RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 80
- Testo della trasmissione di mercoledì
21 marzo 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il
Papa nomina arcivescovo metropolita di San Paolo, in Brasile, mons. Odilo Pedro
Scherer
Oggi su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La “missione globale” di Cristo al centro del Messaggio di
Quaresima dei vescovi sudafricani
Frane e violenze sconvolgono il Pakistan
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
Benedetto
XVI all'udienza generale: i miti del relativismo etico di ieri
e di oggi, "diabolici
depistaggi" rispetto alla verità del Vangelo.
Appello del Papa per i malati di tubercolosi
In tempi in cui etica e
religione vengono svuotate di senso, la lezione degli antichi apologeti
cristiani, che difendevano il Vangelo dai miti pagani e dalle mode del tempo,
ritorna con prepotente attualità. Lo ha ribadito questa mattina Benedetto XVI davanti
alle 25 mila persone presenti in Piazza San Pietro all’udienza generale. Il
Papa ha dedicato la sua catechesi alla figura del primo apologeta cristiano,
San Giustino, ed ha poi concluso con un appello per i malati di tubercolosi, la
cui Giornata internazionale verrà celebrata sabato prossimo. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
**********
“Cristo ha affermato di
essere la verità, non la consuetudine”. Al contrario, i miti o le mode che si
susseguono nella diverse epoche si sostanziano di rituali artificiosi, che
nulla hanno a che vedere e anzi sono fuorvianti rispetto al Vangelo. Ciò
accadeva duemila anni fa - quando agli esordi del cristianesimo una categoria
di scrittori si era incaricata di difenderne principi e valori - e accade oggi,
giacché quegli stessi principi e valori vengono bersagliati dal relativismo
etico. E’, in sostanza, l’insegnamento che Benedetto XVI trae dalle
considerazioni sulla vita di Giustino, scrittore e apologeta del 100 dopo
Cristo, martire attorno al 165 sotto Diocleziano. Gli scritti degli apologeti
come Giustino, ha spiegato il Papa, avevano due obiettivi: difendere il
cristianesimo nascente "dalle pesanti accuse di pagani ed ebrei” ed
“esporre i contenuti della fede in un linguaggio e con categorie di pensiero comprensibili
ai destinatari”. L’avversario, per tutti, era il paganesimo:
“Con la religione
pagana, infatti, i primi cristiani rifiutarono strenuamente ogni compromesso.
La ritenevano idolatria, a costo di essere tacciati per questo di ‘empietà’ e
di ‘ateismo’. In particolare Giustino, specialmente nella sua prima Apologia,
condusse una critica implacabile nei confronti della religione pagana e dei
suoi miti, considerati da lui come diabolici ‘depistaggi’ nel cammino della
verità”.
Se il paganesimo viene rigettato
con il suo corredo di falsità, non così la filosofia greca, "terreno
privilegiato" per l'incontro con la fede cristiana, cui Giustino approderà
dopo “un lungo itinerario”. Antico Testamento e pensiero greco, ha affermato il
Papa, sono le due strade che guidano a Cristo e al Logos, cioè Cristo
come Verbo di verità. Verità che, sfuggendo alla religione pagana incentrata
sul mito, condanna poi quella stessa religione, ha osservato il Pontefice, ad
un inevitabile “tramonto”:
“Questo tramonto fluiva
come logica conseguenza del distacco della religione - ridotta a un artificioso
insieme di cerimonie, convenzioni e consuetudini - dalla verità dell'essere.
Giustino, e con lui gli altri apologisti, siglarono la presa di posizione netta
della fede cristiana per il Dio dei filosofi contro i falsi dèi della religione
pagana. Era la scelta per la verità dell'essere
contro il mito della consuetudine”.
Sul contrasto tra verità
e consuetudine si soffermerà, qualche decennio dopo Giustino, un altro grande
scrittore, Tertulliano. E’ sua la frase “Cristo ha affermato di essere la
verità, non la consuetudine”. E nelle lingue moderne, quel “consuetudine”, ha asserito
Benedetto XVI, si può tradurre in “moda culturale, moda del tempo”:
“In un'età come la
nostra, segnata dal relativismo nel dibattito sui valori e sulla religione -
come pure nel dialogo interreligioso -, è questa una lezione da non
dimenticare. A tale scopo vi ripropongo - e così concludo - le ultime parole
del misterioso vegliardo, incontrato dal filosofo Giustino sulla riva del mare:
‘Tu prega anzitutto che le porte della luce ti siano aperte, perché nessuno può
vedere e comprendere, se Dio e il suo Cristo non gli concedono di capire'”.
Dopo aver svolto
sinteticamente le catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha rivolto un
saluto - ormai consueto da molte settimane a questa parte - ai fedeli di regioni
italiane guidati dai vescovi in visita ad Limina, in questo caso
provenienti dalle diocesi della Sardegna. “Cari amici - ha detto loro il Papa -
nella recente Esortazione Apostolica ho richiamato il valore dell’Eucaristia
per la vita della Chiesa e di ogni cristiano. Incoraggio anche voi ad attingere
da questa mirabile fonte la forza spirituale necessaria per mantenervi fedeli
al Vangelo e testimoniare sempre e dappertutto l’amore di Dio. E voi, cari
Fratelli nell’Episcopato, ‘facendovi modelli del Gregge’ non stancatevi di
condurre i fedeli affidati alle vostre cure pastorali ad una adesione personale
e comunitaria sempre più generosa a Cristo”.
Infine, Benedetto XVI ha
concluso l’udienza ricordando l’evento che la comunità internazionale celebrerà
sabato prossimo 24 marzo: la Giornata Mondiale per la lotta contro la
tubercolosi, malattia che miete due milioni di vite all’anno, il 98% delle
quali nei Paesi in via di sviluppo:
“Possa tale ricorrenza
favorire un’accresciuta responsabilità nella cura di tale malattia ed una
sempre più intensa solidarietà nei confronti di quanti ne soffrono. Su di loro
e sulle loro famiglie invoco il conforto del Signore, mentre incoraggio le
molteplici iniziative di assistenza che la Chiesa promuove in questo ambito”.
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Ci sia unità tra
insegnamento teologico e servizio pastorale nella Chiesa: così il Papa ai
docenti della Facoltà teologica di Tubinga
Caloroso incontro oggi
in Vaticano fra il Papa e i docenti della Facoltà teologica di Tubinga.
