RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 85 - Testo della trasmissione di lunedì 26 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I vescovi siciliani dal Papa per la visita “ad Limina”: ne parliamo con l'arcivescovo di Palermo Paolo Romeo

 

Benedetto XVI riceve il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Ai nostri microfoni il porporato

 

In udienza da Benedetto XVI, il priore della Comunità di Taizé, frère Alois: con noi il Priore

 

L'Europa non rinneghi se stessa rifiutando le proprie radici cristiane: sull’appello del Papa, la riflessione del cardinale Péter Erdő, del vescovo Giuseppe Merisi e del prof. Antonio Maria Baggio

 

L'inferno esiste, ed è per quanti chiudono il cuore all'amore di Dio. Il commento del priore di Bose, Enzo Bianchi, alle parole del Papa

 

Mons. Parolin: le diverse religioni della Terra Santa decisive per rilanciare la pace tra israeliani e palestinesi

 

Ricorrono oggi i 40 anni dell'Enciclica di Paolo VI "Populorum progressio". La riflessione di mons. Giampaolo Crepaldi

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Chiesa celebra la solennità dell'Annunciazione. Intervista con padre Marzio Calletti

 

Il Movimento Gruppi di preghiera figli spirituali di Giovanni Paolo II festeggia il primo anniversario della fondazione. Ce ne parla suor Maria Rosa Lo Proto

 

CHIESA E SOCIETA’:

“L’Europa non dimentichi l’Africa e i suoi bisogni”. E’ il richiamo rivolto ieri dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, nel corso della visita per la dedicazione della Chiesa di “Gesù Salvatore” in Vena di Jonadi, in Calabria

 

Ad Hong Kong confermato come capo dell’esecutivo il governatore uscente, Donald Tsang Yam-kuen. Nell’ex colonia britannica è sempre più significativa la presenza di politici cattolici

 

La Coldiretti invita l’Unione Europea a dotarsi di un’etichetta di origine dei prodotti per favorire un commercio equo e solidale

 

La Chiesa lancia corsi professionali in Vietnam per aiutare i giovani disoccupati

 

Dedicato al pensiero dei Padri della Chiesa, il dizionario "Letteratura patristica" delle Edizioni San Paolo

 

24 ORE NEL MONDO:

Accordo storico in Ulster: cattolici e protestanti insieme nel prossimo governo

 

 

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Il Papa e la Santa Sede

 

 

I vescovi siciliani dal Papa per la visita ad Limina:

ne parliamo con l'arcivescovo di Palermo Paolo Romeo

 

Il Papa ha ricevuto oggi il primo gruppo di vescovi della Regione Sicilia in visita “ad Limina”. Nell’isola vivono oltre 5 milioni di persone: i sacerdoti, tra regolari e secolari, sono 3200. Quella siciliana è una Chiesa vivace, ma che deve far fronte a numerose difficoltà come spiega, al microfono di Francesca Sabatinelli, l’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, presidente della Conferenza episcopale della Regione Sicilia:

 

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R. - Quella siciliana è una Chiesa che guarda con speranza ed impegno al futuro. In Sicilia non sono mai sufficienti i sacerdoti e dovremmo moltiplicare gli sforzi per aumentare il numero dei seminaristi. Registriamo al tempo stesso un rinnovamento nella vita religiosa. Dobbiamo ricordare che a Palermo c’è la figura, che forse non scopriremo mai sufficientemente, di don Pino Puglisi. C’è dunque questa ricchezza, questa vivacità. Ovviamente sentiamo anche il bisogno di essere confermati in questo lavoro, che non è facile.

 

D. - A proposito delle difficoltà, proprio all’inizio del suo incarico, lei parlò di una Palermo in vera emergenza, di una situazione di forte degrado…

 

R. - La situazione della legalità nella regione ci preoccupa enormemente perchè s’infiltra dovunque la non legalità.  Inoltre, a causa delle condizioni ambientali, socio-politiche, molti dei migliori figli di questa terra sono costretti a intraprendere il cammino dell’emigrazione, per cercare lavoro e migliorare le proprie condizioni di vita. Questa è come un’emorragia permanente. Ci sono interi quartieri, soprattutto a Palermo, dove basta andare in giro per vedere un degrado sociale gravissimo: giovani che non hanno un futuro, che aspettano e che avranno difficilmente un posto di lavoro. Là dove vi è un atteggiamento di assistenzialismo si crea un terreno favorevole per la droga, per l’alcool, per il furto, per la violenza. Questo è il degrado che noi dobbiamo veramente combattere. Del resto, l’esempio che ci ha dato Pino Puglisi è molto chiaro in questo senso.

 

D. - Della Sicilia si dice sempre che è un importante terreno per il dialogo interreligioso…

 

R. - La vocazione della Sicilia è quella di essere un tratto d’unione tra l’Europa e l’Africa. Ha una lunga storia di incrocio di civiltà. Ed in questo incrocio è avvenuto qualcosa di molto importante e di molto significativo: i siciliani non sono mai stati schiavizzati dalle popolazioni che venivano nell’isola, c’è stata un’integrazione. Anche in tempi recenti c’è questa accoglienza, questo convivere. C’è chi è sul posto ed accetta questa presenza e c’è chi viene e rispetta chi li accoglie. Da una quindicina di anni, per esempio, funziona una scuola araba a Mazara del Vallo, che non ha creato problemi né con le autorità civili, né con la comunità locale. Questo vuol dire che gli immigrati, soprattutto quelli provenienti dal Marocco, dalla Tunisia, dove c’è meno radicalismo e fondamentalismo religioso, sono stati accolti dai siciliani. Non è avvenuto un processo di discriminazione e di rigetto. Noi abbiamo qui in Sicilia un dialogo interreligioso con settori musulmani abbastanza proficuo. Recentemente dieci docenti della facoltà di Palermo, della Facoltà teologica, sono stati per una settimana in Iran per colloqui religiosi. Adesso ci prepariamo a ricevere nella Facoltà teologica l’ex presidente Kathami. Proprio questa accoglienza, questo DNA dei siciliani, permette un dialogo forte.

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Benedetto XVI riceve il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli

 

Oggi è stato ricevuto dal Papa anche il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Ai nostri microfoni racconta come la sua diocesi si sta preparando alla Pasqua, in un periodo molto difficile per la città che sta vivendo una recrudescenza della violenza di stampo camorristico. Ascoltiamo il porporato al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. - Ho cercato di incarnarmi un po’ nella situazione che stiamo vivendo in questo particolare momento per dare alla Quaresima una caratteristica fortemente biblica, pastorale e anche con qualche riflesso nel sociale e per risvegliare le coscienze che si trovano in uno stato piuttosto quiescente, e dare dei segnali forti affinché potessero rientrare un po’ in se stessi e quindi cercare di legare quel senso molto profondo che si sente qui a Napoli. In modo particolare si è voluto risvegliare l’attenzione dei giovani con una lettera che io ho inviato proprio all’inizio della Quaresima contro il “bullismo” e le baby-gang…

 

D. – Lei si è rivolto con questa lettera ai giovani e li ha invitati ad abbandonare la violenza, concretamente a “lasciare cadere i coltelli”. Già c’è stata una risposta, non è vero?

