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RADIOGIORNALE

Anno LI n. 78 - Testo della trasmissione di lunedì 19 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Chiesa celebra oggi la Solennità di San Giuseppe. Il Papa festeggia il suo onomastico. La figura di San Giuseppe illustrata da padre Tarcisio Stramare

 

Gli echi della visita del Papa nel carcere minorile di Casal del Marmo: la testimonianza della direttrice Maria Laura Grifoni

 

70 anni fa la pubblicazione delle Encicliche di Pio XI “Divini Redemptoris” e “Mit brennender Sorge” contro i regimi totalitari del comunismo e del nazismo: ce ne parla lo storico Pietro Scoppola

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Spezzare il cerchio della incomunicabilità, rilanciando il dialogo della verità nel mondo dei mass media: la riflessione di padre Federico Lombardi

 

Quattro anni fa l’invasione anglo-americana dell’Iraq. Il vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni: terribili le conseguenze

 

Conferenza stampa di Romano Prodi per i 50 anni dei Trattati di Roma. Mons. Aldo Giordano: ridare un'anima all'Europa

 

Dopo dieci anni il "mea culpa" del quotidiano britannico Independent: un errore la depenalizzazione della cannabis. Ce ne parlano Claudio Previtali ed Edoardo Polidori

 

CHIESA E SOCIETA’:

Devozione dei cattolici cinesi a San Giuseppe, patrono della missione in Cina

 

Ieri e oggi in Spagna, nella solennità di San Giuseppe, la Giornata dei seminari

 

Incontro a Roma per approfondire e rilanciare la figura di San Giuseppe

 

“Il dialogo è l’unica strada per uscire dalla crisi”: dichiarazione dei leader cristiani dello Zimbabwe

 

Terra Santa: Caritas Gerusalemme e CAFOD aprono sei “pronto soccorso” a Gaza

 

Allarme della Caritas dello Sri Lanka: “L’escalation di violenze potrebbe causare un disastro umanitario”

 

La Chiesa portoghese rifiuta di collaborare con la legge sull'aborto che giudica "una legge ingiusta per la dignità della vita umana"

 

Grande partecipazione, in Ungheria, all’iniziativa ecumenica “72 ore senza compromessi”. Oltre mille giovani cattolici, luterani e calvinisti impegnati in attività di volontariato

 

Spoleto-Norcia: oltre 100 ragazzi in cammino “nel nome di San Benedetto”

 

24 ORE NEL MONDO:

Afghanistan: è libero e sta bene Daniele Mastrogiacomo

 

 

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Il Papa e la Santa Sede

 

 

La Chiesa celebra oggi la Solennità di San Giuseppe.

Il Papa festeggia il suo onomastico

 

Oggi la Chiesa celebra la Solennità di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della Chiesa universale. Il Papa, che del Santo porta il nome, festeggia dunque l’onomastico: numerosi gli auguri che ha ricevuto in questi giorni da tutto il mondo. E a questi aggiungiamo affettuosamente i nostri. Sulla figura di San Giuseppe ascoltiamo quanto ha detto il Papa in questi quasi due anni di pontificato. Il servizio di Sergio Centofanti. 

 

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La figura di San Giuseppe - ha detto il Papa durante l’Angelus del 19 marzo dell’anno scorso “pur rimanendo piuttosto nascosta, riveste nella storia della salvezza un'importanza fondamentale”.  Si dimostrò infatti, “al pari della sposa Maria, autentico erede della fede di Abramo: fede nel Dio che guida gli eventi della storia secondo il suo misterioso disegno salvifico”:

 

“La sua grandezza risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile - l'umiltà e il nascondimento - nella sua esistenza terrena”. 

 

“Dall'esempio di San Giuseppe – afferma il Pontefice - viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato”:

 

“Penso anzitutto ai padri e alle madri di famiglia, e prego perché sappiano sempre apprezzare la bellezza di una vita semplice e laboriosa, coltivando con premura la relazione coniugale e compiendo con entusiasmo la grande e non facile missione educativa”.

 

Proprio un anno fa Benedetto XVI presiedeva nella Basilica Vaticana la Messa per i lavoratori, di cui San Giuseppe è Patrono. Nell’omelia ricordava che “l'attività lavorativa deve servire al vero bene dell'umanità” ed esortava “i credenti a santificarsi attraverso il proprio lavoro, imitando San Giuseppe, che ogni giorno ha dovuto provvedere alle necessità della Santa Famiglia con le sue mani”:

 

“Vorrei affidare a lui i giovani che a fatica riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, i disoccupati e coloro che soffrono i disagi dovuti alla diffusa crisi occupazionale. Insieme con Maria, sua Sposa, vegli San Giuseppe su tutti i lavoratori ed ottenga per le famiglie e l'intera umanità serenità e pace. Guardando a questo grande Santo apprendano i cristiani a testimoniare in ogni ambito lavorativo l'amore di Cristo, sorgente di solidarietà vera e di stabile pace”.

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Sulla spiritualità di San Giuseppe, Giovanni Peduto ha intervistato padre Tarcisio Stramare, biblista degli Oblati di San Giuseppe, noti come “Giuseppini” di Asti, fondati da San Giuseppe Marello:

 

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R. – La spiritualità è quella dell’obbedienza alla volontà di Dio. Su ciascuna persona Dio ha certamente un suo progetto, un piano: Dio ti chiama – oggi si parla poi tanto di vocazione – e Giuseppe è stato chiamato ad essere il padre di Gesù. La sua spiritualità, che corrisponde alla chiamata e alla vocazione è dunque quella dell’obbedienza. Quindi tutto San Giuseppe è un “sì” non tanto pronunciato con la bocca, quanto piuttosto espresso nell’azione. Il documento del Papa Giovanni Paolo II su San Giuseppe “Redemptoris Custos“, comincia proprio col dire che Giuseppe, chiamato ad essere il padre di Gesù, ha fatto quello che l’Altissimo gli ha comandato. Da una parte, quindi, la chiamata a questa grande missione e, dall’altra, la risposta è appunto l’obbedienza, il fare quello che Dio vuole.

 

D. – Perché San Giuseppe nella iconografia tradizionale è stato rappresentato in sembianze di vecchio?

 

R. – Il motivo risale agli scritti apocrifi i quali non potendo capire bene come fosse possibile la verginità in una persona, hanno pensato invece alla impossibilità. Hanno, quindi, inventato un personaggio di cento anni da mettere accanto ad una ragazzina di 15 anni. Una cosa, questa, veramente ridicola: lo scopo del matrimonio in questo caso era appunto di coprire la paternità di Gesù, far capire che lui fosse veramente il padre di Gesù e lo sposo di Maria. Con un vecchio hanno tradito – diremo – tanto l’onorabilità della Madonna, che andava coperta e difesa, come quella di Gesù. Hanno ottenuto, quindi, l’effetto contrario.

