RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 76 - Testo della trasmissione di sabato 17 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’amore cristiano permette di superare l’handicap e di vivere positivamente la diversità: la riflessione del Papa nell’incontro con i pellegrini del MAC e dell’OFTAL, nella Basilica Vaticana

 

Domani la visita di Benedetto XVI al carcere minorile di Casal del Marmo: ce ne parlano il cappellano Gaetano Greco e il ministro Clemente Mastella

 

La testimonianza di mons. Pietro Parolin sulla recente visita di una delegazione vaticana in Viêt Nam

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Non si ferma la deformazione delle parole del Papa e dei vescovi da parte di alcune testate giornalistiche italiane. La riflessione di Paolo Bustaffa ed Ernesto Galli della Loggia

 

Iniziate le celebrazioni per i 50 anni dei Trattati di Roma che davano vita alla Comunità Economica Europea

 

Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presentato ieri, dai vescovi austriaci, il progetto del programma del viaggio apostolico di Benedetto XV in Austria, previsto a settembre

 

I vescovi del Messico lanciano un appello in difesa della vita, mentre l’Assemblea legislativa del Distretto federale valuta se legalizzare l’aborto entro le prime 14 settimane di gestazione

 

Non tutto ciò che è tecnicamente possibile e può apparire come un progresso della medicina “è per ciò stesso moralmente auspicabile”: così, i vescovi del Belgio, dopo il sì del Parlamento al progetto di legge che regola la procreazione assistita

 

L’arcivescovo di Nagasaki, mons. Takami, critica duramente la rimilitarizzazione del Giappone

 

In Iraq, cresciuto del 10% il tasso di malnutrizione infantile dall’invasione USA, nel 2003

 

A Cracovia è in corso il Convegno europeo: “Elezioni UE 2009: sfida pro life nel ricordo di Papa Giovanni Paolo II”. Dall’incontro, l’appello all’Europa perché difenda senza ambiguità la vita umana

 

Oggi la Chiesa celebra la memoria di San Patrizio, patrono d’Irlanda. Al suo impulso si deve lo sviluppo della liturgia e della cultura irlandese

 

24 ORE NEL MONDO:

Oggi il nuovo governo palestinese: ma il premier Hanyeh dice no al dialogo con Israele

 

Domani elezioni parlamentari in Finlandia: favorito il partito di centro del premier Vanhanen

 

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

Il Papa e la Santa Sede

 

L’amore cristiano permette di superare l’handicap e di vivere

positivamente la diversità: la riflessione del Papa nell’incontro con i pellegrini del MAC e dell’OFTAL, nella Basilica Vaticana

 

Ogni condizione di fragilità può essere superata con la fede e l’amicizia cristiana: è quanto sottolineato dal Papa nell’incontro in Basilica Vaticana con i pellegrini del MAC, il Movimento Apostolico Ciechi e l’OFTAL, l’Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes. Il Pontefice ha ribadito l’importanza della condivisione dell’esperienza di fede con quanti si trovano in difficoltà. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Non lasciatevi spaventare dai limiti e dalla povertà delle risorse, giacché Dio “ama compiere le sue opere con mezzi poveri”: sono le parole di incoraggiamento che il Papa ha rivolto ai pellegrini del MAC e dell’OFTAL. Due realtà, ha sottolineato, che “danno testimonianza di Cristo risorto”, “manifestando che la fede e l’amicizia cristiana permettono di attraversare insieme ogni condizione di fragilità”. Il Papa ha affermato poi che le due associazioni, pur differenziandosi per molti aspetti, hanno però in comune quello fondamentale:

 

"Sia il MAC che l’OFTAL si presentano come esperienze di condivisione fraterna, basata sul Vangelo e capace di mettere in grado le persone in difficoltà, in questo caso malate e non vedenti, di essere pienamente partecipi della vita della Comunità ecclesiale e costruttrici della civiltà dell’amore".

 

Nel Movimento Apostolico Ciechi nato nel 1928 dall’intuizione di Maria Motta, insegnante non vedente, ha proseguito, ciechi e vedenti imparano “lo stile della reciprocità e della condivisione” e così si mettono al servizio della missione apostolica della Chiesa:

 

"E’ una testimonianza di come l’amore cristiano permetta di superare l’handicap e di vivere positivamente la diversità, quale occasione di apertura all’altro, di attenzione ai suoi problemi, ma prima di tutto ai suoi doni, e di vicendevole servizio".

 

L’Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes promossa da don Alessandro Rastelli, nel 1913, e riconosciuta ufficialmente nel 1932 dall’arcivescovo di Vercelli, offre l’esperienza del pellegrinaggio con i malati. E’ questo, ha ribadito, un “segno forte di fede e di solidarietà tra le persone che escono da se stesse e dal chiuso dei propri problemi per partire verso una meta comune, un luogo dello spirito”:

 

"Aiutate così il Popolo di Dio a tener desta la consapevolezza della sua natura pellegrinante alla sequela di Cristo, come emerge in maniera rilevante nella Sacra Scrittura".

 

Prima dell’incontro con Benedetto XVI, i pellegrini hanno partecipato alla Messa nella Basilica Vaticana, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Nell’omelia, l’arciprete della Basilica, l’arcivescovo Angelo Comastri ha messo l’accento sull’attenzione della Chiesa per i malati:

 

"Gesù con chiarezza ha detto: 'Io ero ammalato'. In voi si nasconde Gesù e la Chiesa lo sa, e lo sanno tutti i volontari che vi seguono e vi assistono con delicatezza e con ammirevole generosità!"

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Altre udienze

 

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche mons. Giovanni Lajolo, arcivescovo tit. di Cesariana, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e il cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Papale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore.

 

 

Domani la visita di Benedetto XVI al carcere minorile di Casal del Marmo: ce ne parlano il cappellano Gaetano Greco e il ministro Clemente Mastella

 

Fervono i preparativi al carcere minorile di Casal del Marmo di Roma per la visita di Benedetto XVI. Il Papa si recherà, domani mattina, all’istituto penitenziario, dove alle 9.30 celebrerà la Santa Messa. Poi, avrà un incontro con i ragazzi detenuti, circa una cinquantina, che gli offriranno oggetti artistici fabbricati con le loro mani nei laboratori di pittura, falegnameria e tappezzeria. Infine, leggeranno una lettera al Papa. Per una testimonianza della gioia con la quale i detenuti vivono questo momento, Emanuela Campanile ha intervistato il cappellano del carcere minorile, padre Gaetano Greco:

 

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R. – La vivono con molto entusiasmo: sono felicissimi di poter incontrare il Papa tante volte immaginato, visto da lontano, e invece ora sono in attesa di poterlo incontrare personalmente. Sono quindi felicissimi e si stanno preparando nel modo migliore.

 

D. – Penso che essere cappellano di un carcere minorile aggiunga forse una responsabilità in più o una consapevolezza diversa ...

 

R. – Certamente sì. Anzitutto, proprio per il fatto che sono minori, quindi ragazzi in crescita per cui degni di tutte le attenzioni possibili. Quindi un cappellano si pone lì come colui che ascolta, colui che cerca di presentare, dopo averli ascoltati, anche agli altri operatori, gli aspetti positivi di ognuno di loro, in modo da poter formare un progetto adeguato alle loro necessità.

 

D. – Si parla spesso delle difficili condizioni delle prigioni, della difficoltà anche di alimentare e far crescere l’aspetto spirituale, umano di queste persone. Per i ragazzi del carcere minorile, che cosa si fa o cosa si potrebbe anche fare di più?

