RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 89 - Testo della trasmissione di venerdì 30 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Favorire un dialogo esigente tra culture e religioni per promuovere pace e sviluppo: l’esortazione del Papa al nuovo ambasciatore ucraino presso la Santa Sede

 

Il Papa al Forum dei giovani: nell'economia non conta solo essere produttivi e competitivi. Occorre essere testimoni della carità

 

Da Gesù, il cristiano impari non solo la misericordia ma a gioire del perdono che riconcilia gli animi: così padre Cantalamessa nell'ultima predica di Quaresima al Papa e alla Curia Romana

 

La vita è priva di senso se non s'incontra con l'amore vero. Così il Papa ai giovani romani nella Basilica di San Pietro per la liturgia penitenziale

 

Due interventi di mons. Silvano Tomasi all’ONU sulla libertà religiosa e sui diritti dell’infanzia

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 Solenne esecuzione della “Passione secondo Matteo” composta dal vescovo ortodosso Ilarion Alfeev. Un concerto nel segno dell’ecumenismo fra le Chiese d’Oriente e di Roma. Ai nostri microfoni il vescovo Ilarion

 

Inaugurato ad Alba, in Piemonte, il Film Festival dedicato alla dimensione esistenziale e spirituale dell'uomo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Indetta oggi una giornata di preghiera e digiuno per la pace. A promuoverla i superiori generali delle congregazioni religiose di tutto il mondo

 

L'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede assicura il mondo cattolico che la plenaria prevista ieri in Vaticano non si è tenuta per "contingenze di politiche internazionali" Il diplomatico assicura che la riunione si terrà in tempi brevi

 

In Myanmar si è spento padre Paolo Noè, l'ultimo missionario del PIME nel Paese

 

Vietnam: 8 anni di prigione al sacerdote cattolico dissidente Nguyen Van Ly; è accusato di aver fatto propaganda contro il regime comunista

 

Sarà inaugurata a fine anno e sarà dedicata a Nostra Signora del Rosario la prima chiesa cattolica in Qatar dove da 14 secoli i cristiani non avevano luoghi di culto  

 

Usava l’intelligenza come dono di Dio, senza timore: con queste parole il cardinale Achille Silvestrini ha ricordato ieri pomeriggio a Bologna la figura di Beniamino Andreatta, scomparso lunedì scorso

 

La Specola Vaticana collabora ad un progetto della NASA sullo studio delle stelle doppie e la formazione dei pianeti fuori dal sistema solare

 

24 ORE NEL MONDO:

Il Senato USA approva il ritiro delle truppe dell’Iraq entro il marzo del 2008. Bush opportà il veto

 

 

Il Papa e la Santa Sede

 

 

Favorire un dialogo esigente tra culture e religioni

per promuovere pace e sviluppo: l’esortazione del Papa

al nuovo ambasciatore ucraino presso la Santa Sede

 

Dialogo tra culture e religioni, impegno ecumenico e radici cristiane dell’Europa: sono i temi forti affrontati da Benedetto XVI nel discorso al nuovo ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, la signora Tetiana Izhevska, ricevuta stamani in Vaticano per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Papa ha invitato l’Ucraina ad essere, secondo la sua vocazione, ponte tra Oriente ed Occidente. Quindi, ha ringraziato l’ambasciatore per l’invito a visitare l’Ucraina, ripercorrendo le orme di Giovanni Paolo II, che vi si recò nel 2001. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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In un mondo sempre più globalizzato, è urgente “favorire un dialogo esigente ed approfondito tra le culture e le religioni”. E’ l’esortazione di Benedetto XVI, che ha poi sottolineato come questo dialogo non debba tendere al sincretismo, ma permettere alle religioni “di svilupparsi nel rispetto reciproco, lavorando, ciascuno secondo il proprio carisma, per il bene comune”. Tale prospettiva, è stata la sua riflessione, “permetterà sicuramente di ridurre le fonti possibili di tensione e contrasto tra i gruppi e le nazioni” garantendo a tutti “le condizioni di una pace e di uno sviluppo durevoli”.

 

Il Pontefice ha, quindi, ribadito l’importanza delle radici cristiane dell’Europa. L’Ucraina, ha costatato, ha sempre avuto una vocazione di ponte tra l’Oriente e l’Occidente. Condizione che ha valorizzato in questi ultimi anni con una politica di “apertura e collaborazione con gli altri Paesi del continente”. Il Pontefice si è detto sicuro che la nazione ucraina, la cui storia è “profondamente impregnata del Vangelo, nella sua cultura e nelle sue istituzioni” avrà a cuore “di portare alle altre nazioni il dinamismo della sua identità, preservandone le caratteristiche originali”. Il Papa si è dunque rallegrato per la tutela, da parte dello Stato ucraino, della libertà religiosa, “dimensione essenziale della libertà dell’uomo”.

 

Si è così soffermato sul dialogo ecumenico. Rivolgendosi ai fedeli cattolici d’Ucraina, Benedetto XVI ha sottolineato che la Chiesa “porta nel suo seno la cura del dialogo permanente” tra le due tradizioni, orientale ed occidentale. Ha, quindi, messo l’accento sul desiderio dei cattolici di “proseguire sul cammino di unità con i fratelli ortodossi e delle altre confessioni cristiane”. Il Papa ha espresso parole di incoraggiamento, affinché si “mostrino sempre disponibili a consolidare il dialogo ecumenico” per “superare le difficoltà e raggiungere l’unità tanto attesa”. Unità volta ad offrire al mondo “una testimonianza più vera della Buona Novella”.

 

D’altro canto, il Pontefice ha assicurato l’impegno dei cattolici ucraini al servizio del bene comune. Una delle vocazioni proprie della Chiesa cattolica, ha affermato, “s’esprime nell’importanza che attribuisce all’educazione dei giovani”. Per la Chiesa, si tratta di “permettere ai giovani di ricevere una formazione solida ed integrale, fondata sui principi dell’etica cristiana” e dunque “della dignità fondamentale dell’essere umano, creato ad immagine di Dio”. La Chiesa, ha concluso il Papa, auspica di “partecipare attivamente a questa grande missione educativa, mettendo la sua esperienza al servizio di ognuno”.

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Nata a Chernigiv nel 1957, la signora Tetiana Izhevska è sposata ed ha una figlia. E’ stata docente presso l’Accademia delle Scienze d’Ucraina e l’Università Linguistica di Kiev. Tra gli ultimi incarichi diplomatici ricoperti quello di vice-presidente della Commissione governativa presso l’UNESCO e di Rappresentante d’Ucraina presso il comitato per le Pari Opportunità del Consiglio d’Europa.

 

 

Il Papa al Forum dei giovani: nell'economia

non conta solo essere produttivi e competitivi.

