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01/11/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • La santità non è privilegio di pochi cristiani, ma è un compito per tutti gli uomini. Così il Papa all'Angelus per la Solennità di Tutti i Santi
  • Il cardinale Saraiva Martins: i Santi non sono eroi, ma persone come noi che hanno preso sul serio il Vangelo
  • Rilanciare il ruolo dello sport nella vita di ogni persona e nella società, in vista delle prossime Olimpiadi di Pechino: intervento all’ONU dell’arcivescovo Celestino Migliore
  • Oggi in Primo Piano

  • Chiude la televisione cristiana della Natività a Betlemme. La denuncia del direttore Samir Qumsieh: fra 50 anni non ci saranno più cristiani in Terra Santa
  • La figura di Benedetto XVI vista dai mass media, al centro di un incontro di studio a Roma
  • Domani all'ONU 5 milioni di firme per fermare le esecuzioni
  • Dall’impegno in parrocchia alla fondazione di una casa-famiglia per bambini vittime di violenze: la storia dell’associazione “Chiara e Francesco”
  • Presentato nella sede della Radio Vaticana il Dizionario Biblico della Vocazione
  • Chiesa e Società

  • “La Chiesa madre dei Santi”. Questo il tema dell’odierna Giornata della Santificazione Universale

  • Nell’arcidiocesi di Bukavu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, proseguono gli stupri e le violenze sistematiche contro le donne

  • I vescovi polacchi denunciano l'inammissibile creazione di embrioni ibridi

  • Il Movimento per la vita in Gran Bretagna allarmato per la nuova proposta di legge in materia di aborto e sperimentazione sugli embrioni

  • Venezuela. Il Consiglio nazionale dei laici contro la riforma costituzionale: "contraddice diritti umani ineludibili”

  • L’Ong "Franciscans International” chiede maggiore attenzione per il rispetto dei diritti umani nella Papua indonesiana e per la lotta alla povertà a livello globale

  • Appello dei vescovi delle Filippine contro la corruzione

  • A Rimini prende il via la XXXI Conferenza nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo
  • 24 Ore nel Mondo

  • I curdi del PKK chiedono ad Ankara un piano di pace
  • Il Papa e la Santa Sede



    La santità non è privilegio di pochi cristiani, ma è un compito per tutti gli uomini. Così il Papa all'Angelus per la Solennità di Tutti i Santi

    ◊   La santità non è un privilegio per i soli cristiani, e magari pochi eroici cristiani, ma è un compito di tutti gli esseri umani. E’ quanto ha affermato oggi il Papa durante l’Angelus per la Solennità di Tutti i Santi davanti a migliaia di pellegrini, giunti da tutto il mondo in Piazza San Pietro, nonostante la giornata piovosa. Il servizio di Sergio Centofanti:  

     Il Papa ricorda che “agli inizi del Cristianesimo, i membri della Chiesa venivano chiamati anche ‘i santi’” e sottolinea che il cristiano, in realtà, “è già santo, perché il Battesimo lo unisce a Gesù e al suo mistero pasquale, ma deve al tempo stesso diventarlo, conformandosi a Lui sempre più intimamente”:

     
    “A volte si pensa che la santità sia una condizione di privilegio riservata a pochi eletti. In realtà, diventare santo è il compito di ogni cristiano, anzi, potremmo dire, di ogni uomo! Scrive l’Apostolo che Dio da sempre ci ha benedetti e ci ha scelti in Cristo 'per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità' (Ef 1,3-4). Tutti gli esseri umani sono pertanto chiamati alla santità che, in ultima analisi, consiste nel vivere da figli di Dio, in quella ‘somiglianza’ con Lui secondo la quale sono stati creati”.

     
    “Tutti gli esseri umani – ha proseguito il Papa - sono figli di Dio, e tutti devono diventare ciò che sono, attraverso il cammino esigente della libertà”. Dio, perciò, invita tutti “a far parte del suo popolo santo. La ‘Via’ è Cristo, il Figlio, il Santo di Dio: nessuno giunge al Padre se non per mezzo di Lui”.

     
    Benedetto XVI ha quindi ricordato che “sapientemente la Chiesa ha posto in stretta successione la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti”:

     
    “Ad essi domani dedicheremo in modo speciale la nostra preghiera e per essi celebreremo il Sacrifico eucaristico. In verità, ogni giorno la Chiesa ci invita a pregare per loro, offrendo anche le sofferenze e le fatiche quotidiane affinché, completamente purificati, essi siano ammessi a godere in eterno la luce e la pace del Signore”.

     
    Il Papa ha invitato a lasciarsi guidare da Maria che risplende “al centro dell’assemblea dei Santi”:

     
    “Ponendo la nostra mano nella sua, ci sentiamo animati a camminare con più slancio sulla via della santità. A Lei affidiamo il nostro impegno quotidiano e La preghiamo oggi anche per i nostri cari defunti, nell’intima speranza di ritrovarci un giorno tutti insieme, nella comunione gloriosa dei Santi”.

     
    Infine, dopo i saluti nelle varie lingue, il Papa si è rivolto ai pellegrini italiani:

     
    “Pensando alla schiera innumerevole di Santi e Sante che sono nati ed hanno vissuto in questa terra, incoraggio il popolo italiano a seguire sempre i loro esempi conservando i valori evangelici, per tenere alto il profilo morale della convivenza civile. Buona festa a tutti!”.

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    Il cardinale Saraiva Martins: i Santi non sono eroi, ma persone come noi che hanno preso sul serio il Vangelo

    ◊   Tutti gli uomini, dunque, - ha detto il Papa all'Angelus - sono chiamati a diventare santi. Ascoltiamo in proposito la riflessione del cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, al microfono di Francesca Di Ruzza:

     
    R. - I Santi non sono degli eroi, non sono degli esseri straordinari, ma sono persone comuni come tutti noi, soltanto che loro sono diventati santi perchè hanno preso sul serio il Vangelo, lo hanno vissuto in profondità, lo hanno testimoniato e così facendo sono diventati veramente santi. Quello che voglio sottolineare è che i Santi non sono degli esseri fuori dal comune, ma sono delle persone normali, che hanno avuto anche loro dei difetti o delle difficoltà, ma sono riusciti a superare tutto alla luce del Vangelo, vivendolo con radicalità assoluta, in tutte le sue conseguenze. E' chiaro che quando noi parliamo di santità non intendiamo la santità come un qualcosa di contrapposto all'umanità, come un qualcosa di generico o astratto, assolutamente no. La santità, secondo il senso autentico e biblico della Chiesa, non è altro che la pienezza dell'umanità.