Un’occasione per Benedetto XVI per ribadire che la teologia deve essere a
servizio della Chiesa e del Popolo di Dio. Ci riferisce in proposito Tiziana Campisi:
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E’ stata una visita
che ha particolarmente rallegrato Benedetto XVI, stamani, quella dei docenti
della Facoltà teologica di Tubinga. Il Papa ha confessato scherzosamente che
l’incontro, facendolo tornare ai tempi del suo insegnamento all’Università di
Tubinga, lo ha fatto sentire più giovane. Quindi ha confidato che aveva visto
nell’insegnamento la propria vocazione. “Ma la volontà di Dio voleva altra
cosa!” ha aggiunto. La teologia, ha sottolineato il Santo Padre, non è una
scienza per pochi, essa è importante per tutti: risponde infatti alle domande
che l’umanità si pone e chiarisce i contenuti della Verità. Un impegno grande,
dunque, quello della teologia, che non va dimenticato e cui essa stessa deve
adempiere. Una scienza che non deve fermarsi ad analisi condotte con metodo, ma
che deve porgere risposte alle domande fondamentali di oggi. Per il Papa
l’incontro di questa mattina è un segno dell’unità interiore che sussiste fra
l’insegnamento della teologia e il proprio servizio pastorale come Pontefice.
Il teologo, ha proseguito il Santo Padre, deve chiedersi sempre se quanto
scrive corrisponda al vero e quanto sia importante per il mondo contemporaneo.
Benedetto XVI ha poi aggiunto che deve esserci pure unità fra insegnamento
teologico e servizio pastorale nella Chiesa; per l’uomo, per il mondo e per il
nostro futuro. La teologia ha bisogno del coraggio di fare domande ma deve
anche ascoltare devotamente le risposte della fede cristiana, ha concluso il
Santo Padre, e questo perché essa non resti al chiuso delle università ma aiuti
anche a vivere.
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Il Papa esprime al
presidente Putin il suo profondo cordoglio
per le sciagure verificatesi in questi giorni in
Russia in un ospizio
per anziani e in una miniera, e costate la vita a
circa 170 persone
Benedetto XVI ha espresso al presidente
Vladimir Putin il suo profondo dolore per due sciagure verificatesi tra
domenica e lunedì scorsi in Russia: l’esplosione nella miniera di carbone di
Ulyanovskaya, in Siberia, costata la vita di almeno 107 minatori, e l’incendio di una casa per anziani nel villaggio
di Kamyshevatskaya, nella Russia centrale, in cui sono morte 62 persone.
In un telegramma inviato a suo nome dal
cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa, “profondamente
rattristato”, esprime la “sua spirituale vicinanza" a quanti sono stati
colpiti “da questi luttuosi eventi” e stanno vivendo ancora ore di angoscia e
assicura la sua preghiera per quanti hanno perso la vita, formulando “vivi
auspici” per una “pronta guarigione” dei feriti. In memoria delle vittime di
queste sciagure il presidente russo Putin ha proclamato per oggi una giornata
di lutto nazionale.
Il Papa nomina
arcivescovo metropolita di San Paolo, in Brasile,
mons. Odilo Pedro Scherer
In Brasile, il Papa ha
nominato arcivescovo metropolita di San Paolo mons. Odilo Pedro Scherer, finora
vescovo titolare di Novi e ausiliare della medesima arcidiocesi. Mons. Odilo
Pedro Scherer è nato il 21 settembre 1949 a São Francisco, municipio di Cerro
Largo (RS), nella diocesi di Santo Ângelo (Brasile). Dopo gli studi preparatori
nel Seminario diocesano di Toledo (PR) e in quello “São José”, dell’arcidiocesi
di Curitiba, ha frequentato i corsi di filosofia nel Seminario maggiore “Rainha
dos Apóstolos”, a Curitiba, e quelli di teologia presso lo Studium teologicum,
della medesima città. Dopo l’ordinazione, come alunno del Pontificio Collegio
Pio Brasiliano di Roma, ha conseguito la licenza in filosofia e la laurea in
teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. E’ stato ordinato
sacerdote il 7 dicembre 1976, incardinadosi nel clero diocesano di Toledo. E’
stato rettore e professore del Seminario minore “São José”, di Cascavel (PR), e
del Seminario filosofico “Maria Mãe da Igreja”, di Toledo; professore di
teologia presso l’Istituto teologico di Londrina; rettore del Seminario
teologico “Nossa Senhora de Guadalupe”, de Cascavel; professore di filosofia presso il Centro
universitario statale di Toledo, direttore e professore di teologia del Centro
teologico interdiocesano di Cascavel. Quindi è stato vice-parroco della
parrocchia “São Pedro e São Paulo”, di Toledo, parroco della Cattedrale “Cristo
Rei” e membro del Consiglio presbiterale. Presso la Conferenza Episcopale
Regionale “Sul 2” (Stato di Paraná), è stato incaricato della pastorale
vocazionale e coordinatore della Commissione regionale dei presbiteri. Dal 1994
al 2001 è stato officiale della Congregazione per i Vescovi; in tale periodo ha
prestato servizio pastorale presso la parrocchia “Santi Patroni d’Italia,
S.Francesco e S.Caterina”, e come cappellano della Casa di Cura delle Ancelle
Francescane del Buon Pastore. Il 28 novembre 2001 è stato nominato vescovo
titolare di Novi e ausiliare di San Paolo, ed ha ricevuto l’ordinazione
episcopale il 2 febbraio successivo. Nel maggio 2003 è stato eletto segretario
generale della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile per il quadriennio
2003-2007. Il 12 dicembre 2006 è stato nominato dal Santo Padre segretario generale
aggiunto della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano.
Il cardinale Bertone: obiettivo centrale del
Pontificato di Benedetto XVI
è quello di recuperare l’identità cristiana nella
sua autenticità
“L’obiettivo centrale
del Magistero e del Ministero di Papa Benedetto è quello di recuperare l’identità
cristiana nella sua autenticità e di spiegare e confermare l’intelligibilità
della Fede in un contesto di secolarismo diffuso”. E’ quanto ha detto ieri sera
a Milano il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone intervenendo ad un
incontro promosso dall’Associazione Etica e Finanza. Il porporato ha tracciato
le linee fondanti del Pontificato di Benedetto XVI che tra meno di un mese, il
19 aprile, compirà due anni. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Per Benedetto XVI – ha
sottolineato il porporato - “il relativismo è diventato il problema
fondamentale della fede dei nostri giorni”: si tratta di un atteggiamento che
“non si esprime solo come una forma di rassegnazione di fronte alla verità irraggiungibile,
ma si definisce anche ricorrendo alle idee di tolleranza, conoscenza dialogica
e libertà, che parrebbero coartate dalla concezione di una verità universalmente
valida. Il relativismo – ha aggiunto - si presenta inoltre come la base
filosofica della democrazia, la quale si fonderebbe appunto sul fatto che
nessuno può pretendere di conoscere la strada giusta”. E in questo contesto Benedetto XVI si fa
“annunciatore appassionato” della verità che è una persona, è Cristo, “l’unico
e universale Salvatore” e che per questo va proclamato a tutti i popoli. “Gesù
non può essere relativizzato come uno dei tanti geni religiosi”.
Ed è in questo
contesto – aggiunge - che “nel rapporto
con gli Stati e con le società civili, pur nella distinzione fra la sfera della
politica e quella della religione, si ribadisce il dissenso deciso con le
politiche pubbliche che toccano il nocciolo moralmente irrinunciabile della
difesa della vita. Il primato della vita sta diventando un motivo frequente
negli interventi papali, dal no assoluto alla guerra e alla violenza, alle
manipolazioni genetiche e alla condanna dell'eutanasia, ma emerge soprattutto
la proposta della visione cristiana della famiglia”.
