RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 64
- Testo della trasmissione di lunedì
5 marzo 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
In
udienza dal Papa, l'arcivescovo luterano Anders Wejryd
Al via, in
Vaticano, la plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali
Giunta in
Vietnam per una settimana di incontri la delegazione vaticana guidata da mons.
Parolin
Oggi su
“L’Osservatore Romano”
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nel messaggio
quaresimale dei vescovi dello Sri Lanka, l’appello a pregare per la pace nel
Paese
Aperte ufficialmente le
iscrizioni alla Giornata mondiale della gioventù di Sydney 2008
In
Iraq, arrestato un importante leader di Al Qaida, mentre a Baghdad si compie
l’ennesima strage
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
Ricevuto da
Benedetto XVI il primo gruppo di vescovi del Piemonte
in visita "ad Limina". La
realtà della Chiesa locale nelle parole del cardinale Poletto
Prosegue la visita ad Limina dal Papa dei vescovi italiani.
Questa settimana, dal 5 al 10 marzo, è la volta dei presuli del Piemonte: una
regione ecclesiastica composta di 17 diocesi e 2250 parrocchie. Oltre 2700 i
sacerdoti tra secolari e regolari. Il Piemonte vanta inoltre una feconda storia
di santità, iniziata con Eusebio, vescovo di Vercelli, che nel IV secolo iniziò
in queste terre la sua opera di evangelizzazione. Sulle specificità della
Conferenza episcopale piemontese, Paolo Ondarza ne ha intervistato il
presidente, il cardinale Severino Poletto:
***********
R. – Sono 27 anni che faccio parte di questa
Conferenza dei vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta, che è un tutt'uno
con quella piemontese. Si caratterizza proprio per un clima di grande
fraternità. Registriamo una presenza pressoché totale a tutti i nostri incontri
– sono circa sei all’anno: quattro di lavoro, uno di esercizi spirituali e
nell’altro facciamo ogni anno un viaggio pastorale per incontrare l’episcopato
di una nazione europea, ed è un viaggio che serve a noi per stare insieme
tre-quattro giorni, ma nello stesso tempo per sentire esperienze e progetti di
altre nazioni europee.
D. – Anche il Piemonte, come il resto
dell’Italia, vive un momento in cui la famiglia è sottoposta a minacce di vario
tipo...
R. – Da anni siamo vigili, soprattutto sul calo
demografico, come pure sulla stabilità della famiglia. Negli ultimi anni
abbiamo visto anche da noi crescere le separazioni, i divorzi e soprattutto le
convivenze. La soluzione a questi problemi è una maggiore formazione, una
catechesi più approfondita. Credo ci sia alla radice di questo, oltre ai
problemi legati alla situazione sociale, alla precarietà del lavoro, anche una
scarsa sensibilità morale: cerchiamo di fronteggiare questo momento,
augurandoci veramente che il bombardamento contro la famiglia fondata sul
matrimonio non influisca più di tanto sui buoni cristiani, chiamati a guardare
a quello che dice Dio, non a quello che dicono né i giornali nè su certe leggi
a riguardo.
D. – Tanti i giovani in cerca di un lavoro
fisso...
R. – Il Piemonte è una regione a forte
industrializzazione: è una regione che ha vissuto il grosso dramma della crisi
FIAT. Grazie a Dio, la FIAT sta risalendo e speriamo che presto venga superata
la situazione di grande precariato. La disoccupazione, a confronto con altre
regioni italiane, soprattutto del Sud, è abbastanza bassa: non dico bassissima,
ma c’è una percentuale non drammatica. Ma il discorso da fare è quello del
precariato. Abbiamo bisogno che i giovani siano assunti a tempo indeterminato,
per avere una sicurezza e quindi anche decidersi per il matrimonio e per la
famiglia. Questa soluzione positiva che sta vivendo la FIAT, speriamo dia prospettive anche per chi lavora nell’indotto
FIAT.
D. – Parlavamo di nascite: i bambini stranieri in
Piemonte rappresentano un quinto dei nuovi nati ogni anno. Cosa dire
dell’immigrazione nella regione? Un fenomeno molto diffuso...
R. – E' molto diffuso ed è sempre in crescita.
Parte dell’immigrazione, per nostra fortuna, è cattolica: noi abbiamo una
grossissima comunità cattolica rumena, ci sono immigrati dell’America del
Sud... C’è una fetta grande anche di ortodossi e abbiamo una forte immigrazione
di musulmani. Io uso sempre tre aggettivi quando parlo di questi problemi, cioè
che la nostra città - ma credo riguardi anche la regione - debba essere
accogliente, perché in fondo gli stranieri, gli immigrati sono una risorsa: lo
ha detto anche il Papa. Se arriva uno straniero, uno che viene onestamente per guadagnarsi
un pane e un futuro per la famiglia, perché non accoglierlo? Noi italiani siamo
stati per anni emigrati in altre nazioni! Tollerante, dev’essere anche la città
o la regione, perché dobbiamo rispettare le culture e anche le convinzioni
religiose degli altri. Però, anche “esigente”: questo terzo aggettivo richiede
l’osservanza delle regole, l’osservanza di un vivere civile, quindi evitare una
immigrazione di persone che vengono solo a portare malavita, prostituzione o
delinquenza: questi devono essere fermati. Nell’insieme, quello che nel futuro
ci creerà problemi è l’integrazione dei musulmani. C'è una difficoltà, prima di
tutto, ad entrare in dialogo in quanto non esistono interlocutori ufficiali.
D. – Sensibile è anche il calo delle vocazioni...
R. – Il calo delle vocazioni purtroppo è la
sofferenza più grave che noi, come vescovi, sentiamo. Noi ci prepariamo a
fronteggiarlo puntando molto su una pastorale vocazionale, che coltivi i
giovani in una formazione cristiana, perché se non sono innamorati di Gesù
Cristo, non attecchisce o non può nascere nessuna idea di consacrare a Lui
tutta la vita nel sacerdozio, nel celibato, nel servizio del Regno. Bisogna
puntare sulla famiglia come realtà dove si cresce nella fede, e su una
pastorale giovanile che dia contenuti, che dia vera formazione.
D. – Eminenza, per concludere le chiedo qualche
parola sulle risorse della Chiesa piemontese...
R. – Noi ci sentiamo in grande comunione con
tutte le altre diocesi che costituiscono la Chiesa in Italia. Riceviamo molto
sia dalle Chiese del nord come del Centro e in particolare anche delle Chiese
del sud. Non dimentichi che il cardinal Ballestrero, di santa memoria, mio
predecessore, quello che mi ha anche ordinato vescovo, diceva che Torino era la
terza città meridionale d’Italia, tanto sono numerosi gli immigrati del sud
Italia. Ma che cosa noi possiamo sentirci di dare? Primo, l’esempio di una
grande regione laboriosa, creativa: la televisione è nata a Torino, la grande
industria è nata a Torino... E anche dal punto di vista religioso, credo che il
Piemonte offra alla Chiesa italiana una tradizione di santità non comune: San
Domenico Savio, il beato Piergiorgio Frassati, eccetera. Vorremmo anche essere
una regione di frontiera per quanto riguarda la missionarietà. I nostri
programmi pastorali, di tutte le diocesi piemontesi, sono tutti improntati non
solo alla nuova evangelizzazione, come diceva Giovanni Paolo II, ma anche ad
una rinnovata prima evangelizzazione.
