RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 63
- Testo della trasmissione di domenica
4 marzo 2007
IL PAPA
E LA SANTA SEDE
OGGI IN
PRIMO PIANO
CHIESA
E SOCIETÀ
Il re di Cambogia ha inaugurato una scuola alberghiera dei
salesiani, nella località di Ochheuteal
Ennesima strage in
Afghanistan: almeno 16 civili uccisi da soldati americani durante una
sparatoria dopo un attacco kamikaze
RADIO VATICANA
Radiogiornale
Il
Papa e la Santa Sede
Fermo richiamo di
Benedetto XVI all’Angelus: la preghiera non un optional,
né una fuga dalla realtà, ma è piuttosto questione
di vita o di morte
“La
preghiera non è un optional, ma è questione di vita o di morte”: il richiamo
forte di Benedetto XVI all’Angelus, nella seconda domenica di Quaresima,
rivolto alle migliaia di fedeli raccolti in Piazza San Pietro. Il servizio di Roberta
Gisotti:
*********
La
trasfigurazione di Gesù mentre pregava sulla montagna, nel racconto
dall’evangelista Luca ha offerto lo spunto al Papa per sottolineare come Gesù
nel suo dialogo intimo con il Padre “non esce dalla storia, non sfugge alla
missione per la quale è venuto al mondo, anche se sa che per arrivare alla
gloria dovrà passare attraverso la Croce”. Anzi Cristo entra più profondamente
– ha spiegato Benedetto XVI – in questa missione, aderendo con tutto se stesso
alla volontà del Padre, e ci mostra che la vera preghiera consiste proprio
nell’unire la nostra volontà a quella di Dio.
“Per
un cristiano, pertanto, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma
assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del
Signore”.
Poi
il richiamo forte del Santo Padre rivolto a tutti i fedeli:
“Cari
fratelli e sorelle, la preghiera non è un accessorio, un optional, ma è
questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio
con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”.
Quindi
la supplica a Maria, “Maestra di vita spirituale”, perché in questo tempo di
Quaresima voglia insegnarci “a pregare come faceva il suo Figlio, perché la
nostra esistenza sia trasformata dalla luce della sua presenza”.
Dopo
la recita dell’Angelus, Benedetto XVI ha ringraziato quanti nei giorni scorsi
lo “hanno accompagnato con la preghiera durante gli Esercizi spirituali”.
“Incoraggio
tutti, in questo tempo di Quaresima, a ricercare il silenzio e il
raccoglimento, per lasciare più spazio alla preghiera e alla meditazione della
Parola di Dio”.
Ha
ricordato poi l’importante appuntamento di sabato prossimo: il Papa presiederà,
alle ore 16 nell’Aula Paolo VI, una Veglia mariana ai destinata ai giovani universitari
di Roma, cui parteciperanno, in collegamento radio-televisivo, numerosi
studenti di altri Paesi dell’Europa e dell’Asia.
“Invocheremo
l’intercessione di Maria, Sedes Sapientiae, perché il Signore mandi testimoni
della verità evangelica, per costruire la civiltà dell’amore in questi due
Continenti e nel mondo intero”.
Infine
tra i saluti nelle varie lingue si è rivolto in particolare ai pellegrini
polacchi auspicando “che la penitenza quaresimale, gli esercizi spirituali e
l’esame di coscienza ci aiutino - ha detto - a ritrovare ed ad incontrare di
nuovo Gesù. Questa è la via - ha concluso - per rinnovare lo spirito e per
cambiare il cuore”.
*********
Il
nuovo arcivescovo di Varsavia, mons. Kazimierz Nycz:
non si può cancellare il passato eroico della Chiesa
polacca
Con
gioia e sollievo è stata accolta in Polonia la nomina del nuovo arcivescovo di
Varsavia, mons. Kazimierz Nycz, finora vescovo di Koszalin-Kołobrzeg: il
Papa lo ha chiamato a succedere a mons. Stanislaw Wielgus, dimessosi nel
gennaio scorso dopo aver ammesso le sue responsabilità nella collaborazione con
i Servizi segreti del passato regime comunista. Ma ascoltiamo il commento di mons.
