RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 84 - Testo della
trasmissione di domenica 25 marzo 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
L’Annunciazione
e il valore del martirio cristiano: al centro delle riflessioni del Papa
all’Angelus
L'Enciclica
di Giovanni Paolo II
Redemptoris Mater compie 20 anni: ce ne parla padre Ermanno Toniolo
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Lanciato
il sito internet delle Suore Missionarie Comboniane,
“uno spazio aperto sul mondo intero”
Adottata la Dichiarazione
di Berlino, in occasione dei 50 anni dei Trattati di Roma. Un documento per
guardare al futuro con rinnovato slancio
Il
Papa e la Santa Sede
L’Annunciazione
e il valore del martirio cristiano:
al
centro delle riflessioni del Papa all’Angelus
Il
“mistero stupendo di fede” dell’Annunciazione e il valore del martirio cristiano
di testimoni della fede che non cercano la morte ma la
vivono come “supremo atto d’amore a Dio ed ai fratelli”: al centro delle
riflessioni del Papa all’Angelus. Ricordando che la prossima domenica è la
Domenica delle Palme e che ricorrerà la XXII Giornata Mondiale della Gioventù,
Benedetto XVI ha dato appuntamento ai giovani della Diocesi di Roma per la
Liturgia penitenziale che presiederà nel pomeriggio di giovedì prossimo nella
Basilica di San Pietro. Il servizio di Fausta Speranza:
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“L’Annunciazione
è anche una festa cristologica - spiega il Papa – perché celebra un mistero
centrale di Cristo: la sua Incarnazione”. E’ “uno stupendo mistero della fede” –
aggiunge -
e “un avvenimento umile, nascosto – nessuno lo vide, nessuno lo
conobbe, se non Maria –, ma al tempo stesso decisivo per la storia
dell’umanità”. Il Papa ne parla ricordando che la solennità dell’Annunciazione
ricorre il 25 marzo ma quest’anno dal momento che coincide con una Domenica di
Quaresima verrà celebrata domani. Ma il Papa si
sofferma sul valore del sì di Maria che peraltro contempliamo nella recita
dell’Angelus:
“Eccomi,
sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua Parola”. La risposta di
Maria all’Angelo si prolunga nella Chiesa, chiamata a rendere presente Cristo
nella storia, offrendo la propria disponibilità perché Dio possa continuare a
visitare l’umanità con la sua misericordia.”
In
realtà, - aggiunge - il “sì” di Maria è il riflesso perfetto di quello di Cristo
stesso quando entrò nel mondo, come scrive la Lettera
agli Ebrei interpretando il Salmo 39: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto
nel rotolo del libro – per compiere, o Dio, la tua volontà”.
E
Benedetto XVI sottolinea che il “sì” di Gesù e di Maria si rinnova così nel “sì”
dei santi, specialmente dei martiri, che vengono uccisi
a causa del Vangelo. Ricorda così che ieri, nell’anniversario dell’assassinio di
mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, si è
celebrata la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri: vescovi,
sacerdoti, religiosi, religiose e laici stroncati nel
compimento della loro missione di evangelizzazione e promozione umana. I
missionari martiri – afferma il Papa - sono “speranza per il mondo” ma poi ben spiega il valore cristiano del martirio:
“Il
martirio cristiano si giustifica soltanto come supremo atto d’amore a Dio ed ai
fratelli”.
I
martiri – dice il Papa – “testimoniano che l’amore di Cristo è più forte della
violenza e dell’odio”.
“Non
hanno cercato il martirio, ma sono stati pronti a dare la vita per rimanere
fedeli al Vangelo”.
Dopo
la recita della preghiera mariana, il Papa rivolge il pensiero alla prossima
Domenica che con la liturgia delle Palme inizierà la Settimana Santa.
In
tale circostanza - ricorda il Papa - ricorrerà la XXII Giornata Mondiale della
Gioventù, che quest’anno ha per tema il comandamento di Gesù: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.
Per prepararci a questo appuntamento e alla celebrazione della Pasqua, Benedetto
XVI invita i giovani della diocesi di Roma ad una Liturgia penitenziale, che
presiederà nel pomeriggio di giovedì 29 marzo, nella Basilica di San Pietro.
"Coloro che lo desidereranno - annuncia il Papa - avranno la possibilità di
accostarsi al Sacramento della Confessione, vero incontro con l’amore di Dio, di
cui ogni uomo ha bisogno per vivere nella gioia e nella
pace".
Tra
i saluti nelle varie lingue, in inglese un incoraggiamento ai membri della
International Federation for
Family Development; in polacco un invito a prendere
Maria come “modello di totale abbandono a Dio nella fede”; in slovacco un
pensiero al beato vescovo e martire Pavol Gojdic, a 80 anni dalla sua ordinazione episcopale a
Roma. In
italiano un pensiero in particolare ai fedeli provenienti da Verona, Frosinone, Maddaloni, Catanzaro e
Catania; i giovani di Merlengo venuti per prepararsi
alla Dedicazione della chiesa parrocchiale, le coppie di fidanzati di Altamura, i ragazzi del Decanato di Rho che faranno la professione di fede e gli alunni della
Scuola Primaria di Guasila. Ma anche ai bambini della
Scuola delle Maestre Pie Filippini a Berat, Albania,
presenti con i loro genitori.
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“Il
vero nemico è l’attaccamento al peccato”: così Benedetto XVI,
in
visita pastorale alla Parrocchia romana di Santa Felicita e Figli
Martiri
Solo
il perdono di Dio e il suo amore ricevuto con cuore sincero liberano l’uomo dal
peccato, che è la radice di ogni male: questo, il punto centrale dell’omelia di
Benedetto XVI, che stamani si è recato in visita pastorale alla Parrocchia
romana di Santa Felicita e Figli Martiri al quartiere Fidene, dove ha presieduto la Santa Messa. Accolto da una
folla in festa, il Papa ha salutato i fedeli, dicendo: “Siete le pietre vive
della Chiesa”. Il servizio di Roberta Moretti:
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“Il
vero nemico è l’attaccamento al peccato, che può condurci al fallimento della
nostra esistenza”: commentando il brano evangelico della donna adultera
condannata alla lapidazione, Benedetto XVI spiega che “solo il perdono divino e il suo amore ricevuto con cuore
aperto e sincero ci danno la forza di resistere al male e di ‘non peccare più’”.
