RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 82
- Testo della trasmissione di venerdì 23
marzo 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi
su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
Nuovi scontri
e morti nella Repubblica Democratica del Congo.
Intervista con padre Italo Iotti
CHIESA E SOCIETA’:
I vescovi della
Corea del Sud accusano il governo di promuovere una cultura della morte
Spagna: per la Festa
dell’Annunciazione, domenica a Madrid Veglia di preghiera per la vita
Il
seminario di Thàn–Phô Hô Chí
Minh City, in Vietnam, potrà ammettere candidati ogni
anno
Mons. Alojzij Uran
nuovo presidente della Conferenza episcopale della Slovenia
L’India
protagonista del 27.mo Salone del libro di Parigi
Allarme
dell’ONU: gli indigeni sono “a rischio sopravvivenza”
Video shock: intervista a due orfani palestinesi
sulla mamma kamikaze
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
Cordiale incontro tra il Papa e il presidente
irlandese McAleese:
si è parlato delle radici cristiane dell’Europa.
Benedetto XVI riceve anche il presidente del Parlamento
Questa mattina
Benedetto XVI ha ricevuto la signora Mary McAleese,
presidente dell’Irlanda, accompagnata dal Consorte e dal seguito.
Successivamente il presidente irlandese è stato ricevuto anche dal cardinale
segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il servizio di
Sergio Centofanti.
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“Nel corso dei colloqui, svoltisi in un
clima di grande cordialità – afferma un comunicato della Sala Stampa vaticana -
sono stati toccati i problemi della situazione della Chiesa in Irlanda e si è
approfondito in particolare l’avvio positivo” del cosiddetto ‘Dialogo Strutturato’ fra lo Stato e le Chiese – “nello spirito del
nuovo Trattato Costituzionale Europeo - come via promettente per un contributo
positivo delle Chiese alla vita della società. Sono stati anche toccati i temi
più generali della costruzione dell’Europa e delle sue radici cristiane, come
pure dello sviluppo del processo di pace nell’Irlanda del Nord.
Con particolare apprezzamento – conclude il comunicato – si è preso atto
dell’impegno irlandese nell’aiuto disinteressato allo sviluppo dei Paesi più
poveri dell’Africa, tramite il “White Paper on Aid”. Il presidente
dell’Irlanda ha quindi fatto gli auguri in anticipo a Benedetto XVI che il
prossimo 16 aprile compirà 80 anni.
Dopo questa udienza il Papa ha ricevuto un
altro gruppo di vescovi della Sardegna in visita ad Limina e il presidente del Parlamento Europeo Hans-Gert Pöttering, che si trova a Roma per la celebrazione dei 50
anni dalla firma dei Trattati di Roma. Questo pomeriggio riceverà invece il
cardinale William Joseph Levada,
prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. La Sala Stampa
vaticana ha infine reso noto che ieri sera il Papa aveva
incontrato il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per
il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”.
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Nomine
In Corea, Benedetto XVI ha nominato ausiliare
dell’arcidiocesi di Daegu il sacerdote Thaddeus Cho Hwan-Kil,
direttore del quotidiano cattolico “Maeil”. Il neo
presule, 52 anni, ha studiato Filosofia e Teologia nel Seminario Maggiore di Kwangju e dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto, fra
gli altri, gli incarichi di parroco, direttore pastorale dell’ufficio pastorale
diocesano, cancelliere dell’arcidiocesi, e direttore del Santuario Kwandeokjong.
In Messico, il Papa ha nominato ausiliare di Tuxtla Gutiérrez mons. José Mendoza Corzo,
vicario generale dell’arcidiocesi e parroco di “Santa Cruz”
a Terán. Il 47.enne mons. Menzoda Corzo ha compiuto gli
studi ecclesiastici nel Seminario Minore di Tuxtla Gutiérrez e nel Seminario Maggiore di San Juan de los Lagos. Nel 1993, ha
ottenuto la licenza in Teologia Pastorale presso l’Università Lateranense a Roma. Come sacerdote ha svolto, fra gli
altri, gli incarichi: di parroco, formatore e poi economo nel Seminario
Maggiore di Tuxtla Gutiérrez.
Padre
Cantalamessa nella terza predica di Quaresima:
essere
solidali con i poveri e gli affamati, per sconfiggere l’indifferenza
che
parte del nord nutre verso il sud del mondo
L’unica “guerra santa” che le religioni
sono chiamate oggi a combattere, insieme, nel terzo millennio è quella contro
la povertà, che nel mondo miete milioni di vittime. Lo ha affermato questa
mattina padre Raniero Cantalamessa, durante la sua
terza predica di Quaresima tenuta al Papa e alla Curia Romana. Lo spunto è
venuto dalla meditazione della Beatitudine: “Beati voi che ora avetre fame perché sarete saziati”, tratta dal Vangelo di
Luca. L’indifferenza, ha detto il predicatore pontificio, è il più grande
peccato contro i poveri. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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La tentazione di chi possiede dei beni
rispetto a chi patisce la miseria è quella di mettere dei “doppi vetri” tra sé
e il dramma che vivono i poveri, che viene così
percepito in modo “attutito, ovattato”. Ha usato parole e immagini nette, padre
Raniero Cantalamessa, nel denunciare una delle piaghe
irrisolte del pianeta, quella della fame, ma anche nel valutarne le
implicazioni dal punto di vista cristiano. Il punto di avvio della predica
quaresimale è stata la celebre asserzione che Luca e Matteo, con accenti
differenti, riportano nei rispettivi Vangeli e che definisce “Beati” coloro che
hanno fame “perché saranno saziati”. Luca, ha spiegato anzitutto il predicatore
pontificio, parla semplicemente di “fame” e non di “fame di giustizia” come fa
Matteo, anche se questa seconda versione - ha osservato - “non si oppone a
quella di Luca, ma la conferma e la rafforza”. Ma perché intanto quelli che non
hanno di che sfamarsi vengono definiti Beati rispetto
ai ricchi e quindi sazi? E’ Gesù stesso, ha ricordato padre Cantalamessa,
a darne una plastica spiegazione con la parabola di Lazzaro e del ricco
Epulone:
“Il ricco epulone e tutti gli altri ricchi
del Vangelo non sono condannati per il semplice fatto di
essere ricchi, ma per l’uso che fanno, o non fanno, della loro
ricchezza. Nella parabola del ricco epulone Gesú fa
intendere che c’era, per il ricco, una via di uscita, quella di ricordarsi di
Lazzaro alla sua porta e condividere con lui il suo lauto pasto (...) Così si
spiega il perché del ‘guai’ rivolto ai ricchi e ai
sazi; un ‘guai!’, però, che è più un ‘attenti! che un
‘maledetti!’, perché Gesù non maledice nessuno, il suo è piuttosto un allarme”.
