RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 71 - Testo della trasmissione di lunedì 12 marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dal Papa, per la visita ad Limina, i vescovi della Puglia, guidati da mons. Cosmo Francesco Ruppi

 

Sulla bellezza della conversione, sottolineata ieri all’Angelus dal Papa, la riflessione del vescovo di Castellaneta, mons. Pietro Maria Fragnelli

 

Grande gioia dei fedeli veneti dopo l’annuncio che il Papa, a luglio, trascorrerà nella loro terra, a Lorenzago, un periodo di riposo. La testimonianza dei vescovi Giuseppe Andrich e Bruno Mazzoccato

 

Rientrata a Roma la delegazione inviata dalla Santa Sede in Viet Nam: si lavora per l'allacciamento delle relazioni diplomatiche

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L'ONU denuncia: c'è il Sudan dietro i crimini contro l'umanità che si continuano a perpetrare nel Darfur. Ce ne parla padre Franco Moretti

 

Ancora polemiche in Italia per la questione dei DICO: si moltiplicano gli attacchi alla Chiesa. Il commento di MarcoTarquinio

 

Stamani a Loreto, la cerimonia di consegna all'Esercito Italiano della croce di legno che ricorda i caduti di Nassirya. Ai nostri microfoni l'arcivescovo Gianni Danzi

 

Da questa sera alle 21.00, tornano alla Chiesa romana di Santa Maria della Vittoria i ritratti di Santi: saranno ricordati Santa Faustina Kowalska, San Filippo Neri e Annalena Tonelli. Con noi Giulio Base

 

Presentati a Milano tre volumi che ripercorrono il rapporto centenario tra cinema e cultura cattolica in Italia: ce li illustrano Ruggero Eugeni e mons. Dario Edoardo Viganò

 

CHIESA E SOCIETA’:

Messaggio dei vescovi del Katanga, nella Repubblica Democratica del Congo: "Affrontare le sfide della nostra provincia: sicurezza e sviluppo economico nel rispetto dell’ambiente”

 

Al via a Beirut l’Assemblea straordinaria dei Patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano

 

L’estrazione degli ovuli mette in pericolo la salute e la sicurezza delle donne: così, l’ufficio dei vescovi statunitensi per le attività pro-vita

 

In India, migliaia di donne muoiono ogni anno durante il parto per la mancanza di un’adeguata assistenza sanitaria

 

Europa: il Parlamento di Strasburgo commemora le vittime del terrorismo

 

Ecumenismo: centinaia di giovani di diverse confessioni si riuniranno a Milano per “Osare la pace per fede”

 

Gli studenti delle Università cattoliche dei Grandi Laghi si riuniranno ad aprile a Kinshasa per partecipare ad un forum sulla situazione nella regione

 

Suora italiana muore in incidente stradale nella Repubblica Centrafricana. Appelli per il rientro in patria della salma

 

24 ORE NEL MONDO:

Sempre più drammatica, secondo l’ONU, la situazione dei profughi iracheni

 

 

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

Il Papa e la Santa Sede

 

Dal Papa, per la visita ad Limina, i vescovi della Puglia,

guidati da mons. Cosmo Francesco Ruppi

 

Il Papa, nell’ambito della visita ad Limina dei vescovi italiani, ha ricevuto stamani il primo gruppo di presuli della Regione Puglia, guidati dall’arcivescovo di Lecce, mons. Cosmo Francesco Ruppi, presidente della Conferenza episcopale regionale. La Puglia è la regione più orientale di tutta l’Italia: conta 19 dioces,i con oltre 4 milioni e 200mila abitanti e più di 2.500 sacerdoti tra regolari e secolari. Sull’incontro con il Papa, Gabriella Ceraso ha sentito lo stesso mons. Cosmo Francesco Ruppi:

 

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R. – Prima di tutto, portiamo al Papa la nostra fedeltà, la gioia di essere incontrati uno per uno e poi collegialmente nell’udienza pubblica di Piazza San Pietro. Portiamo la fedeltà della Puglia, la religiosità, la storia antica di una regione proiettata verso l’Oriente, con forte spinta ecumenica, ma portiamo anche le nostre sofferenze, i nostri problemi: il problema dei giovani, che è difficile avvicinare, il problema della famiglia sulla quale giochiamo anche il nostro impegno, i vari problemi sociali, dalla disoccupazione giovanile, alla disoccupazione intellettuale, ma anche le nostre speranze, perché c’è un lavoro già in cammino da parte delle Chiese di Puglia che lascia sperare che quel messaggio che il Papa ci ha rivolto a Verona è già recepito dalle nostre popolazioni e sta diventando programma pastorale.

 

D. – Lei ha citato il tema della famiglia. Più volte voi siete stati in prima linea con degli appelli e lei stesso, proprio ultimamente, ha parlato della crisi della famiglia. Qual è l’esperienza in questo senso della vostra regione?

 

R. – L’esperienza è proprio questa, che la nostra gente non si affanna molto intorno al problema dei DICO, di questa minoranza che pure merita rispetto: la Chiesa non condanna nessuno! Ma quello che preoccupa è vedere un affanno delle forze politiche sulla legittimazione di una unione di fatto e una reale trascuratezza dei problemi profondi della famiglia: le difficoltà dei giovani a sposarsi, la difficoltà degli alloggi, degli affitti, l’insufficienza degli assegni familiari, la mancanza di tutela della famiglia vera! Le famiglie sono 22 milioni! Noi speriamo veramente che le forze politiche si fermino e facciano una valutazione di quello che è più urgente, più importante e di quello che è meno importante.

 

D. – Lei ha parlato anche di giovani difficili da avvicinare. Cosa fa la Chiesa di Puglia su questo fronte?

 

R. – Siamo impegnati da tempo, veramente anche con molta sofferenza, perché le giovani generazioni non sono più pronte, come lo erano quelle di una volta, all’ascolto del Vangelo. I mass media, la vita attuale, soprattutto le distrazioni, hanno portato molti giovani lontano dalla Chiesa. La Chiesa si impegna: abbiamo dei centri giovanili pastorali in tutte le diocesi, abbiamo delle iniziative ma ancora non riusciamo a trovare la strada giusta per un larghissimo coinvolgimento. Eppure, sappiamo bene che l’attuale pontefice e Giovanni Paolo II in tutte le sue manifestazioni, sono stati al centro dell’attenzione dei giovani. Vorremmo tradurre l’amicizia dei giovani verso il Papa in un piano pastorale. Abbiamo difficoltà anche da parte dei sacerdoti, perché i sacerdoti giovani sono pochi, i sacerdoti anziani mostrano affanno ... Ma io ho fiducia che attraverso l’impegno solidale dei movimenti, dell’Azione Cattolica, delle varie associazioni laicali, si possano aprire delle strade per un programma molto organico di evangelizzazione delle giovani generazioni.

 

D. – C’è un progetto che le sta particolarmente a cuore, ora, in Puglia?

 

R. – Il progetto è quello di trasformare la Facoltà Teologica che è nata appena due anni fa, come Facoltà autonoma, in un centro vivo, non soltanto di ecumenismo, ma anche di trasmissione di valori culturali. La nostra piccola Facoltà potrebbe preparare meglio i sacerdoti ed il laicato a svolgere la missione pastorale. Accanto a questo, c’è una sottolineatura del valore ecumenico della nostra Terra, terra aperta verso l’Oriente, la terra di San Nicola, i cui fermenti ecumenici sono ancora molto vivi, perché la Puglia diventi possibilmente un luogo d’incontro tra Oriente e Occidente.