Il Papa tuttavia – ha
spiegato il cardinale Bertone - “non vuole cadere nell’errore di costruire un
cattolicesimo politico” perché “la fede non indica ricette politiche, ma vuole
semplicemente contribuire alla purificazione della ragione e recare il proprio
aiuto per far sì che ciò che è giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e
poi anche realizzato”. Il cardinale ricorda che “secondo l’ecclesiologia emersa
dal Concilio Vaticano II, la Chiesa non è semplicemente una grande struttura,
uno dei tanti enti sovranazionali che esistono. La Chiesa, pur essendo corpo, è
corpo di Cristo e quindi un corpo spirituale, come dice San Paolo. Non è un
corpo amministrativo o di potere, non è una agenzia sociale, benché faccia un
lavoro sociale e sovranazionale, ma è un corpo spirituale. Esistono tuttavia
fondamenti della fede che creano uno spazio libero per la ragione politica”.
Il cardinale descrive
l’attuale momento storico: “Benedetto XVI si trova di fronte la situazione del
pianeta diviso e attanagliato da numerosi problemi: il fondamentalismo
islamico, l'indifferenza dei Paesi benestanti, la confusione delle sette, il
disorientamento causato dalla povertà del terzo e quarto mondo, mentre si
constata un nuovo vitalismo economico a Oriente… Poi c'è la questione
dell’ecumenismo. Con il mondo dell'ortodossia, a Mosca più che altrove, occorre
superare antiche diffidenze”. Il Papa – afferma il cardinale Bertone - in
questa situazione promuove il dialogo “con gli esponenti del pensiero umano –
della scienza, della filosofia e della teologia – per scoprire che tutte sono
espressione della ragione autentica, aperta alla trascendenza e che tutte hanno
il compito di comprendere che la realtà è una e che l’uomo è uno”.
Il segretario di Stato
parla della “rappresentazione malevola che una parte della cultura
contemporanea attribuisce alla Chiesa di Roma”. Una rappresentazione “smentita”
da tutto il Pontificato di Benedetto XVI che, come si legge nell’Enciclica Deus
caritas est, esprime “l'idea di una
religione lieta, sentita per l'aldiquà e per l'aldilà, vissuta con i sensi e
con la ragione, con il corpo e con lo spirito”.
Il porporato ricorda
infine che “ci sono due parole che ricorrono negli interventi di Papa Benedetto
… gioia e amicizia”. Il Papa ci fa sentire che abbiamo Dio vicino, Dio come
amico, e vuol far comprendere a tutti “come sia bello e gratificante essere
cristiani, fare esperienza dell’incontro con un avvenimento, con una Persona
che dà alla vita un nuovo orizzonte”.
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La Pontificia Accademia per la Vita risponde alle
interpretazioni
"fuorvianti" della Dichiarazione finale
della sua XIII Assemblea generale
La Pontificia
Accademia per la Vita definisce “palesemente parziali e fuorvianti” alcune
interpretazioni dei contenuti della Dichiarazione finale della sua XIII Assemblea
Generale, apparse in questi giorni su alcuni organi d'informazione italiani. In
una nota pubblicata oggi, precisa che il Congresso internazionale organizzato
in occasione dell'Assemblea sul tema "La coscienza cristiana a sostegno
del diritto alla vita" ha registrato un'ampia presenza di studiosi e
partecipanti da tutto il mondo (oltre trenta Paesi dai cinque continenti).
“Appare, pertanto, del tutto scontato ed inequivocabile – si afferma - il
carattere d'indirizzo universale di quanto riportato dalla suddetta
Dichiarazione Finale”. Di conseguenza, ogni interpretazione tesa “a considerare
quanto proposto nel documento come se fosse rivolto ad una nazione in
particolare risulta del tutto errata e, talvolta, mostra il sapore di una
forzatura un po’ "provinciale".
La Pontificia
Accademia rileva il caso specifico dell’esortazione all'obiezione di coscienza
nell'ambito della tutela della vita umana (Dich. Fin., n. 6). “In essa – afferma
- è contenuta un'esortazione generale a
sollevare un problema di coscienza di fronte alla possibile cooperazione con
quegli atti, privati o pubblici, che costituissero un attentato all'integrità
ed alla dignità della vita umana individuale e, laddove non vi fossero
alternative, a considerare il ricorso all'obiezione di coscienza. Interpretare una tale esortazione, rivolta a
tutti coloro che, nel mondo, hanno parte attiva nelle decisioni ed azioni che
riguardano la vita umana e la sua tutela, come un ‘attentato’ alla sovranità
dello Stato o addirittura come un'istigazione a commettere reato – precisa la
nota - francamente risulta iperbolico,
strumentale e, soprattutto, poco incline alla garanzia effettiva di quella
libertà di pensiero e di espressione che costituisce il requisito necessario di
ogni società autenticamente democratica”. Alla Pontificia Accademia per la Vita
“così come agli altri organismi della Santa Sede – si legge ancora nel
comunicato - non appartengono in alcun
modo finalità di intervento politico o di interferenza con i processi
democratici dello Stato, in nessun Paese del mondo. Spetta ai laici cattolici ed ad ogni persona
di buona volontà, secondo le proprie responsabilità sociali, il compito di
trovare le vie concrete e possibili per tradurre in pratica le esigenze che
scaturiscono dal riconoscimento della dignità di ogni essere umano e del valore
inviolabile della sua vita. Ma la Pontificia Accademia per la Vita ritiene di
avere anch'essa il diritto (che peraltro essa considera come un dovere) di contribuire
a richiamare ed incoraggiare ciascuno ad esercitare la propria responsabilità
in ordine alla tutela della vita umana individuale, ben consapevole del fatto
che, talvolta, l'esercizio concreto di tale responsabilità ha dei costi
personali anche pesanti”. Alla luce di queste precisazioni, la Pontificia
Accademia “ribadisce il suo impegno per continuare a contribuire, mediante i
suoi studi e le sue ricerche, ad una più approfondita comprensione del mistero
della vita umana, in uno stile di dialogo costruttivo e fecondo con ogni
persona o istituzione che abbia a cuore la dignità dell'uomo e riconosca nella
vita umana un bene fondamentale. La ricerca comune della verità, perseguita con
onestà intellettuale e rettitudine morale, nel rispetto delle diverse visioni,
sarà la strada migliore per raggiungere mete comuni al servizio del bene
autentico di ogni essere umano”.
Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II:
venerdì la chiusura
del processo sul presunto miracolo che porterà la
documentazione
alla Congregazione delle Cause dei Santi
Si chiuderà venerdì prossimo, 23 marzo, il
processo sul presunto miracolo post mortem che sarebbe avvenuto per intercessione
di Giovanni Paolo II. Lo ha annunciato mons. Slawomir Oder, postulatore della
Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Karol Wojtyla. Il caso riguarda la
guarigione inspiegabile di una religiosa francese affetta dal morbo di
Parkinson. La chiusura di questo processo conclude l’iter previsto per arrivare
alla Beatificazione, iter che accanto al riconoscimento dell’esercizio eroico
delle virtù, richiede un miracolo. Il 2 aprile, nel secondo anniversario della
morte di Papa Wojtyla, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, nel corso di
una cerimonia che si svolgerà alle 12 e che sarà preceduta dalla recita
dell’Ora sesta, sarà chiusa l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la
fama di santità del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Il materiale raccolto sarà
trasmesso poi alla Congregazione delle Cause dei Santi.
Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - In
primo piano l'udienza generale. Appello del Santo Padre in occasione della
Giornata Mondiale per la lotta contro la Tubercolosi.
Servizio estero - In
rilievo l'Iraq: ottanta morti in combattimenti e attentati a Baghdad e Falluja.
L'Unhcr chiede impegno per i quattro milioni di profughi.
Servizio culturale -
Un articolo di Francesco De Felice dal titolo "Tuffarsi nella filosofia
con l'istinto del genio": il pensiero ardito e stimolante di Giovanni
Papini.
Sevizio italiano - In
evidenza il tema degli incidenti sul lavoro.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
E' tutto pronto a Roma per l'apertura del Congresso
europeo
"Valori e prospettive per
l'Europa di domani" a 50 anni dai Trattati
di Roma, promosso dalla Commissione
degli Episcopati
dell'Unione Europea
Il 25 marzo 1957, con
la costituzione della Comunità Economica Europea (CEE) - e la Comunità per
l’Energia Atomica, l’Euratom, nasceva istituzionalmente l’Europa. Il
cinquantenario dei Trattati di Roma, con iniziative in tutti i 27 Paesi
dell’Unione Europea, è un avvenimento che non coinvolge soltanto il mondo politico
ed istituzionale del continente ma anche quello ecclesiale. Venerdì mattina
infatti, si apre a Roma il Congresso europeo “Valori e prospettive per l’Europa
di domani”, promosso dalla COMECE, la Commissione degli Episcopati della Comunità
Europea. In preparazione a questo evento, l’organismo dei vescovi dell'Unione
ha istituito un “Comitato di saggi”, composto da 25 autorevoli personalità di
20 Paesi, con il compito di redigere un rapporto sui valori dell’Unione Europea
da sottoporre al Congresso di Roma. Ma quali sono gli obiettivi dell’assise europea
che si apre dopodomani? Isabel Cousturie lo ha chiesto al segretario
generale della COMECE, mons. Noël Treanor:
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R. – Attraverso la presenza e la
partecipazione di tanti laici, dappertutto in Europa, la Chiesa ha potuto
mobilitare l’interesse, il coinvolgimento dei cittadini cattolici, dei
cristiani, in quanto cittadini di quest’Europa, affinché prendano parte al
dibattito sul futuro dell’Europa e affinché possano sottolineare l’importanza
del patrimonio cristiano ancora vivo, per assicurare lo sviluppo integrale di
questo progetto europeo, che oltrepassa la realtà del mercato. La realtà
economica è molto importante ed è stata sempre il motore per realizzare il
canale dei valori. Questo progetto europeo, che però oltrepassa il commerciale,
deve essere al servizio della promozione della dignità di ogni persona e della
dignità della società umana, in quanto tale.
D. – La COMECE ha festeggiato i suoi 27
anni quest’anno e ha potuto seguire passo, passo il processo di costruzione
europea, con i suoi successi, ma anche con i suoi insuccessi. Oggi tutto sembra
bloccato, sembra che l’Europa debba fare i conti con i dubbi e la paura. Oggi
come oggi, qual è la funzione principale della COMECE di fronte a questi dubbi,
a questi timori, che minacciano forse anche il senso stesso della costruzione
europea?
R. – E’ vero che nelle società dei Paesi
membri dell’Unione Europea, come un po’ dappertutto in questo momento, ci sono
delle grandi angosce che toccano i cittadini europei e del mondo. Oggi, nel
contesto di queste angosce, penso che il ruolo importante, non solamente per la
COMECE, ma anche per la Chiesa e le Chiese cristiane, sia quello di cercare
all’interno della comunità cristiana di elaborare un linguaggio, per quanto
riguarda queste paure e angosce che minacciano la coesione delle nostre
società. La paura è promossa anche dall’ignoranza. E là dove c’è un sentimento
di difficoltà, là dove c’è l’intuizione della presenza di cose che non vanno,
che non funzionano, bisogna elaborare un linguaggio, affinché con la parola si
arrivi a far capire e arrivando a capire, si possa cominciare ad elaborare
delle strategie, non solamente economiche e politiche, ma anche di ordine
etico, per affrontare queste sfide. In
questo modo cercheremo di dare forma umana alla società europea di domani.
D. – La Chiesa ha sempre cercato di essere
la coscienza della società e della vita pubblica, e sempre ovviamente nel
rispetto della separazione tra fede e politica. Ma oggi si osserva in vari
Paesi, la persistenza di un certo comportamento ostile al diritto di intervento
della Chiesa nello spazio pubblico. E’ una cosa che vi preoccupa?
R. – E’ vero che ci sono alcune correnti
che negano alle Chiese di prendere parte al dibattito pubblico, ma queste
correnti sono sempre state presenti. La Chiesa continuerà ad esprimersi in modo
profetico. Il fatto che ogni tanto ci sia della resistenza, invita la Chiesa a
raffinare i suoi argomenti, la sua riflessione ed anche a sottolineare che la
partecipazione al dibattito pubblico non è in nessun modo una ricerca di un
privilegio per la Chiesa, ma piuttosto un servizio reso all’umanità intera.
D. – Molte conferenze episcopali insistono
sull’importanza e sull’urgenza di formare un laicato che diventi veramente
protagonista della vita politica. Ne tenete conto nei vostri progetti futuri?
R. – Si vuole fare di tutto, affinché anche
in quei Paesi dove questa tradizione di un certo laicato organizzato a livello
nazionale non esiste - e si cerca per questo di crearne uno – nei diversi campi
della vita pubblica, nella politica, nelle imprese, nelle accademie e nelle
università, ci siano donne e uomini cattolici, cristiani, che accompagnano, in
funzione delle loro competenze professionali, le grandi sfide della società di
oggi. Questa resta una sfida molto importante per la Chiesa nella società
dell’informazione, cioè quella di come applicare la ricchezza incredibile della
dottrina cristiana, i valori del Vangelo, il contenuto della dottrina sociale
della Chiesa, nel linguaggio dei responsabili della società, nei Paesi e nelle
nazioni. Bisogna fare di tutto, affinché questa capacità, queste realtà,
esistano nei diversi Paesi.
