RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 86
- Testo della trasmissione di martedì 27
marzo 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il
grazie di Benedetto XVI al cardinale Ruini e il saluto al suo successore in
CEI, mons. Bagnasco
Presentate le cerimonie per la chiusura della fase
diocesana di Beatificazione di Giovanni Paolo II
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La Chiesa
thailandese invita a rafforzare i legami tra i tribali delle montagne
Il governo britannico prospetta una nuova fase
nella crisi iraniana se falliranno gli sforzi per la liberazione dei 15 militari
britannici detenuti in Iran
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
Pubblicata la nota
sulle celebrazioni della Settimana Santa presiedute
dal Papa. Il 6 aprile la Via Crucis al Colosseo.
Domenica 8 la Messa
di Pasqua e la Benedizione Urbi et Orbi
La Chiesa universale
si appresta a celebrare i misteri della Salvezza, nella Settimana Santa. Oggi,
l’Ufficio delle celebrazioni liturgiche ha pubblicato la nota sui sacri riti
presieduti dal Pontefice. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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(Musica)
“Morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita”.
La Settimana Santa inizia con la Domenica delle Palme, il primo aprile. Evento
che unisce insieme il trionfo regale di Cristo e l’annuncio della Passione del
Signore. Nella Domenica delle Palme ricorre anche la XXII Giornata Mondiale
della Gioventù sul tema, tratto da un passo di Giovanni, “Come io vi ho amato,
così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Alle 9,30, in Piazza San Pietro,
Benedetto XVI benedirà le palme e gli ulivi. Quindi, al termine della
processione, celebrerà la Santa Messa. Il 5 aprile, Giovedì Santo, alle ore
9,30 nella Basilica Vaticana, il Papa presiederà la Santa Messa del Crisma in
cui verrà benedetto l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi. La
concelebrazione della Messa Crismale con i cardinali, vescovi e presbiteri
presenti a Roma sarà il segno della stretta comunione tra il Pastore della
Chiesa universale e i suoi fratelli nel sacerdozio ministeriale. Il Triduo Pasquale
della Passione e Risurrezione del Signore, “culmine di tutto l’anno liturgico”,
ha inizio con la Messa nella Cena del Signore, che verrà celebrata dal Papa
alle 17,30 nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Con questa Messa, scrive
l'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, “la Chiesa fa memoria dell’ultima cena
durante la quale Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine
i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo Corpo e Sangue sotto le
specie del pane e del vino, li diede agli Apostoli in nutrimento e comandò loro
e ai loro successori nel sacerdozio di farne l'offerta”. Durante la
celebrazione, il Papa farà la lavanda dei piedi a dodici uomini. I fedeli
presenti saranno invitati a compiere un atto di carità a sostegno del
Dispensario medico di Baidoa in Somalia.
Il 6 aprile, Venerdì Santo, Benedetto XVI celebrerà alle ore 17 nella
Basilica di San Pietro la Liturgia della Parola, l’Adorazione della Croce e il
Rito della Comunione. In questo giorno, si legge nella nota, la Chiesa
“commemora la propria origine dal fianco trafitto di Cristo e intercede per la
salvezza di tutto il mondo”. Alle 21.15 al Colosseo, il momento toccante della
Via Crucis, al termine del quale il Santo Padre rivolgerà la sua parola ai
fedeli in tutto il mondo e impartirà la Benedizione apostolica. Le meditazioni
della Via Crucis sono state preparate quest’anno da mons. Gianfranco Ravasi,
prefetto della Biblioteca Ambrosiana. Il culmine della Settimana Santa ricorre
nella Domenica di Pasqua, preceduta dalla Veglia. Per antica tradizione, la
notte in cui Cristo è risorto, viene considerata “la madre di tutte le veglie”.
In questa notte, infatti, la Chiesa rimane in attesa della Risurrezione del
Signore e la celebra con i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Con la Domenica
di Pasqua inizia così il “gioioso spazio” della Pentecoste, in cui la Chiesa
celebra la presenza del Risorto e l’effusione dello Spirito Santo. Alle ore 22
del 7 aprile, nella Basilica Vaticana, il Papa benedirà il fuoco nuovo
nell’atrio della Basilica, quindi celebrerà la Messa. L’8 aprile, Domenica di
Pasqua, Benedetto XVI presiederà la Santa Messa sul sagrato della Basilica di
San Pietro. A mezzogiorno, il Papa impartirà la Benedizione Urbi et Orbi dalla Loggia Centrale.
(Musica)
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Benedetto
XVI scrive una lettera di gratitudine
al cardinale vicario Camillo Ruini per
il suo lavoro alla guida
della CEI ed esorta in una lettera al
neopresidente, mons. Bagnasco,
di proseguire nel solco aperto dai predecessori
Due lettere indirizzate a chi ha lasciato
dopo un lungo mandato a capo della Chiesa italiana e a chi è subentrato in
questa delicata responsabilità. Le ha inviate Benedetto XVI al cardinale
vicario, Camillo Ruini, e all'arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco,
avvicendatisi lo scorso 7 marzo alla presidenza della Conferenza episcopale italiana
(CEI). I particolari sul contenuto delle lettere nel servizio di Alessandro
De Carolis:
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E' firmata direttamente dal Papa la lettera
destinata al cardinale Ruini - nella quale Benedetto XVI esprime “riconoscenza
sincera e profonda” per il “lungo e fruttuoso servizio” alla guida della CEI -
mentre la missiva inviata a mons. Bagnasco reca la firma del cardinale
segretario di Stato, Tarcisio Bertone, predecessore alla sede di Genova del
neopresidente dei vescovi italiani. Al cardinale Ruini, Benedetto XVI
riconosce, in particolare, di aver “saggiamente e coraggiosamente guidato” il
cammino della Chiesa italiana, orientandolo “a Cristo, speranza del mondo”.
Nominandolo presidente della CEI, sottolinea ancora il Papa, Giovanni Paolo II
ha potuto trovare nel cardinale Ruini “un collaboratore fedele e saggio, pronto
a trasmettere all’episcopato le indicazioni magisteriali e pastorali del
successore di Pietro”. Con queste qualità, ha concluso Benedetto XVI, il cardinale
Ruini ha “guidato i vescovi italiani in una fase delicata e cruciale della storia
del popolo italiano”, facendo spiccare “la sua tenacia nel sostenere l’impegno
della Chiesa”.