 

R. – E’ stata una risposta molto concreta, e direi anche superiore alle previsioni, perché so che per esempio nella cattedrale, nel cesto, hanno deposto numerosi coltelli. Qualcuno è arrivato anche riservatamente a me, in una busta. Il giovane diceva "io ho voluto mandare direttamente a lei il coltello che usavo per difendermi". Direi che la risposta è stata forte. Credo che questa sensibilizzazione dei giovani sui valori autentici della vita e della giovinezza, è forse questo il migliore risultato che ci si poteva aspettare.

 

D. – Lei recentemente ha affermato che la questione dei giovani, della disoccupazione giovanile, è la vera e propria questione meridionale in questo momento. La Chiesa cosa può fare in questo campo?

 

R. – Si stanno creando - alcune già esistono, altre si stanno realizzando – delle minicooperative per raccogliere i giovani, per non farli stare nelle strade e insegnare loro un mestiere. Sono tutte cose che oggi occupano i giovani e domani li possono mettere in un mercato che li possa assorbire e impegnarli.

 

D. – Cardinale Sepe, qual è la situazione, in questo momento, di questa città e della provincia che spesso è sui giornali per fatti di cronaca nera?

 

R. – C’è una sensibilità molto forte per un riscatto, un riscatto civile, un riscatto anche culturale ed economico, soprattutto poi se è fondato sulle motivazioni religiose che noi cerchiamo di dare continuamente nei vari incontri, soprattutto con i giovani. C’è una risposta molto positiva. C’è bisogno però che questi ragazzi in genere, ma anche la popolazione, sia aiutata a darsi delle motivazioni per poter reagire. Certamente c’è questa grossa volontà, questo grosso impegno e anche una risposta molto positiva a queste iniezioni di fiducia, di speranza, che stiamo cercando di mettere un po’ in tutti.

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In udienza da Benedetto XVI, il priore della Comunità Taizé, frère Alois

 

Il sacrificio di Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità di Taizé, ucciso il 16 agosto 2005, può essere un seme di pace per il mondo di oggi e per l'ecumenismo. E' il pensiero che ha accompagnato l'udienza di Benedetto XVI, concessa questa mattina al priore della Comunità ecumenica, frère Alois. Subito dopo, il religioso ha descritto così, al microfono di Alessandro De Carolis, il suo incontro con il Papa:

 

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R. - E’ stata una grande gioia per me e per noi fratelli essere accolti dal Papa, con cuore aperto. Perché per noi è importante continuare sul cammino che Frère Roger ci ha mostrato, in comunione con il Santo Padre. Io ho potuto dire questo al Santo Padre e in questo pensiero siamo uniti. Lui aveva delle domande - come va la comunità - e io ho potuto ringraziare ancora il Santo Padre per il suo sostegno, perché lui ha parlato di Frère Roger con parole meravigliose. Frère Roger ha visitato l'allora cardinale Ratzinger qui a Roma e il cardinale aveva già invitato Frère Roger quando è stato arcivescovo a Monaco. Il Papa mi ricordava quell'incontro, avvenuto a Monaco nel 1968.

 

D. - Con quali parole il Santo Padre ha benedetto la vostra esperienza?

 

R. - Lui ripeteva le parole pronunciate su Frère Roger: il suo insegnamento e il suo sacrificio per l’ecumenismo - ha detto - può divenire una fonte di pace per la gente, oggi.

 

D. - Che cosa riporterà alla sua comunità di questo incontro?

 

R. - L'incoraggiamento del Santo Padre a continuare il nostro cammino, ad accogliere i giovani e mostrare questa dimensione di comunione della fede. La fede non è qualcosa di individualistico: se cerchiamo soltanto una fede individualista, se non c’è la dimensione della comunione della Chiesa, non possiamo andare lontano. E’ vero che questa ricerca individualistica che esiste oggi non è soltanto negativa, perché è segno di una ricerca personale della fede e viviamo in un tempo bello per questo. I giovani cercano una fede personale e non ripetono soltanto la tradizione in una maniera passiva. Tuttavia, dobbiamo sempre ricercare la dimensione ecclesiale.

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Nomine

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Budjala, nella Repubblica Democratica del Congo, padre Philibert Tembo Nlandu, già superiore provinciale della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria a Kinshasa. Padre Philibert Tembo Nlandu è nato il 3 novembre 1962 a Nganda Kikamba, nella diocesi di Boma. Nel 1980 è entrato nella Congregazione del Cuore Immacolato di Maria (Missionari di Scheut), dove nel 1982 ha emesso la prima professione, per frequentare poi gli studi di Filosofia all’Istituto Saint Augustin di Kinshasa (1982-85) e di Teologia all’Istituto St. Cyprian a Ngoya, in Camerun (1985-88). Successivamente è partito per il Giappone, dove ha svolto uno stage missionario e gli studi specialistici in Teologia, terminati con la Licenza (1988-1991). Nel frattempo ha frequentato anche un corso di formazione all’“Institute for Religious Formation” negli Stati Uniti. Il 25 agosto 1991 è stato ordinato sacerdote.

 

Sua Beatitudine Baselios Mar Cleemis, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi, con il consenso del Sinodo della Chiesa Siro-Malankarese, ha promosso a norma del can. 85 § 2, 2° del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, alla sede metropolitana di Tiruvalla dei Siro-Malankaresi, Thomas Mar Koorilos Chakkalapadickal, finora vescovo di Muvattupuzha dei Siro-Malankaresi. Thomas Mar Korrilos Chakkalapadickal è nato a Kadapramannar nell’eparchia di Tiruvalla il 19 ottobre 1958. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Pontificio Ateneo di Poona ed è stato ordinato sacerdote il 30 dicembre 1985 per l’eparchia di Tiruvalla. E’ laureato in diritto canonico presso il Pontificio Istituto Orientale in Roma. E’ stato parroco delle parrocchie di Vandarnnedu e Kumily, segretario del vescovo, e cappellano per i fedeli siro-malankaresi a New Delhi. Il 9 maggio1997 Mar Koorilos è stato ordinato vescovo tit. di Tigisi di Mauritania ed ausiliare dell’allora sede metropolitana di Tiruvalla. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 17 luglio 1997. Il 15 gennaio 2003 è stato nominato vescovo di Muvattupuzha.

 

 

L'Europa non rinneghi se stessa rifiutando le proprie radici cristiane: sull’appello del Papa, la riflessione del cardinale Erdő,

del vescovo Merisi e del prof. Baggio

 

L’Europa ritrovi se stessa, valorizzando le proprie radici cristiane: ha destato ampia eco l’intervento di Benedetto XVI, sabato scorso, ai partecipanti al Congresso della COMECE, la Commissione delle Conferenze Episcopali d'Europa. Un discorso appassionato nel quale il Papa ha messo l’accento sui valori che devono guidare la costruzione della casa comune europea, pena la negazione della sua stessa identità. Un appello quanto mai urgente, anche alla luce della Dichiarazione di Berlino, approvata ieri dal Consiglio Europeo, che non menziona le radici del Vecchio Continente. Per una riflessione sul discorso del Papa ai vescovi dell’Europa, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di Lodi, Giuseppe Merisi, delegato della CEI alla COMECE:

 

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R. - Sia i vescovi con la loro testimonianza, sia i laici nei diversi settori di competenza, sono chiamati a riproporre con coraggio, con fedeltà, il riferimento a questi grandi valori. Poi questi valori vanno coltivati, testimoniandoli. I vescovi hanno prodotto e proposto un loro messaggio che è stato consegnato al presidente Romano Prodi e agli altri capi di Stato e di governo riuniti a Berlino. In questo messaggio c’è un riferimento ai grandi valori che da sempre animano il cammino della comunità con l’invito a riconoscere le radici cristiane e anche le tematiche che in questo momento sono presenti sul tavolo del dibattito e ci preoccupano: la vita, la famiglia. Dobbiamo camminare insieme rispettando le diversità, visto che c’è anche un lavoro da fare per incoraggiare i laici in Europa. Speriamo che possano raccordarsi di più.