     
    D. - Come possiamo seguire l'esempio dei Santi?

     
    R. - Possiamo seguire la vita dei Santi anzitutto conoscendo le loro vite, ma conoscendo anche quelle che sono state le loro difficoltà e come sono riusciti a superare queste difficoltà proprio ispirandosi al Vangelo. Dobbiamo, quindi, imitare i Santi e perciò la Chiesa celebra ogni anno la festa di tutti i Santi. Questo è estremamente importante, perché i Santi non sono degli esseri lontani da noi, ma sono vicini a noi, sono nostri compagni di viaggio, mentre noi siamo pellegrini sulla terra e ci guidano e ci illuminano. Noi, quindi, dobbiamo evocare i Santi nei nostri bisogni. Questo è fondamentale, secondo il pensiero della Chiesa. I Santi sono sempre vicini a noi e questo non dobbiamo dimenticarlo mai! Questo certamente rappresenta un motivo di grande consolazione per noi pellegrini sulla terra, perché abbiamo, lassù in cielo, tanti fratelli che hanno professato la nostra stessa fede e che non ci dimenticano, ci hanno presenti presso il Signore e pregano ed intercedono per noi e per i nostri bisogni. Questo è il valore della devozione ai Santi.

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    Rilanciare il ruolo dello sport nella vita di ogni persona e nella società, in vista delle prossime Olimpiadi di Pechino: intervento all’ONU dell’arcivescovo Celestino Migliore

    ◊   Rilanciare lo sport per promuovere lo sviluppo e incoraggiare la pace tra i popoli. Intervento ieri dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in corso nel Palazzo di Vetro a New York. Una riflessione sull’importanza dello sport nella vita di ogni individuo e nella società, in vista delle prossime Olimpiadi del 2008, a Pechino. Il servizio di Roberta Gisotti:

     “Lo sport – ha osservato l’arcivescovo Migliore - è divenuto un fenomeno capace di coinvolgere folle immense su grande scala, di rompere barriere geografiche, razziali, sociali, economiche, politiche e culturali”. Allo stesso tempo – ha aggiunto il presule – “la società odierna ha visto un crescente numero di casi di abuso e devianza nella pratica dello sport che conducono ad una cultura sportiva priva di valori umani”. Nonostante ciò “il mondo dello sport continua ad avere un autentico ruolo di riferimento e generosi protagonisti che fanno ogni sforzo per recuperare l’ideale dello sport”, “scuola di umanità, cameratismo, solidarietà ed eccellenza”.

     
    Del resto, ha proseguito nel suo intervento mons. Migliore, “lo sport praticato in modo salutare e armonioso è un modo per mettere insieme popoli di diverse culture e tradizioni in modo rispettoso e pacifico”, promuovendo dialogo ed incontro. Lo sport possiede infatti “un grande potenziale” per costruire la pace e prevenire i conflitti. A tale proposito il rappresentante della Santa Sede ha lodato il lavoro dell’Ufficio ONU dello Sport per lo Sviluppo e la Pace nei luoghi teatro di conflitti, come la Repubblica Democratica del Congo e la Liberia, laddove “alimentando il dialogo tra culture e incoraggiando la pace”, lo sport favorisce lo sviluppo “personale e sociale”.

     
    “Attraverso lo sport – ha sottolineato ancora il presule – la persona sviluppa la propria creatività e talento, supera sfide personali, acquista senso di appartenenza e di solidarietà, impara la disciplina e il senso del sacrificio. Questi valori – ha sottolineato l’arcivescovo Migliore – tornano a beneficio dell’intera comunità e “ci aiutano a capire il valore del bene comune sopra la gloria individuale.” Da qui l’incoraggiamento della Santa Sede ai protagonisti sportivi “ad essere modelli per la gioventù” per incoraggiare “i valori positivi degli sport”.

     
    Anche la Santa Sede – ha ricordato il presule – ha creato un Ufficio per la Chiesa e gli Sport “che lavora con le scuole, i gruppi giovanili, le associazioni sportive amatoriali e atleti professionisti per promuovere un approccio sano allo sport e aiutare i giovani a capire l’impatto positivo che i valori sportivi possono avere sia per la comunità locale che globale”.

     
    Che le prossime Olimpiadi di Pechino nel 2008 – ha concluso l’arcivescovo – contribuiscano dunque “alla comune lotta per rendere il mondo un luogo migliore per ognuno e per tutti”, affermando i “valori della pace, dello sviluppo e del pieno rispetto dei fondamentali diritti umani”.

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    Oggi in Primo Piano



    Chiude la televisione cristiana della Natività a Betlemme. La denuncia del direttore Samir Qumsieh: fra 50 anni non ci saranno più cristiani in Terra Santa

    ◊   La televisione Al Mahed , ovvero la Nativity TV, nota anche come "la televisione di Betlemme," ha chiuso stamattina i suoi programmi. La stazione televisiva - che sorge a pochi chilometri dalla Basilica della Natività - é nata nel 1996, e per 11 anni ha trasmesso programmi di vario argomento, e per ogni genere di telespettatori, sia cristiani che musulmani. Il servizio di Sara Fornari:
     
    Al Mahed conta circa un milione di telespettatori e vanta attestazioni di stima da parte di diverse istituzioni religiose: é stata infatti l'unica televisione locale privata, nei Territori Palestinesi, a trasmettere fino ad oggi, oltre alla preghiera musulmana del venerdí, anche Messe cattoliche e ortodosse ogni domenica, un programma settimanale di catechesi, e vari eventi religiosi tra cui anche l'attività del patriarca latino di Gerusalemme. Samir Qumsieh, fondatore e direttore di Al Mahed, é greco ortodosso di nascita, ma si dice "cattolico nel cuore" e definisce Al Mahed una televisione cattolica. La sua chiusura é dovuta alla difficile situazione finanziaria: un deficit mensile di 6500 dollari, per un totale di 63mila dollari di debito, sull'investimento di 800 mila fatto dalla famiglia Qumsieh. “Dio solo sa quanto questa televisione é vicina al mio cuore, - ha affermato stamattina Qumsieh - e quanti sacrifici ho fatto per portare avanti questo importantissimo servizio. Fino ad oggi abbiamo lavorato con mezzi molto limitati. Tutti ci considerano una televisione cattolica, nessuno peró ci aiuta.” Alcune istituzioni religiose cattoliche di Terra Santa hanno preso a cuore la questione e stanno pensando come poter aiutare la televisione a continuare il proprio servizio per gli arabi palestinesi cristiani. Secondo le parole di Samir Qumsieh, lo stesso mons. Fouad Twal, coadiutore del patriarca latino di Gerusalemme si sarebbe detto in apprensione per la situazione di Al Mahed" (Da Gerusalemme, per la Radio Vaticana, Sara Fornari)
     
    Ma ascoltiamo lo stesso direttore della tv, Samir Qumsieh, al microfono di Gabriella Ceraso:

     
    R. – It's the only station...
    E’ l’unica stazione televisiva della Terra Santa in cui è possibile vedere un prete in diretta ed il 90 per cento della tv è cattolica. Quindi, anche il 90 per cento delle nostre attività riguardano la Chiesa cattolica, proprio grazie ai miei rapporti con il patriarca Michel Sabbah, con padre Pizzaballa ed altri. Ma purtroppo nessuno ci supporta e quindi ci sono vari motivi che hanno portato questa decisione.
     