La ricchezza in sé non è quindi
colpevolizzata dal Vangelo, ma lo è il modo con cui singoli o nazioni ricche si
rapportano con chi versa in miseria. Sta proprio qui l’attualità di questa
parabola, ha detto padre Cantalamessa, sta
soprattutto nel fatto che essa, dopo duemila anni, riproduce con esattezza lo
scenario mondiale del 21.mo secolo:
“La parabola del ricco epulone e del povero
Lazzaro si ripete oggi, in mezzo a noi, su scala mondiale. I due personaggi
stanno addirittura per due emisferi: il ricco epulone rappresenta l’emisfero
nord (Europa occidentale, America, Giappone); il povero Lazzaro è, con poche eccezioni,
l’emisfero sud. Due personaggi, due mondi: il primo mondo e il 'terzo mondo'. Due mondi di
diseguale grandezza: quello che chiamiamo 'terzo mondo'
rappresenta in realtà i 'due terzi del mondo'. (…) E lo spreco è la conseguenza di questo stato di cose.
Anni fa una ricerca condotta dal Ministero dell’agricoltura americano ha
calcolato che su centosessantuno miliardi di chilogrammi di alimentari
prodotti, quarantatre miliardi, cioè circa un quarto, finiscono nella
spazzatura. Di questo cibo buttato via, si potrebbero facilmente recuperare,
volendo, circa due miliardi di chilogrammi, una quantità sufficiente a sfamare
per un anno quattro milioni di persone”.
Ciò che non si fa per alleviare le
condizioni dei poveri e degli affamati è da attribuire all’indifferenza che
padre Cantalamessa ha detto essere “forse il più
grande peccato” contro di loro. Per via di quei “doppi vetri” - vetri anche
televisivi - frapposti tra benessere e miseria, si finisce per ignorare le
legioni di senza pane né tetto, ovvero i “Lazzaro” di oggi:
“La prima cosa da fare, nei confronti dei
poveri, è dunque di rompere i “doppi vetri”, superare l’indifferenza,
l’insensibilità, gettare via le difese e lasciarci invadere da una sana
inquietudine a causa della miseria spaventosa che c’è nel mondo. (…) Eliminare o ridurre l’ingiusto e scandaloso abisso che
esiste tra i sazi e gli affamati del mondo è il compito più urgente e più
ingente che l’umanità ha portato con sé irrisolto, entrando nel nuovo
millennio. Un compito in cui anzitutto
le religioni devono distinguersi e nel quale ritrovarsi unite al di là di ogni rivalità. Un’impresa
così gigantesca non può essere promossa da nessun capo o potere politico,
condizionato com’è dagli interessi della propria nazione e spesso di poteri economici
potenti”.
Padre Cantalamessa
ha poi preso in considerazione gli affamati di “giustizia”, secondo le parole
del Vangelo di Matteo. “Tutta la giustizia - ha sottolineato - si riassume nel
duplice precetto dell’amore di Dio e del prossimo”. E Gesù, ha soggiunto, “ci
ha lasciato un’antitesi perfetta del banchetto del ricco Epulone,
l’Eucaristia”: ovvero, lo “stesso cibo e la stessa bevanda, e nella stessa
quantità, per tutti, per chi presiede come per l’ultimo arrivato nella
comunità, per il ricchissimo come per il poverissimo”. Ed ha concluso con
un’osservazione sull’azione che la Chiesa compie e deve compiere per
condividere “il sospiro di Cristo” nei confronti di chi è in necessità:
“L’otto per mille meglio speso è quello che
viene destinato dalla Chiesa a questo scopo,
sostenendo le varie 'Caritas' nazionale e diocesane, le mense dei poveri,
iniziative per l’alimentazione nei Paesi in via di sviluppo. Uno dei segni di
vitalità delle nostre comunità religiose tradizionali sono le mense dei poveri
esistenti in quasi tutte le città, in cui vengono
distribuite migliaia di pasti al giorno, in un clima di rispetto e di
accoglienza. È una goccia in un oceano ma anche l’oceano, diceva Madre Teresa
di Calcutta, è fatto di tante piccole gocce”.
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Grande
festa domani in Piazza San Pietro:
il
Papa incontra la Fraternità di Comunione e Liberazione
Grande festa domani mattina in Piazza San
Pietro: il Papa incontrerà il popolo della Fraternità di Comunione e
Liberazione in occasione del 25° anniversario del riconoscimento pontificio del
movimento ecclesiale. Sono attese oltre 50 mila persone. La Radio Vaticana
trasmetterà la cronaca dell’evento dalle 11.00 alle 13.00 con commenti in
italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese e tedesco. Comunione e Liberazione,
fondata da don Luigi Giussani, conta oggi circa 100 mila membri in oltre 70 Paesi del mondo. Luca
Collodi ha intervistato don Julian Carron, il sacerdote alla guida del movimento dopo la
morte di don Giussani, avvenuta nel febbraio del
2005:
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R. – Don Carron,
che cosa ha significato per la sua vocazione sacerdotale l’incontro
con don Giussani e il movimento di Comunione e
Liberazione?
D. – Io lo dicevo sempre, a don Giussani, che gli ero grato perché mi aveva consentito di
fare un cammino umano; un cammino di verifica della mia vocazione e della mia
vita sacerdotale, in tutti gli ambiti della mia vita, in tutti i particolari
perché l’impostazione che dava don Giussani del
reale, il metodo di educazione che lui proponeva, per me sono stati decisivi
per riguadagnare ancora di più la bellezza della mia vocazione sacerdotale.
D. – Qual è il compito di Comunione e
Liberazione al servizio della Chiesa nel mondo?
R. – Penso che come qualsiasi altra realtà
cristiana non può essere altro che testimoniare Cristo nella sua bellezza senza
paragoni. Noi dobbiamo vivere questo in tutti i dettagli della vita e in tutti
gli ambiti in cui noi ci troviamo a vivere. Questo ci consente di verificare
nel reale la potenza unica di Cristo e la capacità che ha Cristo di farci
sperimentare in tutto il centuplo. E questa è la possibilità, per tutti gli
altri che ci incontrano, di poter vedere Cristo anche attraverso la semplicità
della nostra vita.