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**********
R. - I due settori più critici sono
quelli del lavoro e della casa. Il lavoro, addirittura, ha una percentuale di
segnalazioni attorno al 33 per cento. Qui, le problematiche sono le più
diverse: dalla difficoltà di accesso all’occupazione alle pratiche di mobbing, del quale gli immigrati
spesso sono bersaglio all’interno dei luoghi di lavoro. Abbiamo avuto il caso
di un hotel del ravennate che ha mandato una e-mail a tutta la propria
clientela, annunciando il cambio di gestione e preannunciando con toni molto
fieri una drastica riduzione del personale extracomunitario, per favorire
relazioni pubbliche più serene, più amichevoli e meno conflittuali. L’altro
settore molto critico è quello dell’accesso all’alloggio. Nelle inserzioni per
gli affitti spesso compare la dicitura: “No stranieri”. Altri casi ricorrono
nelle relazioni di vicinato, nei conflitti all’interno dei condomini, proprio
perché qui il contatto fra etnie, fra culture diverse, non è più occasionale.
Questo cambiamento di prospettiva genera un potenziale di competizione e di
conflitto che spesso degenera nella discriminazione e nella molestia.
D. -
Chi sono gli utenti che si rivolgono maggiormente a voi?
R. -
In gran parte, si tratta di nordafricani. E qui vi sono due motivazioni fondamentali.
La prima è il forte protagonismo che ha avuto l’immigrazione africana e
maghrebina negli anni scorsi verso il nostro Paese. Un secondo motivo, molto
importante, è il colore della pelle. Il colore della pelle è ancora un forte
marcatore etnico, che purtroppo attira dei comportamenti discriminatori
all’interno dei luoghi di lavoro, delle relazioni di vicinato, nei rapporti di
locazione, nella vita pubblica.
D. -
Con il moltiplicarsi degli episodi terroristici, sta cambiando l’atteggiamento
verso le popolazioni e gli immigrati arabi?
R. -
Al call-center dell’UNAR non sono arrivate delle denunce specifiche
sull’islamofobia. Noi, però, avvertiamo un cortocircuito fra i temi
dell’immigrazione, dell’allarme antiterrorismo e dell’ordine pubblico. E questo
non ha fatto altro che ingenerare diffidenza, paura, ostilità nei confronti
degli immigrati.
D. -
A livello di istituzioni, cosa viene fatto e, soprattutto, cosa non viene fatto
per combattere la discriminazione razziale e la xenofobia?
R. -
La vera sfida che bisogna affrontare - e questo viene spesso sottolineato
dall’Unione Europea, ma anche dalle Nazioni Unite - è quella di riuscire a contemperare
il rispetto dei particolarismi delle religioni, delle differenze delle varie
etnie, con dei valori universali, che sono quelli dell’integrità umana, della
dignità umana, della parità fra uomo e donna. Senz’altro, però, delle lacune
sono ancora presenti. Uno dei problemi più critici resta quello delle comunità Rom
e Sinti. Per questo, abbiamo istituito un gruppo di lavoro che studia
proprio le problematiche della popolazione Rom, Sinti e Camminanti,
esistenti in Italia, che spesso vivono in condizioni di emarginazione e di
esclusione sociale.
**********
Si celebra oggi la Giornata mondiale sulla Sindrome
di Down,
una patologia dalle
cause ancora sconosciute. Anche se in gran parte
superati, i pregiudizi
sulla disabilità provocati
dalla malattia sono
ancora diffusi
E’ cambiata, in questi ultimi decenni,
l’immagine delle persone nate con sindrome di Down, oggi più integrate nella società.
Ma c’è ancora molto da fare per superare pregiudizi e false informazioni su
quanti sono affetti da questa patologia. Se ne discute, in occasione
dell’odierna Giornata mondiale sulla Sindrome di Down, nell’ambito di svariate
iniziative. Eliana Astorri ha chiesto ad Anna Contardi,
dell’Associazione italiana persone Down, quali dati ci fornisce oggi la scienza
su questa sindrome:
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R. - Le cause della sindrome di Down non
sono ancora conosciute. Sappiamo che la caratteristica della sindrome di Down è
la presenza di un cromosoma in più, ma non si sa perché questo avvenga. Si sa
che esistono dei fattori di rischio, ad esempio un’età materna molto avanzata
predispone ad un rischio maggiore ad avere un bambino con sindrome di Down.
Questo non vuol dire che ne sia la causa e infatti molti bambini con sindrome
di Down nascono da donne molto giovani. Dunque si tratta di una sindrome
presente in tutte le razze, in tutto il mondo, e in tutti i ceti sociali, ed è
anche questa sua caratteristica di grande diffusione che rende difficile
l’individuazione delle cause.
D. – Chi è il bambino con sindrome di Down,
cosa fa, come vive?
R. - Intanto va detto che i bambini con la
sindrome di Down hanno tra di loro una grande variabilità, hanno
caratteristiche anche abbastanza diverse. In generale, è un bambino che
imparerà a camminare, imparerà a parlare, generalmente un po’ più tardi degli
altri bambini, e che quindi nei primi anni di vita ha bisogno di un sostegno
riabilitativo per raggiungere le tappe dello sviluppo, così come quando
iniziano a parlare hanno, di solito, necessità di una riabilitazione logopedica,
cioè di una riabilitazione del linguaggio che li accompagni nella formazione
del linguaggio. Però, sono bambini che, anche se con un ritardo intellettivo,
con una disabilità intellettiva, possono inserirsi prima nella scuola di tutti
e poi a pieno titolo nella società. Quindi sono bambini che vanno a scuola, li
incontriamo nelle classi con gli altri bambini. Ovviamente, come tutti i
bambini con handicap, hanno bisogno di un sostegno specifico nell’integrazione
scolastica, sono bambini che magari vanno agli scout, vanno a giocare con gli
altri bambini all’oratorio. Possono, se vengono adeguatamente seguiti e
sostenuti in questo, raggiungere dei livelli discreti di autonomia personale e
sociale e alcuni adulti oggi lavorano.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
Oggi, festa del transito di San Benedetto,
patrono d’Europa.