“Solo
l’amore di Dio può cambiare dal di dentro l’esistenza
dell’uomo e conseguentemente di ogni società, perché solo il suo amore infinito
lo libera dal peccato, che è la radice di ogni male”.
Gesù
è venuto sulla terra – aggiunge Benedetto XVI – “per dirci che ci vuole tutti in
Paradiso e che l’Inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste
ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore”.
“Se
è vero che Dio è giustizia, non bisogna dimenticare che Dio è amore: Se Cristo
odia il peccato è perché ama infinitamente ogni persona umana. Ama ognuno di noi
e la sua fedeltà è così profonda da non lasciarsi scoraggiare nemmeno dal nostro
rifiuto”.
“L’atteggiamento
di Gesù – precisa il Papa – diviene in tal modo un modello da seguire per ogni
comunità, chiamata a fare dell’amore e del perdono il cuore pulsante della sua
vita”. Alla comunità del quartiere Fidene, in
particolare, dove “non mancano certo situazioni di disagio sia materiale che
morale”, il Papa rivolge l’invito a nutrirsi delle “abbondanti provviste
spirituali” donate dal Signore “per attraversare il deserto di questo mondo e
trasformarlo in un fertile giardino”:
“Queste
provviste sono l’ascolto docile della sua Parola, i Sacramenti e ogni altra
risorsa spirituale della liturgia e della preghiera personale. In definitiva, la
vera provvista è il suo amore. L’amore che spinse Gesù ad immolarsi per noi, ci
trasforma e ci rende a nostra volta capaci di seguirlo
fedelmente”.
Infine,
l’esortazione a “seguire il Vangelo senza esitazioni e senza compromessi”,
attraverso l’intercessione della Vergine Maria.
Incontrando
poi il Consiglio Pastorale della Parrocchia, Benedetto XVI ha sottolineato che
“una società nella quale la coscienza cristiana non vive più perde la direzione,
non sa più dove andare” e “finisce nel vuoto, fallisce”. “Solo se la coscienza
viva della fede illumina i nostri cuori – ha aggiunto – possiamo costruire una
società giusta”. Il Papa ha quindi spiegato il ruolo del Magistero rispetto alla
formazione delle coscienze: “Non è il Magistero che impone dottrine” – ha detto
Benedetto XVI – ma “aiuta perché la coscienza stessa
possa ascoltare la voce di Dio” e “conoscere la volontà del Signore”. Il
Magistero è quindi “solo un aiuto perché la responsabilità personale, nutrita da
una coscienza viva, possa realmente funzionare e così aiutare perché sia
presente la giustizia per tutti i fratelli nel mondo”. “Oggi – ha concluso il Papa – non c’è
solo la globalizzazione economica, ma anche questa
universalità per cui siamo tutti responsabili di
tutti”.
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I
cristiani contribuiscano ad un’Europa unita per favorire pace, giustizia
e
solidarietà tra le genti: così il cardinale Attilio Nicora
a
conclusione del Congresso europeo della COMECE
Nel
processo di integrazione europea la passione innovatrice dei cristiani è
chiamata a misurarsi con la storia contemporanea per favorire pace, giustizia e
solidarietà: così stamani il cardinale Attilio Nicora,
presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, durante la
celebrazione eucaristica che ha concluso, nella Basilica di San Pietro il
congresso europeo della COMECE “Valori e prospettive per l’Europa di domani”.
Nella sua omelia il porporato ha voluto ricordare l’invito rivolto ieri da
Benedetto XVI ad edificare una nuova Europa “realistica ma non cinica, ricca di
ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità
del Vangelo”. Il servizio di Tiziana Campisi:
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Se
l’integrazione istituzionale europea ha compiuto indubbi e fruttuosi passi in
avanti, è l’unità spirituale, sempre invocata e indicata dai papi, la dimensione
più esposta a rischio, ha avvertito il cardinale Attilio Nicora. Evidenziando i contenuti del messaggio rivolto alla
COMECE da Benedetto XVI, il porporato ha espresso la stessa preoccupazione del
Santo Padre che, nell’attuale momento storico teme per l’Europa una singolare
forma di apostasia da se stessa e dalla propria genuina identità. Per questo il
cardinale Nicora ha voluto indicare ai cristiani la
strada da percorrere:
“Il
processo dell’integrazione europea verso forme di sempre più giusta e feconda
unità, è uno dei campi dove la passione innovatrice dei cristiani è chiamata a
misurarsi con la storia contemporanea per favorire pace, giustizia e solidarietà
tra le genti di questo singolare continente ricco di contenuti e apporto
esemplare incoraggiante ad un nuovo ordine mondiale”.
Alle
parole del porporato hanno fatto eco, al termine della Messa, quelle del
presidente della COMECE, mons. Adrianus van Luyn, che nell’Europa unita
vede uno strumento per unire l’umanità intera nella diversità, un contributo
alla civiltà dell’amore nel mondo e alla costruzione del Regno di Dio, di
giustizia, di amore e di pace:
“Con
questa fede e speranza torniamo alle nostre Chiese locali più che mai disposti
ad impegnarci con tutte le nostre forze per la riconciliazione e unione tra i
popoli e le nazioni, incarnando i valori umani fondamentali nel nostro
Continente, aprendo in tal modo pure delle prospettive feconde per gli altri
Continenti”.
Il
cardinale Nicora ha voluto anche far proprio l’appello
lanciato nel 1958 dall’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, ad un anno dalla firma dei trattati di Roma che
segnarono la nascita della Comunità
europea,:
“Guardate bene – diceva – e vedete che
questa unione che sta delineandosi e che oscilla a stagione a stagione fra una
conclusione che sembra felice e una delusione che sembra mortale, è un’unione
fragile e precaria, piuttosto prodotta da forze estrinseche che la vogliono che
non palpitante di interiore vitalità propria ed autonoma”.
Ripetendo
le parole del futuro Paolo VI, il porporato ha detto che l’Europa avrà una unità spirituale quando “una circolazione di pensiero, di
sangue e di amicizia, di una cultura comune, fonderà i diversi popoli”, ma con
Montini ha anche osservato:
“I
componenti di questa unità – aggiungeva – non vogliono cedere nulla della loro
sovranità e quindi andiamo verso una pace che può essere equivoca, fragile e
precaria. Abbiamo bisogno che un’anima unica componga
l’Europa, perché davvero la sua unità sia forte, sia coerente, sia cosciente e
sia benefica e ci soccorrano a questa convergenza delle aspirazioni umane, cioè
verso l’unità spirituale dell’Europa, le voci più qualificate di quelli che la
amano”.