Nycz, al microfono di padre Józef Polak, responsabile del Programma
polacco della Radio Vaticana:
*********
(parole
in polacco)
Fin
da quando sono arrivato a Koszalin, ero convinto che bisognava confrontarsi con
tutto il passato, sia mio, sia dei sacerdoti, sia di tutta la Chiesa. Perchè
il passato della Chiesa polacca è
eroico. Non si può cancellare questa verità anche se nei tempi del terrore
comunista, del controllo poliziesco, della distruzione degli uomini compiuta in
vari modi dal regime, si è trovato un certo numero di sacerdoti che non sono
riusciti ad essere all’altezza della sfida, che esigeva eroismo, e per qualche
debolezza hanno cominciato a collaborare o hanno subìto la collaborazione. La
mia convinzione è semplice: è una lezione che deve essere superata con
serenità. Per me la cosiddetta “lustrazia”, ossia la verifica storica sulla
base della pubblicazione sui media delle indagini della Commissione Ecclesiale
o dell’Istituto della Memoria Nazionale, non
è stata e non sarà la soluzione del problema. Per me la “lustrazia” è
semplicemente una purificazione della Chiesa che deve seguire le indicazioni
del “Memoriale” della Conferenza episcopale per riparare tutti gli errori
commessi, nella misura in cui sono stati fatti, “se” sono stati fatti. Non si
può agire precipitosamente. Bisogna agire in modo evangelico. Altrimenti
passeremo da un nome all’altro, da un fascicolo all’altro: il che per la Chiesa
sarebbe molto negativo. Temo che si pensi che per la Chiesa il problema più
importante sia quello di purificarsi dal proprio passato. Bisogna invece
superare la situazione con serenità e continuare il nostro lavoro, la missione
della Chiesa: annunciare il Vangelo, invitare i fedeli alla santità attraverso
i sacramenti, testimoniare concretamente l’amore. Niente di più…
**********
RADIO VATICANA
Radiogiornale
Oggi
in Primo Piano
Matrimoni misti e famiglia: sfide, difficoltà,
speranze
all’esame dei vescovi dei Paesi del Sud Est europeo
Matrimoni
misti e famiglia: questione all’esame dei presidenti dei vescovi dei Sud-Est
europeo, riuniti da giovedì scorso ad Oradea in Romania, accompagnati da alcuni
esperti. Partecipano all’incontro, che si chiude oggi, sette conferenze
episcopali: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Romania, Turchia e
SS. Cirillo e Metodio comprensiva di Serbia, Montenegro e Macedonia, oltre ai
rappresentanti della Santa Sede in Romania e presso l’Unione Europea e al
segretario generale della Commissione degli episcopati della Comunità europea. Marta
Vertse, incaricata del nostro Programma ungherese, ha intervistato il cardinale
Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, primate d’Ungheria,
presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE), che si è
soffermato anzitutto sui casi di matrimoni tra cattolici e fedeli di altre
confessioni cristiane.
**********
R. –
Ci sono casi in cui il sacerdote ribattezza la parte cattolica, quando si
celebra un matrimonio misto nella Chiesa ortodossa, oppure chiede una
dichiarazione – prima del matrimonio – alla parte cattolica, in cui questa si
impegna a passare alla Chiesa ortodossa. Certamente, quando si tratta di
stranieri o immigranti cattolici, questi non sempre capiscono che cosa devono
firmare, quindi c’è un’incertezza anche nella loro coscienza. Si tratta di una
situazione pastorale che dobbiamo qualificare anche giuridicamente.
D. –
Nel Sudest europeo, anche se in minoranza, però è presente la comunità
musulmana. Esiste il problema dei matrimoni misti?
R. –
Questi matrimoni sono molto rari, più rari di quanto si possa pensare. Per
esempio, in Bosnia: un tale matrimonio comporta anche una situazione
inter-etnica all’interno della famiglia stessa, dato che le religioni
rispondono anche a diverse etnie. In base al divieto generale da parte
musulmana, praticamente non è possibile che si concludano dei matrimoni misti.
All’epoca della Jugoslavia, soprattutto tra comunisti ed altre persone molto
secolarizzate, era di moda contrarre un matrimonio cristiano-musulmano, proprio
per esprimere che nessuna delle parti si interessava poi troppo per la
religione. Ma oggi, sono diventati rarissimi, questi matrimoni.
D. –
I presuli del Sudest europeo, durante la riunione, hanno toccato anche
l’argomento della terza Assemblea ecumenica che si terrà proprio in Romania, a
Sibiu. Come questi Paesi possono contribuire a tale avvenimento molto
importante in Europa dal punto di vista ecumenico?