Manifestazioni
celebrative a Montecassino, Subiaco e Norcia
Si celebra oggi la festa
del transito di San Benedetto, nelle data ritenuta della sua morte, che sarebbe
avvenuta a Montecassino il 21 marzo del 547, laddove aveva fondato intorno al
529 quella “Città sul monte”, che oggi ospita il suo sepolcro insieme a quello
di Santa Scolastica. Particolare enfasi quest’anno nelle manifestazioni
benedettine, nel Lazio e in Umbria, in concomitanza con il 50 mo anniversario
dei Trattati di Roma. Proprio a Montecassino, dove Benedetto completò la sua
Regola, Paolo VI nel 1964 lo ha proclamato patrono d’Europa, quale “messaggero
di pace, operatore d’umanità, maestro di civiltà e soprattutto araldo della
fede e iniziatore della vita monastica in Occidente”. Spiega oggi Dom Mauro
Meacci, abate ordinario di Subiaco, dove il padre del monachesimo visse per 30
anni, che la Regola di Benedetto “ha
influito sul farsi della cultura europea e anche sull’attuale dibattito circa
la fondazione dei valori, delle istituzioni e della dignità della persona umana
riguardo alla concezione del tempo, dello spazio, della persona, del lavoro.” E
quest’anno per la prima volta a Subiaco si celebra il marzo benedettino. Ieri,
alla vigilia dell’odierna festa del transito, il cardinale Josè Saraiva
Martins, ha presieduto una celebrazione nel Sacro Speco, Monastero che conserva
la grotta dove Benedetto si ritirò in solitudine e preghiera per tre anni,
prima di dedicarsi alla fondazione nella valle circostante delle 13 originarie
comunità monastiche. Ha sottolineato il porporato che “San Benedetto e i suoi monaci
sono stati maestri di spiritualità e di pensiero, sono stati tra i costruttori
dell’Europa, civilizzandola e unificandola sui comuni valori cristiani”. Un esercito
di circa “10 milioni di monaci e monache, una trentina di Papi, 260 cardinali,
migliaia di vescovi e più di 360 Santi”. Manifestazioni anche a Norcia, città
natale intorno al 480 di Benedetto, e a Montecassino dove ieri - presenti gli
ambasciatori d’Europa - è stato letto un Messaggio di pace per il Continente e
stamane il cardinale Angelo Scola ha celebrato una solenne Messa nell’Abbazia,
cui hanno assistito numerose autorità civili. “Ancora oggi a distanza di secoli
– ha osservato il patriarca di Venezia – “l’ideale dell’ ‘ora et labora’ di San
Benedetto deve essere visto come faro di luce per la cristianità”: i suoi
insegnamenti – ha aggiunto – sono “una grande speranza in una società
difficile”. Infine, nel pomeriggio nel centro storico di Montecassino vi sarà
la processione con la reliquia del Santo e la benedizione sull’Europa alla presenza,
annunciata, del presidente del Parlamento europeo, Hans Gert Poettering. (Servizio
di Roberta Gisotti)
Presentato
ieri sera a Roma il libro dello storico Marco Impagliazzo,
"La
Diocesi del Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI"
“Un libro non solo di
cronaca, ma che permette di comprendere le trasformazioni della Chiesa in un
periodo complesso della storia di Roma”. Così il sociologo Giuseppe De Rita
alla presentazione del libro dello storico Marco Impagliazzo “La diocesi del
Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI (1963-1978)”, ieri sera, in
Campidoglio. Sono intervenuti - come riferisce l’Agenzia SIR - anche gli
storici Andrea Riccardi, iniziatore degli studi su Chiesa e società nel
dopoguerra, il senatore Pietro Scoppola, il senatore a vita Oscar Luigi
Scalfaro. Sono gli anni del terrorismo, quelli in cui si costituisce la diocesi
del Papa, durante il pontificato di Paolo VI, “sotto la spinta interna – ha
detto De Rita – dei cattolici romani a una diocesanità piena”. Decisiva la
volontà del Papa a realizzare “il primato della Chiesa locale teorizzato dal
Concilio Vaticano II”, rendendo “autonoma” la diocesi dalla Curia romana.
Importante anche il ruolo dei “personaggi che hanno dato vita al convegno del
febbraio ’74, la più grande assemblea ecclesiale cittadina”: il vicario di Roma
cardinale Ugo Poletti, don Luigi Di Liegro e laici come lo stesso De Rita. “Al
convegno che segna la nascita della diocesi di Roma – ha concluso De Rita –,
per la prima volta dopo Federico Barbarossa, i laici presero la parola nella Basilica
del Laterano”.
In Ecuador
da oggi il primo congresso nazionale Pro-vita e famiglia.
Ieri la “Marcia per la vita”, in vista della
Giornata del 25 marzo
dedicata al bambino non nato
“La verità integrale sulla vita e sulla
famiglia", è il tema del primo congresso nazionale Pro-vita e famiglia che
organizza la Conferenza episcopale dell'Ecuador e che si svolge da oggi al 25
marzo nella città di Guayaquil. Il Congresso sarà aperto con una relazione di
mons. Néstor Herrera, vescovo di Machala, presidente dell'Episcopato. Saranno
presenti anche mons. Antonio Arregui, arcivescovo di Guayaquil e mons. Germán
Pavón, vescovo di Ambato, responsabile della Pastorale familiare.
Nell'organizzazione dell'incontro ha preso parte anche il Consiglio ecuadoriano
dei laici cattolici (CELCA). Fra genitori, professionisti, giovani, accademici,
scienziati e pastori di tutte le Chiese particolari del Paese sono previste
almeno 3.500 persone. Lo scopo del Congresso, secondo quanto hanno dichiarato
gli organizzatori, è quello di sottolineare con forza l'annuncio sulla verità
della vita e della famiglia alla luce del Vangelo e del magistero della Chiesa.
Tra i temi in discussione la sacralità della vita, la famiglia come santuario
della vita, una legislazione che protegga sia la vita che la famiglia. Tra i
relatori, i cardinali Juan Luis Cipriani arcivescovo di Lima, Pedro Rubiano
Sáenz arcivescovo di Bogotà ed Antonio González Zumárraga arcivescovo di Quito.
In vista della Giornata dal bambino non nato, che si celebrerà il 25 marzo, per
la prima volta in Ecuador si è svolta ieri una Marcia alla quale hanno preso
parte numerose donne, in particolare quelle che aspettano un bambino,
espressione pubblica dell'amore per la vita. Alla fine della Marcia mons.
Antonio Arregui, arcivescovo di Guayaquil, ha benedetto tutte le madri
presenti. (A cura di Luis A. Badilla Morales)
La “missione globale” di Cristo al centro del
Messaggio di Quaresima
dei vescovi sudafricani
La “missione globale” di
Cristo è al centro del Messaggio per la Quaresima di quest’anno dei vescovi del
Sudafrica. Richiamando il Vangelo di Luca (“Sono stato inviato a portare la
Buona Novella ai poveri, a proclamare la libertà ai prigionieri, a ridare la
vista ai ciechi”), i presuli sudafricani sottolineano che continuare la
missione salvifica di Cristo significa in primo luogo proclamare la Buona Novella
in modo più efficace. Questo implica formare i futuri sacerdoti nei seminari locali,
preparare le persone ad assumere un ruolo guida nella Chiesa, fornire materiale
educativo ai catechisti, migliorare il servizio liturgico, far fronte alla
sfida della giustizia, essere in contatto con altre denominazioni religiose e
comunità di fede. E a questi progetti sono destinate le offerte dei fedeli
raccolte ogni anno dalla Campagna di Quaresima. Come riferisce il Direttore
nazionale della Campagna, padre Michael Slattery, nelle pagine del settimanale
cattolico sudafricano “The Southern Cross”, la raccolta è molto generosa,
nonostante le difficili condizioni economiche in cui possono vivere alcune
comunità nel Paese. La maggior parte dei fondi raccolti sono destinati alle
persone più bisognose, il resto viene impiegato in programmi educativi, per
pagare le borse di studio e i salari degli insegnanti, per la formazione dei
sacerdoti, per la traduzione della Bibbia e la sua distribuzione, in progetti
ecumenici e altro. (L. Z.)
