RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 67 - Testo della trasmissione di giovedì
8 marzo 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sei Nazioni della regione Asia-Pacifico,
alleate per favorire il dialogo interreligioso
Il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite propone “quote rosa” per le missioni
di peacekeeping
In
Italia, mentre sale l’apprensione per il giornalista rapito, la Camera conferma
la missione in Afghanistan. Il voto passa ora al Senato
Radiogiornale
I fedeli sostengano in spirito e carità concreta l’opera
della Chiesa: l’esortazione del Papa nell’udienza
al Circolo San Pietro
Ogni
fedele è chiamato a sostenere anche materialmente l’opera
dell’evangeliz-zazione: è il richiamo di Benedetto XVI, che stamani ha ricevuto
in Vaticano i soci del Circolo San Pietro per la consegna dell’Obolo di San
Pietro. La delegazione è stata guidata dal presidente, Don Leopoldo dei Duchi
Torlonia. Nel suo discorso, il Papa ha messo l’accento sull’importanza della
carità verso i più bisognosi, soprattutto nel tempo quaresimale. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
**********
Nel
tempo di Quaresima siamo chiamati ad unire, alla preghiera e al digiuno,
l’attenzione per i fratelli, “specialmente per coloro che si trovano in
difficoltà, venendo in loro soccorso con gesti ed opere di sostegno materiale e
spirituale”. E’ quanto sottolineato da Benedetto XVI che ha voluto ribadire
l’importanza di un’iniziativa secolare come l’Obolo di San Pietro:
“L’antica
pratica dell’Obolo di San Pietro, in un certo modo già in vigore nelle prime
comunità cristiane, scaturisce dalla consapevolezza che ogni fedele è chiamato
a sostenere anche materialmente l’opera dell’evangelizzazione e, al tempo
stesso, a soccorrere con generosità i poveri ed i bisognosi, memori delle
parole di Gesù: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Sviluppatasi
con il passare dei secoli, ha proseguito il Papa, questa prassi ecclesiale si è
adattata alle diverse esigenze dei tempi. Nella storia della Chiesa, ha detto
ancora, “ci sono stati momenti nei quali il sostegno economico dei cristiani al
Successore di Pietro è risultato particolarmente significativo” come ai tempi
del Beato Pio IX:
"Anche
in questo nostro tempo la Chiesa continua a diffondere il Vangelo e a cooperare
alla costruzione di una umanità più fraterna e
solidale. E proprio grazie anche all’Obolo di San Pietro è possibile portare a
compimento questa sua missione di evangelizzazione e di promozione umana".
Il
Papa ha poi voluto ricordare il servizio prezioso reso dai volontari del
Circolo San Pietro presso l’Hospice Sacro Cuore. “La vostra - ha detto -
è una silenziosa, ma quanto mai eloquente, testimonianza di amore per la vita
umana, che merita attenzione e rispetto sino all’ultimo suo respiro”. Infine,
Benedetto XVI ha rivolto un incoraggiamento al Circolo a proseguire con entusiasmo le sue attività caritativa, così come anche
il servizio d’onore e di accoglienza ai fedeli nella Basilica Vaticana e
durante le celebrazioni pontificie.
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Altre udienze e nomine
Benedetto
XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, un gruppo di
sei presuli del Piemonte in visita ad Limina.
Verso le 18.00, il Papa incontrerà il cardinale Ivan Dias, prefetto della
Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.
In
Italia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Iglesias, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo
Tarcisio Pillola. Al suo posto, il Papa ha nominato il sacerdote Giovanni Paolo
Zedda, del clero della diocesi di Ales-Terralba, finora vicario foraneo e
parroco di “Santa Chiara” in
San Gavino Monreale. Il neo presule, 59 anni, ha studiato filosofia
e teologia al Seminario regionale di Cagliari. Dopo l’ordinazione sacerdotale,
ha svolto, fra l’altro, il ministero di parroco e gli incarichi di insegnante
di religione nelle scuole medie-superiori, di rettore del Seminario diocesano
in Villacidro, di docente all’Istituto di Scienze Religiose.
In
Spagna, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Lleida presentata dal vescovo Francesc-Xavier Ciuraneta Aymí, in
conformità al canone 401 paragrafo 2 del Codice di Diritto
Canonico.
In
Portogallo, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Funchal presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Teodoro
de Faria. Al suo posto, il Santo Padre ha nominato mons. António José Cavaco
Carrilho, finora ausiliare di Porto. Mons. Cavaco Carrilho ha 65 anni ed ha
studiato nei seminari di Faro e Lisbona. Ha ottenuto la licenza in Teologia
pastorale presso l'Università Cattolica Portoghese. Da sacerdote ha ricoperto,
tra gli altri, gli uffici di parroco, insegnante di religione e di morale,
direttore del Segretariato nazionale dell'Educazione cristiana nonché di
segretario generale della Conferenza episcopale.
Il
Papa ha nominato membro del Pontificio Consiglio della Cultura il cardinale
Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban in Sudafrica.
Il Pontefice ha nominato membri del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso i cardinali Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, e Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'unità dei cristiani; Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni; i presuli: Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, Murphy Nicholas Xavier Pakiam, arcivescovo di Kuala Lumpur, Antoine Audo, vescovo di Alep, Beroea e Halab, John Bosco Panya Kritcharoen, vescovo di Ratchaburi, Warnakulasurya Wadumestrige Devasritha Valence Mendis, vescovo di Chilaw, Bosco Lin Chi-nan, vescovo di Tainan, Paul Bemile, vescovo di Wa, René-Marie Ehuzu, vescovo di Abomey, Carlos Aguiar Retes, vescovo di Texcoco, Pierre Trân Ðinh Tu, vescovo di Phú Cuong, George Dodo, vescovo di Zaria, William Francis Murphy, vescovo di Rockville Centre, Paul Yemboaro Ouédraogo, vescovo di Fada N'Gourma, Guy Harpigny, vescovo di Tournai, Fouad Twal, Coadiutore del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Botros Fahim Awad Hanna, vescovo di Curia del Patriarcato di Alessandria dei Copti.
