RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 80 - Testo della trasmissione di mercoledì 21 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI all'udienza generale: i miti del relativismo etico di ieri e di oggi, "diabolici depistaggi" rispetto alla verità del Vangelo. Appello del Papa per i malati di tubercolosi

 

Ci sia unità tra insegnamento teologico e servizio pastorale nella Chiesa: così il Papa ai docenti della Facoltà teologica di Tubinga

 

Il Papa esprime al presidente Putin il suo profondo cordoglio per le sciagure verificatesi in questi giorni in Russia in un ospizio per anziani e in una miniera, e costate la vita a circa 170 persone

 

Il Papa nomina arcivescovo metropolita di San Paolo, in Brasile, mons. Odilo Pedro Scherer

 

Il cardinale Bertone: obiettivo centrale del Pontificato di Benedetto XVI è quello di recuperare l’identità cristiana nella sua autenticità

 

La Pontificia Accademia per la Vita risponde alle interpretazioni "fuorvianti" della Dichiarazione finale della sua XIII Assemblea generale

 

Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II: venerdì la chiusura del processo sul presunto miracolo che porterà la documentazione alla Congregazione delle Cause dei Santi

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

E' tutto pronto a Roma per l'apertura del Congresso europeo "Valori e prospettive per l'Europa di domani" a 50 anni dai Trattati di Roma, promosso dalla Commissione degli Episcopati dell'Unione Europea. Intervista con mons. Noël Treanor

 

La Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale. Ce ne parla Marco De Giorgi

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale sulla Sindrome di Down, una patologia dalle cause ancora sconosciute. Anche se in gran parte superati, i pregiudizi sulla disabilità provocati dalla malattia sono ancora diffusi. Con noi Anna Contardi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oggi, festa del transito di San Benedetto, patrono d’Europa. Manifestazioni celebrative a Montecassino, Subiaco e Norcia

 

Presentato ieri sera a Roma il libro dello storico Marco Impagliazzo, "La Diocesi del Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI"

 

In Ecuador da oggi il primo congresso nazionale Pro-vita e famiglia. Ieri la “Marcia per la vita”, in vista della Giornata del 25 marzo dedicata al bambino non nato

 

La “missione globale” di Cristo al centro del Messaggio di Quaresima dei vescovi sudafricani

 

L’associazione “ISF” per la liberta di stampa nel mondo, denuncia episodi di censura da parte dell’Esercito statunitense, in Afghanistan, nei confronti di operatori internazionali dei media

 

Istituita in Francia la sezione nazionale dell’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione “SIGNIS”

 

24 ORE NEL MONDO:

Frane e violenze sconvolgono il Pakistan

 

 

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Il Papa e la Santa Sede

 

 

Benedetto XVI all'udienza generale: i miti del relativismo etico di ieri

e di oggi, "diabolici depistaggi" rispetto alla verità del Vangelo.

Appello del Papa per i malati di tubercolosi

 

In tempi in cui etica e religione vengono svuotate di senso, la lezione degli antichi apologeti cristiani, che difendevano il Vangelo dai miti pagani e dalle mode del tempo, ritorna con prepotente attualità. Lo ha ribadito questa mattina Benedetto XVI davanti alle 25 mila persone presenti in Piazza San Pietro all’udienza generale. Il Papa ha dedicato la sua catechesi alla figura del primo apologeta cristiano, San Giustino, ed ha poi concluso con un appello per i malati di tubercolosi, la cui Giornata internazionale verrà celebrata sabato prossimo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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“Cristo ha affermato di essere la verità, non la consuetudine”. Al contrario, i miti o le mode che si susseguono nella diverse epoche si sostanziano di rituali artificiosi, che nulla hanno a che vedere e anzi sono fuorvianti rispetto al Vangelo. Ciò accadeva duemila anni fa - quando agli esordi del cristianesimo una categoria di scrittori si era incaricata di difenderne principi e valori - e accade oggi, giacché quegli stessi principi e valori vengono bersagliati dal relativismo etico. E’, in sostanza, l’insegnamento che Benedetto XVI trae dalle considerazioni sulla vita di Giustino, scrittore e apologeta del 100 dopo Cristo, martire attorno al 165 sotto Diocleziano. Gli scritti degli apologeti come Giustino, ha spiegato il Papa, avevano due obiettivi: difendere il cristianesimo nascente "dalle pesanti accuse di pagani ed ebrei” ed “esporre i contenuti della fede in un linguaggio e con categorie di pensiero comprensibili ai destinatari”. L’avversario, per tutti, era il paganesimo:

 

“Con la religione pagana, infatti, i primi cristiani rifiutarono strenuamente ogni compromesso. La ritenevano idolatria, a costo di essere tacciati per questo di ‘empietà’ e di ‘ateismo’. In particolare Giustino, specialmente nella sua prima Apologia, condusse una critica implacabile nei confronti della religione pagana e dei suoi miti, considerati da lui come diabolici ‘depistaggi’ nel cammino della verità”.

 

Se il paganesimo viene rigettato con il suo corredo di falsità, non così la filosofia greca, "terreno privilegiato" per l'incontro con la fede cristiana, cui Giustino approderà dopo “un lungo itinerario”. Antico Testamento e pensiero greco, ha affermato il Papa, sono le due strade che guidano a Cristo e al Logos, cioè Cristo come Verbo di verità. Verità che, sfuggendo alla religione pagana incentrata sul mito, condanna poi quella stessa religione, ha osservato il Pontefice, ad un inevitabile “tramonto”:

 

“Questo tramonto fluiva come logica conseguenza del distacco della religione - ridotta a un artificioso insieme di cerimonie, convenzioni e consuetudini - dalla verità dell'essere. Giustino, e con lui gli altri apologisti, siglarono la presa di posizione netta della fede cristiana per il Dio dei filosofi contro i falsi dèi della religione pagana. Era la scelta per la verità dell'essere contro il mito della consuetudine”.

 

Sul contrasto tra verità e consuetudine si soffermerà, qualche decennio dopo Giustino, un altro grande scrittore, Tertulliano. E’ sua la frase “Cristo ha affermato di essere la verità, non la consuetudine”. E nelle lingue moderne, quel “consuetudine”, ha asserito Benedetto XVI, si può tradurre in “moda culturale, moda del tempo”:

 

“In un'età come la nostra, segnata dal relativismo nel dibattito sui valori e sulla religione - come pure nel dialogo interreligioso -, è questa una lezione da non dimenticare. A tale scopo vi ripropongo - e così concludo - le ultime parole del misterioso vegliardo, incontrato dal filosofo Giustino sulla riva del mare: ‘Tu prega anzitutto che le porte della luce ti siano aperte, perché nessuno può vedere e comprendere, se Dio e il suo Cristo non gli concedono di capire'”.

 

Dopo aver svolto sinteticamente le catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha rivolto un saluto - ormai consueto da molte settimane a questa parte - ai fedeli di regioni italiane guidati dai vescovi in visita ad Limina, in questo caso provenienti dalle diocesi della Sardegna. “Cari amici - ha detto loro il Papa - nella recente Esortazione Apostolica ho richiamato il valore dell’Eucaristia per la vita della Chiesa e di ogni cristiano. Incoraggio anche voi ad attingere da questa mirabile fonte la forza spirituale necessaria per mantenervi fedeli al Vangelo e testimoniare sempre e dappertutto l’amore di Dio. E voi, cari Fratelli nell’Episcopato, ‘facendovi modelli del Gregge’ non stancatevi di condurre i fedeli affidati alle vostre cure pastorali ad una adesione personale e comunitaria sempre più generosa a Cristo”.