L’associazione “ISF” per la liberta di stampa
nel mondo, denuncia episodi di censura da parte dell’Esercito statunitense, in
Afghanistan,
nei confronti di operatori internazionali dei
media
"Basta con le
censure americane ai giornalisti in Afghanistan". Questa la protesta
contenuta in una nota di Information Safety and Freedom, associazione per la libertà
di stampa nel mondo. "I militari Usa – prosegue la nota - continuano a sequestrare
macchine fotografiche e telecamere ai reporter presenti in Afghanistan. Lunedì
scorso è accaduto ad una troupe Rai del Tg2 che si trovava a cento metri
dall'autobomba esplosa a Kabul al passaggio di un convoglio dell'ambasciata americana.
Lo stesso era già accaduto il 4 marzo scorso a Nanghar, dove, a seguito di un
attentato, erano state distrutte le immagini raccolte dai colleghi dell'Associated
Press e di Tolo TV". "Chiediamo – conclude la nota di ISF – in base a
quale regola d'ingaggio e a quale norma internazionale, i militari Usa attuino
una censura così violenta nei confronti della stampa internazionale già minacciata
dai Talebani”. ISF invita quindi tutti gli organismi che tutelano la libertà di
stampa nel mondo a protestare in sede ONU e Nato, responsabili della missione
in Afghanistan. (R.G.)
Istituita in Francia la sezione nazionale
dell’Associazione
cattolica mondiale per la comunicazione “SIGNIS”
È nata SIGNIS-France, la
sezione francese dell’associazione cattolica mondiale per la comunicazione. La
nuova sezione nazionale, costituita di recente a Parigi, riunisce i
professionisti cattolici francesi di radio, televisione, cinema, video, educazione
ai media, Internet e nuove tecnologie sotto la presidenza di Philippe Harrouard.
L’obiettivo dei suoi promotori è di contribuire alle iniziative e ai progetti
di SIGNIS, in particolare attraverso l’educazione all’uso dei media, la
promozione di programmi di qualità nelle catene radio-televisive cristiane
francesi, la partecipazione alla Giuria ecumenica al Festival del Cinema di
Cannes e l’assegnazione del Premio SIGNIS ai Festival di Amiens e Tolosa. La
nuova affiliata vuole altresì sostenere giornalisti e produttori cristiani che
lavorano nelle testate laiche francesi. SIGNIS conta oggi membri in 140 Paesi
nel mondo. L’Associazione rappresenta i media cattolici nelle diverse
organizzazioni e istituzioni governative e non governative ed è impegnata a
sollecitare politiche che favoriscano una comunicazione rispettosa dei valori
cristiani, della giustizia e dei diritti umani; a coinvolgere i professionisti
dell’informazione in un dialogo su questioni di etica professionale; a favorire
la collaborazione ecumenica e interreligiosa nelle attività di comunicazione.
Una delle priorità di SIGNIS è assicurare a tutti un accesso di qualità ai
media, grazie ad una formazione che passa attraverso l’apprendimento di una
capacità di lettura e di visione critica e l’acquisizione di nuove tecniche di
comunicazione. L’Associazione ha uno statuto consultivo presso l’UNESCO,
l’ECOSOC e il Consiglio d’Europa. (L.Z.)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
- A cura di Amedeo Lomonaco -
- Nel
nord del Pakistan, ameno 173 persone sono morte in seguito ad una drammatica
serie di frane nella regione del Kashmir indiano e a scontri tra miliziani
locali filogovernativi e militanti islamici uzbeki, avvenuti in una zona
tribale al confine con l’Afghanistan. Il nostro servizio:
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In
Pakistan, almeno 106 persone sono morte nella zona tribale del Waziristan del
Sud, regione nord occidentale al confine con l’Afghanistan, per sanguinosi
scontri scoppiati, negli ultimi due giorni, tra miliziani islamici uzbeki -
probabilmente legati ad Al Qaeda - e militanti locali filogovernativi. Nella battaglia è intervenuto ripetutamente anche l’esercito
pachistano che ha bombardato postazioni dei ribelli uzbeki. I combattimenti
sono iniziati dopo che un leader talebano locale ha ordinato di disarmare i
guerriglieri fedeli ad un capo uzbeko per poter successivamente espellere i
militanti stranieri dal Waziristan del Sud, dove l’autorità del governo di
Islamabad è solo formale. Il nord del Pakistan è teatro poi di un altro dramma
provocato, in questo caso, non da attacchi e violenze ma da ripetuti
smottamenti del terreno. Secondo l’ultimo bilancio, fornito dalle autorità
locali, sono almeno 67 le persone morte nella zona del Kashmir pakistano a
causa di frane provocate dalle piogge torrenziali che hanno colpito in questi giorni
la regione. Tra le vittime ci sono diversi sfollati, sopravvissuti al
disastroso terremoto dell’ottobre del 2005, costato la vita ad oltre 73 mila
civili nel solo Pakistan settentrionale.
************
-
Oltre dal dramma delle frane provocate dalle intense piogge, il Pakistan è
stato dunque scosso anche da nuovi, duri combattimenti, avvenuti in una zona
tribale al confine con l’Afghanistan, tra miliziani filogovernativi e
guerriglieri islamici probabilmente legati ad al Qaeda. Ma questi scontri sono
legati alla crisi afghana? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Loretta
Napoleoni, giornalista, esperta di al Qaeda:
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R. -
Sicuramente, questi scontri sono legati all’atteggiamento duro che gli Stati
Uniti hanno preso nelle ultime due settimane nei confronti del presidente pakistano,
Musharraf. La verità è che quella zona - un’area tribale al confine tra Afghanistan
el Pakistan, dove tra l’altro si troverebbero sia Osama Bin Laden sia al
Zawhari - non è controllata dalle forze dell’ordine pakistane. Questi scontri,
quindi, mettono in evidenza la volontà, da parte del Pakistan, di riprendere il
controllo di questa zona, ma credo sarà molto difficile.
D. -
Quindi, gli scontri si possono leggere come un’offensiva pakistana legata a
quella che è l’offensiva della coalizione in Afghanistan…
R. -
Il Pakistan si trova in una situazione di grosso imbarazzo nei confronti degli
Stati Uniti proprio per la campagna di primavera che è stata lanciata dai
talebani e preannunciata da al Zawhari, il numero due di Al Qaeda, prima della
fine del 2006. Questo dimostra la forza di questa nuova alleanza: quella,
appunto, tra talebani - i vecchi talebani - e la nuova al Qaeda guidata da al
Zawhari, dove Osama Bin Laden è soltanto una figura iconica.
D. -
In questo caso, si parla di militanti uzbeki. Questo spiega qualcosa di più, ci
da qualche indicazione di più per capire com’è strutturata Al Queda?