Benedetto
XVI ha nominato Membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche i professori
David D'Avray, docente di storia medievale presso l'University College di
Londra, e Nelson Hubert Minnich, docente di storia della Chiesa presso la
Catholic University of America in Washington D.C.
Messa del cardinale Stanislaw Dziswiz
sulla tomba di Giovanni Paolo II
in segno di riconciliazione per la Chiesa e la nazione
polacca
Il
cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, ha celebrato stamani una
Messa solenne presso la tomba di Giovanni Paolo II. Assieme al porporato, già
segretario particolare di Papa Wojtyla, hanno preso parte alla celebrazione 50
sacerdoti. Durante la Messa, si è pregato per la Beatificazione del Servo di
Dio Giovanni Paolo II, ma anche perché i sentimenti del perdono e della
riconciliazione possano sempre animare il popolo polacco. “Porto qui - ha detto
il cardinale Dziwisz - le sofferenze non soltanto della Chiesa di Cracovia” ma
di tutta la Chiesa polacca. Ancora, ha pregato il Signore affinché con
l’intercessione di Karol Wojtyla dia ad ognuno “lo
spirito di perdono e di riconciliazione”, “spirito di chiarezza nelle cose
difficili, affinché nessuno subisca torti e sia ingiustamente accusato di
tradire Cristo e la Chiesa”.
L’arcivescovo
di Cracovia ha quindi invocato “sapienza e ponderatezza”, per quanti, durante
il comunismo, “hanno subito dei torti, affinché non si lascino trascinare dalle
emozioni, ma guardino a Cristo, che dalla Croce perdona”. Ha così voluto
ricordare il fulgido esempio di Giovanni Paolo II, che personalmente si recò al carcere di Rebibbia per perdonare il suo
attentatore, “sebbene questo perdono non fosse stato neppure richiesto”. (Alessandro Gisotti)
La missionarietà della Chiesa in
un libro del cardinale Jozef Tomko
Sedici anni di viaggi missionari, di esperienze ecclesiali vissute
dall'Africa al Mato Grosso. Un bagaglio umano e spirituale di grande spessore
ora condensato in un libro. L'autore di "On Missionary Roads" (Sulle
vie della missione) è il cardinale Jozef Tomko, dal 1985 al 2001
prefetto della Congregazione per l'Evangelizza-zione dei popoli. Il porporato
ha presentato ieri pomeriggio il volume presso l’auditorium Giovanni Paolo II
della Pontificia Università Urbaniana: una cornice solenne, che ha visto presenti,
fra gli altri, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il suo
predecessore, il cardinale Angelo Sodano. Presente anche il prefetto dei
vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, insieme con altre personalità del
mondo ecclesiale, diplomatico e accademico. Il compito di presentare il libro è
spettato all’attuale prefetto di Propaganda Fide, il
cardinale Ivan Dias, e al cardinale Francis Arinze, prefetto della
Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, nonché al professor
Gianfrancesco Colzani, professore ordinario di Missiologia all’Urbaniana. Al
cardinale Tomko, Giovanni Peduto ha chiesto quali siano
oggi le sfide missionarie:
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R. –
Direi che c’è tutta l’Asia al primo posto perché sono quasi due terzi di
popolazione mondiale stanno dove la missione è un po’ indietro, perché i nostri
cattolici, in parecchi di questi Paesi, non formano nemmeno lo 0,5 per cento
della popolazione. Quindi, l’Asia. Poi, bisogna continuare con l’Africa e anche
altri Paesi. Adesso, si aprono nuovi campi perché ci sono zone in Europa che
sono ormai un deserto religioso, spirituale, dove bisogna riprendere ad
evangelizzare. Restano poi sempre i cosiddetti "nuovi areopaghi",
come per esempio i mass media che sono da evangelizzare: non solo da utilizzare
come mezzi, ma da evangelizzare con nuovo spirito. C’è inoltre il mondo della
cultura, il mondo della ricerca scientifica - la bioetica, per esempio, ci dice
molto oggi - c’è sempre il mondo dei diritti umani... Quindi,
veramente campi interi dove penetrare con lo Spirito di Cristo. Credo, grosso
modo, sia un compito immenso e bisogna continuare nel frattempo con la buona
evangelizzazione e catechizzazione della nostra Chiesa.
D. –
Nella sua lunga esperienza alla guida della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli, cosa la entusiasmava di più e cosa invece la
rattristava?
R. –
C’erano tante gioie. Per esempio, le celebrazioni gioiose, in Africa
soprattutto, che duravano magari anche quattro ore ma che erano veramente, come
dicono i francesi, une “fête de Dieu”, una festa in cui si celebrava Dio. Cose
bellissime dove l’uomo è impegnato nella celebrazione a partecipare anche col
corpo, con quei ritmi e con i canti. Poi, ciò che era bellissimo era la
risposta dei giovani, la risposta delle giovani chiese, dove ancora la fame di
Dio esiste e magari coesiste anche con la fame del
pane. Ecco perché normalmente i due aspetti in missione vanno insieme. I
doloric'erano per la mancanza di missionari, grandissima soprattutto nella zona
del Sahel. Ho ancora davanti alla mente quel giovane vescovo locale che
chiedeva persone per una missione abbandonata per mancanza di missionari e la
gente che chiedeva i preti cattolici, mentre dall’altra parte c'era la
pressione dell’islam, con i cristiani che invocavano la missione della Chiesa.
E’ un dolore quando uno non può dare. E ancora, tanti
Paesi dove i nostri fedeli sono oppressi e perseguitati: ancora oggi abbiamo la
media di almeno 25 martiri ogni anno nelle missioni. Io stesso ho ordinato
qualche vescovo che è caduto martire, che è morto in questo modo. Davvero,
questi sono dolori però anche fonte di speranza, perché sanguis
martirum semen cristianorum: il sangue dei martiri è il seme dei futuri
cristiani.
D. –
Qual è oggi l’attualità dell’enciclica di Giovanni Paolo II Redemptoris
Missio?
