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RADIOGIORNALE

Anno LI n. 65  - Testo della trasmissione di martedì 6  marzo 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Annunciare la verità con coraggio: sulle priorità per i media di oggi, richiamate da Benedetto XVI, è in corso in Vaticano la plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali: ai nostri microfoni Paolo Bustaffa e Claudio Mazza  

 

Quaresima, tempo del dono e del perdono: un commento del vescovo di Oristano, Ignazio Sanna

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Ghana celebra i 50 anni di indipendenza. Almeno 20 mila persone hanno partecipato alla cerimonia, tenutasi ad Accra, per ricordare l’anniversario: con noi mons. George Kuwami Kumi

 

Il rapporto tra etica ed economia nei processi di globalizzazione al centro del recente incontro tra i vescovi latinoamericani delegati del CELAM: ce ne parla mons. Alvaro Ramazzini Imeri

 

Un progetto per togliere dal lavoro in miniera i bambini boliviani: lo finanzia il film italiano "Rossomalpelo": intervista con il regista Pasquale Scimeca  e don Luigi Ciotti

 

Carlo Casini, fondatore del Movimento per la vita: è la famiglia fondata sul matrimonio il fondamento dello Stato. Così nel suo ultimo libro.  La riflessione dell'autore e di mons. Elio Sgreccia

 

CHIESA E SOCIETA’:

Al rientro dalla Terra Santa, il cardinale tedesco Karl Lehmann, auspica che quei luoghi non diventino “un museo vivente della cristianità”

 

A Bangalore, in India, è partita la campagna “Cento giorni di preghiera”

 

Messaggio della Chiesa sudcoreana “profondamente preoccupata” per la ripresa nel Paese asiatico degli esperimenti sugli embiorni

 

Appello dell’ONU in favore dei diritti delle donne in Afghanistan: le autorità dello Stato devono garantire giustizia alle tante vittime di violenze e abusi

 

Il segretario generale dell’ONU, Ban, ha nominato il nigeriano Ibrahim Gambari consigliere speciale per la ricostruzione dell’Iraq

 

 Internet: nuove norme in Italia per garantire la privacy. Vietato ai datori di lavoro pubblici e privati controllare la navigazione e la posta elettronica dei dipendenti

 

24 ORE NEL MONDO:

In Afghanistan, mentre montano le proteste contro le forze straniere, la Nato annuncia la sua più grande offensiva contro la guerriglia Taleban

 

 

 

 

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Il Papa e la Santa Sede

 

Rinunce e nomine

 

Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Dallas, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Victor Grahmann. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Kevin Joseph Farrell, finora ausiliare di Washington. Mons. Farrell, 49 anni, ha frequentato l’Università di Salamanca in Spagna, e poi la Pontificia Università Gregoriana a Roma. Sempre a Roma, ha ottenuto la licenza in Filosofia ed in Teologia all’Università di San Tommaso a Roma, quindi ha conseguito un "Master’s Degree" in "Business administration" all’Università statunitense di Notre Dame. Entrato nella Congregazione dei Legionari di Cristo nel 1966, dopo l'ordinazione sacerdotale ha svolto, tra l'altro, i seguenti incarichi: parroco, docente di studi economici, amministratore generale con responsabilità per seminari e scuole dei Legionari di Cristo in Italia, Spagna ed Irlanda, direttore del Centro cattolico spagnolo, segretario per gli Affari finanziari.

 

Sempre negli Stati Uniti, il Pontefice ha nominato vescovo di Lake Charles il sacerdote mons. Glen John Provost, del clero della diocesi di Lafayette, finora parroco della Our Lady of Fatima Parish a Lafayette. Il neo presule ha 47 anni e dopo aver frequentato l’High Immacolata Seminary, ha compiuto gli studi in letteratura inglese al Saint Joseph Seminary College di Saint Benedict, in Louisiana. Ha perfezionato gli studi quindi presso il Collegio Nord Americano di Roma, conseguendo il Bacellierato in Teologia all'Angelicum e il Master in Scienze umanistiche (letteratura inglese) presso la University of South Louisiana di Lafayette nel 1981. E' stato ordinato sacerdote nel 1975 nella Basilica di San Pietro e in seguito ha svolto, fra gli altri, gli incarichi di parroco, di giudice del Tribunale diocesano, membro del Board del Lafayette Catholic Service Center/Opelousas Housing Corporation. È stato nominato Cappellano di Sua Santità nel luglio 1988. Parla l’inglese, il francese, l’italiano e lo spagnolo.

 

 

Annunciare la verità con coraggio: sulle priorità per i media di oggi,

richiamate da Benedetto XVI, è in corso in Vaticano

 la plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali

 

Si è aperta ieri nell’Aula Vecchia del Sinodo, in Vaticano, l'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Tema dell'incontro, che si concluderà venerdì 9 marzo, è “Le priorità nelle comunicazioni sociali, per la Chiesa e per il nostro Consiglio”. Proprio nel suo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali di quest’anno, Benedetto XVI ha indicato alcune grandi sfide con le quali tutti gli operatori della comunicazione devono confrontarsi. In particolare, il Papa ha rivolto un appello ai media di oggi, affinché siano “responsabili”, “protagonisti della verità e promotori della pace”. Una riflessione sulle priorità per i media cattolici ci viene offerta da Paolo Bustaffa, direttore dell’agenzia SIR, intervistato da Alessandro Gisotti:   

 

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R. – Io vorrei rispondere con una frase che Benedetto XVI pronunciò ricevendo in udienza il 2 giugno scorso i media cattolici, i media della Conferenza episcopale italiana e quindi anche l’agenzia SIR, e la frase è questa: “Costruire ponti di comprensione e comunicazione tra l’esperienza ecclesiale e l’opinione pubblica”. Questo, credo, sia un primo compito fondamentale che racchiude poi tutte le grandi questioni che riguardano il linguaggio, che riguardano la professionalità, la credibilità e l’attendibilità del nostro servizio. Quindi, questo costruire ponti significa davvero mettersi in un atteggiamento di ascolto e racconto della realtà, cercando di individuare i valori, gli ideali più sentiti, più veri, quelli che danno significato pieno alla vita di ogni persona, di una società e di una comunità.