D. – I laici del Movimento, don Carron, lavorano nel sociale, nell’economia e anche nella
politica. Ad alcuni sembra, però, una testimonianza a volte rischiosa. Lei cosa
ne pensa?
R. – E’ vero: nel momento in cui uno entra
in questioni complesse come l’economia, il sociale o la politica, sempre si
rischia. Noi crediamo che anche rischiando, a volte sbagliando, correggendoci a
vicenda, possiamo vedere di più cos’è Cristo, entrando in tutti i particolari
del vivere. E’ vero che se noi restassimo soltanto a
casa, sarebbe meno rischioso ma avremmo meno possibilità di verificare che
cos’è Cristo e di farlo incontrare agli altri.
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Sul significato di questo incontro con il
Papa ascoltiamo Giorgio Vittadini, presidente
della Fondazione per la Sussidiarietà, un’esperienza
nata in CL:
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R. – Per noi è un fatto veramente epocale,
fondamentale, perchè per noi il Papa, qualunque Papa, e questo Papa in
particolare, è il padre che origina la nostra azione umana e culturale.
Vogliamo andare da lui per sentire come agire al servizio della Chiesa, come
laici impegnati in ogni aspetto. Siamo lì per imparare. Quindi, è qualcosa di
assolutamente emozionante, che mi fa venire in mente quell’altrettanto
emozionante incontro del ’98 tra Papa Giovanni Paolo II e i fondatori del
movimento, tra cui don Giussani, che per noi rimane
il punto cruciale della nostra vita. Siamo lì proprio per essere figli di
questo Papa e del Papato.
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Oggi su "L'Osservatore Romano"
Sevizio Vaticano -
In primo piano il discorso di Benedetto XVI alla delegazione della Facoltà di
Teologia Cattolica di Tubingen.
Servizio estero -
In evidenza la situazione in Medio Oriente: il video agghiacciante con
intervista "shock" agli orfani di un'attentatrice suicida.
Servizio culturale
- Un articolo di Claudio Toscani dal titolo
"Riflettere sul rapporto tra parola e oggetto": Leonardo Sinisgalli a venticinque anni dalla scomparsa.
Servizio italiano -
In rilievo la trattativa tra il Governo e i sindacati sulle pensioni.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
Costruire un’Europa dei
valori,
unita e radicata nella sua
tradizione cristiana:
aperto a Roma il Congresso
degli Episcopati europei
per il 50.mo anniversario del Trattato di
Roma
Gli Episcopati europei celebrano il 50.mo anniversario del Trattato di Roma con un grande convegno
aperto stamani all’hotel Ergife. Un incontro che vede
la partecipazione di 400 persone, con le delegazioni di 23 Conferenze
episcopali dell’Unione, ma anche di europarlamentari
e rappresentanti di diverse realtà e movimenti del laicato cattolico. Il
presidente della CEI, mons. Angelo Bagnasco, ha
ribadito che riconoscere le radici cristiane dell’Europa non vuol dire negare
le giuste esigenze della laicità. Ai partecipanti è giunto anche il messaggio
del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Dall’Hotel Ergife in Roma, il nostro inviato, Alessandro Gisotti:
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Per rimettere l’Europa a contatto con i
suoi cittadini è necessario tornare ai principi originari, a quella tradizione
cristiana che rappresenta la sua più grande ricchezza: è questo l’appello
lanciato dal Congresso europeo della COMECE, incentrato sui valori e le
prospettive per l’Europa di domani. I lavori sono iniziati con un momento di
preghiera del vescovo di Rotterdam, Adrianus van Luyn, presidente della
COMECE. Mons. Van Luyn ha, quindi, affermato che a volte la politica dell’Unione
Europea “sembra ridurre la persona a produttore o consumatore”. Ma l’uomo, ha
avvertito, “è anche un essere spirituale e religioso”. Un principio che i
cristiani e gli Episcopati europei devono sempre rammentare alle istituzioni
del Vecchio Continente. Quindi, è stata data lettura del messaggio inviato al
Congresso dal presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. “Da queste
celebrazioni – scrive Napolitano – può venire un importante impulso e contributo
al rilancio del processo di integrazione europea. Ed essenziale è a tal fine
riaffermare, con impegno e passione, le ragioni dell’unità tra i popoli e gli
Stati del continente”. Il presidente italiano ribadisce “l’urgenza di
realizzare le riforme istituzionali che si rendono necessarie per attuare politiche comuni sempre più efficaci ed in grado di
rispondere alle aspettative dei nostri cittadini”. Napolitano evidenzia, poi,
che “la Chiesa e le associazioni di ispirazione religiosa – il cui status e il
cui apporto al dialogo con le istituzioni europee hanno trovato solenne riconoscimento
nel Trattato costituzionale – sono chiamate a concorrere al rilancio
dell’Unione Europea testimoniando i più profondi valori posti a base della
costruzione di una Europa unita”. E’ stata, dunque, la
volta dell’atteso intervento del nuovo presidente della CEI, Angelo Bagnasco. “L’Europa - ha affermato – è chiamata a superare
l’originaria vocazione economica per aprirsi a una più ampia dimensione anche
politica e istituzionale”:
“Perché il processo di integrazione avviato
sia veramente fecondo occorre che l’Europa riconosca le proprie radici
cristiane, dando spazio ai principi etici che costituiscono parte integrante e
fondamentale del suo patrimonio spirituale, dal quale la modernità europea
stessa attinge i propri valori”.
“Consapevolezza delle proprie radici
cristiane – ha proseguito l’arcivescovo di Genova – non significa in alcun modo
negare le esigenze di una giusta e sana laicità delle istituzioni europee, da
non confondere con il laicismo ideologico”, ma
“affermare prima di tutto un fatto storico che nessuno può seriamente contestare,
perché il cristianesimo appartiene in modo radicale e determinante ai fondamenti
dell’identità europea”. Quattro i campi privilegiati in cui si deve manifestare
l’intervento della Chiesa, secondo mons. Bagnasco.