R. –
E’ quanto mai attuale, anche perché non sono passati tanti anni da quando l'enciclica è stata pubblicata. Ancora oggi si
cita e si cita in varie parti e ciò vuol dire che è viva. Basterebbe cominciare
a leggere le prime pagine: la missione di annunciare Cristo Redentore, affidata
alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento. La sua attualità si
coglie già nello primo capitolo, che comincia con un invito a tutti i popoli ad
aprire le porte a Cristo. Poi l’impegno: nessun credente in Cristo, nessuna
istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo di annunciare
Cristo a tutti i popoli. Basterebbe un grido di questo tipo per renderla sempre
attuale. E poi, cosa dire della sua linea dottrinale così chiara - annuncio e
dialogo, inculturazione - tutto è bene messo in armonia in questo documento. E
anche l’invito, che a me mi piace moltissimo, e cioè
che tutti i cristiani, tutti i missionari devono procedere con tranquilla
audacia: due parole che sembrano in contrapposizione e invece sono la forza
della Chiesa, esprimono tutto il dinamismo della missione.
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Oggi su L'Osservatore Romano
Servizio
vaticano - In primo piano il discorso del Papa al Circolo San Pietro.
Servizio
estero - Iraq, trenta morti per un attentato kamikaze in un caffè a Baladruz, a
Nord-Est di Baghdad.
Servizio
culturale - Un articolo di Piero Amici dal titolo "La riconoscenza
dell'Oriente per Benedetto XV, 'Benefattore dei
popoli' nella Grande Guerra": una pubblicazione a cura della comunità
latina di Istanbul.
Servizio italiano- In evidenza la vicenda del sequestro del giornalista Mastrogiacomo in Afghanistan.
Radiogiornale
Il neopresidente della CEI, mons. Angelo
Bagnasco, alla Radio Vaticana:
la Chiesa italiana custodisce un
particolare legame con la Sede di Pietro
Legame particolare della Chiesa italiana con il Papa,
testimonianza decisa dell'identità cristiana nel sociale,
maggiore attenzione alla formazione dei cristiani e difesa di alcuni
valori non negoziabili: sono alcuni dei punti toccati dal nuovo presidente
della Conferenza episcopale italiana (CEI), l'arcivescovo di Genova Angelo
Bagnasco, nell'intervista rilasciata alla nostra emittente. Ascoltiamo il
presule al microfono di Luca Collodi
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D. – Mons. Bagnasco, come si può essere oggi in Italia testimoni della fede?
R. –
Anzitutto, credo, con la gioia della fede. Testimoniare la serenità della fede
cristiana, della vita cristiana, nonostante il grande impegno che questo
comporta, la serietà che questo comporta. Credo che questo sia la prima forma
per annunciare la bellezza del Vangelo. Bisogna anche – a mio avviso –
aggiungere una maggiore preparazione culturale dei credenti, perché le sfide di
oggi, di carattere sia culturale, sia sociale, richiedono anche la capacità di
argomentazione sia per quanto attiene le ragioni della fede cristiana e
cattolica, sia per quanto attiene l’affronto dei gradi temi sensibili che oggi
sono in atto.
D. –
Mons. Bagnasco, il ruolo dei movimenti ecclesiali e delle parrocchie in Italia…
R. –
Anzitutto bisogna ricordare che il cattolicesimo in Italia è radicato
profondamente nel territorio, attraverso le circa 26 mila parrocchie che sono
disseminate in tutto il Paese. Questi sono presidi della fede. Sia le
parrocchie, sia le aggregazioni sono, rimangono e rimarranno punti essenziali
della visibilità, della concretezza della Chiesa e delle
vicinanza alla gente della maternità della Chiesa.
D. –
Come risolvere il problema dell’identità cristiana, dell’identità cattolica sul
fronte sociale?
R. –
Credo, anzitutto, con un atteggiamento di serenità, di semplicità, di
convinzione. Quanto si è convinti delle proprie idee di fede e, comunque, di
ragione si pone – credo – rispetto al resto, anche alle diversità, con un
atteggiamento non aggressivo, ma sereno e di confronto. Detto questo - come
premessa generale, come approccio e come metodo - dobbiamo veramente scoprire e
riscoprire e consolidare quello che si ha. Non è che nascondendo o avendo una
percezione debole di ciò che siamo, possiamo essere più dialoganti e
propositivi verso tutti. Semmai è il contrario.
D. –
Per i laici impegnati nel sociale e nella politica ci sono, quindi, dei valori
non negoziabili?
R. –
Ci sono dei punti, dei valori, delle colonne portanti della persona che
asseriscono alla persona umana dei confini che non sono assolutamente
valicabili. Perché valicare certi confini - che sono propri, che definiscono,
che configurano la profondità dell’essere umano e di tutto ciò che ne consegue
- significa andare contro l’uomo e non liberare l’uomo.
D. –
La Chiesa italiana come deve guardare al Magistero del Papa?
R. –
Con gratitudine, con grande gratitudine. Il Magistero del Santo Padre
rappresenta uno dei tesori fondamentali della Chiesa. Se questo vale per tutta
la Chiesa cattolica, direi che a maggior ragione, in un certo senso, vale per
la Chiesa in Italia in quanto il Papa in Italia sostanzialmente è il vescovo di
Roma, ma è anche il Primate d’Italia. Certo è che l’Italia ha con il Papa un
legame di immediatezza, unico nel mondo. Questa immediatezza, chiaramente, non
è soltanto logistica, di vicinanza fisica, ma ha anche creato una vicinanza
affettiva e di fede. Questa si esprime in mille modi, che dobbiamo custodire
gelosamente ed esprimere con grande gratitudine.
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La donna nella storia del cristianesimo:
presenza spesso nascosta, ma forza di rinnovamento nella
Chiesa
Occorre lavorare per cambiare in meglio la condizione della donna a tutti i livelli della società. E’ l’appello del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, in occasione dell'8 marzo 2007, Giornata internazionale delle donne. E recentemente ha rivolto un pensiero all’universo femminile anche Benedetto XVI. “La storia del cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne”, ha detto il Papa in una delle ultime udienze generali, ricordando il prezioso ruolo svolto da molte figure femminili nella diffusione del Vangelo. Ma quale il contributo specifico che le donne hanno offerto alla Chiesa? Tiziana Campisi lo ha chiesto alla prof.ssa Giulia Paola Di Nicola, docente di Sociologia della famiglia all’Università di Chieti:
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R.