 

D. - La Chiesa e il Papa annunciano un messaggio. Spesso, però - basti pensare al caso clamoroso del discorso di Ratisbona - i media offrono un’informazione parziale, se non addirittura strumentale. Cosa possono fare i media cattolici per far passare la notizia in modo corretto e completo?

 

R. - Non è un lavoro facile, perché una volta che i “potenti”, i “grandi” mezzi di comunicazione stravolgono un messaggio, è davvero molto difficile per noi cercare di offrire degli elementi conoscitivi più profondi, più attendibili, più credibili perché l’opinione pubblica, le persone possano rendersi conto davvero di quello che è stato detto, di quello che è il pensiero, di chi ha parlato.

 

D. - Nel messaggio per l’ultima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, il Papa ha esortato i media di oggi ad essere protagonisti della verità. Come mettere in pratica questa esortazione nell’era della globalizzazione che propone spesso messaggi anche confusi?

 

R. – Io credo che sia possibile, grazie a un percorso che attraversi le coscienze delle persone. Il nostro compito è quello davvero di stimolare domande, di stimolare il desiderio di cercare la verità, cercare risposte che siano nel senso della verità. Questo credo lo si possa fare, si possa raggiungere tale obiettivo mettendo tutta la professionalità possibile - è un tema che continuamente richiamiamo - ma avendo noi stessi poi passione per la verità, quindi mettendoci anche noi alla ricerca della verità, insieme a tutti coloro ai quali noi ci rivolgiamo.

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Quali, invece, le priorità in un mezzo di comunicazione cattolico che opera a livello locale? Al microfono di Alessandro Gisotti, risponde Claudio Mazza, vicedirettore de “Il Segno”, mensile della diocesi di Milano, voluto nel 1961 dall’allora cardinale Giovanni Battista Montini:

 

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R. - La priorità è sostanzialmente ancora quella dettata da Montini con molta lungimiranza allora, già dal nome, lui lo volle chiamarlo “Il Segno” perché fosse un segno della presenza della Chiesa nella società, attraverso le parrocchie le famiglie e le famiglie cristiane. Questo è il senso della sua analisi di allora. Di pari passo doveva essere una specie di supporto ai bollettini parrocchiali. E’ uno strumento laico a servizio della Chiesa di Milano. Di fatto ci sono giornalisti professionisti, quindi non ha niente da invidiare agli altri mensili, agli altri settimanali. L’obiettivo che ci poniamo è quello di essere presenti all’interno del tessuto sociale e culturale della diocesi ambrosiana.  Questo deve interagire con lo stesso territorio e in un contesto di verità e di regole, avendo sempre davanti il bene della persona, della comunità. Certo in un confronto aperto con tutte le culture e le persone che convivono con noi in questo luogo e del nostro tempo.

 

D. - Qual è la risposta dei lettori, che cosa apprezzano in particolare del “Segno”, e com’è cambiata nel tempo la percezione da parte dei fedeli di questo mezzo di comunicazione diocesano?

 

R. - La percezione del mezzo è pressoché identica, questo per un motivo semplice, cioè che al “Segno” nella stragrande maggioranza sono collegate poi delle pagine di informatori locali, pagine locali a lui più vicine. Bollettini che raccontano la vita della parrocchia, la vita dell’associazione, dei movimenti, tutto quello che ruota attorno alla comunità cristiana, e questo è il primo dato di lettura. Poi c’è un secondo dato di lettura: non diamo un’attenzione solo al particolare che è la comunità, ma al tessuto diocesano e alla Chiesa in Italia e nel mondo. 

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Quaresima, tempo del dono e del perdono:

 un commento del vescovo di Oristano, Ignazio Sanna

 

Nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno, Benedetto XVI invita i fedeli a volgere lo sguardo a Cristo Crocifisso, e lo incentra sull’amore di Dio per l’uomo. Un tema, quello di "eros e agape" (due termini della cultura greca), che è già stato al centro della prima enciclica papale, Deus caritas est. Ascoltiamo in proposito, il commento di mons. Ignazio Sanna, teologo e arcivescovo di Oristano, al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. - Il Dio che presenta il Papa è un Dio amore e questo amore lo si rileva in maniera molto elevata in Gesù Crocifisso. L’amore che viene presentato non è una pura astrazione, non è pura ideologia ma è un modo concreto con cui Dio ha dimostrato al mondo di amare l’uomo, dando suo Figlio Gesù, che muore poi in Croce. Ora, in questo amore di Gesù c’è una duplice dimensione, dal punto dell’eros e dell’agape. Perché il Papa ritorna su questa unità dell’eros e dell’agape? Per recuperare in qualche modo l’eros nel cuore stesso di Dio, cioè quel Dio cristiano che ama è un Dio che manifesta la profondità dei suoi sentimenti. In tutta la storia della salvezza, che il Papa richiama nel suo messaggio, è presente questa profonda dimensione umana di Dio: un Dio che ama con il cuore, che è amico degli uomini e che è sensibile ad ogni bisogno dell’uomo.

 

D. – Mons. Sanna, è interessante, proprio su questo punto, che il Papa descriva la storia della Salvezza, il rapporto tra Dio e il suo popolo, quasi come una storia d’amore in cui l’uomo sedotto dal maligno rifiuta questo amore e Dio, alla fine, giunge proprio al sacrificio più alto, donando prima suo Figlio e giungendo poi al sacrificio della Croce. E’ una lettura questa - dal punto di vista biblico, teologico - nuova, forte?

