RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 78
- Testo della trasmissione di lunedì 19 marzo
2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Devozione dei cattolici cinesi a San Giuseppe, patrono
della missione in Cina
Ieri e oggi in Spagna, nella solennità di San Giuseppe, la
Giornata dei seminari
Incontro a Roma per approfondire e rilanciare la figura di San
Giuseppe
Terra Santa: Caritas Gerusalemme e CAFOD aprono sei “pronto
soccorso” a Gaza
Spoleto-Norcia: oltre 100 ragazzi in cammino “nel nome di
San Benedetto”
Afghanistan:
è libero e sta bene Daniele Mastrogiacomo
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
La Chiesa
celebra oggi la Solennità di San Giuseppe.
Il Papa festeggia il suo onomastico
Oggi la Chiesa celebra
la Solennità di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della
Chiesa universale. Il Papa, che del Santo porta il nome, festeggia dunque
l’onomastico: numerosi gli auguri che ha ricevuto in questi giorni da tutto il
mondo. E a questi aggiungiamo affettuosamente i nostri. Sulla figura di San
Giuseppe ascoltiamo quanto ha detto il Papa in questi quasi due anni di
pontificato. Il servizio di Sergio Centofanti.
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La figura di San
Giuseppe - ha detto il Papa durante l’Angelus del 19 marzo dell’anno scorso
“pur rimanendo piuttosto nascosta, riveste nella storia della salvezza
un'importanza fondamentale”. Si dimostrò
infatti, “al pari della sposa Maria, autentico erede della fede di Abramo: fede
nel Dio che guida gli eventi della storia secondo il suo misterioso disegno
salvifico”:
“La sua grandezza
risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel
nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del
suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile - l'umiltà e il
nascondimento - nella sua esistenza terrena”.
“Dall'esempio di San
Giuseppe – afferma il Pontefice - viene a tutti noi un forte invito a svolgere
con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha
assegnato”:
“Penso anzitutto ai
padri e alle madri di famiglia, e prego perché sappiano sempre apprezzare la
bellezza di una vita semplice e laboriosa, coltivando con premura la relazione
coniugale e compiendo con entusiasmo la grande e non facile missione
educativa”.
Proprio un anno fa
Benedetto XVI presiedeva nella Basilica Vaticana la Messa per i lavoratori, di
cui San Giuseppe è Patrono. Nell’omelia ricordava che “l'attività lavorativa
deve servire al vero bene dell'umanità” ed esortava “i credenti a santificarsi
attraverso il proprio lavoro, imitando San Giuseppe, che ogni giorno ha dovuto
provvedere alle necessità della Santa Famiglia con le sue mani”:
“Vorrei affidare a lui
i giovani che a fatica riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, i
disoccupati e coloro che soffrono i disagi dovuti alla diffusa crisi
occupazionale. Insieme con Maria, sua Sposa, vegli San Giuseppe su tutti i
lavoratori ed ottenga per le famiglie e l'intera umanità serenità e pace.
Guardando a questo grande Santo apprendano i cristiani a testimoniare in ogni
ambito lavorativo l'amore di Cristo, sorgente di solidarietà vera e di stabile
pace”.
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Sulla spiritualità di
San Giuseppe, Giovanni Peduto ha intervistato padre Tarcisio Stramare,
biblista degli Oblati di San Giuseppe, noti come “Giuseppini” di Asti, fondati
da San Giuseppe Marello:
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R. – La spiritualità è
quella dell’obbedienza alla volontà di Dio. Su ciascuna persona Dio ha
certamente un suo progetto, un piano: Dio ti chiama – oggi si parla poi tanto
di vocazione – e Giuseppe è stato chiamato ad essere il padre di Gesù. La sua
spiritualità, che corrisponde alla chiamata e alla vocazione è dunque quella
dell’obbedienza. Quindi tutto San Giuseppe è un “sì” non tanto pronunciato con
la bocca, quanto piuttosto espresso nell’azione. Il documento del Papa Giovanni
Paolo II su San Giuseppe “Redemptoris Custos“, comincia proprio col dire che
Giuseppe, chiamato ad essere il padre di Gesù, ha fatto quello che l’Altissimo
gli ha comandato. Da una parte, quindi, la chiamata a questa grande missione e,
dall’altra, la risposta è appunto l’obbedienza, il fare quello che Dio vuole.
D. – Perché San
Giuseppe nella iconografia tradizionale è stato rappresentato in sembianze di
vecchio?
R. – Il motivo risale
agli scritti apocrifi i quali non potendo capire bene come fosse possibile la
verginità in una persona, hanno pensato invece alla impossibilità. Hanno,
quindi, inventato un personaggio di cento anni da mettere accanto ad una
ragazzina di 15 anni. Una cosa, questa, veramente ridicola: lo scopo del matrimonio
in questo caso era appunto di coprire la paternità di Gesù, far capire che lui
fosse veramente il padre di Gesù e lo sposo di Maria. Con un vecchio hanno
tradito – diremo – tanto l’onorabilità della Madonna, che andava coperta e
difesa, come quella di Gesù. Hanno ottenuto, quindi, l’effetto contrario.
D. – Come possiamo
pregare San Giuseppe?
R. – Possiamo pregarlo
sapendo la grande potenza che ha davanti al Signore, avendolo servito per tutta
la vita: come padre penso che Gesù non possa negargli niente, tanto che Pio XI
parlava della “onnipotenza di San Giuseppe”. Come può Maria, la Madre di Gesù,
negare qualcosa a San Giuseppe e come può Gesù negare qualcosa a colui che lo
ha servito per tutta la vita?
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Gli echi
della visita del Papa nel carcere minorile di Casal del Marmo:
la testimonianza della direttrice Maria Laura
Grifoni
Dio “è Padre misericordioso che in Gesù ci
amato oltre ogni misura” e “ci accoglie e ci restituisce la dignità di figli
suoi”. Continuano a risuonare queste parole del Papa dentro le mura del Carcere
minorile di Casal del Marmo il giorno dopo la sua visita. Benedetto XVI ha esortato
ieri i giovani detenuti a porre Dio al primo posto nella loro vita, ricordando
che occorre seguire i Comandamenti e impegnarsi nella fatica quotidiana del
lavoro con umiltà e disciplina per creare "la vera festa e la vera
libertà”. Sugli echi di questa visita Luca Collodi ha sentito la direttrice
dell’Istituto penale per i minori di Casal del Marmo, Maria Laura Grifoni:
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R. – Oggi si parla
solo del Papa e della sua visita. L’emozione è ancora forte in tutti. Il
sorriso è rimasto e credo che rimarrà per un bel po’. Ho incontrato il ragazzo
che ha scritto la lettera che mi ha detto: “Ma pensa un po’, io ho stretto la
mano al Papa! Ma hai capito che ho stretto la mano al Papa?”. E’ la stessa sensazione
che ho io. Anch'io ho stretto la mano al Papa!