    D. – Qual è la reale condizione in cui vivono i cristiani in Terra Santa, ma anche nei territori e in tutta l’area?

     R. – It's a very critical situation...
    E’ una situazione molto critica, io credo, ed è un’opinione personale basata su quello che so, che non ci saranno altri cristiani nei prossimi 50 anni. Noi a Betlemme eravamo l’85 per cento della popolazione, oggi siamo calati a meno del 20 per cento. E se prendete la popolazione totale della Palestina oggi, noi siamo meno del 2 per cento. Non ci saranno più cristiani molto presto.
     
    D. – Vuole lanciare un appello attraverso i nostri microfoni?

     R. – My appeal is ...
    Il mio appello va a tutti coloro che hanno interesse per la sopravvivenza dei cristiani della Terra Santa, perché aiutino la Stazione televisiva a continuare il suo lavoro, perché la sua chiusura è un disastro per l’esistenza cristiana. Quando ho cominciato nel 1996 ho affrontato molti problemi ed ostacoli, ma Dio è stato con me e sono riuscito ad avere successo. Ora, purtroppo, chiudere per difficoltà finanziarie, senza che nessuno del mondo cristiano ci aiuti, è una vera vergogna.

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    La figura di Benedetto XVI vista dai mass media, al centro di un incontro di studio a Roma

    ◊   "La figura di Benedetto XVI dopo Loreto, Austria e Napoli": è il titolo di un incontro di studio che si è svolto in questi giorni presso il nuovo Polo DAMS dell'Università degli Studi Roma Tre della capitale. Scopo dell'evento è stato quello di analizzare il rapporto tra il Papa e i media alla luce dei viaggi pastorali più recenti. Fabio Colagrande ne ha parlato con l'organizzatore dell'incontro, il sociologo Giampiero Gamaleri:

     
    R. – Da questa analisi molto minuziosa che è stata fatta è derivata una visione dell’attenzione della stampa verso il Santo Padre, quando ci sono degli elementi ad effetto di tipo nazionale e internazionale, quando c’è un intervento ad alto tasso di effetto politico e sociale, mentre invece c’è una disattenzione verso il pensiero del Santo Padre. Per spiegarmi, mentre il discorso di Ratisbona che, come sappiamo, ha suscitato incomprensioni e polemiche, ha avuto il 33 per cento di tutti gli articoli apparsi nel biennio di Pontificato, l’Enciclica “Deus caritas est” ha avuto solo il 4 per cento. Ciò vuol dire che quando il Papa propone un pensiero più riflessivo, una riflessione più pacata, un richiamo religioso più profondo, l’opinione pubblica è distratta. Quando capita invece qualche fiammata, qualche scoop, allora l’opinione pubblica si mobilita.

     
    D. – Come studioso di comunicazione dove rintraccia le cause di questo fenomeno?

     
    R. – Oggi naturalmente la comunicazione – lo vediamo tutti - è molto stressata, cerca sempre lo scandalo. Questo è evidente a tutti. Le tinte sono sempre più forti, la concorrenza tra televisione, radio, giornali è tale, per cui si va sempre a cercare il pettegolezzo, il gossip. Quindi, c’è un difetto certamente dei media, da cui però loro stessi difficilmente riescono a sottrarsi, perché è una tendenza che si autoalimenta. D’altra parte, si pone anche il problema di aiutare il Santo Padre ad un tipo di esposizione che possa avere più presa. Questo credo si sia manifestato in modo molto, molto efficace almeno in due circostanze recenti. Una a Loreto, dove il dialogo a braccio, senza necessità di leggere i testi, che lui ha intessuto con i ragazzi, è stato un momento veramente forte nel rapporto con i giovani, che è un rapporto che la Chiesa deve privilegiare. Il secondo caso è stato a Napoli, sulla scia del cardinale Sepe. Nel parlare espressamente dei mali della città, della camorra, e poi nell’entrare veramente dentro l’animo della popolazione, si è manifestato con tanta evidenza, tanto che poi anche i mass media hanno dovuto riflettere su questa apertura indiscussa del Santo Padre.

     
    D. – Nell’opinione comune prevale spesso l’idea di un Papa Benedetto che è in qualche modo meno mediatico del suo predecessore. Lei come esperto di questi temi che idea si è fatto?

     
    R. – Devo convenire con l’idea che è stata manifestata durante il Convegno da padre Lombardi, che ha detto: “Meno male che un Papa è diverso dall’altro”, altrimenti non ci sarebbe neppure la storia della Chiesa, che mette in evidenza personalità diverse. Quindi, un errore che è stato compiuto è stato quello di parametrare la figura di Benedetto XVI esclusivamente con il suo predecessore. Ciascun Pontefice ha il suo carisma e come tale deve essere evidentemente riconosciuto e valorizzato.

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    Domani all'ONU 5 milioni di firme per fermare le esecuzioni

    ◊   5 milioni: tante sono le firme raccolte in tutto il mondo che la Comunità di Sant’Egidio e la Coalizione mondiale contro la pena di morte presenteranno domani all’Assemblea generale dell’ONU, per chiedere una moratoria universale delle esecuzioni. L’iniziativa avviene a pochi giorni dalla discussione al Palazzo di Vetro di una risoluzione ad hoc, che verrà presentata da 60 Paesi, Unione Europea inclusa, e all’indomani dell’ennesimo stop da parte della Corte Suprema federale, che due giorni fa ha fermato un’esecuzione in Mississippi per iniezione letale. Francesca Sabatinelli ha raggiunto a New York il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:


    R. – C’è una grande crisi nel sistema in questo momento. Dopo le due sentenze della Corte Suprema, che hanno dichiarato incostituzionale la morte per legge dei disabili mentali e di chi era minorenne al tempo del reato; c’è ora la sentenza che deve decidere – in primavera o a gennaio – sulla iniezione letale e quindi se è da considerare troppo crudele ed incostituzionale nella modalità in cui è somministrata. C’è imbarazzo perché le corti periferiche continuano a somministrare sentenze ed anche esecuzioni, ma la Corte Suprema dice “basta, fermiamoci un attimo e decidiamo insieme, altrimenti è troppo disordinato”. Capisco che questo potrebbe sembrare un cavillo quando si parla di vita e di cultura della vita, ma certo questo dovrebbe almeno fermare per un po’ le esecuzioni, almeno fin quando non si sarà pronunciata la Corte Suprema. C’è poi un’altra cosa molto interessante che viene dalla California: un giudice di San Francisco ha contestato che il governatore Schwarzenegger abbia rifatto la camera della morte, con la pretesa di realizzare una camera della morte perfetta, ma in realtà come scusa per poter riprendere le esecuzioni e questo giudice ha dichiarato che il processo deve essere fatto in pubblico e non in privato e che, quindi quello che ha fatto il governatore non è corretto.

