RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 82 - Testo della trasmissione di venerdì 23 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Cordiale incontro tra il Papa e il presidente irlandese Mary McAleese: si è parlato delle radici cristiane dell’Europa. Benedetto XVI riceve anche il presidente del Parlamento Europeo, Hans-Gert Pöttering

 

Padre Raniero Cantalamessa nella terza predica di Quaresima: essere solidali con i poveri e gli affamati, per sconfiggere l’indifferenza che parte del nord nutre verso il sud del mondo

 

Grande festa domani in Piazza San Pietro: il Papa incontra la Fraternità di Comunione e Liberazione. Ai nostri microfoni don Julian Carron e Giorgio Vittadini

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Costruire un’Europa dei valori, unita e radicata nella sua tradizione cristiana: aperto a Roma il Congresso degli Episcopati europei per il 50.mo anniversario del Trattato di Roma. Gli interventi di mons. Angelo Bagnasco e Franco Frattini

 

Nuovi scontri e morti nella Repubblica Democratica del Congo. Intervista con padre Italo Iotti

 

A Milano di scena il Festival del Cinema africano, d'Asia e America Latina. Ce ne parla Anna Maria Galloni

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il Gruppo di lavoro “Islam” della Conferenza episcopale svizzera in viaggio in Siria per favorire il dialogo interreligioso

 

I vescovi della Corea del Sud accusano il governo di promuovere una cultura della morte

 

Stati Uniti: il presidente dei vescovi, mons. William Stephen Skylstad, chiede una legge di bilancio più attenta ai deboli

 

Spagna: per la Festa dell’Annunciazione, domenica a Madrid Veglia di preghiera per la vita

 

Il seminario di Thàn–PhôChí Minh City, in Vietnam, potrà ammettere candidati ogni anno

 

La “missione universale in una Europa che cambia” al centro dell’Incontro annuale dei direttori europei delle Pontificie Opere Missionarie (POM)

 

Mons. Alojzij Uran nuovo presidente della Conferenza episcopale della Slovenia

 

L’India protagonista del 27.mo Salone del libro di Parigi

 

Allarme dell’ONU: gli indigeni sono “a rischio sopravvivenza”

 

24 ORE NEL MONDO:

Video shock: intervista a due orfani palestinesi sulla mamma kamikaze

 

 

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Radiogiornale

Il Papa e la Santa Sede

 

Cordiale incontro tra il Papa e il presidente irlandese McAleese:

si è parlato delle radici cristiane dell’Europa.

Benedetto XVI riceve anche il presidente del Parlamento

 

Questa mattina Benedetto XVI ha ricevuto la signora Mary McAleese, presidente dell’Irlanda, accompagnata dal Consorte e dal seguito. Successivamente il presidente irlandese è stato ricevuto anche dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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“Nel corso dei colloqui, svoltisi in un clima di grande cordialità – afferma un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono stati toccati i problemi della situazione della Chiesa in Irlanda e si è approfondito in particolare l’avvio positivo” del  cosiddetto ‘Dialogo Strutturato’ fra lo Stato e le Chiese – “nello spirito del nuovo Trattato Costituzionale Europeo - come via promettente per un contributo positivo delle Chiese alla vita della società. Sono stati anche toccati i temi più generali della costruzione dell’Europa e delle sue radici cristiane, come pure dello sviluppo del processo di pace nell’Irlanda del Nord. Con particolare apprezzamento – conclude il comunicato – si è preso atto dell’impegno irlandese nell’aiuto disinteressato allo sviluppo dei Paesi più poveri dell’Africa, tramite il “White Paper on Aid”. Il presidente dell’Irlanda ha quindi fatto gli auguri in anticipo a Benedetto XVI che il prossimo 16 aprile compirà 80 anni.

 

Dopo questa udienza il Papa ha ricevuto un altro gruppo di vescovi della Sardegna in visita ad Limina e il presidente del Parlamento Europeo  Hans-Gert Pöttering, che si trova a Roma per la celebrazione dei 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma. Questo pomeriggio riceverà invece il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. La Sala Stampa vaticana ha infine reso noto che ieri sera il Papa aveva incontrato il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”.

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Nomine

 

In Corea, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Daegu il sacerdote Thaddeus Cho Hwan-Kil, direttore del quotidiano cattolico “Maeil”. Il neo presule, 52 anni, ha studiato Filosofia e Teologia nel Seminario Maggiore di Kwangju e dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto, fra gli altri, gli incarichi di parroco, direttore pastorale dell’ufficio pastorale diocesano, cancelliere dell’arcidiocesi, e direttore del Santuario Kwandeokjong.

 

In Messico, il Papa ha nominato ausiliare di Tuxtla Gutiérrez mons. José Mendoza Corzo, vicario generale dell’arcidiocesi e parroco di “Santa Cruz” a Terán. Il 47.enne mons. Menzoda Corzo ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario Minore di Tuxtla Gutiérrez e nel Seminario Maggiore di San Juan de los Lagos. Nel 1993, ha ottenuto la licenza in Teologia Pastorale presso l’Università Lateranense a Roma. Come sacerdote ha svolto, fra gli altri, gli incarichi: di parroco, formatore e poi economo nel Seminario Maggiore di Tuxtla Gutiérrez.

 

 

Padre Cantalamessa nella terza predica di Quaresima:

essere solidali con i poveri e gli affamati, per sconfiggere l’indifferenza

che parte del nord nutre verso il sud del mondo

 

L’unica “guerra santa” che le religioni sono chiamate oggi a combattere, insieme, nel terzo millennio è quella contro la povertà, che nel mondo miete milioni di vittime. Lo ha affermato questa mattina padre Raniero Cantalamessa, durante la sua terza predica di Quaresima tenuta al Papa e alla Curia Romana. Lo spunto è venuto dalla meditazione della Beatitudine: “Beati voi che ora avetre fame perché sarete saziati”, tratta dal Vangelo di Luca. L’indifferenza, ha detto il predicatore pontificio, è il più grande peccato contro i poveri. Il servizio di Alessandro De Carolis. 