 

D. – L’incontro con l’Oriente è anche – parliamo in termini di attualità, proprio – immigrazione ...

 

R. – La nostra Terra, soprattutto la diocesi di Lecce e la provincia di Lecce, già da 10 anni è al centro di una tutta una serie di sbarchi. Abbiamo accolto oltre 62 mila profughi ed immigrati; da tre anni circa, l’arrivo sulla nostra Terra si è fermato, per cui l’impatto dell’accoglienza è fortemente diminuito. Il nostro impegno attuale è trasformare l’accoglienza in una vera e propria integrazione. Una fatica molto più lunga e molto più difficile, per cui abbiamo bisogno dell’aiuto delle istituzioni, della scuola, dei centri culturali, delle stesse realtà locali.

 

D. – C’è invece una cosa che lei, come anche tutti gli altri vescovi, vi attendete in particolare dal Papa per questa settimana?

 

R. – Noi vogliamo portare da questa settimana alle nostre popolazioni la benedizione, il sorriso, la parola del Papa ma anche una forte spinta alla speranza, quella speranza che nasce da Cristo Risorto del quale Pietro e insieme a lui tutti noi, siamo servitori e testimoni.

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Sulla bellezza della conversione, sottolineata ieri all’Angelus dal Papa,

la riflessione del vescovo di Castellaneta, mons. Pietro Maria Fragnelli

 

“La conversione vince il male nella sua radice che è il peccato”: è la riflessione offerta, ieri, da Benedetto XVI all’Angelus. Il Papa ha ricordato ai fedeli che Gesù non propone la necessità della conversione in termini moralistici, ma come “l’unica risposta ad accadimenti che mettono in crisi le certezze umane”. Ed ha parlato di “bellezza della conversione”. Un passaggio sul quale si sofferma mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Castellaneta, intervistato da Alessandro Gisotti

 

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R. – Benedetto XVI è riuscito a far passare la lezione, cioè “accendere il fiammifero" di fronte alle oscurità personali e collettive. Egli ci ha detto che la conversione è un evento di bellezza umana e spirituale, perché parte dalla capacità di mettersi in discussione di fronte alla provocazione del male violento, provocato dalla natura o dalla prepotenza altrui. Mettersi in discussione, quindi, è scelta di civiltà, è vittoria del buon senso, è coraggio di un umanesimo plenario. Mettersi in discussione è, infine, scelta di fede, è accogliersi fragili e – ahimé! – aggressivi, e riconoscere di avere bisogno di un Redentore e riaprire il grande libro del timore di Dio. E' accogliere Gesù Cristo come il primo dei non-violenti, il martire dell’amore verso Dio e verso l’umanità, che ha vinto il male alla radice.

 

D. – Ecco, peraltro il Papa ha detto: “Le persone e le società che vivono senza mai mettersi in discussione hanno come unico destino finale la rovina”. Un richiamo particolarmente attuale, oggi?

 

R. – Certo! Il Papa sa bene come annunciare la bellezza della conversione perché attratti dall’amore di Dio in Cristo sia un evento che porta con sé anche la denuncia forte del male. E dunque, aiutare gli uomini e le società a prendere coscienza che non si può cercare il proprio bene senza mai mettersi in discussione: è indispensabile cercare il bene personale e collettivo partendo da verifiche continue, che sono anche verifiche di civiltà. Sono verifiche che, se affrontate coraggiosamente, costituiscono primavera per le persone e per le comunità.

 

D. – Il Papa ha esortato i fedeli a rispondere al male con un serio esame di coscienza, impegnandosi a purificare la propria vita. Come incamminarsi su questa strada?

 

R. – Vivendo sul serio, fino in fondo, la Quaresima che sicuramente è un itinerario, un esodo da una vita bendata, vorremmo dire, da una vita nella quale non riusciamo a cogliere tutti gli appelli che vengono da Dio, che vengono dai fratelli, da una umanità che, al di là dell’orizzonte dell’Europa e dell’Occidente, attende di vedere drammaticamente la conversione del nostro mondo e la conversione del cuore dell’uomo a Dio. Per questo, vivere fino in fondo la Quaresima significa impostare in un modo diverso la vita personale, la vita delle famiglie, delle comunità e aprirsi ai doni che questo stile nuovo di vita può portare, non solo per noi doni di bene, ma per tutta l’umanità.

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Grande gioia dei fedeli veneti dopo l’annuncio che il Papa, a luglio,

trascorrerà nella loro terra, a Lorenzago, un periodo di riposo.

 La testimonianza dei vescovi di Belluno e Treviso

 

Campane a festa in tutte le chiese della diocesi di Belluno-Feltre: così, ieri a mezzogiorno, si è voluto festeggiare l’annuncio che Benedetto XVI si recherà a Lorenzago, dal 9 al 27 luglio per un periodo di riposo. Al microfono di Alessandro Gisotti, il vescovo di Belluno, mons. Giuseppe Andrich, racconta la gioia dei fedeli che già aspettano con trepidazione l’arrivo del Papa, quest’estate: 

 

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R. – Tutte le campane, ieri alle 12, hanno suonato a festa, invitando anche subito ad una comunione di preghiera con l’Angelus del Papa e secondo le intenzioni enunciate dal Papa. Naturalmente, io ho chiesto con un messaggio a tutta la diocesi di offrire un’accoglienza responsabile al Santo Padre, e la responsabilità è soprattutto quella di pregare. E in effetti so già che in alcune parrocchie hanno già messo in atto iniziative straordinarie per garantire questa preghiera continuata. Dirò anche che provvidenzialmente, la visita ad Limina che noi avremo alla fine di aprile, tutti i vescovi della Conferenza episcopale triveneta, questa visita ad Limina sarà l’occasione per ringraziare ma anche per intensificare ancora di più la nostra comunione con il Santo Padre.

 

D. – Già l’allora cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte manifestato il suo apprezzamento per la vostra terra, per le bellezze straordinarie delle Dolomiti …

 

R. – Certamente. Alla metà di ottobre del 2004, quindi pochi mesi prima della sua elezione, era stato anche da noi, aveva intrattenuto una folla molto, molto numerosa con un dialogo interessante, aveva celebrato nella cattedrale, anche più volte aveva espresso questa sua ammirazione per la bellezza delle Dolomiti. Noi sentiamo che c’è un’attenzione particolare che va anche al di là delle bellezze del Creato e che va alla cultura della nostra terra. Molte cose che confortano anche chi ha a cuore lo sviluppo dell’umanità, nel rispetto e nella valorizzazione del Creato.

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Benedetto XVI alloggerà nella villetta della tenuta Mirabello, che si trova nella diocesi di Treviso. Anche in questa diocesi, dunque, è grande l’emozione, come testimonia il vescovo Bruno Mazzocato, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – L’annuncio è stato accolto certamente con sentimento di grande gioia, perché noi abbiamo ancora una popolazione radicata nelle tradizioni cristiane e certamente con un grande amore per il Papa, per questo Papa in modo particolare. E poi, con un senso di grande riconoscenza perché speravamo che continuasse la grande tradizione che abbiamo avuto con le sei soste di Giovanni Paolo II.

 

D. – Ecco: la vostra terra, peraltro, è molto legata ai Pontefici …

 

R. – Bè, certamente è una terra che ha dato i natali a due Pontefici – San Pio X, nato a Treviso, e Papa Luciani, a Belluno. E poi Giovanni Paolo II è diventato cittadino onorario delle nostre terre per le sei presenze che ha avuto, e adesso Benedetto XVI …

 

D. – Quali sono le aspettative per una presenza così importante come quella del Papa?

 

R. – Io penso che la presenza del Papa e la presenza di Benedetto XVI, che veramente suscita un grande affetto da parte della popolazione, diventa uno stimolo oggi per un senso di appartenenza alla Chiesa. Questo credo che sia senz’altro vero. Proprio un sentirsi legati alla Chiesa attraverso la “roccia”, che è il Successore di Pietro, e questo credo che anche per le nostre terre sia molto importante.