D. – Lei ha chiesto
ieri al Papa di pregare per i possibili fallimenti nel vostro processo
educativo ...
R. – Sì, siamo esseri
umani. Quando si fallisce, e le energie che si impegnano sono tante, qualche
volta si pensa pure: “Ma che lo faccio a fare? Mi demotivo ...”. E’ chiaro che,
a lungo andare, il fatto di non riuscire ad avere risultati può demotivare. Non
succede, questo, ma vorrei che non succedesse mai. Dobbiamo mantenere
l’attenzione al punto giusto e non demoralizzarci mai perché non ce l’abbiamo
fatta. Non siamo onnipotenti. Possiamo anche sbagliare. I limiti umani sono
quelli. E io ritengo che la richiesta di pregare al Papa l’ho fatta proprio perché
è vero che abbiamo bisogno di sostegno, di tanto sostegno, perché qualche volta
fallire è davvero brutto!
D. – Direttrice
Grifoni, che cosa intende lei per “fallimento di un processo educativo” a Casal
del Marmo?
R. – Quando il ragazzo
rientra. Esce e poi rientra e poi rientra ancora, e poi rientra ancora e poi
finisce agli “adulti”. Non tutti, ringraziando Iddio, ma è su quei fallimenti
che non dobbiamo mollare. Non bisogna mai perdere la voglia di provarci, di
provarci ancora e di riprovarci ancora, se è necessario, perché spesso
l’adolescente i risultati li dà a distanza di tempo, ha bisogno dei suoi tempi:
i suoi tempi sono diversi. E magari il seme fiorisce poi!
D. – Ci sono dei
successi che vi danno speranza, che vi danno la forza per andare avanti
nell’educazione?
R. – Sì. Tanti e
significativi nello stesso tempo. Non c’è mai nulla di perso, con questi
ragazzi che hanno bisogno di ascolto, di sostegno; avranno anche commesso dei
reati, perché questo non bisogna mai perderlo di vista: sono qua perché hanno
commesso dei reati. Ma da qui a dire: “Questo è un mostro, non farà mai niente di
buono nella vita”, o “non riuscirà mai”, è troppo! Quindi, io direi che uno su
dieci va bene.
D. – L’incontro con il
Papa che cosa le ha suggerito per portare avanti la sua esperienza all’interno
del carcere?
R. – Che con il
sorriso si lavora meglio, ma si lavora molto meglio, perché la tristezza, le
storie tragiche che abbiamo intorno sono tante, i fatti gravi sono tanti. Però,
forse un minimo di sorriso aiuta tutti a stare insieme. E poi, questa carica
che ha lasciato, che credo sia una scossa, come ha detto un ragazzo: “Io ho
promesso al Papa che cambio vita. Come faccio a non cambiarla?”.
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70 anni fa
la pubblicazione delle Encicliche di Pio XI “Divini Redemptoris” e “Mit brennender Sorge”, contro i regimi
totalitari del comunismo
e del nazismo: ce ne parla lo storico
Pietro Scoppola
70 anni fa, il 19
marzo del 1937, veniva pubblicata l’Enciclica “Divini Redemptoris”, con cui Pio
XI denunciava gli errori e i misfatti del comunismo ateo. Esso “spoglia l’uomo
della sua libertà – scriveva il Pontefice del comunismo – toglie ogni dignità
alla persona umana e ogni ritegno morale contro l’assalto degli stimoli
ciechi”. Qualche giorno prima, il 14 marzo, con la “Mit brennender Sorge”, Papa
Ratti aveva condannato duramente l’ideologia nazista. Tiziana Campisi ha
chiesto allo storico Pietro Scoppola in quale clima sono nati questi due
documenti:
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R. - E’ un clima
abbastanza drammatico che già prelude al secondo conflitto mondiale, quello che
caratterizza la pubblicazione di questi due documenti. Siamo all’antivigilia di
questo evento drammatico che domina la storia del XX secolo e il Papa mette per
iscritto la sua ferma condanna nei confronti dei due totalitarismi, delle “due
religioni secolari”: da un lato il comunismo, con la “Divini Redemptoris”, e
dall’altro il nazismo, con la “Mit brennender Sorge”. Due Encicliche forti;
quella contro il comunismo, forse, ancor più netta e marcata di quella contro
il nazismo. La condanna di Pio XI è molto significativa e tra l’altro prelude a
quell’Enciclica che non è stata pubblicata perché Pio XI è morto prima di emanarla,
l’Enciclica “Humani Generis Unitas” contro il razzismo nazista. Adesso è tornata
alla luce grazie a recenti ricerche: sono stati aperti gli Archivi segreti
vaticani e anche quei documenti sul pontificato di Pio XI fino a poco tempo fa
sconosciuti sono accessibili agli studiosi e stanno venendo fuori molti
elementi nuovi, molto interessanti per la storia di questo pontificato.
D. – Quale impatto
ebbero queste due Encicliche?
R. – Ebbero un grande
impatto in quegli ambienti in cui sono potute giungere, perché, non lo
dimentichiamo, sia il regime comunista del socialismo reale, come nell’Unione
Sovietica, sia il regime nazista, non avevano una stampa libera, non c’era
libera circolazione di idee. Gli stessi vescovi, gli stessi sacerdoti, nelle
loro omelie domenicali, facevano fatica a non provocare reazioni alla notizia.
In Russia, poi, c’era un clima di persecuzione religiosa. Dunque l’impatto
delle due Encicliche è stato forte a livello delle classi dirigenti che hanno
potuto averne notizia, ma a livello delle grandi masse popolari la conoscenza è
stata, in qualche modo, ridotta dalla mancanza di libertà, dalla mancanza della
libera circolazione delle idee.
D. – Come leggere gli
echi che questi documenti hanno avuto?
R. – Sono Encicliche
che hanno un grandissimo valore perché la denuncia del fenomeno della
"religione secolare" - questa pretesa della politica di diventare il
tutto della vita umana, di assorbire la dimensione religiosa in se stessa - la
condanna di questa idea, ha un grande significato per quando fu pronunciata, ma
allo stesso tempo sono un monito per il futuro. Ancora oggi queste Encicliche
sono un punto di riferimento per i valori della democrazia, per i valori di libertà.