 

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La tentazione di chi possiede dei beni rispetto a chi patisce la miseria è quella di mettere dei “doppi vetri” tra sé e il dramma che vivono i poveri, che viene così percepito in modo “attutito, ovattato”. Ha usato parole e immagini nette, padre Raniero Cantalamessa, nel denunciare una delle piaghe irrisolte del pianeta, quella della fame, ma anche nel valutarne le implicazioni dal punto di vista cristiano. Il punto di avvio della predica quaresimale è stata la celebre asserzione che Luca e Matteo, con accenti differenti, riportano nei rispettivi Vangeli e che definisce “Beati” coloro che hanno fame “perché saranno saziati”. Luca, ha spiegato anzitutto il predicatore pontificio, parla semplicemente di “fame” e non di “fame di giustizia” come fa Matteo, anche se questa seconda versione - ha osservato - “non si oppone a quella di Luca, ma la conferma e la rafforza”. Ma perché intanto quelli che non hanno di che sfamarsi vengono definiti Beati rispetto ai ricchi e quindi sazi? E’ Gesù stesso, ha ricordato padre Cantalamessa, a darne una plastica spiegazione con la parabola di Lazzaro e del ricco Epulone:

 

“Il ricco epulone e tutti gli altri ricchi del Vangelo non sono condannati per il semplice fatto di essere ricchi, ma per l’uso che fanno, o non fanno, della loro ricchezza. Nella parabola del ricco epulone Gesú fa intendere che c’era, per il ricco, una via di uscita, quella di ricordarsi di Lazzaro alla sua porta e condividere con lui il suo lauto pasto (...) Così si spiega il perché delguai’ rivolto ai ricchi e ai sazi; un ‘guai!’, però, che è più un ‘attenti! che un ‘maledetti!’, perché Gesù non maledice nessuno, il suo è piuttosto un allarme”.

 

La ricchezza in sé non è quindi colpevolizzata dal Vangelo, ma lo è il modo con cui singoli o nazioni ricche si rapportano con chi versa in miseria. Sta proprio qui l’attualità di questa parabola, ha detto padre Cantalamessa, sta soprattutto nel fatto che essa, dopo duemila anni, riproduce con esattezza lo scenario mondiale del 21.mo secolo:

 

“La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro si ripete oggi, in mezzo a noi, su scala mondiale. I due personaggi stanno addirittura per due emisferi: il ricco epulone rappresenta l’emisfero nord (Europa occidentale, America, Giappone); il povero Lazzaro è, con poche eccezioni, l’emisfero sud. Due personaggi, due mondi: il primo mondo e il 'terzo mondo'. Due mondi di diseguale grandezza: quello che chiamiamo 'terzo mondo' rappresenta in realtà i 'due terzi del mondo'. (…) E lo spreco è la conseguenza di questo stato di cose. Anni fa una ricerca condotta dal Ministero dell’agricoltura americano ha calcolato che su centosessantuno miliardi di chilogrammi di alimentari prodotti, quarantatre miliardi, cioè circa un quarto, finiscono nella spazzatura. Di questo cibo buttato via, si potrebbero facilmente recuperare, volendo, circa due miliardi di chilogrammi, una quantità sufficiente a sfamare per un anno quattro milioni di persone”.

 

Ciò che non si fa per alleviare le condizioni dei poveri e degli affamati è da attribuire all’indifferenza che padre Cantalamessa ha detto essere “forse il più grande peccato” contro di loro. Per via di quei “doppi vetri” - vetri anche televisivi - frapposti tra benessere e miseria, si finisce per ignorare le legioni di senza pane né tetto, ovvero i “Lazzaro” di oggi:

 

“La prima cosa da fare, nei confronti dei poveri, è dunque di rompere i “doppi vetri”, superare l’indifferenza, l’insensibilità, gettare via le difese e lasciarci invadere da una sana inquietudine a causa della miseria spaventosa che c’è nel mondo. (…) Eliminare o ridurre l’ingiusto e scandaloso abisso che esiste tra i sazi e gli affamati del mondo è il compito più urgente e più ingente che l’umanità ha portato con sé irrisolto, entrando nel nuovo millennio.  Un compito in cui anzitutto le religioni devono distinguersi e nel quale ritrovarsi unite al di là di ogni  rivalità. Un’impresa così gigantesca non può essere promossa da nessun capo o potere politico, condizionato com’è dagli interessi della propria nazione e spesso di poteri economici potenti”.

 

Padre Cantalamessa ha poi preso in considerazione gli affamati di “giustizia”, secondo le parole del Vangelo di Matteo. “Tutta la giustizia - ha sottolineato - si riassume nel duplice precetto dell’amore di Dio e del prossimo”. E Gesù, ha soggiunto, “ci ha lasciato un’antitesi perfetta del banchetto del ricco Epulone, l’Eucaristia”: ovvero, lo “stesso cibo e la stessa bevanda, e nella stessa quantità, per tutti, per chi presiede come per l’ultimo arrivato nella comunità, per il ricchissimo come per il poverissimo”. Ed ha concluso con un’osservazione sull’azione che la Chiesa compie e deve compiere per condividere “il sospiro di Cristo” nei confronti di chi è in necessità:

 

“L’otto per mille meglio speso è quello che viene destinato dalla Chiesa a questo scopo, sostenendo le varie 'Caritas' nazionale e diocesane, le mense dei poveri, iniziative per l’alimentazione nei Paesi in via di sviluppo. Uno dei segni di vitalità delle nostre comunità religiose tradizionali sono le mense dei poveri esistenti in quasi tutte le città, in cui vengono distribuite migliaia di pasti al giorno, in un clima di rispetto e di accoglienza. È una goccia in un oceano ma anche l’oceano, diceva Madre Teresa di Calcutta, è fatto di tante piccole gocce”.

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Grande festa domani in Piazza San Pietro:

il Papa incontra la Fraternità di Comunione e Liberazione

 

Grande festa domani mattina in Piazza San Pietro: il Papa incontrerà il popolo della Fraternità di Comunione e Liberazione in occasione del 25° anniversario del riconoscimento pontificio del movimento ecclesiale. Sono attese oltre 50 mila persone. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento dalle 11.00 alle 13.00 con commenti in italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese e tedesco. Comunione e Liberazione, fondata da don Luigi Giussani, conta oggi circa 100 mila membri in oltre 70 Paesi del mondo. Luca Collodi ha intervistato don Julian Carron, il sacerdote alla guida del movimento dopo la morte di don Giussani, avvenuta nel febbraio del 2005:

 

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R. – Don Carron, che cosa ha significato per la sua vocazione sacerdotale l’incontro con don Giussani e il movimento di Comunione e Liberazione?

 

D. – Io lo dicevo sempre, a don Giussani, che gli ero grato perché mi aveva consentito di fare un cammino umano; un cammino di verifica della mia vocazione e della mia vita sacerdotale, in tutti gli ambiti della mia vita, in tutti i particolari perché l’impostazione che dava don Giussani del reale, il metodo di educazione che lui proponeva, per me sono stati decisivi per riguadagnare ancora di più la bellezza della mia vocazione sacerdotale.