***********
In udienza dal Papa, l'arcivescovo luterano Anders
Wejryd
L’udienza ai vescovi piemontesi è stata uno degli impegni che hanno
segnato la ripresa delle attività per Benedetto XVI, dopo la pausa degli
esercizi spirituali della Quaresima. Prima di intrattenenrsi con i presuli in
visita ad Limina, il Papa aveva ricevuto il dottor Anders Wejryd,
arcivescovo luterano di Uppsala e Primate della Chiesa svedese, accompagnato
dalla consorte e da un piccolo seguito.
Sulla centralità della
preghiera nella vita dei cristiani,
sottolineata dal Papa all’Angelus,
la riflessione del padre liturgista, Ildebrando
Scicolone
La preghiera “non è un optional, ma è questione di vita o di
morte”. E’ quanto affermato, ieri, da Benedetto XVI all’Angelus. “Solo chi
prega”, ha ribadito il Papa, “può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”.
D’altro canto, il Pontefice ha voluto sottolineare che “per un cristiano
pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma
assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore”.
Proprio su quest’ultimo passaggio, Alessandro Gisotti ha raccolto la
riflessione di padre Ildebrando Scicolone, professore di Liturgia
al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma:
**********
R. - Normalmente si pensa che la preghiera sia
quasi un’alienazione. Si pensa che uno esce dal tessuto normale della sua vita
e pensa a Dio, pensa alle cose spirituali e basta. Invece, il Papa sottolinea
che Gesù non esce dalla storia nella quale con l’Incarnazione è entrato. Così,
quando noi preghiamo, non preghiamo mai esulando dalla situazione in cui siamo.
Nella preghiera delle lodi, la Chiesa loda, sì, il Signore, però poi ci sono le
preci cioè le invocazioni o le intercessioni. Si chiede l’aiuto di Dio per la
nostra giornata, per le varie situazioni del mondo, per le varie categorie di
persone, preghiamo per tutti i bisogni dell’umanità. Questo lo tiene sempre
presente anche la liturgia.
D. – Si può dire dunque che la preghiera che è
atto intimamente personale, non è mai però soltanto individualista. C’è sempre
un pregare assieme…
R. – Sì, c’è una bellissima espressione di San
Cipriano che dice: “Il cristiano anche se prega in privato, non prega mai da
privato”. In altre parole, è sempre inserito nel corpo di Cristo, è sempre un
membro dell’umanità, un membro della Chiesa che prega e prega facendo proprio
la preghiera del Signore Gesù. Gesù non ci ha insegnato a dire: “Padre mio che
sei nei cieli…”, ma ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei cieli…”: nostro
significa che noi siamo inseriti in una comunità di figli che anche se ognuno
prega per conto proprio è sempre nell’insieme della comunità.
D. – Gesù, ha detto il Papa all’Angelus, ci
mostra che la vera preghiera consiste "nell’unire la nostra volontà a
quella di Dio". Come ci aiuta la Chiesa in questo compito che sembra
umanamente impossibile: addirittura unire la nostra volontà a quella del
Creatore?
R. – Nel “Padre Nostro” Gesù ci ha insegnato a
dire “sia fatta la tua volontà” e questa è la preghiera che è sempre accettata.
Non basta, però, dirlo con la bocca “sia fatta la tua volontà” se poi uno non
cerca di farla concretamente. Chi ascolta la volontà di Dio, il piano di Dio e
poi non lo mette in pratica, non ha concluso niente. E' come l’uomo, dice Gesù,
che ha costruito la casa sulla sabbia. Allora, se noi diciamo sia fatta la tua
volontà è perché riconosciamo che la sua volontà è il nostro bene! San Paolo
dice che è la nostra santificazione. Noi dobbiamo realizzare non un nostro
progetto perché non ci siamo fatti da noi, noi dobbiamo realizzare il progetto
di Colui che ci ha fatti.
D. – Nel Mercoledì delle Ceneri, il Papa ha
sottolineato che le opere di carità, la preghiera e il digiuno, sono "armi
spirituali" per combattere il male. Come vivere queste dimensioni, specie
in un tempo forte come la Quaresima?
R. – Il fatto che Luca ieri sottolineava che Gesù
si è trasfigurato mentre pregava, ci dice intanto che la preghiera ci
trasfigura grazie al contatto con il volto di Dio, che noi non vediamo con gli
occhi del corpo ma vediamo nella fede! Al contatto con il sorriso di Dio, anche
il nostro volto si illumina e si trasfigura. Gesù ci ha mostrato quindi come
non soltanto per Lui ma per ogni uomo, per ogni cristiano, a contatto con Dio,
avvenga questa trasfigurazione. Dunque la preghiera ci mette in contatto con
Dio e fare la volontà di Dio significa
principalmente osservare poi quelli che sono i comandamenti del Signore
Gesù, cioè l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Uno non può amare Dio, diceva
San Giovanni, se non ama il prossimo che vede. Dalla preghiera scaturisce
l’impegno della carità.
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Al via, in Vaticano,
la plenaria del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali
Un'assise rinnovata in molti dei suoi membri, impegnati a valutare gli
aspetti principali del loro servizio a sostegno del Magistero papale. C'è
questo dietro l'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
sociali, che si riunisce da oggi a venerdì prossimo nell'Aula vecchia del
Sinodo, in Vaticano. Il tema dell'incontro è "Le priorità nelle
comunicazioni sociali, per la Chiesa, per il nostro Consiglio". Giovanni
Peduto ha chiesto al massimo responsabile del dicastero, l'arcivescovo John
Foley, quali strade siano da praticare per rendere efficace la
comunicazione della Buona Novella al mondo:
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R. - Noi non dobbiamo soltanto condannare i mali
nel campo delle comunicazioni, ma dobbiamo utilizzare i mezzi e convertire i
mezzi stessi, trasformare i mezzi perché nel corpo mistico di Cristo i mezzi
delle comunicazioni sociali sono una parte vivente di questo corpo mistico e
spero che possiamo utilizzarli per la crescita della formazione della gente del
mondo e non per la loro de-formazione o la loro rovina.
D. - Il Papa ha affermato che i media cattolici
sono chiamati al dialogo della verità...
R. – Noi dobbiamo ricordare le verità essenziali
della vita umana e non possiamo permettere che le persone siano distratte dalle
menzogne, dalle false promesse. Noi dobbiamo proporre sempre le verità
essenziali per la vita umana. L’origine della vita umana, il destino della vita
umana, la redenzione operata da Gesù Cristo.
D. – Eccellenza, un suo invito ai giornalisti
cattolici…
R. – Un invito ai giornalisti cattolici è di non
vergognarsi della fede cattolica, perché come ha detto il Santo Padre, Gesù è
la Verità e la Vita e noi non dobbiamo vergognarci di questo fatto essenziale.