 

Infine, Benedetto XVI ha concluso l’udienza ricordando l’evento che la comunità internazionale celebrerà sabato prossimo 24 marzo: la Giornata Mondiale per la lotta contro la tubercolosi, malattia che miete due milioni di vite all’anno, il 98% delle quali nei Paesi in via di sviluppo:

 

“Possa tale ricorrenza favorire un’accresciuta responsabilità nella cura di tale malattia ed una sempre più intensa solidarietà nei confronti di quanti ne soffrono. Su di loro e sulle loro famiglie invoco il conforto del Signore, mentre incoraggio le molteplici iniziative di assistenza che la Chiesa promuove in questo ambito”.

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Ci sia unità tra insegnamento teologico e servizio pastorale nella Chiesa: così il Papa ai docenti della Facoltà teologica di Tubinga

 

Caloroso incontro oggi in Vaticano fra il Papa e i docenti della Facoltà teologica di Tubinga. Un’occasione per Benedetto XVI per ribadire che la teologia deve essere a servizio della Chiesa e del Popolo di Dio. Ci riferisce in proposito Tiziana Campisi:

 

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E’ stata una visita che ha particolarmente rallegrato Benedetto XVI, stamani, quella dei docenti della Facoltà teologica di Tubinga. Il Papa ha confessato scherzosamente che l’incontro, facendolo tornare ai tempi del suo insegnamento all’Università di Tubinga, lo ha fatto sentire più giovane. Quindi ha confidato che aveva visto nell’insegnamento la propria vocazione. “Ma la volontà di Dio voleva altra cosa!” ha aggiunto. La teologia, ha sottolineato il Santo Padre, non è una scienza per pochi, essa è importante per tutti: risponde infatti alle domande che l’umanità si pone e chiarisce i contenuti della Verità. Un impegno grande, dunque, quello della teologia, che non va dimenticato e cui essa stessa deve adempiere. Una scienza che non deve fermarsi ad analisi condotte con metodo, ma che deve porgere risposte alle domande fondamentali di oggi. Per il Papa l’incontro di questa mattina è un segno dell’unità interiore che sussiste fra l’insegnamento della teologia e il proprio servizio pastorale come Pontefice. Il teologo, ha proseguito il Santo Padre, deve chiedersi sempre se quanto scrive corrisponda al vero e quanto sia importante per il mondo contemporaneo. Benedetto XVI ha poi aggiunto che deve esserci pure unità fra insegnamento teologico e servizio pastorale nella Chiesa; per l’uomo, per il mondo e per il nostro futuro. La teologia ha bisogno del coraggio di fare domande ma deve anche ascoltare devotamente le risposte della fede cristiana, ha concluso il Santo Padre, e questo perché essa non resti al chiuso delle università ma aiuti anche a vivere.

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Il Papa esprime al presidente Putin il suo profondo cordoglio

per le sciagure verificatesi in questi giorni in Russia in un ospizio

per anziani e in una miniera, e costate la vita a circa 170 persone

 

Benedetto XVI ha espresso al presidente Vladimir Putin il suo profondo dolore per due sciagure verificatesi tra domenica e lunedì scorsi in Russia: l’esplosione nella miniera di carbone di Ulyanovskaya, in Siberia, costata la vita di almeno 107 minatori, e l’incendio di una casa per anziani nel villaggio di Kamyshevatskaya, nella Russia centrale, in cui sono morte 62 persone.

 

In un telegramma inviato a suo nome dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa, “profondamente rattristato”, esprime la “sua spirituale vicinanza" a quanti sono stati colpiti “da questi luttuosi eventi” e stanno vivendo ancora ore di angoscia e assicura la sua preghiera per quanti hanno perso la vita, formulando “vivi auspici” per una “pronta guarigione” dei feriti. In memoria delle vittime di queste sciagure il presidente russo Putin ha proclamato per oggi una giornata di lutto nazionale.

 

 

Il Papa nomina arcivescovo metropolita di San Paolo, in Brasile,

mons. Odilo Pedro Scherer

 

In Brasile, il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di San Paolo mons. Odilo Pedro Scherer, finora vescovo titolare di Novi e ausiliare della medesima arcidiocesi. Mons. Odilo Pedro Scherer è nato il 21 settembre 1949 a São Francisco, municipio di Cerro Largo (RS), nella diocesi di Santo Ângelo (Brasile). Dopo gli studi preparatori nel Seminario diocesano di Toledo (PR) e in quello “São José”, dell’arcidiocesi di Curitiba, ha frequentato i corsi di filosofia nel Seminario maggiore “Rainha dos Apóstolos”, a Curitiba, e quelli di teologia presso lo Studium teologicum, della medesima città. Dopo l’ordinazione, come alunno del Pontificio Collegio Pio Brasiliano di Roma, ha conseguito la licenza in filosofia e la laurea in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. E’ stato ordinato sacerdote il 7 dicembre 1976, incardinadosi nel clero diocesano di Toledo. E’ stato rettore e professore del Seminario minore “São José”, di Cascavel (PR), e del Seminario filosofico “Maria Mãe da Igreja”, di Toledo; professore di teologia presso l’Istituto teologico di Londrina; rettore del Seminario teologico “Nossa Senhora de Guadalupe”, de Cascavel;  professore di filosofia presso il Centro universitario statale di Toledo, direttore e professore di teologia del Centro teologico interdiocesano di Cascavel. Quindi è stato vice-parroco della parrocchia “São Pedro e São Paulo”, di Toledo, parroco della Cattedrale “Cristo Rei” e membro del Consiglio presbiterale. Presso la Conferenza Episcopale Regionale “Sul 2” (Stato di Paraná), è stato incaricato della pastorale vocazionale e coordinatore della Commissione regionale dei presbiteri. Dal 1994 al 2001 è stato officiale della Congregazione per i Vescovi; in tale periodo ha prestato servizio pastorale presso la parrocchia “Santi Patroni d’Italia, S.Francesco e S.Caterina”, e come cappellano della Casa di Cura delle Ancelle Francescane del Buon Pastore. Il 28 novembre 2001 è stato nominato vescovo titolare di Novi e ausiliare di San Paolo, ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 2 febbraio successivo. Nel maggio 2003 è stato eletto segretario generale della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile per il quadriennio 2003-2007. Il 12 dicembre 2006 è stato nominato dal Santo Padre segretario generale aggiunto della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano.