Infine
il cardinale Nicora ha rinnovato l’esortazione di
Benedetto XVI, il suo invito alla speranza:
“Non
stancatevi e non scoraggiatevi – ci ha detto il Papa – voi sapete di avere il
compito di edificare, con l’aiuto di Dio una nuova Europa, realistica ma non
cinica, ricca di ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e
vivificante verità del Vangelo”.
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Un
particolare messaggio in vista della seduta solenne del Consiglio europeo, oggi
a Berlino, per il 50.mo del
Trattato di Roma, è stato affidato ieri mattina al presidente del Consiglio
italiano, Romano Prodi, dai partecipanti al Convegno organizzato dalla COMECE,
la Commissione degli episcopati dell’Unione Europea. Il “Messaggio di Roma”,
come è stato titolato, chiede in sostanza che il Vecchio continente “riconosca
esplicitamente” la lunga eredità del suo “patrimonio cristiano”. Il Convegno si
è chiuso nel tardo pomeriggio di ieri all’Hotel Ergife
di Roma. Il servizio del nostro inviato, Alessandro De Carolis.
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Romano
Prodi
ha accolto con piacere il ruolo di latore del “Messaggio di Roma” conferitogli
dai partecipanti al Convegno della COMECE, che lo hanno stilato e approvato in
vista dell’assise europea di oggi a Berlino. Il
Messaggio riecheggia da vicino i temi del discorso rivolto ai convegnisti da
Benedetto XVI,
in udienza: una serie di sfide continentali – sviluppo e sicurezza
europee, difesa dei diritti umani e lotta agli abusi, attenzione ai giovani,
tutela dell’ambiente e del clima, ma anche cooperazione internazionale per
sconfiggere la povertà in Africa. “Chiediamo che l’UE sia guidata dai principi
che hanno ispirato l’unificazione europea fin dall’inizio”, tra i quali l’uguaglianza tra uomo e donna, la pace, la
solidarietà e la sussidiarietà. Prodi ha detto che “il
non essere riusciti ad inserire un riferimento alle radici cristiane dell’Europa
nel Trattato costituzionale” - per il quale ha
confessato di essersi “lungamente e silenziosamente adoperato” – “non significa
misconoscerle. La difficoltà è nata per retaggi del passato”. E riferendosi
all’appuntamento di domani a Berlino ha commentato:
“E’
l’occasione per ritornare a riflettere sul senso e la natura del progetto di
integrazione europea. E io sono d’accordo con voi, con le vostre conclusioni,
che prima di ogni cosa l’Unione Europea debba essere
una solida comunità di valori. E il senso del documento è proprio un documento
di valori. L’Europa – lo ripeto da molto tempo – ha oggi più che mai bisogno di
un pensiero e di un’anima”.
Il
vescovo di Rotterdam, Adrianus van Luyn, presidente della COMECE,
ha ribadito in conferenza stampa che quello del Papa è stato “un avvertimento a
prendere sul serio l’identità dell’Europa di cui il cristianesimo è un elemento
fondativo”. E sulla necessità di riaffermare
l’efficacia etica dei valori cristiani in ambito sociopolitico, educativo ed economico si sono alternati i
nove relatori che hanno preso la parola nel pomeriggio di ieri, tra cui il
rettore dell’Università Cattolica di Milano, Lorenzo Ornaghi – che ha parlato in difesa della vita e della
dignità umana - e la presidente della Federazione delle associazioni familiari
cattoliche in Europa, la tedesca Elisabeth Bussmann,
che ha definito “importante” il Messaggio di Roma per il “futuro sociale” del
continente: “Senza famiglia non c’è Stato - ha asserito - e ciò vale non solo
per la Germania ma anche per l’Europa”. Originale e
suggestivo il consuntivo dei lavori tracciato dall’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, vicepresidente
della COMECE. Mettendo a confronto le istanze dell’Europa del 21.mo secolo con le cattedrali europee - emblema dei duemila
anni di retaggio cristiano - il presule si è soffermato sull’apparente
“inutilità” delle guglie, lontane dalla sensibilità architettonica moderna.
Eppure, ha osservato, esse “sono il segno di quando le
persone guardavano in alto, a ciò che non è solo pragmatico e misurabile”, ma
anche ideale, “senza il quale il mondo sarebbe disumano”. I delegati del
Convegno della COMECE, presenti stamani all’Angelus, hanno concluso ieri sera il Convegno con un momento simbolico: la recita dei
Vespri al cimitero di San Lorenzo al Verano, dove
riposa uno dei “padri” dell’Europa unita, Alcide De Gasperi. Una cerimonia che ha visto il cardinale Attilio
Nicora, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio
della Sede Apostolica, recitare una preghiera in memoria dello statista italiano
alla presenza della figlia, Maria Romana De Gasperi.
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L'Enciclica
di Giovanni Paolo II
Redemptoris Mater compie 20 anni
20
anni fa, il 25 marzo 1987, veniva promulgata
l’Enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II. Enciclica di ampio respiro,
anche se dettata da una precisa occasione storica: l'indizione ufficiale
dell'Anno Mariano 1987-1988. Quale messaggio viene da questo documento
pontificio? Ci risponde padre Ermanno Toniolo,
dei Servi di Maria, professore alla Pontificia Facoltà Marianum. L’intervista è di Giovanni
Peduto.
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R.
– I tratti spiccatamente propri dell'Enciclica Redemptoris Mater di Giovanni
Paolo II, confermati con tanta forza da Benedetto XVI, richiamano tanto la
Chiesa quanto ogni fedele a percorrere insieme con
Maria un itinerario aperto a tutti: al presente dei poveri e degli umili, degli
emarginati ed oppressi; al futuro della pace e della condivisione di tutti i
popoli; al destino di felicità di tutti i figli di Adamo, verso l'incontro
finale col Re della gloria, Gesù Cristo, che chiuderà le strade peregrinanti, ed
aprirà definitivamente l'ingresso di tutti nell'unico Regno.
D.
– Qual è l’attualità dell’Enciclica?
R.