 

D. – Molti cittadini europei, ha constatato il Papa, stanno perdendo fiducia nel proprio avvenire. Quanto influisce, secondo lei, lo smarrimento delle proprie radici su questa crisi di identità e di valori?

 

R. – Noi siamo chiamati, come afferma giustamente il Papa, a riproporre con chiarezza, con fedeltà, il senso del messaggio cristiano che attraverso la mediazione della dottrina sociale della Chiesa è offerto per la promozione del bene vero della gente. Nel caso delle popolazioni dell’Europa, non siamo chiamati unicamente a dire che siamo fedeli ad un nostro messaggio ma a far sentire che questo messaggio è di aiuto se viene accolto e messo in pratica nel cammino dell’Europa.

 

D. – Sono passati 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma. Quali sono le sue aspettative per il futuro e quale il contributo che le Chiese, le comunità religiose, ed in particolare gli Episcopati europei possono dare alla costruzione di questa casa comune europea?

 

R. – Credo che ci sia da riflettere, da impegnarsi. Anche a Verona la Chiesa italiana, riflettendo sul tema della speranza e della testimonianza, ha insistito su questo tema della testimonianza, anche in Europa. I problemi che abbiamo in Italia relativi all’evangelizzazione, ma anche alla promozione umana con attenzione alla questione antropologica, devono diventare anche il nostro impegno: testimoniare, evangelizzare, e favorire la promozione umana per il bene vero della gente.

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Nel suo discorso alla COMECE, Benedetto XVI ha anche sottolineato che quando la comunità non rispetta la dignità dell’essere umano finisce per non fare il bene di nessuno. Su questo richiamo del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il professor Antonio Maria Baggio, docente di Etica sociale presso la Pontificia Università Gregoriana:

 

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R. – Credo che, ed emerge molto bene dal discorso del Papa, assistiamo a una debolezza dell’intera identità europea. Quindi, la debolezza anche dell’affermazione dei valori e dei diritti umani o addirittura il non vedere certi diritti, specie quando sono dei più deboli. Sono tutte cose che stanno in piedi insieme. Quel che mi ha colpito particolarmente del discorso del Papa è che questa sottolineatura, questa affermazione dei diritti, è collegata all’idea di identità d’Europa. Il Papa in sostanza ha detto: l’Europa si è costituita sulla base di alcuni valori, immessi dal cristianesimo. Il cristianesimo ha dato un grande contributo, non è l’unica corrente ma certamente è l’elemento fondamentale. Su questi diritti e su questi valori si è fatta l’Europa e se viene meno il riconoscimento di questi valori e di questi diritti viene meno l’identità dell’Europa e il rispetto per le persone.

 

D. - Il Papa ha messo l’accento su quelle tendenze relativistiche che negano ai cristiani il diritto stesso di intervenire. Quali strumenti hanno dunque i cristiani dell’Europa e i laici in particolare per far sentire la propria voce?

 

R. - Io intendo che il Papa abbia sottolineato la presenza in quanto cristiani, perché come cittadini i cristiani hanno gli stessi diritti degli altri. E’ in quanto cristiani, forse, che qualche volta ci sono delle discriminazioni. Però è anche vero che non bisogna farsi intimidire. Il Papa esorta a questa presenza, presenza che deve essere decisa quanto all’identità e alle idee ma anche rispettosa. Ci vuole decisione, ma io esorterei anche a imparare il linguaggio universale, saper dire le nostre cose di cristiani con un linguaggio che tutti possano capire.

 

D. - La disaffezione che provano molti cittadini europei verso le istituzioni è il sintomo di una mancanza di valori. Dunque, qual è la base su cui costruire la nuova Europa, al di là degli interessi politici e economici?

 

R. – Il Papa si occupa molto nel suo discorso di questo aspetto. Il Papa critica fortemente il concetto corrente di azione politica che si basa sul pragmatismo, cioè sull’idea che sia importante mettersi d’accordo sugli interessi materiali. Dice esplicitamente che questo bilanciamento degli interessi, lui lo chiama anche “ponderazione dei beni”, non è sostitutivo del bene comune. Il bene comune è un fine dell’azione politica della società che ha un aspetto morale e se ha un aspetto morale dobbiamo chiederci dove vogliamo andare, indipendentemente dai beni materiali che riusciremo ad acquisire. Allora fare politica richiede avere un’identità e se l’Europa non ha un’identità e non recupera i valori non può neanche raggiungere il bene comune.

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E sui valori fondanti dell’Europa, si sofferma anche il cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, intervistato dalla nostra collega del programma ungherese, Marta Vertse:

 

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L’Unione Europea, nella forma attuale, ci offre una grande occasione per la riconciliazione dei popoli. Non si tratta ormai soltanto e soprattutto di una collaborazione puramente economica, ma anche di una unione piuttosto umana e comunitaria e che forse può aiutarci nella riconciliazione e anche nella guarigione delle ferite del passato. Dall’altra parte, in questa occasione così solenne, bisogna riflettere anche sui valori che vengono rappresentati dall’Unione Europea attualmente; certamente alcuni valori naturali, fondamentali e i valori della nostra identità cristiana sembrano essere non soltanto non sufficientemente rappresentati ma persino minacciati. Cerchiamo naturalmente di far valere, all’interno del sistema dell’Unione, tutti questi valori ma bisogna trovare anche il modo di rinforzarli nella realtà sociale e sociologica dei popoli perché senza di questo sicuramente, con dei mezzi soltanto giuridici, non si riuscirà a rappresentare sufficientemente questi valori così importanti per la stessa sopravvivenza di questi popoli.

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L'inferno esiste, ed è per quanti chiudono il cuore all'amore di Dio.

 Il commento del priore di Bose, Enzo Bianchi, alle parole del Papa

 

Hanno suscitato numerosi commenti, di vario genere, le parole del Papa sull’esistenza dell’inferno, pronunciate ieri durante la Messa nella parrocchia romana di Santa Felicita e Figli Martiri.  Benedetto XVI ha ricordato che Gesù è venuto “per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore”. Su queste parole ascoltiamo la riflessione del priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi, intervistato da Sergio Centofanti:

 

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R. - Innanzitutto il Papa ha ricordato lo stesso messaggio che in altri termini dice Paolo nella lettera a Timoteo: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati. Questa è la volontà di Dio e Gesù è venuto per dirci questa verità e per indicarci una strada di salvezza. Indubbiamente c’è anche da ricordare, come hanno fatto i profeti, come ha fatto Gesù stesso, che ci sarà però un giudizio di Dio. Se non ci fosse il giudizio, la nostra vita sarebbe assurda, significherebbe che tutti possiamo vivere come vogliamo, senza gli altri, contro gli altri, facendo del male e avere lo stesso esito. Il Papa ha fatto quindi bene a ricordare che c’è la possibilità dell’Inferno, la possibilità di scegliere da parte dell’uomo una via mortifera che lo porta a questa assenza di Dio, perché l’Inferno è assenza di Dio, è assenza di vita, è assenza di amore. E’ triste che ci si stupisca di questo, il problema è che oggi non si predica più, purtroppo il giudizio lo si ricorda poco all’interno delle nostre assemblee ecclesiali. Ma se non c’è il giudizio finale, universale, come potrebbe esserci un senso alla nostra vita con un esito uguale per chi è stato oppressore, per chi è stato violento, per chi è stato assassino e per chi è stato vittima? Il Papa ha fatto molto bene a ricordare questo. Ciò non toglie che come molti santi, molti mistici e soprattutto un ultimo teologo carissimo a Benedetto XVI, von Balthasar, ci chiedono di sperare per tutti. Non si tratta di negare l’Inferno, di negare questa condizione senza Dio perché è nelle parole di Gesù, ma si tratta certamente di sperare, di chiedere a Dio che la sua misericordia nel giudizio, operi quello che per noi è impossibile: la salvezza di tutti. Questo non significa relativizzare l’Inferno o pensare che dunque c’è un esito comune per tutti gli uomini. Ben vengano le parole di Benedetto XVI.