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Rientrata a Roma la delegazione inviata dalla Santa Sede in Viet Nam:

si lavora per l'allacciamento delle relazioni diplomatiche

 

Dopo un’intensa settimana di incontri in Viet Nam, è rientrata oggi a Roma la delegazione inviata dalla Santa Sede in questo Paese dal 5 all’11 marzo scorsi. La delegazione era composta da mons. Pietro Parolin, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Luis Mariano Montemayor, consigliere di nunziatura presso la Segreteria di Stato, e mons. Barnabé Nguyên Van Phuong, capo ufficio della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Lo rende noto un comunicato della Segreteria di Stato. “Da parte vietnamita – afferma la nota - si è voluto, in vari modi, dare particolare risalto” a questa 14.ma visita di una delegazione vaticana, avvenuta a breve distanza dall’udienza del Santo Padre Benedetto XVI al primo ministro, Nguyên Tân Dung, nel gennaio scorso. La delegazione ha incontrato in primo luogo mons. Paul Nguyên Van Hòa, vescovo di Nha Trang, presidente della Conferenza Episcopale del Viet Nam, ed il Consiglio Permanente della medesima. Le sessioni di lavoro con il Comitato per gli Affari Religiosi, presieduto da Nguyên The Doanh – prosegue il comunicato – “si sono svolte in un clima di cordialità, franchezza e rispetto e hanno permesso di passare in rassegna l’applicazione dell’Ordinanza sulle credenze e sulle religioni, del 18 giugno 2004, che traccia la politica del Governo vietnamita in materia religiosa, alcune nomine vescovili in corso, nonché altri temi attinenti alla vita e all’attività della Chiesa cattolica in Viet Nam”.

 

 La delegazione governativa “non ha mancato di rilevare il ruolo che la comunità cattolica svolge nel Paese, mentre quella della Santa Sede ha auspicato che i cattolici siano sempre più messi in grado di contribuire alla diffusione dei valori morali, soprattutto per quanto riguarda la formazione della gioventù, in un momento di rapidi cambiamenti socio-economici della società vietnamita, e alla promozione della solidarietà verso i ceti più deboli della popolazione”. Entrambe le parti hanno sottolineato che “i problemi ancora aperti potranno essere affrontati e debitamente risolti con mutuo consenso, attraverso un dialogo paziente e costruttivo”. La delegazione vaticana ha reso visita al vice-ministro degli Affari Esteri, Le Cong Phung, al vice-presidente della Commissione per gli Affari Esteri del Comitato Centrale del Partito Comunista del Viêt Nam, Pham Xuan Son, al presidente del Comitato per gli Affari Esteri dell’Assemblea Nazionale, Vu Mao. “In queste occasioni – sottolinea la nota -  si è sollevata la questione della normalizzazione dei rapporti con la Santa Sede”.  Al riguardo, la parte vietnamita ha dato assicurazioni che, su istruzione del primo ministro, “i competenti organi sono già al lavoro, mentre sono state esaminate insieme alcune modalità concrete per avviare il processo di allacciamento delle relazioni diplomatiche”.

 

“Un’esperienza particolarmente toccante” è stata la visita ad alcune diocesi del Paese, che quest’anno ha interessato quelle di Quy Nhon e Kontum, le ultime due circoscrizioni ecclesiastiche presso le quali la delegazione della Santa Sede non si era ancora recata. La delegazione ha concelebrato la Santa Messa con i rispettivi vescovi e gran  parte  del clero, “in un clima di profonda gioia e di comunione ecclesiale”.  La Diocesi di Kontum, situata sugli altipiani centrali, è composta in maggioranza da fedeli appartenenti ad etnie minoritarie, i cosiddetti “montagnards”, che hanno partecipato numerosissimi ai vari incontri di preghiera. In ognuna delle diocesi visitate, la delegazione ha potuto incontrare anche i presidenti dei locali Comitati Popolari.

 

Infine, la delegazione ha celebrato l’Eucaristia per i fedeli nella Cattedrale di San Giuseppe  di Hà  Nôi e della parrocchia di Hon Gai, a Ha Long, nella diocesi di Hai Phòng, vicino alla Cina, e ha visitato numerose case religiose, opere di carità, internati e scuole materne di una Chiesa – afferma il comunicato della Segreteria di Stato – “che non cessa di suscitare ammirazione per il suo coraggio, la sua vitalità e il suo dinamismo”. A tutti la delegazione ha portato l’incoraggiamento e la benedizione di Benedetto XVI, verso la cui persona i fedeli “hanno manifestato segni di profondo affetto, attaccamento filiale e fedeltà, nella speranza che il Papa stesso possa compiere un giorno una visita pastorale nel Paese”.

 

 

Oggi su L'Osservatore Romano

 

Servizio vaticano - In primo piano il Rosario di Benedetto XVI con gli universitari dell'Europa e dell'Asia. Nel suo discorso il Papa ha ricordato che la carità intellettuale è sapienza della Croce.

 

Servizio estero - In evidenza due interventi della Santa Sede sulla promozione della donna.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Michele Sangiorgi dal titolo "Quella vena di profonda introspezione che coglie l''istante chiave' nel divenire di una storia": 450 anni dalla morte di Lorenzo Lotto. Ad aprile un convegno internazionale.  

 

Servizio italiano - In rilievo il dibattito sulla missione in Afghanistan.

 

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

Oggi in Primo Piano

 

L'ONU denuncia: c'è il Sudan dietro i crimini contro l'umanità che si continuano a perpetrare nel Darfur

 

Il Consiglio dell'ONU per i diritti umani si è riunito stamani a Ginevra per la sua quarta sessione. Al centro dei lavori ci sono diverse crisi umanitarie e, soprattutto, la drammatica situazione del Darfur. La regione sudanese continua ad essere teatro, secondo gli esperti dell’ONU, di abusi sistematici contro civili, compiuti non solo dalle famigerate milizie arabe dei janjaweed. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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La comunità internazionale ha l’obbligo di proteggere i civili del Darfur dai crimini di guerra e contro l’umanità che continuano ad essere perpetrati nella regione sudanese con il coinvolgimento del governo di Khartoum: è la conclusione delle indagini compiute dalla squadra di esperti nominata dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU, contenuta nel rapporto presentato stamani a Ginevra. Nello studio si sostiene che il governo sudanese ha “orchestrato e partecipato a tali crimini”. “Il principale schema adottato - si legge ancora nel rapporto - è quello di una violenta campagna lanciata dal governo del Sudan, in collaborazione con le milizie arabe dei janjaweed, soprattutto contro civili. Le conseguenze di questi continui attacchi sono drammatiche: si stima che il conflitto in corso dal febbraio 2003 nella regione del Darfur abbia causato, finora, almeno 200.000 morti e oltre 2,5 milioni di sfollati. La missione inviata dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU è giunta inoltre alla conclusione che l’esecutivo sudanese non ha alcuna intenzione di collaborare con le Nazioni Unite, dopo i ripetuti e vani tentativi di ottenere il via libera dal governo per poter visitare la regione. E’ riuscito invece ad entrare in Darfur padre Franco Moretti, redattore della rivista dei comboniani Nigrizia, tornato ieri dal Sudan. Ascoltiamo la sua testimonianza:

 

R. – La situazione in Darfur è senz’altro molto critica. Qualcuno comincia addirittura a parlare di un "lento Rwanda due", perché il governo è determinato a sterminare questo popolo. Noi siamo atterrati a Nyala e siamo riusciti a visitare vari campi di sfollati: vivono in una situazione disastrosa. La cosa che ci ha scandalizzato è che, atterrando all’aeroporto di Nyala, abbiamo visto cinque aerei da guerra Mig che venivano armati dalle forze regolari sudanesi. Ne abbiamo visti partire tre e dopo poche ore abbiamo appreso la notizia che un villaggio a circa 15 km dalla città, era stato distrutto. A 50 metri dagli aerei c’erano camionette e mezzi dell’AMIS, la Missione dell’Unione Africana in Sudan. Ma non facevano niente. Se in Darfur non interviene l’ONU in maniera massiccia, lo sterminio continuerà.