D. – Queste due
Encicliche sono state molto vicine: la “Divini Redempotoris” è del 19 marzo
1937, l’altra del 14 marzo…
R. – C’è una
simmetria, la volontà di una simmetria, la condanna del totalitarismo di
destra, il nazismo, che accompagna la condanna del totalitarismo di sinistra,
il comunismo, messi sullo stesso piano in quanto regimi che pretendono di
assorbire tutto nella politica, di fare della politica un valore assoluto
guidata da leader che hanno poteri assoluti come lo sono stati da una parte
Stalin e dall’altra Hitler.
D. – Rileggere oggi
queste Encicliche, a quali riflessioni ci può portare?
R. – Leggerle oggi ci
dà un senso di angoscia, ci fa capire, ci fa sentire quali sono state le grandi
tragedie del secolo che abbiamo alle spalle, alla vigilia del secondo conflitto
mondiale, la tragedia più grande della storia umana con i suoi 50 milioni di
morti, e di cui i due totalitarismi sono corresponsabili. Per altro verso
questi due documenti sono un apertura verso il futuro in quanto indicano la via
di un possibile superamento, pongono le premesse per una rivendicazione della
dignità della persona umana. Sono i temi che poi saranno ripresi e sviluppati
da Pio XII nei famosi messaggi degli ultimi anni di guerra, messaggi in cui la
Chiesa si schiera esplicitamente in favore della democrazia come regime
privilegiato per la garanzia della dignità dell’uomo.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
Spezzare il cerchio
della incomunicabilità, rilanciando il dialogo della verità nel mondo dei mass
media: la riflessione di padre Federico Lombardi
Rilanciare il “grande
dialogo della verità” nel mondo dei mezzi della comunicazione: è quanto ha
auspicato più volte Benedetto XVI. Il Papa chiede che i media possano sempre
“garantire un’accurata cronaca degli eventi, un’esauriente spiegazione degli
argomenti di interesse pubblico, un’onesta presentazione dei diversi punti di
vista” per essere “protagonisti della verità e promotori della pace”. Ascoltiamo
in proposito la riflessione del nostro direttore generale padre Federico
Lombardi.
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Da diversi mesi ormai
chi segue la stampa e in generale l’informazione in Italia si trova di fronte a
un fiume ininterrotto di interventi di vario genere direttamente o
indirettamente connessi al dibattito sulle coppie di fatto.
Chi opera nel mondo
delle comunicazioni sociali si rende ben conto che vi è certamente spesso un
fondamento oggettivo di questi interventi, ma vi è pure altrettanto spesso una
notevole amplificazione, e talvolta un’alterazione o una strumentalizzazione di
parole o testi o intenzioni della “parte avversa”. La strumentalizzazione è
dovuta a volte alla passione di parte, a volte è intenzionale e calcolata.
Sembra, alla fine, di diventare sempre più prigionieri di un circolo perverso:
l’atteggiamento dell’ascolto e del rispetto degli interlocutori è sempre più
difficile, la comprensione delle vere intenzioni dell’altro praticamente
impossibile. “Dialogo” appare ormai una parola vuota. Molti vorrebbero
modificare questa situazione, ma non sanno da che parte cominciare: temono di
essere strumentalizzati appena apriranno bocca. Un senso di impotenza si
diffonde.
Può darsi che qualcuno
si rallegri dell’impopolarità che ne risulta per la Chiesa. La meschinità e la
miopia di un tale atteggiamento sono troppo spregevoli per occuparcene. Perché
il problema riguarda tutti noi, tutta la società italiana anche aldilà del
coinvolgimento - in questo caso - della Chiesa o di suoi personaggi. Si tratta
della nostra capacità comune di condurre dibattiti costruttivi, su temi importanti,
con la prospettiva del bene comune, senza lasciarci imprigionare da contrapposizioni
senza uscita.
Perciò diventa urgente
in questo momento una grande capacità di autocontrollo delle nostre reazioni, un’attenzione
vigile a non alzare i toni, a rispettare di più ciò che l’interlocutore ha
detto e ha voluto dire, a tener conto del contesto e della natura dei
documenti. Occorre uno sforzo un po’ fuori dell’ordinario – dato che fuori
dell’ordinario sta diventando la situazione - di etica professionale per i comunicatori
e per i loro dirigenti, di apertura reciproca fra le diverse posizioni politiche
e sociali.
E’ un discorso che può
sembrare moralistico. Ma chi opera nel
mondo della comunicazione sociale sa che è assai concreto. Anche senza arrivare
al caso dello stravolgimento intenzionale degli atti e delle parole degli
altri, questo discorso tocca la scelta degli argomenti da lanciare, i titoli, i
rilanci, la costruzione dei dibattiti.
Dove vogliamo andare? Troppe volte la Chiesa si è dimostrata una componente
viva e attenta nella vita della società italiana perché qualcuno possa pensare
che sia bene che rimanga al margine o si trovi in atteggiamento di rottura. E poi il problema è più ampio, riguarda il
degrado generale della capacità di confronto civile e costruttivo nella
prospettiva del bene comune. E come tale è un problema che ci riguarda
assolutamente tutti: cattolici e laici, credenti e non credenti, e nessuno se
ne può sentire estraneo.
Anche la Radio
Vaticana non se ne sente estranea, e si impegna a dare il suo contributo con
lealtà e coraggio, ma sempre con un doveroso sforzo di rispetto delle posizioni
e delle intenzioni degli altri. Un impegno quotidiano necessario e doveroso,
perché l’inserimento della Chiesa nella nostra società possa nuovamente essere
meglio compreso nella sua natura positiva di proposta e di servizio per il bene
di tutti.
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Quattro anni fa
l’invasione anglo-americana dell’Iraq.
Il vescovo
ausiliare di Baghdad Warduni: terribili le conseguenze
Quattro anni fa, all’alba del 20 marzo 2003, aveva inizio
l’intervento anglo-americano in Iraq. La situazione oggi è tutt'altro che
stabilizzata. Saddam Hussein è stato impiccato, il Paese ha un Parlamento e un
governo democratici, è stata votata una nuova Costituzione, ma le violenze sul
terreno continuano. Secondo il sito 'Iraq Body Count', che riporta un resoconto
basato sulle notizie diffuse dalla stampa internazionale, dal marzo 2003 sono
morte tra le 59mila e le 65mila persone, in gran parte civili, mentre i dati
forniti dall’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati parlano di due milioni di
profughi che hanno lasciato l’Iraq e di un milione e 800mila sfollati
all’interno del Paese. Ma cos’è cambiato oggi in Iraq? Giada Aquilino lo
ha chiesto a mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei
Caldei:
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R. – Primo dello
scoppio del conflitto, avevo detto: Dio non vuole la guerra in Iraq. Già allora
si poteva capire che le conseguenze sarebbero state terribili. E, infatti, di
giorno in giorno sono aumentate la crudeltà e le uccisioni. Bambini, giovani,
vecchi, malati, tutti quanti soffriamo, perché il mondo non pensa al bene degli
iracheni. Ciascuno pensa ai propri interessi e per questo gli iracheni sono dimenticati:
il terrorismo aumenta e con esso anche gli orfani e le vedove. La nostra unica
speranza, quindi, è nel Signore.