 

D. – Come possiamo pregare San Giuseppe?

 

R. – Possiamo pregarlo sapendo la grande potenza che ha davanti al Signore, avendolo servito per tutta la vita: come padre penso che Gesù non possa negargli niente, tanto che Pio XI parlava della “onnipotenza di San Giuseppe”. Come può Maria, la Madre di Gesù, negare qualcosa a San Giuseppe e come può Gesù negare qualcosa a colui che lo ha servito per tutta la vita?

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Gli echi della visita del Papa nel carcere minorile di Casal del Marmo:

 la testimonianza della direttrice Maria Laura Grifoni

 

Dio “è Padre misericordioso che in Gesù ci amato oltre ogni misura” e “ci accoglie e ci restituisce la dignità di figli suoi”. Continuano a risuonare queste parole del Papa dentro le mura del Carcere minorile di Casal del Marmo il giorno dopo la sua visita. Benedetto XVI ha esortato ieri i giovani detenuti a porre Dio al primo posto nella loro vita, ricordando che occorre seguire i Comandamenti e impegnarsi nella fatica quotidiana del lavoro con umiltà e disciplina per creare "la vera festa e la vera libertà”. Sugli echi di questa visita Luca Collodi ha sentito la direttrice dell’Istituto penale per i minori di Casal del Marmo, Maria Laura Grifoni:

 

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R. – Oggi si parla solo del Papa e della sua visita. L’emozione è ancora forte in tutti. Il sorriso è rimasto e credo che rimarrà per un bel po’. Ho incontrato il ragazzo che ha scritto la lettera che mi ha detto: “Ma pensa un po’, io ho stretto la mano al Papa! Ma hai capito che ho stretto la mano al Papa?”. E’ la stessa sensazione che ho io. Anch'io ho stretto la mano al Papa!

 

D. – Lei ha chiesto ieri al Papa di pregare per i possibili fallimenti nel vostro processo educativo ...

 

R. – Sì, siamo esseri umani. Quando si fallisce, e le energie che si impegnano sono tante, qualche volta si pensa pure: “Ma che lo faccio a fare? Mi demotivo ...”. E’ chiaro che, a lungo andare, il fatto di non riuscire ad avere risultati può demotivare. Non succede, questo, ma vorrei che non succedesse mai. Dobbiamo mantenere l’attenzione al punto giusto e non demoralizzarci mai perché non ce l’abbiamo fatta. Non siamo onnipotenti. Possiamo anche sbagliare. I limiti umani sono quelli. E io ritengo che la richiesta di pregare al Papa l’ho fatta proprio perché è vero che abbiamo bisogno di sostegno, di tanto sostegno, perché qualche volta fallire è davvero brutto!

 

D. – Direttrice Grifoni, che cosa intende lei per “fallimento di un processo educativo” a Casal del Marmo?

 

R. – Quando il ragazzo rientra. Esce e poi rientra e poi rientra ancora, e poi rientra ancora e poi finisce agli “adulti”. Non tutti, ringraziando Iddio, ma è su quei fallimenti che non dobbiamo mollare. Non bisogna mai perdere la voglia di provarci, di provarci ancora e di riprovarci ancora, se è necessario, perché spesso l’adolescente i risultati li dà a distanza di tempo, ha bisogno dei suoi tempi: i suoi tempi sono diversi. E magari il seme fiorisce poi!

 

D. – Ci sono dei successi che vi danno speranza, che vi danno la forza per andare avanti nell’educazione?

 

R. – Sì. Tanti e significativi nello stesso tempo. Non c’è mai nulla di perso, con questi ragazzi che hanno bisogno di ascolto, di sostegno; avranno anche commesso dei reati, perché questo non bisogna mai perderlo di vista: sono qua perché hanno commesso dei reati. Ma da qui a dire: “Questo è un mostro, non farà mai niente di buono nella vita”, o “non riuscirà mai”, è troppo! Quindi, io direi che uno su dieci va bene.

 

D. – L’incontro con il Papa che cosa le ha suggerito per portare avanti la sua esperienza all’interno del carcere?

 

R. – Che con il sorriso si lavora meglio, ma si lavora molto meglio, perché la tristezza, le storie tragiche che abbiamo intorno sono tante, i fatti gravi sono tanti. Però, forse un minimo di sorriso aiuta tutti a stare insieme. E poi, questa carica che ha lasciato, che credo sia una scossa, come ha detto un ragazzo: “Io ho promesso al Papa che cambio vita. Come faccio a non cambiarla?”.

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70 anni fa la pubblicazione delle Encicliche di Pio XI “Divini Redemptoris”  e “Mit brennender Sorge”, contro i regimi totalitari del comunismo

e del nazismo: ce ne parla lo storico Pietro Scoppola

 

70 anni fa, il 19 marzo del 1937, veniva pubblicata l’Enciclica “Divini Redemptoris”, con cui Pio XI denunciava gli errori e i misfatti del comunismo ateo. Esso “spoglia l’uomo della sua libertà – scriveva il Pontefice del comunismo – toglie ogni dignità alla persona umana e ogni ritegno morale contro l’assalto degli stimoli ciechi”. Qualche giorno prima, il 14 marzo, con la “Mit brennender Sorge”, Papa Ratti aveva condannato duramente l’ideologia nazista. Tiziana Campisi ha chiesto allo storico Pietro Scoppola in quale clima sono nati questi due documenti:

 

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R. - E’ un clima abbastanza drammatico che già prelude al secondo conflitto mondiale, quello che caratterizza la pubblicazione di questi due documenti. Siamo all’antivigilia di questo evento drammatico che domina la storia del XX secolo e il Papa mette per iscritto la sua ferma condanna nei confronti dei due totalitarismi, delle “due religioni secolari”: da un lato il comunismo, con la “Divini Redemptoris”, e dall’altro il nazismo, con la “Mit brennender Sorge”. Due Encicliche forti; quella contro il comunismo, forse, ancor più netta e marcata di quella contro il nazismo. La condanna di Pio XI è molto significativa e tra l’altro prelude a quell’Enciclica che non è stata pubblicata perché Pio XI è morto prima di emanarla, l’Enciclica “Humani Generis Unitas” contro il razzismo nazista. Adesso è tornata alla luce grazie a recenti ricerche: sono stati aperti gli Archivi segreti vaticani e anche quei documenti sul pontificato di Pio XI fino a poco tempo fa sconosciuti sono accessibili agli studiosi e stanno venendo fuori molti elementi nuovi, molto interessanti per la storia di questo pontificato.