I giornalisti cattolici devono essere non soltanto cattolici convinti ma
professionisti di un altissimo livello, perché non possiamo e non dobbiamo
offrire meno del meglio a Dio.
D. – Cosa direbbe invece ai giornalisti, diciamo
così, di “estrazione laica”?
R. – Di avere rispetto della verità, rispetto per
i diritti degli altri e una dedizione al loro lavoro per essere sempre onesti,
oggettivi e persone che lavorano per il bene comune.
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Giunta in
Vietnam per una settimana di incontri
la delegazione vaticana guidata da mons.
Parolin
Una delegazione della Santa Sede è giunta oggi in Vietnam, per una
serie di incontri che si protrarranno fino all’11 marzo. La visita dei
rappresentanti della Santa Sede, guidati dal sottosegretario per i Rapporti con
gli Stati, mons. Pietro Parolin - che continua una tradizione di missioni
vaticane in Vietnam negli anni precedenti - segue questa volta l'incontro
avvenuto lo scorso 25 gennaio, in Vaticano, fra Benedetto XVI e il primo
ministro vietnamita, Nguyên Tân Dung, primo premier di Hanoi ad essere ricevuto
in Vaticano da un Pontefice. Tale evento fu definito “un nuovo e importante
passo verso la normalizzazione dei rapporti bilaterali” da un comunicato della
Santa Sede, che sottolineava anche i “progressi” registrati in questi anni per
la libertà religiosa ed auspicava che i rapporti tra Chiesa e Stato rendano
possibile la collaborazione per promuovere i valori morali, diffondere una
cultura della solidarietà e consentire “l’assistenza caritativa in favore dei
ceti più deboli della popolazione”.
Oggi
su “L’Osservatore Romano”
Servizio vaticano - Il Papa
all'Angelus ha sottolineato che pregare non è evadere dalla realtà.
Servizio estero -
Afghanistan: uccisi dieci civili, dopo che i Taleban hanno teso un'imboscata ad
un convoglio USA il quale, poi, ha risposto aprendo il fuoco.
Servizio culturale - Un
articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Orrore e incredulità negli occhi
dei bambini": infanzia e vita quotidiana durante il nazismo.
Una monografica - a cura di
Danilo Veneruso - dal titolo "Un'esemplare integrazione tra filologia,
critica testuale e storiografia": la Scuola Normale Superiore di Pisa e il
contributo di Giovanni Miccoli.
Servizio italiano - In primo
piano il tema della legge elettorale.
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
I vertici cinesi
hanno deciso: spese militari aumentate del 18%.
Perplessità degli Stati Uniti
La Cina aumenterà quest'anno le spese militari del 17,8
per cento. Lo ha annunciato Jiang Enzhu, il portavoce dell'Assemblea Nazionale
del Popolo, l'organo legislativo cinese riunito da oggi a Pechino. La decisione
è stata collegata all’andamento dell'economia, specificando che gran parte
degli aumenti verranno impiegati per ''adeguare'' i salari di ufficiali e
soldati, mentre solo una minima parte degli incrementi saranno destinati
all'acquisto e alla produzione di armi e alla politica di difesa. Da parte
statunitense, il vicesegretario di Stato John Negroponte - ieri in visita nel
Paese asiatico - ha commentato il provvedimento scegliendo la via della cautela
e sollecitando a “capire meglio queste questioni attraverso il dialogo e la
trasparenza”. Gli analisti internazionali fanno comunque notare che si tratta
dell’incremento più alto negli ultimi dieci anni. Ce ne parla Francesco
Sisci, corrispondente da Pechino per il quotidiano La Stampa, intervistato
da Giada Aquilino:
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R. - Da una parte c’è naturalmente il processo di
ammodernamento dell’esercito cinese, che passa in questi anni da esercito di
popolo ad esercito che, nell’auspicio del governo, sarà ad alta tecnologia. E
la tecnologia costa. Dall’altra parte, però, bisogna aggiungere anche le spese
dei soldati: la paga dei militari cinesi è molto bassa e in questi anni si sta
avendo un fenomeno strano, cioè sempre meno persone vogliono fare il soldato
perché sono pagate poco. Si rende quindi necessario aumentare gli stipendi.
Un'altra voce poi è rappresentata dalle pensioni: mentre in Italia o in altre
parti del mondo, i generali, gli ufficiali, i semplici soldati - una volta
pensionati - vanno a carico degli istituti previdenziali, qui invece sono
sempre a carico dell’esercito.
D. – La Cina giustifica la sua decisione con
l’andamento dell’economia. E’ una spiegazione reale?
R. – Non è completamente così, perché l’economia
aumenta del 10 per cento, loro aumentano le spese del 17 per cento. Cioè
l’aumento delle spese dell’esercito è molto maggiore rispetto alla crescita
economica. Certo, se però l’economia andasse al 4 per cento e venissero
aumentate le spese del 17 per cento, questa crescita nella spesa sarebbe molto
meno giustificabile e molto meno comprensibile.
D. - Gli osservatori più critici affermano che,
con questo progetto, Pechino andrebbe contro le sue dichiarazioni di
cooperazione pacifica…
R. – Non credo. Una cosa è la cooperazione
pacifica, una cosa è la rinuncia all’esercito e la rinuncia alla difesa. Non
c’è alcun Paese al mondo che abbia rinunciato alla difesa, pur adoperandosi
attivamente per la pace.
D. – La Cina si difende dalle critiche affermando
che il suo bilancio militare è pari a poco più del 6 per cento di quello
americano…
R. – Questa è una realtà. La differenza di
economia tra l’America e la Cina è di uno a sei-sette-otto: insomma, ce ne
vuole anche per entrare in proporzione con le spese statunitensi.
D. – Particolarmente preoccupato per questa
decisione della Cina è il Giappone. Perché?
R. – Perché sono Paesi vicini e perché il Giappone
teme in generale la crescita economica cinese che tra qualche anno potrebbe
scalzarlo dal suo primato regionale. Tra cinque o sei anni, la Cina potrebbe
infatti diventare la prima economia dell’Asia.
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L’Unione Europea lancia il
progetto Daphne per difendere
gli anziani da truffe e abusi
Anziani e maltrattamenti economico finanziari: di fronte ai drammatici
dati emersi in un’indagine svolta nei Paesi europei, che lascia emergere
truffe, plagi e costrizioni di vario genere, l’Unione Europea ha messo a punto
il progetto Daphne. Si tratta di un pacchetto di provvedimenti volti a
combattere quella che viene esplicitamente definita la violenza contro gli
anziani e in particolare contro le donne anziane. Un fenomeno di cui non si
parla abbastanza, ma che è ben documentato e monitorato dalla FIAPA, la
Federazione internazionale delle persone anziane, che raccoglie 153 Federazioni
sparse nei cinque continenti. In Italia, opera l’associazione "50epiù Fenacom". Ad uno dei suoi
collaboratori, Giancarlo Cocco, Fausta Speranza ha chiesto quale
dovrebbe essere il primo obiettivo del progetto Daphne:
**********
R. - Fare in modo che emerga a livello anche
istituzionale, istituzionale europeo, questo problema delle truffe agli
anziani. In particolare, parliamo di malversazioni economiche, sottrazioni di
beni, denaro, anche da parte di parenti, limitazione nella libertà di decidere
l’utilizzo del proprio patrimonio, costrizioni a modificare le proprie
indicazioni testamentarie. Sono situazioni che si ripetono in misura
incredibilmente elevata. E’ emersa una situazione drammatica, particolarmente
in Italia, ma anche negli altri Paesi europei, in Spagna, in Francia, in
Belgio. Un po’ meno, naturalmente, nei Paesi del nord Europa.