Analogo e speculare l’auspicio espresso dal
Papa nei riguardi di mons. Bagnasco, verso il quale Benedetto XVI - nella
lettera a firma del cardinale Bertone - si è detto “certo” che saprà inserirsi
“nella grande tradizione dell’Episcopato italiano”, arricchendone l’impegno
profuso dai predecessori e in particolare dal cardinale Ruini, definito dal
Pontefice “guida autorevole” in “anni segnati da numerosi e non facili cambiamenti
ecclesiali e politici”. Del presidente della CEI - che ieri ha tenuto la sua
prima prolusione - il Papa dice esplicitamente di aver “apprezzato” le
interviste che ne hanno segnato l’esordio. “Credo che, tra l’altro, esse esprimano
- si legge nella lettera - un segno di continuità nel consolidamento della testimonianza
cristiana e nella promozione della famiglia, ed incoraggeranno i pastori ad
affrontare con autentico spirito collegiale, non soltanto questi temi, ma tutte
le grandi sfide che attendono il futuro di codesta comunità ecclesiale”. Sfide
che lo stesso cardinale Bertone, forte dell’esperienza maturata
nell’arcidiocesi genovese, mette in rapporto con il “progressivo indebolimento”
e la “preoccupante avanzata della secolarizzazione” del tessuto ecclesiale
italiano e dunque alla necessità di rilanciare l’evangelizzazione, la catechesi
per giovani e adulti, “una recuperata e motivata disciplina del clero”, la
promozione delle vocazioni sacerdotali. La lettera conclude con l’esortazione a
valorizzare il principio della collegialità tra i vescovi nella fedeltà al
Pontefice.
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Nomine
In Messico, il Papa ha
nominato vescovo di Tlapa padre Oscar Roberto Domínguez Couttolenc, vicario
Generale dell’Istituto Santa Maria di Guadalupe per le Missione Estere. Nato a
Puebla 60 anni fa, ha seguito gli studi filosofici e teologici all’Università
Intercontinentale del Messico. Dal 1982 è membro dell’Istituto Santa Maria di
Guadalupe per le Missione Estere. Ha ottenuto una licenza in Filosofia ed
un’altra in Teologia ed un Master in Amministrazione educativa presso
l’Università Intercontinentale del Messico. E' stato, tra l'altro, missionario
nella diocesi di Ngong in Kenia, economo generale dei Missionari di Guadalupe e
direttore amministrativo e giuridico dell’Università Intercontinentale del
Messico.
Presentate le cerimonie per la chiusura
della fase diocesana di Beatificazione
di Giovanni Paolo II
Ci sarà anche lei, la suora miracolata da
Giovanni Paolo II, lunedì 2 aprile, nella Basilica di San Giovanni in Laterano,
per assistere insieme con tutti i fedeli alla sessione di chiusura
dell’inchiesta diocesana, in vista della Beatificazione di Karol Wojtyla. Lo ha
annunciato oggi mons. Oder, il postulatore della Causa, durante la
presentazione degli eventi che si svolgeranno in occasione del secondo anniversario
della morte del Servo di Dio, Giovanni Paolo II. Il servizio di Marina Tomarro:
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“Dobbiamo ricordare - ha spiegato mons.
Oder - la rapidità di questo processo, che è stato voluto anche in
considerazione della richiesta popolare 'Santo subito', espressa in tante
occasioni dai fedeli”. Tante sono le segnalazioni di grazie ricevute per
intercessione di Papa Wojtyla e molte erano rivolte soprattutto a bambini
venuti alla luce in condizioni difficili, grazie all’intervento miracoloso del
Servo di Dio, Karol Wojtyla. Il 2 aprile, nel cortile del Vicariato di Roma,
sarà inaugurata anche la mostra “Totus Tuus”, una raccolta di disegni creati da
Nanni Tedeschi, dedicati proprio alla figura di Giovanni Paolo II. Una mostra
che nasce da quell’urlo silenzioso del Santo Padre, durante la Domenica delle
Palme di due anni fa. E’ stato proprio quel momento così toccante a far nascere
in Nanni Tedeschi il desiderio di ripercorrere nei suoi disegni la vita di
Giovanni Paolo II. Si comincia da un Karol bambino con la madre, poi giovane
sacerdote a Cracovia, fino ad arrivare a disegni che lo ricordano nei primi
anni del Pontificato, e poi nel periodo più doloroso, dove vediamo un Papa
anziano e malato che si appoggia alla sua Croce come fosse il bastone che lo
debba sostenere nelle faticose prove a cui la vita lo sottopone. Fino ad
arrivare all’ultimo ritratto, che ci mostra un Papa sereno, che mormora:
“Lasciatemi tornare alla casa del Padre”.
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Il Forum
internazionale dei giovani a Rocca di Papa per imparare
ad annunciare il "Vangelo del
lavoro". Il pensiero di mons. Rylko
Trecento giovani di 90
nazioni da tutto il mondo, attirati a Roma sullo sfondo della Settimana Santa e
in particolare dall Giornata mondiale della Gioventù della Domenica delle
Palme, che quest'anno si celebra a livello diocesano: sono i giovani che
prendono parte al Forum Internazionale organizzato dal Pontificio Consiglio per
i Laici, in programma a Rocca di Papa da domani al 31 marzo sul tema:
“Testimoniare Cristo nel mondo del lavoro”. Un incontro espressamente dedicato
ad un ambito in rapido cambiamento e con evidenti differenze a seconda dei Paesi
di provenienza dei ragazzi, ma dove professioni e mestieri possono essere comunque
vissuti come via ordinaria di perfezione cristiana. Al presidente del dicastero
organizzatore, l'arcivescovo Stanislaw Rylko, Giovanni Peduto ha
domandato come vivano i giovani le profonde trasformazioni del mercato lavorativo:
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R. - Ovunque nel
mondo, i giovani non solo si trovano nell’occhio del ciclone dei cambiamenti in
corso nel mercato del lavoro, ma ne pagano anche il prezzo. Le statistiche
dicono che il tasso di disoccupazione più elevato è, dappertutto, quello che
riguarda i giovani. E per la stragrande maggioranza di loro, il posto fisso è
ormai un sogno irraggiungibile. La mobilità e la flessibilità del lavoro
generano spesso condizioni di precarietà e un’estrema incertezza sul futuro,
rendendo così assai difficili scelte fondamentali di vita, come il matrimonio e
la formazione di una famiglia. Come vivere queste situazioni senza cadere nella
disperazione o in una sterile rassegnazione? La nuova situazione richiede dai
giovani un profondo cambiamento di mentalità e li chiama a superare passività e
rassegnazione per farsi coraggiosamente protagonisti del proprio futuro,
investendo le loro migliori energie, con creatività e intraprendenza, nella
propria formazione professionale. C’è chi parla del bisogno di una vera e
propria “rivoluzione culturale” in questo campo. Per cercare le giuste
soluzioni, la Dottrina sociale della Chiesa è una miniera, per molti, ancora
tutta da scoprire.
D. - Com'è possibile
scoprire il senso più profondo del proprio lavoro?