 

D. – Quale impatto ebbero queste due Encicliche?

 

R. – Ebbero un grande impatto in quegli ambienti in cui sono potute giungere, perché, non lo dimentichiamo, sia il regime comunista del socialismo reale, come nell’Unione Sovietica, sia il regime nazista, non avevano una stampa libera, non c’era libera circolazione di idee. Gli stessi vescovi, gli stessi sacerdoti, nelle loro omelie domenicali, facevano fatica a non provocare reazioni alla notizia. In Russia, poi, c’era un clima di persecuzione religiosa. Dunque l’impatto delle due Encicliche è stato forte a livello delle classi dirigenti che hanno potuto averne notizia, ma a livello delle grandi masse popolari la conoscenza è stata, in qualche modo, ridotta dalla mancanza di libertà, dalla mancanza della libera circolazione delle idee.

 

D. – Come leggere gli echi che questi documenti hanno avuto?

 

R. – Sono Encicliche che hanno un grandissimo valore perché la denuncia del fenomeno della "religione secolare" - questa pretesa della politica di diventare il tutto della vita umana, di assorbire la dimensione religiosa in se stessa - la condanna di questa idea, ha un grande significato per quando fu pronunciata, ma allo stesso tempo sono un monito per il futuro. Ancora oggi queste Encicliche sono un punto di riferimento per i valori della democrazia, per i valori di libertà.

 

D. – Queste due Encicliche sono state molto vicine: la “Divini Redempotoris” è del 19 marzo 1937, l’altra del 14 marzo…

 

R. – C’è una simmetria, la volontà di una simmetria, la condanna del totalitarismo di destra, il nazismo, che accompagna la condanna del totalitarismo di sinistra, il comunismo, messi sullo stesso piano in quanto regimi che pretendono di assorbire tutto nella politica, di fare della politica un valore assoluto guidata da leader che hanno poteri assoluti come lo sono stati da una parte Stalin e dall’altra Hitler.

 

D. – Rileggere oggi queste Encicliche, a quali riflessioni ci può portare?

 

R. – Leggerle oggi ci dà un senso di angoscia, ci fa capire, ci fa sentire quali sono state le grandi tragedie del secolo che abbiamo alle spalle, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, la tragedia più grande della storia umana con i suoi 50 milioni di morti, e di cui i due totalitarismi sono corresponsabili. Per altro verso questi due documenti sono un apertura verso il futuro in quanto indicano la via di un possibile superamento, pongono le premesse per una rivendicazione della dignità della persona umana. Sono i temi che poi saranno ripresi e sviluppati da Pio XII nei famosi messaggi degli ultimi anni di guerra, messaggi in cui la Chiesa si schiera esplicitamente in favore della democrazia come regime privilegiato per la garanzia della dignità dell’uomo.

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Oggi in Primo Piano

 

Spezzare il cerchio della incomunicabilità, rilanciando il dialogo della verità nel mondo dei mass media: la riflessione di padre Federico Lombardi

 

Rilanciare il “grande dialogo della verità” nel mondo dei mezzi della comunicazione: è quanto ha auspicato più volte Benedetto XVI. Il Papa chiede che i media possano sempre “garantire un’accurata cronaca degli eventi, un’esauriente spiegazione degli argomenti di interesse pubblico, un’onesta presentazione dei diversi punti di vista” per essere “protagonisti della verità e promotori della pace”. Ascoltiamo in proposito la riflessione del nostro direttore generale padre Federico Lombardi. 

 

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Da diversi mesi ormai chi segue la stampa e in generale l’informazione in Italia si trova di fronte a un fiume ininterrotto di interventi di vario genere direttamente o indirettamente connessi al dibattito sulle coppie di fatto.

 

Chi opera nel mondo delle comunicazioni sociali si rende ben conto che vi è certamente spesso un fondamento oggettivo di questi interventi, ma vi è pure altrettanto spesso una notevole amplificazione, e talvolta un’alterazione o una strumentalizzazione di parole o testi o intenzioni della “parte avversa”. La strumentalizzazione è dovuta a volte alla passione di parte, a volte è intenzionale e calcolata. Sembra, alla fine, di diventare sempre più prigionieri di un circolo perverso: l’atteggiamento dell’ascolto e del rispetto degli interlocutori è sempre più difficile, la comprensione delle vere intenzioni dell’altro praticamente impossibile. “Dialogo” appare ormai una parola vuota. Molti vorrebbero modificare questa situazione, ma non sanno da che parte cominciare: temono di essere strumentalizzati appena apriranno bocca. Un senso di impotenza si diffonde.

 

Può darsi che qualcuno si rallegri dell’impopolarità che ne risulta per la Chiesa. La meschinità e la miopia di un tale atteggiamento sono troppo spregevoli per occuparcene. Perché il problema riguarda tutti noi, tutta la società italiana anche aldilà del coinvolgimento - in questo caso - della Chiesa o di suoi personaggi. Si tratta della nostra capacità comune di condurre dibattiti costruttivi, su temi importanti, con la prospettiva del bene comune, senza lasciarci imprigionare da contrapposizioni senza uscita.

 

Perciò diventa urgente in questo momento una grande capacità di autocontrollo delle nostre reazioni, un’attenzione vigile a non alzare i toni, a rispettare di più ciò che l’interlocutore ha detto e ha voluto dire, a tener conto del contesto e della natura dei documenti. Occorre uno sforzo un po’ fuori dell’ordinario – dato che fuori dell’ordinario sta diventando la situazione - di etica professionale per i comunicatori e per i loro dirigenti, di apertura reciproca fra le diverse posizioni politiche e sociali.

 

E’ un discorso che può sembrare moralistico.  Ma chi opera nel mondo della comunicazione sociale sa che è assai concreto. Anche senza arrivare al caso dello stravolgimento intenzionale degli atti e delle parole degli altri, questo discorso tocca la scelta degli argomenti da lanciare, i titoli, i rilanci, la costruzione dei dibattiti.  Dove vogliamo andare? Troppe volte la Chiesa si è dimostrata una componente viva e attenta nella vita della società italiana perché qualcuno possa pensare che sia bene che rimanga al margine o si trovi in atteggiamento di rottura.  E poi il problema è più ampio, riguarda il degrado generale della capacità di confronto civile e costruttivo nella prospettiva del bene comune. E come tale è un problema che ci riguarda assolutamente tutti: cattolici e laici, credenti e non credenti, e nessuno se ne può sentire estraneo.

 

Anche la Radio Vaticana non se ne sente estranea, e si impegna a dare il suo contributo con lealtà e coraggio, ma sempre con un doveroso sforzo di rispetto delle posizioni e delle intenzioni degli altri. Un impegno quotidiano necessario e doveroso, perché l’inserimento della Chiesa nella nostra società possa nuovamente essere meglio compreso nella sua natura positiva di proposta e di servizio per il bene di tutti.

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Quattro anni fa l’invasione anglo-americana dell’Iraq.