 

D. – Qual è il compito di Comunione e Liberazione al servizio della Chiesa nel mondo?

 

R. – Penso che come qualsiasi altra realtà cristiana non può essere altro che testimoniare Cristo nella sua bellezza senza paragoni. Noi dobbiamo vivere questo in tutti i dettagli della vita e in tutti gli ambiti in cui noi ci troviamo a vivere. Questo ci consente di verificare nel reale la potenza unica di Cristo e la capacità che ha Cristo di farci sperimentare in tutto il centuplo. E questa è la possibilità, per tutti gli altri che ci incontrano, di poter vedere Cristo anche attraverso la semplicità della nostra vita.

 

D. – I laici del Movimento, don Carron, lavorano nel sociale, nell’economia e anche nella politica. Ad alcuni sembra, però, una testimonianza a volte rischiosa. Lei cosa ne pensa?

 

R. – E’ vero: nel momento in cui uno entra in questioni complesse come l’economia, il sociale o la politica, sempre si rischia. Noi crediamo che anche rischiando, a volte sbagliando, correggendoci a vicenda, possiamo vedere di più cos’è Cristo, entrando in tutti i particolari del vivere. E’ vero che se noi restassimo soltanto a casa, sarebbe meno rischioso ma avremmo meno possibilità di verificare che cos’è Cristo e di farlo incontrare agli altri.

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Sul significato di questo incontro con il Papa ascoltiamo Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, un’esperienza nata in CL:

 

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R. – Per noi è un fatto veramente epocale, fondamentale, perchè per noi il Papa, qualunque Papa, e questo Papa in particolare, è il padre che origina la nostra azione umana e culturale. Vogliamo andare da lui per sentire come agire al servizio della Chiesa, come laici impegnati in ogni aspetto. Siamo lì per imparare. Quindi, è qualcosa di assolutamente emozionante, che mi fa venire in mente quell’altrettanto emozionante incontro del ’98 tra Papa Giovanni Paolo II e i fondatori del movimento, tra cui don Giussani, che per noi rimane il punto cruciale della nostra vita. Siamo lì proprio per essere figli di questo Papa e del Papato.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Sevizio Vaticano - In primo piano il discorso di Benedetto XVI alla delegazione della Facoltà di Teologia Cattolica di Tubingen.

 

Servizio estero - In evidenza la situazione in Medio Oriente: il video agghiacciante con intervista "shock" agli orfani di un'attentatrice suicida.

 

Servizio culturale - Un articolo di Claudio Toscani dal titolo "Riflettere sul rapporto tra parola e oggetto": Leonardo Sinisgalli a venticinque anni dalla scomparsa.

 

Servizio italiano - In rilievo la trattativa tra il Governo e i sindacati sulle pensioni.

 

 

 

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Oggi in Primo Piano

 

 

Costruire un’Europa dei valori,

unita e radicata nella sua tradizione cristiana:

aperto a Roma il Congresso degli Episcopati europei

per il 50.mo anniversario del Trattato di Roma

 

Gli Episcopati europei celebrano il 50.mo anniversario del Trattato di Roma con un grande convegno aperto stamani all’hotel Ergife. Un incontro che vede la partecipazione di 400 persone, con le delegazioni di 23 Conferenze episcopali dell’Unione, ma anche di europarlamentari e rappresentanti di diverse realtà e movimenti del laicato cattolico. Il presidente della CEI, mons. Angelo Bagnasco, ha ribadito che riconoscere le radici cristiane dell’Europa non vuol dire negare le giuste esigenze della laicità. Ai partecipanti è giunto anche il messaggio del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Dall’Hotel Ergife in Roma, il nostro inviato, Alessandro Gisotti:

 

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Per rimettere l’Europa a contatto con i suoi cittadini è necessario tornare ai principi originari, a quella tradizione cristiana che rappresenta la sua più grande ricchezza: è questo l’appello lanciato dal Congresso europeo della COMECE, incentrato sui valori e le prospettive per l’Europa di domani. I lavori sono iniziati con un momento di preghiera del vescovo di Rotterdam, Adrianus van Luyn, presidente della COMECE. Mons. Van Luyn ha, quindi, affermato che  a volte la politica dell’Unione Europea “sembra ridurre la persona a produttore o consumatore”. Ma l’uomo, ha avvertito, “è anche un essere spirituale e religioso”. Un principio che i cristiani e gli Episcopati europei devono sempre rammentare alle istituzioni del Vecchio Continente. Quindi, è stata data lettura del messaggio inviato al Congresso dal presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. “Da queste celebrazioni – scrive Napolitano – può venire un importante impulso e contributo al rilancio del processo di integrazione europea. Ed essenziale è a tal fine riaffermare, con impegno e passione, le ragioni dell’unità tra i popoli e gli Stati del continente”. Il presidente italiano ribadisce “l’urgenza di realizzare le riforme istituzionali che si rendono necessarie per attuare politiche comuni sempre più efficaci ed in grado di rispondere alle aspettative dei nostri cittadini”. Napolitano evidenzia, poi, che “la Chiesa e le associazioni di ispirazione religiosa – il cui status e il cui apporto al dialogo con le istituzioni europee hanno trovato solenne riconoscimento nel Trattato costituzionale – sono chiamate a concorrere al rilancio dell’Unione Europea testimoniando i più profondi valori posti a base della costruzione di una Europa unita”. E’ stata, dunque, la volta dell’atteso intervento del nuovo presidente della CEI, Angelo Bagnasco. “L’Europa - ha affermato – è chiamata a superare l’originaria vocazione economica per aprirsi a una più ampia dimensione anche politica e istituzionale”:

 

“Perché il processo di integrazione avviato sia veramente fecondo occorre che l’Europa riconosca le proprie radici cristiane, dando spazio ai principi etici che costituiscono parte integrante e fondamentale del suo patrimonio spirituale, dal quale la modernità europea stessa attinge i propri valori”.

 

“Consapevolezza delle proprie radici cristiane – ha proseguito l’arcivescovo di Genova – non significa in alcun modo negare le esigenze di una giusta e sana laicità delle istituzioni europee, da non confondere con il laicismo ideologico”, ma “affermare prima di tutto un fatto storico che nessuno può seriamente contestare, perché il cristianesimo appartiene in modo radicale e determinante ai fondamenti dell’identità europea”. Quattro i campi privilegiati in cui si deve manifestare l’intervento della Chiesa, secondo mons. Bagnasco. Innanzitutto “la tutela della vita umana”, poi “il riconoscimento e la promozione della famiglia”, ancora “la tutela del diritto dei genitori ad educare i propri figli”, infine “il fondamentale diritto alla libertà religiosa, nella sua dimensione non solo individuale ma anche propriamente istituzionale”.   Il ministro degli Interni tedesco, Wolfgang Schäuble, ha affermato che “occorre essere aperti al futuro”, senza disconoscere però “il pericolo di perdere se stessi, la propria cultura, la propria storia, la propria identità”. Dal canto suo, il vicepresidente della Commissione Europea, Franco Frattini ha sottolineato che la laicità degli Stati e la religiosità dei popoli non devono essere viste in contrasto tra loro. Quindi, ha esortato le istituzioni europee ad inserire nella loro agenda il tema delle radici cristiane dell’Europa:

 

“Ed ecco infine che il tema delle radici mette in primo piano il tema di un cristianesimo che non è la nostalgia di un passato, ma è un pensiero vivente. Un cristianesimo che nel porre con Papa Wojtyla il tema dei diritti e con Papa Ratzinger il tema delle libertà, come via del dialogo, è parte costitutiva di questa promessa, di questo sogno europeo e, quindi, del nostro futuro”.