R. - Il lavoro ha un
ruolo essenziale nella vita dell’uomo, sia sotto l'aspetto economico, sia per
la sua valenza sociale e personale. Il lavoro è un fattore importante per la
propria realizzazione di uomini e donne. Purtroppo, molti nostri contemporanei
lo riducono superficialmente a un fare fine a sé stesso, a un attivismo
sfrenato, a una specie di “droga” che rende dimentichi dell’essenziale. Per questo,
occorre ripensarlo costantemente e costantemente ricercarne il significato originario
più profondo. Nell’enciclica Laborem exercens,
il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, ci ricordava che l’uomo è chiamato a
lavorare non solo per “avere” di più, ma anzitutto per “essere” di più, per
maturare nella propria umanità. Bisogna che i giovani cristiani diventino oggi
protagonisti di una nuova “cultura del lavoro”, una grande sfida che non
riguarda soltanto le giovani generazioni.
D. - Come annunciare
il Vangelo del lavoro oggi?
R. - Questa domanda ci
accompagnerà durante tutti i giorni del Forum. Il mondo del lavoro è oggi un
importante areopago da evangelizzare. Ci vogliono dunque messaggeri coraggiosi
e convinti del “Vangelo del lavoro”. Il lavoro umano ha un profondo senso
spirituale. Il riferimento a Dio è fondamentale, come ricorda la massima
benedettina “Ora et labora”. Il lavoro, per quanto importante, non è un
assoluto e non deve mai diventare un idolo. L’uomo che lavora è chiamato a essere
collaboratore cosciente e responsabile di Dio Creatore e Redentore. L’apostolo
ci sollecita a fare tutto per la gloria di Dio. Nella vita del cristiano il lavoro
diventa quindi una via verso la santità, una scuola di santità. E tutto ciò non
è un’utopia, ma un tesoro alla cui ricerca mettersi di nuovo ogni giorno. Il momento
culminate del Forum sarà l’incontro dei giovani partecipanti con il Santo Padre
Benedetto XVI in piazza San Pietro il giorno della Domenica delle Palme, quando
si celebrerà la XXII Giornata Mondiale della Gioventù, che aprirà l’ultima
tappa dell’itinerario dei giovani verso Sydney 2008.
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La "Populorum Progressio", enciclica
di
"sorprendente modernità" dopo 40 anni
Un'enciclica che talvolta mostra
la sua "età" in alcuni termini espressivi, ma che resta del tutto
aderente all'attualità internazionale, tanto da sembrare scritta in questi
mesi. "La straordinaria e sorprendente modernità" della Populorum
progressio, l'enciclica pubblicata da Paolo VI il 26 marzo di 40 anni fa, è
stata sottolineata e lo sarà ancora in molte iniziative celebrative
dell'anniversario. Tra di esse, si inserisce la riflessione fatta dall'economista
Riccardo Moro, presidente della Fondazione Giustizia e solidarietà della
Conferenza episcopale italiana. Fabio Colagrande lo ha intervistato:
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R. - Per la prima
volta in modo chiaro - e soprattutto con una serie di analisi più che tecniche
direi etiche e politiche dei nodi fondamentali delle relazioni internazionali -
viene affrontata con questa enciclica la questione internazionale dello
sviluppo. Paolo VI ha parole vibranti. Dice con estrema chiarezza, nella conclusione
della Populorum: “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, cioè non possiamo
più parlare di pace come un’assenza di guerra, una soluzione in qualche modo
dei conflitti attraverso chissà quali strumenti. La soluzione dei conflitti o
meglio una vita permanente di relazione piena tra le comunità e tra le persone
si ha quando a tutti è data opportunità di tutelare la propria dignità nella
pienezza dei diritti, nella pienezza del benessere.
D. - Proprio partendo
da questa affermazione che lei citava, c’è chi giudica di grande attualità
questa enciclica quando si vede che in molti luoghi del mondo oggi non c’è pace
proprio perché non c’è sviluppo. Questo in qualche modo dimostra la profezia di
queste parole di Paolo VI…
R. - E’ interessante
una lettura del testo non solo perché se si va a vedere la carta geografica dei
conflitti si vede che tristemente corrisponde, non in modo rigorosissimo è
vero, però in buona parte alla carta geografica della povertà. In realtà, ciò
che colpisce per la modernità è anche la capacità di anticipare alcuni nodi. Si
parla con chiarezza di debito dei Paesi poveri, si parla con chiarezza di finanziamento
dello sviluppo e del dovere di questo finanziamento. Nella Populorum progressio
questo è scritto con molta chiarezza, è descritto anche in termini di
obbligatorietà del contributo dei ricchi per lo sviluppo di tutti. Si parla di
immigrazione, si parla di dialogo alternativo al conflitto tra le diverse
culture. Leggendo il testo oggi, sembra che sia stato scritto in questi mesi,
salvo alcune piccole cose linguistiche che rivelano la data, ma i contenuti
sono assolutamente attualissimi e soprattutto, ciò che è interessante, è che
anticipano in modo molto forte quelli che erano i temi del momento e di molte
cose, allora, non si parlava.
D. - Un altro concetto
importante della Populorum Progressio, che è stato
ripreso anche recentemente da Benedetto XVI, è quello legato all’umanesimo integrale.
Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica, ricordava Paolo VI,
per essere sviluppo autentico deve essere integrale. Quanto è importante questa
affermazione?
R. - E’ fondamentale
la frase famosa, sono forse tre le frasi più famose di altre. Nella Populorum una è
quella che ho già citato, lo sviluppo è il nuovo modo della pace. L’altra è
quella in cui Paolo VI dice: “Facciano attenzione i ricchi di questo pianeta a
non dover affrontare un giorno la collera, non solo la collera di Dio ma la
collera dei poveri”. La terza frase famosa è proprio questa: lo sviluppo non è
autentico se non è integrale, cioè di tutto l’uomo e di ogni uomo.
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Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - In
primo piano la lettera del Santo Padre al cardinale Camillo Ruini, vicario
generale per la diocesi di Roma.
Servizio estero - In
evidenza il Medio Oriente: intensa attività diplomatica del segretario di Stato
USA, Condoleezza Rice, e del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon,
alla vigilia del vertice arabo a Riad.
Servizio culturale -
Nella pagina de “L’Osservatore Libri”, un articolo di Gaetano Vallini dal
titolo “Gli arabi che salvarono gli ebrei dalla persecuzione nazifascista”:
edito negli Stati Uniti il libro “Among the Righteus” di Robert Satloff.