 

R. – Indubbiamente sì, perché intanto fa vedere come questa parola “amore” - che il Papa ha detto in altre occasioni è consumata, è sciupata - vada presentata nella sua profonda essenza che comprende due dimensioni: interiorità, come pure una oblatività, ma anche partecipazione esteriore, quella di un Dio che si commuove, che interviene, che aiuta, che corregge anche, a seconda delle circostanze. Quindi, non un Dio lontano, ma un Dio che è coinvolto nella storia dell’uomo. A questo riguardo poi, il Papa dice: “Se Dio è carità e questa carità la si rivela in questa profonda dimensione, quale deve essere la risposta del cristiano a questo amore?” Il Papa utilizza un’espressione: parla della Quaresima come "tempo eucaristico". E’ un’espressione interessantissima, perché mette in evidenza come il modo più concreto di testimoniare che Dio è amore sia quello di dare amore e l’uomo deve dare amore perché lo ha ricevuto, deve donare agli altri quello che ha ricevuto, oppure donare perché si è donati, perdonare perché si è perdonati. Questa è un’indicazione molto interessante, molto significativa, di questo messaggio del Papa.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle Lettere quaresimali dei vescovi italiani

 

Servizio estero - Afghanistan: la NATO annuncia una vasta offensiva nel sud contro i guerriglieri talebani

 

Terza Pagina - Un articolo di Irene Iarocci su alcune caratteristiche salienti della lingua giapponese

 

Servizio italiano - In primo piano, il dibattito sull’Afghanistan


 

 

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Oggi in Primo Piano

 

Il Ghana celebra i 50 anni di indipendenza. Almeno 20 mila persone

 hanno partecipato alla cerimonia, tenutasi ad Accra,

 per ricordare l’anniversario

 

Si celebra oggi il 50.mo anniversario dell’indipendenza del Ghana, primo Paese dell’Africa subsahariana ad ottenere la libertà dal dominio coloniale. In vista di questa importante ricorrenza, la Chiesa ha proclamato il 2007 “Anno di grazia del Signore”, proponendo alle diocesi e alle parrocchie di conferire un’accentuata impronta giubilare alle celebrazioni liturgiche dell’anno. Sul significato di questo anniversario e sulla situazione del Ghana, ascoltiamo il vicario generale della diocesi di Sunyani, mons. George Kwame Kumi, al microfono di Amedeo Lomonaco:

 

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R. – Today is a very special day for Ghana, because it a day that we are celebrating ...

Oggi, per il Ghana è una giornata veramente speciale, perché festeggiamo i nostri 50 anni di d'indipendenza del Paese, in Africa. Negli ultimi 50 anni, abbiamo affrontato e superato molte difficoltà e sfide, ma abbiamo avuto anche momenti di grande incoraggiamento e di successo in termini di sviluppo economico e specialmente per quanto riguarda lo sviluppo della Chiesa. Dopo la nostra indipendenza, la Chiesa ha avuto una forte crescita. Oggi, in Ghana, regna la vera democrazia: abbiamo molte stazioni radio ed anche molti quotidiani, la gente può parlare liberamente ed esprimere le proprie opinioni senza alcun timore di essere arrestata, come avveniva al tempo del regime militare. Per quanto riguarda l’economia, abbiamo avuto grandi difficoltà a causa dell’instabilità nel nostro governo.

 

D. – Qual è attualmente la situazione della Chiesa nel Paese africano?

 

R. – For the Church, I would say, the Church has improved tremendously since ...

Per quanto riguarda la Chiesa, direi che essa ha avuto un grandissimo sviluppo dalla nostra indipendenza. Dal quel giorno, molte Chiese del Ghana, compresa la Chiesa cattolica, hanno visto una grande crescita, sostenute dalle Chiese sorelle in Europa e in America. Ci consideriamo un Paese africano alla guida di altri Paesi africani, e vogliamo costruire e contestualizzare la Chiesa nella nostra situazione africana nel miglior modo possibile.

 

D. – Quali sono i tratti peculiari delle celebrazioni in Ghana per questo importante anniversario?

 

R. – Today, we are now in the big Independence Square in Accra and look at the 

Ci troviamo oggi nella Piazza dell’Indipendenza, ad Accra, e stiamo guardando la televisione. Sono presenti molti capi di Stato e gente venuta da ogni parte del Paese: è una grande festa! La gente indossa i costumi tradizionali, che sono molto colorati. Il presidente terrà un discorso e ci saranno altri presidenti di altri Paesi che a loro volta parleranno. Le autorità e la gente semplice si uniscono per festeggiare: diranno parole di incoraggiamento per tutti e di sostegno per costruire un futuro che consenta al Paese di crescere in termini di economia, di politica e di religione.

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Il rapporto tra etica ed economia nei processi di globalizzazione

 al centro del recente incontro tra i vescovi latinoamericani delegati del CELAM

 

“Globalizzazione, superamento della povertà e iniquità”. E’ il tema al centro dell’incontro, conclusosi sabato scorso, tra vescovi latinoamericani delegati del CELAM ed un gruppo di economisti, tra cui Michel Camdessus, ex direttore del Fondo monetario internazionale. Si è discusso, in particolare, del rapporto tra etica ed economia alla luce della centralità della persona umana nei processi di sviluppo. I presuli hanno sottolineato come la Chiesa metta l’accento su un’economia che non sia slegata dall’etica. Ma come viene accolto questo impegno in America Latina in vista della quinta Assemblea generale delle Conferenze episcopali di America Latina e Caribe, che si terrà a maggio ad Aparecida, in Brasile, e sarà aperta da Benedetto XVI? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a mons. Álvaro Ramazzini Imeri, vescovo di San Marcos e presidente della Conferenza episcopale del Guatemala:

 

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R. – Credo che adesso la sfida sia come riuscire a far sì che venga accolto questo legame tra etica ed economia. E credo che dovremmo discutere, noi tutti che parteciperemo alla V Conferenza di Aparecida, per riuscire a trovare le strade più pratiche, affinché questo si avveri.