 

All’Ergife è stato anche illustrato, dall’ex commissario europeo Marcelino Oreja, il rapporto “Un’Europa di valori”, redatto da un comitato di saggi, che richiama l’importanza della dimensione etica della costruzione europea. L’Unione, si legge nel documento, dovrà sempre “rispettare i valori fondamentali che essa rappresenta a partire dalla dignità umana”. Un’Europa dei valori, dunque, e non solo degli interessi economici e politici. Infine, pochi minuti fa, è stata presentata la bozza del “Messaggio di Roma” il cui testo definitivo verrà consegnato al Consiglio europeo di domenica 25, a Berlino. Nel documento, articolato in 10 punti, si esortano i leader dell’Unione a riconoscere quei valori e principi che hanno “motivato l’unificazione europea sin dal suo inizio”, dalla difesa della vita alla tutela della famiglia. Si chiede inoltre il rispetto dei diritti delle Chiese e delle comunità religiose. Il Messaggio di Roma si chiude con un forte appello a tutti i cristiani europei affinché rafforzino il loro impegno in favore della pace, della libertà e della solidarietà.

 

Dall’Hotel Ergife, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.

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50 anni di pace e di storia comune: questo festeggiano i Paesi dell’Unione Europea, ricordando la firma a Roma, il 25 marzo del 1957, dei due Trattati che istituivano la CEE, la Comunità Economica Europea. Sulle tappe dell’integrazione e sulle sfide ancora da affrontare il servizio di Fausta Speranza:

 

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(musica)

 

La storia dell’integrazione europea è storia a tappe che prende il via con l’obiettivo di una collaborazione tra i Paesi dell’Europa occidentale per assicurare la pace. Nel 1949, nasce il Consiglio d’Europa, non ancora istituzione, difende diritti umani, dialogo interreligioso e pace. Nel 1951 nasce la CECA, prima entità comunitaria a sei Paesi. Mette in comune la produzione di carbone e acciaio ma lo spirito è ben più profondo: trae origine dalla storica Dichiarazione Schuman, del 1950, con la quale Robert Schuman, illustre politico franco-tedesco, chiede collaborazione e pace:

 

"L'Europe ne se fera pas d'un coup, ....".

 

Sono sue parole, conservate con quelle degli altri “padri fondatori”. Tra questi il politico francese Jean Monnet che esprime la sua volontà di costruire nel senso della pace:

 

"Contribuer essentiellement à orienter l'action des hommes d'Europe dans le sens de la paix".

 

Parla tedesco, ma il contenuto di Konrad Adenauer é analogo.

 

(Voce di Adenauer)

 

Il nome dello statista cattolico della Germania viene più spesso affiancato a quello illustre di Alcide De Gasperi. Ma tra gli italiani ai quali l’Europa resterà sempre debitrice c’è anche Altiero Spinelli con il suo Manifesto di Ventotene, altro progetto europeo ispiratore di collaborazione e pace.  Può essere difficile capire oggi la portata di questo ritornello costante sulla pace: si dovrebbe sedere di nuovo tra le macerie della sanguinosa e devastante II Guerra Mondiale. In ogni caso, per la pace e sul terreno dell’economia, l’obiettivo di mettere insieme diverse sovranità nazionali è politico.

 

Nei 50 anni che oggi festeggiamo, che ricordano i due Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea nel 1957, questo obiettivo non è stato pienamente compiuto. L’Europa dal 1992 si chiama Unione europea e non più Comunità economica; dal 2000 ha la Carta europea dei diritti fondamentali; dal 2002 ha una moneta unica e forte; ha costruito un tessuto di scambi di persone oltre che di cose, ma la struttura delle istituzioni non ha l’adeguato spessore politico.

 

(musica)

 

La guerra dei Balcani, nei primi anni ’90, rappresenta un duro smacco: non si riesce ad assicurare la pace appena al di là dei confini. Si capisce che ci vorrebbe più forza politica. Nel 2003 la guerra in Iraq mette i Paesi membri di fronte a un bivio. L’opinione pubblica marcia per la pace con numeri impressionanti, e all’unisono, nelle principali capitali d’Europa, l’Europa dei governi si spacca: la Spagna del popolare Aznar, l’Italia di Berlusconi, la Gran Bretagna di Tony Blair sposano la linea di intervento statunitense. La Francia e la Germania si dissociano in un clima di alta tensione. Anche lì matura lo scollamento tra popoli e leader che, nutrito di altre questioni come il rischio di un eccessivo allargamento o la scarsa informazione, porta nel 2005 ai ‘no’ delle popolazioni di Francia e Olanda al Trattato costituzionale. Arriva come una doccia fredda sui capi di Stato e di governo e di fatto congela in una pausa di riflessione di due anni quello che nel frattempo è diventato il gigante europeo a 27.

 

Nel 2004 sono entrati 10 Paesi e altri due a inizio 2007. Raggruppa 485 milioni di persone e può essere presenza significativa nel mondo. Lo ha sottolineato in questi giorni il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, che è stato presidente della Commissione europea:

 

“Siamo la più grande struttura economica del mondo e abbiamo una grande responsabilità per il futuro della politica e dell’economia mondiale. Finora non abbiamo potuto esercitare a sufficienza a causa delle nostre divisioni: adesso comincia un periodo in cui l’Europa dovrà inserirsi in modo organico e stabile tra i leader della politica e dell’economia mondiale. Nella politica estera ci si è resi conto che questo è arrivato a livello popolare, che la mancanza della presenza europea è stato un danno oggettivo per la pace”. 

 

Da qui la chiarezza del presidente del Parlamento Europeo, Hans Pöttering:

 

“Die Europäische Union befindet sich in einer entscheidenden Phase ...”.

 

L’Unione Europea è in una fase decisiva – ha spiegato Pöttering – annunciando in questi giorni la Dichiarazione solenne che il vertice del 25 marzo 2007 consegna come base di lavoro per far ripartire il processo costituzionale. Perché la pace non si nutra solo di economia ma anche di politica.    

