RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 85
- Testo della trasmissione di lunedì 26 marzo
2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
In
udienza da Benedetto XVI, il priore della Comunità di Taizé, frère Alois: con
noi il Priore
Oggi
su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
La Chiesa celebra la solennità
dell'Annunciazione. Intervista con padre Marzio Calletti
CHIESA E SOCIETA’:
La Chiesa lancia corsi professionali in Vietnam per aiutare i
giovani disoccupati
Accordo storico in Ulster: cattolici e protestanti
insieme nel prossimo governo
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
I vescovi siciliani dal Papa per la visita “ad Limina”:
ne parliamo con l'arcivescovo di
Palermo Paolo Romeo
Il Papa ha ricevuto oggi il primo gruppo di vescovi della Regione
Sicilia in visita “ad Limina”. Nell’isola vivono oltre 5 milioni di persone: i
sacerdoti, tra regolari e secolari, sono 3200. Quella siciliana è una Chiesa
vivace, ma che deve far fronte a numerose difficoltà come spiega, al microfono
di Francesca Sabatinelli, l’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo,
presidente della Conferenza episcopale della Regione Sicilia:
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R. - Quella siciliana è una Chiesa che guarda con speranza ed impegno al
futuro. In Sicilia non sono mai sufficienti i sacerdoti e dovremmo moltiplicare
gli sforzi per aumentare il numero dei seminaristi. Registriamo al tempo stesso
un rinnovamento nella vita religiosa. Dobbiamo ricordare che a Palermo c’è la
figura, che forse non scopriremo mai sufficientemente, di don Pino Puglisi. C’è
dunque questa ricchezza, questa vivacità. Ovviamente sentiamo anche il bisogno
di essere confermati in questo lavoro, che non è facile.
D. - A proposito delle difficoltà, proprio all’inizio del suo incarico,
lei parlò di una Palermo in vera emergenza, di una situazione di forte degrado…
R. - La situazione della legalità nella regione ci preoccupa enormemente
perchè s’infiltra dovunque la non legalità.
Inoltre, a causa delle condizioni ambientali, socio-politiche, molti dei
migliori figli di questa terra sono costretti a intraprendere il cammino
dell’emigrazione, per cercare lavoro e migliorare le proprie condizioni di
vita. Questa è come un’emorragia permanente. Ci sono interi quartieri,
soprattutto a Palermo, dove basta andare in giro per vedere un degrado sociale
gravissimo: giovani che non hanno un futuro, che aspettano e che avranno difficilmente
un posto di lavoro. Là dove vi è un atteggiamento di assistenzialismo si crea
un terreno favorevole per la droga, per l’alcool, per il furto, per la
violenza. Questo è il degrado che noi dobbiamo veramente combattere. Del resto,
l’esempio che ci ha dato Pino Puglisi è molto chiaro in questo senso.
D. - Della Sicilia si dice sempre che è un importante terreno per il
dialogo interreligioso…
R. - La vocazione della Sicilia è quella di essere un tratto d’unione
tra l’Europa e l’Africa. Ha una lunga storia di incrocio di civiltà. Ed in
questo incrocio è avvenuto qualcosa di molto importante e di molto
significativo: i siciliani non sono mai stati schiavizzati dalle popolazioni
che venivano nell’isola, c’è stata un’integrazione. Anche in tempi recenti c’è
questa accoglienza, questo convivere. C’è chi è sul posto ed accetta questa
presenza e c’è chi viene e rispetta chi li accoglie. Da una quindicina di anni,
per esempio, funziona una scuola araba a Mazara del Vallo, che non ha creato
problemi né con le autorità civili, né con la comunità locale. Questo vuol dire
che gli immigrati, soprattutto quelli provenienti dal Marocco, dalla Tunisia,
dove c’è meno radicalismo e fondamentalismo religioso, sono stati accolti dai
siciliani. Non è avvenuto un processo di discriminazione e di rigetto. Noi
abbiamo qui in Sicilia un dialogo interreligioso con settori musulmani abbastanza
proficuo. Recentemente dieci docenti della facoltà di Palermo, della Facoltà
teologica, sono stati per una settimana in Iran per colloqui religiosi. Adesso
ci prepariamo a ricevere nella Facoltà teologica l’ex presidente Kathami.
Proprio questa accoglienza, questo DNA dei siciliani, permette un dialogo
forte.
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Benedetto
XVI riceve il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli
Oggi è stato ricevuto
dal Papa anche il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Ai
nostri microfoni racconta come la sua diocesi si sta preparando alla Pasqua, in
un periodo molto difficile per la città che sta vivendo una recrudescenza della
violenza di stampo camorristico. Ascoltiamo il porporato al microfono di Fabio
Colagrande:
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R. - Ho cercato di
incarnarmi un po’ nella situazione che stiamo vivendo in questo particolare
momento per dare alla Quaresima una caratteristica fortemente biblica, pastorale
e anche con qualche riflesso nel sociale e per risvegliare le coscienze che si
trovano in uno stato piuttosto quiescente, e dare dei segnali forti affinché
potessero rientrare un po’ in se stessi e quindi cercare di legare quel senso
molto profondo che si sente qui a Napoli. In modo particolare si è voluto
risvegliare l’attenzione dei giovani con una lettera che io ho inviato proprio
all’inizio della Quaresima contro il “bullismo” e le baby-gang…
D. – Lei si è rivolto
con questa lettera ai giovani e li ha invitati ad abbandonare la violenza,
concretamente a “lasciare cadere i coltelli”. Già c’è stata una risposta, non è
vero?
R. – E’ stata una
risposta molto concreta, e direi anche superiore alle previsioni, perché so che
per esempio nella cattedrale, nel cesto, hanno deposto numerosi coltelli.
Qualcuno è arrivato anche riservatamente a me, in una busta. Il giovane diceva
"io ho voluto mandare direttamente a lei il coltello che usavo per difendermi".
Direi che la risposta è stata forte. Credo che questa sensibilizzazione dei
giovani sui valori autentici della vita e della giovinezza, è forse questo il
migliore risultato che ci si poteva aspettare.
D. – Lei recentemente
ha affermato che la questione dei giovani, della disoccupazione giovanile, è la
vera e propria questione meridionale in questo momento. La Chiesa cosa può fare
in questo campo?
R. – Si stanno creando
- alcune già esistono, altre si stanno realizzando – delle minicooperative per
raccogliere i giovani, per non farli stare nelle strade e insegnare loro un
mestiere. Sono tutte cose che oggi occupano i giovani e domani li possono
mettere in un mercato che li possa assorbire e impegnarli.
D. – Cardinale Sepe,
qual è la situazione, in questo momento, di questa città e della provincia che
spesso è sui giornali per fatti di cronaca nera?
R. – C’è una
sensibilità molto forte per un riscatto, un riscatto civile, un riscatto anche
culturale ed economico, soprattutto poi se è fondato sulle motivazioni religiose
che noi cerchiamo di dare continuamente nei vari incontri, soprattutto con i
giovani. C’è una risposta molto positiva. C’è bisogno però che questi ragazzi
in genere, ma anche la popolazione, sia aiutata a darsi delle motivazioni per
poter reagire. Certamente c’è questa grossa volontà, questo grosso impegno e
anche una risposta molto positiva a queste iniezioni di fiducia, di speranza,
che stiamo cercando di mettere un po’ in tutti.
