RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 83
- Testo della trasmissione di sabato 24 marzo
2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa incontra Comunione e Liberazione:
testimoniate “la bellezza di essere cristiani”
Il cordoglio del Papa
per l’esplosione di un arsenale a Maputo, che ha
causato 96 morti
Oggi su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il commento di don Serretti al Vangelo della Domenica
CHIESA E SOCIETA’:
I vescovi del Giappone evangelizzano con il
web per restare al passo con la modernità Repubblica
Democratica del Congo: nasce in Ituri una
radio “interattiva per la giustizia”
Almeno 20 morti per un nuovo attentato a
Baghdad
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
I popoli europei non
dimentichino i valori cristiani, solido fondamento dell’Europa unita:
l’esortazione del Papa ai partecipanti al Congresso
della COMECE per i 50 anni
dei Trattati di Roma
I
valori cristiani siano fermento di civiltà per l’Europa del Terzo Millennio: è
la riflessione offerta da Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso della
COMECE per i 50 anni dei Trattati di Roma. Un discorso appassionato, quello del
Papa, che ha esortato tutti i cristiani del Vecchio Continente ad impegnarsi
per un’Europa giusta e solidale. La delegazione della COMECE è stata guidata
dal suo presidente, mons. Adrianus van Luyn, che, nel suo indirizzo
d’omaggio, ha sottolineato come la fede richiami i cristiani di tutte le
confessioni ad una responsabilità particolare per la comunità dei popoli
europei. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
Per avvicinarsi ai loro cittadini, i governi dell’Unione non escludano
un “elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo”: è
l'esortazione di Benedetto XVI, che nel suo discorso ai partecipanti al
Congresso della COMECE ha messo l’accento sui valori fondativi dell’Europa
unita:
“Non
si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando
l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima
ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori
universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un
ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei
confronti dell’Europa. Tali valori, che costituiscono l’anima del Continente,
devono restare nell’Europa del terzo millennio come “fermento” di civiltà”.
Se
questi valori venissero meno, si è chiesto il Papa,
“come potrebbe il “vecchio” Continente continuare a svolgere la funzione di
“lievito” per il mondo intero?” Non è, dunque, motivo di sorpresa, ha
proseguito, che “l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di
valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed
assoluti”. Si tratta per il Pontefice di una “singolare forma di “apostasia” da
se stessa, prima ancora che da Dio”. Un fenomeno che la induce “a dubitare
della sua stessa identità”. Si finisce così per “diffondere la convinzione che
la ponderazione dei beni sia l’unica via per il discernimento morale e
che il bene comune sia sinonimo di compromesso”. Ma questo, ha avvertito, non
può essere accettabile “ogniqualvolta comporti accordi lesivi della natura
dell’uomo”:
“Una
comunità che si costruisce senza rispettare l’autentica dignità dell’essere
umano, dimenticando che ogni persona è creata ad immagine di Dio, finisce per non
fare il bene di nessuno. Ecco perché appare sempre più indispensabile che l’Europa si guardi da quell’atteggiamento
pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il
compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l’inevitabile accettazione
di un presunto male minore”.
Questo
pragmatismo, ha aggiunto, viene presentato “come
equilibrato e realista”, ma “tale non è, proprio perché nega quella dimensione
valoriale ed ideale, che è inerente alla natura umana”:
“Quando,
poi, su un tale pragmatismo si innestano tendenze e correnti laicistiche e relativistiche, si finisce per negare ai
cristiani il diritto stesso d’intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, se
ne squalifica il contributo con l’accusa di voler tutelare ingiustificati
privilegi”.
Per
questo, è stata la sua esortazione, nell’attuale momento storico, l’Unione Europea
“per essere valida garante dello stato di diritto ed
efficace promotrice di valori universali, non può non riconoscere con chiarezza
l’esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti
comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano”. In tale
contesto, ha detto ancora, “va salvaguardato il diritto all’obiezione di
coscienza, ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati”. Il Papa
ha poi sottolineato l’esigenza “di stabilire un sano equilibrio tra la
dimensione economica e quella sociale”, ribadendo le sue preoccupazioni sulla
denatalità che caratterizza l’Europa di oggi:
“Sotto
il profilo demografico, si deve purtroppo constatare che l’Europa sembra
incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia. Ciò,
oltre a mettere a rischio la crescita economica, può anche causare enormi
difficoltà alla coesione sociale e, soprattutto, favorire un pericoloso
individualismo, disattento alle conseguenze per il futuro”.
L’Europa,
ha aggiunto con rammarico, sembra quasi che “stia perdendo fiducia nel proprio
avvenire”. Il processo di unificazione, ha rilevato, non è da tutti condiviso,
“per l’impressione diffusa che vari “capitoli” del progetto europeo siano stati
“scritti” senza tener adeguato conto delle attese dei cittadini”. Di qui le parole
di incoraggiamento ai cristiani chiamati a costruire una nuova Europa:
“Voi
sapete di avere il compito di contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una
nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue
illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo. Per questo
siate presenti in modo attivo nel dibattito pubblico a livello europeo,
consapevoli che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale, ed
affiancate a tale impegno un’efficace azione culturale”.
“Il
Signore – ha concluso il Papa – renda fecondo ogni vostro sforzo e vi aiuti a
riconoscere e valorizzare gli elementi positivi presenti nell’odierna civiltà,
denunciando però con coraggio tutto ciò che è contrario alla dignità
dell’uomo”.
**********
Il Papa
incontra Comunione e Liberazione:
testimoniate “la
bellezza di essere cristiani”
Attraverso
don Luigi Giussani ”lo Spirito Santo ha suscitato
nella Chiesa … un Movimento … che testimoniasse la bellezza
di essere cristiani”. Ha ricordato così l’opera del fondatore della
Fraternità di Comunione e Liberazione, Benedetto XVI, stamani in Piazza San
Pietro, in occasione del XXV anniversario del riconoscimento pontificio del
Movimento diffuso oggi in 80 Paesi. All’incontro hanno preso parte
almeno 70 mila persone. Il servizio di Tiziana Campisi:
**********
Nei
giovani ha ridestato “l’amore verso Cristo ‘Via, Verità e Vita’,
ripetendo che solo Lui è la strada verso la realizzazione dei desideri del
cuore dell’uomo”. È uno dei frutti dell’originale intuizione pedagogica di don
Luigi Giussani, il sacerdote che ha riproposto “in
modo affascinante e in sintonia con la cultura contemporanea, l’avvenimento
cristiano … come fonte di nuovi valori e capace di orientare l’intera
esistenza”. Benedetto XVI ha usato queste parole per sintetizzare quanto abbia
dato alla Chiesa il fondatore di Comunione e Liberazione, al quale, ha detto, è
stato legato da amicizia:
“Lo
Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa, attraverso di lui, un Movimento, il
vostro, che testimoniasse la bellezza di essere cristiani
in un'epoca in cui andava diffondendosi l’opinione che il cristianesimo fosse
qualcosa di faticoso e di opprimente da vivere”.