Servizio italiano - In
rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
Mons. Bagnasco al Consiglio permanente
della CEI:
i vescovi italiani nutrono per i DICO
una preoccupazione pastorale,
non politica
“Il
matrimonio sacramentale si iscrive nel disegno primigenio del Creatore: maschio
e femmina li creò”. Così si è espresso il presidente della Conferenza episcopale
italiana, l'arcivescovo Angelo Bagnasco, in apertura del Consiglio permanente
della CEI. “La preoccupazione dei vescovi italiani sui DICO non è di natura politica,
ma pastorale”, ha spiegato ricordando che una nota sul tema della famiglia e
delle unioni di fatto sarà redatta in questi giorni. “La Chiesa non ha come
fine se stessa - ha affermato il presule - ma il bene dell’umanità. In Cristo è
il senso della vita, al di fuori tutto diventa solo difficoltà e tenebra”.
Infine, mons. Bagnasco ha avuto parole di apprezzamento e incoraggiamento per
il "Family day", organizzato dalle aggregazioni laicali per il
prossimo 12 maggio. Ce ne parla Paolo Ondarza:
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La Chiesa
è madre e maestra, offre la verità su Dio e sull’uomo e dice cose che hanno a
che fare con la vita”. Dunque, la famiglia ha bisogno oggi di tutta la premura che
la Chiesa vi può riversare”. Ha parlato così l’arcivescovo Angelo Bagnasco, neo
presidente della CEI, aprendo la riunione del consiglio permanente. “La Chiesa
è madre - ha detto - perché vive accanto alla gente e ne condivide la vita
quotidiana”. “E’ esperta in umanità - come disse Paolo VI all’ONU - e tale esperienza
non è presunzione ma deriva oltre che dalla rivelazione del suo Signore e
Maestro anche dal credere alla forza della ragione come capacità del
vero”. Come parlare di ingerenza quando
la Chiesa parla di famiglia? Ha chiesto il presidente della CEI parafrasando le
parole di Benedetto XVI: “Forse che l’uomo non ci interessa?”:
“Come può
l’insistente parlare del Papa e dei vescovi a questo riguardo essere interpretato
come un sopruso, o come un’invadenza di campo? O addirittura come una ricerca
di potere temporale? Se la Chiesa cercasse il potere, basterebbe imboccare la
via facile dell’accondiscendenza”.
“Quando il
Papa ricorda l’unicità irripetibile della famiglia - ha spiegato l’arcivescovo
Bagnasco - lo fa perché nonostante la crisi profonda che essa attraversa, tutti
si sappia adeguatamente difenderla, tutelarla e valorizzarla per il bene
attuale e futuro dell’umanità”. A tal proposito, il presidente della CEI ha rilevato
la preoccupazione, pastorale e non politica, dei vescovi italiani sul disegno
di legge sui DICO, “inaccettabile sul piano dei principi, ma anche pericoloso
sul piano sociale ed educativo".
“Nessuna legge fatta da uomini può sovvertire la norma scritta dal
Creatore senza che la società ne venga drammaticamente ferita”, ha detto
l'arcivescovo di Genova citando le parole del Papa e ribadendo così la
“speciale sintonia” che unisce la CEI al Successore di Pietro:
“Il Papa
ci è particolarmente vicino e noi siamo con lui una sola voce e un solo cuore”.
L’arcivescovo
Bagnasco ha ricordato l’attesa da parte dei vescovi italiani del discorso che
il Papa a maggio rivolgerà loro, a conclusione delle visite ad limina.
Il presidente della CEI ha rivolto poi il proprio ringraziamento a chi lo ha
preceduto: il cardinale Camillo Ruini, per 16 anni alla guida dei presuli
italiani. Inoltre, commentando “i primi passi mossi nel nuovo incarico",
ha detto:
“Quando il
Papa chiama, si risponde, anche se il carico affidato appare, ad uno sguardo
umano, sproporzionato rispetto alle risorse personali. Il di più che manca so
di doverlo chiedere al Signore”.
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Il futuro di Cipro, tra speranze e
preoccupazioni
per una riunificazione ancora mancata.
Con noi, il ministro degli Esteri
della Repubblica di Cipro, Yiorgos Lillikas
L’Europa
unita ha festeggiato, in questi giorni, i suoi primi 50 anni, ma c’è ancora una
sua città divisa da un muro. Si tratta di Nicosia, capitale cipriota tagliata
in due: quella a Sud, “libera” e quella a Nord, occupata militarmente dalla
Turchia nel 1974. Comprensibile dunque la soddisfazione che ha accompagnato,
due settimane fa, l’abbattimento di una parte di questo muro. Un evento che fa
ben sperare, anche se rimangono irti ostacoli sulla via della riunificazione
politica dell’isola. A sottolineare queste difficoltà è il ministro degli
Affari Esteri della Repubblica di Cipro, Yiorgos Lillikas, in visita in
Italia, intervistato da Stefano Leszczynski:
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R. – Unfortunately, we don’t have any positive evolution
...
Sfortunatamente non
c’è nessuna evoluzione positiva in questo senso. Quindi spero che l’intervento
della comunità internazionale e dell’ONU convinceranno la Turchia su questa
questione. Perché se vogliamo conseguire la riunificazione dell’isola, dobbiamo
far riunire le due comunità e sviluppare gli interessi comuni che possono
avere.
D. – L’Europa ha
appena celebrato i 50 anni dei Trattati di Roma. Qual è l’atteggiamento di
Cipro nei confronti dell’ammissione della Turchia nell’Unione Europea?
R.
– We have supported the access process
of
Abbiamo sostenuto,
inizialmente, l’ingresso della Turchia in Europa, perchè siamo convinti che sia
nel nostro interesse avere un vicino che sia un Paese democratico ed un Paese
che rispetti i valori ed i principi europei, oltre che il diritto internazionale.
Dipende, dunque, dalla Turchia, se questo processo andrà a buon fine o meno.
D. - Qual è la
situazione dei cristiani a Cipro?
R.
–
La Turchia, dopo l’occupazione
della parte Nord di Cipro, ha distrutto molte chiese. Oggi allo stesso tempo,
non permette ai cristiani greco-ciprioti di aprire luoghi di culto e di
svolgere cerimonie religiose.
D. - Lei ha incontrato
il Ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema. Le ha prospettato qualche possibile soluzione per
un eventuale processo di riconciliazione?
R.
– Because
Dal momento che
l’Italia ha delle buone relazioni sia con Cipro che con la Turchia, il Ministro
D’Alema è nella posizione per far giungere alla Turchia i messaggi giusti per
cercare di far capire ad Ankara che è nel suo interesse avere un atteggiamento
positivo e rispettare gli impegni assunti nei confronti dell’Unione Europea, e
di rispolvere il problema di Cipro. Perché questo è l’unico modo per aprire la
strada all’accesso della Turchia nell’Unione Europea. Ed io sonoi sicuro che il
Ministro D’Alema lo farà.