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In
udienza da Benedetto XVI, il priore della Comunità Taizé, frère Alois
Il sacrificio di Frère Roger
Schutz, fondatore della Comunità di Taizé, ucciso il 16 agosto 2005, può essere
un seme di pace per il mondo di oggi e per l'ecumenismo. E' il pensiero che ha
accompagnato l'udienza di Benedetto XVI, concessa questa mattina al priore
della Comunità ecumenica, frère Alois. Subito dopo, il religioso ha
descritto così, al microfono di Alessandro De Carolis, il suo incontro
con il Papa:
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R. - E’ stata una grande gioia per me e per noi fratelli essere accolti
dal Papa, con cuore aperto. Perché per noi è importante continuare sul cammino
che Frère Roger ci ha mostrato, in comunione con il Santo Padre. Io ho potuto
dire questo al Santo Padre e in questo pensiero siamo uniti. Lui aveva delle
domande - come va la comunità - e io ho potuto ringraziare ancora il Santo
Padre per il suo sostegno, perché lui ha parlato di Frère Roger con parole
meravigliose. Frère Roger ha visitato l'allora cardinale Ratzinger qui a Roma e
il cardinale aveva già invitato Frère Roger quando è stato arcivescovo a
Monaco. Il Papa mi ricordava quell'incontro, avvenuto a Monaco nel 1968.
D. - Con quali parole il Santo Padre ha benedetto la vostra esperienza?
R. - Lui ripeteva le parole pronunciate su Frère Roger: il suo
insegnamento e il suo sacrificio per l’ecumenismo - ha detto - può divenire una
fonte di pace per la gente, oggi.
D. - Che cosa riporterà alla sua comunità di questo incontro?
R. - L'incoraggiamento del Santo Padre a continuare il nostro cammino,
ad accogliere i giovani e mostrare questa dimensione di comunione della fede.
La fede non è qualcosa di individualistico: se cerchiamo soltanto una fede
individualista, se non c’è la dimensione della comunione della Chiesa, non
possiamo andare lontano. E’ vero che questa ricerca individualistica che esiste
oggi non è soltanto negativa, perché è segno di una ricerca personale della
fede e viviamo in un tempo bello per questo. I giovani cercano una fede
personale e non ripetono soltanto la tradizione in una maniera passiva.
Tuttavia, dobbiamo sempre ricercare la dimensione ecclesiale.
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Nomine
Il
Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Budjala, nella Repubblica
Democratica del Congo, padre Philibert Tembo Nlandu, già superiore provinciale
della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria a Kinshasa. Padre Philibert
Tembo Nlandu è nato il 3 novembre 1962 a Nganda Kikamba, nella diocesi di Boma.
Nel 1980 è entrato nella Congregazione del Cuore Immacolato di Maria
(Missionari di Scheut), dove nel 1982 ha emesso la prima professione, per
frequentare poi gli studi di Filosofia all’Istituto Saint Augustin di Kinshasa
(1982-85) e di Teologia all’Istituto St. Cyprian a Ngoya, in Camerun (1985-88).
Successivamente è partito per il Giappone, dove ha svolto uno stage missionario
e gli studi specialistici in Teologia, terminati con la Licenza (1988-1991).
Nel frattempo ha frequentato anche un corso di formazione all’“Institute for
Religious Formation” negli Stati Uniti. Il 25 agosto 1991 è stato ordinato
sacerdote.
Sua
Beatitudine Baselios Mar Cleemis, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei
Siro-Malankaresi, con il consenso del Sinodo della Chiesa Siro-Malankarese, ha
promosso a norma del can. 85 § 2, 2° del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali,
alla sede metropolitana di Tiruvalla dei Siro-Malankaresi, Thomas Mar Koorilos
Chakkalapadickal, finora vescovo di Muvattupuzha dei Siro-Malankaresi. Thomas
Mar Korrilos Chakkalapadickal è nato a Kadapramannar nell’eparchia di Tiruvalla
il 19 ottobre 1958. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Pontificio Ateneo
di Poona ed è stato ordinato sacerdote il 30 dicembre 1985 per l’eparchia di
Tiruvalla. E’ laureato in diritto canonico presso il Pontificio Istituto
Orientale in Roma. E’ stato parroco delle parrocchie di Vandarnnedu e Kumily,
segretario del vescovo, e cappellano per i fedeli siro-malankaresi a New Delhi.
Il 9 maggio1997 Mar Koorilos è stato ordinato vescovo tit. di Tigisi di
Mauritania ed ausiliare dell’allora sede metropolitana di Tiruvalla. Ha
ricevuto l’ordinazione episcopale il 17 luglio 1997. Il 15 gennaio 2003 è stato
nominato vescovo di Muvattupuzha.
L'Europa non rinneghi
se stessa rifiutando le proprie radici cristiane: sull’appello del Papa, la
riflessione del cardinale Erdő,
del vescovo Merisi e
del prof. Baggio
L’Europa ritrovi se stessa, valorizzando le
proprie radici cristiane: ha destato ampia eco l’intervento di Benedetto XVI,
sabato scorso, ai partecipanti al Congresso della COMECE, la Commissione delle
Conferenze Episcopali d'Europa. Un discorso appassionato nel quale il Papa ha
messo l’accento sui valori che devono guidare la costruzione della casa comune
europea, pena la negazione della sua stessa identità. Un appello quanto mai
urgente, anche alla luce della Dichiarazione di Berlino, approvata ieri dal
Consiglio Europeo, che non menziona le radici del Vecchio Continente. Per una
riflessione sul discorso del Papa ai vescovi dell’Europa, Alessandro Gisotti
ha intervistato il vescovo di Lodi, Giuseppe Merisi, delegato della CEI
alla COMECE:
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R. - Sia i vescovi con la loro testimonianza,
sia i laici nei diversi settori di competenza, sono chiamati a riproporre con
coraggio, con fedeltà, il riferimento a questi grandi valori. Poi questi valori
vanno coltivati, testimoniandoli. I vescovi hanno prodotto e proposto un loro
messaggio che è stato consegnato al presidente Romano Prodi e agli altri capi
di Stato e di governo riuniti a Berlino. In questo messaggio c’è un riferimento
ai grandi valori che da sempre animano il cammino della comunità con l’invito a
riconoscere le radici cristiane e anche le tematiche che in questo momento sono
presenti sul tavolo del dibattito e ci preoccupano: la vita, la famiglia.
Dobbiamo camminare insieme rispettando le diversità, visto che c’è anche un
lavoro da fare per incoraggiare i laici in Europa. Speriamo che possano
raccordarsi di più.
D. – Molti cittadini europei, ha constatato
il Papa, stanno perdendo fiducia nel proprio avvenire. Quanto influisce,
secondo lei, lo smarrimento delle proprie radici su questa crisi di identità e
di valori?
R. – Noi siamo chiamati, come afferma
giustamente il Papa, a riproporre con chiarezza, con fedeltà, il senso del
messaggio cristiano che attraverso la mediazione della dottrina sociale della
Chiesa è offerto per la promozione del bene vero della gente. Nel caso delle
popolazioni dell’Europa, non siamo chiamati unicamente a dire che siamo fedeli
ad un nostro messaggio ma a far sentire che questo messaggio è di aiuto se
viene accolto e messo in pratica nel cammino dell’Europa.
D. – Sono passati 50 anni dalla firma dei
Trattati di Roma. Quali sono le sue aspettative per il futuro e quale il
contributo che le Chiese, le comunità religiose, ed in particolare gli
Episcopati europei possono dare alla costruzione di questa casa comune europea?