     
    D. – Marazziti, questa moratoria – chiamiamola così – de facto, queste scelte e queste decisioni della Corte Suprema in qualche modo rafforzano la vostra iniziativa del 2 novembre?

     
    R. – Certo, vanno in quella direzione. La moratoria universale, se approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, non vincola i Paesi, ma rappresenta certamente una grande affermazione morale: dichiara cioè uno standard sotto il quale i Paesi non dovrebbero andare e, quindi, diventa anche una scusa per quelle amministrazioni di quegli Stati che hanno la pena di morte, ma sono contestati da troppi errori. C’è infatti un cambiamento nel sentire dell’opinione pubblica, perché comincia a pensare che se ci sono alternative valide, si possono allora usare strumenti diversi e più validi. In questo caso rafforza la nostra posizione e rafforza quindi anche la possibilità di successo di una risoluzione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Quello che sta succedendo negli Stati Uniti è che il sentimento sta lentamente cambiando e da dieci anni le stesse esecuzioni sono diminuite, fino ad arrivare alla metà: da 100 siamo arrivati a 50 l’anno. Di certo siamo questo segna un cambiamento sensibile.

     
    D. – Ma è l’opinione pubblica che sta cambiando? Voi ne avete il polso?

     
    R. – Io credo che stiano aumentando quelli che cominciano a pensare che ci sono troppi errori, troppe storie non chiare e quindi sarebbe meglio avere qualcosa di alternativo. Non è che la pena di morte è considerata un male da larghi strati dell’opinione pubblica degli Stati Uniti, ma viene considerato un male il modo in cui viene applicata. Alla fine, quindi, perché andare a metterci in questo tunnel? Questo è quello che sta succedendo negli Stati Uniti: quando c’è l’idea di una alternativa valida - purtroppo si parla della prigione senza fine, anche quando la persona si redime – in questi casi anche l’opinione pubblica favorevole alla pena di morte, scende sotto al 50 per cento.

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    Dall’impegno in parrocchia alla fondazione di una casa-famiglia per bambini vittime di violenze: la storia dell’associazione “Chiara e Francesco”

    ◊   Dalla formazione spirituale in parrocchia all’impegno in favore dei bambini maltrattati e vittime della violenza: è il cammino percorso da un gruppo di famiglie e di giovani di Torvaianica, vicino Roma, che nel 2003 ha dato vita alla Casa famiglia “Chiara e Francesco”. Impegnati nella Caritas, in centri di ascolto della parrocchia, questi giovani hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo per chinarsi sulla sofferenza di bambini con un passato terribile. Ecco come il vicepresidente dell’associazione “Chiara e Francesco”, Alessandro Orsini, racconta – al microfono di Alessandro Gisotti l’inizio drammatico di questa storia di carità cristiana:
     
    R. – Un giorno si presentò una bambina con la mamma, la sera tardi. Era una bambina di 5 anni con le costole rotte e gravi segni di abusi sessuali… un grave sospetto che poi purtroppo si rivelò vero. Tutto quello che noi avevamo messo in piedi era insufficiente. Quindi, da allora ci siamo interrogati, siamo andati in crisi, abbiamo pregato per circa due anni, per dare una risposta a questa bambina e a tutti gli altri bambini che piano, piano ci venivano messi di fronte dal buon Dio. Abbiamo chiesto al nostro vescovo una struttura della nostra parrocchia, una struttura della nostra diocesi. Quindi, abbiamo chiesto di darci un piano, dove c’erano degli stanzoni di un’ex colonia, per fare la casa famiglia. Così è nata l’idea per aiutare i bambini. Questa era la struttura e il mezzo per poterlo fare. E abbiamo fondato l’Associazione “Chiara e Francesco”, che possono essere due bambini, ma che sono soprattutto Santa Chiara e San Francesco, che da sempre ci hanno accompagnato con la loro spiritualità nel nostro camminare insieme.

     
    D. – Qual è la vostra esperienza con questi bambini?

     
    R. – Accogliamo bambini che principalmente hanno subito maltrattamenti e abusi sessuali. Purtroppo, tutti abusi in famiglia. Viviamo esperienze drammatiche. Viviamo con le sbarre alle finestre, perché abbiamo un bambino che tenta il suicidio. Un bambino che a 8, 10 anni ti dice: “Se io mi uccido ho risolto tutti i miei problemi” è una cosa che ti fa star male tutti i giorni: vedere le loro crisi, le loro sofferenze. Noi cerchiamo di curare tutto questo con la psicologia, con i mezzi che la scienza ci mette a disposizione, ma soprattutto con l’amore, perchè sperimentino l’amore di una famiglia, di una nuova famiglia, avendo vissuto con genitori che purtroppo li hanno devastati, gli hanno fatto conoscere solo sofferenze. Noi cerchiamo attraverso l’amore di recuperare questi bambini. E possiamo dire che la nostra esperienza ci dice che è possibile recuperarli. L'associazione nasce in parrocchia. Noi siamo tutti di ispirazione cristiana, ma è un’associazione aperta. Abbiamo avuto la bellissima esperienza di contattare tantissime persone, anche al di fuori della Chiesa, che tramite la Casa-famiglia e i bambini si sono riavvicinati alla Chiesa e a Gesù. Anche i bambini che avevano esperienza di una famiglia “mostro”, hanno adesso l’esperienza di conoscere in Dio un papà buono.
     
    Chiunque voglia aiutare la Casa-famiglia “Chiara e Francesco” lo può fare con un versamento sul CP n. 38936837 intestato a: “Associazione Chiara e Francesco Onlus”, via Colonia 41/b 00040 Torvaianica Roma. Per ulteriori informazioni, si può consultare il sito Internet www.chiaraefrancesco.it

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    Presentato nella sede della Radio Vaticana il Dizionario Biblico della Vocazione

    ◊   E' stato presentato in questi giorni, nella sede della Radio Vaticana, il "Dizionario Biblico della Vocazione", dell’Editrice Rogate: si tratta della prima opera che tratta in modo esaustivo la tematica vocazionale collegandola strettamente alla Sacra Scrittura. Ce ne parla Monia Parente:


    Oltre 1000 pagine, 160 voci, curate da 70 autori. Il Dizionario, pubblicato dall’Editrice Rogate, è una novità assoluta nel panorama della pastorale vocazionale. Tra i relatori mons. Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, che ha sottolineato come il testo – che ha definito un’opera monumentale - sia un grande investimento al servizio della gioia di vivere, perché ha spiegato “non può esistere vita senza vocazione”:

     
    “Io sono convinto che la pastorale vocazionale sia il più grande servizio alla gioia della vita, alla gioia di vivere perché una persona che non ha una vocazione o non sente una vocazione o non avverte una vocazione, è la persona più povera che si possa immaginare”.
     