“Se
il Signore ci dà nuovi doni dobbiamo esserne grati, anche se talora sono
scomodi. Al tempo stesso, poiché la Chiesa è una, se i Movimenti sono realmente
doni dello Spirito Santo, devono inserirsi nella Comunità ecclesiale e servirla
così che, nel dialogo paziente con i Pastori, essi possano
costituire elementi edificanti per la Chiesa di oggi e di domani”.
E nel
suo saluto rivolto a Benedetto XVI don Julian Carron, oggi alla guida del Movimento, ha voluto
evidenziare che per Comunione e Liberazione vivere la fede in Cristo coincide
con l’esaltazione dell’umano, quindi ha specificato cosa ha mosso don Giussani:
"Egli
era convinto che solo una proposta rivolta alla
ragione e alla libertà e verificata nell'esperienza, fosse in grado di
interessare l'uomo. Così ci ha mostrato come è possibile vivere la fede da
uomini, nel pieno uso della ragione, della libertà e della affezione".
“‘Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace,
che si incontrano in Cristo Redentore’”: queste le
parole di Gesù che don Giussani ha fatto diventare il
programma di Comunione e Liberazione, ha concluso il Papa che così ha esortato
gli aderenti al Movimento:
“Quest’oggi,
io vi invito a continuare su questa strada, con una fede profonda,
personalizzata e saldamente radicata nel vivo Corpo di Cristo, la Chiesa, che
garantisce la contemporaneità di Gesù con noi”.
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Ma cosa vuol dire oggi essere
parte del movimento di Comunione e Liberazione? Ascoltiamo alcune testimonianze
raccolte da Marina Tomarro:
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R. – E’ un segno di
appartenenza molto importante, di un ideale, di una fede comune e di una forza
che ti fa vivere meglio.
R. – Per me è importante
stare in una comunità che mi aiuta a crescere e a portarmi avanti in un cammino
di fede. Grazie a questi amici io riesco a ricordarmi tutti i giorni di andare
in una certa direzione, cosa che magari da solo non riuscirei a fare.
R. – Io personalmente ho
incontrato Comunione e Liberazione dopo che ero già sacerdote in mezzo a delle
difficoltà. Incontrare Comunione e Liberazione è stato rinnovare, ringiovanire,
rinfrescare proprio la mia vocazione.
R. – Vuol dire far parte di
una compagnia di amici che vogliono essere sempre di più il sale della terra.
R. – E’ proprio un’amicizia
grande che ti accompagna per tutta la vita. E’ un’educazione che ti fa crescere
bene.
D. – Ma quanto è importante
la figura di don Giussani?
R. – La figura di don Giussani è una figura eccezionale, per quello che ha fatto,
per quello che sta continuando a fare anche da quando non c’è più. Per me don Giussani rappresenta sicuramente un avvicinarmi a Cristo.
D. – Cosa vuol dire essere
qui oggi per incontrare il Santo Padre?
R. – L’incontro con il Papa
di oggi è il rinnovarsi e la conferma della nostra fedeltà a lui, alla sua
persona e al suo magistero.
R. – E’ una grande emozione
ed un senso di comunione anche con lui che è molto importante per guidare il
nostro cammino di fede.
R. – E’ come incontrare un
amico che ti aiuta, che ti indica la via. Io nel cuore ho questi sentimenti.
R. – Siamo venuti qua per
incontrare il successore di Pietro. E’ la prima volta, tra l’altro, che vengo a
Roma in un’occasione come questa e quindi per me l’emozione più grande è
proprio stare qui a sentire per capire cosa mi vuol dire.
R. – Cristo c’è veramente ed
è proprio presente nella mia vita. E l’incontro con il Papa è la conferma e la
certezza che Cristo c’è e la Chiesa vive ancora dopo
duemila anni.
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Altre udienze
In occasione della
visita "ad Limina"
dei vescovi della Sardegna, Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina mons.
Sebastiano Sanguinetti, vescovo di Tempio-Ampurias.
Questo pomeriggio il
Papa riceverà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione
per i Vescovi.
Il cordoglio del Papa per l’esplosione di un
arsenale a Maputo,
che ha causato 96 morti
Profondo cordoglio di
Benedetto XVI per le vittime di un’esplosione che, giovedì, ha distrutto un
arsenale militare a Maputo, capitale del Mozambico,
provocando la morte di almeno 96 persone e il ferimento di altre 400. In un
telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato all’arcivescovo di Maputo,
mons. Francisco Chimoio, il Papa esprime la sua vicinanza
ai famigliari delle vittime. Il Santo Padre assicura le sue preghiere ed imparte
la sua benedizione apostolica a coloro che soffrono in questo momento di prova.
Domattina, visita pastorale di Benedetto XVI alla Parrocchia romana
di Santa Felicita e
Figli Martiri al quartiere Fidene
Domani mattina, Benedetto XVI si recherà in
visita pastorale alla Parrocchia romana di Santa Felicita e Figli Martiri al
quartiere Fidene, dove presiederà la Santa Messa. La
Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle ore 8.50
sull’onda media di 585 kHz e
in modulazione di frequenza di 105,0 MHz. Il
quartiere Fidene, che si trova nella periferia nord
di Roma, sorge sull’originaria città di Fidene, una
delle località più fiorenti del Lazio antico. Negli ultimi 50 anni il
territorio è stato al centro di un vigoroso sviluppo urbanistico e Fidene, da “borgata”, è diventata “quartiere”. Ma come si
prepara la comunità parrocchiale all’incontro con Benedetto XVI? Luca Collodi
lo ha chiesto al parroco, don Eusebio Mosca:
**********
R. - Avere il Papa è chiaro che è un
grandissimo onore. Noi vorremmo, però, che dietro questa esultanza ci fosse una
preparazione, un approfondimento della nostra fede, che stiamo cercando di risvegliare
in tutti i modi, con catechesi, con vari incontri e con annunci. Sono,
oltretutto, già due domeniche che un gruppo di neocatecumenali
dei Santi martiri canadesi stanno venendo qui per fare
apostolato lungo le strade e nella piazza centrale di Fidene,
proprio per risvegliare questi cittadini, perché prendano coscienza di questo
evento che per noi è grandioso, eccezionale, in quanto risveglia la fede,
l’adesione a Cristo: ci sono dei valori che in questi ultimi anni, però, si
stanno oscurando.