 

 

Il cardinale Bertone: obiettivo centrale del Pontificato di Benedetto XVI

è quello di recuperare l’identità cristiana nella sua autenticità

 

“L’obiettivo centrale del Magistero e del Ministero di Papa Benedetto è quello di recuperare l’identità cristiana nella sua autenticità e di spiegare e confermare l’intelligibilità della Fede in un contesto di secolarismo diffuso”. E’ quanto ha detto ieri sera a Milano il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone intervenendo ad un incontro promosso dall’Associazione Etica e Finanza. Il porporato ha tracciato le linee fondanti del Pontificato di Benedetto XVI che tra meno di un mese, il 19 aprile, compirà due anni. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Per Benedetto XVI – ha sottolineato il porporato - “il relativismo è diventato il problema fondamentale della fede dei nostri giorni”: si tratta di un atteggiamento che “non si esprime solo come una forma di rassegnazione di fronte alla verità irraggiungibile, ma si definisce anche ricorrendo alle idee di tolleranza, conoscenza dialogica e libertà, che parrebbero coartate dalla concezione di una verità universalmente valida. Il relativismo – ha aggiunto - si presenta inoltre come la base filosofica della democrazia, la quale si fonderebbe appunto sul fatto che nessuno può pretendere di conoscere la strada giusta”.  E in questo contesto Benedetto XVI si fa “annunciatore appassionato” della verità che è una persona, è Cristo, “l’unico e universale Salvatore” e che per questo va proclamato a tutti i popoli. “Gesù non può essere relativizzato come uno dei tanti geni religiosi”.

 

Ed è in questo contesto – aggiunge -  che “nel rapporto con gli Stati e con le società civili, pur nella distinzione fra la sfera della politica e quella della religione, si ribadisce il dissenso deciso con le politiche pubbliche che toccano il nocciolo moralmente irrinunciabile della difesa della vita. Il primato della vita sta diventando un motivo frequente negli interventi papali, dal no assoluto alla guerra e alla violenza, alle manipolazioni genetiche e alla condanna dell'eutanasia, ma emerge soprattutto la proposta della visione cristiana della famiglia”.

 

Il Papa tuttavia – ha spiegato il cardinale Bertone - “non vuole cadere nell’errore di costruire un cattolicesimo politico” perché “la fede non indica ricette politiche, ma vuole semplicemente contribuire alla purificazione della ragione e recare il proprio aiuto per far sì che ciò che è giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato”. Il cardinale ricorda che “secondo l’ecclesiologia emersa dal Concilio Vaticano II, la Chiesa non è semplicemente una grande struttura, uno dei tanti enti sovranazionali che esistono. La Chiesa, pur essendo corpo, è corpo di Cristo e quindi un corpo spirituale, come dice San Paolo. Non è un corpo amministrativo o di potere, non è una agenzia sociale, benché faccia un lavoro sociale e sovranazionale, ma è un corpo spirituale. Esistono tuttavia fondamenti della fede che creano uno spazio libero per la ragione politica”.

 

Il cardinale descrive l’attuale momento storico: “Benedetto XVI si trova di fronte la situazione del pianeta diviso e attanagliato da numerosi problemi: il fondamentalismo islamico, l'indifferenza dei Paesi benestanti, la confusione delle sette, il disorientamento causato dalla povertà del terzo e quarto mondo, mentre si constata un nuovo vitalismo economico a Oriente… Poi c'è la questione dell’ecumenismo. Con il mondo dell'ortodossia, a Mosca più che altrove, occorre superare antiche diffidenze”. Il Papa – afferma il cardinale Bertone - in questa situazione promuove il dialogo “con gli esponenti del pensiero umano – della scienza, della filosofia e della teologia – per scoprire che tutte sono espressione della ragione autentica, aperta alla trascendenza e che tutte hanno il compito di comprendere che la realtà è una e che l’uomo è uno”.

 

Il segretario di Stato parla della “rappresentazione malevola che una parte della cultura contemporanea attribuisce alla Chiesa di Roma”. Una rappresentazione “smentita” da tutto il Pontificato di Benedetto XVI che, come si legge nell’Enciclica Deus caritas est,  esprime “l'idea di una religione lieta, sentita per l'aldiquà e per l'aldilà, vissuta con i sensi e con la ragione, con il corpo e con lo spirito”.

 

Il porporato ricorda infine che “ci sono due parole che ricorrono negli interventi di Papa Benedetto … gioia e amicizia”. Il Papa ci fa sentire che abbiamo Dio vicino, Dio come amico, e vuol far comprendere a tutti “come sia bello e gratificante essere cristiani, fare esperienza dell’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte”.

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La Pontificia Accademia per la Vita risponde alle interpretazioni

"fuorvianti" della Dichiarazione finale della sua XIII Assemblea generale

 

La Pontificia Accademia per la Vita definisce “palesemente parziali e fuorvianti” alcune interpretazioni dei contenuti della Dichiarazione finale della sua XIII Assemblea Generale, apparse in questi giorni su alcuni organi d'informazione italiani. In una nota pubblicata oggi, precisa che il Congresso internazionale organizzato in occasione dell'Assemblea sul tema "La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita" ha registrato un'ampia presenza di studiosi e partecipanti da tutto il mondo (oltre trenta Paesi dai cinque continenti). “Appare, pertanto, del tutto scontato ed inequivocabile – si afferma - il carattere d'indirizzo universale di quanto riportato dalla suddetta Dichiarazione Finale”. Di conseguenza, ogni interpretazione tesa “a considerare quanto proposto nel documento come se fosse rivolto ad una nazione in particolare risulta del tutto errata e, talvolta, mostra il sapore di una forzatura un po’ "provinciale".

 

La Pontificia Accademia rileva il caso specifico dell’esortazione all'obiezione di coscienza nell'ambito della tutela della vita umana (Dich. Fin., n. 6). “In essa – afferma -  è contenuta un'esortazione generale a sollevare un problema di coscienza di fronte alla possibile cooperazione con quegli atti, privati o pubblici, che costituissero un attentato all'integrità ed alla dignità della vita umana individuale e, laddove non vi fossero alternative, a considerare il ricorso all'obiezione di coscienza.  Interpretare una tale esortazione, rivolta a tutti coloro che, nel mondo, hanno parte attiva nelle decisioni ed azioni che riguardano la vita umana e la sua tutela, come un ‘attentato’ alla sovranità dello Stato o addirittura come un'istigazione a commettere reato – precisa la nota -  francamente risulta iperbolico, strumentale e, soprattutto, poco incline alla garanzia effettiva di quella libertà di pensiero e di espressione che costituisce il requisito necessario di ogni società autenticamente democratica”. Alla Pontificia Accademia per la Vita “così come agli altri organismi della Santa Sede – si legge ancora nel comunicato -  non appartengono in alcun modo finalità di intervento politico o di interferenza con i processi democratici dello Stato, in nessun Paese del mondo.  Spetta ai laici cattolici ed ad ogni persona di buona volontà, secondo le proprie responsabilità sociali, il compito di trovare le vie concrete e possibili per tradurre in pratica le esigenze che scaturiscono dal riconoscimento della dignità di ogni essere umano e del valore inviolabile della sua vita. Ma la Pontificia Accademia per la Vita ritiene di avere anch'essa il diritto (che peraltro essa considera come un dovere) di contribuire a richiamare ed incoraggiare ciascuno ad esercitare la propria responsabilità in ordine alla tutela della vita umana individuale, ben consapevole del fatto che, talvolta, l'esercizio concreto di tale responsabilità ha dei costi personali anche pesanti”. Alla luce di queste precisazioni, la Pontificia Accademia “ribadisce il suo impegno per continuare a contribuire, mediante i suoi studi e le sue ricerche, ad una più approfondita comprensione del mistero della vita umana, in uno stile di dialogo costruttivo e fecondo con ogni persona o istituzione che abbia a cuore la dignità dell'uomo e riconosca nella vita umana un bene fondamentale. La ricerca comune della verità, perseguita con onestà intellettuale e rettitudine morale, nel rispetto delle diverse visioni, sarà la strada migliore per raggiungere mete comuni al servizio del bene autentico di ogni essere umano”.