Innanzitutto “la tutela della vita umana”, poi “il riconoscimento e la
promozione della famiglia”, ancora “la tutela del diritto dei genitori ad educare
i propri figli”, infine “il fondamentale diritto alla libertà religiosa, nella
sua dimensione non solo individuale ma anche propriamente istituzionale”. Il ministro degli Interni tedesco, Wolfgang Schäuble, ha affermato
che “occorre essere aperti al futuro”, senza disconoscere però “il pericolo di
perdere se stessi, la propria cultura, la propria storia, la propria identità”.
Dal canto suo, il vicepresidente della Commissione Europea, Franco Frattini ha sottolineato che la laicità degli Stati e la
religiosità dei popoli non devono essere viste in contrasto tra loro. Quindi,
ha esortato le istituzioni europee ad inserire nella loro agenda il tema delle
radici cristiane dell’Europa:
“Ed ecco infine che il tema delle radici
mette in primo piano il tema di un cristianesimo che non è la nostalgia di un
passato, ma è un pensiero vivente. Un cristianesimo che nel porre con Papa
Wojtyla il tema dei diritti e con Papa Ratzinger il
tema delle libertà, come via del dialogo, è parte costitutiva di questa
promessa, di questo sogno europeo e, quindi, del nostro futuro”.
All’Ergife è
stato anche illustrato, dall’ex commissario europeo Marcelino
Oreja, il rapporto “Un’Europa di valori”, redatto da
un comitato di saggi, che richiama l’importanza della dimensione etica della
costruzione europea. L’Unione, si legge nel documento, dovrà sempre “rispettare
i valori fondamentali che essa rappresenta a partire dalla dignità umana”.
Un’Europa dei valori, dunque, e non solo degli interessi economici e politici.
Infine, pochi minuti fa, è stata presentata la bozza del “Messaggio di Roma” il
cui testo definitivo verrà consegnato al Consiglio
europeo di domenica 25, a Berlino. Nel documento, articolato in 10 punti, si
esortano i leader dell’Unione a riconoscere quei valori e principi che hanno
“motivato l’unificazione europea sin dal suo inizio”, dalla difesa della vita
alla tutela della famiglia. Si chiede inoltre il rispetto dei diritti delle
Chiese e delle comunità religiose. Il Messaggio di Roma si chiude con un forte
appello a tutti i cristiani europei affinché rafforzino il loro impegno in
favore della pace, della libertà e della solidarietà.
Dall’Hotel Ergife,
Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.
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50 anni di pace e di storia comune: questo
festeggiano i Paesi dell’Unione Europea, ricordando la firma a Roma, il 25
marzo del 1957, dei due Trattati che istituivano la CEE, la Comunità Economica
Europea. Sulle tappe dell’integrazione e sulle sfide ancora da affrontare il
servizio di Fausta Speranza:
**********
(musica)
La storia dell’integrazione europea è
storia a tappe che prende il via con l’obiettivo di una collaborazione tra i
Paesi dell’Europa occidentale per assicurare la pace. Nel 1949, nasce il
Consiglio d’Europa, non ancora istituzione, difende diritti umani, dialogo
interreligioso e pace. Nel 1951 nasce la CECA, prima entità comunitaria a sei
Paesi. Mette in comune la produzione di carbone e acciaio ma
lo spirito è ben più profondo: trae origine dalla storica Dichiarazione Schuman, del 1950, con la quale Robert
Schuman, illustre politico franco-tedesco, chiede
collaborazione e pace:
"L'Europe ne se
fera pas d'un coup, ....".
Sono sue parole, conservate con quelle
degli altri “padri fondatori”. Tra questi il politico francese Jean Monnet che esprime la sua volontà
di costruire nel senso della pace:
"Contribuer
essentiellement à orienter l'action des hommes d'Europe dans le sens de la
paix".
Parla tedesco, ma il contenuto di Konrad Adenauer é analogo.
(Voce di Adenauer)
Il nome dello statista cattolico della Germania viene più spesso affiancato a quello illustre
di Alcide De Gasperi. Ma tra gli italiani ai quali
l’Europa resterà sempre debitrice c’è anche Altiero Spinelli con il suo
Manifesto di Ventotene, altro progetto europeo
ispiratore di collaborazione e pace. Può
essere difficile capire oggi la portata di questo ritornello costante sulla
pace: si dovrebbe sedere di nuovo tra le macerie della sanguinosa e devastante
II Guerra Mondiale. In ogni caso, per la pace e sul terreno dell’economia,
l’obiettivo di mettere insieme diverse sovranità nazionali è politico.
Nei 50 anni che oggi festeggiamo,
che ricordano i due Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea nel
1957, questo obiettivo non è stato pienamente compiuto. L’Europa
dal 1992 si chiama Unione europea e non più Comunità economica; dal 2000 ha la
Carta europea dei diritti fondamentali; dal 2002 ha una moneta unica e forte;
ha costruito un tessuto di scambi di persone oltre che di cose, ma la struttura
delle istituzioni non ha l’adeguato spessore politico.
(musica)
La guerra dei Balcani,
nei primi anni ’90, rappresenta un duro smacco: non si riesce ad assicurare la
pace appena al di là dei confini. Si capisce che ci vorrebbe più forza
politica. Nel 2003 la guerra in Iraq mette i Paesi membri di fronte a un bivio.
L’opinione pubblica marcia per la pace con numeri impressionanti, e
all’unisono, nelle principali capitali d’Europa, l’Europa dei governi si
spacca: la Spagna del popolare Aznar, l’Italia di
Berlusconi, la Gran Bretagna di Tony Blair sposano la
linea di intervento statunitense. La Francia e la
Germania si dissociano in un clima di alta tensione. Anche lì matura lo
scollamento tra popoli e leader che, nutrito di altre questioni come il rischio
di un eccessivo allargamento o la scarsa informazione, porta nel 2005 ai ‘no’
delle popolazioni di Francia e Olanda al Trattato costituzionale. Arriva come
una doccia fredda sui capi di Stato e di governo e di fatto
congela in una pausa di riflessione di due anni quello che nel frattempo è diventato
il gigante europeo a 27.