 

D. – Le dure accuse dell'ONU a Khartoum  a quali effetti possono portare?

 

R. – La speranza è che la comunità europea insista e spinga affinché la comunità internazionale intervenga. A questo punto però ci vuole veramente una forza di interposizione, non soltanto composta da osservatori. E’ indispensabile una forza che faccia smettere queste incursioni aeree. E’ chiaro che è il governo ad armare. Noi abbiamo visto i militari mettere le bombe sotto le ali di questi Mig. Sono soldati sudanesi. I nostri confratelli poi hanno addirittura detto che non c’è molta differenza tra militari e Janjaweed.

 

D. – Quali interessi accomunerebbero i militari sudanesi e i Janjaweed?

 

R. – Il governo sudanese rischia di perdere il sud Sudan. Probabilmente il referendum porterà alla suddivisione dello Stato. Quindi, ci sarà un Sudan meridionale indipendente. La paura di Khartoum è che anche il Darfur possa chiedere l’indipendenza. La gente del Darfur, del resto, mira ad essere indipendente. C’è la certezza poi che nel territorio ci sia petrolio, uranio. Quindi, Khartoum non può permettersi di perdere anche il Darfur, che è una regione estesissima, grande come la Francia. Il modo migliore per non perderlo è tormentare la popolazione, farla fuggire, farla scappare e poi portarci delle popolazioni arabe; in questo modo, in un eventuale referendum, vincerebbe il sì per rimanere uniti a Khartoum.

 

D. – E per quanto riguarda le vittime di questi abusi sistematici, sappiamo che sono soprattutto di fede animista, ma anche cristiana…

 

R. – In Darfur ci saranno almeno 90 mila cristiani. Di questi 90 mila, 30-40 mila sono arrivati dal sud quando c’era la guerra. E questi cristiani, in Darfur, sono sempre stati perseguitati, anche se le poche missioni cattoliche sono abbastanza libere di aiutare la gente, di portare aiuto. Fanno quello che possono, perché è difficile muoversi in Darfur.

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Ancora polemiche in Italia per la questione dei DICO:

si moltiplicano gli attacchi alla Chiesa

 

Continua la polemica politica sul disegno di legge sui DICO, ovvero le unioni civili, al vaglio del Senato. Ieri il neopresidente della Conferenza episcoplae italiana mons. Angelo Bagnasco ha ribadito che non  c’è condanna per le convivenze, ma è inaccettabile creare un nuovo soggetto di diritto pubblico che si veda assegnati diritti e tutele in analogia alla famiglia. Intanto proseguono le proteste per la manifestazione a sostegno dei DICO organizzata sabato a Roma: diversi esponenti politici hanno parlato di iniziativa che si è trasformata in un attacco alla Chiesa cattolica. Debora Donnini ha raccolto il commento di Marco Tarquinio editorialista di Avvenire:

 

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R. - Purtroppo siamo entrati in una spirale di questo tipo: ci sono dei gruppi organizzati che si stanno impegnando strenuamente per ottenere una legislazione che consenta un risultato di valore simbolico per i portabandiera delle unioni tra persone che sono radicalmente diverse dal matrimonio tra un uomo ed una donna cioè unioni di persone dello stesso sesso, e che hanno scelto come bersaglio polemico la Chiesa cattolica, in quanto il mondo cattolico italiano, sulla scorta del magistero di Papa Benedetto, sta ricordando a tutti una verità elementare: che la cellula fondamentale della società è la famiglia, che questo è il lascito che abbiamo nella legge naturale che è scritta nel cuore di ogni cittadino, e questo è scritto nella nostra Costituzione repubblicana. Evidentemente ci sono gruppi che non accettano che si ricordi questa verità elementare, sono gruppi che ritengono, per questo motivo, di fare della Chiesa e della sua voce, un obiettivo da attaccare in una maniera che sta diventando ogni giorno, per certi versi più increscioso e più grave per toni e modalità.

 

D. – Potremmo dire che in nome della tolleranza si chiede che altri “tacciano”...

 

R. – Nel nome di un principio di tolleranza, mi sembra che si stia praticando di fatto un’intolleranza che è sempre più pericolosa. L’aspetto che, a mio avviso, rappresenta un ulteriore elemento di rischio, è il fatto che uomini politici di primo piano si mettano, in qualche modo, alla testa di un movimento di questo tipo. E’ un segnale davvero preoccupante e ambiguo, è un fatto che questa situazione incresciosa ha indotto lo stesso presidente del Consiglio, Romano Prodi, a manifestare la sua perplessità per la scelta di alcuni colleghi di governo. Questo la dice lunga sulle tensioni che si stanno scatenando in modo del tutto gratuito e volgare.

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Stamani a Loreto, la cerimonia di consegna all'Esercito Italiano

della  Croce di legno  che ricorda i caduti di Nassirya

 

E’ stata consegnata questa mattina con una cerimonia che si e' svolta nella Basilica della Santa Casa di Loreto, la croce di legno che ricorda i caduti italiani a Nassiriya, in Iraq. La croce e' stata consegnata dai rappresentanti del Corpo militare della Croce Rossa Italiana all'Esercito. Alta tre metri, era situata all'ingresso della tenda usata come cappella nella base di White Horse di Nassiriya, dove erano attivi i militari italiani dell'operazione Antica Babilonia. Ma cosa significa questa consegna per Loreto? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto all'arcivescovo prelato di Loreto Gianni Danzi:

 

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R. – Credo che l’iniziativa segni una continuità di Loreto a Nassirya, perché nel novembre 2004 la Croce Rossa militare ha portato a Nassirya una statua della Madonna di Loreto, che come tutti sappiamo è proprio la protettrice dell’Aviazione. Loreto, quindi, in qualche modo con la sua Madonna, era particolarmente presente tra i soldati che hanno operato a Nassirya.

 

D. – Mons. Danzi, quando è stata smobilitata la presenza militare a Nassirya è stata ritrovata la croce che viene oggi consegnata...

 

R. – Alcuni militari appartenenti alla Croce Rossa hanno trovato questa croce, che indicava la Tenda Cappella, su un muro di legno pronta ad essere bruciata. L’hanno recuperata e riportata in patria, come presente ricordo delle persone che lì hanno operato e che lì sono morte.

 

D. – Questa Croce può essere, in un certo qual modo in questa consegna, vista come una speranza di pace?

 

R. – Certamente sì. La Croce come tale è sempre un segno di pace e un segno di riconoscenza di Colui che per noi ha accettato la morte, per dare la vita e un significato profondo al nostro vivere. Questo è quello che ha sempre rappresentato la Croce da quando Cristo sulla Croce  è salito.

 

D. – Qual è il suo auspicio per quanto riguarda la situazione in Iraq?

 

R. – Che la pace di cui la Croce è segno divenga esperienza per tutti i popoli e soprattutto per tutte quelle situazioni nelle quali ancora la guerra ha spazio.