R. – Credo che ci sia da riflettere, da
impegnarsi. Anche a Verona la Chiesa italiana, riflettendo sul tema della
speranza e della testimonianza, ha insistito su questo tema della
testimonianza, anche in Europa. I problemi che abbiamo in Italia relativi
all’evangelizzazione, ma anche alla promozione umana con attenzione alla
questione antropologica, devono diventare anche il nostro impegno:
testimoniare, evangelizzare, e favorire la promozione umana per il bene vero della
gente.
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Nel suo discorso alla COMECE, Benedetto XVI
ha anche sottolineato che quando la comunità non rispetta la dignità
dell’essere umano finisce per non fare il bene di nessuno. Su questo richiamo
del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il professor Antonio
Maria Baggio, docente di Etica sociale presso la
Pontificia Università Gregoriana:
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R. – Credo che, ed emerge molto bene dal
discorso del Papa, assistiamo a una debolezza dell’intera identità europea.
Quindi, la debolezza anche dell’affermazione dei valori e dei diritti umani o
addirittura il non vedere certi diritti, specie quando sono dei più deboli.
Sono tutte cose che stanno in piedi insieme. Quel che mi ha colpito
particolarmente del discorso del Papa è che questa sottolineatura, questa
affermazione dei diritti, è collegata all’idea di identità d’Europa. Il Papa in
sostanza ha detto: l’Europa si è costituita sulla base di alcuni valori,
immessi dal cristianesimo. Il cristianesimo ha dato un grande contributo, non è
l’unica corrente ma certamente è l’elemento fondamentale. Su questi diritti e
su questi valori si è fatta l’Europa e se viene meno il riconoscimento di
questi valori e di questi diritti viene meno l’identità dell’Europa e il
rispetto per le persone.
D. - Il Papa ha messo l’accento su quelle
tendenze relativistiche che negano ai cristiani il diritto stesso di
intervenire. Quali strumenti hanno dunque i cristiani dell’Europa e i laici in
particolare per far sentire la propria voce?
R. - Io intendo che il Papa abbia
sottolineato la presenza in quanto cristiani, perché come cittadini i cristiani
hanno gli stessi diritti degli altri. E’ in quanto cristiani, forse, che
qualche volta ci sono delle discriminazioni. Però è anche vero che non bisogna
farsi intimidire. Il Papa esorta a questa presenza, presenza che deve essere
decisa quanto all’identità e alle idee ma anche rispettosa. Ci vuole decisione,
ma io esorterei anche a imparare il linguaggio universale, saper dire le nostre
cose di cristiani con un linguaggio che tutti possano capire.
D. - La disaffezione che provano molti
cittadini europei verso le istituzioni è il sintomo di una mancanza di valori.
Dunque, qual è la base su cui costruire la nuova Europa, al di là degli
interessi politici e economici?
R. – Il Papa si occupa molto nel suo
discorso di questo aspetto. Il Papa critica fortemente il concetto corrente di
azione politica che si basa sul pragmatismo, cioè sull’idea che sia importante
mettersi d’accordo sugli interessi materiali. Dice esplicitamente che questo
bilanciamento degli interessi, lui lo chiama anche “ponderazione dei beni”, non
è sostitutivo del bene comune. Il bene comune è un fine dell’azione politica
della società che ha un aspetto morale e se ha un aspetto morale dobbiamo
chiederci dove vogliamo andare, indipendentemente dai beni materiali che riusciremo
ad acquisire. Allora fare politica richiede avere un’identità e se l’Europa non
ha un’identità e non recupera i valori non può neanche raggiungere il bene
comune.
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E sui valori fondanti
dell’Europa, si sofferma anche il cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa, intervistato dalla nostra collega del programma ungherese, Marta
Vertse:
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L’Unione Europea,
nella forma attuale, ci offre una grande occasione per la riconciliazione dei
popoli. Non si tratta ormai soltanto e soprattutto di una collaborazione
puramente economica, ma anche di una unione piuttosto umana e comunitaria e che
forse può aiutarci nella riconciliazione e anche nella guarigione delle ferite
del passato. Dall’altra parte, in questa occasione così solenne, bisogna riflettere
anche sui valori che vengono rappresentati dall’Unione Europea attualmente;
certamente alcuni valori naturali, fondamentali e i valori della nostra identità
cristiana sembrano essere non soltanto non sufficientemente rappresentati ma
persino minacciati. Cerchiamo naturalmente di far valere, all’interno del
sistema dell’Unione, tutti questi valori ma bisogna trovare anche il modo di rinforzarli
nella realtà sociale e sociologica dei popoli perché senza di questo sicuramente,
con dei mezzi soltanto giuridici, non si riuscirà a rappresentare sufficientemente
questi valori così importanti per la stessa sopravvivenza di questi popoli.
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L'inferno
esiste, ed è per quanti chiudono il cuore all'amore di Dio.
Il commento del priore di Bose, Enzo Bianchi,
alle parole del Papa
Hanno suscitato
numerosi commenti, di vario genere, le parole del Papa sull’esistenza
dell’inferno, pronunciate ieri durante la Messa nella parrocchia romana di
Santa Felicita e Figli Martiri.
Benedetto XVI ha ricordato che Gesù è venuto “per dirci che ci vuole
tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro
tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore”. Su queste
parole ascoltiamo la riflessione del priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo
Bianchi, intervistato da Sergio Centofanti:
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R. - Innanzitutto il
Papa ha ricordato lo stesso messaggio che in altri termini dice Paolo nella
lettera a Timoteo: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati. Questa è la
volontà di Dio e Gesù è venuto per dirci questa verità e per indicarci una
strada di salvezza. Indubbiamente c’è anche da ricordare, come hanno fatto i
profeti, come ha fatto Gesù stesso, che ci sarà però un giudizio di Dio. Se non
ci fosse il giudizio, la nostra vita sarebbe assurda, significherebbe che tutti
possiamo vivere come vogliamo, senza gli altri, contro gli altri, facendo del
male e avere lo stesso esito. Il Papa ha fatto quindi bene a ricordare che c’è
la possibilità dell’Inferno, la possibilità di scegliere da parte dell’uomo una
via mortifera che lo porta a questa assenza di Dio, perché l’Inferno è assenza
di Dio, è assenza di vita, è assenza di amore. E’ triste che ci si stupisca di
questo, il problema è che oggi non si predica più, purtroppo il giudizio lo si
ricorda poco all’interno delle nostre assemblee ecclesiali. Ma se non c’è il
giudizio finale, universale, come potrebbe esserci un senso alla nostra vita
con un esito uguale per chi è stato oppressore, per chi è stato violento, per
chi è stato assassino e per chi è stato vittima? Il Papa ha fatto molto bene a
ricordare questo. Ciò non toglie che come molti santi, molti mistici e
soprattutto un ultimo teologo carissimo a Benedetto XVI, von Balthasar, ci
chiedono di sperare per tutti. Non si tratta di negare l’Inferno, di negare
questa condizione senza Dio perché è nelle parole di Gesù, ma si tratta
certamente di sperare, di chiedere a Dio che la sua misericordia nel giudizio,
operi quello che per noi è impossibile: la salvezza di tutti. Questo non
significa relativizzare l’Inferno o pensare che dunque c’è un esito comune per
tutti gli uomini. Ben vengano le parole di Benedetto XVI.
D. – Quindi l’Inferno
è legato alla libertà...