 

(musica)

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Nuovi scontri e morti nella Repubblica Democratica del Congo

 

Torna la violenza nella Repubblica Democratica del Congo. Scontri a Kinshasa tra governativi ed ex ribelli provocano almeno sette morti e decine di feriti. Il servizio di Giancarlo La Vella.

 

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Pochi mesi dopo le elezioni del novembre scorso, che avevano visto la riconferma del presidente in carica Joseph Cabila, la situazione è precipitata ieri a Kinshasa. Governativi e sostenitori dell'ex capo ribelle ed ex vicepresidente, Jean-Pierre Bemba, si sono affrontati, causando almeno sette morti, decine di feriti e danni ingenti a numerosi edifici. Evacuate oltre 600 persone, perlopiù dipendenti dell'ONU e di ambasciate. Stamani le autorità del governo dell’ex Zaire hanno emesso un mandato di arresto per “alto tradimento” nei confronti di Bemba, candidato sconfitto alle presidenziali, il quale si è poi rifugiato nell'ambasciata sudafricana a Kinshasa, secondo quanto confermato da un portavoce del ministero degli Esteri del Sudafrica a Johannesburg. Ma quali sono i motivi all’origine dell’esplosione delle proteste? Lo abbiamo chiesto al religioso dei Padri Bianchi, padre Italo Iotti, dal 1970 missionario nelle Repubblica Democratica del Congo:

 

R. – Bemba ha tantissimi soldati come guardie personali. Ha, quindi, una specie di milizia. Il governo vuole che queste cose finiscano e ha dato un ultimatum: ha deciso di far rientrare tutti i soldati in caserma. Il signor Bemba dice che non si sente sicuro con una piccola guardia personale. La confusione, quindi, è nata così. Adesso è una prova di forza. Questa notte c’è stato anche il tentativo riuscito di saccheggio da parte di ragazzi di strada. Credo che la confusione si stia allargando anche in altri punti della città. Il riflusso della gente che veniva dal centro ha creato un certo nervosismo anche nelle nostre periferie.

 

D. – C’è il rischio che si torni ai tempi drammatici della guerra civile?

 

R. – No, non credo, perché le elezioni sono state accettate dalla grande maggioranza della popolazione. C’è una parte, però, che non le accetta e spera che le cose vadano male. Non credo saranno sommosse sufficienti per creare una specie di rivoluzione o di guerra civile. Qui a Kinshasa evidentemente ci sono tanti giovani che non accettano il presidente attuale. Ad ogni modo credo non ci sia pericolo di una guerra civile, ma piuttosto di saccheggi anche nelle periferie.

 

D. – Qual è la situazione della Chiesa locale e dei missionari dopo le ultime elezioni?

 

R. – La situazione della Chiesa è una situazione di prudenza e di incoraggiamento, anche ad una ripresa della vita sociale più organizzata di prima. Quindi, noi abbiamo speranza nel nuovo governo. Vedremo, vedremo…

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A Milano di scena il Festival del Cinema africano, d'Asia e America Latina

 

Il cinema del Sud del mondo torna protagonista a Milano nella XVII edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina. Fra le novità di questa edizione, accanto alle tradizionali sezioni del concorso (lungometraggi, cortometraggi africani, documentari e non fiction africani), il fuori concorso riserva un’attenzione particolare ai registi italiani con la sezione “extra” che presenta opere rivolte ai tre continenti protagonisti del festival e che trattano problematiche dell’immigrazione in Italia. Servizio di Fabio Brenna:

 

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In questa sezione vengono presentati dei documentari prodotti dalla ONG Amref che da 50 anni è impegnata a diffondere la cultura dell’Africa e del suo sviluppo. Si tratta di progetti scritti e codiretti da ragazzi di strada nati da un originale percorso di video-formazione nelle baraccopoli di Nairobi. Anna Maria Galloni è la direttrice del Festival:

 

“I temi sono tanti perché abbiamo oltre 100 film e video quindi le tematiche sono varie. Una purtroppo è estremamente attuale, quella del terrorismo e, infatti, c’è addirittura una sezione dedicata ai serial televisivi, alle produzioni arabe dei Paesi arabi su questa tematica. L’altra tematica molto presente è quella dell’immigrazione, quella dello spaesamento che provano le persone vivendo in un 'altrove'. Però c’è anche spazio per la comicità: c’è un film, per esempio, divertentissimo “Africa Paradise”, che mostra una situazione capovolta: i bianchi che chiedono il visto per andare in un Africa felice, ricca, a lavorare”.

 

Come di consueto, nella sezione panoramica sul cinema africano, si propone il meglio della produzione in 35 mm e le pellicole concorrono all’assegnazione del premio al miglior film africano del Festival. Il Festival dedica infine uno speciale alle produzioni cinematografiche e televisive realizzate in Paesi che vanno dalla Tunisia alla Siria e che rivelano il punto di vista di autori mediorientali e nordafricani sulle tematiche del terrorismo e sulle relazioni fra Islam e Occidente.

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Il Gruppo di lavoro “Islam” della Conferenza episcopale Svizzera

in viaggio in Siria per favorire il dialogo interreligioso

 

“Proprio per la sua nota storia religiosa, la Siria può contribuire all’instaurazione della pace in Medio Oriente”: è quanto afferma, in un comunicato, il gruppo di lavoro “Islam” della Conferenza dei vescovi svizzeri (GTI), che per la prima volta, da domani al 31 marzo, si recherà in Siria. A guidare la delegazione sarà mons. Pierre Bürcher, vescovo ausiliare di Losanna, Ginevra e Friburgo. La popolazione totale della Siria è di 20 milioni di persone, di cui il 74% sono sunniti, il 10% aloiti e il 10% cristiani. Recentemente, Benedetto XVI ha qualificato il Paese come “terra di coesistenza pacifica e di tolleranza” tra le comunità cristiane e musulmane. E proprio per offrire il suo contributo al sostegno delle minoranze cristiane presenti in un Paese a maggioranza musulmana, come in questo caso in Siria, la GTI si era recata l’anno scorso in Iran. Un programma ricco di incontri a carattere religioso attende la delegazione svizzera: con il Patriarca greco melchita cattolico, Gregorio III; il Gran Mufti di Siria, Cheikh Ahmad Badreddine Hassoun; il nunzio apostolico a Damasco, mons. Giovanni Battista Morandini; il metropolita, Jeanbart ad Aleppo; e altri rappresentanti delle Chiese cattoliche, ortodosse e delle comunità protestanti, come pure dei rappresentanti delle comunità ebraiche, druse e musulmane sunnite e sciite presenti in Siria. L’ordine del giorno prevede anche incontri con l’ambasciatore della Svizzera in Siria, Jacques de Watteville, come pure una visita al ministero degli Esteri e al ministro degli Affari Religiosi, Salah Eddin Al-Ayyoubi. La GTI – si legge nel comunicato – realizza il suo mandato a “promuovere una migliore conoscenza tra cristiani e musulmani in Svizzera secondo l'impegno della Chiesa cattolica, nel rispetto delle differenze. Ma per conoscere, occorre incontrare. Nel contesto mondiale attuale – conclude il testo – nessun passo in questo senso è abbastanza”. (R.M.)