D. – Don Eusebio, Benedetto XVI non è il
primo Papa che visita la parrocchia e la comunità di Fidene...
R. – Dopo otto anni dall’inaugurazione
della chiesa venne Paolo VI.
D. – Era il Natale del 1965…
R. – Quando è arrivato qui
Paolo VI, non c’erano le premesse per una grande parrocchia. Era una piccola
borgata dove mancava tutto, dalla luce all’acqua. Non c’erano strade, se non
quelle fangose. La gente doveva andare a prendere l’acqua lontano dalle
abitazioni. Quindi, quando arrivò Paolo VI, arrivò la benedizione di Dio,
perchè portò molte cose utili per le famiglie, soprattutto – raccontano –
coperte, scarpe, vestiario, generi alimentari e così via. Quindi, fu più che altro
un’esplorazione quasi missionaria. Non ci dobbiamo vergognare.
D. – E dal Natale del ’65 ad oggi, siamo
nel 2007, questa parrocchia, questa comunità parrocchiale, ha fatto molti passi
avanti…
R. – Possiamo dire che ne ha fatti
tantissimi di passi avanti, perché è cresciuto anche il numero dei cattolici.
D. – Don Eusebio, che cosa dirà al Papa?
R. – Dirò che noi siamo esultanti e felici
di questa visita. Il fatto che venga il Vicario di Gesù Cristo qui in mezzo a
noi è motivo di grande gioia.
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Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - In primo piano il discorso del Santo
Padre al pellegrinaggio promosso dalla Fraternità di Comunione e Liberazione.
Servizio estero - In rilievo il messaggio del Papa a firma
del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato,
per la Celebrazione della Giornata Mondiale dell'Acqua dal titolo: "Acqua,
bene comune della famiglia umana, la cui gestione va affrontata secondo i
principi di sussidiarietà, solidarietà e
responsabilità condivisa".
Una pagina di "Approfondimenti" sul Perù:
l'impegno per ridare dignità all'infanzia abbandonata, a cura di Giuseppe Petrone.
Servizio culturale - Un articolo di Franco Lanza dal titolo "L'eco e il fascino di una grande
poesia": il Dolce Stile, cosciente della propria novità, s'impose come rivoluzione
culturale alle origini della letteratura italiana.
Servizio italiano - In evidenza il tema delle pensioni.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
La Chiesa
celebra la Giornata di preghiera per i missionari uccisi
Oggi la Chiesa celebra la Giornata di
preghiera e di digiuno per i missionari uccisi sul tema “Speranza nel mondo”.
L’appuntamento è promosso dal Movimento giovanile delle Pontificie Opere
Missionarie e cade nell’anniversario della morte dell’arcivescovo di San
Salvador Oscar Arnulfo Romero,
ucciso mentre celebrava la Messa il 24 marzo 1980.
L’iniziativa vuole ricordare in particolare i 24 missionari, sacerdoti,
religiosi, religiose e laici, uccisi l’anno
scorso in tutto il mondo. Ma qual è il volto dei martiri di oggi? Antonella Villani lo ha chiesto a Gerolamo Fazzini, condirettore della rivista del PIME Mondo e
Missione e autore del libro “Lo scandalo del martirio”:
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R. - Il martire di oggi non risponde ai
canoni di un tempo nei quali per esempio, si immaginava la richiesta di
abiurare la fede, pena la morte. Oggi questi casi sono estremamente rari; molto
più frequente, invece, è il caso di chi vive la sua fede, la sua testimonianza,
in contesti di per sé pericolosi e accettati come tali in nome della scelta che
sta a monte, ossia quella di consacrarsi al Vangelo.
Quindi, testimoni di Cristo laddove la storia li chiama.
D. – Perché i
cristiani continuano ad essere uccisi nel mondo?
R. – Perché in molti casi, annunciare e
testimoniare il Vangelo, viverlo nella quotidianità con le scelte concrete che
questo comporta, significa risultare scomodi. Questo può valere in contesti nei
quali domina l’estremismo religioso, l’estremismo di marca musulmana ma anche
induista, o contesti in cui dare testimonianza del valore della giustizia, così
come lo addita il Vangelo, significa contrapporsi ai poteri forti, locali,
siano essi quelli dei “fazenderos”, piuttosto che di
altri potentati economici. Quindi, nella cattolicissima America Latina - non dimentichiamo
che la Colombia paga un alto tributo in termini di cristiani uccisi - tanto in Paesi dove
i cristiani invece sono in minoranza – annunciare il Vangelo può voler dire
mettersi nella posizione di essere coscientemente vulnerabili proprio perché si
annuncia una verità che incalza i potenti, una verità che provoca appunto
reazioni violente.
D. – A parte la
Colombia, quali altri sono i Paesi più a rischio?
R. – L’India è uno dei Paesi dove oggi, per
essere cristiani, comporta forti rischi, specie in alcuni stati indiani dove ci
sono presenze estremiste, induiste. Tra i Paesi
musulmani, ricorderei il Pakistan, la zona di Mindanao
nelle Filippine, anche l’Indonesia in alcune regioni. Poi ci sono comunque
molti angoli dell’Africa attraversati sia da violenza endemica sia da guerre
invece che continuano sotto traccia anche se
formalmente non sono più tali.
D. – Nel libro fai una
distinzione, dici “in nome di chi piuttosto che per colpa di chi” avviene tutto
ciò. Perché?
R. – Perché troppo spesso, sui giornali, o
comunque sia nei media, al momento del martirio di
qualcuno, si va immediatamente a cercare il colpevole e si preferisce guardare
alla lama del coltello dell’uccisore piuttosto che al volto dell’ucciso.
Occorre invece andare alle radici della scelta di fede che ispira i martiri,
che sta all’origine precisamente del fatto che si sono trovati in un certo
momento in una determinata situazione, non al posto sbagliato nel momento
sbagliato, ma al posto giusto nel momento giusto per testimoniare la loro fede.
In primis quindi, bisogna cercare le ragioni di questa scelta.
D. – Ma che differenza
c’è tra i martiri di oggi e quelli dei primi secoli della Chiesa?
R. – Molto spesso il martire, oggi, vive e
muore in contesti assolutamente ordinari e addirittura in circostanze che
potrebbero sembrare casuali. Ci sono casi di preti ammazzati durante rapine, ci
sono casi di preti, religiosi, religiose, laici, che
sono morti perché raggiunti da pallottole vaganti a margine di una sparatoria legata
ad episodi di violenza oppure perché queste persone, nel caso della Colombia,
si sono spese per la pace e la riconciliazione all’interno dei contesti di
guerra civile. Sono situazioni molto varie, accomunate però da questo elemento
della quotidianità e dell’apparente casualità, ma che casualità, come abbiamo
visto, non è.