 

D. – Quindi l’Inferno è legato alla libertà...

 

R. – L’Inferno è legato alla libertà di ciascuno di noi perché anche se noi siamo attirati, sedotti dal male, noi possiamo certamente resistervi ed in ogni caso chiedere la misericordia di Dio. Ma se uno non resiste al male, anzi si dà in balia del male liberamente e non pensa neanche di avere bisogno della misericordia di Dio, l’esito sarà una vita senza Dio, senza vita, senza amore, cioè quello che all’interno delle Scritture viene chiamato l’Inferno, dove regna la morte, non regna l’amore, non c’è la presenza di Dio.

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Mons. Parolin: le diverse religioni della Terra Santa decisive

per rilanciare la pace tra israeliani e palestinesi

 

La comunità internazionale, e con essa la Santa Sede, auspica che il nuovo governo palestinese possa essere “un interlocutore autorevole ed affidabile, capace di condurre la propria gente, con senso di responsabilità e realismo, alla conclusione di una pace giusta con gli israeliani”, oltre che “alla creazione di uno Stato libero, indipendente e sovrano” per i palestinesi stessi. Lo ha affermato il sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin, durante la Conferenza internazionale svoltasi nei giorsi scorsi a Roma, su convocazione del Comitato delle Nazioni Unite per l’esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese. Ricordando i passaggi salienti della lettera indirizzata lo scorso Natale da Benedetto XVI ai cristiani di Terra Santa, mons Parolin ha concluso a nome della Santa Sede dicendosi convinto che a dare un “contributo decisivo” al rilancio dei colloqui di pace saranno le “differenti confessioni religiose presenti in quei luoghi”.

 

 

Ricorrono oggi i 40 anni dell'Enciclica di Paolo VI "Populorum progressio"

 

Ricorre oggi il 40.mo anniversario di un’Enciclica “profetica”: la Populorum progressio, promulgata da Paolo VI il 26 marzo del 1967. Sulle motivazioni che portarono Papa Montini alla realizzazione di questo storico documento del Magistero sociale, Giovanni Peduto ha parlato con il vescovo Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e pace:

 

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R. - Ne individuerei soprattutto tre. Siamo alla fine degli anni ’60 e siamo in presenza di tre fenomeni importanti. Il primo fenomeno direi che è un vistoso processo di decolonizzazione che caratterizzava quel periodo storico; un secondo fenomeno sono le disuguaglianze marcate tra il nord e il sud del mondo sul piano economico che facevano emergere un grande problema di giustizia internazionale, dentro una cornice geopolitica di marcata tensione tra l’est e l’ovest; un terzo processo, guidato soprattutto dagli organismi delle Nazioni Unite, cioè l’esigenza di avviare una fase nuova di cooperazione internazionale per risolvere, almeno in parte, questo drammatico gap tra il nord e il sud del mondo. In questo contesto cala la riflessione di Paolo VI sul tema dello sviluppo.

 

D. - Cosa vuole dire Paolo VI al mondo, soprattutto ai governanti, con questa sua Enciclica: quale ne è il contenuto saliente?

 

R. - Il contenuto saliente è la proposta - ed è l’aspetto più interessante, più originale della “Populorum progressio” - di un umanesimo integrale e di un umanesimo solidale. Dobbiamo ricordare che l’Enciclica è divisa in due parti. Per un umanesimo integrale, cioè di tutto l’uomo; verso un umanesimo, è la seconda parte, solidale, cioè lo sviluppo di tutti gli uomini. Direi sta qui, in questa proposta di umanesimo, da una parte integrale e dall’altra solidale, il messaggio perenne dell’Enciclica “Populorum progressio”. Voglio dire una cosa, se collochiamo la “Populorum progressio” nella storia della dottrina sociale della Chiesa, soprattutto a partire dalla grande Enciclica di Leone XIII “Rerum Novarum”, direi che con la “Populorum progressio” entra nella dottrina sociale della Chiesa la tematica dello sviluppo e la tematica dello sviluppo viene affrontata in termini mondiali, cioè la questione sociale che è la questione che viene tematizzata dalla dottrina sociale della Chiesa diventa con la Populorum progressio a tutti gli effetti la questione mondiale perchè diventa la questione dello sviluppo.

 

D. - Oggi qual è l’attualità di questa Enciclica?

 

R. – L’attualità di questa Enciclica la possiamo vedere in questa proposta che Paolo VI fa, di un umanesimo integrale, solidale, cioè per avere un autentico sviluppo dobbiamo considerare sempre e rispettare sempre e promuovere sempre l’integralità della persona umana. Per avere l’autentico sviluppo dobbiamo mettere in campo però tutte quelle forze che si richiamano alla solidarietà, alla collaborazione, a questo spirito di comprensione che ci deve essere tra i popoli e uno degli aspetti più interessanti che può essere letto tra le righe della enciclica “Populorum progressio” è questo riferimento all’unità della famiglia umana. Anche questo è un concetto rilevante da un punto di vista teologico e spirituale ma rilevantissimo - e che diventerà rilevantissimo successivamente negli sviluppi nella dottrina sociale della Chiesa e soprattutto nel Magistero sociale di Giovanni Paolo II - questo concetto dell’unità della famiglia rimane uno dei concetti chiave che permette a Paolo VI di articolare in maniera approfondita questa sua proposta di un umanesimo integrale e solidale.

 

D. - Quali le iniziative per i 40 anni di questa Enciclica?

 

R. - Ci sono molte iniziative. Non dimentichiamo che a incoraggiare queste iniziative c’è stato il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno del Santo Padre Benedetto XVI che terminava proprio ricordando il 40.mo anniversario della “Populorum progressio” e il 20.mo anniversario della “Sollecitudo rei socialis”, perché non dimentichiamo che c’è anche questo anniversario. E allora a partire da questo incoraggiamento del Santo Padre sono state programmate molte iniziative. Il Pontificio Consiglio terrà il secondo Incontro mondiale degli organismi ecclesiali operanti sul fronte della giustizia e della pace e lo farà dal 21 al 23 giugno, e lo terrà, proprio mettendo come tema la riflessione di questo 40.mo anniversario della Populorum progressio, assieme all’assemblea plenaria dei suoi membri consultori. Quindi stiamo lavorando alacremente per far venire a Roma tutte le commissioni giustizia e pace, coinvolgere gli Episcopati per riflettere sul messaggio e sugli insegnamenti della “Populorum progressio”, però evidentemente contestualizzandoli, perché in 40 anni sono successe tante cose. Il Magistero sociale della Chiesa si è sviluppato, è cresciuto ma soprattutto abbiamo il fenomeno della globalizzazione, c’è stato il crollo nell’89 del comunismo, sono entrate in scena potenze economiche e politiche come l’India e la Cina, lo scenario storico, socio-politico e anche economico è notevolmente mutato. Però io credo che anche dentro questo scenario così nuovo e così complesso il messaggio della “Populorum progressio” che ci invita a lavorare per un umanesimo integrale e solidale resta attualissimo.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

 

Servizio vaticano - In primo piano la preghiera mariana dell'Angelus recitata da Benedetto XVI con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro.