R. –
Offrendo soprattutto la loro esperienza cristiana dei decenni passati, cioè la
loro esperienza di Paesi post-comunisti, insieme all’esperienza della
persecuzione: per esempio, la persecuzione dei greco-cattolici, ma anche di
altri; la ricchezza della testimonianza di martiri e confessori; e anche
mediante la condivisione dell’esperienza dei nostri giorni quando i sistemi
giuridici dei rispettivi Paesi sono in piena trasformazione, quando le
istituzioni della Chiesa stanno per rinascere: sembra che questa testimonianza,
questa esperienza possa costituire anche un incoraggiamento per i nostri
fratelli occidentali.
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I cristiani per
l’Europa nel 50 mo anniversario dei Trattati di Roma
Fervono
le iniziative nel mondo cattolico in vista del 50.mo anniversario dei Trattati
di Roma, che hanno dato avvio al processo di unificazione europea. Evento che
sarà celebrato dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea
(COMECE) con un incontro nella stessa città eterna, dal 23 al 25 marzo
prossimo. Si tratta di rilanciare una coscienza comune sui principi cardine di
un’unità continentale, di cui i cristiani sono parte costitutiva. Roberta
Gisotti ha intervistato a Bruxelles il dott. Giorgio Salina,
presidente dell’Associazione per la Fondazione Europa:
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D. -
Dott. Salina, quali sono oggi per i cristiani i tratti distintivi di
appartenenza all’Europa, un continente che appare al momento in gran parte
scristianizzato e disorientato anche nei riferimenti unitari sui piani
culturale, politico, sociale?
R. –
Il contributo dei cristiani e dei cattolici in particolare può essere molto
significativo. Certo che i cristiani ed i cattolici si devono impegnare, ma
riaffermando la necessità di colmare delle carenze. La prima fra tutte è che
tutte le culture devono essere sullo stesso piano con diritto di patria presso
le Istituzioni europee e la cultura cristiana, il modo cristiano di concepire
l’uomo e la società non hanno diritto di patria. Il secondo punto è la effettiva
sana laicità delle Istituzioni: una laicità di neutralità rispetto a tutte le
religioni, ma non di rifiuto rispetto a tutte le religioni. Infine, il terzo
punto è la necessità di rifarsi ad una sana interpretazione della
sussidiarietà, che non può essere solo ripartizione di competenze tra
l’Istituzione centrale, gli Stati e i poteri locali, ma deve essere anche una
ripartizione tra le Istituzioni e i corpi intermedi della società che vanno
valorizzati, promossi ed aiutati.
D. –
Dott. Salina, oggi si sente spesso parlare di un’Europa delle lobbies, che
‘comanderebbero’ nelle Istituzioni europee, senza però un vero mandato dei
cittadini europei?
R. –
Le posso garantire che queste lobbies sono presenti e sono molto attive. Gliene
cito solo due: la prima è la lobbies degli omosessuali e delle lesbiche, che è
una delle più potenti del Parlamento europeo; e la secondo è rappresentata
dalle lobbies delle aziende farmaceutiche internazionali. Le lobbies sono una
realtà del Parlamento europeo e, al contrario di altri Parlamenti nazionali
come avviene anche in Italia, sono pubbliche e si conoscono benissimo i loro
programmi.
D. –
Quindi è importante, comunque, raffrontarsi con queste realtà e non solamente
con i referenti politici?
R. –
Assolutamente sì. Per noi il problema è proprio quello della capacità
organizzativa e del potere economico che queste lobbies hanno.
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Mentre
s'inaugura in Cecenia il nuovo corso del presidente neoletto, Kadirov, giungono
pure nuove accuse di violazioni dei diritti umani
nel tormentato Paese caucasico
Il
Parlamento della Cecenia ha ratificato venerdì, con un solo voto contrario su
58, la nomina di Ramsan Kadyrov alla presidenza della Repubblica caucasica. In
Cecenia, intanto, continua la violazione dei diritti più elementari, con prove di diffuse pratiche di maltrattamenti e numerosi casi
di tortura sui detenuti. A denunciarlo il commissario per i Diritti
Umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammamberg, direttamente da Grozny. Salvatore
Sabatino ne ha parlato con Luigi Geninazzi, editorialista di
"Avvenire" ed esperto di questioni russe:
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R. -
Più che il contenuto - ormai abituale da parte delle organizzazioni
internazionali e del Consiglio d’Europa circa la violazione dei diritti umani
in Cecenia - è interessante che quest’ultima denuncia venga fatta a Grozny; è
interessante soprattutto constatare che avviene in un contesto molto
particolare, cioè all’interno di una Conferenza sui diritti umani in Cecenia,
organizzata dallo stesso presidente Kadyrov. Questo ci fa capire come stia
cambiando la Cecenia, all’insegna di una strategia che io direi un po’
doubleface. Da un lato questo giovanissimo, poco più che trentenne, presidente
della Cecenia parla di conciliazione, cerca di ricostruire il Paese e invita le
finaliste di Miss Mondo a sfilare a Grozny; dall’altro lato però le sue
squadracce colpiscono, sequestrano ancora le persone; cioè c’è un clima di
paura, di terrore, di violenza nel Paese e questa doppia faccia è quello che ci
deve preoccupare.