D. - Perché "naturalmente"?
R. - Perchè nei Paesi del nord Europa bisogna
considerare che molti anziani sono in case protette, in residenze protette,
cosa che invece non avviene nei Paesi del Mediterraneo, dove spesso l’anziano è
solo o legato a famiglie che però non riescono a sostenerlo. Ci sono dei casi
eclatanti, come quello di un anziano che è stato estromesso dalla sua
abitazione, da parte dei propri figli che ora la occupano, ed è stato costretto
a vivere in una roulotte, davanti alla sua abitazione.
D. – Questo è un caso particolare ma ci sono
troppe situazioni che invece tornano
spesso nei vari Paesi europei. E, dunque, le 5 associazioni europee che hanno
svolto l'indagine e che hanno trovato questi dati ora collaborano al progetto
della Commissione europea?
R. - Sì, collaborano e infatti l’indagine, a fine
aprile, sarà riferita dai rappresentanti proprio alla Commissione europea e
saranno prese delle decisioni. In particolare, ci auguriamo che vengano emesse
delle direttive, proprio per tutelare quelle migliaia di anziani che sono
oggetto di queste truffe e di queste malversazioni economiche.
D. – Stiamo parlando finora di un coordinamento
internazionale che risulta necessario e essenziale. Ci sono poi iniziative
particolari che vengono “dal basso”, per esempio quella della diocesi di
Piacenza. Ce ne parla?
R. - La diocesi di Piacenza ha promosso degli
incontri nelle chiese, subito dopo la Messa, tra anziani e rappresentanti delle
forze di polizia. Un’occasione precisa e ben organizzata, per mettere in
guardia gli anziani sulle truffe perpetrate e offrire loro gli strumenti per
difendersi.
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I giuristi
cattolici italiani contro il disegno di legge per le coppie di fatto,
che domani inizia l'iter parlamentare
Prosegue, in Italia, lo scontro politico sui DICO, il disegno di legge
sulle coppie di fatto, che domani inizierà in
Commissione Giustizia del Senato l’iter parlamentare. Nove i disegni di legge
tra cui quello firmato Prodi-Bindi-Pollastrini. Intanto, contro il
provvedimento scendono in campo anche i giuristi cattolici, che in un documento
rimarcano la centralità della famiglia
fondata sul matrimonio. Ma cosa viene messo in evidenza? Massimiliano
Menichetti lo ha chiesto a Giuseppe Dalla Torre, presidente onorario
dell’Unione giuristi cattolici:
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R. – Mette in evidenza l’assoluta singolarità
della famiglia rispetto ad ogni altra forma associativa, ogni altra formazione
sociale, sia per quanto riguarda la sua struttura naturale, sia per quanto
riguarda la disciplina che ha nella nostra Costituzione.
D. – Domani, i DICO iniziano l’iter parlamentare,
ma si profilano degli stalli…
R. – Certo il primo scoglio, secondo me a livello
strettamente giuridico, sarà proprio quello del confronto con le disposizioni
costituzionali e questo vale non solo e innanzitutto per l’articolo 29 che,
come ormai è arcinoto, stabilisce e riconosce come tale solo la famiglia
fondata sul matrimonio, ma direi anche, in rapporto all’articolo 3 della
Costituzione, perché il principio di eguaglianza che garantisce questo articolo,
è un principio che può essere violato non solo trattando in maniera diversa
situazioni eguali, ma anche trattando in maniera eguale situazioni diverse.
Ora, non c’è dubbio che le convivenze, sia eterosessuali che omosessuali, sono
cosa ben diversa rispetto alla famiglia.
D. - Lei, in un’intervista al quotidiano
“Avvenire”, ha ribadito l’importanza, la differenza che c’è tra l’assunzione di
doveri e di diritti nel matrimonio e nelle unioni civili…
R. – Perché la famiglia nasce dal matrimonio e il
matrimonio è un atto formale, solenne, pubblico, cioè preso di fronte alla
società con cui due persone, un uomo ed una donna, si assumono i doveri che
derivano dal matrimonio, oltre che i diritti. La famiglia svolge in questo
ruolo - importante nel riprodurre non solo la vita ma nell’educare, nel
mantenere, nell’allevare - un ruolo di carattere assistenziale, ruolo di
carattere solidaristico. In sostanza, la famiglia dispensa la società, allevia
la società da tutta una serie di compiti e anche di oneri di carattere
economico finanziario per questi compiti assistenziali. Viceversa, nel caso
delle convivenze di fatto - perché le convivenze di fatto sono per se stesse
precarie - se non fossero precarie, i soggetti interessati si rivolgerebbero al
matrimonio: la precarietà quindi non assicura nel tempo vincoli di solidarietà.
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Campagna di Medici Senza
Frontiere per ricordare ai media
le "Crisi dimenticate" nel mondo
Non c’è spazio nei media italiani per pandemie, guerre e drammi
alimentari che ogni anno provocano milioni di morti: lo denuncia il Rapporto
annuale sulle “Crisi Dimenticate”, realizzato per il terzo anno consecutivo da
“Medici Senza Frontiere” con la collaborazione gratuita dell’Osservatorio di
Pavia. Ai primi posti dieci posti della classifica delle “crisi dimenticate” ci
sono Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Sri Lanka, Colombia, Cecenia,
Haiti, Repubblica Centrafricana, India Centrale, Ciad, Sudan. Per dire “basta”,
l’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF) ha lanciato l’iniziativa “Dimmi
di più”: punta a coinvolgere il grande pubblico nel chiedere un’informazione
più attenta. Ascoltiamo Gianfranco De Maio, direttore della
Comunicazione di MSF Italia, nell’intervista di Paolo Ondarza:
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R. - La Somalia, dopo essere stata per diversi
anni una crisi dimenticata, quest’anno è tornata in prima pagina con la presa
di potere delle Corti islamiche. Sembra quasi che i media nazionali siano molto
condizionati da questa idea della guerra al terrorismo-scontro di civiltà. Ogni
volta che c’è la possibilità di enfatizzarla, ci si torna su. E di crisi come
la guerra civile in Colombia, che dura ormai da decenni, con il maggior numero
degli sfollati al mondo, non se ne parla forse perché lì - lo dico con ironia -
non è in gioco la civiltà.