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In un catalogo, i documentari in DVD del Centro Televisivo Vaticano,
che conserva in
archivio oltre 7 mila ore di riprese
Più di 15 mila cassette e oltre 7 mila ore
di riprese. Sono solo alcune cifre della produzione del Centro Televisivo
Vaticano (CTV), che da oggi propone un catalogo di DVD distribuiti nelle
librerie, nelle edicole di tutto il mondo e reperibili anche su Internet in
diversi siti, tra cui quello della nostra emittente. I dati sono stati
illustrati stamani in una conferenza stampa che si è svolta nella sala Marconi
della Radio Vaticana, durante la quale il CTV ha annunciato che dal 15 aprile
trasmetterà, per la prima volta, immagini ad alta definizione. Il servizio di Tiziana
Campisi:
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Sono 200 gli eventi che il Centro
televisivo Vaticano mette ogni anno a disposizione di tv ed enti. Ora, la sua
produzione diventa più accessibile al grande pubblico con la distribuzione di
DVD scritti in un catalogo. Padre Federico Lombardi direttore del Centro
Televisivo Vaticano:
"Tutte le immagini che noi abbiamo
ripreso, a partire dal 1983, dell’attività del
Papa e del Vaticano sono state registrate e conservate e sono a
disposizione, non solo del CTV stesso, ma anche di tutti i clienti: televisioni
di tutto il mondo, che producono documentari sul Papa e sul Vaticano e che
vengono a chiederci queste immagini".
A curare la distribuzione internazionale
dei DVD, che contengono documentari e produzioni sul pontificato di Giovanni
Paolo II è la HDH Communication. Ascoltiamo il suo presidente, Francesco Robatto:
"La collaborazione con il Centro
Televisivo Vaticano è cominciata nel 1998. Per quello che riguarda il catalogo
del Centro televisivo Vaticano, abbiamo licenziato i diritti in più di 50
Paesi. All’interno, ci sono network cattolici ma anche le cosiddette tv
generaliste. Dal 2004, il Centro Televisivo Vaticano continua nel suo ruolo di
studio e progettazione di documentari, li produce: il master realizzato
dal Centro Televisivo Vaticano insieme con i doppiaggi passano a quel punto ad
HDH, che cura la realizzazione dei DVD, si occupa della duplicazione a Milano e
da Milano viene consegnata in tutto il mondo. Sono stati venduti e proposti 105
mila DVD nei canali cosiddetti tradizionali mentre in edicola abbiamo ottenuto
un dato importante di un milione e mezzo di copie".
Ma come nasce l’impegno del Centro Televisivo
Vaticano nella produzione di documentari? Roberto
Romolo, segretario amministrativo del CTV:
"Il CTV realizza dei documentari anche
proprio per mandato statutario. L’ultima produzione 'Le chiavi del Regno' è
attualmente editato in inglese, in italiano, in polacco, in spagnolo, in
tedesco e aggiungeremo il portoghese e il francese. La specificità di questo
documentario è di raccogliere in un’ora la fine del Pontificato di Giovanni
Paolo II e l’inizio del nuovo Pontificato di Benedetto XVI".
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
I leader cristiani
dell’Irlanda del Nord danno il benvenuto allo storico
accordo di
ieri tra i cattolici repubblicani del Sinn Fein e i protestanti
“Un importante e
graditissimo passo nella ricerca di un futuro stabile per il nord Irlanda”: con
queste parole, i quattro leader della comunità cristiana dell’Irlanda del Nord
hanno dato il benvenuto al nuovo accordo raggiunto ieri tra i cattolici
repubblicani del Sinn Fein e i protestanti unionisti del DUP, che hanno
promesso di ridare vita al Parlamento di Stormont entro l’8 maggio. “Insieme a
molti altri, le nostre chiese hanno a lungo incoraggiato i politici della
nostra regione a lavorare per un governo locale per il Nord Irlanda e siamo
sicuri che oggi questo verrà realizzato”, hanno dichiarato, in una nota
congiunta, l’arcivescovo Seán Baptist Brady, presidente della Conferenza
episcopale cattolica irlandese, David Clarke, moderatore della Chiesa
presbiteriana, l’arcivescovo Alan Harper, primate dell’anglicana Chiesa
d’Irlanda, e Ivan McElhinney, presidente della Chiesa metodista. “Incoraggiamo
tutti – si legge nel comunicato – a continuare a pregare per la nostra intera
comunità e il nostro futuro insieme. E’ importante che ognuno di noi continui a
costruire un Paese dove siamo tutti valorizzati, la diversità rispettata e dove
pace e armonia possano fiorire”. L’accordo di ieri è stato il risultato di anni
di lavoro da parte di leader religiosi e politici, che hanno portato, diciotto
anni fa, al primo cessate-il-fuoco dell’IRA e, un anno e mezzo fa, alla
consegna delle armi dei terroristi. (R.M.)
“L’Europa coltivi le proprie radici”: così, il Dalai
Lama, rispetto al crescente fenomeno delle adesioni al Buddismo in Occidente
Il Dalai Lama
raccomanda ad americani ed europei di continuare a coltivare le proprie
tradizioni culturali e religiose. In un’intervista al settimanale ‘Der Spiegel’,
la massima autorità religiosa buddista, in esilio dal Tibet dopo l’invasione cinese,
constata che “sempre più persone in Europa e negli USA vogliono farsi buddisti”
e, di fronte a questa situazione, afferma: “Sarebbe meglio che ogni persona
seguisse le proprie tradizioni. Voi in Occidente avete un passato giudaico-cristiano,
dunque è meglio essere legati alle vostre radici”. Il Dalai Lama aggiunge di
essere stato molto impressionato dalla personalità di Benedetto XVI, anche per
il fatto di aver “parlato di un tema importante come il rapporto tra fede e
ragione”. “Per mantenere viva la fede nella nostra vita – conclude il Dalai
Lama – sono necessarie la ragione e lo spirito di umanità. Nel mio ultimo incontro
con Papa Benedetto gli ho detto che lo spirito di Assisi (l’incontro
interreligioso del 1986, voluto da Giovanni Paolo II) deve essere assolutamente
mantenuto. Vorrei favorire un nuovo incontro di questo tipo”. (R.M.)