D. – Dunque è proprio cambiato il modo di
essere martire?
R. – E’ cambiato il modo, la radice è
sempre quella. E’ la testimonianza della fede a prezzo della vita.
D. – A questo punto, che cosa possiamo
imparare da queste figure?
R. – Sicuramente la radicalità della fede,
cioè il fatto che per Gesù Cristo ci si mette in gioco tutti e tutta la vita.
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Messaggio dei vescovi europei dal Congresso della
COMECE:
l'Unione Europea
riconosca il patrimonio cristiano del Continente
Chiediamo che l’Europa “riconosca esplicitamente
il patrimonio cristiano del nostro continente” e “sia guidata dai valori e dai
principi che hanno ispirato l’unificazione europea fin dall’inizio”: il
rispetto della dignità umana, la lotta contro i razzismi, la pace e la libertà
religiosa, la tutela della vita e della famiglia. E’ quanto si legge nel
Messaggio che i circa 400 rappresentanti presenti al Convegno della Commissione
degli Episcopati della Comunità Europea, la COMECE, a Roma, hanno affidato oggi
al presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, dopo l’udienza in Vaticano
da Benedetto XVI. I vescovi europei hanno invitato Prodi a presentare il
Messaggio al Consiglio europeo di domani a Berlino, che celebrerà in seduta
solenne il 50.mo
anniversario del Trattato di Roma. “Ciò che approveremo domani – ha replicato
il premier – è essenzialmente un documento di valori”. L’Europa “ha bisogno di
un pensiero e un’anima”. Ma torniamo ai lavori di
ieri pomeriggio al Congresso della COMECE. Il servizio di Gabriella Ceraso:
***********
Rispetto della
persona, pace, fede, questi i valori unificatori dei popoli e delle nazioni
europee di cui si è discusso nel pomeriggio di ieri a Roma nella prima giornata
dei lavori del Congresso della COMECE. Ad essi si è
richiamato il presidente del Parlamento europeo Hans-Gert
Poettering, che ha ribadito l’impegno a ricordare le
radici cristiane del vecchio continente, non scritte, ma ugualmente presenti,
nella condanna della clonazione, nei principi della solidarietà e della sussidiarietà. Ha esortato poi i cristiani a contribuire a
questioni come la cura del Creato e i mutamenti climatici e ha reso omaggio a
Giovanni Paolo II e al popolo polacco per la svolta anticomunista che ha
cambiato il volto europeo. Sulle sfide che attendono l’Europa su cui i
cristiani hanno molto da dire si è soffermato invece mons. Dominique
Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati
della Santa Sede: questione energetica, denatalità, sostegno alla famiglia,
tutela della vita umana, ma anche allargamento dell’UE. Quindi l’appello ad
armonizzare le istanze etiche ai bisogni, anche per favorire la pace nel mondo,
e ad incrementare investimenti nella ricerca e nell’innovazione:
"Non si possono
tuttavia negare i gravissimi e inaccettabili risultati di una ricerca che non abbia la dignità della persona umana al centro dei suoi
obiettivi. Mi riferisco per esempio al fatto che il VII Programma quadro
favorisca indirettamente la distruzione degli embrioni".
Il costante impegno a
favore della protezione del Creato, invece nelle parole del vescovo metropolita
Emmanuel, membro del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico e metropolita di
Francia. “Basta”, ha detto, “considerarlo una proprietà privata da sfruttare
per produrre risorse sempre maggiori”,“abbiamo la
responsabilità” – ha concluso – “di consegnare ai nostri figli e ai loro figli
un mondo vivibile”. Accento sulle persone, vera ricchezza dell’Europa, è stato
posto da suor Enrica Rosanna, sottosegretario della Congregazione per gli
Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica”. “Dobbiamo
auspicare un nuovo umanesimo che riponga al centro l’uomo”, ha ricordato la
religiosa esaltando “il tesoro di santità di cui l’Europa è ricca”, “segreto
del passato, ma anche speranza del futuro”. In chiusura poi la presidente
dell’Irlanda, Mary McAleese, ha citato i progressi
compiuti dal suo Paese da quando ha accettato la sfida
della condivisione europea. Il suo auspicio per il futuro dell’Europa unita è
che riesca a diventare una costruzione in cui l’amore per l’altro possa
radicarsi e continuare a fiorire.
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Ieri il presidente del
Parlamento Europeo Hans-Gert Poettering aveva incontrato in Vaticano il Papa. Sul
contenuto dei colloqui ascoltiamo lo stesso Poettering
al microfono di Stefan von
Kempis:
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R.
- Wir haben natürlich über die Einigung Europas gesprochen, über die …
Ovviamente, abbiamo
parlato dell’unificazione dell’Europa, della necessità del dialogo tra le
culture e abbiamo guardato anche oltre l’Europa. Soprattutto per me è stato
importante avere l’occasione di invitare Benedetto XVI al Parlamento Europeo.
Avevamo già avuto la visita di un Papa: infatti, nel 1988 Giovanni Paolo II era
venuto al Parlamento Europeo a Strasburgo. Noi saremmo felici se anche
Benedetto XVI venisse da noi, lui che già nel nome – Benedetto – manifesta il
suo interessamento all’unificazione europea. Infatti, San Benedetto è per i
cattolici il Patrono, anzi, uno dei compatroni d’Europa. Ecco perché, per
diverse ragioni, la visita di Benedetto XVI al Parlamento Europeo è fortemente auspicabile.
D. – Lei ha potuto
presentare questo invito, ed esistono già previsioni di date per questa visita?
R.
– Also, darüber zu reden bin ich nicht befugt; das ist die Entscheidung …
Bè, io non sono
autorizzato a parlarne: questa è una decisione che spetta al Santo Padre ed
alle persone che lo consigliano. Credo però che ci sia la possibilità che Papa
Benedetto XVI venga in visita al Parlamento Europeo, anche se oggi non ha fatto una promessa formale. Ho consegnato al cardinale
segretario di Stato l’invito ufficiale e lo ho pregato di sostenere questo
nostro desiderio.
D. – Nel Trattato
costituzionale europeo non ci sono riferimenti a Dio e alle radici cristiane
del continente. Qual è la sua posizione?
R.
– Ja, hier muß ich natürlich unterscheiden zwischen
meiner Aufgabe als Präsident …
Bè, in questo caso devo
ovviamente scindere il mio incarico di presidente del Parlamento Europeo dalle
mie convinzioni personali. Il Parlamento Europeo non ritiene che il riferimento
a Dio o al comune patrimonio ebraico-cristiano
debbano essere inseriti nella Costituzione o nella Dichiarazione di Berlino.