 

 

Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II: venerdì la chiusura

del processo sul presunto miracolo che porterà la documentazione

alla Congregazione delle Cause dei Santi

 

Si chiuderà venerdì prossimo, 23 marzo, il processo sul presunto miracolo post mortem che sarebbe avvenuto per intercessione di Giovanni Paolo II. Lo ha annunciato mons. Slawomir Oder, postulatore della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Karol Wojtyla. Il caso riguarda la guarigione inspiegabile di una religiosa francese affetta dal morbo di Parkinson. La chiusura di questo processo conclude l’iter previsto per arrivare alla Beatificazione, iter che accanto al riconoscimento dell’esercizio eroico delle virtù, richiede un miracolo. Il 2 aprile, nel secondo anniversario della morte di Papa Wojtyla, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, nel corso di una cerimonia che si svolgerà alle 12 e che sarà preceduta dalla recita dell’Ora sesta, sarà chiusa l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Il materiale raccolto sarà trasmesso poi alla Congregazione delle Cause dei Santi.

 

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

Servizio vaticano - In primo piano l'udienza generale. Appello del Santo Padre in occasione della Giornata Mondiale per la lotta contro la Tubercolosi.

Servizio estero - In rilievo l'Iraq: ottanta morti in combattimenti e attentati a Baghdad e Falluja. L'Unhcr chiede impegno per i quattro milioni di profughi.

Servizio culturale - Un articolo di Francesco De Felice dal titolo "Tuffarsi nella filosofia con l'istinto del genio": il pensiero ardito e stimolante di Giovanni Papini.

Sevizio italiano - In evidenza il tema degli incidenti sul lavoro.  

 

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Oggi in Primo Piano

 

 

E' tutto pronto a Roma per l'apertura del Congresso europeo

"Valori e prospettive per l'Europa di domani" a 50 anni dai Trattati

di Roma, promosso dalla Commissione degli Episcopati

dell'Unione Europea

 

Il 25 marzo 1957, con la costituzione della Comunità Economica Europea (CEE) - e la Comunità per l’Energia Atomica, l’Euratom, nasceva istituzionalmente l’Europa. Il cinquantenario dei Trattati di Roma, con iniziative in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea, è un avvenimento che non coinvolge soltanto il mondo politico ed istituzionale del continente ma anche quello ecclesiale. Venerdì mattina infatti, si apre a Roma il Congresso europeo “Valori e prospettive per l’Europa di domani”, promosso dalla COMECE, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea. In preparazione a questo evento, l’organismo dei vescovi dell'Unione ha istituito un “Comitato di saggi”, composto da 25 autorevoli personalità di 20 Paesi, con il compito di redigere un rapporto sui valori dell’Unione Europea da sottoporre al Congresso di Roma. Ma quali sono gli obiettivi dell’assise europea che si apre dopodomani? Isabel Cousturie lo ha chiesto al segretario generale della COMECE, mons. Noël Treanor:

 

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R. – Attraverso la presenza e la partecipazione di tanti laici, dappertutto in Europa, la Chiesa ha potuto mobilitare l’interesse, il coinvolgimento dei cittadini cattolici, dei cristiani, in quanto cittadini di quest’Europa, affinché prendano parte al dibattito sul futuro dell’Europa e affinché possano sottolineare l’importanza del patrimonio cristiano ancora vivo, per assicurare lo sviluppo integrale di questo progetto europeo, che oltrepassa la realtà del mercato. La realtà economica è molto importante ed è stata sempre il motore per realizzare il canale dei valori. Questo progetto europeo, che però oltrepassa il commerciale, deve essere al servizio della promozione della dignità di ogni persona e della dignità della società umana, in quanto tale.

 

D. – La COMECE ha festeggiato i suoi 27 anni quest’anno e ha potuto seguire passo, passo il processo di costruzione europea, con i suoi successi, ma anche con i suoi insuccessi. Oggi tutto sembra bloccato, sembra che l’Europa debba fare i conti con i dubbi e la paura. Oggi come oggi, qual è la funzione principale della COMECE di fronte a questi dubbi, a questi timori, che minacciano forse anche il senso stesso della costruzione europea?

 

R. – E’ vero che nelle società dei Paesi membri dell’Unione Europea, come un po’ dappertutto in questo momento, ci sono delle grandi angosce che toccano i cittadini europei e del mondo. Oggi, nel contesto di queste angosce, penso che il ruolo importante, non solamente per la COMECE, ma anche per la Chiesa e le Chiese cristiane, sia quello di cercare all’interno della comunità cristiana di elaborare un linguaggio, per quanto riguarda queste paure e angosce che minacciano la coesione delle nostre società. La paura è promossa anche dall’ignoranza. E là dove c’è un sentimento di difficoltà, là dove c’è l’intuizione della presenza di cose che non vanno, che non funzionano, bisogna elaborare un linguaggio, affinché con la parola si arrivi a far capire e arrivando a capire, si possa cominciare ad elaborare delle strategie, non solamente economiche e politiche, ma anche di ordine etico, per  affrontare queste sfide. In questo modo cercheremo di dare forma umana alla società europea di domani.

 

D. – La Chiesa ha sempre cercato di essere la coscienza della società e della vita pubblica, e sempre ovviamente nel rispetto della separazione tra fede e politica. Ma oggi si osserva in vari Paesi, la persistenza di un certo comportamento ostile al diritto di intervento della Chiesa nello spazio pubblico. E’ una cosa che vi preoccupa?

 

R. – E’ vero che ci sono alcune correnti che negano alle Chiese di prendere parte al dibattito pubblico, ma queste correnti sono sempre state presenti. La Chiesa continuerà ad esprimersi in modo profetico. Il fatto che ogni tanto ci sia della resistenza, invita la Chiesa a raffinare i suoi argomenti, la sua riflessione ed anche a sottolineare che la partecipazione al dibattito pubblico non è in nessun modo una ricerca di un privilegio per la Chiesa, ma piuttosto un servizio reso all’umanità intera.

 

D. – Molte conferenze episcopali insistono sull’importanza e sull’urgenza di formare un laicato che diventi veramente protagonista della vita politica. Ne tenete conto nei vostri progetti futuri?

 

R. – Si vuole fare di tutto, affinché anche in quei Paesi dove questa tradizione di un certo laicato organizzato a livello nazionale non esiste - e si cerca per questo di crearne uno – nei diversi campi della vita pubblica, nella politica, nelle imprese, nelle accademie e nelle università, ci siano donne e uomini cattolici, cristiani, che accompagnano, in funzione delle loro competenze professionali, le grandi sfide della società di oggi. Questa resta una sfida molto importante per la Chiesa nella società dell’informazione, cioè quella di come applicare la ricchezza incredibile della dottrina cristiana, i valori del Vangelo, il contenuto della dottrina sociale della Chiesa, nel linguaggio dei responsabili della società, nei Paesi e nelle nazioni. Bisogna fare di tutto, affinché questa capacità, queste realtà, esistano nei diversi Paesi.       