D. - Poco e niente i giornali hanno detto della
tubercolosi e della malaria, mentre più parole sono state spese per quanto
riguarda l’influenza aviaria…
R. - Per quello che riguarda l’aviaria, il
confronto va fatto con altre malattie infettive o comunque con le crisi
sanitarie e in particolare con la tubercolosi e la malnutrizione. Ci sono
moltissimi morti per queste patologie: sono un milione e 600 mila all’anno le
morti per la tubercolosi. Bene, ne hanno parlato tre notizie nel telegiornale
durante il 2006 e, probabilmente, a seguito magari di appelli del Papa o di
conferenze. Dell’aviaria, invece, abbiamo avuto 410 articoli e morti ci sono
stati, sono stati 80, ma non si tratta di una pandemia. L’impressione è che
l’informazione sia un po’ “drogata” in base a come va il trend commerciale ed
imprenditoriale, dove cioè investe l’industria farmaceutica.
D. - Indubbiamente, emerge una trascuratezza da
parte dei media, forse perché asserviti a logiche di mercato: ma cosa dire
dell’interesse della gente comune per queste situazioni? La gente ha interesse,
ne vuole sentir parlare?
R. - Ormai, con le visite che si possono misurare
sul nostro sito, si sa quanta gente è interessata, a quali pagine e a quali
contesti. Per poter tradurre in termini concreti questa unità di misura,
abbiamo lanciato la campagna “Dimmi di più”, che dà la possibilità di inviare
delle cartoline a direttori di organi di stampa nazionali o di telegiornali, da
parte proprio del pubblico, affinché siano spinti ad informare di più su questi
aspetti. Noi vorremmo riuscire a sommergerli di cartoline. Il testimonial
della cartolina è un personaggio dei fumetti, “Giulia”, della editrice Bonelli,
che nella sua veste di criminologa vuole indagare sulle ragioni di questo
misconoscimento di crisi che causano così tante morti. E non è un caso che la
stampa cattolica, e in particolare Avvenire e Famiglia Cristiana, sia stata
molto attenta rispetto a tanta altra stampa alle crisi dimenticate.
Probabilmente, perché esiste una tradizione, esiste un contatto con la rete
missionaria. E questo va sottolineato.
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Dopo
la "Clericus Cup", al via la "Coppa Vaticana", torneo di
calcio
per i dipendenti degli uffici della
Santa Sede
Parte oggi la "Coppa Vaticana", un torneo di calcio ad 8
squadre al quale partecipano esclusivamente società amatoriali, formate dai
dipendenti vaticani. Tra le squadre che da stasera scenderanno in campo,
troviamo la Guardia Svizzera, la Gendarmeria Pontificia, i Musei Vaticani ed
altre compagini miste, formate da dipendenti di diversi uffici vaticani. Le
partite si disputeranno sui campi della Fondazione dei Cavalieri di Colombo,
tra i quali l'Oratorio di San Pietro e il campo Pio XII, a Primavalle. Luca
Collodi ha intervistato Sergio Valci, responsabile dell'attività
calcistica dei dipendenti vaticani:
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R. - Nasce nel 1972 con un’organizzazione - o
diciamo simile ad un’organizzazione - perché erano le prime manifestazioni.
Prima di allora, ci sono testimonianze evidentemente dirette perché io stesso
partecipavo a queste manifestazioni di incontri che venivano fatti tra
amministrazioni, ma con un’unica metodica di incontri isolati. E poi alcune
notizie ci sono state testimoniate da vecchi dipendenti vaticani di una
manifestazione a cui hanno partecipato diverse squadre nel 1947.
D. – Inizia la Coppa Vaticana: quali squadre
parteciperanno e dove si giocherà questo torneo?
R. – Guardia Svizzera, Gendarmeria Pontificia,
Musei Vaticani, Associazione San Pietro e Paolo che è la ex Guardia Palatina.
Poi, ci sono altre quattro squadre che giocano con nomi di fantasia: sono
composte da dipendenti di diversi uffici vaticani perché magari gli uffici di
appartenenza non sono consistenti come numero di atleti in grado di poter
disputare delle gare di calcio, quindi si associano e compongono queste squadre
miste.
D. – Valci, grande passione per il calcio ma
anche spirito di comunione tra i dipendenti vaticani: questo un po’ anche lo
scopo del calcio e di questa Coppa Vaticana?
R. – E’ quello principale proprio perché da
sempre è stata costituita una sana occupazione del tempo libero.
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RADIO
VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
Convertirsi, testimoniando
l’amore per la vita: l'invito nel messaggio
quaresimale del cardinale Cheong Jinsuk, arcivescovo
di Seoul
Conversione, pentimento, preghiera, opere di solidarietà, rispetto
della vita: sono questi i punti principali del messaggio per la Quaresima del
cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seoul, in Corea del Sud. Nel
messaggio, intitolato “Convertiti e credi al Vangelo”, si sottolinea che “la
fede in Dio si manifesta nella premura e nell’amore verso i poveri”. “Nel tempo
di Quaresima – spiega il cardinale Cheong Jinsuk, citato dall’agenzia Fides –
l’osservanza del digiuno e dell’astinenza, come ogni altro sacrificio
spirituale, ha un significato solo se sappiamo condividere opere di carità con
i nostri vicini”. Il porporato afferma che “la Chiesa deve ascoltare
attentamente coloro che soffrono e curare le loro ferite. Un gesto di carità – precisa
– è un arricchimento spirituale sia per chi lo riceve, sia per chi lo compie”.
Per questo, secondo l’arcivescovo di Seoul, “il vero pentimento non è solo
pentirsi dei propri peccati, ma anche convertirsi a Dio”. “Rendiamo questa
Quaresima – conclude – piena di grazia attraverso il nostro pentimento,
osservando il Vangelo, sconfiggendo la morte e testimoniando l’amore per la
vita”. Questo riferimento al tema della vita richiama il messaggio che la
Commissione per la vita dell’arcidiocesi di Seoul ha recentemente inviato al
governo coreano, che in questi giorni delibera sulla ripresa della ricerca
embrionale e sui limiti applicabili ai ricercatori in base alla nuova legge
sulla bioetica. Nel testo, dal titolo “La posizione cattolica sulla legge che regola
la bioetica”, si conferma il “no” a ogni forma di utilizzo strumentale degli
embrioni umani, alla manipolazione di embrioni per la ricerca, alla loro
distruzione. Il documento ribadisce invece il sostegno alla ricerca sulle
cellule staminali adulte, ricordando l’importanza che la società coreana, nelle
sue scelte di carattere sociale, culturale e politico, rispetti un’etica della
vita. (R.M.)
Nel messaggio quaresimale dei vescovi dello Sri
Lanka,
l’appello a pregare per la pace nel Paese
La
Quaresima sia “un tempo di profonda conversione del cuore e di preghiera per la
libertà del nostro Paese dalla guerra”: è quanto afferma la Conferenza
episcopale dello Sri Lanka nel suo messaggio quaresimale, citato dall'agenzia
del PIME, AsiaNews. I vescovi sottolineano che “una vera esperienza di
sofferenza ricorda il Signore sulla Croce, che ha percorso la strada della
passione fino al Golgota, dove ha offerto il sacrificio supremo della vita per
salvare l’umanità peccatrice dalla schiavitù del male e del peccato”. Citando
il messaggio per la Quaresima del Papa, nel quale Benedetto XVI invita a
“tenere lo sguardo su colui che abbiamo trafitto”, i presuli cingalesi
precisano che “in ogni momento il Signore Risorto sta davanti alla croce
portando i doni del perdono, della riconciliazione e della pace”. “Per questo –
prosegue il messaggio – i cristiani di questo Paese sono chiamati a contribuire
ad alleviare le indicibili sofferenze dei concittadini e a fare quanto
possibile per sradicare le ragioni di odio, avidità, sfiducia, intolleranza e
ingiustizia, causa della nostra miseria”. Ed esortano: “Facciamo ogni cosa
che
possiamo per incoraggiare lo spirito di conversione e d riconciliazione nei
nostri vicini. Possano le sacre ferite di Cristo – concludono – essere un
rifugio in questo tempo di difficoltà e portare a tutti la guarigione di cui
abbiamo bisogno per le nostre ferite e i nostri mali”. (R.M.)