Quando sono stato presidente del Partito Popolare Europeo, mi sono impegnato
fortemente perché questo fosse preso in considerazione nella Costituzione. Come
presidente del Parlamento Europeo, però, ufficialmente non lo posso sostenere.
Ma ovviamente conservo immutata la mia opinione personale.
**********
Giornata
mondiale per la lotta alla Tubercolosi:
un milione e
600 mila i morti ogni anno
E’ la malattia della povertà
per eccellenza ed è essa stessa causa di povertà, tanto che Benedetto XVI, in
occasione della Giornata mondiale, che si celebra oggi, ha lanciato un appello
“affinché si sostenga chi ne soffre”. Stiamo parlando della tubercolosi,
patologia concentrata soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, che però non risparmia anche i Paesi industrializzati, tanto
che lo slogan scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l'OMS, è:
“Ovunque sia, la tubercolosi è dappertutto”. Nel suo messaggio per la Giornata,
il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la
Pastorale della Salute, ha ricordato che la Chiesa è in prima linea nella cura
dei malati di tubercolosi con i suoi numerosi centri sanitari sparsi per il
mondo; il porporato afferma inoltre che “la collaborazione tra lo Stato e la
società civile deve avere sempre come proprio centro di gravità il bene della
persona che soffre e necessita di scelte improntate alla sussidiarietà
nel rapporto tra Stato, famiglia e persona”. Antonella
Villani ha chiesto a Mario Raviglione,
direttore del dipartimento dell’OMS per la lotta alla tubercolosi, quale sia la
situazione della malattia nel mondo:
**********
R. – La tubercolosi
colpisce tutti i Paesi, soprattutto i giovani adulti, cioè le fasce
economicamente più importanti. E se poi andiamo a vedere il peso relativo, allora
vedremo che nei Paesi in via di sviluppo abbiamo praticamente oltre il 90 per
cento dei casi. Inoltre, noi stimiamo che vi siano ogni anno un milione e 600
mila morti da tubercolosi, malattia, tra l’altro, perfettamente guaribile.
D. – Quali sono i
Paesi più a rischio?
R. – I Paesi in via di
sviluppo sono tutti a rischio. I due terzi di tutti i casi di tubercolosi al
mondo, su questi 8,8 milioni di nuovi casi all’anno,
sono in Asia; un 28 per cento sono in Africa e il resto è distribuito tra Nord
Africa, Medio Oriente, Europa ed America Latina. I tassi più elevati per cento
mila abitanti sono di gran lunga quelli presenti in Africa.
D. – Ha accennato
anche all’Europa, quindi la situazione nel nostro continente qual è?
R. – Nella Comunità
Europea ci sono quasi centomila casi di tubercolosi ogni anno. La situazione
più seria, però, è quella dell’Europa dell’Est, cioè i Paesi dell’ex Unione
Sovietica, dove i tassi sono estremamente elevati e dove è comparsa una forma
di tubercolosi ai massimi livelli al mondo e resistente ai farmaci di prima
linea. Più recentemente, è comparsa una nuova forma di tubercolosi, multifarmaco resistente, che, in più, ha anche resistenza
ai farmaci cosiddetti di seconda linea, e cioè a quelle che erano in pratica le
ultime speranze per il trattamento dei malati multiresistenti.
D. – Altro problema è
che AIDS e tubercolosi sono due malattie che spesso si associano nel mietere vittime…
R. – Questo è stato
visto soprattutto nel continente africano, dove l’epidemia di AIDS è molto
frequente e questo ha contribuito ad un aumento drastico dei casi in Africa,
soprattutto negli ultimi 15-20 anni, cosa che probabilmente si sta livellando.
Se questo avviene, allora ci sarà qualche speranza anche in Africa. L’epidemia
africana è, dunque, trainata da quella dovuta all'HIV.
D. – A questo punto
che fare per sconfiggere questa malattia?
R. – Esiste una
strategia che l’OMS ha propagato a partire dall’anno scorso, che si chiama
“Stop Tb”, che guarda anche all’interazione
tubercolosi-AIDS, alla presenza della multifarmaco
resistenza e la resistenza estrema, al coinvolgimento del settore privato, al
coinvolgimento delle comunità affette da tubercolosi, e guarda pure alla
ricerca. Il posto di messa a punto di questa strategia in tutti i Paesi è stato
stimato come parte di un piano globale 2006-2015, il quale richiederà 5
miliardi di dollari all’anno, di cui oltre la metà
sono quelli che, noi prevediamo, i Paesi in via di sviluppo soprattutto debbano
mettere a disposizione. Il resto deve venire per forza di cose dalla comunità
internazionale, perché questo è un problema globale.
D. – Il piano globale
tubercolosi prevede l’eliminazione di questa malattia nel 2050, ce la faremo?
R. – Fino al 2015 il
piano è preciso. In questo piano ci sono 9 miliardi di dollari che sono
previsti per la ricerca in questo decennio. Se la ricerca produrrà nuovi mezzi
diagnostici che permettano di diagnosticare la malattia molto
più rapidamente di quello che si può fare attualmente, nuovi farmaci che
permettano il trattamento anche delle forme resistenti, ma soprattutto
l’accorciamento dei sei mesi di terapia attuali e soprattutto un nuovo vaccino,
che permetta di vaccinare la popolazione mondiale, allora si potrà sperare di
arrivare al 2050 con una situazione di tubercolosi molto meno importante di
quella che abbiamo attualmente.
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Il commento di don Serretti
al Vangelo della Domenica
Nella quinta Domenica
di Quaresima, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui gli scribi e i farisei
conducono al tempio una donna sorpresa in adulterio chiedendo a Gesù, per
metterlo alla prova, se bisogna lapidarla, come ordina Mosè nella Legge. Gesù
risponde:
“Chi di voi è senza
peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”.
Su questo brano
evangelico ascoltiamo il commento del teologo don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia
Università Lateranense:
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Vogliono costringere
Gesù a giudicare. Egli però non è venuto per giudicare, ma per salvare. Lo
contraddicono, dunque, nell’orientamento complessivo della sua missione. Per
indurlo al giudizio gli sottopongono il caso del rapporto tra la Legge e la contravvenienza della Legge, tra l’adulterio e l’adultera.
