interrogativi che determinano sentimenti opposti di coinvolgimento o di rigetto difensivo: sono questi i poveri che il Vangelo considera ‘eredi del regno di Dio’ e che tutti dovrebbero trattare come il samaritano trattò il pellegrino derubato e ferito dai ladri sulla via ‘che da Gerusalemme scende a Gerico’?; che cosa vogliono e che cosa possiamo dare loro? L’8 novembre, i partecipanti all’Assemblea si recheranno in visita a Genova per incontrare l’arcivescovo Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI). (R.M.)

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    Austria. L’Azione cattolica contro la disoccupazione giovanile

    ◊   Un pacchetto di richieste in materia di disoccupazione giovanile è stato consegnato martedì dall’Azione cattolica austriaca (KJÖ) a rappresentanti del mondo politico, nel corso di un incontro presso il Consiglio nazionale austriaco (uno dei due rami del Parlamento), cui hanno partecipato, tra gli altri, la segretaria di Stato del ministero per l’Economia, Christine Marek, il presidente dell’Unione dei sindacati austriaci (ÖGB), Rudolf Hundstorfer, e il presidente della Camera del lavoro, Herbert Tumpel. “L’obiettivo - ha dichiarato la KJÖ, ripresa dall’agenzia Sir - è rendere visibile la disoccupazione giovanile anche in considerazione del fatto che attualmente circa 60 mila giovani in Austria non hanno un posto d’apprendistato”. Tra le richieste, “l’introduzione di una materia scolastica di orientamento professionale, l’integrazione di praticantati nei programmi scolastici e l’istituzione di un fondo per sostenere le imprese che accolgono apprendisti”. “I problemi principali individuati – ha aggiunto l'Azione cattolica - riguardano infatti soprattutto l’orientamento alla professione, il numero esiguo di aziende che mettono a disposizione posti per l’apprendistato e i praticantati svolti a titolo gratuito”. L’ausiliare di Graz-Seckau, mons. Franz Lackner, responsabile per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale, ha dichiarato all’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress di voler sollevare la questione anche nella Conferenza episcopale. (R.M.)

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    Il JRS sulla vicenda dell’Arche de Zoe: separare i bambini dalle famiglie sia sempre l’ultima scelta

    ◊   “Quando si ha a che fare con i bambini, qualsiasi scelta deve essere fatta nel loro interesse. E in generale, il posto migliore per dei bambini è vicino alla famiglia, agli amici, per poter crescere sulla terra e nella cultura di origine”: è quanto ha dichiarato all’agenzia Misna James Stapleton, portavoce del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), che opera in oltre 40 Paesi a fianco di popolazioni sfollate o rifugiate. Era stato interpellato sulla vicenda di l’Arche de Zoe, l’ONG francese intercettata nell’est del Ciad mentre cercava di portare in Europa 103 bambini, inizialmente presentati come orfani del conflitto nel Darfur, in un’operazione dai contorni ancora oscuri e della quale hanno preso le distanze in molti. Il portavoce del JRS ha sottolineato che, in generale, “lasciare il proprio Paese e le proprie radici deve sempre essere l’ultima scelta” sia per adulti che per bambini. “Non è sempre detto – ha aggiunto – che arrivando nei Paesi di ‘accoglienza’, ad esempio in Europa, si trovi una situazione migliore. E’ ancora più delicato quando si tratta di minori in tenera età, per i quali l’esperienza può essere traumatica”. Senza contare che in assenza delle dovute garanzie legali necessarie all’arrivo e alla permanenza di migranti, anche rifugiati, in un Paese terzo, il viaggio può concludersi con un deludente e difficile rimpatrio. (R.M.)

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    “Mater Unitatis”: in Romania, il primo monastero cattolico in terra ortodossa