R. – L’Inferno è
legato alla libertà di ciascuno di noi perché anche se noi siamo attirati,
sedotti dal male, noi possiamo certamente resistervi ed in ogni caso chiedere
la misericordia di Dio. Ma se uno non resiste al male, anzi si dà in balia del
male liberamente e non pensa neanche di avere bisogno della misericordia di
Dio, l’esito sarà una vita senza Dio, senza vita, senza amore, cioè quello che
all’interno delle Scritture viene chiamato l’Inferno, dove regna la morte, non
regna l’amore, non c’è la presenza di Dio.
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Mons. Parolin: le
diverse religioni della Terra Santa decisive
per rilanciare la pace tra israeliani e palestinesi
La comunità internazionale, e con essa la
Santa Sede, auspica che il nuovo governo palestinese possa essere “un
interlocutore autorevole ed affidabile, capace di condurre la propria gente,
con senso di responsabilità e realismo, alla conclusione di una pace giusta con
gli israeliani”, oltre che “alla creazione di uno Stato libero, indipendente e
sovrano” per i palestinesi stessi. Lo ha affermato il sottosegretario per i
Rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin, durante la Conferenza
internazionale svoltasi nei giorsi scorsi a Roma, su convocazione del Comitato
delle Nazioni Unite per l’esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese.
Ricordando i passaggi salienti della lettera indirizzata lo scorso Natale da
Benedetto XVI ai cristiani di Terra Santa, mons Parolin ha concluso a nome
della Santa Sede dicendosi convinto che a dare un “contributo decisivo” al
rilancio dei colloqui di pace saranno le “differenti confessioni religiose
presenti in quei luoghi”.
Ricorrono oggi i 40 anni dell'Enciclica di Paolo VI
"Populorum progressio"
Ricorre oggi il 40.mo
anniversario di un’Enciclica “profetica”: la Populorum progressio, promulgata
da Paolo VI il 26 marzo del 1967. Sulle motivazioni che portarono Papa Montini
alla realizzazione di questo storico documento del Magistero sociale, Giovanni
Peduto ha parlato con il vescovo Giampaolo Crepaldi, segretario del
Pontificio Consiglio Giustizia e pace:
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R. - Ne individuerei
soprattutto tre. Siamo alla fine degli anni ’60 e siamo in presenza di tre
fenomeni importanti. Il primo fenomeno direi che è un vistoso processo di
decolonizzazione che caratterizzava quel periodo storico; un secondo fenomeno
sono le disuguaglianze marcate tra il nord e il sud del mondo sul piano
economico che facevano emergere un grande problema di giustizia internazionale,
dentro una cornice geopolitica di marcata tensione tra l’est e l’ovest; un
terzo processo, guidato soprattutto dagli organismi delle Nazioni Unite, cioè
l’esigenza di avviare una fase nuova di cooperazione internazionale per
risolvere, almeno in parte, questo drammatico gap tra il nord e il sud del
mondo. In questo contesto cala la riflessione di Paolo VI sul tema dello
sviluppo.
D. - Cosa vuole dire
Paolo VI al mondo, soprattutto ai governanti, con questa sua Enciclica: quale
ne è il contenuto saliente?
R. - Il contenuto
saliente è la proposta - ed è l’aspetto più interessante, più originale della
“Populorum progressio” - di un umanesimo integrale e di un umanesimo solidale.
Dobbiamo ricordare che l’Enciclica è divisa in due parti. Per un umanesimo
integrale, cioè di tutto l’uomo; verso un umanesimo, è la seconda parte,
solidale, cioè lo sviluppo di tutti gli uomini. Direi sta qui, in questa
proposta di umanesimo, da una parte integrale e dall’altra solidale, il
messaggio perenne dell’Enciclica “Populorum progressio”. Voglio dire una cosa,
se collochiamo la “Populorum progressio” nella storia della dottrina sociale
della Chiesa, soprattutto a partire dalla grande Enciclica di Leone XIII “Rerum
Novarum”, direi che con la “Populorum progressio” entra nella dottrina sociale
della Chiesa la tematica dello sviluppo e la tematica dello sviluppo viene
affrontata in termini mondiali, cioè la questione sociale che è la questione
che viene tematizzata dalla dottrina sociale della Chiesa diventa con la Populorum
progressio a tutti gli effetti la questione mondiale perchè diventa la
questione dello sviluppo.
D. - Oggi qual è
l’attualità di questa Enciclica?
R. – L’attualità di
questa Enciclica la possiamo vedere in questa proposta che Paolo VI fa, di un
umanesimo integrale, solidale, cioè per avere un autentico sviluppo dobbiamo
considerare sempre e rispettare sempre e promuovere sempre l’integralità della
persona umana. Per avere l’autentico sviluppo dobbiamo mettere in campo però
tutte quelle forze che si richiamano alla solidarietà, alla collaborazione, a
questo spirito di comprensione che ci deve essere tra i popoli e uno degli
aspetti più interessanti che può essere letto tra le righe della enciclica “Populorum
progressio” è questo riferimento all’unità della famiglia umana. Anche questo è
un concetto rilevante da un punto di vista teologico e spirituale ma rilevantissimo
- e che diventerà rilevantissimo successivamente negli sviluppi nella dottrina
sociale della Chiesa e soprattutto nel Magistero sociale di Giovanni Paolo II -
questo concetto dell’unità della famiglia rimane uno dei concetti chiave che permette
a Paolo VI di articolare in maniera approfondita questa sua proposta di un
umanesimo integrale e solidale.
D. - Quali le
iniziative per i 40 anni di questa Enciclica?
R. - Ci sono molte
iniziative. Non dimentichiamo che a incoraggiare queste iniziative c’è stato il
messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno del Santo Padre
Benedetto XVI che terminava proprio ricordando il 40.mo anniversario della
“Populorum progressio” e il 20.mo anniversario della “Sollecitudo rei socialis”,
perché non dimentichiamo che c’è anche questo anniversario. E allora a partire
da questo incoraggiamento del Santo Padre sono state programmate molte
iniziative. Il Pontificio Consiglio terrà il secondo Incontro mondiale degli
organismi ecclesiali operanti sul fronte della giustizia e della pace e lo farà
dal 21 al 23 giugno, e lo terrà, proprio mettendo come tema la riflessione di
questo 40.mo anniversario della Populorum progressio, assieme all’assemblea
plenaria dei suoi membri consultori. Quindi stiamo lavorando alacremente per
far venire a Roma tutte le commissioni giustizia e pace, coinvolgere gli
Episcopati per riflettere sul messaggio e sugli insegnamenti della “Populorum
progressio”, però evidentemente contestualizzandoli, perché in 40 anni sono
successe tante cose. Il Magistero sociale della Chiesa si è sviluppato, è
cresciuto ma soprattutto abbiamo il fenomeno della globalizzazione, c’è stato
il crollo nell’89 del comunismo, sono entrate in scena potenze economiche e
politiche come l’India e la Cina, lo scenario storico, socio-politico e anche
economico è notevolmente mutato. Però io credo che anche dentro questo scenario
così nuovo e così complesso il messaggio della “Populorum progressio” che ci
invita a lavorare per un umanesimo integrale e solidale resta attualissimo.
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Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - In primo piano la preghiera
mariana dell'Angelus recitata da Benedetto XVI con i fedeli convenuti in Piazza
San Pietro.