Occorre essere testimoni della carità

 

In questo tempo di grandi trasformazioni nel campo dell’economia “non conta soltanto diventare più ‘competitivi’ e ‘produttivi’ occorre essere ‘testimoni della carità’”. E’ quanto afferma il Papa in un messaggio inviato a mons. Stanisław Ryłko, presidente del pontificio Consiglio per i Laici, che sta tenendo a Rocca di Papa, vicino Roma, il IX Forum internazionale dei giovani sul tema “Testimoni di Cristo nel mondo del lavoro”. All’evento partecipano oltre 300 giovani delegati delle Conferenze episcopali e di vari Movimenti e Associazioni internazionali provenienti da tutto il mondo. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Il Papa nel messaggio sottolinea che se, da una parte, i progressi compiuti  in quest’epoca di grandi trasformazioni “hanno suscitato nuove speranze nei giovani, dall’altra hanno spesso creato in loro forme preoccupanti di emarginazione e di sfruttamento, con crescenti situazioni di disagio personale”. Sono infatti “aumentate le difficoltà di reperire un’occupazione lavorativa che risponda alle attitudini personali e agli studi compiuti, con in più l’aggravio dell’incertezza circa la possibilità di poter poi mantenere nel tempo un pur modesto impiego. Il processo di globalizzazione in atto nel mondo – prosegue il Pontefice - ha recato con sé un’esigenza di mobilità che obbliga numerosi giovani a emigrare e a vivere lontano dal Paese d’origine e dalla propria famiglia. E questo – ha aggiunto - ingenera in tanti un inquietante senso di insicurezza, con indubbie ripercussioni sulla capacità non solo di immaginare e di mettere in atto un progetto per il futuro, ma persino di impegnarsi concretamente nel matrimonio e nella formazione di una famiglia”.

 

Il Papa invita ad affrontare queste “problematiche complesse e delicate”  alla luce della Dottrina sociale della Chiesa che con numerosi documenti, sin dalla Rerum novarum di Leone XIII nel 1891,  hanno richiamato “con forza la necessità di valorizzare la dimensione umana del lavoro e di tutelare la dignità della persona” in un contesto “di liberalismo economico condizionato dalle pressioni del mercato, dalla concorrenza e dalla competitività”. In effetti – spiega Benedetto XVI – “il lavoro rientra nel progetto di Dio sull'uomo … è partecipazione alla sua opera creatrice e redentrice. E, pertanto, ogni attività umana dovrebbe essere occasione e luogo di crescita degli individui e della società, sviluppo dei ‘talenti’ personali da valorizzare e porre al servizio ordinato del bene comune, in spirito di giustizia e di solidarietà”. “Non conta soltanto diventare più «competitivi» e «produttivi» - rileva Benedetto XVI - occorre essere testimoni della carità”.

 

Il Papa esorta i credenti a vivere “il lavoro come una vocazione e una vera missione” con l’obiettivo di costruire il Regno di Dio.  “Oggi, più che mai – leggiamo ancora nel messaggio - è necessario e urgente proclamare ‘il Vangelo del lavoro’, vivere da cristiani nel mondo del lavoro e diventare apostoli fra i lavoratori. Ma per compiere questa missione – aggiunge il Papa - occorre restare uniti a Cristo con la preghiera e un’intensa vita sacramentale, valorizzando a tale scopo in maniera speciale la Domenica, che è Giorno dedicato al Signore”.

 

Il Papa incoraggia infine “i giovani a non perdersi d’animo dinanzi alle difficoltà” e dà loro appuntamento per domenica prossima, in Piazza San Pietro, per la celebrazione della Domenica delle Palme e della XXII Giornata Mondiale della Gioventù, ultima tappa di preparazione alla GMG, che si terrà il prossimo anno a Sidney, in Australia.

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Da Gesù, il cristiano impari non solo la misericordia ma a gioire

del perdono che riconcilia gli animi: così padre Cantalamessa

nell'ultima predica di Quaresima al Papa e alla Curia Romana

 

“Il perdono per una comunità è come l’olio per il motore: come l’olio anche il perdono scioglie gli attriti” e permette agli uomini di vivere in armonia. E’ il pensiero con il quale padre Raniero Cantalamessa ha concluso stamattina il ciclo di meditazioni quaresimali, tenuto al Papa e alla Curia Romana. Il predicatore pontificio ha basato la sua riflessione sulla quinta Beatitudine dell’evangelista Matteo: “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia”. Ce ne parla Alessandro De Carolis:

 

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Se le Beatitudini sono il “ritratto” di Gesù, anche l’esercizio della misericordia va considerato per un credente nel modo in cui Cristo lo visse. Da questa posizione di partenza, comune anche alle altre meditazioni, padre Raniero Cantalamessa ha mosso la riflessione del venerdì che introduce alla Settimana Santa. Tutta la Bibbia, ha spiegato all’inizio, è pervasa dal concetto della misericordia di Dio “verso l’infedeltà del popolo”. Misericordia intesa in una doppia direzione: quella di Dio verso i peccatori e quella degli uomini fra loro. Padre Cantalamessa ha ricordato gli innumerevoli brani che nell’Antico e nel Nuovo Testamento mostrano esempi del perdono che, se praticato, rende l’uomo davvero, più di altro, “a immagine e somiglianza di Dio”. Ma c’è di più:

 

“La cosa più sorprendente, circa la misericordia di Dio, è che egli prova gioia nell’aver misericordia (…) Ma perché, ci si domanda, una pecora deve contare, sulla bilancia, quanto tutte le rimanenti messe insieme, e a contare di più deve essere proprio quella che è scappata e ha creato più problemi, la pecorella smarrita? (…) Che dire allora delle novantanove pecorelle giudiziose e del figlio maggiore? Non c’è alcuna gioia in cielo per essi? Vale la pena vivere tutta la vita da buoni cristiani? (…) L’errore del figlio maggiore sta  nel considerare l’essere rimasto sempre a casa e aver condiviso tutto con il Padre, non un privilegio immenso, ma un merito; si comporta da mercenario, più che da figlio”.

 

Dio è pronto al perdono ma rispetta la libertà dell’uomo di accogliere questo perdono e a sua volta offrirlo ai suoi simili. Ma la misericordia di Dio verso di noi - si è domandato poco dopo il predicatore francescano - è effetto ed è proporzionata a quella che dimostriamo agli altri? No, ha affermato: il perdono di Dio precede sempre quello umano:

 

“La parabola dei due servitori è la chiave per interpretare correttamente il rapporto. Lì si vede come è il padrone che, per primo, senza condizioni, rimette un debito immenso al servo (diecimila talenti!) ed è proprio la sua generosità che avrebbe dovuto spingere il servo ad avere pietà di colui che gli doveva la misera somma di cento denari. Dobbiamo dunque avere misericordia perché abbiamo ricevuto misericordia, non per ricevere misericordia; però dobbiamo avere misericordia, altrimenti la misericordia di Dio non avrà effetto per noi e ci verrà ritirata, come il padrone della parabola la ritirò al servo spietato”.