 Il vescovo ausiliare di Baghdad Warduni: terribili le conseguenze

 

Quattro anni fa, all’alba del 20 marzo 2003, aveva inizio l’intervento anglo-americano in Iraq. La situazione oggi è tutt'altro che stabilizzata. Saddam Hussein è stato impiccato, il Paese ha un Parlamento e un governo democratici, è stata votata una nuova Costituzione, ma le violenze sul terreno continuano. Secondo il sito 'Iraq Body Count', che riporta un resoconto basato sulle notizie diffuse dalla stampa internazionale, dal marzo 2003 sono morte tra le 59mila e le 65mila persone, in gran parte civili, mentre i dati forniti dall’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati parlano di due milioni di profughi che hanno lasciato l’Iraq e di un milione e 800mila sfollati all’interno del Paese. Ma cos’è cambiato oggi in Iraq? Giada Aquilino lo ha chiesto a mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei:

 

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R. – Primo dello scoppio del conflitto, avevo detto: Dio non vuole la guerra in Iraq. Già allora si poteva capire che le conseguenze sarebbero state terribili. E, infatti, di giorno in giorno sono aumentate la crudeltà e le uccisioni. Bambini, giovani, vecchi, malati, tutti quanti soffriamo, perché il mondo non pensa al bene degli iracheni. Ciascuno pensa ai propri interessi e per questo gli iracheni sono dimenticati: il terrorismo aumenta e con esso anche gli orfani e le vedove. La nostra unica speranza, quindi, è nel Signore.

 

D. – Dal marzo 2003, si parla di oltre 60mila morti, in gran parte civili. La popolazione come vive in questi giorni?

 

R. – Nessuno può dare il numero esatto dei morti. Saranno molti di più. La gente vive con dolore, paura, sofferenza. Tutti vogliono scappare, perché non c’è pace, né sicurezza. Tante volte usciamo di casa, senza essere sicuri di tornare sani e salvi. I rapimenti, i kamikaze, le autobomba, le mine, i missili: non si mangia tranquilli, non si studia tranquilli, non si prega tranquilli. Tanta gente ha paura di venire in Chiesa, tanti bambini hanno paura di andare a scuola.

 

D. – Due milioni sono i profughi che hanno lasciato l’Iraq e un milione e ottocentomila sono quelli interni. Tra queste persone che lasciano l’Iraq, ci sono anche quelle appartenenti alle minoranze religiose, tra cui i cristiani…

 

R. – Certamente. Tutti vogliono scappare. Non c’è uno spiraglio di luce che faccia dire: “Domani vivremo meglio”. Le infrastrutture sono inesistenti. Abbiamo elettricità solo per mezz’ora, un’ora e poi stiamo senza per cinque ore. La benzina e il gasolio aumentano. Per questo tutti vanno fuori. Anche coloro che sono forti di animo, quando vivono queste terribili situazioni si indeboliscono. Rimangono quelli che non hanno nemmeno i mezzi per fare qualcosa.

 

D. – Per i cristiani che rimangono, qual è la situazione?

 

R. – Cerchiamo di incoraggiarli, di dir loro: “Preghiamo”. Abbiamo speranza nel Signore. Il Signore soltanto potrà fare qualcosa per l’Iraq. Quindi preghiamolo, perché si possano festeggiare le Palme, la Pasqua, la Resurrezione. Invitiamo tutti a pregare.

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Conferenza stampa di Romano Prodi per i 50 anni dei Trattati di Roma. Mons. Aldo Giordano: ridare un'anima all'Europa

 

Un momento politico alto a Berlino il 25 marzo prossimo e tante occasioni di celebrazioni sul territorio italiano: è quanto ha annunciato in conferenza stampa a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio, Romano Prodi, in occasione del 50° dei Trattati di Roma, con cui nasceva la Comunità Economica Europea. C’era per noi Fausta Speranza:

 

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Si festeggia l’Europa della democrazia, della partecipazione e dei giovani, insomma – sottolinea Prodi – la società civile europea, formata oggi da 485 milioni di persone.  Ma il premier annuncia poi l’appuntamento sul piano politico, perché – avverte - non sia solo cerimonia del passato: i leader europei  riuniti il 25 marzo, a Berlino si impegneranno in una Dichiarazione comune definita "solenne". “L’integrazione europea – afferma Romano Prodi – non è un’opzione”: nessun singolo Paese avrebbe la possibilità di far sentire la propria voce nel mondo globalizzato. Superata la fase di stallo seguita al ‘no’ alla Costituzione, si deve arrivare alle prossime elezioni politiche europee del 2009 in grado di essere presenza significativa nel mondo. “No a un mini-Trattato, dunque, – afferma Prodi – ma sì a un Trattato vero e forte”:

 

"Siamo la più grande struttura economica del mondo e abbiamo la grande responsabilità per il futuro della politica e dell'economia mondiale. Finora non l'abbiamo potuta esercitare a sufficienza, a causa delle nostre divisioni. Adesso incomincia un periodo in cui l'Europa dovrà inserirsi in modo organico e stabile tra i leader della politica e dell'economia mondiale. Nella politica estera, ci si è resi conto - e questo è arrivato a livello popolare - che la mancanza di una posizione europea è stata un danno oggettivo per la pace".

 

In vista di Berlino, il presidente del Consiglio Prodi incontra oggi pomeriggio il cancelliere tedesco Angela Merkel e domani il presidente del Parlamento europeo, Poettering. Ci sono poi gli appuntamenti celebrativi in Italia. Impossibile citarli tutti: eventi storici e artistici, come la mostra alla Farnesina di documenti relativi a questi 50 anni; dibattiti e momenti di festa, come lo spazio speciale al Museo dei bambini di Roma; momenti di confronto a livello di Comuni o per categorie, come avvocati, astronauti, oppure il congresso dei vescovi europei su “Valori e prospettive del futuro”.

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L’importante cinquantenario dei Trattati di Roma è un avvenimento che non coinvolge, dunque, soltanto il mondo politico ed economico europeo ma anche quello ecclesiale. La Chiesa infatti, nella sua dimensione universale è chiamata ad interrogarsi sul cammino di integrazione europea, a partire dal contributo che il messaggio cristiano può dare ai popoli ed alle nazioni del Continente. Al riguardo Luca Collodi ha intervistato il segretario del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), mons. Aldo Giordano:

 

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R. – Credo che la Chiesa e i cristiani siano molto attenti alle domande di fondo che gli europei hanno: sul senso della vita, sul senso del dolore; hanno delle grosse domande in campo etico; hanno delle domande su come convivere all’interno delle frontiere europee ma anche su come convivere con il resto del mondo, come confrontarsi con le grandi tragedie dell’umanità. Davanti a queste domande, le Chiese vogliono dare il loro contributo e noi pensiamo che il cristianesimo e il Vangelo abbiano qualcosa di molto serio da dire proprio su queste domande, a cominciare da quella sul senso della vita, a quella sul convivere tra le persone, a quella del rispondere alle sfide mondiali.