Nel 2004 sono entrati 10 Paesi e altri due a inizio 2007. Raggruppa 485 milioni di persone e
può essere presenza significativa nel mondo. Lo ha sottolineato in questi
giorni il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, che è stato presidente
della Commissione europea:
“Siamo la più grande
struttura economica del mondo e abbiamo una grande responsabilità per il futuro
della politica e dell’economia mondiale. Finora non abbiamo potuto esercitare a
sufficienza a causa delle nostre divisioni: adesso comincia un periodo in cui
l’Europa dovrà inserirsi in modo organico e stabile tra i leader della politica
e dell’economia mondiale. Nella politica estera ci si è resi conto che questo è
arrivato a livello popolare, che la mancanza della presenza europea è stato un
danno oggettivo per la pace”.
Da qui la chiarezza del presidente del Parlamento
Europeo, Hans Pöttering:
“Die
Europäische Union befindet sich in einer entscheidenden Phase ...”.
L’Unione Europea è in una fase decisiva –
ha spiegato Pöttering – annunciando in questi giorni
la Dichiarazione solenne che il vertice del 25 marzo 2007 consegna come base di
lavoro per far ripartire il processo costituzionale. Perché la pace non si
nutra solo di economia ma anche di politica.
(musica)
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Nuovi scontri e morti nella Repubblica
Democratica del Congo
Torna la violenza nella
Repubblica Democratica del Congo. Scontri a Kinshasa tra governativi ed ex ribelli provocano almeno
sette morti e decine di feriti. Il servizio di Giancarlo La Vella.
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Pochi mesi dopo le elezioni del
novembre scorso, che avevano visto la riconferma del presidente in carica Joseph Cabila, la situazione è precipitata ieri a Kinshasa. Governativi e sostenitori dell'ex capo ribelle ed
ex vicepresidente, Jean-Pierre Bemba,
si sono affrontati, causando almeno sette morti, decine di feriti e danni
ingenti a numerosi edifici. Evacuate oltre 600 persone, perlopiù dipendenti dell'ONU
e di ambasciate. Stamani le autorità del governo dell’ex Zaire
hanno emesso un mandato di arresto per “alto tradimento” nei confronti di Bemba, candidato sconfitto alle presidenziali, il quale si
è poi rifugiato nell'ambasciata sudafricana a Kinshasa,
secondo quanto confermato da un portavoce del ministero degli Esteri del
Sudafrica a Johannesburg. Ma quali sono i motivi all’origine dell’esplosione
delle proteste? Lo abbiamo chiesto al religioso dei Padri Bianchi, padre
Italo Iotti, dal 1970 missionario nelle Repubblica Democratica del Congo:
R. – Bemba
ha tantissimi soldati come guardie personali. Ha, quindi, una specie di
milizia. Il governo vuole che queste cose finiscano e ha dato
un ultimatum: ha deciso di far rientrare tutti i soldati in caserma. Il signor Bemba dice che non si sente sicuro con una piccola guardia
personale. La confusione, quindi, è nata così. Adesso è una prova di forza.
Questa notte c’è stato anche il tentativo riuscito di saccheggio da parte di
ragazzi di strada. Credo che la confusione si stia allargando anche in altri
punti della città. Il riflusso della gente che veniva dal centro ha creato un
certo nervosismo anche nelle nostre periferie.
D. – C’è il rischio che si
torni ai tempi drammatici della guerra civile?
R. – No, non credo, perché le
elezioni sono state accettate dalla grande maggioranza della popolazione. C’è
una parte, però, che non le accetta e spera che le
cose vadano male. Non credo saranno sommosse sufficienti per creare una specie
di rivoluzione o di guerra civile. Qui a Kinshasa
evidentemente ci sono tanti giovani che non accettano il presidente attuale. Ad
ogni modo credo non ci sia pericolo di una guerra civile, ma piuttosto di
saccheggi anche nelle periferie.
D. – Qual è la situazione della
Chiesa locale e dei missionari dopo le ultime elezioni?
R. – La situazione della Chiesa
è una situazione di prudenza e di incoraggiamento, anche ad una ripresa della
vita sociale più organizzata di prima. Quindi, noi abbiamo speranza nel nuovo
governo. Vedremo, vedremo…
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A Milano di scena il Festival del
Cinema africano, d'Asia e America Latina
Il cinema del Sud del mondo torna
protagonista a Milano nella XVII edizione del Festival del Cinema Africano,
d’Asia e America Latina. Fra le novità di questa edizione, accanto alle
tradizionali sezioni del concorso (lungometraggi, cortometraggi africani,
documentari e non fiction africani), il fuori concorso riserva un’attenzione
particolare ai registi italiani con la sezione “extra” che presenta opere
rivolte ai tre continenti protagonisti del festival e che trattano problematiche
dell’immigrazione in Italia. Servizio di Fabio Brenna:
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In questa sezione vengono
presentati dei documentari prodotti dalla ONG Amref
che da 50 anni è impegnata a diffondere la cultura dell’Africa e del suo
sviluppo. Si tratta di progetti scritti e codiretti
da ragazzi di strada nati da un originale percorso di video-formazione nelle
baraccopoli di Nairobi. Anna Maria Galloni è la direttrice del Festival:
“I temi sono tanti
perché abbiamo oltre 100 film e video quindi le tematiche sono varie. Una
purtroppo è estremamente attuale, quella del terrorismo e, infatti, c’è
addirittura una sezione dedicata ai serial televisivi, alle produzioni arabe
dei Paesi arabi su questa tematica. L’altra tematica molto presente è quella
dell’immigrazione, quella dello spaesamento che
provano le persone vivendo in un 'altrove'. Però c’è anche spazio per la comicità: c’è un film, per esempio, divertentissimo
“Africa Paradise”, che mostra una situazione
capovolta: i bianchi che chiedono il visto per andare in un Africa felice,
ricca, a lavorare”.