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Da questa sera alle 21.00, tornano alla Chiesa romana

 di Santa Maria della Vittoria i ritratti di Santi:

 saranno ricordati Santa Faustina Kowalska,

 San Filippo Neri e Annalena Tonelli

 

Tornano a Roma I Ritratti di Santi. Una serie di incontri organizzati dal MEC, il Movimento Ecclesiale Carmelitano e dedicati alla lettura della vita dei Santi. Quest’anno saranno ricordate le figure di Faustina Kowalska, Filippo Neri e infine Annalena Tonelli, la missionaria laica uccisa in Somalia nel 2003. Le letture saranno affidate alla voce degli attori Giulio Base, Vincenzo Bocciarelli e Cristina Faessler e si svolgeranno per tre lunedì consecutivi, a partire da questa sera alle 21.OO nella Chiesa romana di Santa Maria della Vittoria. Il servizio è di Paolo Ondarza:

 

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“I Santi traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo. Sono i nostri maestri di umanità che non ci abbandonano nemmeno nel dolore e nella solitudine”. Scriveva così nel 1990 il cardinale Ratzinger e ispirati da queste parole alcuni esponenti del Movimento Ecclesiale Carmelitano organizzano per il secondo anno consecutivo la serie di incontri “Ritratti di Santi”. Le vite di Faustina Kowalska, Filippo Neri e Annalisa Tonelli raccontate dal teologo Antonio Maria Sicari come spunto di riflessione per il percorso quaresimale. Tra gli attori coinvolti nel progetto, Giulio Base:

 

R. - Mi tocca sempre, quando ci si avvicina a figure di questo tipo. Dietro ogni Santo ci sono sempre delle storie bellissime.

 

D. – Quanto è importante la fede nella professione che svolge?

 

R. – Per me è fondamentale. Non nego che questo non mi aiuti, purtroppo. Talvolta, fa sì che io venga additato come bigotto, come conservatore, ma “francamente me ne infischio” diceva un film famoso e mantengo fede alla mia fede, quella con la effe maiuscola. Ricordo che ho curato la regia di Padre Pio, con Michele Placido, di San Pietro, di Maria Goretti e la grande soddisfazione è che spesso, dopo che questi film vanno in onda, vengo inondato di e-mail di persone che ringraziano e dicono di essersi riavvicinate alla fede, o dalle bellissime parole del cardinale Ruini, che dopo la proiezione a San Pietro disse che anche quello era uno strumento di evangelizzazione. Queste sono grandi soddisfazioni. Ringrazio il Signore di darmi la grazia di poter avere sempre questo fuoco.

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Presentati a Milano tre volumi che ripercorrono

 il rapporto centenario tra cinema e cultura cattolica in Italia

 

Sono stati presentati in questi giorni, presso lo Spazio Cinema Anteo di Milano, i tre volumi “Attraverso lo schermo. Cinema e cultura cattolica in Italia” editi dall’Ente dello Spettacolo a cura di Ruggero Eugeni e mons. Dario Edoardo Viganò. Per la prima volta la complessa vicenda del rapporto tra la Chiesa e il cinema in Italia è stata studiata, esplorata e ricostruita in una prospettiva articolata attraverso l’apporto di docenti universitari, studiosi, critici ed esperti di cinema. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Non è facile leggere i rapporti tra la Chiesa e il cinema nel corso degli oltre cento anni di esistenza della settima arte: il panorama è, infatti, di grande vastità e complessità. Ma un percorso originale, anche nella scelta dell’impostazione, lo propone l’opera in tre volumi “Attraverso lo schermo. Cinema e cultura cattolica in Italia”, curata da Ruggero Eugeni e Dario Edoardo Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo. L’impianto è solido e rigorso e l’idea che se ne ricava è quella di uno strumento utile per interpretare e dissipare da luoghi comuni i rapporti passati e attuali tra Chiesa e cinema, quest’ultimo definito “la nuova stella polare dell’universo comunicativo dell’età contemporanea”. Infatti, i curatori hanno voluto ricostruire la complessa, articolata e spesso travagliata vicenda del rapporto tra Chiesa e cinema in Italia partendo dalla congiunzione, proprio per la natura stessa del cinema e delle dinamiche che sempre innesca, tra storia del cinema e storia della cultura. Abbiamo chiesto ad uno dei curatori, Ruggero Eugeni, i motivi di questa scelta metodologica e contenutistica:

 

“Il motivo è quello di fare una storia del cinema metodologicamente aggiornata, ovvero aggiornata ai moderni criteri di storia della Chiesa e del cinema che considerano il cinema ormai come profondamente incorporato, innestato nella vita culturale, dove naturalmente per vita culturale non si intende solo la cultura 'alta', la cultura in senso umanistico, ma tutto quell’insieme, tutto quel tessuto di valori, di credenze e anche di immagini e di immaginario che costituiscono proprio quell’humus antropologico entro cui si definiscono poi le progettualità dei singoli e di un intero popolo”.

 

Mons. Dario Edoardo Viganò, l’impressione finale è quella di una molteplice volontà di contribuire, attraverso lo schermo, a una maturazione morale e civile della società italiana e della sua cultura. In quale senso?

 

“Il fatto che il contributo, seppur variegato, che va appunto dalla saggistica alle riviste e ai festival, ai concorsi, ai cineforum eccetera, tutti questi interventi così differenziati nel mondo cattolico, contribuiscono di fatto alla creazione della storia culturale dell’Italia tutta. Quindi, io credo che questi volumi restituiscano l’impressione, appunto, che ci sia un tessuto sociale entro cui è molto più forte la vicinanza tra il mondo cattolico e quel mondo cosiddetto 'laico', dove invece quando poi si pensano secondo categorie, peraltro oltremodo trapassate, appunto queste fazioni, quasi che l’una con l’altra non vivesse in piena osmosi …”.

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

Chiesa e Società

 

 

Messaggio dei vescovi del Katanga,

nella Repubblica Democratica del Congo:

 "Affrontare le sfide della nostra provincia:

 sicurezza e sviluppo economico nel rispetto dell’ambiente”

 

“Dopo gli anni dolorosi di guerra, di sofferenze e d’instabilità politica, il nostro Paese è arrivato infine a dotarsi di istituzioni democratiche. Il tempo della speranza è d’ora in poi di fronte a noi:”: è quanto scrivono i vescovi della provincia di Lubumbashi, nel Katanga, nel sud della Repubblica Democratica del Congo, in un messaggio intitolato “Che la nostra speranza non sia mai delusa”. Riferendosi al recente processo elettorale che ha portato alla nascita della terza Repubblica congolese, i presuli spiegano che “attraverso le elezioni, il nostro popolo ha potuto dimostrare le sue capacità di superare le pressioni politiche ed etniche e, dunque, la sua idoneità a partecipare attivamente alla costruzione dello Stato di diritto”. Tuttavia – continua il messaggio, citato dall’agenzia Fides – “la persistenza di pratiche della seconda Repubblica così denigrate, lo scarto tra le promesse elettorali e le azioni, così come l’inerzia nel trovare soluzioni ai problemi urgenti, ci fanno ritenere che se non si interviene, si rischia di ricadere nelle trappole del passato, ipotecando l’avvenire della democrazia nel nostro Paese”. Per quel che concerne la situazione della loro regione, i presuli rilevano diversi problemi che vanno affrontati con urgenza. Sul piano della sicurezza, di fronte alla presenza di gruppi armati che imperversano ancora nel Katanga, i vescovi chiedono “alle autorità del Paese di assumersi le loro responsabilità, fornendo sicurezza alla popolazione su scala nazionale”. Altro punto fondamentale è lo sviluppo economico: il Katanga è un’importante regione mineraria “che ha visto negli ultimi tempi un flusso di investimenti stranieri”. Nel messaggio, si denuncia il trattamento ingiusto riservato ai lavoratori locali: trasferimenti forzati di manodopera per impiegarla in miniere lontane dai luoghi di residenza; paghe misere; disprezzo della dignità umana dei lavoratori e delle leggi sui loro diritti. Si denunciano, infine, anche i danni ecologici provocati da uno sfruttamento intensivo delle risorse minerarie locali. (R.M.)