    Il problema della mancanza di una vocazione alla vita rende tutti e in particolare i giovani, privi di punti di riferimento, di un senso nella vita e incapaci di scelte morali – ha continuato mons. Comastri - che ha citato vari casi di cronaca che vedono i giovani protagonisti di gesti inconcepibili e dalle conseguenze disastrose – e ha aggiunto:

     
    “La povertà vocazionale non è un problema che riguarda soltanto noi, non è un problema ecclesiale, ma è un problema che sta prima. E’ in crisi la vocazione alla vita ed è chiaro che dentro la crisi della vocazione alla vita, c’è anche la crisi della vocazione. Ma non è soltanto un problema nostro, ma è un problema di tutta la società, perché i giovani così sono un dramma, un pericolo, una mina per tutti. Perché senza vocazione non si può vivere, perché la vita decade e non ha più senso, la vita non ha più valore. E questo perché quando si è vuoti, ma vuoti di Dio, non c’è niente che ti riempie”.
     
    Mons. Comastri ha poi concluso il suo intervento, raccontando il caso di una donna, Maria Respigo, da lui personalmente conosciuta, affetta da una grave malattia, che nel suo libro “Felice di vivere” ha testimoniato come comprendere la propria vocazione sia l’unico modo per dare senso alla vita.

     
    All’intervento di mons. Comastri sono seguiti gli interventi di mons. Rinaldo Fabris, presidente dell’Associazione Biblica Italiana, di don Giuseppe De Virgilio, curatore scientifico del Dizionario, e di padre Giorgio Nalin, superiore generale della Congregazione dei Rogazionisti.

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    Chiesa e Società



    “La Chiesa madre dei Santi”. Questo il tema dell’odierna Giornata della Santificazione Universale
     

    ◊   Ricorre oggi la Giornata della Santificazione Universale promossa dal movimento Pro Sanctitate - che quest’anno compie 60 anni - fondato a Roma da don Guglielmo Giaquinta, diventato poi vescovo di Tivoli e scomparso nel 1994. L’appuntamento, sul tema “La Chiesa madre di tutti i Santi”, vuole mettere in luce il carisma del suo fondatore e la perenne validità della chiamata alla santità, vista come corrispondenza all’infinito amore di Dio, processo di conformazione a Cristo e atteggiamento di piena docilità allo Spirito Santo. L’aspetto celebrativo della Giornata mira anche ad evidenziare “l’esigenza intima dell’uomo di incontrarsi a tu per tu con Dio, di affidarsi a Lui di ricevere da Lui gioia e festa. Lungi dall’essere momento solo personale – spiegano gli organizzatori – la celebrazione coinvolge la comunità ecclesiale perché, mentre fa memoria dei santi e ne intercede di nuovi, si apre all’accoglienza piena di ogni uomo e donna che, seppur fragile, è oggetto dell’infinito amore di Dio e reso da lui capace di grande amore”. I santi non sono definiti come figure utopiche – afferma Pro Sanctitate – ma come “nostri fratelli e nostri modelli. Noi possiamo e dobbiamo imitarli perché sono uomini come noi, con la stessa possibilità di peccato e con la stessa realtà di miseria che noi sperimentiamo tanto spesso”. Tutti noi siamo dunque chiamati a compiere opere eccezionali e il movimento - una realtà formata da laici, sacerdoti e religiosi presente nelle diocesi e diffusa in Italia, Belgio, Lettonia, Stati Uniti, India e Brasile – invita a riflettere su questo tema gruppi, associazioni, monasteri di clausura, case di risposo, ospedali e scuole. Centri di esercizi spirituali, incontri, pubblicazioni, gruppi spontanei hanno contribuito negli anni all’annuncio della santità e delle fraternità in ogni ambito di vita. Una particolare testimonianza è giunta anche dai sacerdoti amici di Pro Sanctitate, secolari e religiosi, e dalle Oblate Apostoliche, laiche consacrate impegnate assieme ad altri membri in attività di animazione missionaria. (E. B.)



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    Nell’arcidiocesi di Bukavu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, proseguono gli stupri e le violenze sistematiche contro le donne
     

    ◊   “Un’azione mirante ad umiliare e ad uccidere una comunità attraverso singolari e talvolta sistematici atti perpetrati in questo o quel villaggio”. E’ il fine devastante delle violenze sessuali contro le donne commesse dai gruppi armati che presidiano l’area nel sud di Kivu, nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo. Ad affermarlo – secondo quanto riportato dall’Osservatore Romano - un rapporto firmato da don Justin Nkunzi, direttore della commissione “giustizia e pace” nell’arcidiocesi di Bukavu. Lo studio è basato su interviste a 100 persone, 65 delle quali vittime dirette di violenze. Tutti parlano di atti inconcepibili, qualificati come fatti senza eguali nella loro storia che “non trovano nessun fondamento e che non si possono comprendere, né spiegare”, afferma il rapporto. Tuttavia per capire meglio è necessario analizzare il ruolo della donna nella società dei Bashi, la popolazione locale. La donna è considerata in primo luogo come madre e gode di grande considerazione e rispetto perché – spiega il documento – “essa dona la vita e rappresenta tutto quello che c’è di sacro nella tradizione africana”. Umiliarla significa umiliare direttamente il suo clan, in quanto nella tradizione dei Bashi “fare violenza ad una donna significa fare violenza alla propria madre, perché è lei che dona la vita ed educa la prole”. Gli stupri sono dunque pianificati come una tattica di guerra da persone che conoscono bene la comunità locale. “Ora – conclude il rapporto – bisogna pensare ad una soluzione per questo dramma”. (E. B.)


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    I vescovi polacchi denunciano l'inammissibile creazione di embrioni ibridi
     

    ◊   La creazione degli organismi ibridi deve essere considerata moralmente inammissibile. È quanto afferma una nota ufficiale del Consiglio scientifico della Conferenza episcopale polacca in riferimento alla notizia sulla creazione a scopi scientifici di embrioni ibridi, cioè con cellule umane e animali, annunciata lo scorso settembre dalla HFEA, l’autorità britannica per la fertilizzazione umana e l’embriologia. Per i vescovi polacchi – riporta l’agenzia SIR - “l’insicurezza sulla classificazione di un embrione ibrido tra esseri umani o animali può pregiudicare l’ammissibilità dell’esperimento, in quanto la sola presunzione di aver a che fare con la vita umana basta per rinunciare ad ogni azione che minacci tale vita”. Qualora invece si fosse dimostrato che gli organismi ibridi non sono esseri umani – prosegue la nota - “rimarrebbe il problema di manipolazione: quella di un essere umano e, più precisamente, della sua natura biologica”. (L. Z.)