Aperte ufficialmente le
iscrizioni alla
Giornata mondiale della gioventù di Sydney 2008
A 500 giorni dalla Giornata mondiale della gioventù (GMG), in
programma a Sydney, in Australia, dal 15 al 20 luglio 2008, il Comitato
organizzatore ha ufficialmente aperto le iscrizioni. Sono state annunciate poi
anche alcune misure speciali, tra cui un visto di tre mesi, esente da tasse
governative, per tutti i pellegrini regolarmente registrati, che “permetterà ai
visitatori di prolungare il viaggio ed esplorare l’Australia, permettendo così
ad altre parti del Paese di ospitare la Giornata mondiale della gioventù”. E
stato poi preparato un DVD, dal titolo “Sydney: Witness the Spirit”, che
raccoglie testimonianze di giovani australiani e spettacolari immagini del
Nuovo Galles del sud e dell’Australia. Sarà distribuito a livello
internazionale e sarà accessibile on-line. E anche le iscrizioni per i
gruppi, i movimenti e le comunità saranno possibili on-line, attraverso
il sito internet ufficiale www.wyd2008.org, compilando un modulo disponibile in
inglese, italiano, spagnolo e francese. Intanto, mentre la Croce della GMG è in
pellegrinaggio nei Paesi asiatici, prima di giungere in Oceania,
l’organizzazione ha già commissionato la realizzazione di 500 mila piccole
croci di legno, che saranno consegnate ai giovani partecipanti. (R.M.)
Il Ghana, celebra domani i
50.mo dell’indipendenza. Per l’occasione,
la Chiesa locale proclama il 2007 “Anno di grazia
del Signore”
Ricorre domani il 50.mo dell’indipendenza del Ghana, primo Paese
dell’Africa subsahariana a ottenere la libertà dal dominio coloniale: nella
circostanza, la Costa d’Oro assumeva il nome di Ghana, dall’antico Impero
fiorito tra il IX e il XIII secolo con capitale Kumbi-Saleh (oggi in
Mauritania). Tre anni dopo, il primo luglio 1960, il Paese diventava una
Repubblica, sotto la presidenza di Kwame Nkrumah, primo ministro dal 1952.
Nello stesso anno, mons. John Kojo Amissah prendeva possesso della metropolia
di Cape Coast, primo africano a capo di un’arcidiocesi. Per sottolineare la
dimensione spirituale dell’avvenimento, la Chiesa in Ghana ha proclamato il
2007 “Anno di grazia del Signore”, in sintonia con la tradizione biblica,
proponendo alle diocesi e alle parrocchie di conferire un’accentuata impronta
giubilare alle celebrazioni liturgiche dell’anno, nell’amministrazione dei
sacramenti e nelle solennità. I vescovi hanno anche chiesto ai fedeli di
prendere parte ai servizi religiosi interconfessionali e alle liturgie
eucaristiche celebrate ieri in ogni parrocchia per il bene della nazione. Nel
corso delle celebrazioni, è stato rinnovato l’atto di consacrazione del Ghana
al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria. (R.M.)
Un asilo in Macedonia “per
mostrare agli altri i valori cristiani”: l’iniziativa,
del Movimento dei Focolari, annunciata nell'incontro
a Skopje
tra i giovani della diocesi e una delegazione CEI
Nella Macedonia, reduce da mezzo secolo di dittatura comunista, aprirà
tra qualche mese “un asilo per poter mostrare agli altri i valori cristiani”.
L’iniziativa, curata dal Movimento dei Focolari, è stata resa nota durante un
incontro a Skopje tra i giovani della diocesi e la delegazione CEI, formata dal
Servizio nazionale per la pastorale giovanile, l'Ufficio per la cooperazione
tra le Chiese e il Centro Giovanni Paolo II di Loreto, in visita nei Balcani
per promuovere l’“Agorà dei giovani del Mediterraneo”. “La presenza focolarina
in Macedonia risale a vent’anni fa – spiega Milica Ðekić, citata
dall’agenzia SIR – ma fino allo scorso novembre era limitata a una famiglia
proveniente dalla Croazia e ad alcuni simpatizzanti”. Ora, però, “grazie
all’impegno di due laiche, è stato aperto un ‘focolare’, che permette una
testimonianza organica e importante della fede”. L’importante, infatti –
aggiunge Ðekić – “non sono le parole, ma le opere, e da ciò che i
focolarini fanno la gente può capire e trarre un insegnamento cristiano”. Da
questa convinzione trae forza l’idea del primo asilo nel Paese gestito da
cattolici, che “ha già superato le procedure burocratiche e ottenuto le
necessarie autorizzazioni” e a breve potrà cominciare la sua attività di cura
verso i piccoli e di testimonianza di fede per i grandi. (R.M.)
Accorato appello di FOCSIV contro lo sfruttamento
indiscriminato
delle
risorse nei Paesi in via di sviluppo
La Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario (FOCSIV) ha lanciato un forte appello contro lo sfruttamento indiscriminato delle risorse minerarie nei Paesi in via di sviluppo da parte delle industrie estrattive e dei governi. L’appello - riferisce l’agenzia SIR - è rivolto alle grandi compagnie multinazionali, alle autorità governative del pianeta, alle istituzioni finanziarie internazionali e alle Nazioni Unite. “I Paesi del Sud del Mondo – scrivono i firmatari – sono spesso ricchissimi di risorse che però non portano ricchezza e benessere, ma violenza e disagio sociale”. Le multinazionali, sottolinea FOCSIV, approfittando della connivenza dei governi e dell’assenza di una legislazione internazionale che ponga limiti al loro operato, danneggiano le comunità indigene locali, ricorrendo spesso alla violenza contro chi si oppone a questo sfruttamento indiscriminato. “Siamo profondamente preoccupati dei danni ambientali, sociali, umanitari che i comportamenti irresponsabili delle grandi compagnie transnazionali stanno causando nel Sud del mondo”, afferma Sergio Marelli, direttore generale di FOCSIV, il quale sottolinea l’esigenza di sostenere il diritto delle comunità coinvolte alla partecipazione dei processi decisionali, alla condivisione degli utili derivanti dalla gestione delle loro risorse, al rispetto della persona e degli standard ambientali e di lavoro. (E.L.)