 

Servizio estero - In evidenza il saluto del Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin, ai partecipanti alla Conferenza Internazionale che, convocata dal Comitato delle Nazioni Unite per l'esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese, si è tenuta a Roma, presso la sede della FAO, il 22 e il 23 marzo, con l'intento di portare un contributo al rilancio del dialogo di pace tra israeliani e palestinesi.

 

Servizio culturale - Un articolo di Marco Testi dal titolo "Un cercatore di verità": un ricordo di Franco Lanza.

 

Servizio italiano - Il rilievo il tema della missione in Afghanistan.

 

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

Oggi in Primo Piano

 

La Chiesa celebra la solennità dell'Annunciazione

 

La celebrazione, ieri, della quinta domenica di Quaresima ha fatto slittare ad oggi la solennità dell’Annunciazione del Signore, fissata di consueto al 25 marzo. Una tradizione antichissima identifica la casa di Maria, in cui avvenne l'Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele alla Vergine, con la grotta che oggi si trova nella cripta della Basilica dell'Annunciazione a Nazareth. Una parte di quella casa - sempre secondo la tradizione – fu miracolosamente trasportata da alcuni Angeli a Loreto, nella regione italiana delle Marche. La Santa Casa, come essa è chiamata, si trova tuttora all'interno della Basilica di Loreto, dichiarata da Giovanni Paolo II “Santuario internazionale”, ed accoglie continuamente migliaia di pellegrini. Anche Benedetto XVI visiterà la Basilica lauretana agli inizi del prossimo settembre. Al rettore padre Marzio Calletti, religioso dei Francescani Cappuccini ai quali la Basilica è affidata dal 1934, Giovanni Peduto ha chiesto un pensiero sull’Annunciazione:

 

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R. – Nel Vangelo di Luca troviamo la descrizione di questo evento bello, luminoso, dell’Annunciazione: è un dialogo che avviene tra l’Arcangelo Gabriele e Maria; si inserisce nella vita quotidiana di fede di Maria che rappresenta tutta un’attesa del popolo di Israele. L’Arcangelo Gabriele si fa presente nella vita di questa ragazza e le propone il disegno di Dio per l’uomo, ma che passa attraverso questo piccola donna che risponde al nome di Maria di Nazareth; le pietre della Santa Casa ce lo ricordano continuamente. Potremmo dire che è il Vangelo dell’Annunciazione che continuamente ci aiuta ad entrare nel mistero dell’Incarnazione.

 

D. - Maria accetta di lasciarsi sconvolgere la vita da Dio …

 

R. – Certo, come qualsiasi altra ragazza, Maria ha un sogno nella sua vita, un sogno che si sta realizzando, è “promessa sposa” dice l’evangelista Luca. Dentro questo sogno si apre una nuova prospettiva, e Maria è disposta a lasciarsi fare, a lasciarsi illuminare: come è possibile tutto questo? Non è un freno che Maria vuole porre al progetto di Dio ma è un voler capire e un voler entrare dentro questo mistero per lasciarsi proprio totalmente plasmare anche se la sua prospettiva era un’altra.

 

D. - Sullo sfondo dell’Annunciazione c’è il dramma vissuto da San Giuseppe …

 

R. – Nel Vangelo di Luca San Giuseppe appare soltanto per inciso – vi si dice che Maria era “Promessa sposa di un uomo chiamato Giuseppe” – mentre nel Vangelo di Matteo c’è l’annuncio a Giuseppe. Dentro questo terremoto interiore che nasce nel cuore di questo uomo di fronte all’evento di Maria che si trova incinta, ecco Dio opera anche in lui e Giuseppe si lascia trasportare da questo progetto di Dio. E’ bella una assicurazione che troviamo sia nell’evangelista Luca, riguardo a Maria, sia nell’evangelista Matteo, riguardo a Giuseppe: “Non temere, non temere”; è Dio in fondo che assicura attraverso l’Angelo questa assistenza e assicura che è opera sua quello che sta avvenendo.

 

D. - L’Arcangelo Gabriele porta l’annuncio: chi sono e cosa fanno gli Angeli?

 

R. – Dalla Bibbia sappiamo che gli Angeli sono i messaggeri di Dio; attraverso gli Angeli Dio si manifesta agli uomini; attraverso gli Angeli e l’intervento di questi spiriti celesti, l’uomo viene custodito e viene guidato nel cammino di Dio.

 

D. - Come possiamo vivere oggi noi l’evento dell’Annunciazione?

 

R. – Innanzitutto non siamo chiamati solo a contemplare ciò che è avvenuto: certo ci inginocchiamo di fronte all’evento che è un evento straordinario per la nostra fede, ma è un evento che continua anche nella nostra vita. Non saranno gli Angeli direttamente a venirci ad annunciare la volontà di Dio, ma noi siamo chiamati ogni giorno a scoprire, attraverso i segni che il Signore ci dà, un annuncio per noi che è sempre un annuncio di salvezza, un annuncio che passa attraverso la quotidianità, quella quotidianità che spesso non attira il nostro sguardo. E allora, in noi ci deve essere attenzione, ci deve essere apertura, ci deve essere ascolto, perché questi segni, attraverso il discernimento, vengano interpretati, accolti, vissuti come annuncio per noi oggi, ed è sempre un annuncio di salvezza, una salvezza che ci porta alla gioia e a tanta speranza.

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Il Movimento Gruppi di preghiera figli spirituali di Giovanni Paolo II

festeggia il primo anniversario della fondazione

 

“Andare a Gesù per Maria, con Maria, in Maria, per vivere totalmente, sotto la sua protezione, il ‘Totus Tuus’”: è il motto del Movimento Gruppi di preghiera figli spirituali di Giovanni Paolo II, che oggi festeggia il primo anniversario della fondazione con una Santa Messa presso la Basilica romana di Santa Maria degli Angeli. La Celebrazione, in programma alle ore 16.00, sarà presieduta da mons. Sławomir Oder, postulatore della Causa di Beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II, che si concluderà nella sua fase diocesana il prossimo 2 aprile. Ma per un bilancio di questo primo anno di attività del Movimento, Roberta Moretti ha intervistato la coordinatrice, Sr. Maria Rosa Lo Proto:

 

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R. - Quando iniziammo, lo scorso anno, eravamo sì e no una quindicina, adesso siamo arrivati a più di 250 a Roma, ma ce ne sono altri che sono in varie regioni di Italia che già chiedono di aprire un gruppo di preghiera. Ormai siamo Associazione ed io desidero ringraziare tantissimo il cardinale Camillo Ruini, vicario di Sua Santità, che ha dato fiducia al nostro Movimento e ha approvato lo statuto.