 

R. – Anzitutto, le difficoltà che normalmente si sentono attraverso i media sulla realtà del carcere non hanno questa incidenza sulla realtà dei minori, anzitutto per un numero esiguo di ragazzi presenti all’interno delle istituzioni carcerarie minorili. E quindi, questo è già un grosso vantaggio! E quindi cosa si fa, nel carcere minorile? Il carcere è un luogo essenzialmente di attesa, perché i ragazzi vengono portati lì perché ci sono delle situazioni o con reati abbastanza pesanti o perché i ragazzi sono recidivi. All’interno del carcere ci si è organizzati per rendere possibilmente il meno pesante questa loro presenza, offrendo una gamma di servizi. Anzitutto l’accoglienza individuale di ogni ragazzo, con l’attenzione alle sue necessità primarie, in modo particolare l’attenzione alla persona. Si cerca di riempire la loro giornata indirizzandoli verso una serie di attività che l’Istituto propone: attività formative con il recupero scolastico per coloro che debbono recuperare la scuola; per alcuni di loro, l’alfabetizzazione, per altri l’inserimento in laboratori vari: dal laboratorio di falegnameria, alla pittura, la musica, il teatro ... tutta una gamma di servizi che possono offrire ai ragazzi degli stimoli positivi.

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Quella di domani è la prima visita di Benedetto XVI ad un carcere. Anche i suoi predecessori, Giovanni Paolo II, Paolo VI e Giovanni XXIII hanno mostrato grande attenzione ai carcerati recandosi in visita agli istituti penitenziari. Ma con quale spirito vivere questo evento? Davide Dionisi lo ha chiesto al ministro della Giustizia italiano, Clemente Mastella, che domani sarà presente all'incontro:

 

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R. – Innanzitutto di ringraziamento per l’attenzione che il Santo Padre presta alla condizione minorile e alla condizione carceraria. Quindi, gli siamo molto grati. Poi io spero che di là verranno parole confortanti da parte del Pontefice, rispetto alla condizione dei giovani d’oggi, su come creare elementi di prevenzione perché non ci sia questo disimpegno morale che vediamo all’interno della realtà complessa del nostro Paese.

 

D. – L’introduzione del nuovo Codice di Procedura penale per minori ha sensibilmente ridotto il numero di minorenni negli istituti penali. Potremmo arrivare, secondo lei, al superamento dell’istituzione del carcere minorile?

 

R. – Lei sa che su questo ci sono orientamenti un po’ differenziati, scuole di pensiero le più varie, le più disparate. C’è anche chi vorrebbe invece abbassare la soglia per quanto riguarda la punibilità del minore. Questa strada non è la mia: questa è una scorciatoia che non porta frutti, laddove si è verificata non è che abbia determinato condizioni di un abbassamento. Quindi, io sono contro questa svolta che qualcuno ritiene si dovrebbe attuare, invece, nel nostro Paese.

 

D. – Quante sono le denunce di ragazzi che commettono reati in Italia, oggi?

 

R. – Non sono in grado di definire la quantità, però – insomma – è più che discreta.

 

D. – I reati più frequenti?

 

R. – C’è, oramai, questa idea di un bullismo prevalente che finisce per essere a volte reato, a volte magari sfiora il reato. L’utilizzazione dei minori o dei ragazzi-killer, soldati della camorra per ammazzare i concorrenti nella spietata lotta della camorra. Ci sono spacciatori frequenti, e l’utilizzazione di questi ragazzi in modo particolare davanti alle scuole, nelle più variegate possibilità di riuscire a recuperare denaro in una logica soltanto del profitto, senza alcuna sensibilità morale. Ci sono minori che vivono una situazione di piccoli furti nella quotidianità, e c’è una bella gamma – purtroppo, una triste gamma – di queste situazioni.

 

D. – Quale dovrebbe essere, secondo lei, il ruolo in questo caso degli istituti di pena?

 

R. – , sa, l’istituto di pena dal punto di vista della sua qualificazione si impone, anche secondo il dettato costituzionale, per un’opera di qualificazione umana, nel senso di determinare le condizioni per smaltire le tossine venefiche che sono state accumulate e che hanno determinato questa forma di contiguità con la illegalità quasi permanente. Una forma rieducativa molto forte: a quello è consegnato l’istituto detentivo minorile.

 

D. – Gli istituti minorili oggi in Italia sono realtà diverse: come è cambiato lo scenario?

 

R. – Il fatto stesso che i ragazzi possano usufruire di condizioni dignitose rispetto a prima: non c’è l’idea per la quale a male corrisponde il male. Rispetto al male che è stato fatto, si cerca di rieducare al bene.

 

D. – In mancanza della famiglia di appartenenza, chi è il riferimento primo del minore detenuto?

 

R. – Ma, dipende. Ci sono comunità in cui i ragazzi hanno la possibilità di essere rieducati dalla stessa comunità. Ci sono dei sacerdoti straordinari che danno una mano. Cioè, il volontariato cattolico da questo punto di vista assolve ad un compito precipuo. Questo è molto bello e dà l’idea di una Chiesa che non è distante da quelli che sono i problemi e le realtà del Paese.

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La testimonianza di mons. Pietro Parolin sulla recente visita

di una delegazione vaticana in Viêt Nam

 

Dopo un’intensa settimana di incontri in Viêt Nam, è rientrata lunedì scorso a Roma la delegazione inviata dalla Santa Sede in questo Paese asiatico dal 5 all'11 marzo scorsi. La delegazione era guidata da mons. Pietro Parolin, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. Giovanni Peduto gli ha chiesto di parlarci di questa missione:

 

 

 

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R. – Dal 1989, anno del viaggio del cardinale Roger Etchegaray, ad oggi si sono svolte 14 visite di una Delegazione della Santa Sede in Viêt Nam, la maggior parte delle quali guidate dai Sottosegretari per i Rapporti con gli Stati, mons. Claudio Maria Celli e mons. Celestino Migliore. Per me si è trattato della seconda visita, dopo quella del 2004. Nel 2005 è venuta a Roma una Delegazione vietnamita e nel 2006 non sono potuto andare a motivo degli avvicendamenti intervenuti in Ufficio. Mi hanno accompagnato mons. Luis Mariano Montemayor, consigliere di Nunziatura presso la Segreteria di Stato, e mons. Barnabé Nguyên Van Phuong, vietnamita, capo ufficio della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli. Come è noto, queste visite hanno sostanzialmente due scopi, e cioè i contatti con le Autorità vietnamite e l'incontro con la Chiesa locale. In pratica, la Delegazione della Santa Sede svolge, per una settimana, i compiti che negli altri Paesi sono affidati ai Legati Pontifici, dal momento che in Viêt Nam non è ancora presente un Rappresentante del Papa. Dialoga, quindi, con le Autorità su questioni che riguardano la Chiesa e i rapporti fra Chiesa e Stato, mentre la visita ad alcune diocesi diventa un modo per “rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di unità che intercorrono fra la Sede Apostolica e le Chiese particolari”. Quest' anno siamo stati a Quy Nhon e Kon Tum, nella Provincia ecclesiastica di Huê, al centro del Paese, le ultime due diocesi che non erano ancora state visitate da una Delegazione della Santa Sede. La visita della Delegazione è certamente una modalità valida di contatto e di dialogo, che ha permesso, in quasi vent’anni, di fare notevoli passi avanti in questa direzione; da parte nostra, auspichiamo che essa possa evolvere verso forme più stabili e frequenti di presenza nel Paese di un Rappresentante Pontificio, fino ovviamente allo stabilimento delle relazioni diplomatiche, con la nomina di un nunzio apostolico.