Come di consueto, nella sezione panoramica
sul cinema africano, si propone il meglio della produzione in 35 mm e le
pellicole concorrono all’assegnazione del premio al miglior film africano del
Festival. Il Festival dedica infine uno speciale alle produzioni
cinematografiche e televisive realizzate in Paesi che vanno dalla Tunisia alla
Siria e che rivelano il punto di vista di autori mediorientali e nordafricani
sulle tematiche del terrorismo e sulle relazioni fra Islam e Occidente.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
Il Gruppo di lavoro “Islam” della Conferenza
episcopale Svizzera
in
viaggio in Siria per favorire il dialogo interreligioso
“Proprio per la sua nota storia
religiosa, la Siria può contribuire all’instaurazione della pace in Medio
Oriente”: è quanto afferma, in un comunicato, il gruppo di lavoro “Islam” della
Conferenza dei vescovi svizzeri (GTI), che per la prima volta, da domani al 31
marzo, si recherà in Siria. A guidare la delegazione sarà mons. Pierre Bürcher, vescovo ausiliare
di Losanna, Ginevra e Friburgo. La popolazione totale della Siria è di 20
milioni di persone, di cui il 74% sono sunniti, il 10% aloiti
e il 10% cristiani. Recentemente, Benedetto XVI ha qualificato il Paese come
“terra di coesistenza pacifica e di tolleranza” tra le comunità cristiane e
musulmane. E proprio per offrire il suo contributo al sostegno delle minoranze
cristiane presenti in un Paese a maggioranza musulmana, come in questo caso in
Siria, la GTI si era recata l’anno scorso in Iran. Un
programma ricco di incontri a carattere religioso attende la delegazione
svizzera: con il Patriarca greco melchita cattolico,
Gregorio III; il Gran Mufti di Siria, Cheikh Ahmad Badreddine
Hassoun; il nunzio apostolico a Damasco, mons.
Giovanni Battista Morandini; il metropolita, Jeanbart ad Aleppo; e altri rappresentanti delle Chiese
cattoliche, ortodosse e delle comunità protestanti, come pure dei
rappresentanti delle comunità ebraiche, druse e musulmane sunnite
e sciite presenti in Siria. L’ordine del giorno prevede anche incontri
con l’ambasciatore della Svizzera in Siria, Jacques
de Watteville, come pure una visita al ministero
degli Esteri e al ministro degli Affari Religiosi, Salah
Eddin Al-Ayyoubi. La GTI –
si legge nel comunicato – realizza il suo mandato a “promuovere una migliore
conoscenza tra cristiani e musulmani in Svizzera secondo l'impegno della Chiesa
cattolica, nel rispetto delle differenze. Ma per conoscere, occorre incontrare.
Nel contesto mondiale attuale – conclude il testo – nessun passo in questo
senso è abbastanza”. (R.M.)
I vescovi della Corea del Sud accusano il
governo
di
promuovere una cultura della morte
Il governo della Corea del Sud promuove
politiche contrarie alla cultura della vita, che “privilegiano l’efficienza
economica” a danno della dignità umana. E’ l’accusa rivolta dai vescovi del
Paese in una dichiarazione pubblicata in questi giorni, al termine della loro
plenaria a Seoul. Sotto accusa sono in particolare
l’attuale legislazione sull’aborto (in Sud Corea esso è permesso in caso di malformazioni
del feto, stupro, incesto e minacce alla salute della madre), la promozione
della fecondazione in vitro (finanziata dallo Stato), ma anche le nuove aperture
del governo di Seoul alla ricerca sulle cellule
staminali embrionali. I risultati di queste politiche – denunciano i vescovi –
sono sotto gli occhi di tutti: “La Corea del Sud – precisano – è uno dei Paesi
con il più basso tasso di natalità del mondo e con il più alto tasso di suicidi
e di aborti”. Ogni anno, infatti, il Paese registra mediamente 1,5 milioni di
interruzioni volontarie di gravidanza, mentre il tasso di suicidi è di 24,2
persone su 100 mila, il più alto dei Paesi dell’OCSE. Nel 2005, inoltre, per
circa 21 mila interventi di fecondazione assistita sono stati prodotti e
conservati quasi 94 mila embrioni umani sovrannumerari,
destinati a essere distrutti o impiegati a scopi di ricerca. Di qui, l’appello
a promuovere invece politiche a favore della vita. (L.Z.)
Stati Uniti: il presidente dei vescovi, mons. Skylstad,
chiede
una legge di bilancio più attenta ai deboli
Il presidente della Conferenza episcopale
degli Stati Uniti (USCCB), mons. William Stephen Skylstad, ha espresso l’auspicio che la prossima legge di
bilancio federale 2008 ponga tra le sue priorità
l’aiuto alle famiglie povere e svantaggiate, la salute e il sostegno allo
sviluppo dei Paesi poveri. In una lettera inviata ai rappresentanti e ai
senatori del Congresso, il vescovo di Spokane ha
ricordato che la definizione delle priorità finanziarie per ogni anno fiscale
“non è solo una scelta politica, ma anche morale”. Secondo il presule, infatti,
“venire incontro ai bisogni umani fondamentali è una priorità etica e fiscale
vincolante”. “Compito centrale di un governo – si legge nel documento – è di
trovare risorse sufficienti per intraprendere azioni per il bene comune”. In
questo senso, è indispensabile prevedere entrate fiscali per sopperire ai
bisogni fondamentali per la vita e la dignità delle persone più deboli, come la
casa, il lavoro, un’educazione di qualità e la salute. Troppo spesso, invece, i
più vulnerabili nella società vengono trascurati nel
dibattito politico, perché – ha spiegato mons. Skylstad
– non hanno l’appoggio delle lobby. Di qui, in conclusione, l’appello a non
dimenticare “gli ultimi” nel prossimo dibattito parlamentare. (L.Z.)
Spagna: per la Festa dell’Annunciazione, domenica a Madrid
Veglia di preghiera
per la vita
In occasione della Festa
dell’Annunciazione, l’Ufficio “Famiglia e Vita” dell’arcidiocesi di Madrid, ha
organizzato per questa domenica una speciale Veglia di preghiera per la vita. A
presiederla, nella Cattedrale di Nostra Signora di Almudena,
sarà l’arcivescovo di Madrd, cardinale Antonio María Rouco Varela.
La Veglia inizierà alle 18.30 con la recita del Santo Rosario, cui seguirà alle
19.00 una solenne Celebrazione Eucaristica e, infine, l’esposizione del
Santissimo. Durante la Celebrazione, il cardinale Rouco
Varela impartirà la benedizione a un gruppo di madri
in gravidanza. Scopo dell’iniziativa – spiega Manuel Barrios,
responsabile di “Famiglia e Vita” – è di far “prendere coscienza del Vangelo
della Vita e dei numerosi peccati che si commettono contro di essa”. Sarà quindi un’occasione per riflettere sulla “triste
realtà dell’aborto”, che nella città di Madrid ha dimensioni “sconvolgenti”:
nel solo 2005, si sono registrate 17 mila interruzioni volontarie di
gravidanza. Secondo le statistiche di “Famiglia e Vita”, nella capitale
spagnola una gravidanza su cinque termina con un aborto. In particolare, tra le
adolescenti gli aborti sono aumentati del 250 per cento nell’ultimo decennio. (L.Z.)