 

D. - Come è nato il vostro Movimento e come è cresciuto nel tempo?

 

R. - Sappiamo che molti santi, come ad esempio padre Pio, hanno i loro figli spirituali: io, in un giorno di ritiro, sono stata ispirata a fare qualcosa per Giovanni Paolo II, che è stato grande per tutti noi. Non so quale strada prenderà, però so soltanto che non sono stata io a guidarlo, ma è stato il Signore stesso e c’è stata la Provvidenza che ha pensato a tutto.

 

D. - Qual è l’obiettivo del Movimento?

 

R. - Alimentare con la preghiera la fede degli aderenti, perché soltanto se abbiamo la fede riusciamo realmente a vivere nella gioia. Poi, conoscere meglio e vivere gli insegnamenti e gli scritti del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Un’altra cosa è curare la devozione mariana e noi, obbedienti a quanto ci ha lasciato Giovanni Paolo II, ma anche a quanto ci propone Benedetto XVI, vogliamo continuare proprio questa dimensione del “Totus tuus”, che ci fa affidare a Maria per essere presentati a Gesù e avere un rapporto di preghiera più profondo.

 

D. - Ci può raccontare qualche esperienza di conversione legata a Giovanni Paolo II?

 

R. - Spesso mi arrivano telefonate o e-mail. Una persona da Firenze mi ha scritto dicendomi: io offro la mia preghiera, il mio servizio, tutte le sere, a un fratello cieco che si è convertito con me tramite Giovanni Paolo II e in questo servizio metterò l’intenzione perché presto anche a Firenze nasca un gruppo di preghiera. Ecco perché il nostro sito in inglese si chiama www.prayingwithkarol.org, perché noi vogliamo essere, come Giovanni Paolo II, uniti a tutti il mondo.

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

Chiesa e Società

 

 

“L’Europa non dimentichi l’Africa e i suoi bisogni”. E’ il richiamo rivolto ieri dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone,

 nel corso della visita per la dedicazione

della Chiesa di “Gesù Salvatore” in Vena di Jonadi, in Calabria

 

“La cancellazione dell’identità cristiana da parte dell’Unione Europea rappresenta una grave perdita di memoria che rivela anche un’ignoranza del passato che ha costruito la nostra civiltà. Così facendo, si dimenticano gli stessi principi di libertà, tolleranza e convivenza pacifica”. Lo ha detto ieri il segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, nel corso della visita per la dedicazione della Chiesa di “Gesù Salvatore” in Vena di Jonadi, paese in provincia di Vibo Valentia, in Calabria. “I valori religiosi continuano – ha detto il porporato – continuano a restare forti e radicati nello spirito e nella coscienza degli uomini d’Europa”. Un Europa che “non deve dimenticare l’Africa e i suoi bisogni”, ha aggiunto il cardinale inaugurando la mostra “Gli Occhi della Speranza”, promossa dall’associazione “Calabria pro Zambia”. Il cardinale Bertone ha quindi parlato della Calabria, “un popolo di lavoratori ed una regione dal cuore grande e generoso, che deve riscattarsi da certi cliché negativi”. “I calabresi – ha poi affermato il cardinale – devono lavorare per il loro futuro con una robusta fede che è una caratteristica peculiare della storia di questo popolo”. Rivolgendosi ai responsabili delle istituzioni, li ha invitati a lavorare con la Chiesa, nella propria autonomia, a favore del bene comune. All’inaugurazione della nuova chiesa – riferisce l’Agenzia SIR - era presente anche il presidente della Conferenza episcopale calabra, mons. Vittorio Mondello, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova. (A.L.)

 

 

Ad Hong Kong confermato come capo dell’esecutivo

 il governatore uscente, Donald Tsang Yam-kuen. Nell’ex colonia britannica è sempre più significativa la presenza di politici cattolici

 

Ad Hong Kong scelto il nuovo capo dell’esecutivo. Il governatore uscente, Donald Tsang Yam-kuen, cattolico e uomo di Pechino, ha conseguito un netto successo ottenendo la preferenza di 649 ‘grandi elettori’ su 800. Il leader dell’opposizione Alan Leong, anche lui cattolico, esponente del fronte democratico, ha conquistato invece 123 voti. Nell’ex colonia britannica, tornata nel 1997 sotto la sovranità cinese, sono cattolici molti altri protagonisti della vita politica, tra cui diversi ministri e vari esponenti del Partito democratico e del Partito Civico. I cattolici, circa il 5 per cento dei 7 milioni di abitanti, costituiscono dunque una minoranza significativa. Il contributo della Chiesa è rilevante anche nell’ambito dell’educazione. “E’ altissima – spiega sulla rivista "Mondo e Missione" il missionario del PIME, padre Gianni Crivellier – la percentuale di leader che, indipendentemente dalla loro fede, si sono formati nelle scuole cattoliche, quasi 300”. "Va poi ricordato - scrive Crivellier - il servizio sociale offerto dai numerosi centri della Caritas". Il vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, è sempre in prima fila inoltre in iniziative a sostegno della democrazia e dei diritti civili. Sul versante politico, intanto, le sfide che attendono la leadership di Hong Kong sono molteplici. Alla vigilia delle elezioni, la Commissione affari sociali della diocesi di Hong Kong ha chiesto ai candidati una politica più mirata agli effettivi bisogni dell’ex colonia e, in particolare, ai temi sociali. Il nuovo capo dell’esecutivo è chiamato poi, nei prossimi cinque anni, a sciogliere il nodo dell’instaurazione di un più chiaro sistema democratico. Donald Tsang Yam-kuen ha più volte ripetuto di essere intenzionato a varare una riforma delle istituzioni, pur essendo consapevole di essere stretto tra i timori di apertura, espressi dalle autorità centrali di Pechino, e le spinte in senso opposto per il suffragio universale. In base al principio elaborato dall’ex segretario generale del Partito comunista cinese Deng Xiaoping denominato “un Paese, due sistemi”, ad Hong Kong non sarà applicato il sistema socialista della Repubblica popolare cinese. L’ex colonia britannica potrà mantenere un modello economico liberale per 50 anni. Dotata di ampi poteri amministrativi, legislativi e giudiziari, l’amministrazione speciale di Hong Kong deve far fronte ad unico vero limite: quello di non controllare la propria politica estera e di difesa, appannaggio esclusivo del governo centrale cinese. (A.L.)

 

 

La Coldiretti invita l’Unione Europea a dotarsi di un’etichetta di origine

dei prodotti per favorire un commercio equo e solidale

 

Secondo la Coldiretti, con l’etichettatura di provenienza dei prodotti, l’Unione Europea può intervenire immediatamente a sostegno di un vero commercio equo e solidale per contribuire a fermare lo sfruttamento dei 132 milioni di minori di 15 anni che nel mondo - come denunciato dal rapporto sulla schiavitù di ‘Save the Children’ - lavorano nei campi, esposti ai pericoli che derivano dall’utilizzo di macchinari pesanti. La Coldiretti sottolinea come molti prodotti agricoli, importati da Paesi extracomunitari, siano il frutto di processi produttivi che non rispettano le norme etiche del lavoro. Secondo i risultati di un recente sondaggio, effettuato dalla stessa organizzazione agricola, è emerso che “ben il 20 per cento degli italiani chiede all’Unione Europea controlli alle frontiere sul rispetto delle norme socio-ambientali per evitare che i prodotti in vendita vengano ottenuti danneggiando il territorio e sfruttando il lavoro, anche minorile”. Per la Coldiretti si tratta di “comportamenti inaccettabili che coinvolgono direttamente l’UE, che è il principale importatore mondiale di prodotti agroalimentari e ha il dovere di svolgere un ruolo di leadership nel garantire la sostenibilità del commercio dal punto di vista sanitario, ambientale e sociale”. “L’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti – continua la Coldiretti - è un elemento di trasparenza che consente ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli e dà opportunità economica, dignità e sviluppo ai paesi più poveri del mondo che si impegnano contro lo sfruttamento e l’omologazione”. (E.L.)