– A venti anni dalla sua promulgazione, i temi che il compianto Pontefice ivi ha
proposto alla Chiesa, e svolto, restano di immutata attualità. Egli, infatti,
non ha voluto ulteriormente accentuare la linea del culto, già autorevolmente
sviluppata da Paolo VI nell’Esortazione apostolica Marialis Cultus del 2 febbraio
1974, ma piuttosto approfondire alcuni fondamentali aspetti della persona di
Maria e della sua funzione nel mistero di Cristo e della Chiesa, esposti in modo
succinto dal Concilio Vaticano II, ma che allora componevano per tutto il Popolo
di Dio in cammino un autentico itinerario da percorrere verso il terzo millennio
dell'era cristiana. Si tratta infatti di una storia,
non solo di tempo, ma più ancora di anime, nella quale la Vergine Madre è
costantemente presente, nella quale anzi precede come luminoso esempio tutta la
Chiesa nel suo faticoso cammino. E’ proprio in quest’ottica di pellegrinaggio e
di itinerario di fede, tanto di Maria, come di tutti e di ciascuno dei fedeli,
che sta l’originalità permanente dell'Enciclica del Papa.
D.
– Qual è il posto di Maria nel mistero salvifico di Dio alla luce della Redemptoris Mater?
R.
- Maria, nella pienezza del tempo, quando Dio mandò il Figlio a farsi uomo da
lei per donarci l’adozione a figli, è già nel cuore del mistero di Dio, già
benedetta nel Figlio fin dal suo immacolato concepimento, e tanto intimamente
fusa con l'eterno Spirito di santità da essere la «piena di grazia», dopo il suo
incondizionato consenso al messaggio dell'angelo. Maria è chiamata a percorrere
di tappa in tappa un lungo cammino di fede e di amore, un'autentica
peregrinazione nella conoscenza crescente e ognor più
oscura del mistero della salvezza, e verso un'oblatività di sé che la condurrà
passo passo ad aprirsi alle misteriose esigenze di Dio
fino ad inabissarsi, sotto la Croce, in una kénosi
della fede, quale mai la storia ha registrato, e in un'apertura incondizionata
all'amore dell'uomo, che la introduce nel mistero di Cristo redentore
accogliendone come madre e per sempre l'eredità redenta dal suo Sangue.
D.
– Qual è la relazione tra Maria e la Chiesa nell’insegnamento di Giovanni Paolo
II?
R.
- La Chiesa in cammino ha sempre guardato a Lei, perché l'ha preceduta in tutta
l'estensione e in tutta la forza di fede di cui una creatura sia capace: ben più
di Abramo infatti lei può e dev'esser detta "madre della nostra fede". Per questo tutta
la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi non cessa di sperimentare una
presenza storica e geografica della Madre di Dio, di colei che è stata
proclamata Beata per aver creduto. L'esperienza liturgica di tutte le Chiese,
gli innumerevoli santuari mariani che costellano la terra, le sue icone che la
propongono incessantemente alla contemplazione dei fedeli di ogni cultura e
regione, non cessano di esercitare quell'incanto
materno e quel richiamo potente alla fede vissuta e testimoniata. Lì, in ogni
luogo dove la Madre si fa maternamente presente, i figli guardano a lei per
confermarsi nella propria fede e nel proprio impegno di vita. Anzi, la stessa
Vergine - continuando dal cielo il suo inestimabile servizio a Dio e all'uomo,
assunto il giorno dell'Annunciazione - non cessa di farsi quotidianamente
presente nella Chiesa e per mezzo della Chiesa, sacramento universale di
salvezza aperto all'umanità. Sa infatti che Cristo in
Giovanni le ha affidato ogni discepolo e ogni uomo, e vive responsabilmente
questo suo impegno con l'amore e la speranza indefettibile di una vera Madre. E,
d'altra parte, ogni discepolo, anzi, ogni uomo, è chiamato a far proprio il
gesto di Giovanni: ad accogliere nel suo ‘io’ più intimo e umano, in tutto lo
spazio della sua persona e personalità, la Madre come testamento pasquale di
Gesù, come eredità preziosa del Redentore, in modo che ognuno possa entrare nei
ritmi d'amore senza confini della Madre di tutti i
redenti.
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Oggi
in Primo Piano
L'impegno
delle Missionarie dell'Immacolata in Bangladesh
Annunciare
il Vangelo a tutti i popoli. E’ questo lo spirito delle Missionarie
dell’Immacolata che contano 118 comunità sparse per il mondo. In Bangladesh sono
presenti dal 1953 con vari progetti sia umanitari che medici. Suor Lorella
Peccorini, medico, nel Paese è arrivata nel 1997
per curare i malati di lebbra di Khulna. Oggi si trova
ad affrontare nuove emergenze come la tubercolosi e l’Aids. Antonella Villani le ha chiesto qual è la situazione
del Paese.
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R.
- La situazione politica e sociale in questo momento è abbastanza instabile:
intanto ci troviamo in uno dei Paesi più poveri del mondo e una delle cause è
anche la situazione politica con una grandissima corruzione. Attualmente c’è un
governo provvisorio che sta cercando di risistemare un po’ la situazione:
dovevano esserci le elezioni politiche ma non ci sono
state. Noi come missionari siamo ben visti dalla gente che apprezza il nostro
lavoro, la nostra presenza. Purtroppo qualche volta, a livello di governo, ci
sono dei problemi, come attualmente che abbiamo delle difficoltà ad ottenere i
visti di permanenza nel Paese per quest’anno. E questo sta creando una certa
incertezza e un po’ di tensione.
D.
- Voi operate a Khulna, che tipo di assistenza
offrite?
R.
- La mia comunità si occupa solo del servizio sanitario e si tratta di un
progetto che è nato originariamente per la cura e la prevenzione della malattia
di Hansen e con la diminuzione dei casi di lebbra
abbiamo poi deciso, dal 2001, di occuparci anche della tubercolosi che invece è
ancora un problema di salute molto serio. Abbiamo un’incidenza totale dei casi
di tubercolosi di 120 su 100 mila abitanti e parliamo di 70 mila decessi all’anno.
D.
- Quanto è grave oggi la situazione lebbra?
R.
- Dal 1999 in tutto il Paese non è più considerato un problema di salute
pubblica. Ci sono ancora, soprattutto nel nord ovest del Bangladesh, delle aree
in cui il problema è serio, sia dal punto di vista del numero dei casi, che
anche dal punto di vista dell’impatto sociale perché questi pazienti sono messi
a margine.
D.
- Molto più complessa, invece, la situazione della
tubercolosi?
R.