Servizio estero - In evidenza il saluto del Sotto-Segretario
per i Rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin, ai partecipanti alla
Conferenza Internazionale che, convocata dal Comitato delle Nazioni Unite per
l'esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese, si è tenuta a
Roma, presso la sede della FAO, il 22 e il 23 marzo, con l'intento di portare
un contributo al rilancio del dialogo di pace tra israeliani e palestinesi.
Servizio culturale - Un articolo di Marco Testi dal
titolo "Un cercatore di verità": un ricordo di Franco Lanza.
Servizio italiano - Il rilievo il tema della
missione in Afghanistan.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
La Chiesa celebra la
solennità dell'Annunciazione
La celebrazione, ieri,
della quinta domenica di Quaresima ha fatto slittare ad oggi la solennità
dell’Annunciazione del Signore, fissata di consueto al 25 marzo. Una tradizione
antichissima identifica la casa di Maria, in cui avvenne l'Annunciazione
dell’Arcangelo Gabriele alla Vergine, con la grotta che oggi si trova nella
cripta della Basilica dell'Annunciazione a Nazareth. Una parte di quella
casa - sempre secondo la tradizione – fu miracolosamente trasportata da alcuni
Angeli a Loreto, nella regione italiana delle Marche. La Santa Casa, come essa
è chiamata, si trova tuttora all'interno della Basilica di Loreto, dichiarata
da Giovanni Paolo II “Santuario internazionale”, ed accoglie continuamente
migliaia di pellegrini. Anche Benedetto XVI visiterà la Basilica lauretana agli
inizi del prossimo settembre. Al rettore padre Marzio Calletti,
religioso dei Francescani Cappuccini ai quali la Basilica è affidata dal 1934, Giovanni
Peduto ha chiesto un pensiero sull’Annunciazione:
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R. – Nel Vangelo di Luca
troviamo la descrizione di questo evento bello, luminoso, dell’Annunciazione: è
un dialogo che avviene tra l’Arcangelo Gabriele e Maria; si inserisce nella
vita quotidiana di fede di Maria che rappresenta tutta un’attesa del popolo di
Israele. L’Arcangelo Gabriele si fa presente nella vita di questa ragazza e le
propone il disegno di Dio per l’uomo, ma che passa attraverso questo piccola
donna che risponde al nome di Maria di Nazareth; le pietre della Santa Casa ce
lo ricordano continuamente. Potremmo dire che è il Vangelo dell’Annunciazione
che continuamente ci aiuta ad entrare nel mistero dell’Incarnazione.
D. - Maria accetta di
lasciarsi sconvolgere la vita da Dio …
R. – Certo, come
qualsiasi altra ragazza, Maria ha un sogno nella sua vita, un sogno che si sta
realizzando, è “promessa sposa” dice l’evangelista Luca. Dentro questo sogno si
apre una nuova prospettiva, e Maria è disposta a lasciarsi fare, a lasciarsi
illuminare: come è possibile tutto questo? Non è un freno che Maria vuole porre
al progetto di Dio ma è un voler capire e un voler entrare dentro questo
mistero per lasciarsi proprio totalmente plasmare anche se la sua prospettiva
era un’altra.
D. - Sullo sfondo
dell’Annunciazione c’è il dramma vissuto da San Giuseppe …
R. – Nel Vangelo di Luca
San Giuseppe appare soltanto per inciso – vi si dice che Maria era “Promessa
sposa di un uomo chiamato Giuseppe” – mentre nel Vangelo di Matteo c’è
l’annuncio a Giuseppe. Dentro questo terremoto interiore che nasce nel cuore di
questo uomo di fronte all’evento di Maria che si trova incinta, ecco Dio opera
anche in lui e Giuseppe si lascia trasportare da questo progetto di Dio. E’
bella una assicurazione che troviamo sia nell’evangelista Luca, riguardo a Maria,
sia nell’evangelista Matteo, riguardo a Giuseppe: “Non temere, non temere”; è
Dio in fondo che assicura attraverso l’Angelo questa assistenza e assicura che
è opera sua quello che sta avvenendo.
D. - L’Arcangelo
Gabriele porta l’annuncio: chi sono e cosa fanno gli Angeli?
R. – Dalla Bibbia
sappiamo che gli Angeli sono i messaggeri di Dio; attraverso gli Angeli Dio si
manifesta agli uomini; attraverso gli Angeli e l’intervento di questi spiriti
celesti, l’uomo viene custodito e viene guidato nel cammino di Dio.
D. - Come possiamo
vivere oggi noi l’evento dell’Annunciazione?
R. – Innanzitutto non
siamo chiamati solo a contemplare ciò che è avvenuto: certo ci inginocchiamo di
fronte all’evento che è un evento straordinario per la nostra fede, ma è un
evento che continua anche nella nostra vita. Non saranno gli Angeli
direttamente a venirci ad annunciare la volontà di Dio, ma noi siamo chiamati
ogni giorno a scoprire, attraverso i segni che il Signore ci dà, un annuncio
per noi che è sempre un annuncio di salvezza, un annuncio che passa attraverso
la quotidianità, quella quotidianità che spesso non attira il nostro sguardo. E
allora, in noi ci deve essere attenzione, ci deve essere apertura, ci deve
essere ascolto, perché questi segni, attraverso il discernimento, vengano
interpretati, accolti, vissuti come annuncio per noi oggi, ed è sempre un
annuncio di salvezza, una salvezza che ci porta alla gioia e a tanta speranza.
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Il
Movimento Gruppi di preghiera figli spirituali di Giovanni Paolo II
festeggia il primo anniversario
della fondazione
“Andare a Gesù per Maria, con
Maria, in Maria, per vivere totalmente, sotto la sua protezione, il ‘Totus
Tuus’”: è il motto del Movimento Gruppi di preghiera figli spirituali di
Giovanni Paolo II, che oggi festeggia il primo anniversario della fondazione
con una Santa Messa presso la Basilica romana di Santa Maria degli Angeli. La
Celebrazione, in programma alle ore 16.00, sarà presieduta da mons. Sławomir
Oder, postulatore della Causa di Beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo
II, che si concluderà nella sua fase diocesana il prossimo 2 aprile. Ma per un
bilancio di questo primo anno di attività del Movimento, Roberta Moretti
ha intervistato la coordinatrice, Sr. Maria Rosa Lo Proto:
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R. - Quando iniziammo, lo scorso
anno, eravamo sì e no una quindicina, adesso siamo arrivati a più di 250 a
Roma, ma ce ne sono altri che sono in varie regioni di Italia che già chiedono
di aprire un gruppo di preghiera. Ormai siamo Associazione ed io desidero
ringraziare tantissimo il cardinale Camillo Ruini, vicario di Sua Santità, che
ha dato fiducia al nostro Movimento e ha approvato lo statuto.
D. - Come è nato il vostro
Movimento e come è cresciuto nel tempo?
R. - Sappiamo che molti santi,
come ad esempio padre Pio, hanno i loro figli spirituali: io, in un giorno di
ritiro, sono stata ispirata a fare qualcosa per Giovanni Paolo II, che è stato
grande per tutti noi. Non so quale strada prenderà, però so soltanto che non
sono stata io a guidarlo, ma è stato il Signore stesso e c’è stata la
Provvidenza che ha pensato a tutto.
D. - Qual è l’obiettivo del
Movimento?