 

D. – Come si rapporta la Chiesa al fenomeno della globalizzazione nel contesto latinoamericano?

 

R. – Noi vediamo che il processo della globalizzazione in America Latina ha delle conseguenze piuttosto negative e poco positive: i processi di impoverimento delle grandi popolazioni aumentano. Noi, che vediamo la realtà delle comunità nei villaggi, nei paesini, constatiamo come quelli che potrebbero essere gli effetti positivi della globalizzazione vadano in favore soltanto di determinati gruppi che diventano più ricchi. Ecco perché una delle conclusioni alle quali siamo giunti in questo incontro è stata quella di verificare l'aumento del divario tra ricchi e poveri. Per questo, dobbiamo cercare di far cambiare questi effetti negativi, anche perché la grande domanda è questa: chi è responsabile dei processi di globalizzazione? Alla fine, si può rispondere: quelli che si arricchiscono di più. Il fenomeno della globalizzazione, in questo momento in America Latina, rende i poveri ancora più poveri.

 

D. – Quali sono i problemi che preoccupano la Chiesa in America Latina e, in particolare, in Guatemala?

 

R. – La mancanza di rispetto per la vita umana. Poi, ci preoccupa la violenza, che è frutto anche della povertà, ci preoccupa la disintegrazione delle famiglie, anche perché spesso il lavoro obbliga i genitori a stare fuori casa tutto il giorno. Ma ci preoccupa molto anche la delusione della maggioranza dei giovani, che non vedono per loro un futuro migliore. Ci preoccupa l’emigrazione, in aumento soprattutto verso gli Stati Uniti. Ci preoccupano molto anche l’aumento del narcotraffico, il divario tra fede e vita di tanti cristiani, cui fa seguito l’incapacità di considerarsi davvero discepoli, di non vivere il loro battesimo. Ci preoccupa infine il proselitismo aggressivo delle sette fondamentaliste non cattoliche, che offrono una proposta di vita che – in molti casi – non ha nulla a che vedere con il vero Vangelo del Signore Gesù. Tutte queste sono cose che ci preoccupano.

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Un progetto per togliere dal lavoro in miniera i bambini boliviani:

 lo finanzia il film italiano "Rossomalpelo"

 

Cinquecentomila euro per mille bambini: con questo slogan si presenta il “Progetto Rossomalpelo” diretto a contrastare il lavoro dei bambini nella regione del Potosí, in Bolivia. L’iniziativa - che coinvolge il Movimento Laici America Latina, l’Associazione Libera, i sindacati e altre realtà della società civile - verrà finanziata interamente con i proventi del film "Rossomalpelo" di Pasquale Scimeca, che uscirà nelle sale il prossimo aprile. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

 

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Era l’Italia di 100 anni fa, quella raccontata da Giovanni Verga nella novella di "Rosso Malpelo", bambino minatore delle solfatare siciliane. Un fenomeno che oggi non esiste più in Italia, anche se in molti Paesi del mondo sono centinaia di migliaia i bambini che scavano ancora e non per gioco. Il regista, Pasquale Scimeca:

 

“Il problema è che ancora oggi, nel mondo, ci sono più di un milione di bambini che vivono e che vengono sfruttati nel lavoro dentro le miniere. Si tratta, quindi, di un tema, purtroppo, ancora di grande attualità. Io credo che sia una delle grandi vergogne dell’umanità”.

 

L’intero ricavato del film servirà a finanziare un progetto di sviluppo e sostegno sociale nella regione mineraria del Potosí, in Bolivia, dove il 13,7 per cento dei bambini sotto i cinque anni sono denutriti, il tasso di scolarizzazione è di appena il 40 per cento e dove più della metà della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. Ancora Scimeca:

 

“Credo che ci sia un problema di etica che viene prima di qualsiasi cosa, un problema di morale. Io posso capire che ci siano delle realtà dove i bambini hanno quasi il bisogno di lavorare perché c’è la miseria, la povertà per cui ognuno porta a casa qualcosa, anche un bambino porta a casa qualcosa. Però, in questo caso – così come per la schiavitù – non è giusto”.

 

Le organizzazioni specializzate delle Nazioni Unite stimano che oggi i bambini costretti a svolgere lavori pesanti e pericolosi, spesso in stato di semi-schiavitù, siano 218 milioni: oltre un milione lavorano nelle miniere del pianeta, in Asia, Africa e America Latina. Una piaga che si può contrastare però con politiche e interventi efficaci, come dimostrano i dati più recenti. Sentiamo don Luigi Ciotti, presidente dell’Associazione “Libera”:

 

“Prendo ad esempio, il Brasile e il Messico, dove c’è stata una diminuzione del 66%: un grande investimento sui giovani, per cui oggi abbiamo solo un 5 per cento di minori tra

 

i 5 e i 14 anni che lavorano. Servono leggi adeguate, interventi di politica sociale, sostegno alle famiglie...”.

 

Non basta, però, pensare ai soli bisogni dei bambini: per poterli liberare, serve un serio contrasto anche al crimine organizzato, che li sfrutta come merce preziosa. Ancora don Luigi Ciotti:

 

“Cinquanta milioni di bambini all’anno nascono e non vengono riconosciuti, diventano invisibili: non vanno a scuola, non hanno il diritto di avere diversi servizi e li ritroviamo poi usati in vari tipi di circuiti. Forme di lavoro forzato, forme di schiavitù, anche. Proviamo a combattere tutto questo a livello internazionale”.