D. -
Una cosa è certa, la crisi cecena, di fatto irrisolta, è stata dimenticata.
Perché questo silenzio da parte dei media internazionali?
R. -
Ci dimenticheremmo anche di Baghdad e anche di tante altre situazioni se non ci
fossero attentati mortali tutti i giorni. In Cecenia se ne è parlato molto, nei
casi di queste stragi incredibili, come quella dei bambini di Beslan nel 2004;
poi non se ne parla più perchè di fatto la guerra è a bassa intensità. Però
torna a galla ogni tanto, non solo in occasioni come queste, con la puntuale
denuncia del Commissario del Consiglio d’Europa; ricordiamoci qualche mese fa
in occasione dell’assassinio della giornalista Politkovskaja.
D. -
Questa denuncia, secondo te, può avere delle ricadute su Putin e soprattutto su
Kadyrov, appena investito formalmente dal 'numero uno' del Cremlino, quale
'faro' della nuova Cecenia?
R. –
Kadyrov, a parole, ha detto che prenderà in conto queste osservazioni ed ha
ammesso che ci sono ancora delle violenze. Per Putin tutto questo è come acqua
fresca, nel senso che è abituato a ricevere queste critiche che sono - diciamo
la verità - anche un po’ delle punture di spillo; nessuno ha mai picchiato i
pugni sui tavoli internazionali per la Cecenia.
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Nasce in Italia
il Comitato per la famiglia e scende in campo
contro il Disegno di legge governativo
sui DICO, alternativi al matrimonio
'No' ai DICO, 'sì' alla famiglia fondata sul matrimonio. Così il
Comitato per la Famiglia, costituitosi lo scorso 24 febbraio per volontà della
Federazione italiana consultori familiari di ispirazione cristiana, scende in
campo contro il DDL sulle coppie di fatto. Chiesto un rinnovato impegno
politico per un autentico sostegno alla famiglia. Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento della presidente del Comitato Olimpia Tarzia.
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R. - Il Comitato si è formato per
lanciare un appello alla mobilitazione, rivolgendosi a tutte le famiglie prima
di tutto, non solamente alle famiglie cattoliche, ma alle famiglie che hanno
scelto di fondare la loro vita futura sui dei diritti e dei doveri e sul
matrimonio, che hanno quindi una rilevanza pubblica, e vorrei ricordare sono il
96% delle coppie italiane.
D. - Voi ribadite che difendere la
famiglia fondata sul matrimonio non è un punto di vista meramente cattolico...
R.
- No, assolutamente no. Questa purtroppo è una dinamica che si è creata
da diversi anni nella cultura dominante italiana per cui si vuole fare lo
schieramento tra laici e cattolici, tra fede
e ragione tra scienza e fede. Ecco, io sono convinta che ci siano dei
valori, che sono dei valori umani, primo fra tutti, il valore della vita, il
diritto alla vita che è il primo tra i diritti umani e il valore della famiglia
come società naturale fondata sul matrimonio. E' chiaro che, come cattolico, ciascuno
di noi darà un valore aggiunto darà un significato diverso, ma questo non
significa che non siano valori riconosciuti e validi per tutti.
D. - Il premier Prodi ha ribadito che
il Disegno di legge sui DICO ormai sta in Parlamento e spetta al Parlamento
discuterne...
R. - Non ha cambiato assolutamente
nulla la dichiarazione di Prodi, in quanto il Disegno di legge è stato varato
dal governo ed adesso è in Parlamento. Il Disegno legge c'è, tra l'altro con
questa così voluta manipolazione del linguaggio - per non parlare di PACS si
parla di DICO - ma se andiamo a leggere il testo è esattamente la stessa cosa.