 

 

 

Al via a Beirut l’Assemblea straordinaria

dei Patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano

 

“Finché i responsabili non cercheranno, in totale disinteresse, l’interesse di tutti i cittadini, senza eccezioni, i nostri problemi non saranno risolti e la nostra speranza di vedere il Paese uscire dalla crisi resterà lontana”: è quanto ha affermato il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, alla vigilia dell’odierna Assemblea straordinaria dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano. L’incontro coincide con l’arrivo, nel Paese dei Cedri, del responsabile della Politica Estera della UE, Javier Solana, che si recherà anche a Riyadh e Damasco, mentre il presidente del Parlamento, Nabih Berri, e il leader dell’opposizione, Saad Hariri, affermano ottimismo, preannunciando un prossimo terzo incontro bilaterale. “E’ possibile trovare una soluzione ai problemi – ha spiegato il Patriarca Sfeir, citato da AsiaNews – solo se il dibattito si fonda sul bene di tutta la nazione e di tutti i suoi figli. Ciò presuppone di mettere da parte tutti gli interessi privati, tutti gli obiettivi personali e tutti i fini a carattere unicamente settario”. Mons. Béchara Raï, vescovo di Jbeil dei Maroniti, ha definito la convocazione dell’Assemblea in questo periodo come una “espressione di solidarietà della Chiesa cattolica in Libano verso tutti i cittadini” e “una nuova iniziativa per trovare un punto comune fra tutti le parti”. (R.M.)

 

 

L’estrazione degli ovuli mette in pericolo la salute e la sicurezza

delle donne: così, l’ufficio dei vescovi statunitensi per le attività pro-vita

 

Estrarre ovuli dal corpo di una donna è una minaccia alla sua salute e alla sua sicurezza: è quanto ha affermato Deirdre McQuade, direttore della pianificazione e dell’informazione del Segretariato per le Attività Pro-Vita dei vescovi statunitensi, citato dall’agenzia Zenit. In una dichiarazione sugli esiti di una riunione sui rischi dell’estrazione di ovuli, intitolata “Commercio sul corpo femminile”, McQuade ha dichiarato: “Questa preoccupazione è opportuna alla luce dei rinnovati sforzi del Congresso per finanziare la ricerca sulle cellule staminali, che distrugge gli embrioni nel nome della ricerca di cure”. Se “la cura di una malattia dovesse mai uscir fuori da questo approccio” – ha aggiunto – porterebbe a “creare un elevato numero di embrioni (con FIV o clonazione) solo per la ricerca medica”. “Ciò significa trattare un gran numero di donne come produttrici di ovuli, con grande rischio per la loro salute e la loro sicurezza”, ha precisato McQuade. “Inoltre le donne povere – ha aggiunto – sarebbero particolarmente vulnerabili allo sfruttamento”. (R.M.)

 

 

In India, migliaia di donne muoiono ogni anno durante il parto

 per la mancanza di un’adeguata assistenza sanitaria

 

Ogni anno, in India, migliaia di donne muoiono per problemi sanitari durante il parto. Secondo quanto comunicato dal ministero degli Interni, nel solo 2003 sono morte di parto 300 donne ogni 100 mila nascite. Il perdurare del dato e l’aumento della mortalità in alcune zone dimostrano che il governo non ha raggiunto l’obiettivo, assunto all’inizio del millennio, di giungere entro il 2007 a meno di 100 morti per 100 mila nascite. La situazione peggiore rimane nell’Uttar Pradesh, con 517 morti. Seguono l’Assam con 490 morti, il Rajasthan con 445 e il Madhya Pradesh con 379. Ma c’è stato un peggioramento anche in Stati dove la mortalità è inferiore, come il Tamil Nadu (134), il Maharashtra (149) e il Gujarat (172). Un terzo delle vittime hanno tra i 20 ei 24 anni. Il 38% delle morti avvengono per emorragia, l’11% per cause infettive e l’8% per aborto. Secondo fonti del ministero della Sanità e il Benessere della famiglia – riferisce Asia News – il governo indiano ha lanciato una campagna per tutelare la salute delle donne, specie nelle zone rurali, e conta di ridurre la mortalità a meno di 100 su 100 mila nascite entro il 2012. Wilma Carvalho, medico dell’ospedale S. Ignatius di Honavar, ha spiegato che le banche del sangue sono insufficienti, così come scarseggiano anche i donatori. Inoltre, nelle zone rurali, spesso le donne non sono attente durante il decorso post natale e le pratiche superstiziose spesso prendono il posto delle cure mediche. (E.L.)

 

 

Europa: il Parlamento di Strasburgo

commemora le vittime del terrorismo

 

Si apre oggi pomeriggio, con la commemorazione delle vittime del terrorismo, la sessione plenaria di marzo dell’Europarlamento. “A seguito degli attentati di Madrid dell’11 marzo 2004 – spiega una nota stampa, citata dall’agenzia SIR – il Parlamento ha deciso di commemorare ogni anno le vittime del terrorismo”. Circa 500 alunni provenienti da varie scuole europee “saranno invitati a redigere delle dichiarazioni che verranno poi lette in aula durante una cerimonia solenne”. I lavori dell’Assemblea proseguiranno fino a giovedì 15, affrontando vari argomenti, fra cui la “strategia politica a favore dei consumatori per il periodo 2007-2013”; la situazione delle strutture di assistenza all’infanzia; l’assistenza sanitaria transfrontaliera. Nella giornata di domani le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione “apriranno un dibattito in merito ai risultati del Vertice di Bruxelles dell’8 e del 9 marzo”. Al centro dell’attenzione, le misure per fronteggiare i cambiamenti climatici; gli sviluppi della Strategia di Lisbona; le relazioni transatlantiche in vista del summit UE-USA di fine aprile. Il 14 marzo, invece, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, presidente di turno dell’UE, è attesa per un dibattito “sui contenuti della dichiarazione che sarà adottata a Berlino nell’ambito delle celebrazioni del 50.mo anniversario della firma dei Trattati di Roma” istitutivi della Comunità.

 

 

Ecumenismo: centinaia di giovani di diverse confessioni

 si riuniranno a Milano per “Osare la pace per fede”

 

Centinaia di giovani di diverse confessioni cristiane si ritroveranno insieme a Milano, il 14 e il 15 aprile, per “Osare la pace per fede”. L’incontro – riferisce l’agenzia Sir – in vista della III Assemblea ecumenica di settembre a Sibiu, in Romania, è promosso da numerose associazioni e Chiese, tra cui il Segretariato Attività Ecumeniche (SAE), Pax Christi, Azione Cattolica Italiana (AC), la Federazione Giovanile Evangelica Italiana (FGEI), le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI). Al primo incontro, che si svolse nel 2005 a Firenze, parteciparono circa 400 giovani. Quest’anno se ne prevedono ancora di più. 40 gruppi di lavoro discuteranno di ecumenismo, giustizia, pace e salvaguardia del creato. Interverranno anche il vescovo Siluan Span, della Chiesa ortodossa romena, Andrea Olivero, delle ACLI, e Donatella Ristagno, della Chiesa Valdese. Si svolgerà inoltre una celebrazione liturgica, una cena etnica e un momento di preghiera conclusivo. I giovani pernotteranno in famiglie. “Una rete di giovani che si organizza da sola è un segno profetico – ha spiegato don Fabio Corazzina, coordinatore di Pax Christi Italia – e dà leggerezza al cammino della Chiesa su questi temi”. (E.L.)