Il seminario di Thàn–Phô Hô Chí Minh City, in Vietnam,
potrà ammettere candidati ogni anno
In Vietnam, dopo il
seminario maggiore di San Giuseppe di Hanoi, anche
quello di Thàn–Phô Hô Chí Minh City è stato autorizzato ad ammettere nuovi candidati ogni
anno. Secondo le disposizioni vigenti nel Paese, è il governo a regolare le
ammissioni dei candidati al sacerdozio nei vari istituti e a fissarne la
cadenza, con il risultato che, dato l’alto numero di
vocazioni, molti aspiranti sacerdoti devono attendere anni prima di
potere iniziare gli studi. Una regola dalla quale nel 2005 è stato già
esonerato il seminario maggiore della capitale e da cui ora sarà dispensato
anche a quello di Thàn–Phô Hô Chí Minh
City. Resta il problema del sovraffollamento: attualmente, l’istituto
ospita gli studenti dell’arcidiocesi e delle altre sei diocesi meridionali e
per anni ha dovuto fare i conti con la mancanza di spazi e con un numero
insufficiente di insegnanti. Ma anche questo problema – spiega all’agenzia Ucan l’arcivescovo di Thàn–Phô
Hô Chí Minh City,
cardinale Jean-Baptiste Pham
Minh Mân – è in via di
soluzione. All’inizio del 2006, il regime ha infatti
autorizzato l’istituto ad aprire una succursale a Long Khanh,
nella diocesi di Xuan Loc,
cui nel 2008 si aggiungerà un’altra struttura. (L.Z.)
La “missione universale in una
Europa che cambia” al centro dell’Incontro annuale dei direttori europei
delle Pontificie Opere Missionarie (POM)
“La sfida della missione universale in una Europa che cambia”: su questo tema, dal 16 al 20 marzo
si è tenuto a Ushaw (Durham),
nel nord dell’Inghilterra, l’Incontro europeo annuale dei direttori nazionali
delle Pontificie Opere Missionarie (POM). In apertura dei lavori padre John Dale, direttore nazionale
delle POM dell’Inghilterra e del Galles, ha ricordato che il concetto di Chiesa
come famiglia globale è alla base della missione. “La missione non è solo
sviluppo umanitario di progetti – ha affermato – nel cuore della missione c’è
lo spirito della Chiesa come famiglia. Per questo ci aiutiamo gli uni gli
altri. La Chiesa del Sud porta vitalità, entusiasmo, gioventù. La Chiesa del
Nord offre tradizione, stabilità ed esperienza”. Tra gli interventi, anche
quello di Chris Bain,
direttore dell'Agenzia cattolica inglese per lo Sviluppo (CAFOD), che lavora in
collaborazione con Caritas Internationalis. La sua
esposizione su obiettivi e finalità della CAFOD ha suscitato il desiderio di
cercare vie di incontro e di complementarietà tra questi organismi e le POM.
Prossimo appuntamento, dal 3 al 8 aprile 2008 a Varsavia, in Polonia. (R.M.)
Mons. Alojzij
Uran nuovo presidente
della Conferenza episcopale della Slovenia
E’ mons. Alojzij Uran, arcivescovo di
Lubiana, il nuovo presidente della Conferenza episcopale slovena (CES). Come
riferisce l’agenzia Sir, il presule è stato eletto
nei giorni scorsi, durante la 34.ma Assemblea
ordinaria dei vescovi sloveni. Già vice-presidente della CES dal 6 dicembre
2004, mons. Uran succede a mons. Franc
Kramberger, arcivescovo di Maribor.
“In questo mandato quinquennale alla presidenza della CES – ha dichiarato il neo-presidente – mi impegnerò in primo luogo per la
comunione non solo tra i vescovi e le diocesi della Chiesa slovena, ma anche
per l’unità con la Santa Sede e le altre Conferenze episcopali d'Europa”. Il
presule si è anche augurato “una più stretta collaborazione con le istituzioni
civili”. Una delle sue preoccupazioni “sarà di curare la nuova evangelizzazione,
che esige l'impegno personale di una testimonianza di vita secondo il Vangelo”.
“La recente Legge sulla libertà religiosa – ha concluso – rappresenta un buon
punto di partenza per proseguire le trattative sulle questioni ancora aperte
nei rapporti tra Chiesa e Stato in Slovenia”. (L.Z.)
L’India protagonista del 27.mo
Salone del libro di Parigi
E’
l’India l’ospite d’onore del 27.mo Salone del libro
che ha aperto oggi i battenti a Parigi. Per cinque giorni, circa due mila autori
incontreranno il pubblico, con tavole rotonde, colloqui, dediche. Ma sarà
soprattutto l’attualità, quest’anno, il tema più trattato, con incontri
annunciati sulla campagna per le elezioni presidenziali in Francia o
l’emergenza ambientale e il futuro del pianeta. Saranno presenti nelle grandi
sale della Porte de Versailles scrittori francesi e
stranieri, romanzieri e saggisti e anche molti disegnatori di fumetti. In prima
fila, i trenta scrittori indiani rappresentanti di una letteratura vivace e
fertile danno appuntamento al pubblico nel colorato Pavillon
de l’Inde, in cui è stata allestita una libreria e
una sala per gli incontri. Sono presenti, tra gli altri, Vikram
Seth, uno degli autori più importanti della giovane
generazione indiana, e Altaf Tyrewala,
di cui è stato appena pubblicato “Nessun dio in vista”. L’anno scorso, il
salone di Parigi ha accolto 174 mila visitatori. L’edizione di quest’anno è
segnata da un mercato editoriale in calo dell’1,5 per cento, il peggior
risultato del settore degli ultimi 15 anni. (A
cura di Francesca Pierantozzi)
Allarme dell’ONU: gli indigeni sono “ a rischio
sopravvivenza”
Le popolazioni indigene, circa
250 milioni di persone corrispondenti al 4% degli abitanti del pianeta, sono
“sull’orlo della distruzione” per mancanza o scarsa applicazione delle leggi
che ne tutelano i diritti: lo sostiene Rodolfo Stavenhagen, ‘referente speciale’ dell’ONU sui
diritti umani e le libertà fondamentali dei popoli autoctoni. Soffermandosi
sull’Africa – riferisce l’agenzia MISNA – il sociologo messicano ha affermato
che in Paesi come Kenya e Botswana l’espansione delle
riserve di caccia ha danneggiato le popolazioni di pastori e cacciatori come i Masai. Minacciata anche l’Asia: l’aumento delle attività
minerarie e di sfruttamento petrolifero sta mettendo a rischio la sopravvivenza
degli indigeni in Cambogia, Thailandia e Filippine.