 

D. - Secondo Lei, ha influito sulla visita il recente incontro del Primo Ministro Nguyên Tân Dung col Santo Padre?

 

R. - Posso dire che, in questa seconda visita, ho ritrovato la stessa accoglienza cordiale che ho sperimentato la prima volta, nel 2004. Con le persone incontrate si è cercato di continuare a costruire quei legami di rispetto, stima e fiducia che sono apprezzati dalla società vietnamita e che rendono più agevole il dialogo, soprattutto sulle questioni spinose. D'altra parte, credo che si è voluto dare un particolare risalto a questa visita proprio in relazione con la venuta in Vaticano, nel gennaio scorso, del Plimo Ministro Nguyên Tân Dung ed il suo incontro con il Santo Padre e i Superiori della Segreteria di Stato. L'abbiamo notato da tanti particolari, dal modo in cui siamo stati trattati, fino alla copertura mediatica, che la nostra presenza ha ricevuto. Di questo credo giusto manifestare anche pubblicamente gratitudine alle Autorità vietnamite. Della visita del Primo Ministro, poi, si è parlato espressamente in vari contesti, anche ecclesiali - ricordo ad esempio che vi ha fatto esplicito riferimento il rappresentante del laicato che ci ha salutati alla fine della S. Messa nella Cattedrale di Nôi - rilevandone l'importanza ed esprimendo la fiducia che essa possa davvero segnare una tappa importante in un cammino segnato dalla volontà di guardare avanti, verso il futuro, superando le difficoltà ancora esistenti.

 

D. - Si è trattato della possibilità di un pronto allacciamento delle relazioni diplomatiche?

 

R. - Si è parlato delle relazioni diplomatiche, senza, per il momento, fissare scadenze. Forse qualcuno si attendeva progressi più sostanziali in merito, atteso che, durante la visita del Primo Ministro, l'argomento era stato espressamente evocato dal cardinale Segretario di Stato e già in precedenza diverse personalità politiche del Paese si erano dichiarate in favore e la Chiesa locale aveva espresso aperto appoggio. Credo, in ogni caso, che è stato fatto un notevole passo in avanti, perché da parte vietnamita ci è stato riferito che il Primo Ministro, come del resto aveva egli stesso promesso a Roma, ha dato istruzioni agli organi competenti di esaminare la questione e ci è stato proposto di dare vita, nei prossimi mesi, a un gruppo di esperti incaricato di studiare tempi e modalità concrete per avviare il processo di allacciamento delle relazioni diplomatiche. Al riguardo, vorrei ricordare che per stabilire relazioni diplomatiche non si richiede che vengano risolte prima tutte le questioni pendenti. Le relazioni diplomatiche non sono solo un punto di arrivo, ma anche e piuttosto un punto di partenza. Con esse si dà un segnale forte che si vogliono affrontare in modo costruttivo i rapporti reciproci, eliminando anche quelle che sono le difficoltà. E con esse, grazie allo scambio di rappresentanti, le Parti si dotano di canali privilegiati per una mutua, corretta e tempestiva informazione, il che è importante per poter alimentare buoni rapporti reciproci.

 

D. - E' stato menzionato, durante i colloqui con le Autorità, il caso di padre Nguyên Van Ly?

 

R. - Sì, durante i colloqui abbiamo chiesto informazioni ai nostri interlocutori sulla complessa vicenda di padre Ly che, com'è noto, tanto preoccupa la comunità internazionale. Abbiamo preso nota delle informazioni che ci sono state date da parte vietnamita. La nostra Delegazione ha fatto presente la necessità che gli venga assicurato un giusto processo, gli sia data la possibilità di difendersi e che, in quanto prete, gli sia permesso di avere contatti con i suoi Superiori ecclesiastici.

 

D. - Potrebbe condividere con noi le sue impressioni sui progressi per quanto riguarda la libertà religiosa?

 

R. - Ritengo che la situazione della libertà religiosa in Viêt Nam sia quella fotografata nel comunicato stampa rilasciato dalla Santa Sede al termine della visita del Primo Ministro al Santo Padre. Là si parla di “spazi che si sono aperti” e posso assicurare, anche in base alla testimonianza dei vescovi, che alcuni problemi sono stati risolti ed altri sono in via di soluzione. Mi riferisco ad esempio al problema della ricostruzione delle chiese distrutte durante la guerra e della costruzione di nuovi edifici di culto dove ci sono spostamenti di popolazione. Per i problemi ancora aperti nutriamo la speranza che, attraverso il dialogo e la buona volontà, si giunga a trovare una via di uscita soddisfacente. Come sappiamo, la politica religiosa del Governo vietnamita è stata fissata nell'Ordinanza sulle credenze e sulle religioni del 18 giugno 2004, attorno ai due principi che i credenti - e quindi i cattolici - sono parte integrante della Nazione e che lo Stato si impegna a rispondere alle loro legittime esigenze. Negli incontri con il Comitato per gli Affari Religiosi siamo stati informati sullo stato di applicazione di tale legge, in merito al quale è stato pubblicato anche il volumetto: Religion and policies regarding religion in Vietnam. Poiché molte delle competenze in materia religiosa sono state delegate alle Autorità locali, è importante che sia sempre più assicurata una applicazione uniforme della legge, in modo tale che non risultino penalizzate le regioni rurali, lontane e isolate, rispetto alle zone urbane e più sviluppate. Credo poi importante che siano tenute in conto le osservazioni delle comunità religiose sull'applicazione della legge, che nascono dall’esperienza e che permettono di migliorarla là dove è necessario, affinché la libertà religiosa, che è un diritto fondamentale dei singoli e delle comunità, possa sempre più essere rispettata e tradotta in realtà.

 

D. - Qual è la sua impressione sulla vita della Chiesa in Viêt Nam?

 

R. - Ho detto in più occasioni, durante gli incontri con i fedeli, che è molto di più quello che abbiamo ricevuto che quello che abbiamo dato. Non si può, infatti, non rimanere colpiti ed edificati dall'esempio e dalla testimonianza dei cattolici vietnamiti. Ho ancora gli occhi e il cuore pieni delle immagini delle assemblee liturgiche di Quy Nhon, Pleichuet, Nôi, ecc., dei numerosissimi fedeli, in gran parte appartenenti alle etnie minoritarie dei montagnards, che si sono radunati la sera dell'otto marzo nella piazza antistante la cattedrale di Kon Tum, della fervente comunità parrocchiale di Ha Long, che ha molto sofferto. Mi ha impressionato il modo di pregare delle persone, così personalmente comprese, attente, devote, ma nello stesso tempo cosi coinvolte sul piano comunitario, perché tutti, bambini e adulti, giovani e vecchi, uomini e donne, cantano e rispondono insieme. Né posso tralasciare di menzionare l'amore dei cattolici vietnamiti al Santo Padre, nei confronti del quale, durante la visita della Delegazione, hanno continuamente dato prova di attaccamento filiale e di fedeltà. E' una Chiesa coraggiosa, dinamica, piena di vitalità, di cui sono segno, tra l'altro, i numerosissimi candidati al ministero sacerdotale e alla vita religiosa. E' una Chiesa, poi, che si impegna a favore della società e si prende cura di quanti sono nel bisogno e nella necessità, mentre desidera poter dedicare un maggior impegno nell'ambito educativo e sociale, per offrire un contributo sempre più qualificato ed efficace al Paese e a tutti i suoi abitanti, a prescindere dal fatto che siano credenti o meno o che appartengano all'uno o all'altro gruppo religioso. E’ una Chiesa, infine, che assume consapevolezza dei problemi legati alla rapida industrializzazione del Paese e al tumultuoso sviluppo economico (il Viêt Nam, con un tasso di crescita dell’8,4% previsto per il 2007, è la seconda economia del mondo che cresce più rapidamente) e che intende prepararsi a rispondere a questa sfida, per continuare a essere sale e lievito e illuminare tutti con il lieto annuncio del Vangelo.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Servizio vaticano - In primo piano gli auguri a Benedetto XVI per la festa di San Giuseppe.