    ◊   A scandire le ore di preghiera nel monastero femminile “Mater Unitatis” di Piatra Neamt, in Romania, è una piccola campana dono di Giovanni Paolo II. Al Pontefice – riferisce l’agenzia Zenit - l’aveva consegnata nel 2000 il presidente dell’Ungheria ed è una riproduzione di quella stessa campana che il 7 ottobre del 1571, a seguito della vittoria riportata a Lepanto dalla flotta cristiana sui turchi, Pio V ordinò che venisse suonata per ringraziare la Vergine Santissima. E proprio il 7 ottobre scorso il suono della campana ha invaso gli spazi del neonato monastero “Mater Unitatis”, l’unico benedettino e il primo cattolico in terra ortodossa, nel giorno della sua dedicazione. Un progetto iniziato il 13 ottobre del 1994, quando il vescovo di Iasi, mons. Petru Gherghel, in visita all’Archicenobio “Sant’Andrea Apostolo” di Arpino, in provincia di Frosinone, manifestò all’abadessa, madre Maria Cristina Pirro, il desiderio che si potesse costruire, anche in Romania, un monastero bello come quello. “Benché poverissime - racconta a Zenit madre Pirro - sono state proprio queste monache italiane ad aver permesso che il sogno si realizzasse, grazie anche al reggente della Prefettura della Casa Pontificia, mons. Paolo De Nicolò e ai tanti benefattori, soprattutto italiani, che hanno creduto nel progetto delle suore di clausura. Quando, il 25 marzo 1998, le suore portarono in Vaticano la prima pietra del futuro edificio, affinché Giovanni Paolo II la benedicesse, questa ruzzolò a terra, frantumandosi. “I monsignori – racconta madre Pirro - raccolti i molti pezzi, con urgenza li affidarono ai restauratori della Fabbrica di San Pietro e questi, bravissimi, in lotta col tempo restituirono alla pietra la sua primitiva bellezza, tanto che nessuno capì cosa fosse successo”. In quell’occasione, riferendosi all’impegnativo progetto, Giovanni Paolo II parlò di “una provvida iniziativa”, augurandosi che il monastero potesse diventare “centro propulsore di animazione spirituale secondo lo spirito di San Benedetto”. Oggi, tutti sanno che il monastero è benedettino e si chiama “Mater Unitatis”. Dopo la prima professione solenne nel 2003 di una religiosa del posto, il comune ha fatto collocare, in direzione del monastero, una freccia con la scritta in romeno “Maica Unitatii”. Sopra, un’altra freccia indica il vicino monastero ortodosso di Bisericani. “In questo abbinamento – conclude madre Pirro – vediamo prefigurata l’unione che un giorno si realizzerà fra la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa”. (R.M.)

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    Cambogia: parrocchia cattolica offre cibo a famiglie buddiste per la festa dei morti

    ◊   Una parrocchia cattolica ha offerto cibo e generi di prima necessità a 100 famiglie povere della zona, nel corso della festa "Pchum Ben", durante la quale i cambogiani onorano i propri antenati. Nei giorni scorsi, scrive l'Osservatore Romano, il gruppo giovanile della chiesa di san Giuseppe a Phnom Penh ha offerto colazione e pacchetti dono ai poveri presso la chiesa. I buddisti che costituiscono più del 90% dei cambogiani, hanno celebrato la festa "Pchum Ben", durante la quale offrono cibo agli antenati. Padre Paul Roeung Chatchai, missionario thailandese, ha riferito che ogni famiglia ha ricevuto riso, pasta, salsa di soia, zucchero e alcuni capi di vestiario. Il sacerdote della Società Missionaria Thailandese, ha affermato che la Chiesa cattolica si unisce ai cambogiani che celebrano la festa "Pchum Ben" "condividendo cibo e doni, raccolti dai cattolici localmente ed anche all'estero. I doni alle famiglie - ha concluso padre Paul - trasmettono loro anche un pò di inoraggiamento. (R.P.)

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    Il Premio Templeton per il giornalismo religioso a Tom Heneghan della Reuters

    ◊   E’ Tom Heneghan, responsabile della rubrica religiosa dell'agenzia Reuters, il vincitore del Premio John Templeton, riservato al migliore giornalista europeo di informazione religiosa per l'anno 2006. Il riconoscimento di 5 mila franchi, attribuito dalla Conferenza delle Chiese Europee (KEK) a nome della Fondazione statunitense John Templeton, sarà conferito al vincitore il prossimo 27 novembre presso la Casa del protestantesimo a Parigi. Istituito nel 1994, il premio si rivolge ai giornalisti che, su testate non confessionali, scrivono di religione "con precisione, con imparzialità e con spirito d'apertura". Nato a New York nel 1951, Tom Heneghan ha la doppia nazionalità americana e irlandese. Dal 1977 lavora alla Reuters, per la quale è stato inviato in diverse capitali del mondo. I tre articoli che ha proposto per il Premio Templeton riguardano l'Islam. (A.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Emergenza umanitaria in Somalia. Scontri e violenze a Mogadiscio, almeno 90 mila le persone in fuga