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Carlo Casini, fondatore del Movimento per la vita:

è la famiglia fondata sul matrimonio il fondamento dello Stato

 

È necessario sostenere la famiglia fondata sul matrimonio. Così si è espresso ieri Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, alla presentazione, presso la nostra emittente, del suo ultimo libro: “Unioni di fatto, matrimonio, figli tra ideologia e realtà”. Un volume che arriva proprio mentre il disegno di legge sulle unioni di fatto (DICO) inizia l’iter parlamentare nel Parlamento italiano. Il servizio di Isabella Piro:

 

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Nel cuore dell’uomo c’è scritto un bisogno di eternità, a cui la famiglia dà una risposta naturale: quella dell’amore gratuito e stabile. E’ stata questa la riflessione da cui è partito Carlo Casini per presentare il suo ultimo libro. Un volume diviso in due parti: nella prima, si analizzano concetti fondanti della società, come la famiglia, appunto, i figli e l’amore. Nella seconda parte, invece, vengono analizzati ed esposti gli aspetti giuridici e le domande più ricorrenti nel dibattito sui DICO, un dibattito che nasconde un grosso rischio:

 

"Gran parte del dibattito che si sta svolgendo ha come anima l’ideologia, non quello che si dice, cioè l’aiuto verso le persone più deboli: non è così, è che si vuole imporre una certa ideologia. Perchè la dimensione dell’esercizio della sessualità, quale essa sia, è il bene pubblico da proteggere e questo, parliamoci chiaro, è collegato a una certa visione edonistica della vita. Nessuno può impedire fisicamente a due persone, anche dello stesso sesso, di fare quello che vogliono e di vivere o no insieme. Lo Stato in qualche modo garantisce questa libertà, ma questa libertà che è garantita dallo Stato va collocata nell’ambito del diritto privato".

 

Difendere la famiglia fondata sul matrimonio, dice ancora Casini, non è appannaggio esclusivo dei cattolici, ma è un compito che spetta a tutta la società, anche quella laica:

 

"L’articolo 29 della Costituzione che parla della 'famiglia fondata sul matrimonio' è stato approvato a grandissima maggioranza non in Vaticano ma dai rappresentanti del popolo italiano. L’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, anch’essa dichiarazione 'laicissima', dice che la famiglia è il fondamento dello Stato. Allora il matrimonio è il fondamento del fondamento dello Stato".

 

Sullo stretto legame tra famiglia e vita, invece, si è soffermato mons. Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che ha poi sottolineato il rischio di sovvertire la legge naturale, consentendo le unioni di fatto anche tra omosessuali:

 

R. - La famiglia prevede un’integrazione tra l'uomo e la donna, una complentarietà fisica, affettiva, eccetera. Ora, nell’omosessualità non c’è la complementarietà, non c’è l’apertura alla procreazione quindi si passano i limiti della legge naturale.

 

D. - In questo contesto, allora, come possono intervenire i cattolici?

 

R. - Devono anzitutto informarsi bene, quindi avere una formazione di coscienza propria, loro, e che siano unanimi, perché la verità nell’ambito della ragione, ma anche della fede, non consente le contraddizioni e i compromessi.

 

Il nostro 'no' ai DICO è soprattutto un 'sì' alla famiglia, ha concluso Carlo Casini. Non c’è bisogno, quindi, di alcuna legge specifica per tutelare la dignità delle persone conviventi:

 

"Le singole persone che vivono una situazione di convivenza sono coperte da una dignità umana che è uguale per tutti. Quindi, se c’è un qualche spazio in cui questa dignità umana merita attenzione, non lo si fa con una legge sui PACS ma lo si fa guardando ai singoli settori dell’ordinamento giuridico. Io, che sono giurista, li ho già guardati e posso dire che non manca nulla già ora".

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Chiesa e Società

 

 

Al rientro dalla Terra Santa, il cardinale tedesco Karl Lehmann,

auspica che quei luoghi non diventino “un museo vivente della cristianità”

 

"La Terra Santa non può diventare un museo vivente della cristianità": il commento – riportato dall’agenzia SIR - del cardinale Karl Lehmann, presidente dei vescovi della Germania, al rientro domenica scorsa dal primo pellegrinaggio compiuto in Terra Santa, dai presuli delle 27 diocesi tedesche. "Siamo venuti come pellegrini", ha affermato il cardinale Lehmann ricordando gli incontri avuti con i cristiani del luogo e le visite alle loro scuole e strutture. "In Terra Santa esiste una Chiesa cattolica vitale non solo per la propria vita spirituale, ma anche per il lavoro a livello sociale", ha osservato il porporato, citando l'Ospedale pediatrico della Caritas a Betlemme. "E’ impressionante – ha aggiunto - la portata del contributo della Chiesa in Terra Santa alla vita sociale attraverso scuole e strutture sociali di qualsiasi genere. Vogliamo contribuire a far sì che i cristiani qui possano avere un futuro. Incoraggiamo tutti i credenti a compiere pellegrinaggi in Terra Santa”. Tra le tappe significative del viaggio, il presidente dei vescovi tedeschi ha indicato la visita al memoriale dell'Olocausto di Yad Vashem: “per tutti i tedeschi – ha sottolineato infine - resta indispensabile confrontarsi con il genocidio degli Ebrei sia nel presente che nel futuro". (R.G.)

 

 

A Bangalore, in India,  è partita la campagna “Cento giorni di preghiera”

 

Si chiama "Cento giorni di preghiera", la campagna lanciata nell’arcidiocesi di Bangalore, in India, dal gruppo ecclesiale Jesus Youth Group. Iniziata il Mercoledì delle Ceneri continuerà fino alla Pentecoste. I giovani pregheranno incessantemente “prima di tutto per lo Stato e per la popolazione del Karnataka", ha spiegato Frijo Francis, rappresentante locale del movimento, all’agenzia "Fides". La campagna si divide in due periodi: dal Mercoledì delle Ceneri fino a Pasqua e dalla Pasqua fino a Pentecoste. “Preghiamo per tutte le necessità che abbiamo individuato nel nostro territorio: l’unità delle famiglie, il recupero dei tossicodipendenti, i disoccupati, gli studenti, i poveri, i sofferenti. Abbiamo preparato un piccolo sussidio per la preghiera che segnala le necessità più urgenti della nostra gente. Lo abbiamo distribuito chiedendo a tutti fedeli di unirsi alla nostra iniziativa”. Il "Jesus Youth Group" è un movimento giovanile di stile carismatico e missionario a servizio della Chiesa cattolica che vuole portare Gesù Cristo ai giovani, con modalità e strumenti propri dei giovani. Nato negli anni Settanta nello Stato indiano del Kerala, coinvolge un numero crescente di giovani negli incontri di preghiera e nelle iniziative missionarie. Ha il suo centro in India, ma oggi è presente anche in altri Paesi dell’Asia, in America e in Europa e conta in totale oltre 30 mila giovani in oltre venti Paesi. (R.G.)