 

La Chiesa, dunque, e ogni singolo cristiano sono sollecitati a comportarsi con altrettanta generosità e con l’intelligenza che contraddistinse l’amore di Cristo verso i peccatori. E parlando di peccatori, il predicatore pontificio ha contestato una tendenza odierna che vorrebbe scagionare i farisei da tale ruolo, identificandolo solo nei criminali peggiori e dunque facendo apparire Gesù una persona socialmente "irresponsabile":

 

“Se fosse così, gli avversari di Gesú avevano effettivamente ragione di scandalizzarsi e di ritenerlo persona irresponsabile e socialmente pericolosa. Sarebbe come se oggi un sacerdote frequentasse abitualmente mafiosi, camorristi e criminali in genere, e accettasse i loro inviti a pranzo, con il pretesto di parlare loro di Dio. In realtà, le cose non stanno così (...) Gesú non nega che esista il peccato e che esistano i peccatori, non giustifica le frodi di Zaccheo o l’adulterio della donna. Il fatto di chiamarli 'i malati' lo dimostra (…) Egli non banalizza il peccato, ma trova il modo di non alienarsi mai i peccatori, ma piuttosto di attirarli a sé. Non vede in essi solo quello che sono, ma quello che possono divenire, se raggiunti dalla misericordia divina nel profondo della loro miseria e disperazione. Non aspetta che vengano da lui; spesso è lui che va a cercarli”.

 

Si tratta allora, ha concluso padre Cantalamessa, “di reagire con il perdono e, fin dove è possibile, con la scusa, non con la condanna”:

 

“Il perdono è per una comunità quello che è l’olio per il motore. Se uno esce in auto senza una goccia d’olio nel motore, dopo pochi chilometri andrà tutto in fiamme. Come l’olio anche il perdono scioglie gli attriti. Cerchiamo di individuare, tra i nostri rapporti con le persone, quello nel quale ci sembra necessario far penetrare l’olio della misericordia e della riconciliazione e versiamocelo silenziosamente, con abbondanza, in occasione della Pasqua”.

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Altre udienze

 

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina un altro gruppo di presuli della Conferenza episcopale della Regione Sicilia, in visita "ad Limina". Questo pomeriggio riceverà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congrega-zione per la Dottrina della Fede.

 

 

La vita è priva di senso se non s'incontra con l'amore vero.

Cosi’ il Papa ai giovani romani nella Basilica di San Pietro

per la liturgia penitenziale

 

Un invito a “incidere con una testimonianza autenticamente cristiana” per edificare nel mondo intero la civiltà dell’Amore. Lo ha rivolto il Papa ieri pomeriggio ai numerosissimi giovani romani accorsi in Basilica di San Pietro e in Aula Paolo VI per la celebrazione della liturgia penitenziale in preparazione alla 22.ma Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà nelle singole diocesi domenica prossima, Domenica delle Palme. “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”, è il tema di quest’anno. Il servizio è di Paolo Ondarza.  

 

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“Un incontro attorno alla Croce”: il Papa ha definito così la celebrazione della liturgia penitenziale a San Pietro con i giovani di Roma. Al centro dell’altare il Crocifisso della Cappella Sistina: segno della misericordia divina incarnata da Gesù fino alla follia della Croce. Benedetto XVI ha ricordato il comandamento nuovo di Cristo, pronunciato prima del tradimento: “Come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. 7 giovani hanno presentato all’altare i 7 vizi capitali, poi 7 lumi sono stati accesi: la luce della speranza portata da Cristo che illumina il buio della realtà umana macchiata dal peccato. Il Papa ha citato l’Enciclica Redemptor hominis di Giovanni Paolo II:

 

“'L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa pienamente'. Ancor più il cristiano non può vivere senza amore. Anzi, se non incontra l’amore vero non può dirsi nemmeno pienamente cristiano".

 

“L’incontro con la Persona di Cristo da vita a un nuovo orizzonte” ha detto Benedetto XVI citando la Deus caritas est:

 

"L’amore di Dio per l’uomo, che si esprime in pienezza sulla Croce, è descrivibile con il termine agape, ossia 'amore oblativo che cerca esclusivamente il bene dell’altro', ma pure con il termine eros. Infatti, mentre è amore che offre all’uomo tutto ciò che Dio è, come ho osservato nel Messaggio per questa Quaresima, è anche un amore dove il 'cuore stesso di Dio, l’Onnipotente, attende il ‘sì’ delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa'”.

 

Per dire sì a Cristo ecco il sacramento della Confessione amministrato dal sacerdote: ricevendolo con fede e devozione e dopo un attento esame di coscienza l’uomo abbandona “l’illusione di un’impossibile autosufficienza e la seduzione delle menzogne del Maligno”.

 

La Basilica di San Pietro si è trasformata in spazio della misericordia. I giovani romani hanno dapprima formulato una richiesta comune di perdono, poi il momento più forte: la Confessione individuale amministrata dal Santo Padre e da oltre 200 sacerdoti. Ai partecipanti il Papa ha affidato un impegno:

 

"Uscendo da questa celebrazione, con i cuori ricolmi dell’esperienza dell’amore di Dio, siate preparati ad 'osare' l’amore nelle vostre famiglie, nei rapporti con i vostri amici e anche con chi vi ha offeso. Siate preparati ad incidere con una testimonianza autenticamente cristiana negli ambienti di studio e di lavoro, ad impegnarvi nelle comunità parrocchiali, nei gruppi, nei movimenti, nelle associazioni e in ogni ambito della società".

 

“Il mondo aspetta questo contributo per l’edificazione della civiltà dell’amore" – ha aggiunto:

 

 “L’orizzonte dell’amore è davvero sconfinato: è il mondo intero!”

 

 Il Papa ha invitato i fidanzati a vivere vivete "il fidanzamento nell’amore vero, che comporta sempre il reciproco rispetto, casto e responsabile". Ai giovani chiamati alla consacrazione ha chiesto di rispondere con un “sì” a Dio "generoso e senza compromessi”. Per essere pienamente vero, libero e sorgente di gioia – ha detto – l’amore richiede sacrificio, abnegazione, fedeltà e perseveranza.

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Ma cosa rappresenta per i giovani il sacramento della Confessione? Marina Tomarro ha raccolto le voci di alcuni partecipanti alla Liturgia penitenziale:

 

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R. – Innanzitutto aprire un dialogo a cuore aperto con Dio, quindi parlare con Lui senza nascondergli nulla. Soltanto così abbiamo la possibilità di arrivare a toccarlo con lo spirito e sentirlo dentro.

 

R. – E’ un momento molto importante perché è il momento in cui il cristiano si riconosce peccatore di fronte alla grandezza di Cristo e di conseguenza è l’unico momento in cui ci si può riavvicinare e riappacificare con Lui.

 

R. – E’ la dimostrazione dell’amore che Dio ha verso di noi, perchè anche se noi ripetiamo ogni volta i nostri peccati c’è sempre questa misericordia, c’è sempre questo perdono che siamo sicuri di ricevere.

 

D. – La Confessione è un sacramento che hai sempre praticato o l’hai riscoperto ultimamente?

 

R. – L’ho riscoperto ultimamente perchè per tanto tempo l’ho praticato sempre come una routine, ma ora ho capito cosa vuol dire il vero perdono dei peccati.

 

R. – E’ un sacramento che ho sempre praticato e tuttora lo pratico: questo mi fa andare avanti nella fede.

 

R. – Da piccoli si tentenna ad andare a confessarsi però quando si ha la consapevolezza del peccato, quando si ha consapevolezza anche della misericordia, si riscopre il sacramento della Confessione.