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    Il Movimento per la vita in Gran Bretagna allarmato per la nuova proposta di legge in materia di aborto e sperimentazione sugli embrioni
     

    ◊   Grave preoccupazione è stata espressa dal Movimento per la vita (MPV) britannico alla vigilia del discorso della Regina, in occasione dell’apertura ufficiale del Parlamento, durante il quale renderà nota la legislazione dei prossimi dodici mesi, compresa la nuova normativa che amplierà la definizione di embrioni per includervi anche quelli prodotti per clonazione e altri processi. Il 6 novembre – precisa l’agenzia SIR - la Regina introdurrà la nuova proposta di legge che prevede in particolare un impiego più diffuso della fecondazione in vitro e della sperimentazione sugli embrioni, la produzione di embrioni interspecie a scopo di sperimentazione e il prelievo di gameti da pazienti senza il loro consenso. In Gran Bretagna secondo una inchiesta condotta dal quotidiano “Daily Telegraph” la maggior parte dei parlamentari vorrebbe ridotto il limite legale dell’aborto. I leader delle più importanti Chiese cristiane hanno dichiarato che lo spirito della legge del 1967, che prevedeva l’aborto come ultima risorsa, è stato tradito ed una mentalità pro-aborto è sempre più diffusa. “Temiamo che la prossima settimana il Parlamento decida di estendere la legalizzazione dell’aborto al nord Irlanda”, ha spiegato Paul Danon della “Società per la protezione dei bambini non nati”, preoccupato che “la ulteriore liberalizzazione della ricerca sugli embrioni porti alla clonazione di embrioni in parte umani in parte animali”. (E. B.)


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    Venezuela. Il Consiglio nazionale dei laici contro la riforma costituzionale: "contraddice diritti umani ineludibili”
     

    ◊   “La riforma costituzionale che ci viene proposta non è una modifica parziale della nostra Carta fondamentale, bensì un cambiamento radicale di questa. Ciò che ci chiedono di approvare sono nuove basi per la vita sociale, la maggior parte delle quali contraddicono i diritti umani fondamentali della convivenza sociale”. E’ quanto si legge in un comunicato nel quale il Consiglio nazionale dei laici del Venezuela esprime solidarietà ai pastori della Chiesa, dopo il documento della Conferenza episcopale titolato “Siamo chiamati a vivere in Libertà”. Secondo il Consiglio nazionale – riporta l’agenzia FIDES - il procedimento mediante il quale si è avviata la riforma ha carattere incostituzionale ed ostacola la realizzazione delle finalità di solidarietà democratica che gli sono proprie. Sebbene si riconoscano alcuni elementi positivi nel progetto, tuttavia, “la forma globale proposta per la sua approvazione ostacolerebbe la loro considerazione”. Nel progetto si notano inoltre segni “che contraddicono i valori che ispirano i procedimenti democratici e pluralistici segnalati dalla dottrina sociale della Chiesa”. Il documento si sofferma quindi su alcuni punti conflittuali della bozza, ricordando che i cattolici non possono trascurare il richiamo alla loro coscienza lanciato dalle gravi sofferenze causate dall’ingiustizia, subite da numerosi esseri umani. L’attuale proposta non è quindi accettabile perchè contraddice i diritti umani fondamentali, e tutti i cattolici e le persone di buona volontà sono quindi invitate “a pregare, a riflettere sull’attuale progetto e a prendere posizione, alla luce dei principi fondamentali per ogni persona e per la società”. Il comunicato conclude affermando che “è fondamentale creare le condizioni affinché la popolazione possa partecipare e decidere: non in base a pregiudizi, bensì a nome dei principi; non per difendere interessi, bensì per difendere valori; non a favore o contro un governo, bensì per un Paese”. (E. B.)


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    L’Ong "Franciscans International” chiede maggiore attenzione per il rispetto dei diritti umani nella Papua indonesiana e per la lotta alla povertà a livello globale
     

    ◊   Il rispetto dei diritti umani nella Papua indonesiana è una questione urgente, che necessita dell’attenzione del governo di Giacarta e della comunità internazionale. E’ quanto esprime l’organizzazione non governativa, accreditata alle Nazioni Unite, “Franciscans International”, espressione della Famiglia francescana nel mondo, focalizzando l’attenzione sulle recenti minacce e intimidazioni subite da religiosi e operatori laici per i diritti umani nella Papua indonesiana (chiamata anche Irian Jaya). Secondo quanto riporta l’agenzia FIDES, gli attivisti per i diritti umani nella zona, dove da anni esiste un conflitto a bassa intensità fra gruppi separatisti ed esercito regolare, svolgono un’opera di denuncia, sensibilizzazione, assistenza alle comunità più povere o vittime di abusi. Per questo finiscono spesso nel mirino di quanti vorrebbero tenere le violazioni nascoste e compiute nell’impunità. La Papua è uno dei numerosi contesti ai quali l’Ong dei Francescani rivolge la sua attenzione: di recente l’organizzazione ha elaborato un documento dal titolo “Diritti Umani, povertà ed estrema povertà”, grazie al contributo di tutti i rami della Famiglia francescana. Il documento è pensato come uno strumento per sollevare la questione dei diritti umani e della povertà a livello regionale, nazionale ed internazionale, permettendo così alla Famiglia francescana di presentare le sue preoccupazioni e raccomandazioni agli Stati, ai diversi organismi ed esperti alle Nazioni Unite, rispetto a situazioni di estrema urgenza in America Latina, Africa e Asia. Nel testo i francescani affermano di voler “contribuire a far rispettare la dignità di tutti; a far rispettare per tutti l’effettivo godimento dei diritti dell’uomo”, chiedendo ai governi che “considerino i più poveri come i primi attori della lotta contro la miseria; associno i più poveri alla concezione, all’attuazione e alla valutazione di politiche che li riguardano; abbiano l’ambizione di un mondo senza povertà, un mondo nel quale siano rispettati i diritti alla vita familiare, ad un lavoro dignitoso, alla partecipazione sociale, culturale e politica”. (E. B.)