 

 

I vescovi della Corea del Sud accusano il governo

di promuovere  una cultura della morte

 

Il governo della Corea del Sud promuove politiche contrarie alla cultura della vita, che “privilegiano l’efficienza economica” a danno della dignità umana. E’ l’accusa rivolta dai vescovi del Paese in una dichiarazione pubblicata in questi giorni, al termine della loro plenaria a Seoul. Sotto accusa sono in particolare l’attuale legislazione sull’aborto (in Sud Corea esso è permesso in caso di malformazioni del feto, stupro, incesto e minacce alla salute della madre), la promozione della fecondazione in vitro (finanziata dallo Stato), ma anche le nuove aperture del governo di Seoul alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. I risultati di queste politiche – denunciano i vescovi – sono sotto gli occhi di tutti: “La Corea del Sud – precisano – è uno dei Paesi con il più basso tasso di natalità del mondo e con il più alto tasso di suicidi e di aborti”. Ogni anno, infatti, il Paese registra mediamente 1,5 milioni di interruzioni volontarie di gravidanza, mentre il tasso di suicidi è di 24,2 persone su 100 mila, il più alto dei Paesi dell’OCSE. Nel 2005, inoltre, per circa 21 mila interventi di fecondazione assistita sono stati prodotti e conservati quasi 94 mila embrioni umani sovrannumerari, destinati a essere distrutti o impiegati a scopi di ricerca. Di qui, l’appello a promuovere invece politiche a favore della vita. (L.Z.)

 

 

Stati Uniti: il presidente dei vescovi, mons. Skylstad,

chiede una legge di bilancio più attenta ai deboli

 

Il presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB), mons. William Stephen Skylstad, ha espresso l’auspicio che la prossima legge di bilancio federale 2008 ponga tra le sue priorità l’aiuto alle famiglie povere e svantaggiate, la salute e il sostegno allo sviluppo dei Paesi poveri. In una lettera inviata ai rappresentanti e ai senatori del Congresso, il vescovo di Spokane ha ricordato che la definizione delle priorità finanziarie per ogni anno fiscale “non è solo una scelta politica, ma anche morale”. Secondo il presule, infatti, “venire incontro ai bisogni umani fondamentali è una priorità etica e fiscale vincolante”. “Compito centrale di un governo – si legge nel documento – è di trovare risorse sufficienti per intraprendere azioni per il bene comune”. In questo senso, è indispensabile prevedere entrate fiscali per sopperire ai bisogni fondamentali per la vita e la dignità delle persone più deboli, come la casa, il lavoro, un’educazione di qualità e la salute. Troppo spesso, invece, i più vulnerabili nella società vengono trascurati nel dibattito politico, perché – ha spiegato mons. Skylstad – non hanno l’appoggio delle lobby. Di qui, in conclusione, l’appello a non dimenticare “gli ultimi” nel prossimo dibattito parlamentare. (L.Z.)

 

 

Spagna: per la Festa dell’Annunciazione, domenica a Madrid

Veglia di preghiera per la vita

 

In occasione della Festa dell’Annunciazione, l’Ufficio “Famiglia e Vita” dell’arcidiocesi di Madrid, ha organizzato per questa domenica una speciale Veglia di preghiera per la vita. A presiederla, nella Cattedrale di Nostra Signora di Almudena, sarà l’arcivescovo di Madrd, cardinale Antonio María Rouco Varela. La Veglia inizierà alle 18.30 con la recita del Santo Rosario, cui seguirà alle 19.00 una solenne Celebrazione Eucaristica e, infine, l’esposizione del Santissimo. Durante la Celebrazione, il cardinale Rouco Varela impartirà la benedizione a un gruppo di madri in gravidanza. Scopo dell’iniziativa – spiega Manuel Barrios, responsabile di “Famiglia e Vita” – è di far “prendere coscienza del Vangelo della Vita e dei numerosi peccati che si commettono contro di essa”. Sarà quindi un’occasione per riflettere sulla “triste realtà dell’aborto”, che nella città di Madrid ha dimensioni “sconvolgenti”: nel solo 2005, si sono registrate 17 mila interruzioni volontarie di gravidanza. Secondo le statistiche di “Famiglia e Vita”, nella capitale spagnola una gravidanza su cinque termina con un aborto. In particolare, tra le adolescenti gli aborti sono aumentati del 250 per cento nell’ultimo decennio. (L.Z.)

 

 

Il seminario di Thàn–PhôChí Minh City, in Vietnam,

potrà ammettere candidati ogni anno

 

In Vietnam, dopo il seminario maggiore di San Giuseppe di Hanoi, anche quello di Thàn–PhôChí Minh City è stato autorizzato ad ammettere nuovi candidati ogni anno. Secondo le disposizioni vigenti nel Paese, è il governo a regolare le ammissioni dei candidati al sacerdozio nei vari istituti e a fissarne la cadenza, con il risultato che, dato l’alto numero di vocazioni, molti aspiranti sacerdoti devono attendere anni prima di potere iniziare gli studi. Una regola dalla quale nel 2005 è stato già esonerato il seminario maggiore della capitale e da cui ora sarà dispensato anche a quello di Thàn–PhôChí Minh City. Resta il problema del sovraffollamento: attualmente, l’istituto ospita gli studenti dell’arcidiocesi e delle altre sei diocesi meridionali e per anni ha dovuto fare i conti con la mancanza di spazi e con un numero insufficiente di insegnanti. Ma anche questo problema – spiega all’agenzia Ucan l’arcivescovo di Thàn–PhôChí Minh City, cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân – è in via di soluzione. All’inizio del 2006, il regime ha infatti autorizzato l’istituto ad aprire una succursale a Long Khanh, nella diocesi di Xuan Loc, cui nel 2008 si aggiungerà un’altra struttura. (L.Z.)