Servizio estero - In evidenza la situazione mediorientale: alla vigilia del voto di fiducia al nuovo Governo di unità nazionale il presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, ribadisce il “no” alla violenza. Il premier Haniyeh pone invece l’accento sul diritto alla resistenza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Marco Bellizi dal titolo “La questione meridionale e l’italica arte di arrangiarsi”: il confronto Nord-Sud dopo uno “scoop” de “Il Giornalista” sulle ricerche di Lazzaro Spallanzani.

Servizio italiano - In rilievo il tema della Trimestrale di Cassa del Governo.

 

 

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Oggi in Primo Piano

 

Non si ferma la deformazione delle parole del Papa e dei vescovi

da parte di alcune testate giornalistiche italiane.

La riflessione di Paolo Bustaffa ed Ernesto Galli della Loggia

 

Non si ferma la deformazione delle parole del Papa e dei vescovi da parte di alcune testate giornalistiche italiane. L’ultimo caso riguarda proprio un’intervista rilasciata alla Radio Vaticana dal vescovo di San Marino-Montefeltro Luigi Negri. Alcuni titoli sintetizzano oggi così il suo pensiero: “no alla Comunione ai politici incoerenti” e “niente Eucaristia ai politici che sostengono i DICO”. Il presule intendeva dire altro e cioè che la “coerenza eucaristica” auspicata dal Papa nella recente Esortazione apostolica “significa dire no a leggi eversive sulla famiglia”. Sul tema della deformazione delle parole dei pastori della Chiesa Luca Collodi ha intervistato Paolo Bustaffa, direttore del SIR, l’Agenzia della Conferenza episcopale italiana, e lo storico Ernesto Galli della Loggia. Ecco il commento di Bustaffa:

 

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R. – Credo che davvero si ponga anche qui un problema, prevalentemente sul piano professionale, cioè una professionalità che certamente ha delle regole, ha dei criteri che sono dettati dalla ricerca della verità, quindi da questo sforzo continuo che ognuno di noi come giornalista è chiamato a fare rispetto poi a regole di mercato, regole di pubblicità, regole di vendita, regole di audience che, come ben sappiamo sono contrarie e vanno comunque in rotta di collisione rispetto alle prime. Pongo la questione, quindi, soprattutto su un piano di professionalità, e di professionalità seria e rigorosa. Credo che si debba aprire a questo riguardo un confronto sul piano professionale, appunto, per mettere in evidenza queste distorsioni che continuano a rimanere. Non si tratta di salire in cattedra ad insegnare agli altri il mestiere, perché questo sarebbe quantomeno sciocco, ma di ragionare insieme, di capire perché di fronte a parole chiave, evidenti e trasparenti, si ricorra poi alla selta di una deformazione nel riproporle alla pubblica opinione. Ma io ho anche molta fiducia nei confronti della gente. La gente pensa, la gente ragiona, la gente riflette. Credo, quindi, che poi alla fine questo modo di procedere si ritorca contro la stessa qualità dell’informazione e quindi la portino anche su posizioni di non credibilità, di cui abbiamo segnali, purtroppo – e spero che non crescano – molto evidenti in questi ultimi tempi.

 

D. – Prof. Galli della Loggia, perchè qualsiasi intervento del Papa o comunque delle gerarchie ecclesiastiche viene talora interpretato politicamente dalla stampa italiana?

 

R. – Innanzitutto, perchè c’è una tradizione di non interesse alle tematiche religiose. L’Italia, come Paese, come Stato nazionale, ha avuto un drammatico problema di scontro politico con la Chiesa, con la Santa Sede. E queste due cose insieme, lo scarso interesse culturale per il fatto religioso e lo scontro politico storico con la Santa Sede, hanno fatto sì che la Chiesa sia per lo più percepita come un fatto politico, e, quindi, il Papa, i vescovi, siano percepiti come esponenti di un organismo sostanzialmente politico. Certo, è un fatto che porta allo stravolgimento permanente, alla quasi impossibilità di accogliere l’idea che se la Chiesa parla, non parla per una preoccupazione politica, per estendere il suo potere, per ingerirsi nello Stato italiano, ma parla perché adempie al suo compito di evangelizzazione, di pronuncia teologica e così via. Questo perenne misunderstanding, questo perenne fraintendimento, il più delle volte è malizioso e alla lunga sta diventando sempre più clamoroso e sempre più difficile da sopportare, anche per chi è interessato alla conoscenza più oggettiva, in qualche modo, di quelle che sono le posizioni della Chiesa.

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Iniziate le celebrazioni per i 50 anni dei Trattati di Roma

che davano vita alla Comunità Economica Europea

 

“Più Europa nella vita di tutti” è lo slogan dei tanti festeggiamenti previsti in Italia, e in particolare nella capitale, a 50 anni dai Trattati di Roma che davano vita alla Comunità Economica Europea. Gli eventi e la campagna di comunicazione, avviata dalla presidenza del Consiglio in collaborazione con Parlamento e Commissione Europei, che li accompagna sono stati presentati questa mattina al Campidoglio. C’era per noi Fausta Speranza:

 

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Tra i momenti più curiosi presentati dal sindaco di Roma Veltroni: una “notte dei saperi”, cioè una no-stop di dibattiti tra momenti di spettacolo, e il primo “vertice” dei giovani dell’UE. Ma anche una mostra al Quirinale e una grande festa a Via dei Fori Imperiali domenica 25. Si ricorda la storica firma del 25 marzo del ’57 con cui 6 Paesi davano corpo al sogno di un’Europa unita, maturato tra le macerie della II Guerra Mondiale. Quella che si vuole festeggiare oggi è l’Europa dei risultati: dunque, pace, democrazia e rispetto dei diritti umani, ma anche moneta forte, mercato unico, più opportunità di studio e di ricerca, più tutela nei prodotti e nei servizi. Quella che il sindaco Walter Veltroni ha definito con un’espressione particolare:

 

R. – Per riprendere il filo di quell’ispirazione e, se è possibile, per ritirarlo fino al punto più avanzato, al quale sia possibile appoggiare questo lungo elastico che ha attraversato metà di un secolo.

 

Ricordando i risultati concreti, il ministro per le Politiche comunitarie, Emma Bonino, sottolinea che “l’Europa ha cambiato la vita di tutti”:

 

R. – L’Europa non è l’annullamento dell’identità e delle differenze, esattamente l’opposto: è un progetto politico che cerca invece di valorizzare le differenze, di comporle in un dato di convivenza e poi che la crescita, oggi - che sia essa una crescita politica, umana ed economica - ha un quadro adeguato solo a livello europeo.