 

D. – Per la costruzione dell’Europa, i valori spirituali, quanto sono importanti?

 

R. – Fondamentali, perché la dimensione spirituale è una dimensione di fondo della persona umana, e quindi se non si considera questo e in maniera unilaterale si serbano altre dimensioni dell’uomo, come esclusivamente la dimensione corporea o solo la dimensione del lavoro o solo quella dei ritmi economici, e la visione dell’uomo diventa non armonica, in qualche maniera diventa mostruosa, e quindi si perde la realtà dell’uomo. E’ una questione di salvare la realtà profonda dell’uomo stesso e la dimensione spirituale è proprio quella che tocca le questioni di fondo dell’uomo, e tocca soprattutto le questioni dell’apertura dell’uomo sul trascendente: è molto diversa la visione di un uomo che è limitato al terrestre, che quindi vive i suoi 50 o 100 anni sulla terra e poi tutto è finito, rispetto ad una visione dell’uomo dove l’uomo è addirittura aperto sulla dimensione dell’eterno. L’aprire il cielo azzurro dell’eternità sull’Europa forse è il compito più grande che i cristiani possono donare all’Europa!

 

D. – Mons. Giordano, ultimamente, il dibattito europeo sulla laicità si è fatto a volte aspro ...

 

R. – Diciamo che c’è una sana laicità anche in Europa, quindi è una laicità su cui troviamo il consenso anche delle Chiese, che vuol dire la giusta distinzione tra il sacro e il profano, tra l’ambito pubblico e l’ambito religioso, tra Cesare e Dio, e questa giusta distinzione è importante. Però, questo spazio di distinzione, nell’attuale Europa, diventa il luogo della tentazione di non distinguere, ma di separare, addirittura di opporre. Ed è questo che credo sia molto distruttivo: opporre la dimensione religiosa e la dimensione pubblica. Questa è una tentazione. Il rischio è sempre il modo di vivere la libertà, il modo di interpretare la libertà come qualcosa di autosufficiente, dove l’uomo dice: “Decido io di tutto, decido io dei valori morali, decido io del bene e del male, decido io cosa fare della mia vita, decido io da solo”: è una libertà vissuta nella solitudine! Oggi in Europa si sperimenta molto questa solitudine. L’altra decisione, invece, è quella di una libertà che si confronta con l’altro, con il prossimo e  con la dimensione divina, con la dimensione trascendente!

 

D. – Per qualche osservatore, l’Europa avrebbe perso la sua forza propulsiva: lei è d’accordo?

 

R. – L’Europa ha una grande ricchezza, una ricchezza che attualmente ci sembra un po’ impazzita. Ma se noi riuscissimo a ridare un’anima, ridare – io penso attraverso il cristianesimo, attraverso le forze migliori che ci sono in Europa – noi ridessimo una luce, questa luce rimetterebbe ordine nelle idee europee, rimetterebbe ordine tra le scienze e questo sarebbe il contributo che l’Europa è chiamata a dare al mondo. E un’Europa che riscoprisse la sua vocazione e la sua identità, sarebbe anche capace di accogliere i contributi degli altri continenti. Quindi, l’Europa ha qualcosa di importante da dire, però non deve fare male a se stessa: deve riscoprire ciò che è.

 

D. – In questo 50. mo anniversario della firma dei Trattati di Roma, quale può essere l’augurio migliore che i cristiani possono fare all’Europa?

 

R. – Un’Europa che abbia una luce, che abbia l’umiltà di riandare a trovare la luce, un’Europa che scopra soprattutto – io credo – attraverso il cristianesimo, la sua vocazione mondiale, perché il cristianesimo è "cattolico", universale; è interessante notare che le Chiese non hanno mai visto un’Europa divisa da un muro, ma hanno sempre considerato tutta l’Europa! La Chiesa guarda sempre al di là delle frontiere e dei muri, e la Chiesa comprende sempre l’Europa vista nel contesto mondiale, quindi vuole un’Europa più unita, più stabile, più capace di contribuire all’umanità.

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Dopo dieci anni il "mea culpa" del quotidiano britannico Independent:

un errore la depenalizzazione della cannabis

 

“La depenalizzazione della cannabis è stata un errore”: ha fatto scalpore l’articolo pubblicato ieri dal quotidiano britannico Independent, in cui si chiede scusa per aver lanciato, dieci anni fa, una campagna a favore del declassamento della marijuana fra le droghe leggere. Una scelta che ha portato a conseguenze disastrose, soprattutto fra i giovani. Il servizio di Isabella Piro:

 

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Gran Bretagna, 1997: il quotidiano Independent lancia una campagna senza precedenti per chiedere la depenalizzazione della cannabis. L’anno dopo, 16 mila persone sfilano ad Hyde Park a sostegno della proposta. Nel 2004, il governo Blair cede: la cannabis passa dalla categoria B a quella C, ossia tra le droghe leggere, il cui consumo personale non è più un reato punibile con l’arresto, ma per lo più con multe in denaro. Una decisione che, a distanza di anni, si è rivelata un grosso errore, poiché ha innalzato da 1.600 a 22mila il numero di persone che ogni anno, nel Regno Unito, finisce in cura per abuso di hashish e marijuana. La metà dei malati è minorenne. Per questo, l’Independent oggi chiede scusa e mette in guardia dai nuovi pericoli: la droga che si fuma oggi, il così detto ‘skunk’, è tratta da un tipo di cannabis 25 volte più potente di quella di 10 anni fa e crea conseguenze gravissime sull’organismo umano, soprattutto a livello psichico. Secondo gli specialisti britannici, infatti, almeno un decimo dei 250 mila schizofrenici del Regno Unito avrebbe evitato di ammalarsi se non avessero fatto uso di cannabis. Senza contare che la droga leggera può essere un primo passo verso l’uso di droghe pesanti, come la cocaina e l’eroina. Un’analisi che trova d’accordo la Comunità Incontro di don Pierino Gelmini: ascoltiamo Claudio Previtali, coordinatore generale dei centri maschili:

 

R. – Dalle cosiddette droghe leggere, si passa poi alle droghe pesanti. In 26 anni che sono qui in comunità ho potuto constatare, oltre che su me stesso, su centinaia di migliaia di giovani che sono passati di qui, che tutti hanno iniziato con le droghe leggere.

 

D. - Da dove partire, dunque, per fare prevenzione?

 

R. – Innanzitutto quello che noi diciamo da tantissimi anni e cioè che non esistono droghe leggere o droghe pesanti. E’ illecito drogarsi, drogarsi fa male. Tutta la prevenzione deve essere incentrata sul rispetto dell’uomo, sull’importanza della vita, la cosa più grande.

 

Il 20% dei cittadini dell’Unione Europea oggi fa uso di stupefacenti, afferma Edoardo Polidori, responsabile del Servizio per le Tossicodipendenze di Faenza. Una percentuale pari a 60 milioni di persone, soprattutto giovani. Per arginare il problema, aggiunge, non occorrono solo regole, limiti e divieti, ma anche una vera e propria educazione:

 

R. – Si potrebbe dire sicuramente, ragionando su quella che è la cultura delle droghe, conoscerle dal punto di vista storico, dal punto di vista degli effetti, dei rischi. Abbiamo semplicemente detto: “Non si deve fare” ma il “non si deve fare” non ha sviluppato conoscenza, sapere e competenze, ha messo soltanto un divieto che per gli adolescenti di oggi è diventato un divieto molto attraente.