Duro
monito dell’arcivescovo di Manila, cardinale Rosales, contro
il dilagare di omicidi politici nel Paese:
“Governo e ribelli – afferma –
sono ugualmente responsabili”
L’arcivescovo di
Manila, nelle Filippine, cardinale Gaudencio B. Rosales, ha chiesto al governo
ed ai ribelli armati di fermare gli omicidi politici nel Paese e ha definito
entrambe le parti “egualmente responsabili” del massacro in corso. In uno
scritto pubblicato oggi sui maggiori quotidiani del Paese e citato da AsiaNews,
il porporato invita a “dire al governo, così come ai ribelli, che uccidere è
sbagliato”, riferendosi alla serie di omicidi insoluti che negli ultimi anni
hanno sconvolto il Paese: militari e leader della guerriglia comunista trovati
morti senza che nessuno abbia mai aperto un’inchiesta indipendente. Per
l’arcivescovo, è ora necessario un cambio di mentalità delle parti coinvolte
nello scontro: “Dobbiamo fare ciò che è necessario – afferma – e dire la verità
a chi sbaglia”. Da parte sua, il governo, guidato dal presidente, Gloria
Macapagal Arroyo, ha negato di essere il mandante segreto di questi omicidi e
ha intrapreso varie campagne per fermarli e per provare la propria innocenza.
Il cardinale Rosales nega comunque che la situazione di oggi sia paragonabile a
quella degli anni ‘70, quando il dittatore Marcos instaurò una legge marziale
durata nove anni. Secondo il Karapatan, gruppo per la difesa dei diritti umani
delle Filippine, negli ultimi cinque anni sono morti oltre 800 fra militari,
ribelli ed attivisti per i diritti umani, mentre altri 200 sono scomparsi. La
guerriglia maoista, che da oltre 38 anni lotta per l’indipendenza del sud del
Paese, è al momento nelle liste dei gruppi terroristici di Unione Europea e Stati
Uniti. (R.M.)
La Chiesa
thailandese invita a rafforzare i legami tra i tribali
delle montagne
Rafforzare l’unione
tra le comunità etniche in Thailandia, educarle alle leggi dello Stato che le
riguardano e, allo stesso tempo, imparare da loro il rispetto per il
territorio: sono alcuni dei punti sviluppati nell’annuale incontro organizzato
dalla Commissione per i gruppi etnici della Conferenza episcopale thailandese
(CBCT), svoltosi nel distretto di Mae Sod, nella provincia di Tak. Tema
dell’incontro, cui hanno partecipato 80 rappresentanti di sei differenti tribù,
è stato “Rafforzare la vita all’interno della società thai attraverso gli
intellettuali”. Come riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews, padre Augustine
Prasit Ruchirat, segretario generale della Commissione, ha ricordato che “la
CBCT svolge questo tipo di iniziativa da 10 anni, con lo scopo di creare una
rete tra le varie tribù, perché la comunità si rafforzi e sia in grado di stare
in piedi da sola”. “Su richiesta dei partecipanti – ha aggiunto – si è parlato
della politica di Bangkok sulla legge per la proprietà terriera per i tribali
privi di carta di identità”. Sono intervenuti anche funzionari governativi, che
hanno invitato i tribali a “realizzare il valore delle foreste in cui vivono e ad
aiutare le istituzioni a proteggere le risorse naturali della zona”. Secondo i
dati ufficiali del 2005, in Thailandia le comunità seminomadi contano oltre 920
mila persone, per lo più provenienti da Tibet, Myanmar e Cina, in fuga da
guerre e persecuzione politica. (R.M.)
Il delegato apostolico in Myanmar, mons. Pennacchio, in visita
nella diocesi di
Pathein, ordina tre diaconi e inaugura il nuovo Centro
pastorale dedicato a Papa Benedetto XVI
“Sono
qui da parte del Santo Padre, come umile servo di Dio. Sono solo un ponte fra
il Santo Padre e la Chiesa in Myanmar”: queste, le parole di mons. Salvatore
Pennacchio, delegato apostolico in Myanmar, che per la prima volta si è recato
in visita pastorale nella diocesi settentrionale di Pathein, guidata da mons.
John Hsane Hgyi. Appena arrivato, mons. Pennacchio ha presieduto la
celebrazione eucaristica di ordinazione di tre diaconi, davanti a un’assemblea
di oltre mille fedeli. Il programma è proseguito con la visita al Noviziato dei
Missionari di San Paolo, dove il delegato apostolico ha rivolto parole
d’incoraggiamento ai novizi e ai Fratelli; successivamente, recandosi nella
parrocchia di San Giovanni, mons. Pennacchio ha benedetto il sito dove sarà
costruita la nuova chiesa. A conclusione della visita, mons. Pennacchio ha
inaugurato il nuovo Centro pastorale di Pathein, intitolato “Benedetto” in
onore dell’attuale Pontefice. La diocesi di Pathein conta oltre 72 mila fedeli
ed è stata eretta ufficialmente da Papa Pio XII nel 1954, quando nel Paese fu
istituita la gerarchia. (R.M.)
In
Quaresima, i cattolici pakistani raccolgono fondi per i poveri e
fanno penitenza “perché si sentono vicini alle
sofferenze di Cristo”
Preghiera e penitenza,
ma anche raccolta fondi per i poveri e carità: i cattolici pakistani celebrano
così il periodo della Quaresima, che vivono in maniera particolare, perché
“testimoni delle sofferenze che la fede può portare con sé”. L’arcivescovo di
Lahore, mons. Lawrence John Saldanha, spiega ad AsiaNews che, “come ogni anno,
la Quaresima viene organizzata dalla Caritas nazionale, che distribuisce
libretti di preghiera, immagini religiose e scatole per raccogliere le offerte:
queste – precisa il presule – saranno usate per aiutare i poveri, che avranno a
disposizione corsi di avviamento al lavoro e aiuti di prima necessità”. Inoltre
– aggiunge l’arcivescovo – “in questo periodo vicino alla Passione e alla
Pasqua, sono molto sentite le cerimonie in cui si seguono le 14 stazioni della
Via Crucis: i fedeli vogliono sentirsi vicino alle sofferenze di Cristo”.
Secondo il vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, questa vicinanza alla
penitenza del periodo quaresimale si spiega perché “i fedeli pakistani
conoscono i dolori umani che testimoniare la fede può portare con sé; hanno una
forte fede e questa li aiuta a unirsi con la preghiera ai tormenti subiti da
Cristo”. I cattolici pakistani sono una delle minoranze più colpite dal
fondamentalismo islamico del Paese. La legge sulla blasfemia, ad esempio, rende
difficile la vita dei pochi fedeli che vi vivono. Su quasi 150 milioni di
abitanti, infatti, i cattolici sono 1,2 milioni: di questi, inoltre, l’85 %
vive appena al di sopra della soglia della povertà. (R.M.)
Burundi:
nonostante la pace, sono ancora 100 mila gli sfollati interni
Sono circa
100 mila gli sfollati non ancora rientrati nelle proprie case in Burundi: lo
rivela il ‘Centro di monitoraggio sui profughi interni’ di Ginevra (IDMC), precisando
che il loro ritorno è ostacolato dalla mancanza di reali prospettive economiche
e dalla cattiva accoglienza che temono di ricevere nelle comunità d’origine.