E sembrava loro che fosse tutto lì. Ma Gesù sposta con intuito divino il loro
sguardo su un altro rapporto, quello tra loro e l’adultera, tra il loro peccato
e quello di lei. Il rilancio di Gesù li attraversa e li scopre nel profondo,
laddove solo Dio può vedere. Come una lama tagliente, la parola di Gesù
attraversa l’aria e penetra i cuori e le coscienze. E poi, la non condanna:
“Neanche io ti condanno”. Chi accoglie ora questa non condanna, questa
remissione, si sottrae alla condanna futura.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
Dopo le violenze dei giorni scorsi, i vescovi della Repubblica
Democratica del Congo invitano al dialogo per
l’interesse superiore della Nazione
Un invito al
dialogo è stato lanciato dai vescovi della Repubblica Democratica del Congo a tutte le parti coinvolte nei combattimenti dei
giorni scorsi a Kinshasa. Dopo aver espresso la sua
“costernazione” per i combattimenti e per i saccheggi avvenuti nella capitale congolese, monsignor Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani
e presidente della Conferenza episcopale congolese
(CENCO), ha sottolineato come “in questo momento di democrazia nascente, il
Paese abbia più che mai bisogno di unità, di coesione e della concordia
nazionale per avviare la ricostruzione e risolvere i problemi vitali che ancora
pesano sulla Nazione”. L’arcivescovo di Kisangani -
riferisce l'Agenzia missionaria MISNA - ha poi invitato “i responsabili dei due
schieramenti a cancellare lo spettro di una guerra e a privilegiare l’interesse
superiore del Paese, impegnandosi davvero a risolvere le differenze attraverso
il dialogo e a lavorare, insieme, per una pace duratura, nella giustizia e la
verità”. Intanto, nel Paese africano, la notte è trascorsa senza incidenti a Kinshasa dopo due giorni di scontri tra forze governative e
milizie fedeli all’ex vice presidente Jean Pierre Bemba. A partire da
giovedì scorso, sono rimaste uccise almeno 60 persone. (A.L.)
Lutto
nell’Episcopato cinese per la morte di mons. Bonaventura Luo
Jun, vescovo della diocesi di Shohchow
Si sono svolti lo
scorso 21 marzo i funerali di mons. Bonaventura Luo Jun, vescovo di Shohchow, in
Cina. La Santa Messa è stata presieduta dall’arcivescovo di Taiyuan,
mons. Silvestro Li Jiantang.
Mons. Luo Jun, deceduto lo scorso 15 marzo all’età di 90 anni, era
nato nel 1917 nella città di Shuozhou. Nel 1944 è
stato ordinato sacerdote e nel 1990 è stato consacrato vescovo. La diocesi di Shohchow, situata in un’area di difficile accesso ed estesa
su una superficie di 17.000 km, è molto povera. Conta circa 10.000 cattolici,
per lo più contadini, sparpagliati in 17 contee: ci
sono due sacerdoti anziani e 10 giovani, e una decina di religiose della
Congregazione diocesana delle Domenicane di San Giuseppe. La comunità cattolica
della circoscrizione ecclesiastica è fortemente impegnata in favore della
popolazione locale con opere sociali, come la clinica oculistica, aperta nel
1986 dall’allora padre Luo ed oggi ancora ben
funzionante. Chi ha conosciuto mons. Luo, lo ricorda
come un uomo saldo nella fede e un grande vescovo, sempre fedele alla comunione
con la Chiesa universale. Di fronte alle difficoltà, il presule rispondeva
applicando a se stesso e al suo clero la beatitudine, proclamata da Gesù sulla
montagna: “Vescovi e sacerdoti sono tutti pronti a soffrire, nella convinzione
che sono benedetti coloro che soffrono a causa della giustizia”. (A.L.)
Oggi a
Londra la “Marcia della testimonianza”, promossa
dalla Chiesa anglicana
per commemorare il bicentenario dell’abolizione della tratta schiavista
nell’Impero britannico
Riflettere
sugli orrori della tratta degli schiavi e cogliere l’occasione
dell’anniversario della legge per l’abolizione della schiavitù per affrontare
oggi le eredità di questa pratica disumana, tra cui la diffusione di varie
forme di sfruttamento in tutto il pianeta. E’ quanto chiedono il primate
anglicano e arcivescovo di Canterbury, Rowan
Williams, e l’arcivescovo di York, John Sentamu, in occasione del bicentenario, che ricorre domani,
dell’abolizione della tratta schiavista nell’Impero britannico. Oggi è in
programma a Londra la “Marcia della testimonianza”, che intende essere un gesto di pentimento
per il coinvolgimento della Chiesa d’Inghilterra nel commercio degli schiavi. “Questa marcia - ha detto l'arcivescovo Sentamu - deve segnare l'inizio del processo di
guarigione”. “Se c’è una cosa che il Vangelo ci
insegna – ha aggiunto l’arcivescovo Rowan Williams -
è che, nel riconoscere ciò che è stato, è possibile aprire il passato alla
potenza guaritrice di Cristo”. Nella giornata
di domani, dichiarata “Giorno della libertà”, sono inoltre previste numerose
iniziative promosse dalle Chiese cristiane per ricordare l’anniversario. Contro
il lavoro forzato hanno combattuto nell’Ottocento strenue
battaglie riformatori anglicani, come William Wilberforce
e John Newton. Le loro battaglie civili hanno portato
nel 1807 all’approvazione, da parte della Camera dei Comuni, dello
Slave Trade Act
che ha poi ricevuto l’assenso reale il 25 marzo dello stesso anno. La
Chiesa anglicana si è ufficialmente scusata per il proprio coinvolgimento, nel
XVIII secolo, nella tratta degli schiavi con un documento stilato
dal Sinodo generale, riunitosi a Londra nel mese di febbraio del
2006. (A.L.)
I vescovi del Giappone evangelizzano con il web
per restare al passo con la modernità
Evangelizzare con il
web per restare al passo con la modernità: è questa la sfida dei vescovi
giapponesi, che sempre più frequentemente usano Internet per diffondere il
Vangelo e mantenersi in contatto con i fedeli.
Fra i “pionieri” della rete – riferisce AsiaNews
– c’è mons. Paul Kenjiro Koriyama, vescovo di Kagoshima,
che usa Internet con successo dalla fine degli anni ‘90. Il presule aggiorna il
suo blog praticamente ogni giorno. “Ho pensato
che fosse come una ragnatela – racconta – cui ho voluto aggiungere la mia
piccola esca: omelie, pensieri, passi del Vangelo. Devo dire che è utile”. Nel
suo blog, mons. Koriyama
ha iniziato persino a inserire alcune registrazioni di omelie tenute nelle
varie parrocchie della sua diocesi. Per la Congregazione delle Figlie di San
Paolo, Internet “serve a far conoscere il Cristianesimo a più persone e a
mantenere i contatti con chi ci conosce, ma vive lontano”. “Questa è una nuova
forma di comunicazione che non possiamo ignorare – afferma la curatrice del blog dell’Istituto, suor Tanako
Ono – cerchiamo di tenerci al passo con la
società”. Dello stesso avviso anche suor
Shimokama, che lavora nell’Ufficio diocesano di
Nagasaki. “Pochi giorni fa – racconta – mi sono incontrata a Tokyo con alcuni
dei miei lettori e sono stata felicissima di scoprire che cinque di loro si
sono battezzati dopo aver conosciuto la fede grazie ai miei scritti”. (L.Z.)