D. – Dal marzo 2003,
si parla di oltre 60mila morti, in gran parte civili. La popolazione come vive
in questi giorni?
R. – Nessuno può dare
il numero esatto dei morti. Saranno molti di più. La gente vive con dolore,
paura, sofferenza. Tutti vogliono scappare, perché non c’è pace, né sicurezza.
Tante volte usciamo di casa, senza essere sicuri di tornare sani e salvi. I
rapimenti, i kamikaze, le autobomba, le mine, i missili: non si mangia
tranquilli, non si studia tranquilli, non si prega tranquilli. Tanta gente ha
paura di venire in Chiesa, tanti bambini hanno paura di andare a scuola.
D. – Due milioni sono
i profughi che hanno lasciato l’Iraq e un milione e ottocentomila sono quelli
interni. Tra queste persone che lasciano l’Iraq, ci sono anche quelle
appartenenti alle minoranze religiose, tra cui i cristiani…
R. – Certamente. Tutti
vogliono scappare. Non c’è uno spiraglio di luce che faccia dire: “Domani
vivremo meglio”. Le infrastrutture sono inesistenti. Abbiamo elettricità solo
per mezz’ora, un’ora e poi stiamo senza per cinque ore. La benzina e il gasolio
aumentano. Per questo tutti vanno fuori. Anche coloro che sono forti di animo,
quando vivono queste terribili situazioni si indeboliscono. Rimangono quelli
che non hanno nemmeno i mezzi per fare qualcosa.
D. – Per i cristiani
che rimangono, qual è la situazione?
R. – Cerchiamo di
incoraggiarli, di dir loro: “Preghiamo”. Abbiamo speranza nel Signore. Il
Signore soltanto potrà fare qualcosa per l’Iraq. Quindi preghiamolo, perché si
possano festeggiare le Palme, la Pasqua, la Resurrezione. Invitiamo tutti a
pregare.
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Conferenza stampa di
Romano Prodi per i 50 anni dei Trattati di Roma. Mons. Aldo Giordano: ridare
un'anima all'Europa
Un momento politico
alto a Berlino il 25 marzo prossimo e tante occasioni di celebrazioni sul
territorio italiano: è quanto ha annunciato in conferenza stampa a Palazzo
Chigi il presidente del Consiglio, Romano Prodi, in occasione del 50° dei
Trattati di Roma, con cui nasceva la Comunità Economica Europea. C’era per noi Fausta
Speranza:
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Si festeggia l’Europa
della democrazia, della partecipazione e dei giovani, insomma – sottolinea
Prodi – la società civile europea, formata oggi da 485 milioni di persone. Ma il premier annuncia poi l’appuntamento sul
piano politico, perché – avverte - non sia solo cerimonia del passato: i leader
europei riuniti il 25 marzo, a Berlino
si impegneranno in una Dichiarazione comune definita "solenne".
“L’integrazione europea – afferma Romano Prodi – non è un’opzione”: nessun
singolo Paese avrebbe la possibilità di far sentire la propria voce nel mondo
globalizzato. Superata la fase di stallo seguita al ‘no’ alla Costituzione, si
deve arrivare alle prossime elezioni politiche europee del 2009 in grado di
essere presenza significativa nel mondo. “No a un mini-Trattato, dunque, –
afferma Prodi – ma sì a un Trattato vero e forte”:
"Siamo la più
grande struttura economica del mondo e abbiamo la grande responsabilità per il
futuro della politica e dell'economia mondiale. Finora non l'abbiamo potuta
esercitare a sufficienza, a causa delle nostre divisioni. Adesso incomincia un
periodo in cui l'Europa dovrà inserirsi in modo organico e stabile tra i leader
della politica e dell'economia mondiale. Nella politica estera, ci si è resi
conto - e questo è arrivato a livello popolare - che la mancanza di una
posizione europea è stata un danno oggettivo per la pace".
In vista di Berlino,
il presidente del Consiglio Prodi incontra oggi pomeriggio il cancelliere
tedesco Angela Merkel e domani il presidente del Parlamento europeo,
Poettering. Ci sono poi gli appuntamenti celebrativi in Italia. Impossibile
citarli tutti: eventi storici e artistici, come la mostra alla Farnesina di
documenti relativi a questi 50 anni; dibattiti e momenti di festa, come lo
spazio speciale al Museo dei bambini di Roma; momenti di confronto a livello di
Comuni o per categorie, come avvocati, astronauti, oppure il congresso dei
vescovi europei su “Valori e prospettive del futuro”.
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L’importante
cinquantenario dei Trattati di Roma è un avvenimento che non coinvolge, dunque,
soltanto il mondo politico ed economico europeo ma anche quello ecclesiale. La
Chiesa infatti, nella sua dimensione universale è chiamata ad interrogarsi sul
cammino di integrazione europea, a partire dal contributo che il messaggio
cristiano può dare ai popoli ed alle nazioni del Continente. Al riguardo Luca
Collodi ha intervistato il segretario del Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa (CCEE), mons. Aldo Giordano:
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R. – Credo che la
Chiesa e i cristiani siano molto attenti alle domande di fondo che gli europei
hanno: sul senso della vita, sul senso del dolore; hanno delle grosse domande
in campo etico; hanno delle domande su come convivere all’interno delle
frontiere europee ma anche su come convivere con il resto del mondo, come
confrontarsi con le grandi tragedie dell’umanità. Davanti a queste domande, le
Chiese vogliono dare il loro contributo e noi pensiamo che il cristianesimo e
il Vangelo abbiano qualcosa di molto serio da dire proprio su queste domande, a
cominciare da quella sul senso della vita, a quella sul convivere tra le
persone, a quella del rispondere alle sfide mondiali.
D. – Per la
costruzione dell’Europa, i valori spirituali, quanto sono importanti?