 

Questa consapevolezza del passato – aggiunge, però, il vice presidente del Parlamento europeo, Luigi Cocilovo – deve essere soltanto il punto di partenza per guardare al futuro:

 

R. – Utilizzare questa occasione, questa scadenza, anche per ribaltare una sorta di prigione psicologica in cui potremmo consegnarci, conseguenza della battuta d’arresto che c’è stata nel processo di rilancio per la Costituzione europea, a cui trovare soluzioni di rilancio di una dimensione di impegno politico europeo su questioni di grande rilievo per la sorte dei nostri popoli, dell’Europa, delle nostre comunità anche in un contesto più ampio, globale, mondiale.

 

Il tutto ricordando o facendo sapere che nella recente fase di crisi che l’Europa ha attraversato, pur lasciando in sospeso la Costituzione, comunque, ha portato avanti un lavoro importante su tanti temi, come la cooperazione giudiziaria o la sicurezza comune. 

 

Se  è vero che tanti dei momenti di celebrazione si svolgono a Roma, che ospitò la firma, il direttore della Rappresentanza della Commissione Europea a Roma, PierVirgilio Dastoli, ricorda altre iniziative sparse sul territorio, come quella di Consigli comunali aperti o di scambi tra radio, anche locali. Resta da dire che, per saperne di più di tutti gli appuntamenti, è nato un nuovo sito Internet, che si chiama www.vivieuropa.it.

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Il commento di don Serretti al Vangelo della Domenica

 

Nella quarta Domenica di Quaresima, la Liturgia ci presenta la celebre parabola della misericordia, quella del figlio prodigo che si allontana dal padre vivendo da dissoluto. Si ritrova a pascolare i porci, affamato e abbandonato da tutti. Al colmo della disperazione rientra in sé e torna a casa. Il padre commosso gli corre incontro e dice:

 

“Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:

 

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“Tutto avviene nell'irradiazione della paternità” (K. Wojtyla). Ma “nessuno conosce il Padre se non il Figlio” (Mt). E il Figlio ancora una volta è qui a raccontarci del Padre. La nostra distanza è abissale, poiché noi abitiamo in una terra di ombra e di morte: siamo peccatori. Ma il Figlio continua a raccontarci del Padre: di un padre che aveva due figli, di un tentativo ... non riuscito, di staccarsi per sempre dal Padre, di farla finita col Padre. In mille e mille modi ogni giorno, ogni uomo cerca di andarsene via dal Padre, ma non c'è distanza, non c'è peccato, non c'è miseria che possa scalfire la Sua fedeltà paterna, la Sua fedeltà divina, e tutto, tutto continua sempre ad “accadere nella irradiazione della paternità”.

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Chiesa e Società

 

Presentato ieri, dai vescovi austriaci, il progetto del programma

del viaggio apostolico di Benedetto XV in Austria, previsto a settembre

 

I vescovi austriaci hanno presentato ieri il progetto del programma del viaggio apostolico di Benedetto XV in Austria, che si terrà dal 7 al 9 settembre, in occasione dell’850.mo anniversario della Basilica di Mariazell, santuario mariano a sud-ovest di Vienna. Dopo la recita di una preghiera nel centro di Vienna la mattina di venerdì 7 settembre, il Papa avrà un incontro con le autorità locali e il Corpo diplomatico nel palazzo Hofburg. Il giorno successivo, pellegrinaggio a Mariazell, dove il Santo Padre celebrerà una Messa alla quale sono attesi i fedeli dell’Austria e di vari Paesi dell’Europa centrale. Nel pomeriggio, poi, presiederà i Vespri nella Basilica di Mariazell, con la partecipazione di sacerdoti e seminaristi. Domenica 9 settembre, infine, Benedetto XVI celebrerà la Messa nella cattedrale di Santo Stefano, nel centro di Vienna, e reciterà l’Angelus nella piazza antistante. Nel pomeriggio, il ritorno a Roma. (R.M.)

 

 

I vescovi del Messico lanciano un appello in difesa della vita,

mentre l’Assemblea legislativa del Distretto federale valuta

se legalizzare l’aborto entro le prime 14 settimane di gestazione

 

“Lo scopo di una società giusta e includente deve essere sempre la protezione di ogni essere umano, dal suo concepimento fino alla sua morte”: con queste parole, la Conferenza episcopale del Messico si è pronunciata con una nota in merito all’iniziativa in discussione presso l’Assemblea legislativa del Distretto federale per legalizzare l’aborto entro le prime 14 settimane di gestazione. Il progetto autorizza anche i medici a prescrivere l’uso della pillola abortiva RU-486, che consente “l’interruzione della gravidanza” senza mezzi chirurgici. “Di fronte a una tale iniziativa di sterminio, come pastori, ma soprattutto come esseri umani, siamo obbligati ad alzare la nostra voce in favore della vita dei più indifesi”: i vescovi messicani spiegano che “con la fecondazione comincia l'avventura della vita”. “A una tale evidenza di tutti i tempi – precisano – oggi la scienza continua a offrire nuove conferme: dal primo istante, è presente il patrimonio genetico di ciò che un essere umano è, con le su caratteristiche ben precise. Anche se ci fosse il dubbio sul fatto che il frutto del concepimento sia già una persona, è oggettivamente un peccato grave osare di affrontare il rischio di un omicidio”. I presuli citano poi l’Istruzione «Donum Vitae», documento fondamentale del magistero di Giovanni Paolo II, che porta la firma del cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Nel documento, si ricorda che il diritto alla vita non è subordinato né agli individui, né ai genitori e tantomeno può essere ritenuto una concessione della società o dello Stato: è, infatti, un diritto che appartiene alla natura umana stessa ed è inerente alla persona. “Alla luce della fede, della legge e della ragione – affermano i vescovi messicani – facciamo un appello urgente ai legislatori, agli scienziati e ai professionisti della salute, nonché a tutto il popolo del Messico, per riaffermare il nostro impegno con la vita. Lo scopo di una società giusta ed includente – terminano – deve essere sempre la protezione di ogni essere umano, dal suo concepimento fino alla sua morte”. (A cura di Luis Badilla)

 

 

Non tutto ciò che è tecnicamente possibile e può apparire come

un progresso della medicina “è per ciò stesso moralmente auspicabile”:

così, i vescovi del Belgio, dopo il sì del Parlamento

al progetto di legge che regola la procreazione assistita

 

Esiste una “frontiera invisibile davanti alla quale il progresso tecnologico deve inchinarsi: la dignità dell’uomo”: è quanto hanno ribadito i vescovi del Belgio, dopo il sì della Camera al progetto di legge che regola la “procreazione medicamente assistita”, già approvato dal Senato nel giugno scorso. Il testo inquadra una pratica comune in Belgio, tanto da richiamare anche coppie straniere: ogni anno, nel Paese,  sono tra 2.500 e tre mila i bambini che nascono con la fecondazione artificiale o in vitro. La norma prevede che coppie sposate o no, eterosessuali e omosessuali, ma anche donne sole, possano far ricorso alle tecniche della procreazione assistita e all’uso di embrioni sovrannumerari e gameti. E’ ammessa la diagnosi pre-impianto e fissata a 45 anni l’età massima per il prelievo degli ovuli di una donna e a 47 per l’inseminazione, mentre non potranno ricorrere alla procreazione assistita le ragazze con meno di 16 anni, se non per motivi medici. Il provvedimento dà la possibilità del trasferimento di embrioni sovrannumerari anche dopo la morte del donatore, se quest’ultimo aveva espresso il consenso, ma la donna dovrà attendere un periodo minimo di sei mesi prima di praticare l’impianto, che comunque dovrà avvenire al massimo entro due anni. Riguardo agli ovuli già fecondati, si prevede che le pazienti possano conservare gli embrioni in sovrannumero per 5 anni, destinarli a esperimenti biomedici, oppure ‘donarli’ a terzi in forma gratuita e anonima. La destinazione degli embrioni a usi di ricerca scientifica (con relativa distruzione), era permessa già dal maggio del 2003. I vescovi belgi, che si erano già espressi contro la legge al momento della sua approvazione al Senato, hanno sottolineato che l’aspirazione a generare non deve prevalere sull’interesse del nascituro, e ribadito con forza che “il diritto del bambino è infinitamente superiore al diritto di avere bambini”. (A cura di Roberta Moretti)