 

Stato confusionale, alterazione delle coordinate spazio-temporali, problemi di memoria e attacchi di panico: sono solo alcune delle reazioni provocate dall’uso di cannabis. A cui bisogna aggiungere anche il danno polmonare: fumare tre spinelli, infatti, equivale a fumare 20 sigarette.

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

Chiesa e Società

 

 

Devozione dei cattolici cinesi a San Giuseppe,

patrono della missione in Cina

 

I cattolici cinesi conservano una fervente devozione a San Giuseppe, di cui oggi ricorre la Solennità. Il santo è infatti patrono della missione in Cina, simbolo di umiltà, semplicità, autenticità, diligenza e obbedienza. “La vita vissuta in silenziosa dedizione e servizio ce lo fa sentire tanto vicino – afferma all’agenzia Fides un sacerdote che si occupa della pastorale della comunità cattolica di Pechino – Lui è anche il patrono della "buona morte". La tradizione e la cultura cinese tengono tanto a questi aspetti della vita e della morte, quindi i fedeli hanno un affetto speciale per Lui. Questo legame – aggiunge – è evidente in quanto tante chiese, strutture ecclesiastiche, seminari, congregazioni religiose nazionali e diocesane, istituti caritativi come orfanotrofi, case per gli anziani e scuole, sono dedicate a San Giuseppe”. E dall’inizio di marzo, una folla di fedeli si reca verso il santuario dedicato al Santo, che si trova sul Monte Pin Yin, nella provincia di Shan Dong. Oggi, in particolare, i pellegrini partecipano alla Via Crucis lungo il sentiero che conduce alla chiesa sulla cima della montagna. “Ogni anno - racconta il responsabile del Santuario – vediamo nuovi cambiamenti, soprattutto riguardo tre aspetti: sempre più giovani, sempre più volti nuovi e offerte sempre più generose”. Sacerdoti di Pechino riferiscono che, oltre alla Messa solenne, diversi gruppi parrocchiali partecipano a incontri di condivisione sulla figura di San Giuseppe, collegandolo al tema quaresimale. Oggi, inoltre, 18 religiose della Congregazione diocesana di San Giuseppe professano i voti perpetui nella parrocchia di Bei Tan, dove si trova la casa generalizia e il noviziato della comunità. (R.M.)

 

 

Ieri e oggi in Spagna, nella Solennità di San Giuseppe,

la Giornata dei seminari

 

“I sacerdoti come testimoni dell’amore di Dio”: con questo tema, che richiama l’enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas est”, si celebra da ieri in Spagna, in coincidenza con l’odierna Solennità di San Giuseppe, la Giornata dei seminari. Nel Paese, continua a calare il numero degli allievi dei seminari maggiori, con grandi differenze tra le diverse diocesi. Tuttavia, la media nazionale è superiore a quella europea e inferiore solo a quella di Polonia, Croazia, Italia, Ungheria e Irlanda. Secondo l’ufficio statistico della Conferenza episcopale spagnola, quest’anno i seminaristi dei seminari maggiori sono 1.387, rispetto ai 1931 di dieci anni fa. Negli ultimi anni, è cresciuto il numero dei giovani che entrano in seminario provenendo dalle Università o dopo aver concluso gli studi universitari. Da notare, poi, che sono molti i giovani che hanno scoperto o maturato la vocazione negli incontri mondiali dei giovani con il Papa, in gruppi di preghiera e nel volontariato. Gli allievi dei seminari minori sono quest’anno 1939. Anche in questo caso, sono notevoli le differenze tra le diocesi. Di fatto, mentre il numero totale di seminari maggiori in Spagna è di 81, i seminari minori sono 51. La questione delle vocazioni al sacerdozio è al centro delle principali preoccupazioni dei vescovi, ma una vera analisi registra notevoli differenze tra le diverse regioni e diocesi e sono complesse le cause e le circostanze che possano orientare l’attuale pastorale delle vocazioni. (A cura di Ignazio Arregui)

 

 

Incontro a Roma per approfondire e rilanciare la figura di San Giuseppe

 

Con l’intento di approfondire e rilanciare la figura di San Giuseppe, si è svolto a Roma, presso il Pontificio Oratorio San Paolo, un incontro promosso dal Centro studi San Giuseppe dei Giuseppini del Murialdo. All’incontro hanno partecipato laici e religiosi provenienti da varie parrocchie e comunità legate al nome di San Giuseppe. Tra gli interventi, quello di padre Angelo Catapano, direttore del Centro studi, che ha parlato della figura del padre terreno di Gesù nel cinema. La prof.ssa Stefania Colafranceschi ha illustrato, invece, un excursus sulla figura del Santo come appare nei dipinti e nelle icone degli ultimi secoli. Infine, mons. Marco Frisina, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano di Roma e del coro di San Giovanni in Laterano, ha proposto l’“Oratorio su San Giuseppe”, eseguito lo scorso anno davanti a Benedetto XVI in occasione del suo onomastico. (R.M.)

 

 

“Il dialogo è l’unica strada per uscire dalla crisi”:

dichiarazione dei leader cristiani dello Zimbabwe

 

“Il nostro Paese si trova in una crisi profonda. Una crisi è una situazione instabile di estremo pericolo e difficoltà, che tuttavia può anche essere trasformata in un momento di grazia e in un nuovo inizio, se tutte le parti che hanno causato la crisi si pentono e prestano attenzione al grido della popolazione”: è l’appello lanciato dai leader delle principali confessioni cristiane dello Zimbabwe ai responsabili politici nazionali, in una dichiarazione comune, citata dall’agenzia Fides. La situazione nel Paese si è aggravata dopo l’arresto del leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, e di un gruppo di suoi sostenitori, poi rilasciati. Il capo di Stato, Robert Mugabe, che ha 83 anni, non sembra intenzionato a cedere il potere. La proposta di estendere di due anni il suo mandato, che scade nel 2008, sembra sia stata accantonata, ma il presidente ha dichiarato che intende comunque candidarsi alle prossime elezioni, suscitando tensioni nel partito al potere. Di fronte a questa situazione, i leader cristiani affermano “in modo chiaro e inequivocabile il sostegno all’autorità politica legittima”. “Allo stesso tempo – precisano – diciamo in modo altrettanto chiaro e inequivocabile ‘no’ al potere, o alla conquista del potere, attraverso la violenza, l’oppressione e l’intimidazione”. E continuano: “Facciamo appello ai responsabili dell’attuale crisi di pentirsi e di ascoltare il grido dei loro cittadini. Al popolo dello Zimbabwe chiediamo di operare per la pace e di dare prova di moderazione nell’esprimere le proprie giustificate rimostranze e nel chiedere il rispetto dei loro diritti”. In particolare, il richiamo è rivolto ai cristiani, “che stanno da entrambe le parti della barricata”. (R.M.)