 

 

La “missione universale in una Europa che cambia” al centro dell’Incontro annuale dei direttori europei delle Pontificie Opere Missionarie (POM)

 

“La sfida della missione universale in una Europa che cambia”: su questo tema, dal 16 al 20 marzo si è tenuto a Ushaw (Durham), nel nord dell’Inghilterra, l’Incontro europeo annuale dei direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie (POM). In apertura dei lavori padre John Dale, direttore nazionale delle POM dell’Inghilterra e del Galles, ha ricordato che il concetto di Chiesa come famiglia globale è alla base della missione. “La missione non è solo sviluppo umanitario di progetti – ha affermato – nel cuore della missione c’è lo spirito della Chiesa come famiglia. Per questo ci aiutiamo gli uni gli altri. La Chiesa del Sud porta vitalità, entusiasmo, gioventù. La Chiesa del Nord offre tradizione, stabilità ed esperienza”. Tra gli interventi, anche quello di Chris Bain, direttore dell'Agenzia cattolica inglese per lo Sviluppo (CAFOD), che lavora in collaborazione con Caritas Internationalis. La sua esposizione su obiettivi e finalità della CAFOD ha suscitato il desiderio di cercare vie di incontro e di complementarietà tra questi organismi e le POM. Prossimo appuntamento, dal 3 al 8 aprile 2008 a Varsavia, in Polonia. (R.M.)

 

Mons. Alojzij Uran nuovo presidente

della Conferenza episcopale della Slovenia

 

E’ mons. Alojzij Uran, arcivescovo di Lubiana, il nuovo presidente della Conferenza episcopale slovena (CES). Come riferisce l’agenzia Sir, il presule è stato eletto nei giorni scorsi, durante la 34.ma Assemblea ordinaria dei vescovi sloveni. Già vice-presidente della CES dal 6 dicembre 2004, mons. Uran succede a mons. Franc Kramberger, arcivescovo di Maribor. “In questo mandato quinquennale alla presidenza della CES – ha dichiarato il neo-presidente – mi impegnerò in primo luogo per la comunione non solo tra i vescovi e le diocesi della Chiesa slovena, ma anche per l’unità con la Santa Sede e le altre Conferenze episcopali d'Europa”. Il presule si è anche augurato “una più stretta collaborazione con le istituzioni civili”. Una delle sue preoccupazioni “sarà di curare la nuova evangelizzazione, che esige l'impegno personale di una testimonianza di vita secondo il Vangelo”. “La recente Legge sulla libertà religiosa – ha concluso – rappresenta un buon punto di partenza per proseguire le trattative sulle questioni ancora aperte nei rapporti tra Chiesa e Stato in Slovenia”. (L.Z.)

 

 

L’India protagonista del 27.mo Salone del libro di Parigi

 

E’ l’India l’ospite d’onore del 27.mo Salone del libro che ha aperto oggi i battenti a Parigi. Per cinque giorni, circa due mila autori incontreranno il pubblico, con tavole rotonde, colloqui, dediche. Ma sarà soprattutto l’attualità, quest’anno, il tema più trattato, con incontri annunciati sulla campagna per le elezioni presidenziali in Francia o l’emergenza ambientale e il futuro del pianeta. Saranno presenti nelle grandi sale della Porte de Versailles scrittori francesi e stranieri, romanzieri e saggisti e anche molti disegnatori di fumetti. In prima fila, i trenta scrittori indiani rappresentanti di una letteratura vivace e fertile danno appuntamento al pubblico nel colorato Pavillon de l’Inde, in cui è stata allestita una libreria e una sala per gli incontri. Sono presenti, tra gli altri, Vikram Seth, uno degli autori più importanti della giovane generazione indiana, e Altaf Tyrewala, di cui è stato appena pubblicato “Nessun dio in vista”. L’anno scorso, il salone di Parigi ha accolto 174 mila visitatori. L’edizione di quest’anno è segnata da un mercato editoriale in calo dell’1,5 per cento, il peggior risultato del settore degli ultimi 15 anni. (A cura di Francesca Pierantozzi)

 

 

Allarme dell’ONU: gli indigeni sono “ a rischio sopravvivenza”

 

Le popolazioni indigene, circa 250 milioni di persone corrispondenti al 4% degli abitanti del pianeta, sono “sull’orlo della distruzione” per mancanza o scarsa applicazione delle leggi che ne tutelano i diritti: lo sostiene Rodolfo Stavenhagen,referente speciale’ dell’ONU sui diritti umani e le libertà fondamentali dei popoli autoctoni. Soffermandosi sull’Africa – riferisce l’agenzia MISNA – il sociologo messicano ha affermato che in Paesi come Kenya e Botswana l’espansione delle riserve di caccia ha danneggiato le popolazioni di pastori e cacciatori come i Masai. Minacciata anche l’Asia: l’aumento delle attività minerarie e di sfruttamento petrolifero sta mettendo a rischio la sopravvivenza degli indigeni in Cambogia, Thailandia e Filippine. Si tratta di problemi comuni anche ad alcune parti dell’America Latina, dove a costituire un pericolo per le popolazioni indigene di Colombia, Guatemala e Messico sono soprattutto le leggi anti-terrorismo che, secondo Stavenhagen, forniscono ai governi un alibi per perseguitare questi gruppi. “Pressioni di natura politica ed economica – ha concluso l’esperto – tra cui tentativi di bloccare le rivendicazioni indigene di proprietà della terra, stanno indebolendo queste comunità al punto che non potranno più sopravvivere”. (R.M.)

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

24 Ore nel Mondo

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

- In Iraq, almeno 3 persone sono morte in seguito ad un attentato kamikaze sferrato da ribelli nei pressi dell’abitazione del vice primo ministro iracheno. Il vicepremier, Salam Al Zubaie, membro del principale partito sunnita, è rimasto ferito ed è stato portato in ospedale. Negli Stati Uniti, intanto, il presidente americano, George Bush, ha chiesto che la legge di rifinanziamento della missione in Iraq sia approvata rapidamente. I Democratici sono disponibili, ma a condizione che sia fissato un calendario per il ritiro delle truppe.

 

- Quindici militari britannici sono stati bloccati da forze navali iraniane in acque territoriali irachene mentre procedevano all'ispezione di navi mercantili su autorizzazione del governo di Baghdad. Lo ha annunciato a Londra il Ministero della difesa. Il dicastero degli Esteri britannico ha convocato l’ambasciatore dell’Iran nel Regno Unito e ha chiesto l’immediato rilascio dei militari.

 

- E’ salito ad almeno 160 morti il bilancio, ancora provvisorio, degli scontri iniziati lunedì scorso fra esercito pakistano e militanti islamici talebani nel Waziristan del Sud, regione tribale pakistana al confine con l’Afghanistan. L’operazione, condotta dall’esercito di Islamabad per disarmare i militanti locali e tagliare le retrovie dell'insurrezione talebana ha anche portato all'arresto altri 62 “militanti stranieri”, fra cui ceceni, uzbeki e di altre nazionalità.