Repubblica
Democratica del Congo: nasce in Ituri
una radio
“interattiva per la giustizia”
Rispondere alle domande dei cittadini su giustizia,
abusi e violazioni dei diritti umani: è questo l’intento della nuova radio
“interattiva per la giustizia”, lanciata in Ituri,
provincia nordorientale della Repubblica Democratica del Congo, tuttora teatro di periodici scontri e violenze.
L’emittente – riferisce l’agenzia MISNA – è gestita da Wanda Hall, ex-impiegata
del Tribunale penale internazionale (ICC), e trasmette programmi in francese e swahili, al termine dei quali gli abitanti locali
intervengono con dubbi e domande. “È come se le autorità rispondessero direttamente
alla popolazione e, per una volta, i potenti e i senza voce fossero sullo
stesso piano”, spiega l’organizzatrice dell’emittente con sede a Bunia, capoluogo di una regione non ancora uscita definitivamente
dalla guerra, che dal 1998 al 2003 ha devastato l’ex Zaire,
causando circa quattro milioni di morti. Le domande, raccolte per le strade
dagli stessi giornalisti, oppure inviate dagli ascoltatori attraverso messaggi
sul cellulare, sono di vario genere: molte riguardano gli abusi purtroppo
frequenti commessi sulla popolazione dall’esercito governativo, altre si
concentrano sulle attività dei gruppi armati tuttora presenti nella regione.
(R.M.)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
- A cura di Fausta Speranza -
- E' salito ad almeno 20 morti, 16 dei quali
poliziotti, il bilancio dell'esplosione di un camion-bomba contro un
commissariato nel quartiere di Dora, nel sud di Baghdad. I feriti sono almeno
26. Intanto, un'alleanza di gruppi armati sunniti collegati al ramo iracheno di al Qaeda ha rivendicato su
Internet l'attentato di ieri a Baghdad contro il vice primo ministro iracheno Salam al-Zaubay, rimasto gravemente
ferito in condizioni definite stazionarie. Diversi membri della scorta del vicepremier iracheno sono stati arrestati nell'ambito
dell'inchiesta. L'attentato ha fatto almeno nove morti e 15 feriti.
- Sette taleban e
due poliziotti sono stati uccisi nel corso di attacchi avvenuti ieri contro
stazioni di polizia nell'Afghanistan meridionale, nella provincia di Oruzgan e sulla strada che collega Kabul a Kandahar. Intanto, il ministro degli Esteri afghano, Rangin Dadfar Spanta, interviene
in tema di Conferenza di pace internazionale sull’Afghanistan, affermando che
la precondizione per una partecipazione dei talebani,
ipotizzata da esponenti politici italiani, è che chiunque vi partecipi accetti
la Costituzione afghana. In ogni caso, ha aggiunto
Spanta, “qualsiasi conferenza internazionale deve avere un'agenda molto
concreta, che specifichi il sostegno internazionale per la lotta al terrorismo
in Afghanistan e la ricostruzione”.
- Intanto, continua a destare preoccupazione
l’arresto di Rahmatullah Hanefi,
collaboratore di Emergency, che ha svolto il ruolo di
mediatore per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo,
così come la sorte dell'interprete del giornalista italiano, Adjmal Nashkbandi ancora in mano
dei talebani. Hanefi, capo del personale dell'ospedale
di Emergency a Lashkargah
in Afghanistan meridionale, è stato arrestato il 20 marzo da agenti dei servizi
segreti afghani.
- Per trovare una via d'uscita alla crisi
scoppiata ieri tra Gran Bretagna e Iran sono in corso consultazioni e colloqui sulla sorte
dei 15 uomini della Royal Navy che l'Iran ha
bloccato nelle acque dello Shatt el
Arab. Lo fa sapere la BBC on
line. L'Iran ha ribadito oggi la sua posizione sulla vicenda: “L'Iran condanna
fermamente l'ingresso illegale di forze britanniche nelle sue acque
territoriali. Si tratta di un'azione sospetta”, ha detto un portavoce del
ministero degli Esteri. Intanto, i giornali britannici, parlando della vicenda,
fanno trasparire preoccupazione e in generale insistono sulla interpretazione
che l'incidente sia stato voluto dalle autorità di Teheran per esercitare pressione sulla Gran Bretagna in
vista del voto al Consiglio di sicurezza dell'ONU - previsto per questa sera -
sulle sanzioni alla Repubblica islamica a causa del suo sospetto programma
nucleare. Sia a Teheran che a Londra si sono avuti
incontri a livello diplomatico tra britannici e iraniani. Secondo un
comunicato, a firma del direttore generale per gli Affari Europei del ministero
degli Esteri iraniano, i 15 sono stati arrestati dai guardacoste per chiedere
spiegazioni sul motivo del loro ''ingresso illegale in acque territoriali iraniane''. Londra nega l'addebito e chiede l'immediato
rilascio dei 15.
- Malgrado
il clima di coesione politica seguito alla formazione del governo palestinese
di unità nazionale proseguono a Gaza le violenze interne. Nella nottata sono
stati trovati a Gaza i cadaveri di un insegnante e di un ufficiale della Sicurezza
preventiva. Entrambi crivellati da decine di proiettili. Ieri, la Sicurezza preventiva
(una forza fedele al presidente Abu Mazen) aveva accusato la Forza esecutiva (legata a Hamas)
di aver rapito Nofal assieme con un compagno, Nabil Moqdad, di cui non si hanno
più notizie. Nei giorni precedenti scontri fra miliziani di al-Fatah
e di Hamas avevano provocato a Gaza tre vittime, fra cui un bambino di due anni
colpito da un proiettile vagante. Intanto, è stato rilasciato il docente
islamico, Hamdan a-Sufi,
rapito da miliziani alcuni giorni fa, mentre resta introvabile, ormai da due
settimane, il reporter della BBC Alan Johnston. Ieri, il ministro dell’Informazione, Mustafa Barghuti, aveva affermato
che progressi sono stati compiuti per ottenere la sua
liberazione.