R. – Fondamentali,
perché la dimensione spirituale è una dimensione di fondo della persona umana,
e quindi se non si considera questo e in maniera unilaterale si serbano altre
dimensioni dell’uomo, come esclusivamente la dimensione corporea o solo la
dimensione del lavoro o solo quella dei ritmi economici, e la visione dell’uomo
diventa non armonica, in qualche maniera diventa mostruosa, e quindi si perde
la realtà dell’uomo. E’ una questione di salvare la realtà profonda dell’uomo
stesso e la dimensione spirituale è proprio quella che tocca le questioni di
fondo dell’uomo, e tocca soprattutto le questioni dell’apertura dell’uomo sul trascendente:
è molto diversa la visione di un uomo che è limitato al terrestre, che quindi
vive i suoi 50 o 100 anni sulla terra e poi tutto è finito, rispetto ad una
visione dell’uomo dove l’uomo è addirittura aperto sulla dimensione
dell’eterno. L’aprire il cielo azzurro dell’eternità sull’Europa forse è il
compito più grande che i cristiani possono donare all’Europa!
D. – Mons. Giordano,
ultimamente, il dibattito europeo sulla laicità si è fatto a volte aspro ...
R. – Diciamo che c’è
una sana laicità anche in Europa, quindi è una laicità su cui troviamo il
consenso anche delle Chiese, che vuol dire la giusta distinzione tra il sacro e
il profano, tra l’ambito pubblico e l’ambito religioso, tra Cesare e Dio, e
questa giusta distinzione è importante. Però, questo spazio di distinzione,
nell’attuale Europa, diventa il luogo della tentazione di non distinguere, ma
di separare, addirittura di opporre. Ed è questo che credo sia molto
distruttivo: opporre la dimensione religiosa e la dimensione pubblica. Questa è
una tentazione. Il rischio è sempre il modo di vivere la libertà, il modo di
interpretare la libertà come qualcosa di autosufficiente, dove l’uomo dice:
“Decido io di tutto, decido io dei valori morali, decido io del bene e del
male, decido io cosa fare della mia vita, decido io da solo”: è una libertà
vissuta nella solitudine! Oggi in Europa si sperimenta molto questa solitudine.
L’altra decisione, invece, è quella di una libertà che si confronta con
l’altro, con il prossimo e con la
dimensione divina, con la dimensione trascendente!
D. – Per qualche
osservatore, l’Europa avrebbe perso la sua forza propulsiva: lei è d’accordo?
R. – L’Europa ha una
grande ricchezza, una ricchezza che attualmente ci sembra un po’ impazzita. Ma
se noi riuscissimo a ridare un’anima, ridare – io penso attraverso il
cristianesimo, attraverso le forze migliori che ci sono in Europa – noi
ridessimo una luce, questa luce rimetterebbe ordine nelle idee europee, rimetterebbe
ordine tra le scienze e questo sarebbe il contributo che l’Europa è chiamata a
dare al mondo. E un’Europa che riscoprisse la sua vocazione e la sua identità,
sarebbe anche capace di accogliere i contributi degli altri continenti. Quindi,
l’Europa ha qualcosa di importante da dire, però non deve fare male a se
stessa: deve riscoprire ciò che è.
D. – In questo 50. mo
anniversario della firma dei Trattati di Roma, quale può essere l’augurio
migliore che i cristiani possono fare all’Europa?
R. – Un’Europa che
abbia una luce, che abbia l’umiltà di riandare a trovare la luce, un’Europa che
scopra soprattutto – io credo – attraverso il cristianesimo, la sua vocazione
mondiale, perché il cristianesimo è "cattolico", universale; è interessante
notare che le Chiese non hanno mai visto un’Europa divisa da un muro, ma hanno
sempre considerato tutta l’Europa! La Chiesa guarda sempre al di là delle
frontiere e dei muri, e la Chiesa comprende sempre l’Europa vista nel contesto
mondiale, quindi vuole un’Europa più unita, più stabile, più capace di contribuire
all’umanità.
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Dopo dieci anni il
"mea culpa" del quotidiano britannico Independent:
un errore la depenalizzazione della cannabis
“La depenalizzazione
della cannabis è stata un errore”: ha fatto scalpore l’articolo pubblicato ieri
dal quotidiano britannico Independent, in cui si chiede scusa per aver
lanciato, dieci anni fa, una campagna a favore del declassamento della marijuana
fra le droghe leggere. Una scelta che ha portato a conseguenze disastrose,
soprattutto fra i giovani. Il servizio di Isabella Piro:
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Gran Bretagna, 1997:
il quotidiano Independent lancia una campagna senza precedenti per chiedere la
depenalizzazione della cannabis. L’anno dopo, 16 mila persone sfilano ad Hyde
Park a sostegno della proposta. Nel 2004, il governo Blair cede: la cannabis
passa dalla categoria B a quella C, ossia tra le droghe leggere, il cui consumo
personale non è più un reato punibile con l’arresto, ma per lo più con multe in
denaro. Una decisione che, a distanza di anni, si è rivelata un grosso errore,
poiché ha innalzato da 1.600 a 22mila il numero di persone che ogni anno, nel
Regno Unito, finisce in cura per abuso di hashish e marijuana. La metà dei
malati è minorenne. Per questo, l’Independent oggi chiede scusa e mette in
guardia dai nuovi pericoli: la droga che si fuma oggi, il così detto ‘skunk’, è
tratta da un tipo di cannabis 25 volte più potente di quella di 10 anni fa e
crea conseguenze gravissime sull’organismo umano, soprattutto a livello
psichico. Secondo gli specialisti britannici, infatti, almeno un decimo dei 250
mila schizofrenici del Regno Unito avrebbe evitato di ammalarsi se non avessero
fatto uso di cannabis. Senza contare che la droga leggera può essere un primo
passo verso l’uso di droghe pesanti, come la cocaina e l’eroina. Un’analisi che
trova d’accordo la Comunità Incontro di don Pierino Gelmini: ascoltiamo Claudio
Previtali, coordinatore generale dei centri maschili:
R. – Dalle cosiddette
droghe leggere, si passa poi alle droghe pesanti. In 26 anni che sono qui in
comunità ho potuto constatare, oltre che su me stesso, su centinaia di migliaia
di giovani che sono passati di qui, che tutti hanno iniziato con le droghe
leggere.
D. - Da dove partire,
dunque, per fare prevenzione?
R. – Innanzitutto
quello che noi diciamo da tantissimi anni e cioè che non esistono droghe
leggere o droghe pesanti. E’ illecito drogarsi, drogarsi fa male. Tutta la
prevenzione deve essere incentrata sul rispetto dell’uomo, sull’importanza
della vita, la cosa più grande.