 

D. – Fulcro della confessione è il perdono di Dio, ma per te cosa vuol dire perdonare?

 

R. – Il perdono è difficile però senza il perdono non si vive perché senza il perdono il nostro cuore non è libero per accettare Dio e per accoglierlo sempre, come dovremmo fare. Il perdono deve essere il nostro costante obiettivo, anche quando ci sembra difficile.

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Due interventi di mons. Silvano Tomasi all’ONU

sulla libertà religiosa e sui diritti dell’infanzia

 

“La religione è tra quei fattori sociali che, insieme con la scienza, ha più contribuito al progresso dell’umanità attraverso la promozione culturale, artistica, sociale e di valori umanitari. Pertanto ogni religione che predica o condona la violenza, l’intolleranza e l’odio rende se stessa indegna di questo nome”. È quanto ha affermato il 22 marzo l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra. Prendendo parte alla IV sessione del Consiglio dei Diritti Umani, mons. Tomasi ha detto che “accanto al fanatismo pseudoreligioso ci sono esempi di fanatismi antireligiosi che denigrano la religione o, più in generale, i fedeli di una religione. Le legittime critiche verso certe forme di comportamento dei fedeli di una religione – ha aggiunto il presule – non dovrebbero trasformarsi in un insulto o un’ingiusta diffamazione, né in dileggio verso persone venerate, pratiche, riti o simboli”.

 

Il rappresentante della Santa Sede ha sottolineato che “la promozione del rispetto del diritto alla libertà di religione e del diritto alla libertà di espressione non dovrebbe mettere da parte la questione del rispetto concreto delle religioni, credenze e opinioni in cui questi diritti si realizzano. Non si può considerare la messa in ridicolo del sacro come un diritto alla libertà di espressione”. Nel pieno rispetto di quest’ultimo, ha detto ancora mons. Tomasi, è necessario sviluppare meccanismi e strumenti coerenti con i diritti umani, che difendano il messaggio delle comunità religiose dalle manipolazioni ed evitino un’irrispettosa presentazione dei loro fedeli. Il rappresentante della Santa Sede, in un altro intervento, il 23 marzo, sempre nella stessa sede, ha affrontato il tema dei diritti dell’infanzia, osservando che “in molti casi, la mancanza di buona volontà e di risorse impedisce che vengano applicati provvedimenti giuridici e politiche pubbliche, con gravi conseguenze per i minori, che spesso sono le prime vittime delle carestie e delle guerre”. Il nunzio apostolico ha aggiunto che “a molti bambini è negato il diritto alla vita, che la selezione prenatale elimina sia i bambini che rischiano di nascere con una disabilità, sia le bambine, solo a causa del loro sesso, negando così il valore medesimo ed intrinseco delle persone disabili e delle bambine ad essere membri della famiglia e della società”.

 

L’arcivescovo Tomasi ha ribadito che “il primo diritto dei minori è quello di nascere e di essere educati in un ambiente familiare accogliente e sicuro, che garantisca la crescita fisica, psicologica e spirituale e che sviluppi le potenzialità e dove la consapevolezza della dignità personale sia la base del rapporto con gli altri e nell’affrontare il futuro”. Dopo aver rimarcato che lo Stato e la società devono “sostenere la famiglia perchè sia in grado di portare a compimento la sua missione”, il presule ha illustrato il contributo offerto dalla Chiesa Cattolica. “Con le sue 300 mila istituzioni sociali, caritative ed educative, opera quotidianamente per assicurare un’educazione dell’infanzia orientata alla pace ed alla creatività, allo sviluppo delle attitudini individuali e per favorire la reintegrazione dei minori abbandonati o che hanno subito abusi, nelle proprie famiglie e nella società”. “Difendere i diritti dell’infanzia ed eliminare tutte le forme di violenza contro i minori rimane una sfida istituzionale per la comunità internazionale – ha concluso mons. Tomasi – si conseguiranno buoni risultati soltanto se si darà priorità al ruolo naturale della famiglia, e se la cultura pubblica riconoscerà che anche il bambino è pienamente persona umana”.

 

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Servizio vaticano - In primo piano: Benedetto XVI presiede la Celebrazione della Penitenza in preparazione alla XXII Giornata Mondiale della Gioventù.

Servizio estero - In evidenza l'intervento della Santa Sede in occasione della quarta Sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell'Uomo, dal titolo "Il rispetto delle Religioni e della libertà religiosa".

Servizio culturale - Un articolo di Gian Filippo Belardo dal titolo "L'Enigma al centro della riflessione. Il mondo come museo di stranezze": quasi 100 opere esposte fino al 27 maggio al Palazzo Zabarella di Padova ripercorrono la parabola creativa di de Chirico.

Servizio italiano - In rilievo il tema del lavoro.

 

 

 

 

Oggi in Primo Piano

 

 

Solenne esecuzione della “Passione secondo Matteo”

composta dal vescovo ortodosso Ilarion Alfeev.

Un concerto nel segno dell’ecumenismo fra le Chiese d’Oriente e di Roma

 

Ieri sera, all’Auditorium della Conciliazione, alla presenza di autorità ecclesiastiche e diplomatiche cattoliche e ortodosse, è stato eseguito il concerto de “La Passione secondo Matteo”, opera composta da Ilarion Alfeev, vescovo ortodosso di Vienna e rappresentante a Bruxelles degli ortodossi russi. Solo tre giorni fa, era stata celebrata a Mosca la prima mondiale. Sul palcoscenico romano, la storica orchestra sinfonica “Chajkovsky” di Mosca, diretta da Vladimir Fedoseev, e il coro “Tretjakov”, specializzato nel repertorio spirituale russo. C’era per noi A.V.:

 

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(musica)

 

Una preparazione alla Settimana Santa, attraverso il patrimonio culturale e spirituale dell’Oriente: così il Patriarca Alessio II ha inteso l’offerta musicale di un grande oratorio sacro, scritto secondo la tradizione ortodossa, nel messaggio riportato dal cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. La celebrazione della Pasqua, quest’anno coincidente per le due Chiese, è stata infatti anticipata dalla comune partecipazione a un concerto che ha fatto rivivere, attraverso il testo evangelico, l’Ultima Cena, il Processo, la Crocifissione e la Deposizione di Cristo. Cantata in russo, con i recitativi in italiano, la Passione secondo Matteo di Ilarion Alfeev dispiega un coro solenne e un’imponente orchestra d’archi rafforzata nei suoni gravi da 10 contrabbassi: si apre in modo minore, ma ascendente; l’inno funebre e l’Alleluja. Il Vangelo è enunciato nei recitativi, quasi una salmodia che poi muta in responsorio tra il solista e il coro, mentre l’umanità dei personaggi è ricalcata dall’espressività degli strumenti, primo fra tutti il violoncello. Momenti di emozione crescente nel coro delle Beatitudini e nelle fughe strumentali, con accenti di modernità, ma l’Oratorio finge di ignorare la lezione di Stravinsky, Prokof’ev o Shostakovich, riconducendo la musica a quella tradizione russa tardo ottocentesca che trova il suo epigono in Chajkosky, di cui l’Orchestra in scena porta il nome. E’ il ritorno a una tradizione anche religiosa, che dopo l’occultamento del regime sovietico torna a sgorgare pura, intatta, e che la musica trasmette senza mediazioni, con la sua capacità di coinvolgere e arrivare al cuore.