 

 

Gli studenti delle Università cattoliche dei Grandi Laghi

si riuniranno ad aprile a Kinshasa per partecipare

ad un forum sulla situazione nella regione

 

Impegnare i giovani della regione dei Grandi Laghi nella ricerca di soluzioni per il perdono e la riconciliazione. E’ l’obiettivo del forum, rivolto a giovani di Università cattoliche della regione africana, che si terrà dal 15 al 25 aprile a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. Da questa iniziativa – ha riferito all’Agenzia congolese DIA il segretario della Commissione episcopale per l’apostolato dei laici, don Ambroise Mutshembe -  “ci attendiamo l’avvio di scambi tra studenti di diversi Paesi e la creazione di una rete per la promozione della pace”. I partecipanti al convegno prenderanno anche parte, il 18 aprile, ad una marcia della pace. L’iniziativa – ha precisato don Mutshembe – rientra negli sforzi intrapresi dalle Conferenze episcopali della regione per consolidare la pace nei Grandi Laghi. Da anni, la regione è caratterizzata da guerre e instabilità. Negli ultimi anni sono comunque stati avviati processi di pace in Burundi e nella Repubblica Democratica del Congo. Ma il processo per il consolidamento della pace non è ancora concluso, come dimostrano recenti scontri nel nord Kivu, costati la vita a 5 soldati congolesi e a 38 miliziani rwandesi.

 

 

Suora italiana muore in incidente stradale nella Repubblica Centrafricana. Appelli per il rientro in patria della salma

 

È morta sabato in un incidente stradale a una sessantina di chilometri da Bangui, nella Repubblica Centrafricana, suor Ilaria Meoli, 37 anni, medico specializzato in malattie infettive, appena rientrata dall’Italia in Centrafrica per raggiunge l’ospedale di Bossemptelé, che avrebbe dovuto dirigere. “Il problema è ora il suo rientro in Italia, oltre alle condizioni di conservazione della salma, portata in un ospedale di Bangui dove non esistono celle frigorifere”, ha detto alla MISNA la dottoressa Laura Capantini, del Comitato di ‘Noi per l’Africa’, onlus con sede a Pisa, responsabile della costruzione dell’ospedale di Bossemptelé di cui suor Meoli, appartenente alla Congregazione delle Suore Carmelitane di Santa Teresa di Torino, era stata designata direttrice sanitaria. “Il primo volo disponibile dalla Repubblica Centrafricana è sabato prossimo – ha aggiunto – stiamo cercando disperatamente una bara di zinco e un aereo che ci consenta di rimpatriarla non appena possibile”. Capantini ha spiegato che suor Meoli “avrebbe diretto un progetto importante sul piano della ricerca e della terapia delle malattie infettive, sostenuto con determinazione e passione dal comune di Pontedera, in un Paese del tutto carente di infrastrutture”. “Era la prima suora specializzata in questo settore laureata a Torino – ha concluso – ora chiediamo aiuto per risolvere una situazione molto dolorosa, viste le difficoltà che stiamo incontrando per riportarla a casa”. (R.M.)

 

 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

24 Ore nel Mondo

- A cura di Fausta Speranza –

 

- La Conferenza internazionale di pace di Baghdad di sabato, definita con soddisfazione dal governo iracheno “un grande successo'', è stata seguita ieri da una serie di attentati che, come ogni giorno, hanno causato decine di vittime, soprattutto tra i fedeli sciiti di ritorno dal pellegrinaggio a Kerbala. Un marine statunitense ha perso la vita in combattimento, portando a cinque il totale dei militari USA morti ieri in Iraq. Oggi un gruppo islamico  iracheno ha mostrato un video su internet in cui si vedono la  donna tedesca di 60 e suo figlio di 20 rapiti lo scorso 6  febbraio a Baghdad e nel quale si minaccia la loro uccisione se entro 10 giorni la Germania non ritirerà i suoi militari dall'Afghanistan. Intanto la diaspora irachena sta raggiungendo cifre epocali. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati entro il 2007 le persone in fuga dall’Iraq supereranno i due milioni. Ad oggi tra i Paesi confinanti che ospitano il maggior numero di esuli iracheni ci sono la Giordania e la Siria. E’ proprio al confine con quest’ultimo Paese che si sta creando la situazione più difficile con un afflusso di oltre duemila persone alla settimana che si ammassano nel campo profughi di Al Tanf. Stefano Leszczynski ha intervistato Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati in Italia:

 

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R. – Siamo ormai arrivati ad oltre un milione di rifugiati iracheni che si sono riversati, per l’appunto, in Siria. Nella regione si conta che ce ne siano almeno 2 milioni, quindi nei Paesi confinanti. La Siria è un Paese che ha limitate risorse e quindi comincia oggi ad avere dei seri problemi a far fronte a questo numero così rilevante di rifugiati. Si tratta, però, di una emergenza che è stata quanto meno trascurata dalla comunità internazionale.

 

D. – Anche in Iraq, al confine con la Siria, la situazione non è facile e spesso i profughi non riescono ad uscire dall’Iraq...

 

R. – La minoranza palestinese che vive in Iraq, si è molto ridotta: da circa 30 mila persone, si conta e si stima oggi che ce siano 15 mila e queste persone sono oggetto di violenza sistematica da parte delle milizie armate. Una parte di loro, circa 300, sono bloccati nella terra di nessuno, tra la Siria e l’Iraq, e la Siria non intende far passare queste persone. A questo punto la Siria dice che anche altri Paesi devono farsi avanti e specialmente i Paesi arabi confinanti.

 

D. – Si stimano circa due milioni di persone come profughi interni all’Iraq. Una situazione, questa, che sembra peggiorare di mese in mese?

 

R. – Se consideriamo i numeri, possiamo dire che oggi un iracheno su otto è stato costretto ad abbandonare le proprie case; una parte di questi iracheni sono all’interno dello stesso Paese, ma in altre città ed in altri villaggi rispetto a quelli originari; un’altra parte, altri due milioni, sono invece fuori del Paese. Qui si parla di uno spostamento di popolazione di circa 40-50 mila persone al mese che lasciano l’Iraq per trovare rifugio nei Paesi confinanti. Una situazione, quindi, che impone veramente la massima attenzione. Ci auguriamo che alla Conferenza del 17 e del 18 aprile a Ginevra, cui sono state invitate le autorità irachene, quelle dei Paesi confinanti ed anche le istituzioni interregionali come la Lega Araba ed i Paesi donatori, si arrivi ad una suddivisione dell’onere rispetto alla situazione umanitaria, proprio perché noi consideriamo che non sia sostenibile per Siria e Giordania, da sole, senza aiuti, continuare a far fronte a questa situazione.

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- E di Iraq è tornato a parlare Hans Blix, ex ispettore dell’Onu nel Paese. Blix  accusa gli USA di aver condotto una ''caccia alle streghe'' prima della guerra in Iraq, una guerra ''chiaramente illegale''. Blix ha fatto queste dichiarazioni a Sky Tv britannica, nell'ambito del programma 'Inside Iraq', affermando inoltre che ''gli Stati Uniti non possono riuscire'' a normalizzare l'Iraq.  Per Blix, se agli ispettori ONU fosse stato consentito di proseguire il loro lavoro, la guerra si sarebbe potuta evitare: ''Se avessimo avuto altri due mesi, noi avremmo potuto controllare tutti i siti considerati sospetti dall'intelligence. E dal momento che non c'erano armi di distruzione di massa avremmo risposto: non ci sono armi nei luoghi che ci avete segnalato''. Per l'ex ministro svedese la speranza è che agli iracheni possa essere dato il potere di cambiare le sorti del proprio Paese.