In Madagascar, oltre 800 mila persone minacciate
dalla doppia emergenza
maltempo e siccità. L’ONU denuncia il disinteresse
internazionale
Solo
un milione di dollari, dei 242 milioni richiesti dal governo del Madagascar
alla comunità internazionale, è stato finora messo a disposizione dai donors
per gestire l’emergenza maltempo in alcune regioni del Paese e la grave
siccità che ne sta flagellando altre. Lo riferiscono fonti ONU, citate
dall’agenzia MISNA, precisando che la doppia emergenza interessa quasi 800 mila
persone, ma non sembra in grado di scuotere l’interesse internazionale. “Quella
del Madagascar è la classica crisi silenziosa”, ha dichiarato il rappresentante
del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) nel Paese, Bruno Maes.
“Fortunatamente – ha aggiunto – non abbiamo epidemie su grande scala in corso o
centinaia di vite perse, ma chi è colpito da questi disastri vive in condizioni
estremamente vulnerabili che, anche a causa della stagione dei cicloni, rischia
di deteriorare ulteriormente”. Secondo le stime ONU, sette persone sono morte e
32 mila sono rimaste senza tetto per le inondazioni provocate dalle forti
piogge legate al passaggio dei cicloni dei giorni scorsi. Ma il numero totale
delle persone colpite dal maltempo - che ha distrutto anche 100 mila ettari di
terreno coltivato con danni calcolati intorno al 10% di perdite sulla
produzione annuale - sale a oltre 150 mila. Nella zona meridionale dell’isola,
invece, è la siccità a preoccupare le autorità malgasce e gli operatori
umanitari. La mancanza di piogge minaccia direttamente 582 mila persone e quasi
sette mila bambini di età inferiore ai cinque anni si trovano in un grave stato
di denutrizione. (R.M.)
In
America Latina, l’80% degli indigeni vive in condizioni di povertà:
lo rivela la Banca Mondiale, che
parla di “storica esclusione sociale”
Otto indigeni latinoamericani su dieci vivono in povertà a causa della loro “storica esclusione sociale”: lo rende noto uno studio della Banca Mondiale, presentato in questi giorni a Washington. “Ovunque vivano, gli indigeni restano i più poveri tra i poveri”, spiega Harry Patrinos, co-autore del rapporto. La stragrande maggioranza dei 28 milioni di nativi della regione - sottolinea l’agenzia MISNA - non beneficia nemmeno dei servizi di base - come assistenza sanitaria, alimentare, istruzione, previdenza sociale - garantiti invece alla popolazione "bianca" e, in misura minore, a quella meticcia. Nelle zone rurali, i nativi sono prevalentemente esclusi dall’accesso all’acqua potabile, all’elettricità e alle infrastrutture stradali. A questo scenario – ricorda “Survival International”, organizzazione impegnata nella difesa dei diritti degli indigeni – si aggiunge lo sfruttamento indiscriminato delle risorse dei loro territori da parte delle multinazionali straniere, che minacciano la sopravvivenza delle comunità più isolate. E’ il caso del Brasile, dove il disboscamento a fini commerciali di vaste aree a ridosso del confine col Perù sta spingendo interi popoli a esodi forzati, che rischiano di portare alla loro definitiva scomparsa. (E.L.)
Preoccupazione del Consiglio
dei Diritti Umani dell’ONU per la situazione in Myanmar, a causa delle dure
operazioni militari nella regione di Kayin
Il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha espresso
preoccupazione per la situazione del rispetto dei diritti umani in Myanmar, a
causa delle dure operazioni militari condotte nella regione di Kayin. Per
questo – riferisce l’agenzia Fides – ha chiesto al governo di Yangon di
permettere l’accesso alle organizzazioni umanitarie. Secondo le testimonianze
giunte all’Osservatore speciale ONU per i Diritti Umani in Myanmar, Paulo
Sergio Pinheiro, nei distretti di Toungoo e Bago orintale, gli abitanti dei
villaggi, già più volte sfollati e costretti a lasciare le proprie case, sono
in una situazione di reale emergenza umanitaria. Visto l’aumento di intensità
delle operazioni militari nella regione, il numero delle comunità che non hanno
cibo e sopravvivono a stento è cresciuto in modo significativo nel 2006 e
continua a crescere nel 2007. Pinheiro ha segnalato l’urgenza di assistere le
popolazioni civili che si trovano in questa precaria situazione. L’assistenza
umanitaria – ha detto – non deve essere “ostaggio della politica. Deve essere
solo guidata dal principio di aiutare le comunità civili in difficoltà. Sarebbe
un grave errore – ha aggiunto – voler aspettare la completa normalizzazione del
Myanmar, prima di consentire l’accesso agli operatori umanitari”. Il Consiglio
ONU si è detto disponibile a inviare personale per supervisionare l’eventuale
lavoro delle ONG. (R.M.)
RADIO
VATICANA
Radiogiornale
- A cura di Fausta Speranza -
- Si sposta al Palazzo di Vetro
il lavoro di messa a punto di una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza
che sancisca provvedimenti per la violazione, da parte dell'Iran, degli
obblighi imposti dall'ONU sullo stop al programma nucleare di Teheran. Alcune
differenze di posizione restano però da risolvere tra i protagonisti del negoziato.
Il Dipartimento di Stato americano ha annunciato che i rappresentanti dei
cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (USA, Gran Bretagna,
Russia, Francia e Cina più la Germania), hanno concluso una nuova serie di
consultazioni telefoniche sull'Iran, decidendo di affidarsi ai rispettivi
ambasciatori alle Nazioni Unite i prossimi passi. Alla conferenza nella
giornata di sabato hanno preso parte i direttori politici dei Ministeri degli
Esteri dei sei Paesi. I membri del '5+1' hanno ribadito il loro impegno
per presentare in tempi rapidi una bozza
di risoluzione
- Arrestati in Iraq un
importante esponente di al Qaeda e cinque suoi stretti collaboratori, a circa
90 km a nord di Baghdad. Si tratta di Moharib Abdallah, 'emiro' regionale dello
Stato Islamico in Iraq, un’alleanza di gruppi terroristici sunniti guidati dal
ramo iracheno di al Qaeda che nei giorni scorsi ha rivendicato il rapimento e
l'assassinio di 14 agenti della polizia irachena. Intanto, un'autobomba è
esplosa a Baghdad nell'area di Mutanabi Street, uccidendo 16 persone e
ferendone 12. A Kerbala, almeno quattro persone sono morte e sedici altre sono
rimaste ferite quando uomini armati
hanno attaccato in due diversi luoghi numerosi pellegrini che a piedi si recavano verso la città santa
sciita.
- Una strage dopo l'altra:
mentre monta la rabbia in Afghanistan per l'uccisione di almeno dieci civili,
domenica, nei pressi di Jalalabad nelle confuse fasi di un attacco suicida a un
convoglio militare americano, oggi un responsabile afghano ha denunciato la
morte di nove civili, fra cui cinque donne e due bambini, in un bombardamento
aereo della NATO nella provincia di Kapisa a nord ovest di Kabul. L'ISAF, la
Forza internazionale di assistenza alla sicurezza della NATO si è detta del tutto
estranea mentre la coalizione a guida USA ha confermato di aver compiuto, ieri,
un attacco aereo in quella provincia. Da ieri, i soldati americani della
coalizione sono al centro di adirate polemiche per una sparatoria che ha
causato una decina di morti, dopo un attacco contro un loro convoglio nell'est
del Paese. Oggi il presidente Hamid Karzai ha duramente condannato l'episodio e
ha fatto aprire un'inchiesta.