R. - Alimentare con la preghiera
la fede degli aderenti, perché soltanto se abbiamo la fede riusciamo realmente
a vivere nella gioia. Poi, conoscere meglio e vivere gli insegnamenti e gli
scritti del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Un’altra cosa è curare la devozione
mariana e noi, obbedienti a quanto ci ha lasciato Giovanni Paolo II, ma anche a
quanto ci propone Benedetto XVI, vogliamo continuare proprio questa dimensione
del “Totus tuus”, che ci fa affidare a Maria per essere presentati a Gesù e
avere un rapporto di preghiera più profondo.
D. - Ci può raccontare qualche
esperienza di conversione legata a Giovanni Paolo II?
R. - Spesso mi arrivano telefonate
o e-mail. Una persona da Firenze mi ha scritto dicendomi: io offro la mia
preghiera, il mio servizio, tutte le sere, a un fratello cieco che si è
convertito con me tramite Giovanni Paolo II e in questo servizio metterò
l’intenzione perché presto anche a Firenze nasca un gruppo di preghiera. Ecco
perché il nostro sito in inglese si chiama www.prayingwithkarol.org,
perché noi vogliamo essere, come Giovanni Paolo II, uniti a tutti il mondo.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
“L’Europa
non dimentichi l’Africa e i suoi bisogni”. E’ il richiamo rivolto ieri dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone,
nel corso della visita per la dedicazione
della Chiesa di “Gesù Salvatore” in
Vena di Jonadi, in Calabria
“La cancellazione dell’identità cristiana
da parte dell’Unione Europea rappresenta una grave perdita di memoria che
rivela anche un’ignoranza del passato che ha costruito la nostra civiltà. Così
facendo, si dimenticano gli stessi principi di libertà, tolleranza e convivenza
pacifica”. Lo ha detto ieri il segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio
Bertone, nel corso della visita per la dedicazione della Chiesa di “Gesù
Salvatore” in Vena di Jonadi, paese in provincia di Vibo Valentia, in Calabria.
“I valori religiosi continuano – ha detto il porporato – continuano a restare
forti e radicati nello spirito e nella coscienza degli uomini d’Europa”. Un Europa
che “non deve dimenticare l’Africa e i suoi bisogni”, ha aggiunto il cardinale
inaugurando la mostra “Gli Occhi della Speranza”, promossa dall’associazione
“Calabria pro Zambia”. Il cardinale Bertone ha quindi parlato della Calabria,
“un popolo di lavoratori ed una regione dal cuore grande e generoso, che deve
riscattarsi da certi cliché negativi”. “I calabresi – ha poi affermato il
cardinale – devono lavorare per il loro futuro con una robusta fede che è una
caratteristica peculiare della storia di questo popolo”. Rivolgendosi ai
responsabili delle istituzioni, li ha invitati a lavorare con la Chiesa, nella
propria autonomia, a favore del bene comune. All’inaugurazione della nuova
chiesa – riferisce l’Agenzia SIR - era presente anche il presidente della
Conferenza episcopale calabra, mons. Vittorio Mondello, arcivescovo di Reggio
Calabria-Bova. (A.L.)
Ad Hong
Kong confermato come capo dell’esecutivo
il governatore uscente, Donald Tsang Yam-kuen.
Nell’ex colonia britannica è sempre più significativa la presenza di politici
cattolici
Ad Hong
Kong scelto il nuovo capo dell’esecutivo. Il governatore uscente, Donald Tsang
Yam-kuen, cattolico e uomo di Pechino, ha conseguito un netto successo
ottenendo la preferenza di 649 ‘grandi elettori’ su 800. Il leader
dell’opposizione Alan Leong, anche lui cattolico, esponente del fronte democratico,
ha conquistato invece 123 voti. Nell’ex colonia britannica, tornata nel 1997
sotto la sovranità cinese, sono cattolici molti altri protagonisti della vita
politica, tra cui diversi ministri e vari esponenti del Partito democratico e
del Partito Civico. I cattolici, circa il 5 per cento dei 7 milioni di
abitanti, costituiscono dunque una minoranza significativa. Il contributo della
Chiesa è rilevante anche nell’ambito dell’educazione. “E’ altissima – spiega
sulla rivista "Mondo e Missione" il missionario del PIME, padre
Gianni Crivellier – la percentuale di leader che, indipendentemente dalla loro
fede, si sono formati nelle scuole cattoliche, quasi 300”. "Va poi
ricordato - scrive Crivellier - il servizio sociale offerto dai numerosi centri
della Caritas". Il vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph
Zen Ze-kiun, è sempre in prima fila inoltre in iniziative a sostegno della
democrazia e dei diritti civili. Sul versante
politico, intanto, le sfide che attendono la leadership di Hong Kong sono
molteplici. Alla vigilia delle elezioni, la Commissione affari sociali della
diocesi di Hong Kong ha chiesto ai candidati una politica più mirata agli
effettivi bisogni dell’ex colonia e, in particolare, ai temi sociali. Il nuovo
capo dell’esecutivo è chiamato poi, nei prossimi cinque anni, a sciogliere il
nodo dell’instaurazione di un più chiaro sistema democratico. Donald Tsang
Yam-kuen ha più volte ripetuto di essere intenzionato a varare una riforma
delle istituzioni, pur essendo consapevole di essere stretto tra i timori di
apertura, espressi dalle autorità centrali di Pechino, e le spinte in senso
opposto per il suffragio universale. In base al principio elaborato
dall’ex segretario generale del Partito comunista cinese Deng Xiaoping denominato
“un Paese, due sistemi”, ad Hong Kong non sarà applicato il sistema socialista
della Repubblica popolare cinese. L’ex colonia britannica potrà mantenere un
modello economico liberale per 50 anni. Dotata di ampi poteri amministrativi,
legislativi e giudiziari, l’amministrazione speciale di Hong Kong deve far
fronte ad unico vero limite: quello di non controllare la propria politica
estera e di difesa, appannaggio esclusivo del governo centrale cinese. (A.L.)
La
Coldiretti invita l’Unione Europea a dotarsi di un’etichetta di origine
dei prodotti per favorire un commercio
equo e solidale
Secondo
la Coldiretti, con l’etichettatura di provenienza dei prodotti, l’Unione Europea
può intervenire immediatamente a sostegno di un vero commercio equo e solidale
per contribuire a fermare lo sfruttamento dei 132 milioni di minori di 15 anni
che nel mondo - come denunciato dal rapporto sulla schiavitù di ‘Save the
Children’ - lavorano nei campi, esposti ai pericoli che derivano dall’utilizzo
di macchinari pesanti. La Coldiretti sottolinea come molti prodotti agricoli,
importati da Paesi extracomunitari, siano il frutto di processi produttivi che
non rispettano le norme etiche del lavoro. Secondo i risultati di un recente
sondaggio, effettuato dalla stessa organizzazione agricola, è emerso che “ben
il 20 per cento degli italiani chiede all’Unione Europea controlli alle
frontiere sul rispetto delle norme socio-ambientali per evitare che i prodotti
in vendita vengano ottenuti danneggiando il territorio e sfruttando il lavoro,
anche minorile”. Per la Coldiretti si tratta di “comportamenti inaccettabili
che coinvolgono direttamente l’UE, che è il principale importatore mondiale di
prodotti agroalimentari e ha il dovere di svolgere un ruolo di leadership nel
garantire la sostenibilità del commercio dal punto di vista sanitario,
ambientale e sociale”. “L’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli
alimenti – continua la Coldiretti - è un elemento di trasparenza che consente
ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli e dà opportunità
economica, dignità e sviluppo ai paesi più poveri del mondo che si impegnano
contro lo sfruttamento e l’omologazione”. (E.L.)