– Intanto, colpisce fasce povere e poi l’impatto sulle donne diventa molto
serio. In molti casi, vengono abbandonate dai mariti
quando si ammalano. Inoltre alle
donne vengono lasciati i figli a carico. Cerchiamo di
aiutare queste donne, di sostenerle ricoverandole per garantire loro
un’alimentazione adeguata oppure le aiutiamo acquistando per loro i generi
alimentari che possono garantire una sopravvivenza fintanto che poi non sono di
nuovo in grado di lavorare.
D.
- Che progetti avete per il futuro?
R.
- Prendere in considerazione anche la problematica della sieropositività HIV AIDS, un problema che per ora è stato un
po’ negato e sottostimato all’interno del Bangladesh. E’ uno dei modi con cui
essere presenti tra queste persone che più hanno bisogno, tenendo conto anche
della situazione sociale per cui se una persona è
ammalata non ha nessuna garanzia, nessuna possibilità: tutto è a pagamento in
Bangladesh.
D.
- Lei è un medico, che cosa significa per lei lavorare in
Bangladesh?
R.
- Poter dare agli altri innanzitutto quello che io ho ricevuto, l’amore di Dio,
ho incontrato il Signore e continuo ad incontrarlo in queste persone che servo e
in qualche modo cerco di trasmettere a loro la gioia di questo incontro.
D.
– Voi operate soprattutto a livello medico, comunque è un modo di portare la
parola di Dio...
R.
– Per noi qui è l’unico modo che ci è possibile, essendo appunto una realtà in
prevalenza musulmana. Però questo avvicinarci a chi è nel bisogno e cercare di
trasmettere l’amore di Dio, direi che è un modo davvero privilegiato per poter
parlare di Dio.
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In
anteprima europea a Roma il film “L’inchiesta”, del regista Giulio Base: il
percorso spirituale di un funzionario dell’impero romano
incaricato
di cercare il corpo di Gesù
Presentato
in anteprima mondiale a Los Angeles il 20 febbraio e distribuito negli Stati
Uniti dalla 20h Century Fox in 600 sale cinematografiche, arriverà sugli schermi
italiani di Rai Uno il 2 e il 3 aprile. Parliamo del film “L’inchiesta”,
che racconta la storia di un funzionario
dell’imperatore Tiberio inviato in Palestina alla ricerca del corpo di Gesù
Cristo. La pellicola è stata proiettata in anteprima europea a Roma in questi
giorni. Tiziana Campisi ha chiesto al regista
Giulio Base il perché della scelta di questo soggetto:
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R.
– Perché era, ed è, un soggetto, secondo me, - e lo posso dire, perchè non l’ho
scritto io – geniale. Come tutte le idee geniali è semplice. Il soggetto,
ricordiamolo, è di Suso Cecchi D’Amico e di Ennio Flaiano,
che sono il padre e la madre – dico sempre – del cinema italiano, perchè hanno
scritto film per Fellini, Zeffirelli, Visconti, De Sica, Rossellini, Antonioni… Davvero il
grandissimo cinema. Quindi, ho avuto la fortuna di avere fra le mani questa
idea, dico semplice, che riguarda l’evento più importante della storia della
civiltà occidentale - se non della civiltà tout court - Gesù Cristo. In fondo,
anche chi non crede deve fare i conti con questa figura, non fosse altro che per
il periodo in cui è vissuto, e visto che quando si segna una data, si segna la
data di nascita di un uomo che è Gesù Cristo. Il soggetto del film in pratica ha
anche a che fare con il genere forse più popolare e più tradizionale del cinema,
cioè il giallo, l’investigazione. Quindi, semplice ma al tempo stesso credo
molto ingegnoso. Davvero ringrazio D’amico e Flaiano
di avermi dato in mano questa storia così bella.
D.
– Ma che cosa ha voluto evidenziare Giulio Base?
R.
– La cristianità che nasceva, una cristianità che nasceva non dal nulla o dalla
debolezza, ma nasceva dalla forza. Tant’è vero che
l’Impero Romano diventa poi il Sacro Romano Impero. E molti dei primi cristiani
erano forti, ma di una “fortezza” che non è da
intendere come forza soltanto fisica. Erano solidi, comprovati. Ho voluto
evidenziare che anche di fronte al più grande scetticismo, come quello che ha ad
esempio il protagonista del film - un tribuno romano assolutamente distante
dalla religione - piano, piano invece ci si può avvicinare al cristianesimo, a
quella che è la religione dell’amore.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
In
occasione del bicentenario dell’abolizione della tratta schiavista nell’Impero
britannico, l’organizzazione Save the Children
chiede
ai governi di impegnarsi per aiutare milioni di bambini,
vittime
di nuove forme di schiavitù
Milioni
di bambini vivono ancora oggi in condizioni disumane, simili alla schiavitù. Per
questo è necessario che i governi moltiplichino i loro sforzi per eliminare le
peggiori forme di sfruttamento dei bambini. E’ l’appello lanciato
dall’organizza-zione internazionale “Save the Children”
in occasione del 200.mo anniversario dell’abolizione
della tratta schiavista nell’Impero britannico. Tra le nuove forme di schiavitù
infantili, la tratta di bambini è una delle piaghe più diffuse. Si stima che
ogni anno siano almeno 1 milione e 200 mila i bambini e gli
adolescenti vittime di tratte verso Paesi dell’Europa occidentale,
dell’America e dei Caraibi. Un altro turpe fenomeno che coinvolge i minori è
quello legato allo sfruttamento sessuale. Secondo Save the Children,
sono circa 1 milione e 800 mila i bambini di tutto il mondo che subiscono abusi
a causa di prostituzione, pornografia infantile e turismo sessuale. Un dramma
molto diffuso è poi quello che purtroppo conoscono milioni di bambini costretti
a lavorare per ripagare un debito spesso contratto dalla famiglia. Si stima,
inoltre, che siano più di 1 milione i bambini che mettono ogni giorno a rischio
la loro vita in miniere e cave di oltre 50 Paesi dell’Africa, dell’Asia e del
Sud America. Anche le case sono spesso teatro di esperienze dolorose: sono
milioni i bambini obbligati a lavorare, fino a 15 ore al giorno, come domestici. Un altro flagello è quello dei
bambini soldato: sono oltre 250 mila, in tutto il mondo, i minori impiegati in
forze armate. Tra le più spaventose e ancora poco conosciute forme di schiavitù
c’è anche quella dei matrimoni imposti. In Afghanistan, ad esempio, più della
metà delle ragazze si sposano prima di aver compiuto 16 anni. Per sradicare
queste terribili pratiche i leader mondiali e i donatori internazionali – si
legge infine nel comunicato di Save the Children
– “devono agire immediatamente per mettere a disposizione leggi e risorse”
adeguate. (A.L.)