 

 

Terra Santa: Caritas Gerusalemme e CAFOD

aprono sei “pronto soccorso” a Gaza

 

Sei centri di pronto soccorso per fare fronte all’emergenza sanitaria della Striscia di Gaza. E’ l’iniziativa congiunta della Caritas di Gerusalemme e del CAFOD, l’organismo caritativo dei vescovi inglesi, in collaborazione con organizzazioni mediche locali. Come riferisce l’agenzia SIR, le violenze di questi mesi, unite alle drammatiche condizioni di vita della popolazione della Striscia, hanno indotto gli organismi promotori ad attivarsi per dotare 6 località dove l’assistenza sanitaria è precaria o del tutto inesistente, individuate dal ministero della Salute palestinese, di centri di pronto soccorso. Si tratta di Al-Bureij Camp, Maghazi Camp, Al-Mosaddar Area e Mughraqa (nel centro della Striscia di Gaza), Beit Lahia (a nord) e della regione di Al-Emoor (a sud). I centri saranno aperti un giorno alla settimana, per intervenire con l’assistenza nelle aree segnalate, dove medici locali volontari si prenderanno cura dei pazienti. Il progetto prevede anche degli incontri finalizzati ad individuare singole emergenze. I comuni, cui questi interventi sono diretti, i centri giovanili e i medici volontari hanno firmato un accordo con la Caritas di Gerusalemme, assicurando il loro impegno alla continuità dell'iniziativa. (R.M.)

 

Allarme della Caritas dello Sri Lanka: “L’escalation di violenze potrebbe causare un disastro umanitario”

 

La Caritas teme un disastro umanitario nello Sri Lanka, ora che gli scontri tra ribelli ed esercito hanno costretto oltre 200 mila persone nel nord e nordest del Paese a fuggire via dalle case: lo ha dichiarato ad AsiaNews il direttore della Caritas locale, padre Damian Fernando, secondo cui “la situazione è molto mutevole, può accadere qualsiasi cosa. Il governo ha lanciato un’offensiva per giungere a una soluzione militare del conflitto e la guerra è ripresa”. Nelle ultime due settimane, circa 50 mila persone hanno trovato riparo nella città di Batticaloa e altre 40 mila sono fuggite dalla zona di guerra a quella controllata dal governo. La Caritas fornisce cibo cucinato e a lunga conservazione, coperte, ripari e altri generi essenziali agli sfollati a Batticaloa, nella penisola di Jaffna e nella zona Valuthayam-Mannar e sta facendo scorte di questi generi nel timore che il conflitto peggiori. La Caritas Internationalis, che raccoglie oltre 162 gruppi cattolici di aiuto attivi in oltre 200 Paesi, ha sollecitato le parti in conflitto a riprendere i negoziati e ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire per favorire un accordo. La guerra, in corso nello Sri Lanka da 25 anni, ha causato almeno 70 mila morti, soprattutto civili. (R.M.)

 

 

La Chiesa portoghese rifiuta di collaborare con la legge sull'aborto

 che giudica "una legge ingiusta per la dignità della vita umana"

 

La chiesa cattolica del Portogallo non collaborerà in alcun modo con la legislazione sull’interruzione volontaria di gravidanza attualmente in discussione poiché si tratta di una “legge ingiusta e costituisce una mancanza di rispetto della dignità della vita umana”. Ad affermarlo all’Agenzia Zenit è padre Carlos Azevedo, portavoce della Conferenza Episcopale Portoghese (CEP). Padre Azevedo non ha voluto commentare le questioni concrete sollevate dalla legislazione, anche se ha elogiato il lavoro dei deputati che hanno cercato di imporre un termine obbligatorio per la riflessione delle madri. Il Consiglio Permanente della CEP, riunito a Fatima, ha fatto appello ai movimenti “pro-vita” affinché si “interessino soprattutto a ciò che presuppone il rispetto per la cultura della vita” sotto vari aspetti e non circoscrivano la loro azione solo all’interruzione volontaria di gravidanza o aborto. L’8 marzo scorso il Parlamento portoghese ha approvato la nuova legge che depenalizza l’interruzione volontaria di gravidanza, per decisione della donna, durante le prime dieci settimane di gestazione. Quanto alle donne che scelgono l’aborto, la Chiesa cattolica portoghese affronta la questione “con uno sguardo di misericordia e perdono” mentre per i professionisti sanitari, i vescovi stimano che “la coscienza cristiana implica che non collaborino con alcun atto che attenti alla dignità di un essere umano”.

 

 

Grande partecipazione, in Ungheria, all’iniziativa ecumenica “72 ore

senza compromessi”. Oltre mille giovani cattolici, luterani e calvinisti

impegnati in attività di volontariato

 

In Ungheria, oltre mille giovani cattolici, luterani e calvinisti hanno partecipato nei giorni scorsi all’iniziativa ecumenica “72 ore senza compromessi”, offrendo 30 mila ore di volontariato in centinaia di progetti sociali e caritativi. Dal 16 al 18 marzo – riferisce l’agenzia SIR – i giovani ungheresi hanno voluto testimoniare “che la solidarietà e la tutela dell'ambiente, oltre a essere utile, può essere anche divertente”. Il 16 mattina si sono svolte feste di apertura in diverse città: a Debrecen, ad esempio, i volontari hanno prestato servizio in un palazzo distrutto dal fuoco. I giovani sono andati a trovare anziani, profughi, bambini negli istituti o negli ospedali, organizzando programmi e gite; hanno aiutato a sistemare l’ambiente, messo in ordine giardini e parchi giochi, preparato e distribuito cibo a poveri e senza tetto, dipinto steccati e cancelli, piantato alberi. Anche la conclusione delle tre giornate è stata caratterizzata da feste e occasioni di incontro, con momenti di preghiera e di ringraziamento. L’organizzazione è stata curata dall'Ufficio giovanile ecumenico e da giovani delle Chiese cattolica, luterana e calvinista. (R.M.)

 

 

Spoleto-Norcia: oltre 100 ragazzi in cammino “nel nome di San Benedetto”

 

Oltre cento ragazzi si sono ritrovati, all’alba di oggi, nella Cattedrale di Spoleto per avviare, “nel nome di San Benedetto”, il pellegrinaggio a piedi dal ‘cuore’ della diocesi alla casa natale del patrono d’Europa, a Norcia. Come riferisce l’agenzia Sir, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Riccardo Fontana, dopo aver accolto i giovani in Duomo, ha celebrato la Messa e ha consegnato loro la Croce e il vademecum del pellegrino. Poi, muniti di abbigliamento sportivo, impermeabile, zaino, borraccia, torcia elettrica, sacco a pelo, quaderno e penna, si sono messi in cammino lungo il vecchio tracciato della ferrovia Spoleto-Norcia. Alla marcia, prende parte anche l’arciprete di Norcia, don Mario Curini, il vice parroco della stessa città, un monaco benedettino e rappresentati della giunta comunale. Mercoledì 21 marzo, dopo il corteo storico, l’arcivescovo Fontana presiederà presso la Basilica San Benedetto a Norcia il pontificale per ricordare il figlio più illustre della Chiesa di Spoleto-Norcia. (R.M.)