Come riferisce l’agenzia MISNA, i profughi sono fuggiti dai villaggi a causa
del conflitto che dal 1993 al 2002 ha causato oltre 300 mila morti, ma anche
per disastri naturali o per mancanza di terreno e cibo. Inoltre, l’IDMC rileva
che migliaia sono scappati alla fine del 2006, dopo sporadici scontri nelle
province di Bujumbura Rural, Bubanza, Kayanza e Cibitoke, antecedenti alla
firma dell’accordo di pace tra il governo e l’ultimo gruppo ribelle, le Forze
di liberazione nazionale (FNL). Altre migliaia di persone sono sfollate per
siccità e inondazioni avvenute tra l’anno scorso e quest’anno, mentre sei mila,
che vivevano in Tanzania, sono state espulse e non sanno più dove andare.
Secondo il Consiglio norvegese per i rifugiati (NRC), i profughi sono soggetti
ad abusi fisici e sessuali da parte di banditi e gruppi armati, perciò l’80% di
loro possiede armi da fuoco, un fattore che contribuisce a intensificare il
clima di violenza. (R.M.)
Zambia: oltre
un milione e 400 mila persone colpite dalle alluvioni
Sono oltre
un milione e 400 mila le persone colpite nelle scorse settimane dalle alluvioni
in Zambia, molte delle quali costrette a far fronte a seri problemi di sussistenza
alimentare. Lo ha detto il vicepresidente del Paese, Rupiah Banda, precisando
ieri alla stampa nazionale che le alluvioni hanno interessato quasi il 13%
dell’intera popolazione. Citando i dati del Rapporto messo a punto dall’Unità
per la gestione dei disastri – riferisce l’agenzia MISNA – il vicepresidente ha
sottolineato che le alluvioni hanno colpito direttamente 41 dei 72 distretti
amministrativi del Paese, distruggendo edifici e infrastrutture, ma soprattutto
i raccolti di mais, cassava e sorgo, che garantiscono la sopravvivenza
alimentare di migliaia di famiglie. Banda ha precisato che circa 300 mila
persone hanno bisogno di aiuti alimentari immediati, dal momento che hanno
scorte sufficienti solo per i prossimi due mesi. “È un compito gigantesco – ha
spiegato – anche perché, contemporaneamente, abbiamo altre zone del Paese dove,
a causa della siccità, rischia di presentarsi lo stesso problema di carenza di
cibo”. Scenari identici sono in corso in Madagascar, dove almeno 800 mila
persone hanno bisogno di aiuti urgenti, e in Mozambico, con altre 300 mila
persone in grave difficoltà. (R.M.)
Al via, a Roma, “Quarantore di preghiera per la
Chiesa che soffre”,
maratona di preghiera a sostegno della Chiesa
in situazioni
particolarmente difficili
Una maratona di preghiera a sostegno della Chiesa
in situazioni particolarmente difficili: l’iniziativa si chiama “Quarantore di
preghiera per la Chiesa che soffre” ed è promossa da oggi al 29 marzo a Roma da
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS). Come riferisce l’agenzia Zenit,
l’incontro di preghiera, giunto alla quarta edizione, si celebrerà nella chiesa
del SS. Nome di Gesù, in piazza del Gesù. Gli atti inizieranno alle 16.00, con
l’Esposizione e l’Adorazione del Santissimo Sacramento, proseguendo alle 18.00,
con la Celebrazione della Santa Messa. In altre città italiane verranno
organizzate ore di preghiera e riflessione. “Quarantore per la Chiesa che
soffre” si inserisce nell’ambito dei sei mila progetti che ACS promuove ogni
anno in 130 Paesi del mondo, raccogliendo fondi per sopperire alla mancanza di
mezzi di alcune Chiese e per difendere il diritto alla libertà religiosa.
(R.M.)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
- A cura di Amedeo Lomonaco ed
Eugenio Laurenzi -
- E’
sempre più grave la crisi tra Iran e Regno Unito innescata dall’arresto, da
parte delle autorità di Teheran, di 15 marinai britannici catturati mentre
erano in navigazione nella acque del Golfo Persico.
Il premier britannico, Tony Blair, ha parlato di una “nuova fase” nella crisi e
ha lanciato un duro monito alla Repubblica islamica. Il nostro servizio:
************
Il governo britannico sembra pronto a
percorrere altre vie: Tony Blair ha avvertito che un eventuale fallimento degli
sforzi diplomatici per rimpatriare i 15 militari porterà la questione ad una
“fase differente”. Il premier non ha chiarito dettagli e implicazioni di questa
eventuale, nuova fase. “Al momento - ha infatti precisato Blair - gli sforzi
sono concentrati sul fronte diplomatico”. “Le nostre prime preoccupazioni - ha
aggiunto - sono per il rilascio dei 15 britannici detenuti in Iran nel più
breve tempo possibile”. Il governo britannico sostiene che i militari siano
stati catturati “senza alcuna giustificazione”. Per le autorità della
Repubblica islamica, invece, i marinai
britannici - che secondo il governo di Teheran “stanno bene e vengono trattati
bene” - hanno superato il confine tra Iraq e Iran per condurre attività
spionistica. Ma il ministero degli esteri iracheno ha
già confermato la tesi di Londra, secondo cui i 15 militari sono stati
arrestati in acque irachene. Un’altra spinosa questione, quella sul nucleare
iraniano, propone intanto nuovi, inquietanti attriti. In un comunicato, il
Ministero degli esteri russo precisa che “la Russia
rifiuta qualunque mezzo di forza per risolvere il problema del dossier
nucleare dell’Iran”. Non è possibile - si legge nel testo - “permettere il
successo della strisciante tattica americana, che vuole trascinare la comunità
internazionale in una crisi di vasta portata”. Ma non mancano, comunque, tentativi
di riavviare il negoziato. L’Alto
rappresentante dell’Unione Europea per la Politica estera, Javier Solana, e il
capo negoziatore iraniano sul nucleare, Ali Larijani,
hanno avuto un colloquio telefonico definito “chiaro e diretto”. Larijani ha
espresso il desiderio di risolvere la crisi “attraverso la strada delle
trattative”, ma ha ribadito che con le sanzioni l’Occidente non ha intrapreso
“il percorso giusto”. Per Solana, si è trattato di un gesto per “ristabilire i
contatti, per spiegare quanto la comunità internazionale abbia fatto e che cosa
si attenda da Teheran”.