 

 

L’arcivescovo di Nagasaki, mons. Takami,

critica duramente la rimilitarizzazione del Giappone

 

Un’ulteriore spinta alla rimilitarizzazione del Giappone sarebbe una “una grave minaccia” ai Paesi dell’Asia del Pacifico. L’arcivescovo di Nagasaki, Joseph Mitsuaki Takami, critica duramente la controversa decisione del primo ministro, Shinzo Abe, di modificare, con un referendum, l’articolo 9 della Costituzione pacifista giapponese, secondo cui il Giappone “rinuncia per sempre alla guerra, abolisce le proprie forze armate e s’impegna a non ricostituirle mai più”. Se i cittadini giapponesi voteranno a favore della modifica, il 3 maggio prossimo, le attuali forze di autodifesa nipponiche sarebbero trasformate in forze armate a tutti gli effetti, senza più i limiti imposti dai vincitori nel 1945. Un’ipotesi che mons. Takami, che durante il bombardamento atomico di Nagasaki ha perso diversi familiari, giudica pericolosa per la pace nella regione. Parlando nei giorni scorsi a una conferenza alla Georgetown University di Washington, il presule ha denunciato come sia da qualche anno in atto una militarizzazione strisciante del Paese, compiuta con l’avallo degli Stati Uniti e giustificata con la minaccia nord-coreana e cinese.  “Queste mosse – ha detto – sono incostituzionali e l’articolo 9 è stato volutamente ignorato dalla Difesa nipponica e statunitense”. Ha quindi ricordato come la tragica esperienza delle bombe atomiche abbia insegnato al popolo giapponese ad “apprezzare la non violenza” e a prendere coscienza del fatto che esso “non è stato solo vittima, ma anche aggressore”. Durante la sua visita a Washington, mons. Takami ha discusso della questione anche con i membri del Congresso degli Stati Uniti. (L.Z.)

 

 

In Iraq, cresciuto del 10% il tasso di malnutrizione infantile

dall’invasione USA, nel 2003

 

Il tasso di malnutrizione tra i bambini iracheni è salito di quasi il 10% da quando gli Stati Uniti hanno invaso il Paese, nel 2003, passando dal 19% al 28%, quasi un terzo di tutta la popolazione infantile: lo ha accertato uno studio di Caritas Internationalis e Caritas Iraq, in cui si evidenzia che la fame crescente è causata principalmente dagli alti livelli di insicurezza, dal collasso del sistema sanitario e dalla accresciuta polarizzazione delle differenze sociali, politiche e religiose, oltre che dalla crescente povertà. “Oggi – sottolinea Caritas, citata dall’agenzia MISNA – oltre l’11% dei neonati iracheni viene al mondo sottopeso; nel 2003 il fenomeno interessava solo il 4%”. Ma Caritas, che in Iraq gestisce una serie di cliniche per bambini, ricorda che i dati su mortalità e malnutrizione infantile del 2003 già risentivano fortemente dell’embargo internazionale imposto dai primi anni ‘90, dopo la prima guerra del Golfo. “Negli ultimi quattro anni, ma in particolare nel 2006, abbiamo visto la vita degli iracheni peggiorare invece che migliorare”, ha affermato Claudette Habesch, presidente di Caritas Medio Oriente e Nord Africa, che lavora a stretto contatto con Caritas Iraq. “La gente vota ormai ‘con i piedi’ – ha aggiunto – nel senso che ogni giorno almeno cinque mila persone lasciano il Paese”, mentre si assiste “alla scomparsa completa di alcune minoranze, come quella cristiana”. “Sono convinta – ha concluso – che le cose per l'Iraq andranno meglio, ma solo perché peggio di così non è possibile”. (R.M.)

 

 

A Cracovia è in corso il Convegno europeo: “Elezioni UE 2009:

sfida pro life nel ricordo di Papa Giovanni Paolo II”. Dall’incontro,

l’appello all’Europa perché difenda senza ambiguità la vita umana

 

Consapevoli che sul riconoscimento ad ogni essere umano del diritto alla vita si fonda l’umana convivenza, la pace e la stessa comunità politica, “ci rivolgiamo a tutte le persone di buona volontà perché insieme, senza pregiudizi, propugnino gli ideali di libertà, giustizia e pace rispettando la condizione essenziale per raggiungere tali obiettivi e cioè la riaffermazione, senza ambiguità, nelle convenzioni internazionali e nelle legislazioni nazionali, del diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento, in tutto l’arco del suo sviluppo, fino al naturale tramonto”. Sono le parole al centro dell’“Appello ai liberi e forti dell’Unione Europea” che il Convegno promosso da ieri a Cracovia dall’associazione politica “Solidarietà, libertà, giustizia e pace”, intende rivolgere ai politici e ai rappresentanti degli Stati dell’UE e a tutti i cittadini d’Europa, in vista anche delle elezioni del 2009. Riecheggia un altro “Appello ai liberi e forti” che nel 1919 il Partito Popolare Italiano, con don Luigi Sturzo, lanciò all’Italia, all’indomani della fine della Prima Guerra Mondiale, per richiamare tutti alla cooperazione per lo sviluppo democratico del Paese. Ora l’appello si estende al Vecchio Continente e al mondo intero: alle Nazioni Unite si chiede, in particolare, di vigilare affinché i Paesi ricchi non condizionino gli aiuti verso i Paesi poveri a politiche antinataliste, affrettino il disarmo universale, garantiscano il rispetto dei diritti umani, la libertà religiosa, la tutela dei popoli più deboli. I partecipanti al lavori, provenienti da Italia, Austria, Croazia, Francia, Polonia , Regno Unito e Ungheria, chiedono inoltre all’Europa di preparare una Costituzione che riconosca come fondamentale il diritto alla vita. In ricordo di Papa Giovani Paolo II i lavori termineranno in serata con la Messa celebrata in Basilica dall’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislao Dziwisz che ha dato il suo sostegno all’iniziativa. (A cura di Adriana Masotti)

 

 

Oggi la Chiesa celebra la memoria di San Patrizio, patrono d’Irlanda.