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    Appello dei vescovi delle Filippine contro la corruzione
     

    ◊   Contrastare la corruzione e svolgere indagini serie per fermare l’espansione del malaffare nella politica. E’ la richiesta dei vescovi filippini in un recente intervento firmato dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Angel Lagdameo, arcivescovo di Jaro, in seguito a nuove, insistenti voci che vedono i 'palazzi' della politica infestati da fenomeni di malversazione di denaro pubblico e corruzione. Nella lotta fra fazioni diverse – afferma l’agenzia FIDES - sono piovute da più parti accuse reciproche di aver comprato voti durante le ultime elezioni generali del maggio 2007, utilizzato denaro per montare falsi scandali e screditare avversari politici, aver distratto fondi destinati allo sviluppo della popolazione per interessi privati. “Invischiato in questo tipo di questioni, il nostro Paese non solo soffre di una bancarotta economica, ma anche di una bancarotta morale”, ha sottolineato l’arcivescovo, incoraggiando una seria indagine su fenomeni di corruzione che personaggi pubblici hanno denunciato. I presuli filippini hanno poi ricordato l’urgenza che nella vita civile, sociale e politica del loro Paese siano rispettati e seguiti i valori di responsabilità, trasparenza, controllo, onestà, servizio al bene comune. La Chiesa filippina, in occasione delle scorse elezioni, aveva invitato gli uomini politici e tutti gli elettori a non a farsi prendere nella morsa del business dei voti, restando lontani dalla rete di corruzione, malversazione e violenza. (E. B.)


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    A Rimini prende il via la XXXI Conferenza nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo

    ◊   E’ tratto dal Salmo 119 il tema della XXXI Conferenza Animatori del Rinnovamento: “La tua Parola è luce sul mio cammino”, che si tiene a Rimini da oggi fino a domenica 4 novembre. Proprio la Parola di Dio sarà al centro di questo tradizionale appuntamento di formazione e programmazione per tutti i responsabili del Movimento ecclesiale a livello nazionale e locale. “Intendiamo ricentrarci sulla Parola di Dio – ha spiegato Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento – che è la migliore fonte d’ispirazione per l’impegno ecclesiale e sociale. Ci è chiesto di riaffermare il primato della fede – ha proseguito Martinez – su ogni deriva materialistica o spiritualistica del nostro tempo”. Oggi pomeriggio, la Conferenza sarà aperta da un’introduzione del vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi. In serata, è prevista la Concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Lucca, mons. Italo Castellani. I lavori proseguiranno da domani con una serie di relazioni, simposi e tavole rotonde, oltre a molti momenti di preghiera e celebrazioni. Questo incontro riminese cade a conclusione di un anno intenso per il Rinnovamento, che ha visto la revisione del nuovo Statuto da parte del Consiglio Permanente della CEI, nuove nomine dei vertici nazionali e locali e speciali iniziative legate alla ricorrenza del 40° anniversario della nascita del Rinnovamento nel mondo nel 1967. Proprio questo importante anniversario ha ispirato il progetto “40 ore per i 40 anni”, una catena ininterrotta di adorazione e di preghiera di ringraziamento che da domani sera attraverserà tutte le regioni italiane, come prosecuzione di una simile iniziativa che in questi giorni sta coinvolgendo 26 Paesi nel mondo su iniziativa del Consiglio Carismatico Cattolico Latinoamericano. (A cura di Luciano Castro)

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    24 Ore nel Mondo



    I curdi del PKK chiedono ad Ankara un piano di pace

    ◊   Nessuna chiusura dello spazio aereo della Turchia ai voli da e per il nord dell’Iraq. Lo ha chiarito lo stesso premier turco Erdogan all’indomani della decisione del suo governo di attuare sanzioni nei confronti del PKK e dei suoi sostenitori. Intanto i ribelli curdi chiedono alla Turchia un piano di pace. Il nostro servizio:

    Vigilia agitata della conferenza di Instanbul, dove ufficialmente si discuterà della sicurezza in Iraq ma dove, con ogni probabilità, si affronterà la crescente tensione tra Baghdad e Ankara sul Kurdistan iracheno, base dei ribelli del PKK. Lo stesso premier turco Erdogan si è affrettato a smentire la notizia della chiusura dello spazio aereo per i voli diretti sull’Iraq settentrionale come misura repressiva contro i curdi iracheni accusati di supportare i separatisti turchi. Sarebbe stato il primo provvedimento dopo il via libera del governo, giunto ieri, alle sanzioni contro il PKK ma anche contro chi lo sostiene “considerato -ha detto Erdogan- allo stesso modo ‘terrorista’”. Alcuni provvedimenti sono stati già messi in pratica ha precisato il ministro degli Esteri turco, Ali Babacan, che ha parlato poi di un’eventuale azione militare sostenendo che non si tratterà di una “invasione”. Intanto oggi è giunto l’invito ad Ankara di un leader dei ribelli curdi per mettere a punto “un piano di pace” e per liberare il loro capo Abdullah Ocalan, detenuto dal 1999. “Chiedo alla Turchia – ha detto il dirigente del PKK- di riconoscere i loro diritti ai curdi, i loro diritti nazionali, culturali, linguistici, politici ad esprimersi liberamente”. Mentre sembra sempre più probabile una incursione turca nel nord dell’Iraq, molti Paesi hanno chiesto ad Ankara di agire con calma. Un portavoce del Pentagono, Geoff Morell, ha reso noto che gli Stati Uniti stanno fornendo alla Turchia un intelligence operativa per individuare le posizioni dei guerriglieri curdi nel nord dell’Iraq. Sarebbero infatti in arrivo nella zona aerei spia americani. Infine non si fermano le operazioni militari nella parte orientale della Turchia, ieri 15 ribelli sono stati uccisi.

    - Iraq. Ennesima mattinata di sangue. Sono sedici le vittime in diversi attacchi avvenuti a Baghdad e Baquba. L’esplosione di una bomba nella capitale irachena ha provocato l’uccisione di cinque persone ed il ferimento di altre sei. Secondo fonti della polizia, nel mirino degli attentatori c’erano alcuni membri di un gruppo che si batte contro il terrorismo ed in particolare contro Al Qaeda. A Baquba un ordigno esploso ha ucciso sei poliziotti.

    - Afghanistan. Duri combattimenti sono scoppiati da tre giorni nella provincia occidentale di Farah. Il bilancio è di almeno 50 talebani e 14 militari afghani uccisi mentre altri 9 soldati sono stati catturati dagli insorti. Intanto si segnalano ancora vittime tra i civili: due bambini e 16 talebani hanno perso la vita in due distinti raid aerei americani nel sud e nell'est dell’Afghanistan. Le forze della coalizione hanno aperto un’inchiesta per fare luce sull’accaduto.