 

 

La Chiesa lancia corsi professionali in Vietnam

per aiutare i giovani disoccupati

 

Per aiutare i giovani disoccupati e creare allo stesso tempo un ponte di uguaglianza fra i cittadini del nord e del sud Vietnam, la Chiesa locale ha lanciato dei corsi di avviamento professionale e di sostegno economico. Ogni anno si diplomano in Vietnam circa tre milioni di ragazzi. Di questi, il 30 per cento continua gli studi a livello universitario, mentre il restante 70 per cento cerca subito un impiego. Purtroppo, dato l’alto tasso di disoccupazione, l’impresa si rivela spesso ardua. Uno dei primi effetti di questo fenomeno è l’immigrazione interna, che a sua volta scatena una serie di problemi sociali difficili da gestire. Per venire incontro a questi giovani, la Chiesa ha creato dei progetti di inserimento nel mondo del lavoro. I redentoristi, ad esempio, gestiscono dei fondi di sostegno destinati a quei diplomati in particolari difficoltà economiche che cercano il primo impiego. Padre Thanh porta avanti, inoltre, un corso di avviamento professionale cui partecipano giovani da tutte le diocesi vietnamite. Il sacerdote spiega all’Agenzia AsiaNews che il corso “ha aiutato molti ragazzi nel loro lavoro nelle metropoli". "In alcuni casi - prosegue - siamo in grado di assumerli nelle diocesi, dove svolgono diversi tipi di lavoro. Con un salario di cento dollari al mese possono vivere in maniera dignitosa ed aiutare le loro famiglie rimaste a casa”.

 

 

Dedicato al pensiero dei Padri della Chiesa, il dizionario

"Letteratura patristica" delle Edizioni San Paolo

 

Tutta la letteratura del primo millennio cristiano in un solo volume: è quanto propongono le Edizioni San Paolo, che hanno pubblicato il dizionario enciclopedico “Letteratura patristica”, diretto da Angelo Di Bernardino, Giorgio Fedalto e Manilo Simonetti. Il dizionario ripropone le parole di uomini, i Padri della Chiesa, che hanno contribuito a formare, diffondere e trasmettere il pensiero cristiano. Partendo da Gerusalemme, Roma, Costantinopoli, e Alessandria i Padri della Chiesa si sono spinti verso altre terre d’Oriente e occidente arricchendo il cristianesimo di una sinfonia di voci. Il dizionario, al quale hanno collaborato specialisti italiani e stranieri, rende conto di questa avvincente crescita e straordinaria diffusione del cristianesimo. L’opera unisce il rigore scientifico alla passione per gli scrittori del primo millennio cristiano. Angelo Di Berardino è professore di Patro­logia e Patristica presso l’Istituto Augustinianum di Roma; Giorgio Fedalto è docente di storia bizantina presso l’Università degli studi di Padova mentre Manlio Simonetti è attualmente docente presso l’Istituto “Augustinianum”. (A.L.)

 

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

24 Ore nel Mondo

- A cura di Fausta Speranza -

 

 

- I cattolici repubblicani del Sinn Fein e i protestanti unionisti del DUP hanno raggiunto un accordo di massima per amministrare assieme l'Irlanda del Nord. L'intesa dovrebbe essere finalizzata nel corso di un ''faccia a faccia'' senza precedenti tra il leader del Sinn Fein, Gerry  Adams, e il capo del DUP, il reverendo Ian Paisley, nel Castello di Stormont, a Belfast, dove ha sede il parlamento locale. Stefano Leszczynski ha chiesto a Pierantonio Lacqua, corrispondente dell’ANSA da Londra, di commentare la portata storica dell’accordo:

 

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R. - Obiettivo storico, in questo caso. Non è retorico, perchè per la prima volta oggi si sono incontrati il leader del principale partito protestante, su posizioni molto oltranziste, il reverendo Paisley, ed il leader dello Sinn Fein, Gerry Adams. Soprattutto abbiamo l'accordo per la cogestione di questa provincia insanguinata da una guerra che ha fatto 3600 morti.

 

D. - Forse a premere su questo accordo è stato anche l'ultimatum posto da Londra. Pensi che abbia influito su questo risultato?

 

R. - Senz'altro, perchè questo processo di pace aveva due momenti molto chiari: le elezioni per il rinnovo del Parlamento locale il 7 marzo e poi la formazione di questo governo entro il 26 marzo, cioè entro oggi.

 

D. - Possiamo dire che anche se c'è stato questo accordo, l'equilibrio esistente in Ulster, fra Unionisti ed Indipendentisti, resta comunque un equilibrio delicato...

 

R. - Certamente, perchè stiamo parlando di nemici storici. Quindi, chiaramente c'è da superare degli steccati profondi. Nel prossimo futuro Paisley avrà come suo vice premier - perchè Paisley è destinato a diventare il primo ministro dell'amministrazione locale - Martin McGuinness, che è stato il comandante militare dell'IRA. Stiamo parlando di due nemici storici che hanno trovato così alla fine la strada del compromesso.

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- ''Il Tracciato di Pace (Road  Map) del Quartetto (USA, UE, Russia e ONU) resta la base per qualsiasi progresso nei negoziati israelo-palestinesi'': lo ha dichiarato il premier israeliano, Olmert, durante la  conferenza stampa congiunta con il segretario generale delle  Nazioni Unite, Ban Ki-Moon. Il nostro servizio:

 

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“Mantengo contatti incessanti con il presidente palestinese, Abu Mazen, e questi contatti proseguiranno anche in futuro'', ha detto Olmert, sottolineando che il segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, compie un intenso sforzo diplomatico regionale per favorire la ripresa di trattative israelo-palestinesi. Olmert ha risposto così a chi gli chiedeva della conferenza regionale di pace che dovrebbe essere convocata il mese prossimo. Ban Ki-Moon ha chiesto in sostanza al nuovo governo palestinese di combattere la violenza e di mettere fine al lancio di razzi da Gaza. A Israele di “impedire le attività di insediamento e facilitare la vita dei palestinesi''. E il segretario generale dell’ONU ha affermato di vedere positivamente gli sforzi profusi da diversi Paesi arabi per rilanciare il processo di pace. Sottolineando che il presidente Abu Mazen è pronto a parlare di pace, che i Paesi arabi presentano la loro iniziativa, che il segretario di Stato Rice è nella regione per far avanzare il processo di pace, Ban ha sottolineato che il congelamento di tutte queste attività potrebbe provocare nuove violenze.

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- I 15 militari della marina britannica arrestati nel Golfo Persico dall'Iran vengono al momento ''interrogati'' dalle autorità di Teheran, alle quali devono ''rispondere'' di violazione delle acque territoriali della Repubblica islamica. Lo ha dichiarato, citato dalla tv, il viceministro degli Esteri iraniano Mostafavi. Da parte sua, il governo iracheno sottolinea che i quindici marinai britannici arrestati dalla guardia costiera iraniana erano ''in acque territoriali irachene''. Il ministro degli Esteri iracheno, Zebari, ne chiede il rilascio e invita il suo collega iraniano, Mottaki a “gestire la loro vicenda in modo legale e saggio''. Il premier britannico, Tony Blair, ha espresso ieri grande preoccupazione per la vicenda, ribadendo che i militari erano in acque territoriali irachene e non iraniane come sostiene Teheran.