 

- Contiene ''elementi positivi'' l'iniziativa di pace presentata dall'Arabia Saudita a Beirut nel 2002 e tuttora oggetto di consultazioni fra diversi Paesi arabi. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri di Israele, Livni, facendo eco ad analoghe dichiarazioni rilasciate ieri dal premier, Ehud Olmert, poco prima del vertice con il presidente palestinese, Abu Mazen (Mahmud Abbas). La proposta saudita prevede la normalizzazione delle relazioni fra Israele e il mondo arabo una volta che lo Stato ebraico abbia completato il ritiro dai Territori occupati (Gerusalemme est inclusa), smantellato gli insediamenti, riconosciuto lo Stato palestinese e trovata una soluzione della questione dei profughi sulla base della risoluzione 194 delle Nazioni Unite.

 

- Un ufficiale della sicurezza palestinese, Jamil Zenati, è stato sequestrato la scorsa notte assieme alla sua guardia del corpo nella zona di Jabalya, a Gaza, da un gruppo di miliziani. Lo affermano fonti della sicurezza, secondo cui i rapitori potrebbero essere membri di Hamas.  Una fonte di Hamas ha replicato che l'automobile di Zenati è stata effettivamente distrutta da un incendio doloso, di origine ignota. Ma non risulta, secondo la fonte, che l'uomo sia stato rapito.  Questo episodio segue di due giorni l'uccisione nel nord della striscia di Gaza di un miliziano di Hamas. I dirigenti politici di Hamas e di al Fatah hanno compiuto ieri ampi sforzi per evitare che la situazione sfugga di controllo, mentre sembra essere ormai questione di giorni la presentazione del governo di unità nazionale guidato da Ismail Haniyeh (Hamas).

 

- L'Alto rappresentante dell'Unione  Europea per la politica estera e di sicurezza, Javier Solana, è giunto oggi a Beirut, prima tappa di una missione che  proseguirà in Arabia Saudita e in Siria.  A Beirut, Solana avrà colloqui con il premier Fuad Siniora e  con il presidente del Parlamento, Nabih Berri, uno dei leader dell'opposizione guidata dal movimento sciita Hezbollah, appoggiato da Siria e Iran e che vuole rovesciare il governo, che gode del sostegno di Stati Uniti, UE e Arabia Saudita. Dopo la breve permanenza a Beirut, dove terrà una conferenza stampa nel pomeriggio, Solana si trasferirà a Riad, dove domani  avrà colloqui con il re saudita Abdallah, il ministro degli  Esteri Saud al-Faisal e il segretario generale del Consiglio nazionale di sicurezza Bandar bin Sultan. Da Riad, l'Alto rappresentante UE raggiungerà, quindi, Damasco, dove incontrerà mercoledì il presidente siriano Bashar al-Assad. Scopo della missione di Solana, secondo la stampa libanese, sarebbe quello di ottenere che la Siria svolga un ruolo ''costruttivo'' per risolvere la crisi politica che paralizza il vicino Libano da ormai quattro mesi.

 

- Secondo un capo tribale  afghano, le forze occidentali avrebbero ucciso cinque civili, durante un attacco aereo nella provincia meridionale di Helmand. Meera Jan, il capo tribale, ha detto che nel raid sarebbero state colpite delle case e, oltre ai cinque morti, quattro persone sarebbero rimaste ferite. Una portavoce delle truppe NATO in Afghanistan ha confermato  che domenica sera è avvenuto un attacco aereo nel distretto di  Gereshk, ma ha negato la partecipazione delle forze NATO.  Un portavoce delle truppe americane ha detto invece di non  avere alcuna informazione circa un eventuale attacco aereo.

 

- Il presidente francese Jacques Chirac ha annunciato che non si ripresenterà candidato alle prossime elezioni presidenziali del 22 aprile. L'annuncio è stato fatto ieri sera durante un messaggio televisivo alla nazione. Chirac, che ha 74 anni, è stato eletto capo dello Stato  nel 1995 e rieletto nel 2002. ''Vi servirò in un altro modo'', ha detto Chirac ed anche questa sua intenzione era stata anticipata, in qualche modo, alcune settimane fa. Meno prevista era invece l'emozione che ha avvolto l'intervento che ha raccolto una serie di messaggi sui valori democratici, il ruolo e la responsabilità della Francia, la costruzione dell'Europa e la rivoluzione ecologica. Chirac ha chiamato a combattere l'estremismo, il razzismo, l'antisemitismo, con un appello al ruolo della Francia nel mondo: ''Di fronte al rischio di uno scontro delle civiltà, di fronte alla crescita degli estremismi in particolare religiosi, la Francia - ha affermato - deve difendere la tolleranza, il dialogo e il rispetto fra gli uomini e le culture''. Chirac, dopo 40 anni di vita politica, 12 dei quali passati all' Eliseo, è intenzionato a lavorare fino all'ultimo giorno del suo mandato, che scade il 16 maggio. Sul piano europeo, dopo dodici anni di vertici UE, Jacques Chirac ha ricordato ''la fantastica avventura'' europea ma ha usato toni di rammarico:  ''Forse – ha ammesso  per la prima volta parlando del referendum che in Francia ha bocciato la Costituzione UE - non ho fatto abbastanza per evitare qualcosa di negativo per l'Europa e per la Francia''.

 

- Durante la notte scorsa, a Mogadiscio, in Somalia, un altro agguato contro un accampamento di truppe etiopiche, ed ancora una volta a morire sono i civili. La vittima, secondo le testimonianze, sarebbe un ragazzino di appena 14 anni, mentre altre tre o quattro persone sarebbero rimaste ferite, almeno una in modo grave. E’ uno scenario che si ripete ormai con sempre maggiore frequenza a Mogadiscio, dove dall'inizio di febbraio si contano almeno una sessantina di morti, oltre a 150 feriti, e da dove migliaia di persone – secondo l’ONU 15.000 - sono fuggite. L'arrivo dei primi contigenti delle truppe di pace africane, nei giorni scorsi, non ha cambiato la situazione. Così come avevano chiesto i leader islamici integralisti, anche i peacekeeper sono stati fatti oggetto di agguati.

 

- L'Etiopia ha fatto  sapere oggi di essere in contatto con il gruppo armato che ha sequestrato i cinque cittadini europei nel deserto dell'Afar,  oltre una settimana fa, e ha escluso un'operazione militare per liberarli. ''I responsabili del sequestro sono stati raggiunti  attraverso diversi canali e noi speriamo che gli ostaggi siano  liberati sani e salvi e senza uso di armi'', ha detto il ministro  degli Esteri, Seyoum Mesfin.

 

- La partecipazione alle elezioni presidenziali svoltesi ieri in Mauritania, ultima tappa del processo di passaggio dei poteri ai civili, è stata superiore al 60%. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno, Mohamed Ahmed Ould Lemine, definendole "le prime, storiche elezioni presidenziali veramente democratiche''. La partecipazione alle elezioni legislative del novembre-dicembre scorso era stata del 69%. Gli elettori erano chiamati a scegliere tra 19 candidati colui che succederà al colonnello Ely Ould Mohamed Vall, capo della giunta militare che, conformemente agli impegni assunti, non si è presentato.

 

- Progressi nei colloqui tra la guerriglia islamica e il governo delle Filippine. ''Può esserci un importante passo in avanti''  ha detto il capo del Fronte Moro di Liberazione Islamica (FMLI)  ai giornalisti nel suo accampamento nella giungla di Mindanao nelle Filippine del sud.  ''Apprezziamo questo sviluppo e riteniamo che è un  avanzamento nella ricerca di pace in Mindanao'', ha affermato. I colloqui tra il FMLI ed il governo si sono arrestati da  settembre, ma ci sono stati contatti informali.