 

- In Afghanistan, soldati della NATO hanno ucciso un bambino di 12 anni. Lo ha riferito un portavoce del Ministero dell’interno afghano, precisando che militari dell’Alleanza atlantica “hanno aperto il fuoco contro un veicolo civile che stava cercando di superare un convoglio”. “Un proiettile - ha aggiunto - ha colpito un bambino che si trovava nell’auto”. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere, intanto, che il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, “non era a conoscenza dell’accordo tra il governo italiano e quello afghano” per liberare Daniele Mastrogiacomo in cambio di cinque prigionieri talebani. Tra Italia e Stati Uniti - ha poi detto il ministro degli Esteri italiano, Massimo d’Alema - c'è stata una “diversità di approccio, pure importante, che non può però essere tradotta in una rottura che non c'è stata”.

 

- Nei Territori Palestinesi è di almeno 3 morti, tra cui un bimbo di 2 anni, il bilancio ancora provvisorio degli scontri, scoppiati negli ultimi giorni nella Striscia di Gaza, fra miliziani di Hamas e di al-Fatah. In Medio Oriente, intanto, è stato diffuso un nuovo, raccapricciante video trasmesso da una televisione integralista palestinese e rilanciato dall’istituto di ricerche israeliano ‘Memri. Il nostro servizio:

 

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Non si tratta di un filmato, purtroppo divenuto consueto, con appelli di ostaggi o drammatiche sequenze di esecuzioni, ma è altrettanto scioccante. La televisione palestinese “Al Aqsa”, vicina alle posizioni del gruppo radicale Hamas, ha trasmesso lo scorso 8 marzo una sconcertante intervista a due bambini, figli di una donna palestinese che nel 2004 è morta facendosi saltare in aria al confine tra Gaza e Israele e provocando la morte di 5 israeliani. Un Istituto israeliano ha deciso ieri di divulgare il video integralmente, in tutta la sua cruda realtà. Le domande del giornalista sono dirette e agghiaccianti. I bambini rispondono sorridendo senza rendersi conto del significato delle loro parole. Dicono di voler parlare dell’asilo ma l’intervistatore continua a chiedere loro di ricordare la mamma. Allora i piccoli cominciano a recitare una poesia dedicata alla madre, descritta come “una bomba di fuoco”. Sembra che giochino ma le loro risposte non appartengono al mondo della finzione: rievocano un dramma reale, quello di un attacco kamikaze, che ha provocato la morte di 5 israeliani e della loro madre, proclamata subito dopo l’attentato prima “donna martire” di Hamas. Il filmato è una rappresentazione della propaganda e dell’uso dei più piccoli da parte di gruppi estremisti. L’azione suicida è vista come un gesto positivo, naturale. I movimenti integralisti alimentano, così, la cultura della morte e del martirio. E in questa cultura si inserisce l’ultima risposta della figlia della donna kamikaze, che si dice pronta a seguire la mamma sulla strada del martirio.

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- Restiamo in Medio Oriente, dove è atteso per oggi l’arrivo del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Sono previsti colloqui con politici israeliani e palestinesi ma la situazione politica appare sempre più intricata. In un’intervista concessa ad un quotidiano israeliano, il presidente palestinese, Abu Mazen, ha dichiarato che il gruppo radicale Hamas, dopo la formazione di un governo di unità nazionale, sta moderando le proprie posizioni. Adesso Israele, ha aggiunto Abu Mazen, ha un partner palestinese. Ma la risposta dello Stato ebraico appare irremovibile: il ministro dell’Informazione israeliano, Mustafa Barghouti, ha ribadito che lo Stato ebraico rifiuta ogni negoziato con l’Autorità nazionale palestinese.

 

- I colloqui a sei sul nucleare nordcoreano, interrottisi ieri a Pechino, potrebbero riprendere nelle prossime settimane. Lo ha reso noto il negoziatore statunitense, Cristopher Hill. Cominciati lunedì scorso nella capitale cinese, i colloqui si sono arenati in seguito alla richiesta, da parte del governo di Pyongyang, di trasferire 25 milioni di dollari, al momento in un conto della Banco Delta Asia a Macao, su un fondo nordcoreano in Cina. I fondi, congelati dagli Stati Uniti per indagini sul riciclaggio di denaro, potrebbero essere sbloccati nei prossimi giorni. Secondo un accordo raggiunto nelle scorse settimane, la Corea del Nord ha accettato di chiudere un reattore nucleare in cambio di 50 mila tonnellate di carburante. L'accordo dovrà diventare operativo entro il prossimo 14 aprile.

 

- E’ cominciata ufficialmente oggi la campagna elettorale per le presidenziali del prossimo aprile a Timor Est, l’ex-colonia portoghese diventata indipendente nel 2002. A contendersi la presidenza saranno otto candidati, con il premier José Ramos-Horta dato come favorito. Finora, le operazioni di registrazione dei votanti si sono svolte senza problemi e tutti i candidati si sono impegnati a organizzare elezioni libere e trasparenti.

 

- E’ di almeno 72 morti il bilancio, ancora provvisorio, dell’esplosione dell’arsenale militare più importante del Mozambico, nei pressi dell’aeroporto internazionale della capitale Maputo. Ne ha dato notizia il ministro della Sanità, Ivo Paulo Garido. Al tramonto, una serie di potenti esplosioni udite in tutta la capitale, hanno avuto effetti devastanti sulla vicina bidonville di Magoanine, dove era conservata la più grande riserva di armi e munizioni del Paese. Diversi edifici hanno subito gravi danni e migliaia di persone sono fuggite in preda al panico. Il presidente del Paese africano, Armando Guebuza, ha interrotto una visita ufficiale in Sudafrica e ha rivolto ai suoi connazionali un messaggio televisivo per invitarli a mantenere la calma.

 

- In Somalia, raggiunto un accordo per “il cessate il fuoco” fra le milizie tribali a Mogadiscio e i militari etiopi in appoggio alle forze governative. Lo ha annunciato oggi un portavoce dei capi tribali. Ma il governo somalo non ha intenzione di accettare la tregua. Poco dopo l'annuncio, infatti, il viceministro alla Difesa, Salat Ali Jelle, ha detto che non si fermeranno le operazioni di rastrellamento e disarmo dei “terroristi”. Intanto, con la ripresa delle violenze è sempre più grave l’emergenza umanitaria: più di 40 mila somali, nelle ultime settimane, hanno lasciato le proprie abitazioni.

 

- Continuano i rapimenti di addetti stranieri all’industria degli idrocarburi nella regione petrolifera del Delta del Niger. Un olandese, capo della sicurezza di una ditta di costruzioni tedesca, è stato sequestrato da uomini armati, presumibilmente ribelli separatisti del sedicente “Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger” (MEND).