    - Pakistan. La Corte suprema pakistana ha aggiornato al 12 novembre l’udienza nella quale si pronuncerà sulla validità delle elezioni presidenziali dello scorso 6 ottobre, vinte da Musharaff ma contestate dall’opposizione per l’incostituzionalità della doppia carica di Musharaff come capo delle Forze armate e presidente del Paese. Intanto dopo due settimane di permanenza in Pakistan, segnate dal sanguinoso attentato di Karachi costato la vita a 139 persone, l’ex premier Benazir Bhutto è partita per Dubai per motivi personali. Nel Paese non si ferma l’ondata di violenza: sono 70 gli insorti islamici uccisi in due giorni di combattimenti nel nord-ovest del Paese. Otto le vittime in un attacco kamikaze nella provincia centrale del Punjab, obiettivo dell’attentatore era un autobus carico di militari.

    - Cisgiordania. I militari israeliani hanno fermato, dopo tre anni di latitanza, un capo militare di Hamas: Omar Tirawi, 41 anni, alto ufficiale delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato del movimento radicale palestinese. L’uomo si è arreso dopo che i soldati avevano circondato la sua casa di Nablus. Non si ferma il lancio di razzi Qassam dalla Striscia di Gaza: alcuni sparati in mattinata hanno colpito diversi edifici della città israeliana di Sderot causando pesanti danni.

    - Birmania. All’indomani delle nuove proteste dei monaci buddisti, la Giunta militare ha rilasciato 32 persone arrestate circa un mese fa. Si tratta in larga parte di esponenti della Lega Nazionale per la Democrazia, il partito della leader dissidente e Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Il gesto del regime arriva a pochi giorni dalla seconda visita nel Paese dell’inviato ONU per la Birmania, Ibrahim Gambari, “per facilitare – ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon - il dialogo tra il governo e i leader delle manifestazioni”. Sempre il numero uno del Palazzo di Vetro, parlando con i giornalisti al termine dell’Assemblea generale dell’ONU, ha chiesto ancora una volta il rilascio dei detenuti arrestati durante la repressione di settembre.

    - Nucleare iraniano. Attesa per l’incontro, domani a Londra, tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania. La Cina ha ribadito di voler spingere verso una soluzione diplomatica della crisi innescata dal rifiuto di Teheran di bloccare il suo programma di arricchimento dell’uranio.

    - Nucleare nordcoreano. Nel prossimo fine settimana, i tecnici statunitensi inizieranno a smantellare le installazioni atomiche di Yongbyon, applicando così gli accordi sul disarmo sottoscritti a Pechino, a febbraio, nell’ambito dei colloqui a sei tra le due Coree, USA, Cina, Giappone e Russia. Come contropartita, Pyongyang riceverà un milione di tonnellate di petrolio dalla comunità internazionale.

    - Italia. Massimo impegno affinché episodi simili non si ripetano. E’ quanto ha detto il premier italiano Romano Prodi dopo l’aggressione e la violenza ad una donna, Giovanna Reggiani, avvenuta martedì a Roma. In carcere con l’accusa di tentato omicidio c’è un romeno che, secondo la testimonianza di una sua connazionale, ha aggredito la vittima nei pressi della sua baracca a Tor di Quinto e poi ne ha gettato il corpo in un fossato. Ora la donna è ricoverata in ospedale, il bollettino medico parla di “flebile attività cerebrale”. A Roma sono giunti tre investigatori romeni per aiutare i colleghi italiani,che domani sentiranno il fermato, mentre le forze dell’ordine hanno controllato gran parte delle baraccopoli presenti nella capitale.

    - ONU-Sudan. E’ stata prorogata fino al 30 aprile 2008 la missione delle Nazioni Unite nel Paese africano. Lo ha deciso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha nuovamente invitato il governo di Khartoum e il Movimento per la liberazione del popolo sudanese a rispettare gli accordi di pace del 2005. Nel documento si ribadisce l’importanza della missione ibrida ONU-Unione Africana in Darfur che verrà dispiegata a fine anno. Il prolungamento del termine della missione giunge nella settimana in cui è fallita la conferenza sul Darfur di Sirte, in Libia, disertata dai maggiori gruppi ribelli.

    - Etiopia. Il ministro etiope degli affari esteri, Seyoum Mesfin, ha riaffermato il sostegno del suo Paese al governo di transizione somalo. In un’intervista televisiva, seguita all’incontro con il presidente somalo Abdullahi Ahmed Yusuf, a Baïdoa, Mesfin ha dichiarato che “L’Etiopia continuerà a sostenere la Somalia nei suoi sforzi per la stabilità e fornirà tutta l’assistenza necessaria per trovare un successore al primo ministro Ali Mohamed Gedi”. Quest’ultimo si è dimesso lunedì aggravando la situazione politica del Paese, in guerra civile da 16 anni.

    - Bambini-Ciad. Si allarga l’inchiesta su una ONG accusata di aver prelevato oltre cento bambini in Ciad per farli adottare in Francia. Secondo un rapporto congiunto dell’UNICEF, dell’ACNUR e del Comitato internazionale della Croce Rossa, molti dei minori, provenienti da villaggi al confine fra Ciad e Sudan, non sono orfani ed hanno almeno un parente stretto in vita.

    - Russia. Potrebbe essere stata opera di un kamikaze l’attentato avvenuto ieri nella provincia russa di Samara, costato la vita a 8 persone e che ha provocato 56 feriti. La polizia ritiene che l’attentatore sia una delle vittime che ieri ha fatto saltare in aria un ordigno all’interno di un autobus di linea a Togliatti, città sul fiume Volga. Nella sua abitazione, le forze dell’ordine hanno rinvenuto componenti di una bomba simile a quella esplosa sul mezzo.

    - Bosnia-Erzegovina. Dimissioni per il primo ministro bosniaco Nicolas Spiric. Il premier, di etnia serba, rifiuta le riforme istituzionali imposte dal rappresentante della comunità internazionale a Sarajevo, Miroslav Lajcak, volte a consolidare l'unità del Paese e favorirne il cammino d'integrazione europea. Spiric ha affermato che non si possono rompere gli equilibri interni fra le etnie della Bosnia: serba, croata e bosniaca-musulmana.

    -Petrolio. Continua l’ascesa del prezzo del petrolio sui mercati asiatici. L’oro nero ha raggiunto il record di 96,24 dollari al barile, dopo il nuovo abbassamento dei tassi della Federal Reserve americana (FED) e il forte calo delle scorte di brut negli Stati Uniti. Le attuali quotazioni lo vedono a 96 dollari. Anche il brent, il greggio di riferimento europeo, segna a Londra un nuovo record storico a 91,71 dollari al barile. I timori di ulteriori aumenti sono fugati dal commissario UE, Andris Piebalgs, che afferma che il mercato è ben rifornito e non esistono motivi per cui il prezzo del greggio arrivi a 100 dollari al barile. Piebalgas aggiunge che l'OPEC dovrebbe aumentare la produzione di petrolio per ridurre le preoccupazioni relative a possibili interruzioni nella fornitura che hanno contribuito a spingere in alto le quotazioni.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Claudia Di Lorenzi)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 305

     
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