 

 

 

 

Messaggio della Chiesa sudcoreana “profondamente preoccupata”

 per la ripresa nel Paese asiatico degli esperimenti sugli embiorni

 

La Chiesa coreana si dice “profondamente preoccupata” per la ripresa degli esperimenti sugli embrioni umani, ricordando che “ci sono altre strade che la ricerca può intraprendere, senza per questo dover manipolare la vita”. Così si legge nel messaggio della Commissione per la vita dell’arcidiocesi di Seoul - ripreso dall’agenzia “AsiaNews” - dal titolo “La posizione cattolica sulla legge che regola la bioetica”. A tal proposito, mons. Andrew Yeom Soo jung, presidente della Commissione, osserva che “fare ricerca sulle cellule staminali embrionali significa manipolare l’embrione, e quindi l’uomo. Queste ricerche - aggiunge - si basano su interessi commerciali e logiche che guardano solo al profitto: non nascono da preoccupazioni sulla medicina”. La ricerca sulle embrionali, prosegue il messaggio, “porta con sé un problema etico molto serio: quanto sia lecito distruggere una nuova vita, che non può difendersi in alcun modo, per curarne un’altra”.  La Chiesa, chiarisce ancora la nota, “non è contraria alla ricerca o all’innovazione. Al contrario, sostiene la ricerca sulle cellule staminali adulte, e continuerà a farlo”. Da qui l’invito “a rinunciare ad ogni tipo di ricerca embrionale”, “per la crescita etica della società”. Il messaggio è stato inviato al governo, che in questi giorni delibera sulla ripresa della ricerca embrionale e sui limiti applicabili ai ricercatori in base alla nuova legge sulla bioetica. (R.G.)

 

 

Appello dell’ONU in favore dei diritti delle donne in Afghanistan:

le autorità dello Stato devono garantire giustizia

alle tante vittime di violenze e abusi

 

Le autorità dell’Afghanistan devono assicurare che ''sia fatta giustizia alle vittime'', considerato che una donna su tre, in questo Paese, subisce sevizie e abusi sessuali, spesso consumati all'interno della famiglia, che restano quasi sempre impuniti. La denuncia ieri di Richard Bennett, responsabile ONU per i diritti umani a Kabul. ''Mettere fine all'impunità non è un atto politico, ma un diritto essenziale delle vittime, in tempo di pace o in tempo di conflitto'', ha sottolineato Bennett a margine del dibattito sul progetto di legge di amnistia adottato il mese scorso dal Parlamento afghano, ma non ancora promulgato dal presidente Hamid Karzai. Legge che cancellerebbe i crimini di guerra commessi in trent'anni di conflitti e che è stata duramente contestata dalla delegazione ONU a Kabul, oltre che dai gruppi in difesa dei diritti umani. Bennett ha sottolineato che la condizione della donna in  Afghanistan ''ha fatto dei progressi reali'' dopo la caduta del regime dei Taleban nel 2001, ''ma molto resta da fare e non si può tornare indietro''. Milioni di ragazze sono infatti tornate a scuola e ''le donne iniziano a svolgere un ruolo sempre più rilevante nella società civile'', ha osservato Bennett. Riferendosi alla vita politica, il responsabile ONU ha evidenziato però che il ruolo delle donne resta molto marginale, nonostante nel Parlamento - grazie ad un sistema di quote - rappresentino il 27 per cento delle presenze. (R.G.)  

 

 

 

 

 

 

Il segretario generale dell’ONU, Ban, ha nominato il nigeriano Ibrahim Gambari consigliere speciale per la ricostruzione dell’Iraq

 

Il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha nominato il nigeriano Ibrahim Gambari consigliere speciale per l'Iraq Compact, il programma per la ricostruzione del Paese nel dopo Saddam Hussein, e lo ha inviato come prima missione in Arabia Saudita. Gambari, ha riferito la portavoce di Ban, Michelle  Montas, si trova in Arabia Saudita da sabato, dove ha visitato Riad e forse andrà a Gedda. Gambari è stato vice di Kofi Annan per gli Affari politici ed è stato sostituito dall'americano Lynn  Pascoe. (R.G.)

 

 

Internet: nuove norme in Italia per garantire la privacy. Vietato ai datori di lavoro pubblici e privati controllare la navigazione e la posta elettronica dei dipendenti

 

Nuove norme in Italia a tutela della privacy su Internet. I datori di lavoro pubblici e privati non potranno controllare la posta elettronica e la navigazione in Rete dei dipendenti, se non in casi eccezionali. Lo ha stabilito il Garante per la privacy, rilevando che "spetta al datore di lavoro definire le modalità d’uso di tali strumenti ma tenendo conto dei diritti dei lavoratori e della disciplina in tema di relazioni sindacali". Il Garante prescrive ai datori di lavoro di informare sulla possibilità che vengano effettuati controlli, ma vieta che si possa in modo sistematico leggere e registrare le e-mail e monitorare le pagine web visualizzate dal lavoratore, configurandosi un controllo a distanza vietato dallo Statuto dei lavoratori. E per questo sono prescritte una serie di misure tecnologiche e organizzative per prevenire la possibilità - prevista solo in casi limitatissimi – di analizzare il contenuto della navigazione in Internet e di aprire messaggi di posta elettronica contenenti dati necessari all’azienda. Al datore di lavoro è richiesto inoltre di adottare ogni misura in grado di prevenire il rischio di utilizzi impropri, così da ridurre controlli successivi sui lavoratori. Per quanto riguarda Internet è opportuno ad esempio, indica il garante: individuare preventivamente i siti considerati correlati o meno con la prestazione lavorativa; utilizzare filtri che prevengano determinate operazioni, quali l'accesso a Siti inseriti in una sorta di black list o il download di file musicali o multimediali. Il Garante ha chiesto infine particolari misure di tutela in quelle realtà lavorative dove debba essere rispettato il segreto professionale garantito ad alcune categorie, come ad esempio i giornalisti. (R.G.)