- Nella zona tribale del
Pakistan alla frontiera con l'Afghanistan, un pachistano accusato di essere una
spia per conto degli americani è stato ucciso a colpi di arma da fuoco: si
ritiene da militanti integralisti islamici. E’ almeno il sesto assassinio di
questo tipo nella zona dall'inizio dell'anno. Le autorità pachistane hanno
concluso accordi, nel 2005 in sud Waziristan e nel 2006 nel nord Waziristan,
con i quali i militanti integralisti filotalebani si impegnavano tra l'altro a
porre fine alle loro "uccisioni mirate''.
- Un cauto ottimismo su un'imminente soluzione della crisi politica
libanese è emerso sulla stampa di Beirut, dopo i colloqui della fine settimana
a Riad tra il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad e il re saudita Abdallah,
che hanno discusso anche del Libano. Citato stamani dai quotidiani libanesi, il
presidente del Parlamento, Nabih Berri
- alleato del movimento sciita Hezbollah appoggiato dall'Iran e che
cerca di rovesciare il governo del premier Fuad Siniora, sostenuto dall'Arabia
Saudita - ha dichiarato che ''le possibilità di una soluzione sono ora maggiori
di prima''. Secondo il quotidiano An-Nahar, il premier Siniora ha dal canto suo
affermato di essere ''cautamente ottimista'', ma di rimanere in attesa di
conoscere maggiori dettagli sull'asserita intesa irano-saudita sul Libano. La
stampa di Beirut ha riferito che Teheran e Riad avrebbero concordato sulla
necessità di un accordo simultaneo tra i loro rispettivi alleati libanesi sia
sul Tribunale internazionale che dovrebbe giudicare i responsabili
dell'assassinio dell'ex premier Fuad Siniora nel 2005, come richiesto dai
partiti filogovernativi, sia sulla formazione di un nuovo esecutivo di ''unità
nazionale'', come richiesto invece dall'opposizione guidata da Hezbollah. Ma la
Siria, alleata all'Iran e che appoggia ugualmente Hezbollah, deve ancora
pronunciarsi su qualsiasi ipotesi di accordo interlibanese.
- Spiragli di pace per la Costa
d’Avorio dopo la firma di un accordo tra il presidente Laurent Gbagbo e il capo
dei ribelli Guillaume Soro. Tra i punti principali dell’intesa: la formazione
di un nuovo governo e la partenza dei Caschi Blu e dei soldati francesi
dispiegati nel Paese dalla fine del 2004. Il Paese è praticamente spaccato in
due dal settembre 2002, dopo il tentativo di colpo di Stato compiuto dai
ribelli contro il regime di Gbagbo. Tra coloro che hanno contribuito al buon
esito dei negoziati anche la Comunità di Sant’Egidio. Il commento di Mario
Giro, raggiunto telefonicamente in Costa d’Avorio da Stefano Leszczynski:
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R. - La differenza con gli altri accordi è
proprio che si è immaginato finalmente un percorso realistico nel senso del
disarmo e della fine della guerra.
D. - Il Burkina Faso ha avuto un ruolo di
mediazione molto importante…
R. - Il Burkina Faso, innanzitutto, è collegato a
questa crisi ivoriana perché è il Paese frontaliero, perché ci sono tre milioni
di immigrati di origine burkinabei in Costa d’Avorio, e il ruolo del presidente
del Burkina Faso, tra l’altro, è esaltato dal fatto che è presidente di turno
della comunità degli Stati dell’Africa Occidentale.
D. - L’impegno della Comunità di Sant’Egidio non
è stato solo politico ma anche sociale …
R. – Innanzitutto, gli ivoriani sono stanchi, la
guerra dura da troppo tempo, il Paese è diviso in due, ci sono quindi due-tre
milioni di persone che sono sfollate o rifugiate a casa loro ... e questo
finalmente potrebbe essere l’inizio della fine di questa crisi che si può
immaginare quanto è stata grave, non solo per le vittime ma anche per il fatto
che non ci sono scuole, non ci sono ospedali, non funziona l’amministrazione e
la povertà è avanzata.
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- Tensione altissima per le elezioni legislative in Abkhazia, la
regione staccatasi dalla Georgia agli inizi degli anni Novanta, dopo una
sanguinosa guerra. Circa 130.000 persone hanno votato
per scegliere i 35 deputati del Parlamento locale. L'esito del voto sarà reso
noto nei prossimi giorni. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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“Queste sono vere elezioni - ha
dichiarato, dopo avere espresso il suo voto, il presidente locale Bagapsh, - il nostro è uno Stato democratico, con un’opposizione
vera e libertà di stampa garantita”. La consultazione non è però riconosciuta a
livello internazionale. Durissimi sono stati i commenti delle autorità di
Tiblisi, che hanno definito le elezioni illegali. “I profughi - ha detto il presidente
georgiano Saakashvili - devono tornare a casa,
ogni tentativo di far riconoscere questi voti è vano”. Da 400 a 500.000 persone
di origine georgiana sono fuggite dalla regione durante la guerra e non sono
più potute rientrare. Una forza di interposizione russa disposta tra i due
contendenti evita il peggio.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D'Amato
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- Due ex alti dirigenti del
fallito colosso energetico russo Yukos sono stati condannati da un tribunale di Mosca per l'appropriazione indebita
di 13 miliardi di dollari: si tratta dell'ex direttore generale della
compagnia, Vladimir Malakhovski, e dell'ex direttore del dipartimento Debiti
Esteri Vladimir Pereverzin, che si sono visti infliggere rispettivamente 12 e
11 anni di reclusione. Entrambi erano accusati di aver acquistato del petrolio
a prezzi artificialmente bassi da tre
filiali di Yukos e di averlo rivenduto a prezzi più alti. L'accusa si è
dichiarata soddisfatta, mentre i
difensori dei due imputati hanno annunciato che faranno ricorso all'appello. Le
condanne arrivano a due anni da quelle inflitte all'ex presidente di Yukos,
Mikhail Khodorkovski - l'oligarca entrato
in rotta di collisione con il presidente Vladimir Putin - e al suo socio Platon Lebedev, condannati a otto
anni per truffa e frode fiscale.
- E'
cominciata questa mattina la demolizione della Casa della gioventù a
Copenaghen, il cui sgombero la scorsa settimana aveva dato l'avvio a scontri di
strada nella capitale danese. Ungdomshuset è una palazzina di quattro piani che
accoglieva da 25 anni un centro sociale diventato un bastione della cultura
underground. Nel 2000 era stata venduta dal municipio di Copenaghen ad una
comunità cristiana che ha chiesto l'espulsione dei suoi occupanti. Una webcam
della rete televisiva Tv2 trasmette in diretta l'inizio dei lavori con macchine
per la demolizione, mentre gli operai lavorano con il volto coperto e sotto
scorta della polizia per non essere riconosciuti dai dimostranti.