– Nella storia della Chiesa, le donne sono state sempre non solo presenti, ma
influenti. Questa influenza è spesso nascosta. Non sempre, ma il più delle
volte è nascosta, ma è decisiva. Io ho l’impressione che tutte le volte che la
Chiesa si trova quasi sul baratro, sorge una donna a rinsaldarla, a rinnovarla,
a rigenerarla: è il patto dell’alleanza che Dio ha fatto con Maria, che
comincia a diventare efficace nella Chiesa soprattutto dopo la morte di Gesù.
Dopo lo sbandamento dei discepoli, che non sanno più cosa fare, Maria fa da
"collante", come se rigenerasse la speranza. E così, ogni volta che
ci sono dei problemi. Ma ci sono altre donne che hanno avuto un po’ questo
stesso ruolo. Io penso a Giovanna d’Arco, penso a Caterina da Siena, penso a
Teresa di Lisieux… Papa Benedetto XVI ha citato le donne dei primi tempi, che
hanno contribuito con una loro diaconia: mi pare che questo Papa stia dando
attenzione a come cercare di dare maggiore visibilità al “carisma” che è tipico
delle donne.
D. – In che senso?
R.
– Le donne, mi pare che sappiano fare questo più di altre categorie: rimanere
cioè unite alla Chiesa in maniera quasi viscerale, istintiva, sapendo obbedire,
ma consapevoli pure che c’è qualcosa che va al di là, che è più grande. Il
segno della maternità che sta nel corpo della donna, il segno della maternità
che è in Maria, è presente anche nella Chiesa. Questa donna che rigenera
continuamente persone in crisi o che si affidano a lei… La donna unita a Dio è
una forza, secondo me, molto molto incisiva.
D. – “Maschio e femmina li
creò, a immagine di Dio li creò”, leggiamo nel Libro della Genesi. Noi vogliamo
parlare della donna come creatura al pari dell’uomo…
R.
– Ognuno è immagine di Dio. Non c’è un’immagine privilegiata - l’uomo - e poi
un’immagine dell’immagine - la donna - una specie di immagine secondaria. Non
mi pare che corrisponda al piano di Dio. La realtà è che siamo umanamente limitati, uomo e donna. Maschio e femmina
hanno questo limite che è la bellezza del loro rapporto. Non esisterebbe il
gusto della reciprocità se non fossimo diversi. Secondo me, questo è
importante: una grande umiltà da parte di tutti e due. La pagina biblica è un
ricordo, un’ammonizione: “Guardate che è Dio il modello, noi non ci conosciamo
bene”. Quindi, questa immagine di Dio è qualcosa sempre da scoprire. Ma mai
scoperta in toto. Dio resta, deve restare, un mistero, e l’essere umano,
che è a Sua immagine, deve, in qualche misura, restare misterioso. Questo è il
fascino, la bellezza – qualche volta tremenda – del rapporto con l’alterità!
**********
La
festa dell’8 marzo, com'è noto, risale al 1908, quando 129 operaie che avevano
partecipato con delle colleghe a una protesta collettiva in una
industria tessile di New York, chiedendo migliori condizioni di lavoro,
perirono in un incendio. Oggi, ha detto tra l’altro il segretario generale
dell’ONU, Ban Ki-moon, in molti Paesi le donne continuano ad essere
sottorappresentate nei ruoli decisionali e sottopagate nel proprio lavoro. Eugenio
Bonanata ha raccolto la testimonianza di Genevieve Makaping, che,
fuggita dall’Africa, grazie alla sua forza e alla sua determinazione è riuscita
a conquistare la direzione di un quotidiano e di un’emittente televisiva in
Calabria:
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R. -
Non mi sono mai più di tanto fermata lì dove mi hanno
sbattuto le porte in faccia. Quando mi chiudevano la porta in faccia andavo
subito a cercarne un’altra da aprire. Come sono stata accolta? Sono stata
accolta bene, Certo, nei miei confronti ho letto tante perplessità: anzitutto
perché donna, e poi perché arrivavo da altrove, e si vede pure, sono nera. Come
se avere un determinato colore della pelle o appartenere ad un determinato
sesso possa dare informazioni sulle qualità morali della persona. Non è così. Il
mio editore mi ha dato fiducia e non credo affatto pensasse che io fossi donna
e nera, assolutamente no.
D. -
Qual è la considerazione che si ha oggi della donna?
R. -
In Africa abbiamo avuto la prima donna presidente, Sirleaf Johnson, e abbiamo
avuto una Nobel della pace donna, Wangari Maathai; in
Francia c’è una candidata che sta correndo alle elezioni adesso. Da noi invece
una cosa del genere non accade e un po’ mi preoccupa questo arroccarci su degli
stereotipi che poi diventano pregiudizi verso la donna. Eppure l’Italia è un
Paese aperto. Poi il mondo si ricordi una cosa: gli uomini li abbiamo già
sperimentati lungo millenni e secoli, la donna, invece, per millenni è stata
dedita alla cura della persona, alla cura dei figli, della famiglia, perché non
cerchiamo di trasportare questo “know how” di tutte queste donne nel mondo
della politica? Io penso che potrebbe essere una bella sorpresa.
D. –
E cosa si può dire della condizione femminile in Africa?
R. -
In generale è una condizione a dir poco atroce. Ci sono grandissime donne in
Africa: quelle che hanno avuto la fortuna di avere accesso alla
scolarizzazione, alla alfabetizzazione, donne che danno grandissimi contributi
alla società. Parallelamente a questo, c’è un’altra situazione che mi ferisce
tanto: vedere ragazze che si prostituiscono, che sulle strade dell’opulento
occidente vendono non tanto il corpo quanto l’anima. Questa è una vergogna, è
mai possibile che un intero continente, l’Africa, stia morendo e muoia
attraverso le sue donne e i suoi figli? Ci sono delle responsabilità politiche
e si farà solo bene a mettere questi problemi sul tavolo e discuterne.