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La Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale

 

Ventuno marzo 1960: è la tragica data del massacro di Sharpeville, in Sudafrica, quando la polizia aprì il fuoco e uccise 69 pacifisti che manifestavano contro le leggi emanate dal regime dell’apartheid. Sei anni più tardi, le Nazioni Unite decisero di dedicare questa Giornata alla lotta contro la discriminazione razziale e la xenofobia. L’iniziativa, che dà il via alla Settimana di solidarietà con i popoli in lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale, è incentrata quest’anno sul tema “Razzismo e Discriminazione - Ostacoli allo Sviluppo”. “Le forme di razzismo - afferma nel suo messaggio il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon - colpiscono le loro vittime, ma limitano anche le prospettive future delle società che le tollerano”. Ma quali sono oggi le forme di discriminazione più comuni? Roberta Moretti lo ha chiesto a Marco De Giorgi, direttore generale dell’UNAR, Ufficio nazionale italiano antidiscriminazioni razziali, che offre assistenza legale gratuita alle vittime di razzismo:

 

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R. - I due settori più critici sono quelli del lavoro e della casa. Il lavoro, addirittura, ha una percentuale di segnalazioni attorno al 33 per cento. Qui, le problematiche sono le più diverse: dalla difficoltà di accesso all’occupazione alle pratiche di mobbing, del quale gli immigrati spesso sono bersaglio all’interno dei luoghi di lavoro. Abbiamo avuto il caso di un hotel del ravennate che ha mandato una e-mail a tutta la propria clientela, annunciando il cambio di gestione e preannunciando con toni molto fieri una drastica riduzione del personale extracomunitario, per favorire relazioni pubbliche più serene, più amichevoli e meno conflittuali. L’altro settore molto critico è quello dell’accesso all’alloggio. Nelle inserzioni per gli affitti spesso compare la dicitura: “No stranieri”. Altri casi ricorrono nelle relazioni di vicinato, nei conflitti all’interno dei condomini, proprio perché qui il contatto fra etnie, fra culture diverse, non è più occasionale. Questo cambiamento di prospettiva genera un potenziale di competizione e di conflitto che spesso degenera nella discriminazione e nella molestia. 

 

D. - Chi sono gli utenti che si rivolgono maggiormente a voi?

 

R. - In gran parte, si tratta di nordafricani. E qui vi sono due motivazioni fondamentali. La prima è il forte protagonismo che ha avuto l’immigrazione africana e maghrebina negli anni scorsi verso il nostro Paese. Un secondo motivo, molto importante, è il colore della pelle. Il colore della pelle è ancora un forte marcatore etnico, che purtroppo attira dei comportamenti discriminatori all’interno dei luoghi di lavoro, delle relazioni di vicinato, nei rapporti di locazione, nella vita pubblica.

 

D. - Con il moltiplicarsi degli episodi terroristici, sta cambiando l’atteggiamento verso le popolazioni e gli immigrati arabi?

 

R. - Al call-center dell’UNAR non sono arrivate delle denunce specifiche sull’islamofobia. Noi, però, avvertiamo un cortocircuito fra i temi dell’immigrazione, dell’allarme antiterrorismo e dell’ordine pubblico. E questo non ha fatto altro che ingenerare diffidenza, paura, ostilità nei confronti degli immigrati.

 

D. - A livello di istituzioni, cosa viene fatto e, soprattutto, cosa non viene fatto per combattere la discriminazione razziale e la xenofobia?

 

R. - La vera sfida che bisogna affrontare - e questo viene spesso sottolineato dall’Unione Europea, ma anche dalle Nazioni Unite - è quella di riuscire a contemperare il rispetto dei particolarismi delle religioni, delle differenze delle varie etnie, con dei valori universali, che sono quelli dell’integrità umana, della dignità umana, della parità fra uomo e donna. Senz’altro, però, delle lacune sono ancora presenti. Uno dei problemi più critici resta quello delle comunità Rom e Sinti. Per questo, abbiamo istituito un gruppo di lavoro che studia proprio le problematiche della popolazione Rom, Sinti e Camminanti, esistenti in Italia, che spesso vivono in condizioni di emarginazione e di esclusione sociale.

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Si celebra oggi la Giornata mondiale sulla Sindrome di Down,

una patologia dalle cause ancora sconosciute. Anche se in gran parte

superati, i pregiudizi sulla disabilità provocati

dalla malattia sono ancora diffusi

 

E’ cambiata, in questi ultimi decenni, l’immagine delle persone nate con sindrome di Down, oggi più integrate nella società. Ma c’è ancora molto da fare per superare pregiudizi e false informazioni su quanti sono affetti da questa patologia. Se ne discute, in occasione dell’odierna Giornata mondiale sulla Sindrome di Down, nell’ambito di svariate iniziative. Eliana Astorri ha chiesto ad Anna Contardi, dell’Associazione italiana persone Down, quali dati ci fornisce oggi la scienza su questa sindrome:

 

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R. - Le cause della sindrome di Down non sono ancora conosciute. Sappiamo che la caratteristica della sindrome di Down è la presenza di un cromosoma in più, ma non si sa perché questo avvenga. Si sa che esistono dei fattori di rischio, ad esempio un’età materna molto avanzata predispone ad un rischio maggiore ad avere un bambino con sindrome di Down. Questo non vuol dire che ne sia la causa e infatti molti bambini con sindrome di Down nascono da donne molto giovani. Dunque si tratta di una sindrome presente in tutte le razze, in tutto il mondo, e in tutti i ceti sociali, ed è anche questa sua caratteristica di grande diffusione che rende difficile l’individuazione delle cause.

 

D. – Chi è il bambino con sindrome di Down, cosa fa, come vive?

 

R. - Intanto va detto che i bambini con la sindrome di Down hanno tra di loro una grande variabilità, hanno caratteristiche anche abbastanza diverse. In generale, è un bambino che imparerà a camminare, imparerà a parlare, generalmente un po’ più tardi degli altri bambini, e che quindi nei primi anni di vita ha bisogno di un sostegno riabilitativo per raggiungere le tappe dello sviluppo, così come quando iniziano a parlare hanno, di solito, necessità di una riabilitazione logopedica, cioè di una riabilitazione del linguaggio che li accompagni nella formazione del linguaggio. Però, sono bambini che, anche se con un ritardo intellettivo, con una disabilità intellettiva, possono inserirsi prima nella scuola di tutti e poi a pieno titolo nella società. Quindi sono bambini che vanno a scuola, li incontriamo nelle classi con gli altri bambini. Ovviamente, come tutti i bambini con handicap, hanno bisogno di un sostegno specifico nell’integrazione scolastica, sono bambini che magari vanno agli scout, vanno a giocare con gli altri bambini all’oratorio. Possono, se vengono adeguatamente seguiti e sostenuti in questo, raggiungere dei livelli discreti di autonomia personale e sociale e alcuni adulti oggi lavorano.