 

- L'alto rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza Comune della UE, Javier Solana, ribadisce che continua a cercare di avere un contatto con Ali Larijani, capo negoziatore iraniano per il nucleare, allo scopo di trovare una data utile per un appuntamento. Si tratta di continuare un dialogo dopo le sanzioni decise dall’ONU in tema di nucleare. Intanto il viceministro degli Esteri russo, Serghei Kisliak, fa sapere che le sanzioni contro l'Iran decise sabato dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU sono ''reversibili'' e non impediranno la cooperazione tra Mosca e Teheran. ''L'obiettivo della risoluzione è fare in modo che l'Iran capisca più chiaramente che deve cooperare con l'AIEA (l'Agenzia per l'energia atomica dell'ONU) per togliere  ogni dubbio sul programma nucleare iraniano.

 

- Un terremoto di magnitudo 5,1 gradi sulla scala Richter ha scosso stamani la regione di Bam, nel sud dell'Iran, già duramente colpita nel dicembre del 2003 da un potente sisma che fece oltre 31.000  morti. Non si registrano per ora vittime, secondo l'agenzia  ufficiale Irna. 

 

- I talebani sono pronti a negoziare per il rilascio dell'interprete del giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo, il giornalista afghano Adjmal Nashkbandi, rapito con l'inviato di Repubblica tre settimane fa. Lo riferisce l'agenzia di stampa indipendente afghana Pajhwok. Intanto, alle dodici, in piazza del Campidoglio, è stata esposta la maxifoto di Nashkbandi.

 

- Due delegazioni ufficiali separate rappresenteranno il Libano al vertice della Lega Araba che si aprirà dopodomani a Riad, in Arabia Saudita, a riprova della divisione delle istituzioni politiche libanesi. Lo ha riferito oggi la stampa di Beirut. La prima delegazione sarà guidata dal presidente della Repubblica, il filosiriano Emile Lahud, che sarà accompagnato dai ministri dimissionari degli Esteri Fawzi Sallukh e dell'ambiente Yacub Sarraf. La seconda delegazione sarà invece guidata dal premier Fuad Siniora, sostenuto dalla maggioranza parlamentare antisiriana e che sarà a sua volta accompagnato dai ministri di Esteri e dell'Economia. Nella sua omelia domenicale, il patriarca cattolico-maronita Nasrallah Sfeir ha intanto dichiarato ieri che ''ancora una volta i libanesi sono divisi, come se ci fossero due Libani''. 

 

- Il dibattito alle Nazioni Unite sul futuro del Kosovo, la provincia serba a maggioranza albanese, si svolgerà a partire dal mese di aprile al Consiglio di Sicurezza, probabilmente tra mille difficoltà e con il rischio che un accordo sarà davvero difficile da raggiungere, almeno in tempi rapidi. Il dibattito sulla provincia serba era previsto in un primo tempo per la fine di marzo, ma le divisioni in seno ai Quindici lo hanno fatto slittare al mese successivo. Oggi dovrebbe essere reso pubblico il documento che la scorsa settimana il mediatore dell'ONU aveva inviato, in via riservata, al segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon. In sostanza, il mediatore - l'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari - propone l'indipendenza del Kosovo sotto una supervisione internazionale, un’ipotesi osteggiata dalla Serbia ma anche dalla Russia, che del Consiglio di Sicurezza è membro permanente con diritto di veto. Ricordiamo che il Kosovo è amministrato dall'ONU dal 1999.

 

- Una campagna elettorale in stile americano, con tanto di duello televisivo, ha portato la Mauritania al ballottaggio, ieri, per l'elezione del presidente in programma domenica. Dopo il colpo di Stato del 2005, che aveva rovesciato il presidente Maauiya Uld Sid'Ahmed Taya, i militari hanno ora deciso di indire libere elezioni per riportare il Paese alla democrazia: il primo turno di votazioni è stato monitorato da circa 600 osservatori internazionali. Luciano Ardesi:

 

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Sidi Ould Cheikh Abdallahi ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali svoltesi ieri in Mauritania. Lo ha confermato oggi una fonte del ministero degli Interni. Abdallahi, candidato sostenuto da Maauiya Uld Taya, il presidente deposto dai militari nel colpo di stato incruento dell'agosto 2005, si è imposto su Ahmed Ould Daddah con il 52,89 % di voti contro il 47,11%. Al conteggio mancano le schede del seggio della regione montana di Boumdeid nel centro sud del Paese, che ha 69 elettori. Il ministero degli Interni ha annunciato che i risultati definitivi ufficiali saranno resi noti in giornata. La partecipazione al ballottaggio per l'elezione del presidente della repubblica, che segna il ritorno del Paese alla democrazia dopo quasi due anni, è stata del 67 per cento, in leggera flessione rispetto al 70 per cento registrata nel primo turno dell'11 marzo.

 

Luciano Ardesi, per la Radio Vaticana.

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- Un cittadino straniero è stato ucciso ed un altro ferito in un attacco compiuto contro un collegio islamico nello Yemen del nord. Non è chiara al momento la  nazionalità dello studente ucciso, mentre quello ferito, secondo la fonte, è francese. Il collegio islamico è stato attaccato da un gruppo di ribelli sciiti.

 

- ''Dobbiamo tutti impegnarci, ma senza egoismi o paure, perchè i nostri giovani possano liberare le loro energie per costruire un Mediterraneo di pace ricco di  identità e di storie, ambito di riferimento privilegiato, aperto a tutte le civiltà''. Il presidente del Senato italiano, Franco Marini, rivolge una esortazione non solo economica ai Paesi che si affacciano sulle due sponde del Mediterraneo, parlando al  Senato algerino al termine della visita ufficiale durata tre giorni e in cui ha avuto colloqui con le massime autorità del  Paese a cominciare dal presidente della Repubblica algerino, Bouteflika. Secondo il presidente del Senato, ''oggi attraverso il partenariato e la collaborazione, si può aprire a tutti i Paesi  del Mediterraneo una straordinaria stagione di emancipazione  civile e democratica''. 

 

- Nicolas Sarkozy, candidato della destra all'Eliseo, si è dimesso da ministro dell'Interno per partecipare alla campagna presidenziale. Al suo posto è stato nominato Francois Baroin, che lascia il ministero dell'Oltremare a Herve Mariton. Anche il ministro della Sanità, Xavier Bertrand, portavoce di Sarkozy, ha lasciato il governo. E' stato sostituito da Philippe Bas, che era ministro delegato alla Sicurezza Sociale.

 

- Rostekhnadzor, il servizio federale russo per il controllo ambientale, tecnologico e atomico ha scoperto serie violazioni delle norme di sicurezza nella miniera di Ulianovskaia, nella regione siberiana di Kemerovo, dove il 19 marzo scorso sono morti 110 tra minatori e dipendenti a causa dell'esplosione di una sacca di grisù, il micidiale gas composto da metano e aria. Lo riferisce l'agenzia Interfax. La miniera dove è avvenuto l'incidente, il più grave della storia mineraria russa degli ultimi decenni, era peraltro dotata di impianti moderni. Rostekhnadzor ha inoltre annunciato di voler controllare a tappeto tutte le compagnie carbonifere per verificare se  rispettano le norme di sicurezza.