Il
cardinale Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, ricorda i 40 anni dell’Enciclica
“Populorum progressio” di
Paolo VI
In
un’intervista rilasciata alla rivista “30Giorni”, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, ha ricordato i 40 anni
dell’Enciclica Populorum progressio di Paolo VI, “che invece di dividere il mondo tra
Est e Ovest lo divise tra popoli dell’opulenza e popoli
della fame”. Come riporta l’agenzia Zenit, il cardinale ha ricordato che,
all’epoca, l’Enciclica venne accusata di essere
“marxismo riscaldato”, così come “un po’ tutto l’impegno sociale della Chiesa
era etichettato come marxismo”. “Queste accuse – ha spiegato il porporato –
vennero perché il documento di Papa Montini, in
maniera chiara e coraggiosa per il tempo, per la prima volta, parlava della
necessità della giustizia sociale per un autentico sviluppo. E quando la Chiesa
parla in favore dei poveri – ha precisato – c’è sempre qualcuno che le
rimprovera di voler fare politica e di entrare in campi che non sono suoi”.
“Riguardo all’accusa di essere marxista – ha poi aggiunto – era e rimane
ridicola”. Il riferimento nell’Enciclica al fatto che in determinate situazioni
il bene comune esige “l’espropriazione di certi possedimenti” è per il porporato
“un concetto ripreso dalla costituzione conciliare Gaudium et spes, quindi niente di rivoluzionario”. “Come non era
affatto rivoluzionario l’avvertimento del rischio che il profitto venisse considerato il ‘motore essenziale del progresso economico’ e che la concorrenza fosse venerata come la
‘legge suprema dell’economia’”. “È l’uomo invece, come spiega con forza la Populorum progressio, il soggetto
principale dello sviluppo – ha sottolineato il cardinale Maradiaga – per questo l’Enciclica non ha perso granché
della sua attualità. Le sue parole sulla giustizia sociale, su cosa debba intendersi per sviluppo, sulla pace, conservano tutto
il loro valore”. “Sono passati 40 anni – ha aggiunto – ed è sempre più vero: se
non c’è sviluppo, se i popoli non hanno modo di progredire nel benessere anche
materiale, allora la pace è un miraggio sempre più irraggiungibile”.
(R.M.)
Lanciato
il sito internet delle Suore Missionarie Comboniane,
“uno
spazio aperto sul mondo intero”
Se
il mondo oggi viaggia sul web, anche la missione imbocca questa “strada” per
portare il Vangelo. È questa la scelta delle Suore Missionarie Comboniane, che il 15 marzo scorso, giorno della nascita del
loro fondatore, Daniele Comboni, hanno lanciato
www.comboniane.org, il sito ufficiale
dell’Istituto delle religiose. “Uno spazio aperto sul mondo intero”: così lo
definisce, in una lettera aperta a nome delle
consorelle, suor Adele Brambilla, superiora generale
dell’Istituto. Sulle orme di Comboni, che ha saputo
fare, ante litteram, dei mezzi di comunicazione degli
strumenti imprescindibili per avvicinare l’umanità al sogno di Dio, il sito si
propone di “inoltrare il carisma comboniano femminile” in acque sempre più profonde. “Navigando”, giovani in cerca d’infinito potranno imbattersi in
storie di missionarie che cercano ogni giorno di gettare ponti di dialogo, di
riconciliazione, di speranza, come ingredienti fondamentali per costruire il
Regno di Dio; “navigando”, chiunque potrà finalmente incontrarsi con storie e
volti di popoli che abitano quella porzione di mondo volutamente ignorata dai
giganti dei media internazionali; “navigando”, Comboni
potrà ancora appassionare uomini e donne ad un ideale antico e sempre nuovo:
fare di Cristo il cuore del mondo. Oltre a dare informazioni
sull’Istituto, il sito sarà soprattutto una finestra aperta sui popoli con cui
le Suore Missionarie Comboniane condividono vita,
sogni, speranze e difficoltà quotidiane. Per il momento è visibile solo in
italiano, mentre si sta lavorando per le altre lingue. (L.Z.)
Ordinato
nella cattedrale di Palermo il nuovo vescovo
della
diocesi siciliana di Mazara del Vallo, mons. Domenico
Mogavero
La
diocesi di Mazara del Vallo ha un nuovo vescovo. E’
mons. Domenico Mogavero, per sei anni sottosegretario
della Conferenza episcopale italiana, nominato lo scorso febbraio. mons. Mogavero è stato ordinato
vescovo nella cattedrale di Palermo dal cardinale Camillo Ruini, vicario del
Papa per la Diocesi di Roma. A concelebrare al fianco
del porporato, c’erano mons. Giuseppe Betori,
segretario generale della CEI, il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo
emerito di Palermo, mons. Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e mons. Salvatore
Gristina, arcivescovo di Catania. Nato a Castelbuono, nel palermitano, nel 1947 e ordinato sacerdote
nel ‘70, mons. Mogavero, è stato vicerettore del seminario arcivescovile di Palermo, docente
di diritto canonico e vicepreside della Facoltà teologica di Sicilia. “Il
ministero di pastore - ha detto il neoarcivescovo di Mazara del Vallo - propone al vescovo l’icona del Buon
Pastore perché ne imiti lo stile, la passione evangelizzatrice e il fuoco di
missionarietà, nella quotidiana fedeltà alla propria
missione, nella piena e serena dedizione alla Chiesa, nel condurre verso il
Signore il popolo che gli è affidato, nell’accogliere i figli di Dio dispersi”.