- Continua a suscitare
preoccupazione e sdegno la vicenda del video trasmesso da una televisione integralista palestinese e
rilanciato dall’Istituto di ricerche israeliano ‘Memri’. La televisione
palestinese “Al Aqsa" ha trasmesso lo scorso 8
marzo la sconcertante intervista ai due bambini, figli della donna palestinese
che nel 2004 è morta facendosi saltare in aria al confine tra Gaza e Israele e
provocando la morte di 5 israeliani. L’Istituto israeliano ha deciso due giorni
fa di divulgare il video integralmente. Alle domande relative a quanto accaduto
alla mamma e alle conseguenza in termini di morti, i
bambini rispondono sorridendo senza rendersi conto del significato delle loro
parole. Dopo l’attacco kamikaze, che ha provocato la morte di 5 israeliani
oltre che della donna, si è parlato della prima “donna martire” di Hamas. Il
filmato è una rappresentazione della propaganda e dell’uso dei più piccoli da
parte di gruppi estremisti. Sulla vicenda, Francesca Sabatinelli ha raccolto il
commento di don Nicola Masedu, salesiano, direttore
della Salesian Technical School di Betlemme:
**********
R. - Questa intervista è
proprio agghiacciante ed è tutto quello che noi qui nel nostro ambiente di
Betlemme, anche con i nostri ragazzi cristiani e di diverse denominazioni,
musulmani, che ci frequentano, mettiamo al bando. Se questo fosse capitato qui
a Betlemme mi avrebbe colpito molto di più, perché qui a Betlemme c’è un’altra
atmosfera rispetto a quella che ci può essere a Gaza o in altre località che
stanno peggio di come si stia qui.
D. - Che tipo di
fanciulli incontra lei per le strade di Betlemme?
R. - Qui a Betlemme
incontro ragazzini musulmani che vengono anche al nostro oratorio magari con
degli amici cristiani. Qui c’è un ambiente nel quale abbiamo lavorato anche noi
perchè possa essere più pacifico, di accettazione
reciproca e di collaborazione.
D. - Nel resto dei
Territori, però, in qualche modo viene alimentato
l’odio verso l’israeliano?
R. - In alcuni posti
viene anche alimentato come reazione a certe situazioni. Chi viene da
Gerusalemme a Betlemme deve passare attraverso un check-point
che è, tutto sommato, blando rispetto ad altri posti di controllo che si
possono trovare in zone più "calde". Quindi, tutto questo li urta, li
umilia, li irrita.
D. - Si fa molta
pressione su quella che è la disperazione di questo popolo?
R. - Direi di sì. Gli
attentati suicidi sono spesso opera dei più disperati. Noi con la nostra testimonianza,
con la nostra presenza qui, incoraggiamo la gente locale a trovare le risorse,
a vivere nel miglior modo possibile e a cercare di ottenere i propri diritti,
possibilmente però evitando le vie della violenza e favorendo la venuta di
pellegrini che vedendo la situazione saranno poi i primi a trasmettere al resto
del mondo la situazione inumana in cui si trovano i palestinesi in genere,
chiusi al di qua del muro. Noi ci auguriamo sempre che qualcosa cambi, che quel
muro come è venuto su possa anche andare giù.
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- Turchia, Siria e Iraq sono tornati dopo
circa vent'anni a dialogare a un tavolo comune per la ripartizione delle acque
del Tigri e dell'Eufrate, i due fiumi che attraversano l'Iraq. L'incontro,
avvenuto ieri ad Antalya, nel sud della Turchia, tra
i ministri delle risorse idriche dei tre Paesi, è il primo dal 1988. I
rappresentanti dei tre Paesi hanno firmato un protocollo d'intesa per
ripristinare le commissioni tecniche ministeriali per definire nel dettaglio le
quote di spartizione delle acque del Tigri e dell'Eufrate e dei loro affluenti.
Negli anni passati le riunioni tripartite erano state sospese a causa dei forti
attriti politici tra Siria e Iraq. Le relazioni tra questi due Paesi sono state
ripristinate ufficialmente lo scorso autunno.
- L'Unione Europea festeggia oggi a Berlino i
50 anni dalla sua fondazione avvenuta il 25 marzo 1957 con i trattati
costitutivi firmati a Roma da sei Paesi, Italia compresa. La festa berlinese
per i 50 anni di questa realtà che ha consolidato l'economia ed aperto le
frontiere del Vecchio Continente alla libera circolazione di persone e merci
porta oggi nella capitale della Germania i capi di
Stato e di governo dei 27 membri dell'attuale Unione. Oggi, un concerto alla
Filarmonica di Berlino ed una cena, domani la firma di una 'Dichiarazione di Berlino' che indica la strada futura in vista di un
rinnovamento istituzionale della comunità. Un ampio programma culturale e di
divertimento popolare è stato allestito nel centro di Berlino, con concerti in
piazza di artisti europei famosi come l'italiana Gianna Nannini
o il britannico Joe Cocker, mostre, una notte dei
musei e anche dei night club, e almeno 80 tende davanti alla porta di Brandeburgo per illustrare la molteplicità di offerte
dell'Europa in tutti i campi. Il vicepresidente della commissione europea, Guenther Verheugen, si è detto
convinto che la Dichiarazione di Berlino che verrà
adottata domani dal vertice
straordinario della UE darà all'Unione il necessario impulso per le riforme. E il cancelliere Angela Merkel, presidente di turno dell'Unione, ha sottolineato la
necessità di una politica estera comune dell'Unione.
- La notte è trascorsa senza incidenti a Kinshasa e le prime ore del mattino sono state tranquille
dopo due giorni di scontri, anche con armi pesanti, tra forze governative e
milizie fedeli all'ex vice presidente ed ex "signore della guerra" Jean Pierre Bemba.
Lo riferiscono fonti della missione dell'ONU (MONUC). Nella notte c'è stato
solo qualche sparo sporadico. Questa mattina solo per un quarto d'ora si è
sentito qualche colpo: il che appare un risultato soddisfacente. Già ieri sera
d'altra parte la MONUC aveva rilevato un sostanziale ritorno alla normalità. Almeno
60 persone, tra cui una cinquantina di militari, sono state uccise in combattimenti
a Kinshasa da giovedì. Negli scontri è rimasto
implicato anche un italiano, che ha riportato ferite ed è stato ricoverato in
ospedale.
DOMANI TORNA L’ORA
LEGALE
Alle
ore 2.00 di questa notte, domenica 25 marzo, entrerà in vigore l'ora estiva
europea, con conseguente spostamento in avanti di un'ora delle lancette degli
orologi. L'ora legale resterà in vigore
fino alla notte tra il 27 e il 28 ottobre. Non vi
saranno cambiamenti di rilievo per il nostro Radiogiornale,
che andrà in onda alle stesse ore.