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Al via la visita di Bush in America Latina:
toccherà Brasile, Uruguay, Colombia,
Guatemala e Messico
Con
l’arrivo oggi a San Paolo, in Brasile, comincia la
missione del presidente statunitense Bush in America Latina. Il capo
della Casa Bianca avrà un incontro con il presidente Lula da Silva e con le
altre autorità brasiliane, per poi trasferirsi in Uruguay, Colombia, Guatemala e Messico. In primo piano - nei
colloqui che Bush avrà in questi giorni - la democrazia, il libero
scambio e la cooperazione tra Stati Uniti e Paesi latinoamericani. Già
annunciate in diverse città manifestazioni di protesta. Ma perché questo
viaggio che porterà Bush in missione fino al 14
marzo? Giada Aquilino lo ha chiesto a Roberto Da Rin, esperto di
questioni latinoamericane del Sole 24 Ore:
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R. -
Bush cerca di riconquistare almeno una parte del consenso che ha perduto in questi
ultimi anni. Non sarà una cosa facile, perché nel novembre del 2000,
all’indomani della sua vittoria alle elezioni, annunciò che l’America Latina
sarebbe stato un continente di riferimento, a cui
avrebbe prestato grande attenzione. Non è andata così. Già nel dicembre 2001,
c’è stato il crack argentino. Nel novembre 2003, a Mar del Plata, in Argentina,
in occasione del Vertice delle Americhe, Bush propose formalmente e con
convinzione l’area di libero scambio dall’Alaska alla Terra del Fuoco, invece
si affermò poi – anche se tra le difficoltà interne – il MERCOSUR. In seguito,
anno dopo anno, si sono verificati altri episodi: si pensi ai Forum di Porto
Alegre, alle vittorie di Chavez al referendum che avrebbe dovuto accorciare il
termine del suo mandato e invece gli ha dato ancora spazio, fino al dicembre
2006, quando ancora Chavez ha ottenuto il terzo mandato presidenziale. Nello
stesso tempo, in tutti i Paesi latinoamericani - ad eccezione della Colombia -
si è affermato il centrosinistra.
D. -
Eppure, l’obiettivo dei discorsi di Bush nella missione latinoamericana è
quello di difendere democrazia, libero scambio, cooperazione tra Stati Uniti e
Paesi dell’area. Questi temi in cosa si traducono?
R. -
Bush ora propone al Brasile anche una sorta di alleanza - più o meno segreta -
sull’etanolo, sull’energia, per cercare di spingere il presidente Lula a
prendere le distanze dal venezuelano Chavez, per cercare quindi di
riconquistare un rapporto privilegiato col Brasile.
D. -
Alla vigilia, Bush ha criticato il modello economico di Chavez in Venezuela. E
Chavez, da parte sua, sta partecipando alla protesta contro la visita del capo
della Casa Bianca. Eppure queste tensioni, in campo economico, non sono del tutto negative...
R. -
Paradossalmente, i rapporti economici tra Stati Uniti e Venezuela, negli ultimi
cinque anni, sono diventate più forti. Si sono create delle nuove relazioni,
oltre a quelle petrolifere, di scambi commerciali nel segmento delle piccole e
medie imprese, dell’innovazione, delle infrastrutture. Detto ciò, certamente la
riunione di questi giorni tra il venezuelano Chavez, il boliviano Morales e
l’argentino Kirchner a Buenos Aires - in cui si cerca più o meno di fare un
contro-vertice alla visita di Bush - è l’esempio lampante di come continui ad
esserci distanza tra la politica proposta dagli Stati Uniti e quella dei Paesi
latinoamericani. Non a caso, l’abbraccio con la Cina:
i forti investimenti che Pechino ha effettuato a Cuba, in Venezuela, in
Argentina sono riflesso di un desiderio di trovare un altro grande partner
affidabile.
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Festa di San Giovanni di Dio,
fondatore dei Fatebenefratelli,
che dedicò la sua vita alla cura dei malati rispettando
la loro dignità e umanità
La Chiesa ricorda oggi San Giovanni di Dio, fondatore dei Fatebenefratelli. Patrono dei malati, degli operatori sanitari e degli ospedali la sua figura richiama ai valori umani e cristiani che portano ad aver cura dell’uomo soprattutto nelle situazioni di maggiore fragilità. Tiziana Campisi ha chiesto a fra Marco Fabello, direttore della rivista Fatebenefratelli, cosa caratterizza il carisma dell’ospitalità, proprio dell’opera di San Giovanni di Dio:
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R. -
San Giovanni di Dio potrebbe essere l’emblema del servizio, l’emblema della
carità, ma certamente anche per chi non crede si tratta di un professionista di
alto livello morale. Già nel 1560-70, il suo primo ospedale era impregnato su una organizzazione tale, per cui dava alle persone che lavorano
con lui, o anche ai suoi successori subito dopo, una forte
responsabilizzazione. San Giovanni di Dio è anche un Santo oltre che un uomo ed
ha dato al suo valore di operatore professionale - chiamiamolo così - anche un
valore cristiano forte, un impegno cristiano forte per cui
la sua era sempre anche un’azione di fede e noi abbiamo proprio il compito di
esportare la fede ed essere promotori della fede in un mondo, quello sanitario,
che ha bisogno di tanta speranza e dove, probabilmente, senza tanta fede, non
vi può essere neppure questa speranza.
D. -
Ultimamente, si è tanto parlato di diversi problemi riscontrati nelle strutture
sanitarie. San Giovanni di Dio è considerato il fondatore dell’ospedale
moderno. Come recuperare questa figura, oggi?
R. -
Certamente la struttura deve essere adeguata alle finalità, ma le qualifiche
degli ospedali sono i comportamenti, sono i modi di fare e i modi di operare.
Gli operatori sanitari devono dare a questa casa moderna, a questo tempio sacro
che è l’ospedale: perché l’ospedale è un’altra Chiesa, la Chiesa della
sofferenza, la Chiesa dell’uomo che davvero vive i suoi momenti più difficili.
Questo, secondo me, è l’ospedale moderno di San Giovanni di Dio: il luogo in
cui carità, amore, esperienza, professionalità, disponibilità e servizio fanno
del malato davvero il centro dell’interesse e dell’azione.
D. -
C’è una frase, un pensiero che San Giovanni di Dio potrebbe rivolgere agli
operatori sanitari del nostro tempo?