************
- Le truppe americane hanno arrestato in Iraq due estremisti a
capo di un’organizzazione clandestina specializzata in attentati con autobomba,
che dallo scorso novembre hanno causato nel complesso la morte di almeno 900
civili iracheni. Lo ha reso noto soltanto oggi il Comando americano, anche se
la loro cattura, al termine di due distinte operazioni, risale al 21 marzo
scorso. Intanto, c’è da segnalare nella cittadina meridionale di Kufa una
sparatoria, con almeno 2 morti, nel corso di un’operazione militare per
arrestare uno stretto collaboratore del leader radicale sciita Moqtada Sadr.
-
Il premier israeliano, Ehud Olmert, e il presidente palestinese, Abu Mazen,
hanno raggiunto un accordo per incontrarsi ogni 15 giorni e discutere di temi politici
e del processo di pace in Medio Oriente. Lo ha annunciato a Gerusalemme il
segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, aggiungendo però che non è
ancora venuto il momento di intavolare veri e propri negoziati sullo “status
finale della regione”. Per il momento - ha precisato la Rice - i colloqui
serviranno “a creare fiducia tra le parti”. Sul terreno, intanto, non si
placano le violenze: due militanti palestinesi sono stati uccisi da soldati
israeliani a Nablus, nel nord della Cisgiordania.
- E' salito ad almeno otto morti e dieci feriti il bilancio
dell'attentato suicida compiuto oggi nello Sri Lanka dai guerriglieri
separatisti delle Tigri di Liberazione Tamil Eelam. L’attacco, contro una base
militare nel distretto di Batticaloa, giunge all’indomani del primo raid aereo
mai sferrato dai ribelli contro l'unico aeroporto internazionale dell'isola,
costato l'uccisione di almeno tre avieri e il ferimento di altri diciassette.
-
Indipendenza per il Kosovo, provincia serba a maggioranza albanese, teatro nel
1999 di una sanguinosa guerra etnica fermata con l’intervento della Nato. E’
questa l’opzione sostenuta dall’inviato speciale
delle Nazioni Unite per il Kosovo, il finlandese Martti Ahtisaari. Il piano è
stato presentato ieri al Consiglio di Sicurezza dell'ONU dal segretario
generale, Ban Ki-moon. Da New York, ci riferisce Paolo Mastrolilli:
**********
L’indipendenza
è l’unica opzione per un Kosovo politicamente stabile ed economicamente vitale.
E’ la posizione presa ieri dal mediatore dell’ONU, Martti
Ahtisaari, nel rapporto presentato al Palazzo di Vetro sul futuro della
regione a maggioranza albanese nel sud della Serbia. L’ex leader finlandese era
stato incaricato di cercare una soluzione per lo status
del Kosovo, dopo l’intervento della NATO, che nel 1999 aveva fermato la pulizia
etnica condotta dai serbi. Le conclusioni di Ahtisaari
sono state subito appoggiate dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e
dal segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ma Belgrado le ha rifiutate. Il
presidente serbo, Boris Tadic, ha detto che
qualunque forma di indipendenza sarebbe inaccettabile per il suo Paese, pur
dichiarandosi disponibile a partecipare ad ulteriori colloqui sul futuro della
provincia. Il suo omologo kosovaro, Sejdiu, ha
commentato invece che la proposta di Ahtisaari
marca una giornata storica per il suo popolo. Gli Stati Uniti hanno sostenuto
l’idea dell’indipendenza, aggiungendo che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU
approverà una risoluzione in questo senso tra aprile e maggio. La presidenza
tedesca dell’Unione Europea ha appoggiato il rapporto del mediatore finlandese,
così come il segretario generale, Ban Ki-moon. Invece, la Russia, tradizionale
alleato di Belgrado, che detiene il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza,
ha sollecitato più sforzi per trovare un compromesso.
Da
New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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- In
Italia, giornata decisiva oggi per l’approvazione al Senato del decreto di rifinanziamento
delle missioni all’estero, tra cui quella in Afghanistan. Sulla questione, che
aveva già innescato una crisi politica, è ancora aspro il confronto tra i poli.
La minoranza di centrodestra cerca una posizione comune, ma con l’UDC intenzionato
a votare a favore. In Afghanistan, intanto, un kamikaze si è fatto esplodere
dopo essere entrato in un posto di polizia di Lashkar Gah, uccidendo almeno 4
poliziotti.
- Nel
referendum svoltosi ieri in Egitto, il 75,9 per cento dei votanti ha detto ‘sì’
agli emendamenti costituzionali proposti dal presidente Hosni Mubarak e contestati
dall’opposizione. Sono però discordanti i dati sull’affluenza alle urne: secondo
il ministro della giustizia la partecipazione è stata del 27,1 per cento degli aventi
diritto; secondo alcune organizzazioni non governative, invece, l’affluenza
sarebbe stata ancora più bassa. Per le forze d’opposizione, gli emendamenti sottoposti
a referendum mirerebbero a consolidare il potere del gruppo dirigente e, in particolare, a garantire
la successione alla presidenza a Gamal, il figlio di Mubarak, più volte
indicato come 'delfino' del presidente.
- Nuovo corso politico in Costa
d’Avorio: il presidente Laurent Gbagbo ha annunciato la formazione di un nuovo
governo. Poco prima di questo annuncio, un alto rappresentante del governo del
Burkina Faso aveva anticipato la nomina, come primo ministro, del leader dei
ribelli Guillaume Soro. La decisione è stata presa in seguito ad un accordo di
pace siglato lo scorso 4 marzo tra lo stesso Soro e il capo dello Stato Laurent
Gbagbo.
- Il presunto taleban australiano,
David Hicks, primo detenuto del campo di prigionia americano a Guantanamo a
comparire davanti ad un tribunale militare, oggi si è dichiarato colpevole di
aver fornito supporto materiale al terrorismo. Nei prossimi giorni verrà
stabilita la pena, che con ogni probabilità sarà scontata in una prigione
australiana. Secondo il ministro degli Esteri australiano, Alexander Downer,
infatti, Hicks tornerà presto in patria. In Australia le proteste per la prolungata
detenzione dell’ex cacciatore di canguri, da più di cinque anni prigioniero dei
militari Usa, sono costate una forte perdita di consensi al premier conservatore
John Howard a pochi mesi dalle elezioni federali.
- Rimpasto di governo in Cile in seguito al fallimento della
riforma dei trasporti. Dopo giorni di polemiche per il nuovo sistema di
trasporto integrato nella capitale, denominato ‘Transantiago’, il presidente
cileno, la signora Michelle Bachelet, ha deciso di sostituire quattro ministri
del suo gabinetto. Lasciano così l’incarico i capi dei dicasteri di Trasporti,
Giustizia, Difesa e Segreteria generale della Presidenza. Il rimpasto si è reso
necessario “per rimodulare il gabinetto alle nuove necessità”, ha affermato la
Bachelet.