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Ieri a Roma quindi, il dialogo ecumenico non è passato attraverso il confronto teologico ma attraverso l’arte e la bellezza della musica. In questo contesto, Helène Destombes ha chiesto al vescovo Ilarion - che fa parte tra l’altro della Commissione mista per il dialogo tra cattolici ed ortodossi russi - a che punto siano i rapporti tra la Chiesa cattolica ed il Patriarcato di Mosca che proprio quest’anno celebrano la Pasqua lo stesso giorno:

 

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R. - Quand-même, il me semble qu’il faut continuer et intensifier le contact …

Mi sembra sia veramente necessario proseguire su questa strada ed intensificare i contatti a livello teologico e culturale. Il nostro programma va un po’ in questa direzione, degli scambi culturali tra le due Chiese.

 

D. - Lei ha parlato anche di un eventuale, possibile incontro tra Benedetto XVI e Alessio II in un Paese terzo. Potrebbe essere l’Austria dove il Papa si recherà nel prossimo mese di settembre?

 

R. - Ça pourrait être l’Autriche, mais ça pourrait être bien-sûr un autre Pays …

Potrebbe essere l’Austria, ma potrebbe essere ovviamente anche un altro Paese...

 

D. - Immagino si stia facendo un lavoro importante affinché questo incontro possa aver luogo: ci può dire qualcosa in proposito?

 

R. – C’est vraiment l’essence de cette rencontre, ce n’est pas vraiement le lieu ...

In realtà, quello che è importante è il contenuto di questo incontro e non certamente il luogo o il giorno. Quindi, è necessario preparare questo incontro, è necessario trovare una soluzione ad alcuni problemi che ancora ci separano, e la preparazione deve avvenire da entrambe le parti. La nostra speranza è che così si possa realizzare.

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Inaugurato ad Alba, in Piemonte, il Film Festival

dedicato alla dimensione esistenziale e spirituale dell'uomo

 

Si è aperta ieri sera ad Alba, in Piemonte, la sesta edizione dell’Alba International Film Festival, un appuntamento cinematografico che si protrarrà fino al prossimo 4 aprile e si contraddistingue per l’originalità delle scelte artistiche, orientate principalmente al confronto e all’indagine sull’uomo contemporaneo, nella sua ricerca esistenziale e nella sua dimensione spirituale. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Non è una Festa né una Mostra, nemmeno una vetrina per sole star oppure una fabbrica di notizie futili: l'Alba International Film Festival è un luogo di ricerca e di proposta del cinema più spiccatamente culturale, ove dentro la “cultura” d’ogni tempo e d'ogni luogo si vanno a scandagliare, evidenziare e recuperare quelle tracce di spiritualità che la settima arte, arte dell’immagine e della parola, spesso propone sotto metafore o nasconde dietro artifici più o meno leggibili. Ma quando il cinema, come quello proposto in questo piccolo e ricco Festival, parla dell’uomo, non parla anche del suo spirito, o almeno del suo anelito all'infinito, alla risposta che cancella il dubbio, alla speranza che frantuma le paure?

 

Ad Alba, sorretta dal paziente e accurato lavoro del suo direttore, Luciano Barisone, si esplorano anche quest’anno mondi vecchi e nuovi, anime lacerate e spiriti coraggiosi, volti di bambini che scrivono lettere a Dio e bambine orrendamente sfruttate in Cambogia, immensi paesaggi in cui la natura rispecchia la profonda bellezza di Chi l'ha creata e nature urbane di ben altro tenore. Insomma, un Festival cosiddetto “cinefilo” la cui caratteristica è quella di proporre  quotidianamente lo scambio con i suoi protagonisti, perché il cinema vive anche al di fuori della sala e dello schermo. Si presentano opere di maestri riconosciuti, come Sydney Pollack e quelle di autori emergenti come l’austriaca Barbara Albert e l’indonesiano Garin Nugroho. E proprio al grande regista americano – regista “umanista” come è stato qui definito –, autore tra l’altro dell’indimenticabile “Come eravamo” e del drammatico “Non si uccidono così anche i cavalli?”, è stata affidata ieri sera l’apertura del Festival e la prima delle lezioni di cinema nel corso della quale ha messo in evidenza stile e contenuti delle sue opere, da quelle più spiccatamente narrative ai film con i quali ha esplorato il nostro difficile mondo e le sue tante contraddizioni.

 

Da segnalare, infine, nei prossimi giorni, un Convegno dedicato alla paura nel cinema e curato da mons. Dario Viganò, presidente dell'Ente dello Spettacolo: studiosi e sacerdoti chiamati ad interrogarsi sull’inquietudine e l’ansia della contemporaneità nelle sue ricadute sociali, filosofiche, politiche ed esistenziali, così come il cinema riesce a raccontarle e trasmetterle.

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Chiesa e Società

 

 

Indetta oggi una giornata di preghiera e digiuno per la pace.

A promuoverla i superiori generali

delle congregazioni religiose di tutto il mondo

 

La Commissione di giustizia, pace e integrità del creato dell’Unione dei Superiori Generali (Usg) e dell’Unione internazionale delle Superiore Generali (Uisg) ha indetto per oggi una giornata di preghiera e digiuno per la pace. A tutte le congregazioni è giunto l’invito a pregare perché cessino violenza e guerra in Darfur, Iraq, Afghanistan, Sri Lanka, Uganda del Nord, Nepal, Colombia, Israele, Palestina e Libano e in tutti quei luoghi del mondo dove ci sono discordia e divisioni. L’iniziativa vuole ricordare anche i numerosi conflitti armati attualmente in corso che seminano lutti e dolori, e che spesso non attirano l’attenzione del mondo dell’informazione. Sono 17 oggi le cosiddette “guerre dimenticate”, mentre si registrano periodicamente azioni armate in 21 “aree di crisi”. Dal dopoguerra ad oggi si contano almeno 27 milioni di morti e 35 milioni di rifugiati a causa delle guerre: il 90 per cento di queste vittime sono civili. Viene definita guerra quel conflitto in cui si supera la soglia dei mille morti e che ogni anno, a causa dei combattimenti, conta cento vittime. Oggi la maggior parte dei conflitti interessa l’emisfero sud del mondo, in particolare l’Africa. Le nazioni che sono in guerra sono molto povere. Una delle ragioni di fondo dello scoppio di molti conflitti risiede nel fatto che l’apparato politico degli Stati coinvolti non è sostenuto da solide basi democratiche. Fra i Paesi con guerre permanenti o con ricorrenti esplosioni di violenza armata vi sono l’Afghanistan, l’Algeria, la Cecenia, la Colombia e la Repubblica Democratica del Congo; situazioni di crisi si registrano invece in Messico, Guatemala, Spagna, Serbia e Georgia. “Pensiamo che riservare un giorno, durante la Quaresima, per pregare insieme per la pace sulla terra, da parte di noi tutti membri di Congregazioni Religiose, possa avere un significativo effetto sul nostro mondo” si legge in un messaggio dell’Uisg. (T.C.)