R. -
Dopo la caduta del regime dei talebani e la cacciata della leadership di al
Qaeda all’interno della zona separata dal Pakistan, c’è stato uno spostamento
di simpatizzanti e truppe islamiste in quella zona, proprio per ricostituire
quello che è l’esercito talebano e per aiutare i talebani a riprendere il
potere. Quindi, la presenza degli uzbeki - ma molto probabilmente anche di
gruppi di diverse etnie nella zona del centro dell’Asia - non è una sorpresa.
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-
Nello Sri Lanka, almeno 18 persone sono morte in seguito a furiosi combattimenti
divampati tra ribelli delle Tigri Tamil e l’esercito nella zona orientale del
Paese. Lo hanno riferito fonti delle forze armate srilankesi, aggiungendo che
circa 150 mila civili sono fuggiti dalla zona teatro degli scontri. Secondo
fonti locali, le violenze sono scoppiate dopo un attacco sferrato dai ribelli
contro postazioni dell’esercito nel distretto di Batticaloa. Nel Paese
asiatico, il conflitto tra guerriglieri Tamil ed esercito, iniziato nel 1983,
ha causato finora oltre 65 mila morti.
-
Ancora macabri ritrovamenti in Iraq: la polizia ha
reso noto che nelle ultime 24 ore sono stati ritrovati a Baghdad almeno 31
cadaveri. Già ieri erano stati rinvenuti altri 30 corpi. A Ramadi, inoltre,
sono state scoperte quattro fosse comuni. Sono poi ore di angoscia per la sorte
di due tedeschi, una donna di 61 anni e suo figlio, rapiti lo scorso 6 febbraio
a Baghdad. I sequestratori hanno minacciato di uccidere i due ostaggi se il
governo di Berlino non ritirerà le proprie truppe dall’Afghanistan. Ieri, è
scaduto l’ultimatum posto al governo di Berlino dai rapitori. Sul versante
politico, il vicepresidente iracheno, Tareq Al Hashemi, ha dichiarato, in
un’intervista rilasciata alla BBC, che “i miliziani sono una parte della
comunità irachena e quindi bisogna coinvolgere le diverse fazioni in un
processo negoziale”. “Tutti i partiti - ha aggiunto - dovrebbero essere
invitati a sedersi intorno ad un tavolo, tranne i gruppi legati ad Al Qaeda”.
- “Un gioco di squadra tra il presidente del Consiglio, il
Ministero degli esteri, l’ambasciatore a Kabul e Gino Strada con Emergency”.
Con queste parole il premier italiano, Romano Prodi, ha sintetizzato la
positiva conclusione del sequestro Mastrogiacomo in Afghanistan. Stamani alla
Camera, a Roma, il viceministro degli Esteri, Franco Danieli, ha tenuto in
merito un’informativa urgente del governo, riferendo del giallo sulla sorte
dell’interprete afghano di Mastrogiacomo: al momento - ha detto - non c’è
alcuna conferma del suo rilascio. A New York, intanto, il ministro
degli Esteri italiano, Massimo D’Alema, ha rilanciato ieri, davanti al
Consiglio di sicurezza dell’ONU, la proposta di una Conferenza internazionale
per “un Afghanistan migliore, sicuro, prospero e libero”.
- Al
sollievo per la liberazione del giornalista italiano in Afghanistan, si contrappone
l’ansia per la sorte del reporter britannico della BBC, Alan Johnston, rapito lo scorso 12 marzo a Gaza da estremisti
palestinesi. Per esprimere la loro vicinanza al
collega rapito, i giornalisti palestinesi
della Striscia hanno deciso ieri di scioperare per 24 ore. In Medio
Oriente, intanto, è atteso l’arrivo del segretario di Stato americano,
Condoleezza Rice, che venerdì prossimo dovrà incontrare politici israeliani e
palestinesi nel corso di un nuovo tour nella regione.
- Ennesima esplosione in una miniera in Cina: fonti di stampa
hanno riferito stamani che almeno 21 minatori sono intrappolati in una miniera
di carbone in seguito ad una esplosione avvenuta domenica scorsa. Gli impianti
minerari cinesi sono considerati tra i più pericolosi al mondo: lo scorso anno,
i morti sono stati 4.746 e 2.845 gli incidenti. La mancanza di sicurezza e la
necessità di soddisfare il sempre crescente fabbisogno energetico della Cina
sono le cause principali di frequenti esplosioni e crolli.
- Restiamo in Cina, dove un tribunale della provincia di Fujian,
nel sudest del Paese, ha condannato cinque persone a pene detentive tra sette
anni e l’ergastolo per aver rapito e venduto bambini. Il traffico di bambini è
una piaga purtroppo diffusa in Cina, dove le rigide leggi sul controllo delle
nascite permettono alla maggior parte delle famiglie di avere un solo figlio.
Le restrizioni, unite al tradizionale desiderio di un erede maschio, hanno
causato aborti, infanticidi e l’abbandono di numerose neonate.
- In Ucraina, l’economista filo occidentale, Arseni Iatseniouk,
fedelissimo del presidente Iushenko, è il nuovo ministro degli Esteri di Kiev.
La sua candidatura è stata approvata oggi dal Parlamento ucraino, dopo giorni
di discussioni fra la coalizione di maggioranza del premier Ianukovic e
l’opposizione, guidata da Iulia Timochenko e dallo stesso presidente Iushenko.
- Il presidente francese, Jacques Chirac, ha ufficializzato
stamani il proprio sostegno all’attuale ministro dell’interno, Nicolas Sarkozy,
candidato della destra alle presidenziali del 22 aprile. Sarkozy lascerà quindi
il governo il prossimo 26 marzo.
-
In Somalia, almeno 14 persone sono morte in seguito a scontri divampati a
Mogadiscio tra truppe governative somale, appoggiate dalle forze etiopi, ed alcuni
gruppi di ribelli fedeli alle Corti islamiche. Intanto, secondo un rapporto
annuale delle Nazioni Unite, la Somalia è balzata in testa alla classifica
degli Stati più pericolosi al mondo. Nonostante l’intervento della forza di
interposizione africana, combattimenti ed attentati sono all’ordine del giorno.
Sul versante politico, si deve poi registrare che il governo transitorio somalo
ha lasciato Baidoa e si è trasferito a Mogadiscio.
- Si
aggrava la crisi politica in Ecuador, dove due settimane fa il presidente, Rafael
Correa, ha estromesso dal Parlamento i deputati contrari al suo progetto di
riformare la Costituzione. Ieri, a Quito, la Camera si è riunita con i 32
deputati rimasti dopo le espulsioni. A questi si sono aggiunti 21 nuovi
parlamentari che hanno preso il posto di quelli destituiti. E’ stato così
raggiunto il quorum di 52 deputati necessario a legiferare. Parallelamente,
dovrebbero riunirsi in una località segreta i 57 parlamentari espulsi, decisi
ad autoproclamarsi “Parlamento legittimo”. La crisi politica è stata innescata
dalla decisione presa dal presidente Correa di indire
per il 15 aprile prossimo un referendum per un’Assemblea costituente.
L’opposizione di destra contesta tale decisione, poiché teme che Correa voglia
in realtà riscrivere la Costituzione.