Al suo impulso si deve lo sviluppo della liturgia e della cultura irlandese

 

Rallegrarsi sempre nel Signore, nella prosperità e nelle afflizioni: questo diceva San Patrizio, vescovo d’Irlanda vissuto fra il IV e il V secolo e nell’VIII riconosciuto apostolo nazionale dell’isola. Nato nella Britannia Romana, fu fatto prigioniero all’età di 16 anni insieme a migliaia di persone dai pirati irlandesi, e fu venduto come schiavo. Riuscì a fuggire dopo sei anni di schiavitù, si imbarcò su una nave, giunse nella Gallia e poi riuscì a raggiungere i familiari. Ma nel sogno degli irlandesi che lo chiamavano lesse un invito all’apostolato fra quelle tribù ancora pagane, così decise di farsi chierico e di convertire gl’irlandesi. Nella sua opera apostolica ed organizzativa della Chiesa, Patrizio ha stabilito diocesi territoriali e seguendo l’esempio di altri Santi missionari dell’epoca, ha istituito nelle sue cattedrali capitoli organizzati in modo monastico come centri pastorali. Ha predicato viaggiando per alcuni anni, sforzandosi di formare un clero locale; le ordinazioni sacerdotali furono numerose e fra queste non pochi suoi discepoli divennero vescovi. Patrizio ha dovuto affrontare anche gli eretici pelagiani, che per ostacolare la sua opera ricorsero pure alla calunnia. Per discolparsi scrisse una “Confessione” chiarendo che il suo lavoro missionario era volere di Dio e che la sua avversione al pelagianesimo scaturiva dall’assoluto valore teologico che egli attribuiva alla Grazia. “Qualunque cosa, buona o cattiva che sia - si legge nella sua opera - devo sempre accoglierla con animo sereno e rendere incessanti grazie a Dio... Chi mi ha dato la forza di abbandonare la patria, i genitori, di rifiutare gli onori che mi venivano offerti e di venire tra le genti d’Irlanda a predicare il Vangelo, sopportando gli oltraggi degli increduli e l’infamia dell’esilio, senza contare le numerose persecuzioni fino alle catene e al carcere?”. “Se il Signore me ne farà grazia – scrive ancora – desidero consacrare tutte le mie forze a questa causa. Ho tanti debiti verso il Signore perché egli mi ha fatto il dono inestimabile di rigenerare in Lui con la mia opera molti popoli e di portarli alla pienezza della vita cristiana”. Per ricordare la figura del Santo, domani alle 16, a Roma, il cardinale vicario Camillo Ruini inaugurerà al Colle Prenestino i nuovi locali della parrocchia di San Patrizio, eretta nel ’75. (A cura di Tiziana Campisi)

 

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

24 Ore nel Mondo

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

- Nei Territori Palestinesi, si è aperta stamani la seduta in Parlamento sulla fiducia al nuovo governo di unità nazionale. I tre ministeri chiave - Finanze, Esteri e Interno – vanno, come annunciato nei giorni scorsi, a tre politici indipendenti. Durante l'odierna sessione, il presidente palestinese, Abu Mazen, ed il premier, Ismail Haniyeh, hanno chiesto la fine dell’embargo internazionale imposto un anno fa all’Autorità Nazionale Palestinese. Ma hanno anche ribadito posizioni assolutamente divergenti su Israele: mentre Abu Mazen ha auspicato la ripresa dei negoziati di pace con lo Stato ebraico, Haniyeh ha rivendicato il diritto del suo popolo ad ogni forma di resistenza contro quella che ha definito “l’occupazione israeliana”. L’esecutivo dello Stato ebraico ha immediatamente reagito, etichettando questo tipo di resistenza come “terrorismo” e annunciando di non voler collaborare con il nuovo governo palestinese. Ma come spiegare la contrapposizione tra gli atteggiamenti di Abu Mazen e Haniyeh? Giada Aquilino lo ha chiesto al direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli:

 

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R. - Ovviamente ognuno gioca la sua parte: Abu Mazen è quello che, anche in base agli accordi, è delegato a sviluppare e a portare avanti le trattative con Israele. Haniyeh, che pure ha fatto delle concessioni per giungere a questo governo, di fatto tende a marcare la posizione del suo movimento. Ora, è indubbio che rivendicare il diritto ad ogni forma di violenza è cosa inaccettabile, nel senso che la violenza contro i civili è inammissibile; tuttavia contestualmente, Hamas, in questa fase, si dichiara disposto ad una tregua di lungo periodo e da parecchio tempo non pratica atti terroristici contro Israele.

 

D. - Questo nuovo governo di unità nazionale palestinese, di fatto, cosa implicherà?

 

R. - Segna un argine alla lotta interpalestinese, che rischiava di degenerare in guerra civile. Il governo è equilibrato, anche se Al Fatah ha meno ministeri di Hamas. Tuttavia, ci sono indipendenti vicini ad Al Fatah o comunque ai gruppi della sinistra laica, che in qualche maniera creano un certo equilibrio. Quindi, Hamas non ha la maggioranza assoluta.

 

D. - I tre ministeri chiave, cioè Finanze, Esteri e Interno, vengono affidati ad altrettante figure indipendenti...

 

R. - Una è legata ad Al Fatah, cioè il ministero degli Esteri. L’altra, quella a cui vanno le Finanze, è legata alla "Terza Via", ma è anche questa abbastanza riconducibile ad Al Fatah. Il terzo ministero, quello dell’Interno, è legato a Hamas, pure se è stato affidato ad una figura già legata a quell’ambiente.

 

D. - Nel programma di questo governo manca il riferimento all’esistenza dello Stato ebraico. Sarà motivo di ulteriori attriti?

 

R. - L’accordo della Mecca, di circa un mese fa, prevede che il nuovo governo si impegni a rispettare i trattati siglati in passato dall’OLP e dall’ANP. In questi trattati ci sono, tra gli altri, anche gli accordi di Washington del ’93, che contemplano il riconoscimento dello Stato di Israele e la rinuncia alla violenza.

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- In Afghanistan, un nuovo attacco kamikaze contro truppe della NATO, nella provincia di Kandahar, ha provocato stamani la morte di un bambino e il ferimento di diversi civili. Nel Paese asiatico proseguono poi i negoziati per il rilascio del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo, rapito 12 giorni fa nel sud dell’Afghanistan. Il comandante talebano della provincia di Helmand, dove è stato rapito l’inviato del quotidiano “La Repubblica”, ha detto all’agenzia ‘ANSA’ che le trattative sono in corso. I talebani, che ieri hanno annunciato l’uccisione dell’autista del reporter, hanno chiesto la liberazione di almeno due persone attualmente detenute nelle carceri afghane. Un portavoce talebano ha detto, inoltre, che l’ultimatum è stato fissato per lunedì sera.

 

- In Iraq è di almeno otto morti il bilancio, ancora provvisorio, di due attentati suicidi a Falluja, roccaforte della guerriglia sunnita. Lo hanno riferito fonti ospedaliere locali aggiungendo che i kamikaze erano alla guida di camion-bomba, carichi di esplosivo e di fusti di cloro. Proprio a causa di questa sostanza chimica, sono rimaste intossicate almeno 80 persone. Non è la prima volta che i ribelli usano il cloro in attentati. Gli esperti adesso temono un sempre maggiore utilizzo di armi chimiche nel Paese arabo. Negli Stati Uniti, intanto, un centinaio di dimostranti sono stati fermati nella notte a Washington durante una manifestazione davanti alla Casa Bianca per denunciare la guerra in Iraq, in occasione del quarto anniversario dell’intervento militare americano nel Paese arabo.

 

- Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, potrà entrare negli Stati Uniti per intervenire, la prossima settimana, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU sul programma nucleare iraniano. Lo ha reso noto il portavoce del dipartimento di Stato americano all’indomani della richiesta ufficiale, da parte del capo di Stato iraniano, di partecipare alla seduta del Consiglio. Ahmadinejad ha anche ribadito che nessuna sanzione fermerà il programma nucleare dell’Iran. Secondo anticipazioni di stampa, la nuova bozza di risoluzione nei confronti della Repubblica islamica prevede, tra le varie misure, il blocco totale delle esportazioni di armi iraniane e il blocco dell’assistenza finanziaria all’Iran.