 

 

L'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede assicura il mondo cattolico

che la plenaria prevista ieri in Vaticano non si è tenuta

per "contingenze di politiche internazionali"

 

“Il motivo del rinvio della riunione plenaria della Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele prevista ieri in Vaticano, è stato dovuto a nuove circostanze in Medio Oriente, che richiedevano la presenza del Direttore Generale del Ministero degli Affari Esteri Israeliano. La Conferenza della Lega Araba a Riad, il viaggio del Segretario di Stato Rice e la presenza in questi giorni del Segretario dell’ONU nella zona, hanno impedito la partenza del Direttore Generale in sede”. Ad affermarlo è l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Oded Ben Hur che in una dichiarazione ad AsiaNews ha voluto assicurare il mondo cattolico che la decisione israeliana di non partecipare alla "Plenaria" per i negoziati tra Santa Sede e Israele su alcune questioni relative all’Accordo Fondamentale, firmato dalle due parti il 30 dicembre 1993, non ha alcun significato di rottura, e non è neppure una mancanza di riguardo per la delegazione ospitante. L’assenza è “unicamente” dovuta a "contingenze di politica internazionale". Mercoledì un comunicato della Santa Sede esprimeva “rammarico” per la cancellazione dell’incontro e attendeva “al più presto” una nuova data per la convocazione della Plenaria. L’ambasciatore Ben Hur, esprime “disappunto” per ciò che egli definisce fraintendimenti della vicenda, e conclude affermando che “alla luce dei buoni rapporti tra Santa Sede e Israele, e della buona volontà finora espressa nei colloqui bilaterali, siamo certi di poter concertare una data per l’incontro della Commissione in tempi più brevi possibili”. Al centro dei lavori della Plenaria, l’Articolo 10, laddove la Santa Sede e lo Stato d'Israele s’impegnano a negoziare “in buona fede un accordo complessivo, che contempli soluzioni accettabili da ambo le parti su punti non chiari, non fissati o discussi a proposito della proprietà e di questioni economiche e fiscali che riguardano in generale la chiesa cattolica o specifiche comunità o istituzioni cattoliche”. (R.P.)

 

 

In Myanmar si è spento padre Paolo Noè,

l'ultimo missionario del PIME nel Paese

 

L’ultimo “patriarca” del Myanmar, padre Paolo Noè, è  morto ieri all’età di 89 anni a Hwari. La notizia l’ha data il vescovo della diocesi, mons. Peter Hla, che ha confermato la sua presenza ai funerali che saranno celebrati il 2 aprile. Come riferisce AsiaNews, Padre Paolo Noè è l’ultimo dei missionari del Pime (Pontificio istituto missioni estere), riuscito a rimanere nel Paese dopo che il governo ha chiuso le frontiere ai missionari stranieri nel ’66, espellendo anche tutti coloro che erano arrivati nel Myanmar prima dell’indipendenza. Egli era giunto nella ex Birmania nel ’48, e lì ha speso 59 anni della sua vita. Era ormai rimasto l’unico sopravvissuto dei 29 missionari che erano riusciti a conservare il visto. Il governo di Yangon, li aveva minacciati che se avessero lasciato il Paese, non avrebbero potuto più rientrare. Per questo tutti loro avevano giurato di rimanere nel Myanmar e lì morire. Padre Noè è stato impegnato per decenni nell’evangelizzazione diretta delle minoranze Shan e Karen, fra i cosiddetti “Phadaung” famosi per le “donne-giraffa”, dai lunghi collari. Per molti anni è stato anche superiore della missione, essendo “il più giovane” dei padri. Compiuti gli 80 anni, si era ritirato a fare il coadiutore nella parrocchia di Hwari, fondata dal Pime nel 1890, consigliando e sostenendo i sacerdoti giovani, le suore, i fedeli e lo stesso vescovo della nuova diocesi di Pekhon, mons. Peter Hla, che nell’infanzia era stato un suo chierichetto. La regione dove padre Noè ha lavorato fa parte delle cosiddette “black area”, le zone ristrette, non accessibili agli occidentali; aree dove, per molto tempo, vi sono stati contrasti e scontri fra l’esercito e i gruppi etnici Shan e Karen che chiedevano l’autonomia. La regione è fra le più povere e arretrate del Myanmar.  

 

 

Vietnam: 8 anni di prigione al sacerdote cattolico dissidente

Nguyen Van Ly; è accusato di aver fatto propaganda

contro il regime comunista

 

Dopo 14 anni dietro le sbarre, dallo scorso febbraio era agli arresti domiciliari, ora il sacerdote cattolico dissidente Nguyen Van Ly è stato condannato in Vietnam ad 8 anni di prigione per propaganda contro il regime comunista. Insieme a lui, scrive l’agenzia AsiaNews, sono stati condannati 2 uomini e 2 donne, con pene che vanno da un anno e mezzo fino a 6 anni di reclusione. Padre Van Ly, 60 anni, era accusato di essere tra i promotori di un movimento per la democrazia, chiamato “blocco 8406”, nato nell’aprile dello scorso anno, con 2 mila aderenti, e di sostenere gruppi illegali quali il Partito progressista del Vietnam. Gli altri accusati hanno tutti ammesso di essere membri di questo partito. Il processo che ha condannato padre Van Ly è durato una sola giornata. Negli ultimi mesi la polizia ha arrestato vari dissidenti democratici. Fra questi vi sono Nguyen Van Dai e Le Thi Cong Nhan, due avvocati per i diritti umani, in carcere dal 6 marzo perché avrebbero distribuito informazioni “pericolose per lo Stato”. (T.C.)

 

 

Sarà inaugurata a fine anno e sarà dedicata a Nostra Signora del Rosario

la prima chiesa cattolica in Qatar

dove da 14 secoli i cristiani non avevano luoghi di culto

 

Dopo 14 secoli la Chiesa cattolica in Qatar ha ottenuto il permesso per riaprire un luogo di culto. L’edificio - che sorgerà nella parte meridionale della capitale Doha - non sarà aperto al pubblico, ma consentirà alla comunità cattolica, composta per la maggior parte da stranieri, di riunirsi per pregare. Il futuro parroco, padre Tom Veneration, ha raccontato ad AsiaNews che dopo oltre 20 anni di richieste formali, il governo ha concesso alle confessioni cristiane i terreni per costruire i propri edifici di culto. Ai cattolici è stato assegnato il lotto più grande, per la storica presenza nel Paese e per il fatto che la comunità, con oltre 100 mila fedeli, è la più grande. Il terreno per la chiesa, ha detto padre Veneration, “è stato concesso alla Chiesa dall’emiro Amir Hamad bin Khalifa Al Thani, che nel corso degli ultimi anni ha portato avanti una politica di dialogo interreligioso pur mantenendo la legge che vieta alla popolazione, per la maggior parte di fede musulmana, di convertirsi ad altre fedi”. La chiesa sarà dedicata a Nostra Signora del Rosario. I lavori per costruire il luogo di culto costeranno in totale circa 15 milioni di dollari: i cattolici di tutta la Penisola arabica, per la maggior parte filippini ed indiani, stanno contribuendo per raccogliere la somma. L’inaugurazione è prevista per la fine dell’anno. Il Qatar ha circa 750 mila abitanti, per la maggior parte di fede islamica. Il governo, che ha allacciato rapporti diplomatici con il Vaticano solo nel 2002, si è opposto per quasi 15 secoli alla costruzione di chiese cristiane a causa delle pressioni della forte corrente wahabi, maggioritaria nel Paese, che le vede come una profanazione della “terra santa”. (T.C.)