La Chiesa
lancia corsi professionali in Vietnam
per aiutare i giovani disoccupati
Per aiutare i giovani disoccupati e creare
allo stesso tempo un ponte di uguaglianza fra i cittadini del nord e del sud
Vietnam, la Chiesa locale ha lanciato dei corsi di avviamento professionale e
di sostegno economico. Ogni anno si diplomano in Vietnam circa tre milioni di
ragazzi. Di questi, il 30 per cento continua gli studi a livello universitario,
mentre il restante 70 per cento cerca subito un impiego. Purtroppo, dato l’alto
tasso di disoccupazione, l’impresa si rivela spesso ardua. Uno dei primi
effetti di questo fenomeno è l’immigrazione interna, che a sua volta scatena
una serie di problemi sociali difficili da gestire. Per venire incontro a
questi giovani, la Chiesa ha creato dei progetti di inserimento nel mondo del
lavoro. I redentoristi, ad esempio, gestiscono dei fondi di sostegno destinati
a quei diplomati in particolari difficoltà economiche che cercano il primo
impiego. Padre Thanh porta avanti, inoltre, un corso di avviamento professionale cui
partecipano giovani da tutte le diocesi vietnamite. Il sacerdote spiega
all’Agenzia AsiaNews che il corso “ha
aiutato molti ragazzi nel loro lavoro nelle metropoli". "In alcuni
casi - prosegue - siamo in grado di assumerli nelle diocesi, dove svolgono
diversi tipi di lavoro. Con un salario di cento dollari al mese possono vivere
in maniera dignitosa ed aiutare le loro famiglie rimaste a casa”.
Dedicato
al pensiero dei Padri della Chiesa, il dizionario
"Letteratura patristica"
delle Edizioni San Paolo
Tutta la letteratura
del primo millennio cristiano in un solo volume: è quanto propongono le
Edizioni San Paolo, che hanno pubblicato il dizionario enciclopedico
“Letteratura patristica”, diretto da Angelo Di Bernardino, Giorgio Fedalto e
Manilo Simonetti. Il dizionario ripropone le parole di uomini, i Padri della
Chiesa, che hanno contribuito a formare, diffondere e trasmettere il pensiero
cristiano. Partendo da Gerusalemme, Roma, Costantinopoli, e Alessandria i Padri
della Chiesa si sono spinti verso altre terre d’Oriente e occidente arricchendo
il cristianesimo di una sinfonia di voci. Il dizionario, al quale hanno
collaborato specialisti italiani e stranieri, rende conto di questa avvincente
crescita e straordinaria diffusione del cristianesimo. L’opera unisce il rigore
scientifico alla passione per gli scrittori del primo millennio cristiano. Angelo Di Berardino è professore di Patrologia
e Patristica presso l’Istituto Augustinianum di Roma; Giorgio Fedalto è docente di storia
bizantina presso l’Università degli studi di Padova mentre Manlio Simonetti è attualmente docente
presso l’Istituto “Augustinianum”. (A.L.)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
- A cura di Fausta Speranza -
- I cattolici
repubblicani del Sinn Fein e i protestanti unionisti del DUP hanno raggiunto un
accordo di massima per amministrare assieme l'Irlanda del Nord. L'intesa
dovrebbe essere finalizzata nel corso di un ''faccia a faccia'' senza precedenti
tra il leader del Sinn Fein, Gerry
Adams, e il capo del DUP, il reverendo Ian Paisley, nel Castello di
Stormont, a Belfast, dove ha sede il parlamento locale. Stefano Leszczynski ha chiesto a Pierantonio Lacqua, corrispondente dell’ANSA da Londra, di
commentare la portata storica dell’accordo:
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R. - Obiettivo
storico, in questo caso. Non è retorico, perchè per la prima volta oggi si sono
incontrati il leader del principale partito protestante, su posizioni molto
oltranziste, il reverendo Paisley, ed il leader dello Sinn Fein, Gerry Adams.
Soprattutto abbiamo l'accordo per la cogestione di questa provincia
insanguinata da una guerra che ha fatto 3600 morti.
D. - Forse a premere
su questo accordo è stato anche l'ultimatum posto da Londra. Pensi che abbia
influito su questo risultato?
R. - Senz'altro,
perchè questo processo di pace aveva due momenti molto chiari: le elezioni per
il rinnovo del Parlamento locale il 7 marzo e poi la formazione di questo
governo entro il 26 marzo, cioè entro oggi.
D. - Possiamo dire che
anche se c'è stato questo accordo, l'equilibrio esistente in Ulster, fra
Unionisti ed Indipendentisti, resta comunque un equilibrio delicato...
R. - Certamente,
perchè stiamo parlando di nemici storici. Quindi, chiaramente c'è da superare
degli steccati profondi. Nel prossimo futuro Paisley avrà come suo vice premier
- perchè Paisley è destinato a diventare il primo ministro dell'amministrazione
locale - Martin McGuinness, che è stato il comandante militare dell'IRA. Stiamo
parlando di due nemici storici che hanno trovato
così alla fine la strada del compromesso.
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- ''Il Tracciato di
Pace (Road Map) del Quartetto (USA, UE,
Russia e ONU) resta la base per qualsiasi progresso nei negoziati
israelo-palestinesi'': lo ha dichiarato il premier israeliano, Olmert, durante
la conferenza stampa congiunta con il segretario
generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-Moon. Il nostro servizio:
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“Mantengo contatti
incessanti con il presidente palestinese, Abu Mazen, e questi contatti
proseguiranno anche in futuro'', ha detto Olmert, sottolineando che il segretario
di Stato USA, Condoleezza Rice, compie un intenso sforzo diplomatico regionale
per favorire la ripresa di trattative israelo-palestinesi. Olmert ha risposto
così a chi gli chiedeva della conferenza regionale di pace che dovrebbe essere
convocata il mese prossimo. Ban Ki-Moon ha chiesto in sostanza al nuovo governo
palestinese di combattere la violenza e di mettere fine al lancio di razzi da
Gaza. A Israele di “impedire le attività di insediamento e facilitare la vita
dei palestinesi''. E il segretario generale dell’ONU ha affermato di vedere
positivamente gli sforzi profusi da diversi Paesi arabi per rilanciare il
processo di pace. Sottolineando che il presidente Abu Mazen è pronto a parlare
di pace, che i Paesi arabi presentano la loro iniziativa, che il segretario di
Stato Rice è nella regione per far avanzare il processo di pace, Ban ha
sottolineato che il congelamento di tutte queste attività potrebbe provocare
nuove violenze.
**********
- I 15 militari della
marina britannica arrestati nel Golfo Persico dall'Iran vengono al momento
''interrogati'' dalle autorità di Teheran, alle quali devono ''rispondere'' di
violazione delle acque territoriali della Repubblica islamica. Lo ha dichiarato,
citato dalla tv, il viceministro degli Esteri iraniano Mostafavi. Da parte sua,
il governo iracheno sottolinea che i quindici marinai britannici arrestati
dalla guardia costiera iraniana erano ''in acque territoriali irachene''. Il
ministro degli Esteri iracheno, Zebari, ne chiede il rilascio e invita il suo
collega iraniano, Mottaki a “gestire la loro vicenda in modo legale e saggio''.
Il premier britannico, Tony Blair, ha espresso ieri grande preoccupazione per
la vicenda, ribadendo che i militari erano in acque territoriali irachene e non
iraniane come sostiene Teheran.