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

Chiesa e Società

 

 

Oggi, festa del transito di San Benedetto, patrono d’Europa.

Manifestazioni celebrative a Montecassino, Subiaco e Norcia

 

Si celebra oggi la festa del transito di San Benedetto, nelle data ritenuta della sua morte, che sarebbe avvenuta a Montecassino il 21 marzo del 547, laddove aveva fondato intorno al 529 quella “Città sul monte”, che oggi ospita il suo sepolcro insieme a quello di Santa Scolastica. Particolare enfasi quest’anno nelle manifestazioni benedettine, nel Lazio e in Umbria, in concomitanza con il 50 mo anniversario dei Trattati di Roma. Proprio a Montecassino, dove Benedetto completò la sua Regola, Paolo VI nel 1964 lo ha proclamato patrono d’Europa, quale “messaggero di pace, operatore d’umanità, maestro di civiltà e soprattutto araldo della fede e iniziatore della vita monastica in Occidente”. Spiega oggi Dom Mauro Meacci, abate ordinario di Subiaco, dove il padre del monachesimo visse per 30 anni, che la  Regola di Benedetto “ha influito sul farsi della cultura europea e anche sull’attuale dibattito circa la fondazione dei valori, delle istituzioni e della dignità della persona umana riguardo alla concezione del tempo, dello spazio, della persona, del lavoro.” E quest’anno per la prima volta a Subiaco si celebra il marzo benedettino. Ieri, alla vigilia dell’odierna festa del transito, il cardinale Josè Saraiva Martins, ha presieduto una celebrazione nel Sacro Speco, Monastero che conserva la grotta dove Benedetto si ritirò in solitudine e preghiera per tre anni, prima di dedicarsi alla fondazione nella valle circostante delle 13 originarie comunità monastiche. Ha sottolineato il porporato che “San Benedetto e i suoi monaci sono stati maestri di spiritualità e di pensiero, sono stati tra i costruttori dell’Europa, civilizzandola e unificandola sui comuni valori cristiani”. Un esercito di circa “10 milioni di monaci e monache, una trentina di Papi, 260 cardinali, migliaia di vescovi e più di 360 Santi”. Manifestazioni anche a Norcia, città natale intorno al 480 di Benedetto, e a Montecassino dove ieri - presenti gli ambasciatori d’Europa - è stato letto un Messaggio di pace per il Continente e stamane il cardinale Angelo Scola ha celebrato una solenne Messa nell’Abbazia, cui hanno assistito numerose autorità civili. “Ancora oggi a distanza di secoli – ha osservato il patriarca di Venezia – “l’ideale dell’ ‘ora et labora’ di San Benedetto deve essere visto come faro di luce per la cristianità”: i suoi insegnamenti – ha aggiunto – sono “una grande speranza in una società difficile”. Infine, nel pomeriggio nel centro storico di Montecassino vi sarà la processione con la reliquia del Santo e la benedizione sull’Europa alla presenza, annunciata, del presidente del Parlamento europeo, Hans Gert Poettering. (Servizio di Roberta Gisotti)

 

 

Presentato ieri sera a Roma il libro dello storico Marco Impagliazzo,

"La Diocesi del Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI"

 

“Un libro non solo di cronaca, ma che permette di comprendere le trasformazioni della Chiesa in un periodo complesso della storia di Roma”. Così il sociologo Giuseppe De Rita alla presentazione del libro dello storico Marco Impagliazzo “La diocesi del Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI (1963-1978)”, ieri sera, in Campidoglio. Sono intervenuti - come riferisce l’Agenzia SIR - anche gli storici Andrea Riccardi, iniziatore degli studi su Chiesa e società nel dopoguerra, il senatore Pietro Scoppola, il senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro. Sono gli anni del terrorismo, quelli in cui si costituisce la diocesi del Papa, durante il pontificato di Paolo VI, “sotto la spinta interna – ha detto De Rita – dei cattolici romani a una diocesanità piena”. Decisiva la volontà del Papa a realizzare “il primato della Chiesa locale teorizzato dal Concilio Vaticano II”, rendendo “autonoma” la diocesi dalla Curia romana. Importante anche il ruolo dei “personaggi che hanno dato vita al convegno del febbraio ’74, la più grande assemblea ecclesiale cittadina”: il vicario di Roma cardinale Ugo Poletti, don Luigi Di Liegro e laici come lo stesso De Rita. “Al convegno che segna la nascita della diocesi di Roma – ha concluso De Rita –, per la prima volta dopo Federico Barbarossa, i laici presero la parola nella Basilica del Laterano”.

 

 

In Ecuador da oggi il primo congresso nazionale Pro-vita e famiglia.

 Ieri la “Marcia per la vita”, in vista della Giornata del 25 marzo

dedicata al bambino non  nato

 

“La verità integrale sulla vita e sulla famiglia", è il tema del primo congresso nazionale Pro-vita e famiglia che organizza la Conferenza episcopale dell'Ecuador e che si svolge da oggi al 25 marzo nella città di Guayaquil. Il Congresso sarà aperto con una relazione di mons. Néstor Herrera, vescovo di Machala, presidente dell'Episcopato. Saranno presenti anche mons. Antonio Arregui, arcivescovo di Guayaquil e mons. Germán Pavón, vescovo di Ambato, responsabile della Pastorale familiare. Nell'organizzazione dell'incontro ha preso parte anche il Consiglio ecuadoriano dei laici cattolici (CELCA). Fra genitori, professionisti, giovani, accademici, scienziati e pastori di tutte le Chiese particolari del Paese sono previste almeno 3.500 persone. Lo scopo del Congresso, secondo quanto hanno dichiarato gli organizzatori, è quello di sottolineare con forza l'annuncio sulla verità della vita e della famiglia alla luce del Vangelo e del magistero della Chiesa. Tra i temi in discussione la sacralità della vita, la famiglia come santuario della vita, una legislazione che protegga sia la vita che la famiglia. Tra i relatori, i cardinali Juan Luis Cipriani arcivescovo di Lima, Pedro Rubiano Sáenz arcivescovo di Bogotà ed Antonio González Zumárraga arcivescovo di Quito. In vista della Giornata dal bambino non nato, che si celebrerà il 25 marzo, per la prima volta in Ecuador si è svolta ieri una Marcia alla quale hanno preso parte numerose donne, in particolare quelle che aspettano un bambino, espressione pubblica dell'amore per la vita. Alla fine della Marcia mons. Antonio Arregui, arcivescovo di Guayaquil, ha benedetto tutte le madri presenti. (A cura di Luis A. Badilla Morales)

 

 

La “missione globale” di Cristo al centro del Messaggio di Quaresima

 dei vescovi sudafricani

 

La “missione globale” di Cristo è al centro del Messaggio per la Quaresima di quest’anno dei vescovi del Sudafrica. Richiamando il Vangelo di Luca (“Sono stato inviato a portare la Buona Novella ai poveri, a proclamare la libertà ai prigionieri, a ridare la vista ai ciechi”), i presuli sudafricani sottolineano che continuare la missione salvifica di Cristo significa in primo luogo proclamare la Buona Novella in modo più efficace. Questo implica formare i futuri sacerdoti nei seminari locali, preparare le persone ad assumere un ruolo guida nella Chiesa, fornire materiale educativo ai catechisti, migliorare il servizio liturgico, far fronte alla sfida della giustizia, essere in contatto con altre denominazioni religiose e comunità di fede. E a questi progetti sono destinate le offerte dei fedeli raccolte ogni anno dalla Campagna di Quaresima. Come riferisce il Direttore nazionale della Campagna, padre Michael Slattery, nelle pagine del settimanale cattolico sudafricano “The Southern Cross”, la raccolta è molto generosa, nonostante le difficili condizioni economiche in cui possono vivere alcune comunità nel Paese. La maggior parte dei fondi raccolti sono destinati alle persone più bisognose, il resto viene impiegato in programmi educativi, per pagare le borse di studio e i salari degli insegnanti, per la formazione dei sacerdoti, per la traduzione della Bibbia e la sua distribuzione, in progetti ecumenici e altro. (L. Z.)