R. -
“Abbiate carità, perché dove non c’è carità non c’è Dio”. Questo vuol dire
avere stima dell’uomo, avere cura delle persone. Giovanni di Dio non ha scritto
molto, ha infatti scritto soltanto cinque lettere, ma
nel suo primo Regolamento si rivolge agli operatori in un modo molto esplicito
e molto forte, fino ad arrivare a dire che “chi non ha carità non è degno di
vivere in un ospedale”.
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Radiogiornale
Sei Nazioni della regione
Asia-Pacifico,
alleate per favorire il dialogo interreligioso
Rafforzare
il dialogo interreligioso, promuovere la tolleranza e cercare di eliminare una
volta per tutte i focolai di conflitto tuttora
presenti in varie parti della regione: è la conclusione a cui è giunta la
Conferenza appena terminata a Jakarta, che ha visto riunite sei Nazioni nella
regione dell’Asia Pacifico - Indonesia, Filippine, Malesia, Thailandia,
Australia e Singapore – per discutere di lotta a radicalismo ed estremismo.
Dell’incontro riferisce l’agenzia MISNA, riportando quanto dichiarato dal ministro
degli Esteri indonesiano, Wirayuda, che ha auspicato una maggiore
collaborazione con i mass-media “per diffondere idee di tolleranza e armonia”.
E’ importante - ha aggiunto il leader indonesiano - promuovere il dialogo
intrareligioso e interreligioso tra i vari Paesi dell’area per rafforzare la
reciproca comprensione ed evitare scontri e guerriglie, che purtroppo
sussistono in zone come le Filippine del sud, la Thailandia meridionale e Poso,
nell’isola indonesiana del Sulawesi. Sul piano pratico, le sei Nazioni hanno
deciso di adottare alcune misure congiunte, tra cui la lotta al terrorismo via Internet, quando la Rete è usata per diffondere messaggi
estremistici, e la prevenzione del traffico di armi attraverso le
frontiere.(R.G.)
Sudan: mentre il segretario
generale dell’ONU
chiede l’intervento dei caschi
blu, il presidente al-Bashir,
continua a non rispondere alle richieste
della comunità
Il
Sudan deve accettare il dispiegamento di una Forza internazionale per arginare
il terribile conflitto tribale del Darfur, che dal 2003 ha provocato migliaia
di morti, violenze e stupri. Lo chiede il segretario generale delle Nazioni
Unite, Ban Ki-moon, che ha inviato una lettera al presidente sudanese, Omar
al-Bashir, in cui illustra il piano dell’ONU. Bashir, accusato di appoggiare le
milizie dei Janjawedd in Darfur, continua a non rispondere alle richieste della
comunità internazionale di fermare immediatamente stupri e omicidi di massa. Da
settimane, al Palazzo di Vetro si aspetta una lettera – mai arrivata - che il
presidente sudanese sostiene di aver spedito al segretario generale dell’ONU, in risposta ai numerosi appelli per la cessazione delle
violenze. Ciò sta provocando frustrazione ed irritazione in seno al Consiglio
di Sicurezza. (E.L.)
In aumento, fra le donne pakistane,
violenze e conversioni forzate
fra le minoranze religiose. Lo rivela il rapporto annuale
della Commissione nazionale per i diritti
umani
Come negli anni scorsi, la Festa della donna si scontra in Pakistan con una realtà fatta di emarginazione sociale, nuove ed accresciute difficoltà economiche e violenze. Lo denuncia il rapporto annuale sullo stato della donna, pubblicato oggi dalla Commissione pakistana per i diritti umani e riportato dall’agenzia AsiaNews. Lo scorso anno, scrivono gli autori, si sono verificati in totale 1.821 casi di violenza contro le donne, in crescita rispetto ai 1726 del 2005. Fra i reati più diffusi, omicidi, stupri, matrimoni combinati, mutilazioni, discriminazione e conversioni forzate in aumento di donne che appartengono alle minoranze religiose. Nonostante tutto questo, il Paese ha preparato per oggi diverse manifestazioni a favore della donna: marce, cerimonie speciali e dibattiti a cui parteciperanno esponenti politici di entrambi i sessi. La Commissione episcopale Giustizia e Pace si è impegnata a promuovere la causa della donna in diverse città ed ha organizzato incontri e conferenze a Lahore, Hyderabad, Rawalpindi e Faisalabad. Ed ancora, il Partito nazionale dei cristiani pakistani ha dedicato la giornata al dramma delle conversioni violente. Il fenomeno colpisce – ha riferito il segretario generale del Partito, Joseph Francio - “soprattutto quelle che lavorano in case musulmane ed in piccole aziende. Spesso vengono rapite, stuprate e poi costrette a convertirsi all’islam. Secondo i nostri dati – ha aggiunto il leader cristiano - questo fenomeno si è accresciuto sensibilmente anche perché la popolazione pakistana vuole colpire gli Stati Uniti, e nella loro mentalità il cristianesimo è collegato a quella nazione”. (R.G.)
Il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite propone “quote rosa”
per le missioni di peacekeeping
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunitosi ieri a New
York alla vigilia dell’ 8 marzo, ha approvato un
documento che chiede al segretario generale, Ban Ki-Moon, di “espandere il
ruolo e il contributo delle donne” nelle missioni per il mantenimento della
pace. Inoltre, il Consiglio ha manifestato profonda preoccupazione per “tutte
le forme di violenza contro le donne nei conflitti armati”, sottolineando come
la difesa e la protezione delle donne siano essenziali per il conseguimento e
il consolidamento della pace. (E.L.)