- L'alto
rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza Comune della UE, Javier
Solana, ribadisce che continua a cercare di avere un contatto con Ali Larijani,
capo negoziatore iraniano per il nucleare, allo scopo di trovare una data utile
per un appuntamento. Si tratta di continuare un dialogo dopo le sanzioni decise
dall’ONU in tema di nucleare. Intanto il viceministro degli Esteri russo,
Serghei Kisliak, fa sapere che le sanzioni contro l'Iran decise sabato dal Consiglio
di Sicurezza dell'ONU sono ''reversibili'' e non impediranno la cooperazione
tra Mosca e Teheran. ''L'obiettivo della risoluzione è fare in modo che l'Iran
capisca più chiaramente che deve cooperare con l'AIEA (l'Agenzia per l'energia
atomica dell'ONU) per togliere ogni
dubbio sul programma nucleare iraniano.
- Un terremoto di
magnitudo 5,1 gradi sulla scala Richter ha scosso stamani la regione di Bam,
nel sud dell'Iran, già duramente colpita nel dicembre del 2003 da un potente
sisma che fece oltre 31.000 morti. Non
si registrano per ora vittime, secondo l'agenzia ufficiale Irna.
- I talebani sono pronti a negoziare per il rilascio
dell'interprete del giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo, il giornalista
afghano Adjmal Nashkbandi, rapito con l'inviato di Repubblica tre settimane fa.
Lo riferisce l'agenzia di stampa indipendente afghana Pajhwok. Intanto, alle
dodici, in piazza del Campidoglio, è stata esposta la maxifoto di Nashkbandi.
- Due delegazioni
ufficiali separate rappresenteranno il Libano al vertice della Lega Araba che
si aprirà dopodomani a Riad, in Arabia Saudita, a riprova della divisione delle
istituzioni politiche libanesi. Lo ha riferito oggi la stampa di Beirut. La
prima delegazione sarà guidata dal presidente della Repubblica, il filosiriano
Emile Lahud, che sarà accompagnato dai ministri dimissionari degli Esteri Fawzi
Sallukh e dell'ambiente Yacub Sarraf. La seconda delegazione sarà invece
guidata dal premier Fuad Siniora, sostenuto dalla maggioranza parlamentare antisiriana
e che sarà a sua volta accompagnato dai ministri di Esteri e dell'Economia.
Nella sua omelia domenicale, il patriarca cattolico-maronita Nasrallah Sfeir ha
intanto dichiarato ieri che ''ancora una volta i libanesi sono divisi, come se
ci fossero due Libani''.
- Il dibattito alle
Nazioni Unite sul futuro del Kosovo, la provincia serba a maggioranza albanese,
si svolgerà a partire dal mese di aprile al Consiglio di Sicurezza,
probabilmente tra mille difficoltà e con il rischio che un accordo sarà davvero
difficile da raggiungere, almeno in tempi rapidi. Il dibattito sulla provincia
serba era previsto in un primo tempo per la fine di marzo, ma le divisioni in
seno ai Quindici lo hanno fatto slittare al mese successivo. Oggi dovrebbe
essere reso pubblico il documento che la scorsa settimana il mediatore dell'ONU
aveva inviato, in via riservata, al segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon.
In sostanza, il mediatore - l'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari -
propone l'indipendenza del Kosovo sotto una supervisione internazionale,
un’ipotesi osteggiata dalla Serbia ma anche dalla Russia, che del Consiglio di
Sicurezza è membro permanente con diritto di veto. Ricordiamo che il Kosovo è
amministrato dall'ONU dal 1999.
- Una campagna
elettorale in stile americano, con tanto di duello televisivo, ha portato la
Mauritania al ballottaggio, ieri, per l'elezione del presidente in programma
domenica. Dopo il colpo di Stato del 2005, che aveva rovesciato il presidente
Maauiya Uld Sid'Ahmed Taya, i militari hanno ora deciso di indire libere elezioni
per riportare il Paese alla democrazia: il primo turno di votazioni è stato
monitorato da circa 600 osservatori internazionali. Luciano Ardesi:
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Sidi Ould Cheikh
Abdallahi ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali svoltesi ieri
in Mauritania. Lo ha confermato oggi una fonte del ministero degli Interni.
Abdallahi, candidato sostenuto da Maauiya Uld Taya, il presidente deposto dai
militari nel colpo di stato incruento dell'agosto 2005, si è imposto su Ahmed
Ould Daddah con il 52,89 % di voti contro il 47,11%. Al conteggio mancano le
schede del seggio della regione montana di Boumdeid nel centro sud del Paese,
che ha 69 elettori. Il ministero degli Interni ha annunciato che i risultati
definitivi ufficiali saranno resi noti in giornata. La partecipazione al
ballottaggio per l'elezione del presidente della repubblica, che segna il
ritorno del Paese alla democrazia dopo quasi due anni, è stata del 67 per
cento, in leggera flessione rispetto al 70 per cento registrata nel primo turno
dell'11 marzo.
Luciano Ardesi, per la
Radio Vaticana.
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- Un cittadino
straniero è stato ucciso ed un altro ferito in un attacco compiuto contro un
collegio islamico nello Yemen del nord. Non è chiara al momento la nazionalità dello studente ucciso, mentre
quello ferito, secondo la fonte, è francese. Il collegio islamico è stato
attaccato da un gruppo di ribelli sciiti.
- ''Dobbiamo tutti
impegnarci, ma senza egoismi o paure, perchè i nostri giovani possano liberare
le loro energie per costruire un Mediterraneo di pace ricco di identità e di storie, ambito di riferimento
privilegiato, aperto a tutte le civiltà''. Il presidente del Senato italiano,
Franco Marini, rivolge una esortazione non solo economica ai Paesi che si
affacciano sulle due sponde del Mediterraneo, parlando al Senato algerino al termine della visita
ufficiale durata tre giorni e in cui ha avuto colloqui con le massime autorità
del Paese a cominciare dal presidente
della Repubblica algerino, Bouteflika. Secondo il presidente del Senato, ''oggi
attraverso il partenariato e la collaborazione, si può aprire a tutti i
Paesi del Mediterraneo una straordinaria
stagione di emancipazione civile e
democratica''.
- Nicolas Sarkozy,
candidato della destra all'Eliseo, si è dimesso da ministro dell'Interno per
partecipare alla campagna presidenziale. Al suo posto è stato nominato Francois
Baroin, che lascia il ministero dell'Oltremare a Herve Mariton. Anche il
ministro della Sanità, Xavier Bertrand, portavoce di Sarkozy, ha lasciato il
governo. E' stato sostituito da Philippe Bas, che era ministro delegato alla
Sicurezza Sociale.
- Rostekhnadzor, il
servizio federale russo per il controllo ambientale, tecnologico e atomico ha
scoperto serie violazioni delle norme di sicurezza nella miniera di Ulianovskaia,
nella regione siberiana di Kemerovo, dove il 19 marzo scorso sono morti 110 tra
minatori e dipendenti a causa dell'esplosione di una sacca di grisù, il
micidiale gas composto da metano e aria. Lo riferisce l'agenzia Interfax. La miniera
dove è avvenuto l'incidente, il più grave della storia mineraria russa degli
ultimi decenni, era peraltro dotata di impianti moderni. Rostekhnadzor ha
inoltre annunciato di voler controllare a tappeto tutte le compagnie
carbonifere per verificare se rispettano
le norme di sicurezza.