Il 20% dei cittadini
dell’Unione Europea oggi fa uso di stupefacenti, afferma Edoardo Polidori,
responsabile del Servizio per le Tossicodipendenze di Faenza. Una percentuale
pari a 60 milioni di persone, soprattutto giovani. Per arginare il problema,
aggiunge, non occorrono solo regole, limiti e divieti, ma anche una vera e
propria educazione:
R. – Si potrebbe dire
sicuramente, ragionando su quella che è la cultura delle droghe, conoscerle dal
punto di vista storico, dal punto di vista degli effetti, dei rischi. Abbiamo
semplicemente detto: “Non si deve fare” ma il “non si deve fare” non ha
sviluppato conoscenza, sapere e competenze, ha messo soltanto un divieto che
per gli adolescenti di oggi è diventato un divieto molto attraente.
Stato confusionale,
alterazione delle coordinate spazio-temporali, problemi di memoria e attacchi
di panico: sono solo alcune delle reazioni provocate dall’uso di cannabis. A
cui bisogna aggiungere anche il danno polmonare: fumare tre spinelli, infatti,
equivale a fumare 20 sigarette.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
Devozione dei cattolici cinesi a San Giuseppe,
patrono della
missione in Cina
Ieri e oggi in Spagna, nella Solennità di San
Giuseppe,
la Giornata
dei seminari
“I sacerdoti come
testimoni dell’amore di Dio”: con questo tema, che richiama l’enciclica di
Benedetto XVI “Deus Caritas est”, si celebra da ieri in Spagna, in coincidenza
con l’odierna Solennità di San Giuseppe, la Giornata dei seminari. Nel Paese,
continua a calare il numero degli allievi dei seminari maggiori, con grandi
differenze tra le diverse diocesi. Tuttavia, la media nazionale è superiore a
quella europea e inferiore solo a quella di Polonia, Croazia, Italia, Ungheria
e Irlanda. Secondo l’ufficio statistico della Conferenza episcopale spagnola,
quest’anno i seminaristi dei seminari maggiori sono 1.387, rispetto ai 1931 di
dieci anni fa. Negli ultimi anni, è cresciuto il numero dei giovani che entrano
in seminario provenendo dalle Università o dopo aver concluso gli studi
universitari. Da notare, poi, che sono molti i giovani che hanno scoperto o
maturato la vocazione negli incontri mondiali dei giovani con il Papa, in
gruppi di preghiera e nel volontariato. Gli allievi dei seminari minori sono
quest’anno 1939. Anche in questo caso, sono notevoli le differenze tra le
diocesi. Di fatto, mentre il numero totale di seminari maggiori in Spagna è di
81, i seminari minori sono 51. La questione delle vocazioni al sacerdozio è al
centro delle principali preoccupazioni dei vescovi, ma una vera analisi
registra notevoli differenze tra le diverse regioni e diocesi e sono complesse
le cause e le circostanze che possano orientare l’attuale pastorale delle
vocazioni. (A cura di Ignazio Arregui)
Incontro a Roma per approfondire e rilanciare la
figura di San Giuseppe
Con l’intento di approfondire e rilanciare
la figura di San Giuseppe, si è svolto a Roma, presso il Pontificio Oratorio
San Paolo, un incontro promosso dal Centro studi San Giuseppe dei Giuseppini
del Murialdo. All’incontro hanno partecipato laici e religiosi provenienti da
varie parrocchie e comunità legate al nome di San Giuseppe. Tra gli interventi,
quello di padre Angelo Catapano, direttore del Centro studi, che ha parlato
della figura del padre terreno di Gesù nel cinema. La prof.ssa Stefania
Colafranceschi ha illustrato, invece, un excursus sulla figura del Santo come
appare nei dipinti e nelle icone degli ultimi secoli. Infine, mons. Marco
Frisina, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano di Roma e del coro di San
Giovanni in Laterano, ha proposto l’“Oratorio su San Giuseppe”, eseguito lo
scorso anno davanti a Benedetto XVI in occasione del suo onomastico. (R.M.)
“Il dialogo è l’unica strada per
uscire dalla crisi”:
dichiarazione dei leader cristiani
dello Zimbabwe
“Il
nostro Paese si trova in una crisi profonda. Una crisi è una situazione
instabile di estremo pericolo e difficoltà, che tuttavia può anche essere
trasformata in un momento di grazia e in un nuovo inizio, se tutte le parti che
hanno causato la crisi si pentono e prestano attenzione al grido della
popolazione”: è l’appello lanciato dai leader delle principali confessioni
cristiane dello Zimbabwe ai responsabili politici nazionali, in una
dichiarazione comune, citata dall’agenzia Fides. La situazione nel Paese si è
aggravata dopo l’arresto del leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, e di
un gruppo di suoi sostenitori, poi rilasciati. Il capo di Stato, Robert Mugabe,
che ha 83 anni, non sembra intenzionato a cedere il potere. La proposta di
estendere di due anni il suo mandato, che scade nel 2008, sembra sia stata
accantonata, ma il presidente ha dichiarato che intende comunque candidarsi
alle prossime elezioni, suscitando tensioni nel partito al potere. Di fronte a
questa situazione, i leader cristiani affermano “in modo chiaro e
inequivocabile il sostegno all’autorità politica legittima”. “Allo stesso tempo
– precisano – diciamo in modo altrettanto chiaro e inequivocabile ‘no’ al
potere, o alla conquista del potere, attraverso la violenza, l’oppressione e
l’intimidazione”. E continuano: “Facciamo appello ai responsabili dell’attuale
crisi di pentirsi e di ascoltare il grido dei loro cittadini. Al popolo dello
Zimbabwe chiediamo di operare per la pace e di dare prova di moderazione
nell’esprimere le proprie giustificate rimostranze e nel chiedere il rispetto
dei loro diritti”. In particolare, il richiamo è rivolto ai cristiani, “che
stanno da entrambe le parti della barricata”. (R.M.)