 

RADIO VATICANA

Radiogiornale

24 Ore nel Mondo

 

- Il forte terremoto che ha colpito oggi l'Indonesia e Singapore ha causato almeno 80 morti nell'isola di Sumatra, secondo quanto affermano primi bilanci. Colpiti in particolare il distretto di Tanah Datar e quello di Solok. L'Istituto nazionale di geofisica americano ha reso noto che la magnitudo del sisma è stata di 6.3 sulla scala Richter e l'epicentro, nella parte centrale di Sumatra, ad una profondità di 30 km. Gli uffici dell’UNICEF fanno sapere che ''sono state distrutte scuole ed edifici pubblici e saranno necessari rifugi e materiale sanitario''.

 

- Stava conducendo un’inchiesta su un presunto piano per un traffico clandestino di armi russe ad alta tecnologia con Siria e Iran Ivan Safronov, il giornalista ed ex colonnello, morto venerdì a Mosca dopo essere precipitato da una finestra del caseggiato dove abitava. Lo sostiene Kommersant, il quotidiano per il quale Safronov lavorava. Il giornalista, che aveva recentemente partecipato alla fiera degli armamenti ad Abu Dhabi, aveva confidato a dei colleghi di voler verificare alcune informazioni su possibili rifornimenti segreti di caccia Sukhoi 30 alla Siria e di complessi missilistici S-300 all'Iran tramite la Bielorussia. Contratti occultati per evitare le critiche occidentali. La procura di Mosca, affermano Kommersant e l'agenzia Ria Novosti, ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio. Il segretario dell'Unione dei giornalisti russi, Igor Iakovenko, ha annunciato un’inchiesta parallela della stampa: “E' ovvio che non si tratti di un suicidio”, ha detto alla radio Eco di Mosca.

 

- In Afghanistan, mentre montano le proteste contro le forze straniere, la NATO annuncia l'inizio della sua ''più grande offensiva'' insieme con l'esercito afghano nel sud del Paese contro la guerriglia talebana. L’operazione, chiamata "Achille", coinvolge 5.500 uomini e sarà concentrata sul nord della provincia di Helmand, dove i talebani occupano in particolare da oltre un mese il capoluogo del distretto di Musa Qala. E proprio nella stessa zona, che tra l’altro è ben nota per l’alta produzione di droga, i talebani afghani hanno annunciato di aver sequestrato un cittadino britannico e due afghani. Anche l'inviato del quotidiano italiano La Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, non ha più contatti con il suo giornale da domenica scorsa. Il Ministero degli esteri italiano sta effettuando delle verifiche. A proposito delle proteste, bisogna dire che un migliaio di studenti hanno manifestato nelle ultime ore a Jalalabad, nell'est dell'Afghanistan, per esigere la partenza di quelle che definiscono “forze di occupazione”, due giorni dopo l'uccisione nella stessa area di almeno 12 persone, di cui nove civili, causata secondo i testimoni da tiri dell'esercito americano. Uno dei leader della manifestazione - confinata da stretti cordoni della polizia nella zona dell'università - ha detto: ''Le forze internazionali sono venute in Afghanistan per  garantire la sicurezza, ma ora uccidono i civili. Noi vogliamo che il nostro governo giudichi i soldati coinvolti nella morte di civili”. Sulla difficile situazione in Afghanistan, Salvatore Sabatino ha intervistato Guido Olimpio, esperto di terrorismo del Corriere della Sera:

 

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R. - I talebani sono stati molto attenti fino ad oggi a non colpire “all’irachena”, nel senso che non si fanno saltare in mezzo agli afghani, ma cercano di colpire obiettivi americani o comunque obiettivi occidentali. Questo per spingere poi alle rappresaglie e le rappresaglie ovviamente portano reclute e supporto alla guerriglia.

 

D. - Qual è la strategia che sta adottando l’America in Afghanistan?

 

R. - E’ una strategia di contenimento, visto che sappiamo bene che sia le forze americane che comunque quelle alleate sono scarse, non sono sufficienti a fronteggiare l’emergenza. Quindi, cercano di utilizzare forze speciali, hanno aumentato l’uso dell’aviazione ed esso, se da una parte comporta meno rischi per chi attacca, può portare a errori, perché i talebani si mescolano alla popolazione civile, non sono in divisa, quindi uno può colpire una casa ritenendo che sia un rifugio e invece è semplicemente un’abitazione civile.

 

D. - Si attende questa grande offensiva di primavera da parte dei talebani. In che modo, secondo te, gli Stati Uniti possono bloccarla concretamente?

 

R. – I talebani, di fatto, l’offensiva l’hanno già iniziata con una raffica di messaggi accompagnati da qualche attacco ma soprattutto messaggi propagandistici. Gli americani ora stanno cercando di controbattere questo. Sul campo, forse cercheranno di lanciare delle azioni mirate, di contrastare delle operazioni in modo da annunciare perdite da parte di talebani, cattura di elementi. Io non credo a grandi scontri perchè questo esporrebbe i talebani al volume di fuoco della coalizione.

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- Un'autobomba nella parte ovest di Baghdad ha ucciso tre persone e ferito altre dieci, tutti pellegrini che in processione si dirigevano verso la città santa sciita di Kerbala. Ieri, sono morti nove soldati statunitensi, in due diversi episodi: uno nella provincia di Salaheddin - che ha come capoluogo la cittadina di Tikrit, luogo di nascita ed ex feudo di Saddam Hussein, nel cosiddetto "triangolo sunnita" - l’altro nella provincia di Diyala, lacerata da violenza fra sciiti e sunniti. 