 

 

Usava l’intelligenza come dono di Dio, senza timore: con queste parole

il cardinale Achille Silvestrini ha ricordato ieri pomeriggio a Bologna

la figura di Beniamino Andreatta, scomparso lunedì scorso

 

 

"Nino Andreatta non ha mai accettato l’opportunismo, nemmeno quello che caratterizza l’esperienza politica di molti cristiani". Lo ha ricordato il cardinale Achille Silvestrini che, in quanto amico di famiglia, ha presieduto ieri pomeriggio, a Bologna, nella basilica di San Domenica, le esequie dell’economista, già senatore e ministro della Difesa, morto all’età di 78 anni lunedì scorso dopo un coma durato sette anni. Il porporato ha ricordato molti passaggi della vita politica di Andreatta, a cominciare dal suo impegno contro la guerra in Jugoslavia e a quello per la pace. Andreatta, ha sottolineato il cardinale Silvestrini, era un cristiano fedele che usava l’intelligenza come dono di Dio, senza timore. Di lui il porporato ha richiamato anche la consonanza con Aldo Moro e la sua ispirazione a La Pira e Dossetti. “Andreatta – ha concluso il cardinale Silvestrini – ha saputo fare del sapere scientifico uno strumento per ampliare lo spazio della giustizia”. La cerimonia religiosa è stata introdotta dal vescovo ausiliare di Bologna, mons. Ernesto Vecchi. “La famiglia Andreatta – ha detto il vescovo – ci ha insegnato, contro il ben pensare corrente, che la vita è sempre e comunque degna di essere vissuta, anche nelle condizioni più estreme di precarietà”. (A cura di Stefano Andrini)

 

 

La Specola Vaticana collabora ad un progetto della NASA sullo studio

delle stelle doppie e la formazione dei pianeti fuori dal sistema solare

 

Scienza e fede, una feconda sinergia. L’ultima conferma viene da Pasadena in California, dove la NASA ha pubblicato i risultati di un progetto di ricerca sulle stelle doppie al quale ha collaborato anche la Specola Vaticana, l’Osservatorio astronomico della Santa Sede. Quando si parla di stelle doppie ci si riferisce ad un sistema in cui due stelle rivoluzionano una intorno all'altra e sono "legate" tra loro dalla mutua forza gravitazionale. Tra le stelle doppie, risalta Sirio l’astro più luminoso del cielo notturno. Sirio, che si trova ad una distanza di 8,6 anni luce dal nostro pianeta, è una delle stelle più vicine alla Terra. Questo è il motivo principale della sua luminosità. Utilizzando il telescopio Spitzer Space, si legge in un comunicato della NASA, gli astronomi hanno scoperto che ci sono almeno tanti sistemi con stelle doppie quanti ce ne sono con una sola stella, come il nostro. E’ quindi possibile che nell’universo esistano numerosi pianeti legati a due o più stelle. I dati elaborati dalla NASA mostrano, inoltre, che i sistemi stellari binari, cioè con stelle doppie, sono luoghi adatti alla formazione di pianeti. Fino ad oggi questi sistemi erano stati largamente ignorati per le notevoli difficoltà incontrate nello studiarli. Il progetto della NASA, portato avanti con la Specola Vaticana ed altre istituzioni scientifiche, può dunque aprire scenari inesplorati sulla formazione dei pianeti e la natura delle stelle. (A cura di Alessandro Gisotti)

 

 

 

24 Ore nel Mondo

- A cura di Eugenio Bonanata ed Eugenio Laurenzi -

 

 

- La tv iraniana ha mostrato le immagini di tre dei 15 marinai britannici detenuti da una settimana a Teheran. Uno di loro – secondo l’emittente – avrebbe confessato di essere entrato in acque iraniane. “Il governo britannico dovrebbe scusarsi”, ha detto il presidente iraniano Ahmadinejad. Londra, invece, definisce l’atto una “propaganda vergognosa”. Intanto, dopo la promessa del premier britannico Blair di aumentare la pressione sull’Iran, anche il responsabile della politica estera europea, Javier Solana, ha chiesto l’immediato rilascio dei marinai. Nella vicenda è intervenuto pure il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, esprimendo “grave preoccupazione” e chiedendo una “rapida soluzione della crisi e che sia garantito l'accesso consolare ai prigionieri”. Ma cosa può fare davvero la comunità internazionale per sbloccare questa situazione? E cosa non ha fatto fino a questo momento? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al giornalista ed analista politico, Ahmad Rafat:

 

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R. – Credo che quello che può fare la comunità internazionale sia aumentare le pressioni sull’Iran, perché l’arresto di questi 15 militari britannici non si trasformi in un’altra questione di ostaggi come quella del ’79 con i 52 diplomatici americani, che rimasero in Iran più di un anno, dando inizio al processo di isolamento della Repubblica islamica. Dipende, però, molto da quello che l’Iran vuol fare nei suoi rapporti con la comunità internazionale che, a quanto pare, in questo momento sta giocando su due tavoli. Da una parte, alcuni esponenti del governo si dicono aperti ad un dialogo, mentre altri sono contrari ad ogni dialogo e chiedono un inasprimento dei rapporti. Fatto sta che studenti sostenitori di Ahmadinejad ieri chiedevano addirittura l’esecuzione dei 15 militari britannici.

 

D. – C’è un qualche collegamento tra la detenzione dei militari britannici e la crisi nucleare innescata proprio da Teheran?

 

R. – In qualche modo, sì. Credo che la detenzione dei 15 militari britannici abbia diversi obiettivi. Anzitutto, i militari sono stati presi esattamente poche ore prime che il Consiglio di Sicurezza approvasse la seconda risoluzione sull’Iran, per quanto riguarda il dossier nucleare iraniano. Poi, non bisogna dimenticare che sette militari iraniani sono stati arrestati dalle forze americane in Iraq. Pertanto, questa mossa, può essere interpretata anche come una vendetta per i militari iraniani, che attualmente sono in mano degli Stati Uniti.

 

D. – Qual è la sua impressione? Come si risolverà questa vicenda?

 

R. – Non credo che l’Iran abbia interesse a rilasciarli, perché può utilizzare questi ostaggi come moneta di scambio su vari tavoli - quello nucleare, quello della crisi irachena, quello della crisi libanese, quello della supremazia sul Golfo - e tenerli lì in vista di un possibile attacco militare di cui si parla molto nei confronti dell’Iran e che molti esperti americani danno per imminente, anche se il governo americano lo esclude.

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- Il Senato statunitense ha approvato la legge che fissa la data di rientro delle truppe americane dall’Iraq entro il mese di marzo del 2008, pur stanziando 122 miliardi di dollari per le missioni all’estero. Dal canto suo, il presidente Bush, che dovrà firmare il provvedimento, ha ribadito più volte che porrà il veto. Intanto, proprio dall’Iraq continuano a giungere notizie di violenza. E’ di 129 morti e oltre 200 feriti il bilancio della serie di attentati che, ieri, ha scosso diverse aree del Paese. Oggi a Baghdad lo scoppio di una bomba ha provocato la morte di un soldato USA.