“Greenpeace” stila una lista nera mondiale delle navi da pesca illegali,
causa di gravissimi danni all’ambiente
Saccheggiano i fondali oceanici, devastano le riserve ittiche,
minacciano la biodiversità marina: sono le navi pirata che imperversano in massima parte indisturbate. La denuncia arriva da
Greenpeace, che ha stilato la prima "lista nera" mondiale sulle
imbarcazioni da pesca illegali, che danno linfa ad un’industria fiorente, con
un giro d'affari di 9 miliardi di dollari l’anno. La lista consultabile sul
sito http://oceans.greenpeace.org/blacklist è stata presentata ieri a Roma durante l’incontro della
Commissione mondiale sulla pesca della FAO, l’Organizzazione dell’ONU per
l’alimentazione e l’agricoltura. “Il fatto che Greenpeace debba pubblicare
questa lista - ha dichiarato Alessandro Gianni, responsabile Campagna Mare
dell’organizzazione ambientalista - dimostra chiaramente che i governi non
fanno nulla per fermare il saccheggio dei nostri oceani. Le misure necessarie
per contrastare questa pratica sono ben note - ha aggiunto - c'è bisogno di
agire a tutti i livelli della filiera, dalla rete in acqua agli scaffali del
supermercato''. Sei anni dopo l’approvazione da parte dei Paesi membri della
FAO di un Piano di azione internazionale per contrastare la pesca illegale, il
problema è ben lontano dall’essere risolto, stigmatizza Greenpeace, che l’anno
scorso con la nave "Esperanza" ha passato due mesi a documentare le
attività delle flotte straniere di fronte alle coste della Guinea Conakry,
scoprendo che quasi la metà delle 92 navi da pesca incontrate stava
pescando illegalmente o era legata ad attività di pesca illegale. Si
stima che l’Africa subsahariana perda, per questo motivo, circa un miliardo di
dollari all’anno. Cooperazione internazionale, leggi
vincolanti sul controllo nei porti, un registro mondiale delle navi da pesca e
adeguate sanzioni, sono tra gli strumenti – sostiene Greenpeace – che i governi
devono mettere in campo subito. (R.G.)
Libro bianco di denuncia dell’Associazione genitori delle Scuole cattoliche sulla
politica governativa nel campo dell’educazione
La
diminuzione in Italia delle risorse destinate dalla Legge Finanziaria al
sistema paritario (il taglio è di 53 milioni di euro) potrebbe avere come
conseguenza la probabile prossima interruzione del servizio pubblico offerto da
tante scuole, specialmente primarie, maggiormente a rischio di chiusura.
L’allarme è stato lanciato dall’AGESC, Associazione genitori delle Scuole
cattoliche, che ha presentato un “Libro bianco”, intitolato “Per capirci
qualcosa” e dedicato alla nuova riforma della scuola. Secondo l’Associazione, i
numerosi provvedimenti assunti in questi mesi hanno mortificato i genitori
nella propria corresponsabilità educativa. In questa direzione vanno gli atti
che hanno sminuito gli Istituti del tutor e del
portfolio. La stessa Finanziaria è stata utilizzata per far passare, attraverso
semplici atti amministrativi, una progressiva disapplicazione della riforma.
Non solo: in questo contesto, secondo l’Associazione, la scuola appare sempre
più dominio incontrastato di volontà sindacali che esautorano la collettività
di un bene primario come l’istruzione. L’AGESC, esprime dunque un giudizio
negativo sull’operato dell’esecutivo in questi mesi anche se ritiene che vi
siano degli spazi di miglioramento dell’azione di governo. Il lavoro avviato
con la presentazione del “Libro bianco” proseguirà il 31 marzo con alcune
giornate regionali. (A cura di Stefano
Andrini)
Radiogiornale
- A
cura di Fausta
Speranza -
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Sono ore di ansia e trepidazione per la sorte di Daniele Mastrogiacomo, il
giornalista del quotidiano "La Repubblica" rapito dai talebani nel
sud dell’Afghanistan. Un portavoce dei talebani ha dichiarato oggi ad una agenzia tedesca: “Il destino di Mastrogiacomo non è
ancora deciso”, aggiungendo che l’inviato avrebbe confessato di essere una
spia. Intanto, la Camera dei Deputati ha appena approvato il decreto che
rifinanzia le missioni italiane all’estero. Il provvedimento passa ora
all’esame del Senato. Servizio di Giampiero Guadagni:
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Con
524 voti a favore, 3 contrari e 19 astenuti, l’Aula della Camera ha approvato
il decreto che rifinanzia per un anno le missioni italiane
all’estero, compresa quella in Afghanistan. Il provvedimento prevede,
tra l’altro, l’aumento della quota di interventi umanitari e di cooperazione. E
ripropone la Conferenza internazionale di pace per l'Afghanistan. Maggioranza e
opposizione hanno votato insieme, tranne la Lega che si è astenuta, perché
avrebbe voluto un rafforzamento delle truppe a Kabul e la linea dura contro gli
Hezbollah in Libano. Tre i dissidenti della sinistra radicale, che hanno
invece votato contro. Un problema che potrebbe riproporsi con altre conseguenze
al Senato, dove il decreto approderà a fine mese. Il
centrodestra è, infatti, intenzionato a chiedere le dimissioni di Prodi se a
Palazzo Madama l’Unione non sarà autosufficiente. Una novità scaturita dal
dibattito alla Camera e che ha provocato polemiche tra i poli, riguarda
l’ordine del giorno accolto dal governo che invita all’acquisto dell’oppio
afghano, da utilizzare poi per i farmaci della terapia del dolore. La
discussione a Montecitorio sul decreto si è naturalmente intrecciata con il
sequestro del giornalista di "Repubblica", Daniele Mastrogiacomo.
Continua senza soste il lavoro di tutti i canali diplomatici. La Farnesina è
convinta che il giornalista sia stato rapito da una struttura militare che fa
capo ai talebani. Uno dei loro portavoce ha dichiarato che il destino di
Mastrogicomo non è ancora deciso, ma che il giornalista avrebbe confessato di
essere una spia al servizio degli inglesi. Falsità, replica il direttore di
"Repubblica", Ezio Mauro. Questa mattina in piazza del Campidoglio, a
Roma, si è svolta una manifestazione per la liberazione di Mastrogiacomo.