Mons. Mogavero ha ricordato
poi l’esempio dei missionari martiri: “La testimonianza dei missionari uccisi –
ha detto – è un messaggio volto a superare tutte le forme di intolleranza e
rappresenta per la Chiesa e per il mondo il segno del dialogo e della
comprensione tra le culture e le religioni”. (A cura di Alessandra
Zaffiro)
Un
anno fa nasceva a Roma il Gruppo di preghiera dei Figli Spirituali
di
Giovanni Paolo II, domani una messa del postulatore
della causa di
beatificazione del pontefice scomparso
Il
Gruppo di preghiera dei Figli Spirituali di Giovanni Paolo II, nato a Roma,
compie oggi un anno. Nato il 25 marzo, festa tipicamente mariana dedicata
all’An-nuncio del Signore, a 365 giorni dalla sua costituzione è ormai
un’associazione che ha dato vita al movimento “Totus
Tuus”. Proteso ad accogliere quanti intendono
camminare nella Chiesa, accompagnati da Maria, per vivere come Giovanni Paolo
II, il movimento vuole condividere gli stessi obiettivi e il medesimo impegno
cristiano e spiccatamente mariano, del Gruppo di preghiera. Nel corso di
quest’anno gli aderenti hanno organizzato momenti di formazione ed incontri di
preghiera con meditazioni bibliche ed approfondimenti di testi di Giovanni Paolo
II e di Benedetto XVI. Domani, nella basilica romana di Santa Maria degli
Angeli, alle 16.30, per celebrare il primo anniversario del gruppo di preghiera,
presiederà una Messa mons. Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione di Giovanni
Paolo II. Durante la celebrazione eucaristica sarà benedetto il simulacro della
Madonna di Fatima, tanto cara a Giovanni Paolo II, che inizierà una “Peregrinatio” per visitare le famiglie dei figli spirituali
di Karol Wojtyla e ricevere l’omaggio della preghiera
mariana del Santo Rosario. (T.C.)
Al
via oggi al pellegrinaggio della Fiaccola di Lolek,
accesa
per ricordare Giovanni Paolo II e che giungerà a Cracovia
dopo
8 tappe fra Italia e Polonia
Riparte
oggi per il 2° anno consecutivo dalla Basilica Vaticana alla volta di Cracovia
la Fiaccola di Lolek (diminutivo con il quale gli
amici usavano chiamare il giovane Karol Wojtyla).
Benedetta più volte dallo stesso Giovanni Paolo II, vuole ricordare il
pontificato del 263° successore di Pietro in occasione del 2° anniversario, il 2
aprile, del suo ritorno alla Casa del Padre. L’iniziativa, scrive l’agenzia
Fides, creerà un connubio tra spiritualità e sport: oltre alla corsa podistica
dei tedofori, la manifestazione avrà un momento particolarissimo a Venezia, dove
sul Canal Grande si effettuerà una fiaccolata con imbarcazioni storiche
veneziane, Dragon Boats e canoe, ricordando così uno
dei tanti sport praticati dal Sommo Pontefice. La Fiaccola, dopo la Messa
inaugurale, accesa sulla Tomba del Servo di Dio Giovanni Paolo II, giungerà a
Cracovia dopo 8 tappe, portata da atleti-tedofori che si alterneranno lungo le
strade italiane e polacche. Molte le associazioni religiose e sportive che
parteciperanno ai diversi momenti della manifestazione voluta per rendere
omaggio all’amato Papa polacco. (T.C.)
24
Ore nel Mondo
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A cura di Isabella Piro -
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In occasione dei 50 anni dei Trattati di Roma, è stata adottata oggi la
‘Dichiarazione di Berlino’. Il documento è stato
approvato nel corso di una cerimonia ufficiale nella capitale tedesca alla
presenza di tutti i leader dei 27 Paesi che formano l’Unione Europea. Il nostro
servizio:
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L’Unione
Europea dice sì alla Dichiarazione di Berlino. Il testo, che non fa riferimenti
espliciti alla Costituzione, impegna l’UE a porre le sue basi istituzionali
entro le elezioni europee del 2009. Tre le firme in calce al documento: quella
del cancelliere tedesco Angela Merkel, presidente di
turno dell’Unione, quella di Josè Barroso, a capo della Commissione europea, e quella di Hans Pöttering, presidente del
Parlamento europeo. Nel suo discorso, la Merkel ha
spronato l’Unione ad attuare le riforme necessarie al suo funzionamento,
sostenendo che il fallimento di questo processo sarebbe un “errore storico”.
Centrale poi il richiamo alle radici giudaico-cristiane dell’Europa: “Quando noi puntiamo sulla
forza della libertà – ha detto – puntiamo sulla dignità della gente. “E per me
personalmente – ha ribadito la Merkel – questa idea
deriva anche dalle radici giudaico-cristiane dell’Europa”. “L’Unione Europea è
il più grande progetto di pace del continente”, ha sottolineato Pöttering, mentre Barroso ha
esaltato i valori e gli obiettivi di 50 anni di un “progetto comune”. Tra i
partecipanti alla cerimonia, anche il premier italiano Romano
Prodi, già presidente della Commissione. Nel suo intervento, ha definito
l’UE “un antidoto ai mali d’Europa” ed ha invitato i Paesi membri a scriverne le
nuove regole basandosi sul Trattato di Roma del 2004.
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La nuova risoluzione ONU contro il programma nucleare iraniano è “inaccettabile
e inapplicabile”: lo ha detto Allaedin Borujerdi, presidente della commissione Affari esteri del
Parlamento di Teheran. “Non cambieremo la nostra
politica”, ha aggiunto il ministro degli Esteri Mottaki. Il documento, approvato ieri all’unanimità dal
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, impone tra l’altro l’embargo sulle
esportazioni di armi iraniane e il congelamento di beni e finanziamenti per le
figure coinvolte nel programma nucleare e missilistico del Paese. Teheran avrà ora due mesi di tempo per sospendere
l’arricchimento dell’uranio: in tal caso, le sanzioni saranno revocate e verrà riaperto il dialogo internazionale. L’Alto Commissario
per la sicurezza e la politica estera dell’UE, Javier
Solana, da parte sua ribadisce l’impegno
dell’Unione europea a ricercare una soluzione negoziata.
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Intanto, continua il braccio di ferro fra Londra e Teheran per l’arresto dei 15 marinai britannici avvenuto al
largo delle coste irachene: il ministero degli Esteri iraniano ha convocato
l’ambasciatore britannico a Teheran, il quale ha
rinnovato la richiesta di liberazione dei marinai. Secondo l’emittente della
Repubblica islamica ‘Khabar’, i 15 arrestati, tra cui
una donna, sono tutti in buone condizioni di salute.
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In Iraq, all’indomani dei numerosi attentati che hanno provocato almeno 60
morti, ancora una giornata di violenza: uomini armati hanno attaccato la moschea
sannita di Haswa, a sud di Baghdad, provocando almeno
4 feriti. Sventato, inoltre, un attacco kamikaze a Ramadi: la polizia irachena ha fermato un uomo alla guida di
un camion bomba. L’arresto è avvenuto venerdì, ma la notizia è stata resa nota oggi. 10 cadaveri torturati sono stati infine ritrovati
a Baghdad.