 

 

L’associazione “ISF” per la liberta di stampa nel mondo, denuncia episodi di censura da parte dell’Esercito statunitense, in Afghanistan,

 nei confronti di operatori internazionali dei media

 

"Basta con le censure americane ai giornalisti in Afghanistan". Questa la protesta contenuta in una nota di Information Safety and Freedom, associazione per la libertà di stampa nel mondo. "I militari Usa – prosegue la nota - continuano a sequestrare macchine fotografiche e telecamere ai reporter presenti in Afghanistan. Lunedì scorso è accaduto ad una troupe Rai del Tg2 che si trovava a cento metri dall'autobomba esplosa a Kabul al passaggio di un convoglio dell'ambasciata americana. Lo stesso era già accaduto il 4 marzo scorso a Nanghar, dove, a seguito di un attentato, erano state distrutte le immagini raccolte dai colleghi dell'Associated Press e di Tolo TV". "Chiediamo – conclude la nota di ISF – in base a quale regola d'ingaggio e a quale norma internazionale, i militari Usa attuino una censura così violenta nei confronti della stampa internazionale già minacciata dai Talebani”. ISF invita quindi tutti gli organismi che tutelano la libertà di stampa nel mondo a protestare in sede ONU e Nato, responsabili della missione in Afghanistan. (R.G.)

 

 

Istituita in Francia la sezione nazionale

dell’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione “SIGNIS”

 

È nata SIGNIS-France, la sezione francese dell’associazione cattolica mondiale per la comunicazione. La nuova sezione nazionale, costituita di recente a Parigi, riunisce i professionisti cattolici francesi di radio, televisione, cinema, video, educazione ai media, Internet e nuove tecnologie sotto la presidenza di Philippe Harrouard. L’obiettivo dei suoi promotori è di contribuire alle iniziative e ai progetti di SIGNIS, in particolare attraverso l’educazione all’uso dei media, la promozione di programmi di qualità nelle catene radio-televisive cristiane francesi, la partecipazione alla Giuria ecumenica al Festival del Cinema di Cannes e l’assegnazione del Premio SIGNIS ai Festival di Amiens e Tolosa. La nuova affiliata vuole altresì sostenere giornalisti e produttori cristiani che lavorano nelle testate laiche francesi. SIGNIS conta oggi membri in 140 Paesi nel mondo. L’Associazione rappresenta i media cattolici nelle diverse organizzazioni e istituzioni governative e non governative ed è impegnata a sollecitare politiche che favoriscano una comunicazione rispettosa dei valori cristiani, della giustizia e dei diritti umani; a coinvolgere i professionisti dell’informazione in un dialogo su questioni di etica professionale; a favorire la collaborazione ecumenica e interreligiosa nelle attività di comunicazione. Una delle priorità di SIGNIS è assicurare a tutti un accesso di qualità ai media, grazie ad una formazione che passa attraverso l’apprendimento di una capacità di lettura e di visione critica e l’acquisizione di nuove tecniche di comunicazione. L’Associazione ha uno statuto consultivo presso l’UNESCO, l’ECOSOC e il Consiglio d’Europa. (L.Z.)

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

24 Ore nel Mondo

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

- Nel nord del Pakistan, ameno 173 persone sono morte in seguito ad una drammatica serie di frane nella regione del Kashmir indiano e a scontri tra miliziani locali filogovernativi e militanti islamici uzbeki, avvenuti in una zona tribale al confine con l’Afghanistan. Il nostro servizio:

 

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In Pakistan, almeno 106 persone sono morte nella zona tribale del Waziristan del Sud, regione nord occidentale al confine con l’Afghanistan, per sanguinosi scontri scoppiati, negli ultimi due giorni, tra miliziani islamici uzbeki - probabilmente legati ad Al Qaeda - e militanti locali filogovernativi. Nella battaglia è intervenuto ripetutamente anche l’esercito pachistano che ha bombardato postazioni dei ribelli uzbeki. I combattimenti sono iniziati dopo che un leader talebano locale ha ordinato di disarmare i guerriglieri fedeli ad un capo uzbeko per poter successivamente espellere i militanti stranieri dal Waziristan del Sud, dove l’autorità del governo di Islamabad è solo formale. Il nord del Pakistan è teatro poi di un altro dramma provocato, in questo caso, non da attacchi e violenze ma da ripetuti smottamenti del terreno. Secondo l’ultimo bilancio, fornito dalle autorità locali, sono almeno 67 le persone morte nella zona del Kashmir pakistano a causa di frane provocate dalle piogge torrenziali che hanno colpito in questi giorni la regione. Tra le vittime ci sono diversi sfollati, sopravvissuti al disastroso terremoto dell’ottobre del 2005, costato la vita ad oltre 73 mila civili nel solo Pakistan settentrionale.

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- Oltre dal dramma delle frane provocate dalle intense piogge, il Pakistan è stato dunque scosso anche da nuovi, duri combattimenti, avvenuti in una zona tribale al confine con l’Afghanistan, tra miliziani filogovernativi e guerriglieri islamici probabilmente legati ad al Qaeda. Ma questi scontri sono legati alla crisi afghana? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Loretta Napoleoni, giornalista, esperta di al Qaeda:

 

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R. - Sicuramente, questi scontri sono legati all’atteggiamento duro che gli Stati Uniti hanno preso nelle ultime due settimane nei confronti del presidente pakistano, Musharraf. La verità è che quella zona - un’area tribale al confine tra Afghanistan el Pakistan, dove tra l’altro si troverebbero sia Osama Bin Laden sia al Zawhari - non è controllata dalle forze dell’ordine pakistane. Questi scontri, quindi, mettono in evidenza la volontà, da parte del Pakistan, di riprendere il controllo di questa zona, ma credo sarà molto difficile.

 

D. - Quindi, gli scontri si possono leggere come un’offensiva pakistana legata a quella che è l’offensiva della coalizione in Afghanistan…

 

R. - Il Pakistan si trova in una situazione di grosso imbarazzo nei confronti degli Stati Uniti proprio per la campagna di primavera che è stata lanciata dai talebani e preannunciata da al Zawhari, il numero due di Al Qaeda, prima della fine del 2006. Questo dimostra la forza di questa nuova alleanza: quella, appunto, tra talebani - i vecchi talebani - e la nuova al Qaeda guidata da al Zawhari, dove Osama Bin Laden è soltanto una figura iconica.