 

- Sempre più intricata la questione nucleare nordcoreana: un’agenzia di stampa sudcoreana ha reso noto che la Corea del Nord ha intrapreso i preparativi per la chiusura del proprio reattore nucleare di Yongbyon. In precedenza, il negoziatore nordcoreano, Kim Kyegwan, aveva dichiarato, invece, che la Corea del Nord non avrebbbe chiuso il proprio reattore atomico. Non lo disatteveremo - aveva detto il negoziatore - fin quando gli Stati Uniti non “rimuoveranno tutte le restrizioni” su alcuni fondi nordcoreani congelati in una Banca di Macao. In base all’accordo raggiunto lo scorso 13 febbraio a Pechino da due Coree, Cina, Russia, Giappone e Stati Uniti, il regime di Pyongyang si è impegnato a chiudere il reattore di Yongbyon in cambio di aiuti finanziari e umanitari. I fondi nordcoreani, congelati in una Banca di Macao, sono stati bloccati perché provenienti, secondo diversi inquirenti, da traffici di droga, armi e dollari falsi.

 

- Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, è arrivata ieri in Polonia per una visita di due giorni. Rivolgendosi agli studenti dell’Università di Varsavia, il cancelliere tedesco ha sottolineato che i Paesi dell’Unione Europea hanno bisogno di una nuova Costituzione entro il 2009. Il presidente Kazcynski e il suo gemello, il primo ministro Jaroslaw Kaczynski, hanno più volte espresso, in passato, forti perplessità sul nuovo trattato respinto dagli elettori di Francia e Olanda nel giugno del 2005.

 

- Sciagura aerea in Russia: almeno sette persone sono morte ed oltre 50 sono rimaste ferite in seguito ad un atterraggio di emergenza di un Tupolev nella regione del Volga. Il veivolo avrebbe toccato la pista con una delle ali. Sono ancora sconosciute le cause della manovra di emergenza.

 

- Detenzioni illegali, trattamenti assimilabili a torture ed altri gravi maltrattamenti: sono alcune delle gravi violazioni dei diritti umani in Cecenia denunciate, in questi giorni, in una dichiarazione pubblica del Consiglio d’Europa. Nella dichiarazione si mette l’accento, soprattutto, sull’esistenza di una struttura a Grozny, in cui si pratica la tortura. Ce ne parla, al microfono di Francesca Sabatinelli, il presidente del Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura e dei trattamenti o punizioni inumane o degradanti, Mauro Palma:

 

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R. – Si chiama ORB 2 ed è un dipartimento di tipo investigativo. Nel piano terra c’è un luogo di detenzione. Persone che sono state detenute in questa struttura hanno denunciato che durante la notte, in occasione di interrogatori, i detenuti sono trasportati nei piani alti e sottoposti ad interrogatori con maltrattamenti, per ottenere confessioni. Noi, da tempo, abbiamo richiesto che ci fosse una completa separazione, che il luogo di detenzione venisse portato da un’altra parte e che venissero in qualche modo indagate tutte queste denunce di maltrattamenti.

 

D. – Uno degli altri aspetti che voi avete sollevato nel vostro rapporto sono le sparizioni…

 

R. – Molte persone spariscono in Cecenia. Molte persone denunciano poi di essere state detenute in alcuni luoghi, che non sono luoghi ufficiali di detenzione. Noi abbiamo riscontrato che c’è una corrispondenza tra quanto le persone denunciavano e i luoghi specifici che abbiamo individuato e visitato; abbiamo chiesto che le autorità russe facessero una profonda indagine su queste denunce, su queste sparizioni e su casi di detenzione illegale. Abbiamo esaminato recentemente le indagini che le autorità russe hanno fatto dopo le nostre richieste; abbiamo riscontrato che non sono state né indipendenti, né approfondite.

 

D. – Chi viene colpito da questi maltrattamenti, sparizioni e detenzioni illegali?

 

R. – ORB 2 è una struttura che si riferisce spesso al crimine organizzato o, più in generale, a quelli che compiono reati contro l’autorità dello Stato, i cosiddetti ribelli. Nessun dubbio che molto probabilmente si tratti di persone che svolgono attività criminali. E’ altrettanto vero, però, che le indagini vanno fatte sempre in maniera corretta; non ci deve essere mai nessun tentativo di ottenere confessioni con metodi assolutamente inaccettabili.

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- Oltre 4 milioni di elettori sono chiamati domani all’appuntamento con le urne in Finlandia per le elezioni legislative. Il partito di centro del primo ministro, Matti Vanhanen, è dato per favorito nei sondaggi sul principale partito d’opposizione, quello conservatore. Secondo le previsioni, possono concorrere per la vittoria nelle elezioni anche i socialdemocratici guidati dal ministro delle Finanze. Per una scheda sulla Finlandia, il nostro servizio:

 

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La Finlandia si colloca ai veritici delle classifiche mondiali in vari ambiti, tra cui quelli della competitività economica e della libertà di stampa. La partecipazione alle elezioni è sempre alta perché il voto è considerato un dovere ed è parte integrante dell’educazione sia familiare sia scolastica. Nonostante la rigidità del clima e la scarsità di terreni coltivabili, l’agricoltura assicura poi buoni rendimenti. Ma anche negli Stati più prosperi non mancano problemi: quasi il dieci per cento della forza lavoro finlandese non ha un impiego. La tecnologia ha rimpiazzato, inoltre, la manodopera in settori tradizionali come quelli della lavorazione del legno e della carta. D'altro canto, i processi di globalizzazione hanno provocato altri effetti negativi nel mondo del lavoro: molti componenti realizzati da una nota società finlandese di telecomunicazioni sono prodotti, ad esempio, in Asia e in America Latina per abbattere i costi di produzione. Sul versante economico, l’introduzione dell’euro ha stabilizzato l’economia e nel Paese i movimenti euroscettici non hanno riscosso adesioni come in altri Stati dell’Unione Europea: la Finlandia ha fatto registrare, infatti, una crescita economica del 5,5 per cento, una delle più alte d’Europa. Nel Paese scandinavo, infine, è garantito e rispettato il diritto alla libertà religiosa. Su circa 5 milioni di abitanti, i protestanti sono oltre l’84 per cento, gli ortodossi circa l’1 per cento e i cattolici circa 10 mila. Negli ultimi anni si registra un lieve, ma graduale e costante incremento del numero dei cattolici.

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- In Brasile sono stati uccisi a Rio de Janeiro 12 poliziotti negli ultimi 8 giorni. Secondo gli inquirenti, gli omicidi sono stati compiuti da appartenenti all’organizzazione criminale denominata ‘Comando Vermelho’. Il gruppo malavitoso ha anche minacciato di uccidere nei prossimi giorni 150 agenti se non verrà interrotto lo schieramento, nelle favelas, di milizie vicine alla polizia. Queste formazioni danno protezione agli abitanti contro i narcotrafficanti in cambio del pagamento di una sorta di imposta.

 

- Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha reso noto di voler convocare elezioni generali anticipate per il prossimo anno non appena entrerà in vigore la nuova Costituzione. Morales, il cui mandato di cinque anni è iniziato poco più di un anno fa, non ha però precisato se intende ricandidarsi.