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E torna al centro del dibattito politico statunitense la gestione della crisi
irachena dopo l’approvazione, da parte della Camera degli USA, di una mozione
sul ritiro delle truppe dall’Iraq entro il 2008. Per diventare vincolante, il
provvedimento dovrebbe superare anche il voto del Senato e il probabile veto del
presidente Bush. Intanto, il vicepresidente Cheney ha affermato che un ritiro anticipato delle truppe
USA non sarà autorizzato. Sul peso che la mozione della Camera potrebbe avere
nella politica estera statunitense Stefano Leszczynski ha intervistato
Massimo Teodori, docente di Storia delle istituzioni
statunitensi.
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R.
– Innanzitutto, bisogna comprendere i meccanismi della politica americana.
Diciamo che questa è piuttosto una “indicazione” rivolta all’elettorato in vista
delle prossime elezioni, e non qualcosa che diventa esecutivo ed obbligante per
l’amministrazione Bush.
D.
– Le autorità irachene hanno detto di non riuscire a fronteggiare la sicurezza
interna del Paese. A questo punto, per gli Stati Uniti il carico diventa sempre
più pesante ...
R.
– Sì. Il carico è certamente molto pesante e nell’opinione pubblica americana
c’è un grande dissenso rispetto a tutta l’operazione dell’Iraq. Però, nessuno in
realtà vuole abbandonare il Paese; tutti, anche quella parte di opinione
pubblica che è contraria all’amministrazione Bush,
dicono: “Occorre creare le premesse perché non sia una sconfitta degli Stati
Uniti e non sia una sconfitta di fronte agli insorgenti islamisti e
terroristi”.
D.
– Il dibattito sulla politica estera americana nei confronti dell’Iraq è molto
aspro. Come mai non lo è altrettanto sulla questione
Afghanistan?
R.
– Innanzitutto, è stata la prima operazione della guerra al terrorismo, quindi
l’intervento in quel Paese significava proprio perseguire coloro che erano stati
responsabili dell’11 settembre. Inoltre, quell’operazione lì ha avuto la
sponsorizzazione preventiva da parte delle Nazioni
Unite!
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Due scosse di terremoto hanno colpito oggi il Giappone: il
primo sisma, di magnitudo 6,9 della scala Richter, si è verificato nella zona centrale del Paese,
provocando un morto e 160 feriti. Il secondo terremoto, di
magnitudo 5,3, ha invece colpito la costa occidentale del Giappone.
L’epicentro del sisma è stato individuato al largo della penisola di Noto, ad
est di Tokyo. Rientrato dopo poche ore l’allarme tsunami.
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È di un morto e 5 feriti il bilancio di nuovi scontri
avvenuti nella notte nella Striscia di Gaza tra i membri di Hamas e Fatah. Intanto, è atteso per oggi l’incontro tra il
presidente palestinese Abu Mazen e il segretario di Stato americano Condoleeza Rice, in visita nella
regione. Al centro dei colloqui, la necessità di riallacciare i negoziati di
pace con Israele per arrivare ad un accordo definitivo.
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E proprio da Israele, il premier Olmert accusa il capo
dell’ANP, Abu Mazen, di non
aver rispettato “una serie di impegni” presi con Gerusalemme. Tra questi, la
promessa di non costituire un governo di unità nazionale prima della liberazione
di Ghilad Shalit, il
caporale israeliano rapito il 25 giugno scorso da miliziani legati ad Hamas.
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La crisi mediorientale è stata anche il tema della visita a Ramallah, in Cisgiordania, del segretario generale dell’ONU
Ban Ki-moon. Il diplomatico
ha incoraggiato i lavori del nuovo governo di unità nazionale palestinese,
sottolineando però il riconoscimento dello Stato di Israele e la rinuncia alla
violenza. Nel contempo, Ban Ki-moon ha espresso critiche sulla barriera difensiva eretta
dallo Stato ebraico lungo il confine con la Cisgiordania.
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Ancora scontri in Afghanistan: le forze americane e afghane hanno ucciso 12 talebani che avevano tentato un
attacco contro una base USA nella provincia meridionale di Paktia. Un secondo scontro è avvenuto a Lashkar Gah, capitale della
provincia di Helmand, causando la morte di 11
guerriglieri. Non ha provocato feriti, invece, l’ordigno esploso al passaggio di
un convoglio militare italiano nella provincia occidentale di Farah.
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E la questione afghana sarà al centro del voto sul
rifinanziamento delle missioni militari all’estero,
previsto per martedì al Senato italiano. Molto acceso il dibattito
politico: per l’ex premier Berlusconi, il sì dell’opposizione non è affatto
scontato, mentre l’Udc guidata da Casini ha confermato
il suo appoggio alla maggioranza.
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L’esercito della Repubblica Democratica del Congo ha
ripreso il controllo della capitale Kinshasa, dopo due
giorni di violenti scontri in cui sono morte almeno 150 persone. Lo ha
annunciato il comando delle forze armate, che ha chiesto la resa ai miliziani di
Jean-Pierre Bemba, l’ex
vicepresidente ed ex “Signore della guerra”. Il politico, attualmente rifugiato
presso l’ambasciata sudafricana, nega di aver complottato per rovesciare il
presidente Joseph Kabila. Nei suoi confronti è stato emesso un
mandato di cattura.
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Secondo turno per le elezioni presidenziali oggi in Mauritania: circa un milione
i votanti chiamati a scegliere il nuovo capo di Stato tra Sidi Uld Cheij Abdallahi e Ahmed Uld Daddah. Il vincitore succederà al colonnello Ely Ould Mohamed Vall, capo della giunta
militare che nell’agosto 2005, con un golpe incruento, rovesciò il presidente
Maaouya
Ould Sid'Ahmed Taya.
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Passi avanti nella crisi politica dell’Irlanda del Nord: secondo il ministro
britannico per l’Ulster, Peter Hain, già l’Assemblea nord irlandese eletta il 7 marzo
scorso potrebbe accordarsi sul nuovo governo di unità regionale. Se ciò non
dovesse avvenire, ha aggiunto Hain, l’Assemblea verrà sciolta e la provincia resterà
amministrata da Londra, con l’aiuto di Dublino, per un tempo indeterminato.
Ieri, il Democratic Unionist
Party (DUP), principale partito protestante, si era detto disponibile a formare
un’amministrazione locale insieme ai cattolici dello Sinn Fein.