Terra
Santa: Caritas Gerusalemme e CAFOD
aprono sei “pronto soccorso” a Gaza
Sei centri di pronto soccorso per fare
fronte all’emergenza sanitaria della Striscia di Gaza. E’ l’iniziativa
congiunta della Caritas di Gerusalemme e del CAFOD, l’organismo caritativo dei
vescovi inglesi, in collaborazione con organizzazioni mediche locali. Come
riferisce l’agenzia SIR, le violenze di questi mesi, unite alle drammatiche
condizioni di vita della popolazione della Striscia, hanno indotto gli
organismi promotori ad attivarsi per dotare 6 località dove l’assistenza
sanitaria è precaria o del tutto inesistente, individuate dal ministero della
Salute palestinese, di centri di pronto soccorso. Si tratta di Al-Bureij Camp,
Maghazi Camp, Al-Mosaddar Area e Mughraqa (nel centro della Striscia di Gaza),
Beit Lahia (a nord) e della regione di Al-Emoor (a sud). I centri saranno
aperti un giorno alla settimana, per intervenire con l’assistenza nelle aree
segnalate, dove medici locali volontari si prenderanno cura dei pazienti. Il
progetto prevede anche degli incontri finalizzati ad individuare singole
emergenze. I comuni, cui questi interventi sono diretti, i centri giovanili e i
medici volontari hanno firmato un accordo con la Caritas di Gerusalemme,
assicurando il loro impegno alla continuità dell'iniziativa. (R.M.)
Allarme
della Caritas dello Sri Lanka: “L’escalation di violenze potrebbe causare un
disastro umanitario”
La Caritas teme un disastro
umanitario nello Sri Lanka, ora che gli scontri tra ribelli ed esercito hanno
costretto oltre 200 mila persone nel nord e nordest del Paese a fuggire via
dalle case: lo ha dichiarato ad AsiaNews il direttore della Caritas locale, padre Damian
Fernando, secondo cui “la situazione è molto mutevole, può accadere qualsiasi
cosa. Il governo ha lanciato un’offensiva per giungere a una soluzione militare
del conflitto e la guerra è ripresa”. Nelle ultime due settimane, circa 50 mila
persone hanno trovato riparo nella città di Batticaloa e altre 40 mila sono
fuggite dalla zona di guerra a quella controllata dal governo. La Caritas fornisce cibo
cucinato e a lunga conservazione, coperte, ripari e altri generi essenziali
agli sfollati a Batticaloa, nella penisola di Jaffna e nella zona Valuthayam-Mannar
e sta facendo scorte di questi generi nel timore che il conflitto peggiori. La Caritas Internationalis, che raccoglie oltre
162 gruppi cattolici di aiuto attivi in oltre 200 Paesi, ha sollecitato le
parti in conflitto a riprendere i negoziati e ha chiesto alla comunità
internazionale di intervenire per favorire un accordo. La guerra, in corso
nello Sri Lanka da 25 anni, ha causato almeno 70 mila morti, soprattutto
civili. (R.M.)
La
Chiesa portoghese rifiuta di collaborare con la legge sull'aborto
che giudica "una legge ingiusta per la
dignità della vita umana"
La chiesa cattolica del Portogallo non
collaborerà in alcun modo con la legislazione sull’interruzione volontaria di
gravidanza attualmente in discussione poiché si tratta di una “legge ingiusta e
costituisce una mancanza di rispetto della dignità della vita umana”. Ad
affermarlo all’Agenzia Zenit è padre Carlos Azevedo, portavoce della Conferenza
Episcopale Portoghese (CEP). Padre Azevedo non ha voluto commentare le questioni
concrete sollevate dalla legislazione, anche se ha elogiato il lavoro dei
deputati che hanno cercato di imporre un termine obbligatorio per la
riflessione delle madri. Il Consiglio Permanente della CEP, riunito a Fatima,
ha fatto appello ai movimenti “pro-vita” affinché si “interessino soprattutto a
ciò che presuppone il rispetto per la cultura della vita” sotto vari aspetti e
non circoscrivano la loro azione solo all’interruzione volontaria di gravidanza
o aborto. L’8 marzo scorso il Parlamento portoghese ha approvato la nuova legge
che depenalizza l’interruzione volontaria di gravidanza, per decisione della
donna, durante le prime dieci settimane di gestazione. Quanto alle donne che
scelgono l’aborto, la Chiesa cattolica portoghese affronta la questione “con
uno sguardo di misericordia e perdono” mentre per i professionisti sanitari, i
vescovi stimano che “la coscienza cristiana implica che non collaborino con
alcun atto che attenti alla dignità di un essere umano”.
Grande
partecipazione, in Ungheria, all’iniziativa ecumenica “72 ore
senza compromessi”. Oltre mille
giovani cattolici, luterani e calvinisti
impegnati in attività di volontariato
In Ungheria, oltre mille giovani cattolici, luterani e
calvinisti hanno partecipato nei giorni scorsi all’iniziativa ecumenica “72 ore
senza compromessi”, offrendo 30 mila ore di volontariato in centinaia di
progetti sociali e caritativi. Dal 16 al 18 marzo – riferisce l’agenzia SIR – i
giovani ungheresi hanno voluto testimoniare “che la solidarietà e la tutela dell'ambiente,
oltre a essere utile, può essere anche divertente”. Il 16 mattina si sono
svolte feste di apertura in diverse città: a Debrecen, ad esempio, i volontari
hanno prestato servizio in un palazzo distrutto dal fuoco. I giovani sono
andati a trovare anziani, profughi, bambini negli istituti o negli ospedali,
organizzando programmi e gite; hanno aiutato a sistemare l’ambiente, messo in
ordine giardini e parchi giochi, preparato e distribuito cibo a poveri e senza
tetto, dipinto steccati e cancelli, piantato alberi. Anche la conclusione delle
tre giornate è stata caratterizzata da feste e occasioni di incontro, con
momenti di preghiera e di ringraziamento. L’organizzazione è stata curata dall'Ufficio
giovanile ecumenico e da giovani delle Chiese cattolica, luterana e calvinista.
(R.M.)
Spoleto-Norcia:
oltre 100 ragazzi in cammino “nel nome di San Benedetto”
Oltre cento ragazzi si sono ritrovati, all’alba di oggi,
nella Cattedrale di Spoleto per avviare, “nel nome di San Benedetto”, il
pellegrinaggio a piedi dal ‘cuore’ della diocesi alla casa natale del patrono
d’Europa, a Norcia. Come riferisce l’agenzia Sir, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia,
mons. Riccardo Fontana, dopo aver accolto i giovani in Duomo, ha celebrato la
Messa e ha consegnato loro la Croce e il vademecum del pellegrino. Poi,
muniti di abbigliamento sportivo, impermeabile, zaino, borraccia, torcia
elettrica, sacco a pelo, quaderno e penna, si sono messi in cammino lungo il
vecchio tracciato della ferrovia Spoleto-Norcia. Alla marcia, prende parte
anche l’arciprete di Norcia, don Mario Curini, il vice parroco della stessa
città, un monaco benedettino e rappresentati della giunta comunale. Mercoledì
21 marzo, dopo il corteo storico, l’arcivescovo Fontana presiederà presso la
Basilica San Benedetto a Norcia il pontificale per ricordare il figlio più
illustre della Chiesa di Spoleto-Norcia. (R.M.)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
- A cura di Amedeo Lomonaco ed Eugenio Laurenzi -
- Afghanistan. Dopo 14 giorni di sequestro è stato liberato
dai talebani il giornalista del quotidiano “La Repubblica” Daniele
Mastrogiacomo: è in buone condizioni ed ha già parlato con l'ambasciatore
italiano in Afghanistan Ettore Sequi. Presto il suo ritorno in Italia. Secondo
quanto afferma il mullah Dadullah, citato dall’agenzia afghana Pajhwok – i
talebani continueranno a prendere di mira i giornalisti che nei loro resoconti
si dimostrino parziali.