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L'operazione delle forze irachene e americane per reprimere la guerriglia e
riportare la sicurezza
a Baghdad richiederà mesi e vi saranno ancora “attacchi sensazionali”: è quanto ha affermato il nuovo comandante delle
forze USA in Iraq, il generale David Petraeus, aggiungendo però che già
cominciano a manifestarsi segnali incoraggianti di progresso. Il generale,
nella sua prima conferenza stampa da quando il mese
scorso ha assunto il comando a Baghdad, ha detto inoltre che le forze di
sicurezza americane e irachene non
possono risolvere il problema della violenza in Iraq senza un'azione politica
dei dirigenti iracheni e una riconciliazione con i gruppi di opposizione. Non
sono mancati, ieri, episodi di violenza: della cronaca ma anche delle
dichiarazioni che vengono dagli Stati Uniti ci parla Paolo Mastrolilli:
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Ieri,
un attentatore suicida si è fatto esplodere in un caffè frequentato da sciiti
in un villaggio a nord di Baghdad, uccidendo circa 30 persone. Oltre 20
pellegrini, poi, hanno perso la vita in altri attacchi avvenuti nei pressi di
Karbala. Dal Pentagono, nel frattempo, è trapelata la notizia che almeno altri
5 mila militari si aggiungeranno ai 21 mila già inviati in Iraq, per condurre
la nuova operazione di sicurezza voluta dal presidente Bush. L’ondata di
violenza degli ultimi giorni coincide con la festa sciita in programma durante
il fine settimana e con la conferenza che si terrà sabato a Baghdad. L’Iran e
la Siria siederanno al tavolo con gli Stati Uniti, tutte le potenze regionali e
gli altri membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, per discutere come
stabilizzare l’Iraq. Il portavoce della Casa Bianca, ieri, ha detto che
Washington chiede a Teheran di fermare il flusso di uomini e mezzi, che
attraversano il confine per andare nel Paese vicino ad alimentare la
guerriglia. Nello stesso tempo, però, il portavoce del Dipartimento di Stato
non ha escluso che avvengano colloqui bilaterali tra i
diplomatici americani e quelli iraniani.
Da
New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Grave incidente oggi al posto di confine di Rafah, tra l'Egitto e la Striscia
di Gaza, dove c’è stato uno scontro a fuoco tra guardie palestinesi
appartenenti a corpi diversi. Cinque persone sono state ferite. Un portavoce
del gruppo di osservatori europei a Rafah ha detto che la stazione di confine è
stata chiusa fino a quando non sarà ristabilito
l'ordine.
- Per
la terza volta consecutiva in una settimana, in Iran centinaia di insegnanti
iraniani si sono radunati per una manifestazione di protesta davanti al
Parlamento a Teheran. I partecipanti al raduno - hanno riferito le agenzie
iraniane - innalzavano cartelli e scandivano slogan ostili nei confronti del
governo, del Parlamento e della radio-televisione di Stato, accusandoli di
indifferenza verso i loro problemi. All'origine delle proteste sono le
difficili condizioni economiche della classe insegnante nella Repubblica
islamica, con stipendi che non superano l'equivalente di poche centinaia di
euro al mese, largamente insufficienti per fronteggiare
un costo della vita in continuo aumento, specialmente nelle grandi città.
Avviene, così, che molti insegnanti sono costretti, come i dipendenti dello
Stato in diversi altri settori, a svolgere un doppio o addirittura un triplo
lavoro per sopravvivere.
-
Tredici morti e 27 feriti, molti dei quali in gravi condizioni. E' il bilancio,
ancora provvisorio
di un sanguinoso attentato compiuta la scorsa notte a Mogadiscio, contro le
truppe di pace ugandesi. Le vittime sarebbero tutte civili. Appena, ieri, gli
islamici somali avevano ribadito che avrebbero attaccato le truppe straniere
presenti sul territorio, invitando i giovani a combattere gli ''infedeli''.
L'agguato è scattato a notte fonda nell'area detta Chilometro
4, zona sud della capitale, non lontana dall'aeroporto, dove molto
spesso ci sono combattimenti. Sembra che ieri, nel corso di un altro attacco
alle forze di pace, due persone - ufficialmente civili, come sempre - siano
rimaste uccise, ed alcune ferite.
- In
Algeria, dopo l'uccisione di un giovane ad un posto di blocco della polizia,
una violenta sommossa è esplosa nella regione di Khenchela, 500 km ad est di
Algeri, dove per tenere sotto controllo la folla in sommossa, gli agenti hanno
sparato sulla popolazione uccidendo un altro ragazzo. Nel giugno 2001, violenti
scontri sono esplosi nella stessa zona provocando la morte di una donna e una
cinquantina di feriti.
- I
capi di Stato e di governo dell’UE si riuniscono stasera e domani a Bruxelles
per tentare di
rilanciare il confronto sulla Costituzione e raggiungere un accordo su un piano
di azione ambizioso per fronteggiare i cambiamenti del clima. Il cancelliere
tedesco Angela Merkel ha chiesto ai partner di lavorare per ''un risultato storico'',
che possa fare giocare all'Europa un ruolo di pioniere contro il riscaldamento
del pianeta. I 27 dovrebbero impegnarsi
a ridurre del 20% le emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 rispetto
ai livelli del
1990, ad aumentare del 20% l'efficienza energetica entro la stessa data e a
portare al 20% del totale dei consumi la quota di energia ottenuta da fonti
rinnovabili. A cena, il cancelliere illustrerà ai partner la bozza della
Dichiarazione di Berlino, per i 50 anni del Trattato di Roma, da cui dovrebbe ripartire il confronto sulle riforme istituzionali
della UE, dopo la bocciatura franco-olandese della Costituzione.
-
Distrutto nelle due guerre con la Russia, l'aeroporto Severny di Grozny, in
Cecenia, è stato riaperto oggi con il primo volo da Mosca. Il collegamento era
stato interrotto nel marzo 1999, quando il generale russo Ghennadi Shpigun,
responsabile del Ministero degli Interni russo per gli
affari ceceni, fu rapito da un gruppo di guerriglieri che si erano nascosti
nella stiva bagagli di un Tupolev 134 della compagnia cecena 'Askhab' con cui
l'ufficiale si accingeva a rientrare a Mosca per festeggiare l'8 marzo con la
moglie.
-
Un'esplosione che si è prodotta in una miniera di carbone nella
Cina centrale ha provocato la morte di 15 operai, confermando la macabra
fama dell'industria mineraria cinese. L'agenzia "Nuova Cina" afferma
che la miniera si trova nella contea di Shaodong e che l'esplosione è avvenuta
martedì scorso, per cause imprecisate. Dei minatori che erano al lavoro, 17 sono
sopravvissuti. L'anno scorso 4.746 minatori sono morti in Cina per esplosioni,
inondazioni e crolli nelle miniere.