 

- Sempre tesa la situazione anche in Afghanistan. Un soldato dell’ISAF, la forza della NATO, è stato ucciso e tre sono rimasti feriti nel corso di un’operazione avvenuta in un luogo non precisato dell’Est del Paese. Intanto, Daniele Mastrogiacomo, il giornalista italiano sequestrato e poi liberato in Afghanistan, ha lanciato un appello per la liberazione del mediatore di Emergency e del suo interprete. Dal canto loro, i talebani sono tornati a minacciare nuove azioni. O il presidente Karzai tratta o “uccidiamo” il traduttore, ha detto il leader talebano Dadullah, che ha chiesto il rilascio di due suoi uomini detenuti a Kabul. Dadullah ha inoltre confermato che guerriglieri di Al Queda combattono al loro fianco in Afghanistan.

 

- “Terra in cambio della pace con Israele”. E’ la formula contenuta nel documento finale stilato a conclusione delle vertice della Lega Araba svoltosi a Riad, in Arabia Saudita. Il segretario generale dell’organismo, Amr Moussa, leggendo la dichiarazione ha anche sottolineato l’importanza di svuotare la regione mediorientale da tutte le armi di sterminio, comprese quelle nucleari, ma sottolineando il diritto di tutti i Paesi di accedere all’energia nucleare pacifica. Il premier israeliano, Olmert, ha parlato di cambiamento rivoluzionario nei rapporti tra Paesi arabi e lo Stato ebraico. Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Roger Bouchaine, direttore dell’Osservatorio Geopolitico mediorientale:

 

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R. – E’ un inizio molto positivo visto che la spirale di odio tra i popoli in Medio Oriente continua ad alimentarsi nei Paesi intorno ad Israele. Penso che una della cose più importanti sia creare questo ponte di pace con i Paesi confinanti: la pace con Israele e la pace con la Siria. Questa è la soluzione che gli arabi propongono, anche se non è ancora definita. Stanno parlando di un processo di pacificazione, ma i Paesi arabi prima devono mettersi insieme. E questo è quello che ancora viene a mancare.

 

D. – Concretamente che cosa vuol dire pace in cambio di terra?

 

R. – Chiaramente si tratta di uno Stato palestinese, del Golan che viene ridato alla Siria, del ritiro immediato dai confini del Libano. Praticamente, parlano di una specie di ritiro israeliano. E’ una richiesta vaga. E’ un argomento molto vago e non è mirato ad una soluzione immediata, anche se positivo.

 

D. – Il premier israeliano Olmert ha evidenziato che il fronte arabo è, però, spaccato…

 

R. – E’ chiaro che la Lega Araba non ha prodotto un mezzo di soluzione, ha prodotto uno spirito di soluzione. Chiaramente l’Arabia Saudita, con l’Egitto, la Giordania e gli Stati Arabi Uniti, non può parlare a nome di tutti i Paesi arabi. I Paesi arabi non moderati non vogliono avere niente a che fare con Israele. Israele vuole alzare la posta, perché vorrebbe una pace che duri, non vorrebbe perdere il territorio che ha acquisito.

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- Proseguono anche oggi i combattimenti in Somalia tra esercito etiope, appoggiato da soldati somali, e miliziani legati alle Corti Islamiche, che hanno bombardato il palazzo presidenziale di Mogadiscio. Un elicottero etiope sarebbe stato abbattuto. Il bilancio delle violenze parla di otto civili morti e 24 feriti, mentre in città – secondo testimoni - sarebbero in arrivo altri 200 soldati da Addis Abeba. Ieri, la capitale è stata teatro di una vera e propria carneficina: 30 i morti e almeno 200 i feriti. La situazione preoccupa il segretario generale dell’ONU, Ban Ki Moon, che ha chiesto alle parti di negoziare.

 

- Nel vertice straordinario della Comunità per lo Sviluppo dei Paesi dell’Africa Australe, tenutosi ieri in Tanzania, i delegati dei 14 Paesi presenti hanno ricercato una posizione comune per far fronte alla crisi politica ed economica dello Zimbabwe. Sotto accusa la politica del presidente Mugabe nei confronti dei rappresentanti dell’opposizione, la cui repressione ha suscitato forti preoccupazioni nella comunità internazionale.

 

- Dirottato un aereo della Sudan Airways. Partito da Tripoli, con a bordo 210 passeggeri, il velivolo è atterrato stamani all’aeroporto di Khartoum. Nella capitale il dirottatore, un sudanese, avrebbe voluto incontrare l’ambasciatore britannico, quello americano e la stampa, ma è stato arrestato da alcuni tiratori scelti travestiti da giornalisti.

 

- Ancora colpi di mortaio nello Sri Lanka. Nel distretto orientale di Batticaloa, questa notte, otto civili, tra cui due bambine, sono morti durante gli scontri tra l’esercito regolare e le Tigri Tamil, il gruppo separatista dello Sri Lanka. Altre 18 persone sarebbero rimaste ferite. L’attacco è l’ultimo di una serie di sanguinosi episodi avvenuti nelle ultime settimane.

 

- La missione europea in Kosovo in primo piano alla riunione dei ministri degli Esteri dell’UE al via oggi a Brema, in Germania. In attesa che il consiglio di Sicurezza dell’ONU si pronunci sul futuro status della provincia serba a maggioranza albanese, l’UE mira a definire il suo ruolo nel caso in cui al Kosovo venga assegnata “un’indipendenza sotto sorveglianza internazionale”. Intanto, due esplosioni sono state udite nelle prime ore di questa mattina nei pressi del monastero serbo-ortodosso di Decani, nel Kosovo occidentale, luogo sacro per la comunità serba e considerato patrimonio universale dall'UNESCO.

 

- I tre italiani arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte tangenti milionarie pagate per aggirare appalti della Commissione UE resteranno in carcere almeno fino all’11 aprile prossimo. Stamani, davanti ai giudici della camera di consiglio di  Bruxelles gli avvocati difensori degli imputati hanno chiesto il rinvio dell’udienza per poter esaminare il “voluminoso” dossier.

 

- Il presidente ucraino Viktor Iushenko, dopo mesi di braccio di ferro con il governo del premier Viktor Ianukovic, avrebbe firmato un decreto per lo scioglimento della Rada, il parlamento. Lo scrive l’agenzia ucraina on line ForUm, sottolineando che al momento sono in corso consultazioni fra presidente e premier.

 

- Sei alti esponenti di un gruppo militante islamico sono stati impiccati questa mattina in Bangladesh, per aver organizzato un attentato suicida contro due giudici nel 2005.

 

- Si è trasformata in guerriglia urbana la giornata in memoria delgiovane combattente’ a Santiago del Cile. L’anniversario si è svolto in un clima di contestazione contro il governo della Bachelet, duramente criticato per il nuovo piano del trasporto urbano. La polizia ha arrestato centinaia di dimostranti. (a cura di Eugenio Bonanata ed Eugenio Laurenzi)