- Alla
vigilia del quarto anniversario dell’intervento militare americano in Iraq,
scattato nella notte tra il 19 ed il 20 marzo del 2003, la situazione nel
Paese arabo resta drammatica: almeno 18 persone sono morte a Kirkuk per una
serie di attacchi. Altre tre persone sono rimaste uccise per un attentato
compiuto vicino ad una moschea sciita a Baghdad. In Russia, intanto, il ministero degli Esteri ha auspicato la definizione di una
scadenza per il ritiro delle forze straniere dall’Iraq.
- Nei
Territori Palestinesi, un militante della Jihad islamica è morto e almeno nove
persone sono rimaste ferite, tra cui due bambini, per una esplosione avvenuta
in una casa in un campo profughi di Shatti, nella Striscia di Gaza. Sul
versante politico, il vice ministro degli Esteri della
Norvegia, Raymond Johansen, è arrivato stamani a Gaza per un incontro con il
premier palestinese, Ismail Haniyeh. Ieri, il governo israeliano ha accettato
la proposta, presentata dal premier Ehud Olmert, di boicottare il nuovo governo
palestinese di unità nazionale.
- In
Russia, una forte esplosione in una miniera di carbone nella Siberia meridionale
ha provocato la morte di almeno 9 persone. Attualmente, sono in corso le
operazioni di soccorso e, finora, sono state tratte in salvo 21 persone. Al
momento dell’esplosione, si trovavano in miniera almeno 180 minatori.
- In
Finlandia, sono stati avviati questa mattina i negoziati per la formazione del
nuovo governo. Ieri, il Partito di Centro del premier uscente, Matti Vanhanen,
ha vinto di misura le legislative e, secondo gli analisti, tenterà un accordo
con i Conservatori, il maggior partito di opposizione. I Socialdemocratici,
principali partner della coalizione governativa, sono usciti sconfitti dalle
consultazioni e, per la prima volta dal 1995, potrebbero ritrovarsi
all’opposizione. Il Partito di Centro ha ottenuto il 23,1 per cento dei
consensi, i Conservatori il 22,3 per cento e i Socialdemocratici il 21,4 per
cento.
- In
Serbia, la polizia ha scoperto un nascondiglio di munizioni ed esplosivi, che è
stato definito “campo di addestramento per combattenti musulmani”. La polizia
ha riferito, inoltre, che sono state arrestate quattro persone durante
un’operazione nella regione di Sandak. Oltre a vari tipi di armi, sono stati
trovati materiali di propaganda, istruzioni militari e carte geografiche.
- Sono
ripresi a Pechino i negoziati a sei tra le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone
e Russia sulla questione nucleare nordcoreana. Poco prima dell’inizio dei
colloqui è stato raggiunto un importante accordo che prevede lo scongelamento
di fondi nordcoreani. I fondi, depositati in una banca di Macao,
erano stati congelati perché di provenienza sospetta secondo gli Stati Uniti.
- In
Thailandia, tre donne di religione buddista sono state uccise oggi nel Sud, a
maggioranza musulmano. Il triplice omicidio è avvenuto mentre il capo della
giunta al potere a Bangkok, il generale musulmano Sonthi Boonyaratglin, stava
visitando la regione in preda a un aumento delle violenze interconfessionali.
Le tre donne, che lavoravano in un progetto agricolo patrocinato dalla famiglia
reale, sono state uccise - ha precisato la polizia - da sei presunti ribelli
separatisti. Nel Sud della Thailandia resta in vigore un coprifuoco parziale,
imposto dopo una serie di violenze la settimana scorsa. La parte meridionale
del Paese è teatro, da tre anni, di una recrudescenza della ribellione
separatista: le violenze hanno già causato oltre 2.000 morti.
- Tutto
procede come previsto nella preparazione della grande manifestazione in favore
della famiglia, il ‘Family Day’, prevista in piazza San Giovanni in Laterano
nel mese di maggio e promossa dal Forum delle Famiglie. E’ quanto dichiara al
quotidiano ‘Il Giornale’ il vicepresidente del Forum, Paola Soave. “Sarà un
grande sì alla famiglia – spiega – e alle politiche per la famiglia, che sono
la vera priorità per il nostro Paese”. “Lavoriamo da anni per questo – aggiunge
- ed è importante sottolineare l’assoluta unità di giudizio su questi temi da
parte di tutte le associazioni”.
- In Nigeria, due cittadini stranieri sono
stati rapiti da sconosciuti durante il fine settimana nella parte sudorientale
del Paese. “I due uomini - ha detto un portavoce del governo senza rivelarne la
nazionalità - sono stati prelevati dalla loro azienda a Nnewi”. “Con loro – ha
aggiunto - è stato rapito anche un dipendente nigeriano”.
- Il Sudan ha deciso
di sospendere ogni collaborazione con il Tribunale penale internazionale, in
seguito alle accuse di crimini di guerra rivolte contro alcuni ufficiali
sudanesi. I crimini contestati sarebbero stati perpetrati nella martoriata regione
sudanese del Darfur. Finora, le autorità sudanesi avevano permesso agli
inquirenti di visitare il Paese.
- La
presidentessa cilena, Michelle Bachelet, ha iniziato la sua visita in Guatemala
per partecipare alla riunione annuale della Banca interamericana di sviluppo. Bachelet
vedrà il presidente Oscar Berger, con cui firmerà una dichiarazione congiunta.
Nel corso del suo viaggio, la presidentessa cilena incontrerà associazioni di
donne guatemalteche e riceverà una laurea honoris causa nell’università di San
Carlos per i suoi meriti professionali in campo sanitario, per la sua lotta politica
contro la dittatura e per essere diventata la prima presidente donna del Paese.
Bachelet proseguirà il suo giro in Centroamerica a Panama e in Messico.