 

 

 

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24 Ore nel Mondo

- A cura di Amedeo Lomonaco ed Eugenio Laurenzi -

 

 

- Afghanistan. Dopo 14 giorni di sequestro è stato liberato dai talebani il giornalista del quotidiano “La Repubblica” Daniele Mastrogiacomo: è in buone condizioni ed ha già parlato con l'ambasciatore italiano in Afghanistan Ettore Sequi. Presto il suo ritorno in Italia. Secondo quanto afferma il mullah Dadullah, citato dall’agenzia afghana Pajhwok – i talebani continueranno a prendere di mira i giornalisti che nei loro resoconti si dimostrino parziali.

 

- Alla vigilia del quarto anniversario dell’intervento militare americano in Iraq, scattato nella notte tra il 19 ed il 20 marzo del 2003, la situazione nel Paese arabo resta drammatica: almeno 18 persone sono morte a Kirkuk per una serie di attacchi. Altre tre persone sono rimaste uccise per un attentato compiuto vicino ad una moschea sciita a Baghdad. In Russia, intanto, il ministero degli Esteri ha auspicato la definizione di una scadenza per il ritiro delle forze straniere dall’Iraq.

 

- Nei Territori Palestinesi, un militante della Jihad islamica è morto e almeno nove persone sono rimaste ferite, tra cui due bambini, per una esplosione avvenuta in una casa in un campo profughi di Shatti, nella Striscia di Gaza. Sul versante politico, il vice ministro degli Esteri della Norvegia, Raymond Johansen, è arrivato stamani a Gaza per un incontro con il premier palestinese, Ismail Haniyeh. Ieri, il governo israeliano ha accettato la proposta, presentata dal premier Ehud Olmert, di boicottare il nuovo governo palestinese di unità nazionale.

 

- In Russia, una forte esplosione in una miniera di carbone nella Siberia meridionale ha provocato la morte di almeno 9 persone. Attualmente, sono in corso le operazioni di soccorso e, finora, sono state tratte in salvo 21 persone. Al momento dell’esplosione, si trovavano in miniera almeno 180 minatori.

 

- In Finlandia, sono stati avviati questa mattina i negoziati per la formazione del nuovo governo. Ieri, il Partito di Centro del premier uscente, Matti Vanhanen, ha vinto di misura le legislative e, secondo gli analisti, tenterà un accordo con i Conservatori, il maggior partito di opposizione. I Socialdemocratici, principali partner della coalizione governativa, sono usciti sconfitti dalle consultazioni e, per la prima volta dal 1995, potrebbero ritrovarsi all’opposizione. Il Partito di Centro ha ottenuto il 23,1 per cento dei consensi, i Conservatori il 22,3 per cento e i Socialdemocratici il 21,4 per cento.

 

- In Serbia, la polizia ha scoperto un nascondiglio di munizioni ed esplosivi, che è stato definito “campo di addestramento per combattenti musulmani”. La polizia ha riferito, inoltre, che sono state arrestate quattro persone durante un’operazione nella regione di Sandak. Oltre a vari tipi di armi, sono stati trovati materiali di propaganda, istruzioni militari e carte geografiche.

 

- Sono ripresi a Pechino i negoziati a sei tra le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia sulla questione nucleare nordcoreana. Poco prima dell’inizio dei colloqui è stato raggiunto un importante accordo che prevede lo scongelamento di fondi nordcoreani. I fondi, depositati in una banca di Macao, erano stati congelati perché di provenienza sospetta secondo gli Stati Uniti.

 

- In Thailandia, tre donne di religione buddista sono state uccise oggi nel Sud, a maggioranza musulmano. Il triplice omicidio è avvenuto mentre il capo della giunta al potere a Bangkok, il generale musulmano Sonthi Boonyaratglin, stava visitando la regione in preda a un aumento delle violenze interconfessionali. Le tre donne, che lavoravano in un progetto agricolo patrocinato dalla famiglia reale, sono state uccise - ha precisato la polizia - da sei presunti ribelli separatisti. Nel Sud della Thailandia resta in vigore un coprifuoco parziale, imposto dopo una serie di violenze la settimana scorsa. La parte meridionale del Paese è teatro, da tre anni, di una recrudescenza della ribellione separatista: le violenze hanno già causato oltre 2.000 morti.

 

- Tutto procede come previsto nella preparazione della grande manifestazione in favore della famiglia, il ‘Family Day’, prevista in piazza San Giovanni in Laterano nel mese di maggio e promossa dal Forum delle Famiglie. E’ quanto dichiara al quotidiano ‘Il Giornale’ il vicepresidente del Forum, Paola Soave. “Sarà un grande sì alla famiglia – spiega – e alle politiche per la famiglia, che sono la vera priorità per il nostro Paese”. “Lavoriamo da anni per questo – aggiunge - ed è importante sottolineare l’assoluta unità di giudizio su questi temi da parte di tutte le associazioni”.

 

- In Nigeria, due cittadini stranieri sono stati rapiti da sconosciuti durante il fine settimana nella parte sudorientale del Paese. “I due uomini - ha detto un portavoce del governo senza rivelarne la nazionalità - sono stati prelevati dalla loro azienda a Nnewi”. “Con loro – ha aggiunto - è stato rapito anche un dipendente nigeriano”.

 

- Il Sudan ha deciso di sospendere ogni collaborazione con il Tribunale penale internazionale, in seguito alle accuse di crimini di guerra rivolte contro alcuni ufficiali sudanesi. I crimini contestati sarebbero stati perpetrati nella martoriata regione sudanese del Darfur. Finora, le autorità sudanesi avevano permesso agli inquirenti di visitare il Paese.

 

- La presidentessa cilena, Michelle Bachelet, ha iniziato la sua visita in Guatemala per partecipare alla riunione annuale della Banca interamericana di sviluppo. Bachelet vedrà il presidente Oscar Berger, con cui firmerà una dichiarazione congiunta. Nel corso del suo viaggio, la presidentessa cilena incontrerà associazioni di donne guatemalteche e riceverà una laurea honoris causa nell’università di San Carlos per i suoi meriti professionali in campo sanitario, per la sua lotta politica contro la dittatura e per essere diventata la prima presidente donna del Paese. Bachelet proseguirà il suo giro in Centroamerica a Panama e in Messico.