Si tratta di problemi comuni anche ad alcune parti dell’America Latina, dove a
costituire un pericolo per le popolazioni indigene di Colombia, Guatemala e
Messico sono soprattutto le leggi anti-terrorismo che, secondo Stavenhagen, forniscono ai governi un alibi per
perseguitare questi gruppi. “Pressioni di natura politica ed economica – ha
concluso l’esperto – tra cui tentativi di bloccare le rivendicazioni indigene
di proprietà della terra, stanno indebolendo queste comunità al punto che non
potranno più sopravvivere”. (R.M.)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
- A cura di Amedeo Lomonaco -
- E’ salito ad
almeno 160 morti il bilancio, ancora provvisorio, degli scontri iniziati lunedì
scorso fra esercito pakistano e militanti islamici talebani nel Waziristan del Sud, regione tribale pakistana al confine
con l’Afghanistan. L’operazione, condotta dall’esercito di Islamabad
per disarmare i militanti locali e tagliare le retrovie dell'insurrezione talebana ha anche portato all'arresto
altri 62 “militanti stranieri”, fra cui ceceni,
uzbeki e di altre nazionalità.
- In Afghanistan,
soldati della NATO hanno ucciso un bambino di 12 anni.
Lo ha riferito un portavoce del Ministero dell’interno afghano, precisando che
militari dell’Alleanza atlantica “hanno aperto il fuoco contro un veicolo
civile che stava cercando di superare un convoglio”. “Un proiettile - ha
aggiunto - ha colpito un bambino che si trovava nell’auto”. Gli
Stati Uniti hanno fatto sapere, intanto, che il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, “non era a
conoscenza dell’accordo tra il governo italiano e quello afghano” per liberare
Daniele Mastrogiacomo in cambio di cinque prigionieri
talebani. Tra Italia e Stati Uniti - ha poi detto il ministro degli Esteri italiano, Massimo d’Alema
- c'è stata una “diversità di approccio, pure importante, che non può però
essere tradotta in una rottura che non c'è stata”.
- Restiamo in Medio Oriente,
dove è atteso per oggi l’arrivo del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Sono previsti
colloqui con politici israeliani e palestinesi ma la situazione politica appare
sempre più intricata. In un’intervista concessa ad un quotidiano israeliano, il
presidente palestinese, Abu Mazen,
ha dichiarato che il gruppo radicale Hamas, dopo la formazione di un governo di
unità nazionale, sta moderando le proprie posizioni. Adesso Israele, ha
aggiunto Abu Mazen, ha un
partner palestinese. Ma la risposta dello Stato ebraico appare irremovibile: il
ministro dell’Informazione israeliano, Mustafa Barghouti, ha ribadito
che lo Stato ebraico rifiuta ogni negoziato con l’Autorità nazionale
palestinese.
- I colloqui a sei sul
nucleare nordcoreano, interrottisi ieri a Pechino,
potrebbero riprendere nelle prossime settimane. Lo ha reso noto il negoziatore
statunitense, Cristopher Hill.
Cominciati lunedì scorso nella capitale cinese, i colloqui si sono arenati in
seguito alla richiesta, da parte del governo di Pyongyang,
di trasferire 25 milioni di dollari, al momento in un conto della
Banco Delta Asia a Macao, su un fondo nordcoreano
in Cina. I fondi, congelati dagli Stati Uniti per indagini sul riciclaggio di
denaro, potrebbero essere sbloccati nei prossimi giorni. Secondo un accordo
raggiunto nelle scorse settimane, la Corea del Nord ha accettato di chiudere un
reattore nucleare in cambio di 50 mila tonnellate di carburante. L'accordo
dovrà diventare operativo entro il prossimo 14 aprile.
- E’ cominciata ufficialmente
oggi la campagna elettorale per le presidenziali del prossimo aprile a Timor
Est, l’ex-colonia portoghese diventata indipendente nel 2002. A contendersi la
presidenza saranno otto candidati, con il premier José
Ramos-Horta dato come favorito. Finora, le operazioni
di registrazione dei votanti si sono svolte senza problemi e tutti i candidati
si sono impegnati a organizzare elezioni libere e trasparenti.
- E’ di almeno 72 morti il
bilancio, ancora provvisorio, dell’esplosione dell’arsenale militare più
importante del Mozambico, nei pressi dell’aeroporto internazionale della
capitale Maputo. Ne ha dato notizia il ministro della
Sanità, Ivo Paulo Garido. Al tramonto, una serie di
potenti esplosioni udite in tutta la capitale, hanno avuto effetti devastanti
sulla vicina bidonville di Magoanine, dove era
conservata la più grande riserva di armi e munizioni del Paese. Diversi edifici
hanno subito gravi danni e migliaia di persone sono fuggite in preda al panico.
Il presidente del Paese africano, Armando Guebuza, ha
interrotto una visita ufficiale in Sudafrica e ha rivolto ai suoi connazionali
un messaggio televisivo per invitarli a mantenere la calma.
- In Somalia, raggiunto un
accordo per “il cessate il fuoco” fra le milizie tribali a Mogadiscio e i
militari etiopi in appoggio alle forze governative. Lo ha annunciato oggi un
portavoce dei capi tribali. Ma il governo somalo non ha intenzione di accettare
la tregua. Poco dopo l'annuncio, infatti, il viceministro
alla Difesa, Salat Ali Jelle,
ha detto che non si fermeranno le operazioni di rastrellamento e disarmo dei
“terroristi”. Intanto, con la ripresa delle violenze è sempre più grave
l’emergenza umanitaria: più di 40 mila somali, nelle ultime settimane, hanno lasciato
le proprie abitazioni.
-
Continuano i rapimenti di addetti stranieri all’industria degli idrocarburi
nella regione petrolifera del Delta del Niger. Un olandese, capo della
sicurezza di una ditta di costruzioni tedesca, è stato sequestrato da uomini
armati, presumibilmente ribelli separatisti del sedicente “Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger” (MEND).