    ◊   In Somalia, la popolazione civile è in balia degli scontri tra le fazioni locali, inaspritisi dopo le recenti dimissioni del primo ministro, Alì Mohamed Ghedi. Decine le vittime negli ultimi tre giorni di combattimenti, che stanno sconvolgendo la capitale Mogadiscio. Molte organizzazioni umanitarie riferiscono di difficoltà nei soccorsi per quella che è ormai definita una vera e propria “catastrofe umanitaria”. Con il consenso del governo di transizione, riferisce l’agenzia MISNA, il Programma Alimentare Mondiale (PAM) riprende la distribuzione di cibo agli sfollati: era stata sospesa lo scorso 17 ottobre, dopo l’arresto del responsabile ONU in Somalia. Nel fine settimana, informa l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (ACNUR), sono circa 90 mila le persone in fuga dalle violenze che si sommano alle altre decine di migliaia di profughi. Sulla gravissima situazione somala Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati:


    R. - Il dramma della guerra è assolutamente legato a quello degli sfollati e dei rifugiati. Un’altra conseguenza terribile sulla popolazione somala è il fatto che molti tentano la fortuna affidandosi ai trafficanti di uomini per attraversare il Golfo di Aden e arrivare nello Yemen. Una direttrice, questa, che semina centinaia di vittime perché i trafficanti sono armati e spesso, a scopo intimidatorio, rivolgono le armi contro i somali che tentano di mettersi in salvo.

     
    D. - Un’emergenza che rischia di allargarsi a macchia d’olio anche ad altri Paesi?

     
    R. - Le conseguenze le vediamo anche andando a Lampedusa: nelle ultime settimane sono arrivati somali in fuga dal loro Paese, dopo due mesi di viaggio, e ci hanno raccontato di una situazione completamente fuori controllo. Non c’è da meravigliarsi se anche da noi qualcuno arrivi in cerca di protezione. Non si possono lasciare queste situazioni per troppo tempo in balia degli eventi, senza una gestione e senza che la comunità internazionale se ne faccia carica. E’ necessario risolverle.

    D. - Che cosa può fare la comunità internazionale, che sembra purtroppo avere le mani legate in una situazione così difficile?

     
    R. - La situazione in Somalia è sicuramente molto difficile, anche perché è sfuggita di mano da decenni. Bisognerebbe, però, riuscire ad investire il più possibile sul rilancio di un negoziato serio di pace, in cui tutte le parti in causa vengano sollecitate a sedersi ad un tavolo per trovare una soluzione.

    - Turchia-Iraq. Si apre oggi a Istanbul la Conferenza sull’Iraq a cui prenderanno parte i ministri dei 5 Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’ONU, più quelli del G8. Sul tavolo, anche la tensione tra Baghad e Ankara. In Turchia è arrivata il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che cercherà di convincere Erdogan a non intervenire militarmente contro i ribelli curdi nel nord dell’Iraq. Nel Paese del Golfo, intanto, un soldato polacco è rimasto ucciso e altri tre sono rimasti feriti nell’esplosione di una mina artigianale.

    - Medio Oriente. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (ANP), Abu Mazen, ha oggi incontrato a Ramallah alcuni dirigenti di Hamas in Cisgiordania. Si tratta della prima riunione dopo la violenta presa del potere del movimento islamico nella Striscia di Gaza, alcuni mesi fa. In una dichiarazione, il presidente dell’ANP ha comunque ribadito che non è possibile alcun dialogo politico con Hamas “finchè - ha aggiunto - non sarà annullato il colpo di mano nel giugno scorso”.

    - ONU-Pena di morte. Cinque milioni di firme contro la pena di morte saranno presentate oggi al presidente dell’Assemblea generale dell’ONU, Srgian Kerim, da una delegazione composta dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla World Coalition Against the Death Penalty. L’incontro sarà seguito da una conferenza stampa alla quale interverrà in video il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Consiglio pontificio Giustizia e Pace. Solo ieri pomeriggio, presso la terza commissione dell’assemblea generale, Brasile e Nuova Zelanda a nome di 72 Paesi hanno deposto la bozza di risoluzione sulla moratoria. Da New York, ci riferisce Elena Molinari:


    La battaglia per fermare la mano del boia in tutto il mondo ha fatto ieri un passo decisivo. Una moratoria sulla pena di morte ha ora una possibilità, dopo che all’ONU 72 Paesi hanno depositato un testo storico: una Risoluzione che chiede a tutti gli stati che mantengono la pena capitale di stabilire una moratoria sulle esecuzioni in vista della loro abolizione. L’Assemblea generale chiede, inoltre, al segretario Ban Ki-moon di far rapporto sull’attuazione del testo all’apertura dell’Assemblea del settembre 2008. A questo punto comincia, però, la vera battaglia: come ha ricordato ieri l’ambasciatore italiano all’ONU, Spatafora, “la risoluzione depositata, al termine una lunga maratona negoziale, non è infatti vincolante, ma come tutti i testi varati dall’Assemblea generale ha un forte peso morale”. Il testo, inoltre, dovrà affrontare l’ostracismo di Paesi come l’Egitto, Singapore, di alcuni Paesi caraibici e degli Stati Uniti, determinati ad affondarla con emendamenti killer o mozioni di non luogo a procedere. Ma se tutto andrà come previsto, il testo verrà discusso e votato in Assemblea a metà dicembre. (Da New York, Elena Molinari, per la Radio Vaticana)