 

D. - In questo caso, si parla di militanti uzbeki. Questo spiega qualcosa di più, ci da qualche indicazione di più per capire com’è strutturata Al Queda?

 

R. - Dopo la caduta del regime dei talebani e la cacciata della leadership di al Qaeda all’interno della zona separata dal Pakistan, c’è stato uno spostamento di simpatizzanti e truppe islamiste in quella zona, proprio per ricostituire quello che è l’esercito talebano e per aiutare i talebani a riprendere il potere. Quindi, la presenza degli uzbeki - ma molto probabilmente anche di gruppi di diverse etnie nella zona del centro dell’Asia - non è una sorpresa.

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- Nello Sri Lanka, almeno 18 persone sono morte in seguito a furiosi combattimenti divampati tra ribelli delle Tigri Tamil e l’esercito nella zona orientale del Paese. Lo hanno riferito fonti delle forze armate srilankesi, aggiungendo che circa 150 mila civili sono fuggiti dalla zona teatro degli scontri. Secondo fonti locali, le violenze sono scoppiate dopo un attacco sferrato dai ribelli contro postazioni dell’esercito nel distretto di Batticaloa. Nel Paese asiatico, il conflitto tra guerriglieri Tamil ed esercito, iniziato nel 1983, ha causato finora oltre 65 mila morti.

 

- Ancora macabri ritrovamenti in Iraq: la polizia ha reso noto che nelle ultime 24 ore sono stati ritrovati a Baghdad almeno 31 cadaveri. Già ieri erano stati rinvenuti altri 30 corpi. A Ramadi, inoltre, sono state scoperte quattro fosse comuni. Sono poi ore di angoscia per la sorte di due tedeschi, una donna di 61 anni e suo figlio, rapiti lo scorso 6 febbraio a Baghdad. I sequestratori hanno minacciato di uccidere i due ostaggi se il governo di Berlino non ritirerà le proprie truppe dall’Afghanistan. Ieri, è scaduto l’ultimatum posto al governo di Berlino dai rapitori. Sul versante politico, il vicepresidente iracheno, Tareq Al Hashemi, ha dichiarato, in un’intervista rilasciata alla BBC, che “i miliziani sono una parte della comunità irachena e quindi bisogna coinvolgere le diverse fazioni in un processo negoziale”. “Tutti i partiti - ha aggiunto - dovrebbero essere invitati a sedersi intorno ad un tavolo, tranne i gruppi legati ad Al Qaeda”.

 

- “Un gioco di squadra tra il presidente del Consiglio, il Ministero degli esteri, l’ambasciatore a Kabul e Gino Strada con Emergency”. Con queste parole il premier italiano, Romano Prodi, ha sintetizzato la positiva conclusione del sequestro Mastrogiacomo in Afghanistan. Stamani alla Camera, a Roma, il viceministro degli Esteri, Franco Danieli, ha tenuto in merito un’informativa urgente del governo, riferendo del giallo sulla sorte dell’interprete afghano di Mastrogiacomo: al momento - ha detto - non c’è alcuna conferma del suo rilascio. A New York, intanto, il ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema, ha rilanciato ieri, davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU, la proposta di una Conferenza internazionale per “un Afghanistan migliore, sicuro, prospero e libero”.

 

- Al sollievo per la liberazione del giornalista italiano in Afghanistan, si contrappone l’ansia per la sorte del reporter britannico della BBC, Alan Johnston, rapito lo scorso 12 marzo a Gaza da estremisti palestinesi. Per esprimere la loro vicinanza al collega rapito, i giornalisti palestinesi della Striscia hanno deciso ieri di scioperare per 24 ore. In Medio Oriente, intanto, è atteso l’arrivo del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che venerdì prossimo dovrà incontrare politici israeliani e palestinesi nel corso di un nuovo tour nella regione.

 

- Ennesima esplosione in una miniera in Cina: fonti di stampa hanno riferito stamani che almeno 21 minatori sono intrappolati in una miniera di carbone in seguito ad una esplosione avvenuta domenica scorsa. Gli impianti minerari cinesi sono considerati tra i più pericolosi al mondo: lo scorso anno, i morti sono stati 4.746 e 2.845 gli incidenti. La mancanza di sicurezza e la necessità di soddisfare il sempre crescente fabbisogno energetico della Cina sono le cause principali di frequenti esplosioni e crolli.

 

- Restiamo in Cina, dove un tribunale della provincia di Fujian, nel sudest del Paese, ha condannato cinque persone a pene detentive tra sette anni e l’ergastolo per aver rapito e venduto bambini. Il traffico di bambini è una piaga purtroppo diffusa in Cina, dove le rigide leggi sul controllo delle nascite permettono alla maggior parte delle famiglie di avere un solo figlio. Le restrizioni, unite al tradizionale desiderio di un erede maschio, hanno causato aborti, infanticidi e l’abbandono di numerose neonate.

 

- In Ucraina, l’economista filo occidentale, Arseni Iatseniouk, fedelissimo del presidente Iushenko, è il nuovo ministro degli Esteri di Kiev. La sua candidatura è stata approvata oggi dal Parlamento ucraino, dopo giorni di discussioni fra la coalizione di maggioranza del premier Ianukovic e l’opposizione, guidata da Iulia Timochenko e dallo stesso presidente Iushenko.

 

- Il presidente francese, Jacques Chirac, ha ufficializzato stamani il proprio sostegno all’attuale ministro dell’interno, Nicolas Sarkozy, candidato della destra alle presidenziali del 22 aprile. Sarkozy lascerà quindi il governo il prossimo 26 marzo.

 

- In Somalia, almeno 14 persone sono morte in seguito a scontri divampati a Mogadiscio tra truppe governative somale, appoggiate dalle forze etiopi, ed alcuni gruppi di ribelli fedeli alle Corti islamiche. Intanto, secondo un rapporto annuale delle Nazioni Unite, la Somalia è balzata in testa alla classifica degli Stati più pericolosi al mondo. Nonostante l’intervento della forza di interposizione africana, combattimenti ed attentati sono all’ordine del giorno. Sul versante politico, si deve poi registrare che il governo transitorio somalo ha lasciato Baidoa e si è trasferito a Mogadiscio.

 

- Si aggrava la crisi politica in Ecuador, dove due settimane fa il presidente, Rafael Correa, ha estromesso dal Parlamento i deputati contrari al suo progetto di riformare la Costituzione. Ieri, a Quito, la Camera si è riunita con i 32 deputati rimasti dopo le espulsioni. A questi si sono aggiunti 21 nuovi parlamentari che hanno preso il posto di quelli destituiti. E’ stato così raggiunto il quorum di 52 deputati necessario a legiferare. Parallelamente, dovrebbero riunirsi in una località segreta i 57 parlamentari espulsi, decisi ad autoproclamarsi “Parlamento legittimo”. La crisi politica è stata innescata dalla decisione presa dal presidente Correa di indire per il 15 aprile prossimo un referendum per un’Assemblea costituente. L’opposizione di destra contesta tale decisione, poiché teme che Correa voglia in realtà riscrivere la Costituzione.