 

- In Medio Oriente, almeno quattro razzi sono stati sparati dal nord della Striscia di Gaza verso la vicina città israeliana di Ashqelon. Intanto, un nuovo incontro fra il premier israeliano Olmert e il presidente palestinese, Abu Mazen, dovrebbe avere luogo a Gerusalemme domenica o nei giorni immediatamente successivi. Lo anticipa il quotidiano Maariv, aggiungendo che l'obiettivo di Olmert è rilanciare trattative con Abu Mazen, fermo restando il boicottaggio israeliano verso i dirigenti di Hamas. Secondo il giornale, il premier israeliano è persuaso che sia ancora possibile convincere Abu Mazen a non varare il governo di unità nazionale, basato su una cooperazione fra al-Fatah e Hamas.   

 

- La Cina invita l'Iran a lavorare con l'Agenzia Internazionale per l'Energia atomica (AIEA) e a ''valorizzare i canali di comunicazione” rappresentati dalla Russia e dall'Unione Europea. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri di Pechino, Li Zhaoxing. I Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU sono impegnati in questi giorni a decidere se e quali nuove sanzioni imporre a Teheran per il suo rifiuto di sospendere la produzione di uranio che potrebbe essere usato per la produzione di armi atomiche. Il 23 dicembre scorso, il Consiglio ha approvato una prima serie di sanzioni economiche, dando all'Iran 60 giorni di tempo per sospendere la produzione di uranio minacciando in caso contrario nuove sanzioni. ''Nulla è più importante della pace - ha concluso Li - e tutta la comunità internazionale trarrebbe un grande beneficio dalla ripresa delle trattative".

 

- Oltre 50 anni dopo la fine della  guerra di Corea, negoziatori di Stati Uniti e Corea del Nord hanno tenuto la prima storica tornata di colloqui sui passi necessari per riaprire le relazioni diplomatiche dopo l'accordo di Pyongyang allo smantellamento del programma nucleare. Il vice ministro degli Esteri nordcoreano, Kim Kye Gwan, e l'assistente segretario di Stato americano, Christopher Hill, si sono incontrati ieri in serata al Waldorf Astoria di New York e  torneranno a vedersi oggi.

 

- Uno dei principali consiglieri del presidente sudcoreano Roh Moohyun, l'ex premier Lee Haechan, è in partenza per la Corea del Nord. Fonti politiche a Seoul parlano di un nuovo vertice intercoreano, dopo quello che nel giugno 2000 diede l'avvio alla "politica del  sorriso" del Sud verso il Nord. Tale politica era stata frenata lo scorso anno dalla crisi  missilistico-nucleare nordcoreana e il viaggio del consigliere  (pur solo nelle vesti di esponente dell'Uri, il partito di  maggioranza nella Corea del Sud) è il principale sviluppo nelle relazioni fra Seul e Pyongyang da oltre sei anni.

 

- E c’è da dire che la Corea del Nord è impegnata anche in colloqui bilaterali con il Giappone: colloqui previsti nell'ambito dei cinque gruppi di lavoro decisi dall'accordo internazionale sul nucleare nordcoreano firmato a Pechino il 13 febbraio scorso. Come precondizioni per partecipare alle forniture assistenziali ed energetiche a Pyongyang previste dall'accordo, il governo giapponese chiede una soluzione di una vicenda di rapimenti risalenti alla fine degli anni Settanta: si tratta di 17 giapponesi che furono sequestrati da agenti nordcoreani per motivi mai completamente chiariti. Cinque furono rimpatriati nel 2002 mentre gli altri 12, secondo Pyongyang, sono morti oppure non sono mai stati condotti in Corea del Nord.

 

- Soldati della forza africana di pace per la Somalia sono atterrati stamani a Mogadiscio, la capitale del Paese. Testimoni parlano di tiri di mortaio ma senza vittime. C’è da dire che le milizie islamiche, cacciate alla fine dell'anno dalle regioni della Somalia di cui nei mesi precedenti avevano preso il controllo, avevano minacciato di attaccare i soldati della forza di pace inviati dall'Unione Africana (UA). Una prima parte della forza di pace - circa una trentina di ufficiali ugandesi - erano giunti il 1 marzo a Baidoa, cittadina a nord-ovest  di Mogadiscio. Il contingente ugandese è il primo a schierarsi in Somalia.  C’è poi l’impegno da parte di Nigeria, Burundi, Malawi e Ghana. Intanto, a Mogadiscio la guerriglia urbana - che si incrocia anche con scontri tra clan rivali - è sempre più violenta.

 

- Scontri fra l'esercito filippino e guerriglieri separatisti del Fronte Moro di liberazione islamica (MILF) hanno provocato 17 morti - 16 ribelli e un militare - nel sud delle Filippine.  Il Fronte Moro, che rivendica di avere 12.000 membri, lotta dal 1978 per l'autonomia di Mindanao, isola a maggioranza musulmana in un arcipelago la cui popolazione è a stragrande maggioranza cattolica. Nella stessa area, opera anche un altro gruppo separatista islamico, Abu Sayyaf. Nel 2003, è stata firmata una tregua per consentire l'apertura di negoziati di pace, che attualmente si trovano in un vicolo cieco.

 

- Sono complessivamente 113, tra cui quattro donne, i clandestini giunti nel corso della notte a Lampedusa in quattro sbarchi successivi. I primi due interventi sono stati effettuati tra l'1.30 e le 2.30 da una motovedetta della Guardia di finanza, che ha soccorso 37 immigrati su un gommone a 15 miglia a sud dell'isola e altri 38 a nove miglia. Altri due gommoni, entrambi con 19 extracomunitari, sono stati invece intercettati a sud-est dalla costa. (A cura di Fausta Speranza)