    - Birmania. Alla vigilia dell’arrivo nel Paese asiatico dell’inviato dell’ONU, Ibrahim Gambari, la Giunta militare ha liberato 46 dissidenti appartenenti alla Lega nazionale per la democrazia, il partito del Premio Nobel, Aung San Suu Kyi. Erano stati arrestati durante le manifestazioni di protesta di settembre. Stando ad alcune fonti, il regime sarebbe in procinto di espellere il rappresentante delle Nazioni Unite nel Paese, CharlesPetrie, che qualche settimana fa aveva denunciato l’aggravarsi della povertà nella zona. Per il secondo giorno consecutivo, resta difficile il collegamento ad internet ma è possibile la navigazione solo sui siti locali.

    - Sri Lanka. Duro colpo inferto alle Tigri Tamil. Le forze governative hanno ucciso in un raid aereo un loro leader: si tratta di un dirigente dell’ala politica dell’organizzazione. Nell’azione sono rimaste sul terreno anche altre cinque persone.

    - Pakistan. Almeno cinque i morti causati da un'esplosione che ha distrutto un covo di combattenti affiliati ai talebani alla periferia di Miranshah, nel distretto pakistano del Nord Waziristan. Numerosi i feriti e tre le abitazioni distrutte. Stando a quanto riferiscono testimoni e autorità locali, a colpire le costruzioni nei pressi di una scuola religiosa gestita da mujaheddin, sarebbe stato un missile lanciato da un aereo senza pilota.

    - Caraibi-Noël. Da tempesta tropicale, Noël evolve al grado di uragano. Nel suo passaggio a Santo Domingo e Haiti, ha provocato 114 vittime, lasciando migliaia di uomini senzatetto e distruggendo coltivazioni e infrastrutture. Arrivando alle Bahamas, i suoi venti hanno raggiunto la velocità di 120 chilometri orari ed ora il centro del vortice si trova a un migliaio di chilometri a sud-ovest delle Bermuda. I meterologi prevedono che nelle prossime 24 ore la corsa dell’uragano troverà un’accelerazione. Solo più tardi il ciclone si indebolirà ed è possibile che, entro sabato, perda le caratteristiche di uragano. Mentre cominciano ad arrivare gli aiuti internazionali ad Haiti e nella Repubblica Dominicana, l’ONU ha annunciato l’invio di specialisti che analizzeranno l’entità dei danni e pianificheranno altri interventi. Il Centro nazionale uragani della Florida prevede che il 14.mo uragano della stagione possa proseguire la sua corsa lungo la costa atlantica degli Stati Uniti raggiungendo il Canada.

    - Messico uragano. Sono circa un milione le persone colpite dalle piogge torrenziali che da una settimana stanno flagellano lo stato di Tabasco, nel sud del Messico. Al momento, si registra una sola vittima mentre 300 mila persone sarebbero intrappolate nelle loro abitazioni, e a decine, stando a quanto riportano le tv locali, sarebbero i dispersi. Per l’agenzia missionaria MISNA, nello stato sono 850 le località colpite: l’80 per cento del territorio è coperto dalle acque e l’intera produzione agricola è andata distrutta. Mancano cibo, acqua potabile, gas, medicinali e servizi ospedalieri. Villahermosa, capitale del Tabasco, è quasi completamente inondata, si teme il rischio di epidemie e la paura dei saccheggi spinge molti a restare in casa. Migliaia di militari sono mobilitati per le operazioni di salvataggio. "La situazione è straordinariamente grave", ha confermato il presidente messicano Felipe Calderon, che nella notte si è rivolto alla popolazione chiedendo aiuti. Immediato il confronto con l’uragano Katrina che nell’estate del 2005 sconvolse la città di New Orleans.

    - Georgia. Nuove manifestazioni di piazza nella ex Repubblica sovietica dopo la “rivoluzione delle rose” nel 2004 che portò al potere il presidente Mikhail Saakashvili. Proprio oggi, contro il capo dello stato, scende in strada l’opposizione che chiede elezioni anticipate in primavera e non in autunno come previsto ma anche una nuova legge elettorale. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Claudia di Lorenzi)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 306

     
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