Quindi, prima di tutto, il nostro Comitato nasce per dire un 'no' ai DICO,
netto, perchè non abbiamo bisogno, nè tantomeno urgenza, di una legge da questo
punto di vista, anche perchè i diritti delle singole persone sono garantiti
attraverso altre forme, col Codice civile e comunque si può intervenire
attraverso il Diritto privato. Ribadiamo che non ci cambia nulla il fatto di
aver tolto tra i 12 punti i DICO, perchè è evidente che ormai sono stati
approvati dal Governo e stanno in Parlamento. La battaglia è tutta totalmente
aperta.
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Messa stamattina al
carcere romano "Regina Coeli"
con la statua della Madonna di Lourdes benedetta dal
Papa.
Ad organizzarla i volontari dell’Unitalsi
Questa
mattina la statua della Madonna di Lourdes benedetta dal Papa l’11 febbraio
scorso ha fatto tappa al carcere romano "Regina Coeli". Diversi i
detenuti che hanno voluto partecipare alla Messa organizzata dall’Unitalsi e
che sta curando la peregrinatio Maria nelle diocesi italiane per celebrare i
150 anni dalla prima apparizione della Vergine nella grotta di Massabielle. Il
servizio di Tiziana Campisi:
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(musica)
S'incontra l’umanità al Regina Coeli, quella della gente che lotta
contro la miseria, quella di chi ha sbagliato e rivede la propria vita con
occhi diversi, quella di persone alle quali manca l’amore. Ma oggi in quella
stessa “rotonda” dove sono stati Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II,
e che immette alle diverse sezioni del carcere, è arrivata la Madonna di
Lourdes.
“Nella nostra vita possiamo anche cadere – ha detto don Gianni
Toni, cappellano d’onore della Grotta di Lourdes – ma con la preghiera è
possibile rialzarsi; che questo incontro possa suscitare in voi il desiderio
della purezza”. “Spesso alle persone alle quali vogliamo bene doniamo fiori,
oggi è Maria che li offre a voi”, ha detto al termine della Messa don Toni,
invitando i detenuti a prendere i fiori posti ai piedi della statua della
Vergine. In tanti hanno accolto l’invito. E così ci hanno risposto alcuni di
loro sull’iniziativa dell’UNITALSI:
R. – La Madonna di Lourdes l’ho vista quando ero piccolo, nei
film. E’ la prima volta che la vedo da vicino. Il messaggio che ci manda è
molto forte. Poi è la fede che ci porta a credere che esiste qualcosa oltre
questa vita. Lei infatti ci dice, anche nei film: “Io qui non vi prometto
niente, però vi aspetta un regno diverso”.
R. – Oggi è stata un’esperienza bellissima. Mi sono sentito… come
adesso: mi viene la pelle d’oca, perché io non c’ero mai stato a Lourdes. Penso
che non mi capiterà più di tenere così come ho potuto fare, di portare la
Madonna in braccio ... portarla qui, sulla “rotonda”, è una cosa che non succede
tutti i giorni!
R. – Molto bello. La Madonna è venuta qui a trovarci ... E’ stata
una bella cosa!
R. – E’ la prima volta che mi capita un’occasione del genere. E’
stata una cosa spettacolare, anche il fatto che alcune persone siano venute a
trovarci e hanno pregato per noi. Non è che siamo ben visti e ben voluti
all’esterno, e vedere che c’è gente che, all’esterno, pensa a noi, anche con
eventi del genere, è una cosa che fa bene dentro. Per noi, per me, è una cosa
che fa riflettere.
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RADIO VATICANA
Radiogiornale
Chiesa
e Società
Promuovere l’impegno
missionario nel continente americano.
E’ l’obiettivo della “Giornata Ispanoamericana”, che
si celebra oggi in Spagna
Con
il motto ‘Chiamati ad essere discepoli e missionari in America’, si celebra
oggi la “Giornata Ispanoamericana”. In vista dell’appuntamento, nei giorni
scorsi, la presidenza della Pontificia Commissione per l’America Latina ha
rivolto ai vescovi e ai fedeli spagnoli un messaggio legato al tema della
prossima V conferenza dell’episcopato Latinoamericano, che Benedetto XVI
inaugurerà il 13 maggio ad Aparecida (in Brasile). La Conferenza, si legge,
invita “a riflettere sull’identità del cristiano, chiamato a porre Gesù Cristo
al centro della propria vita e a trasmettere un amore che porti ad essere i
suoi fedeli discepoli e autentici missionari”. Come riporta l’agenzia Zenit, il
testo richiama poi la convinzione missionaria che ha fatto esclamare a San
Paolo “Guai a me se non proclamassi il Vangelo”. All’origine dell’“avventura degli
Apostoli” c’è quindi l’esperienza di una “conoscenza diretta”, che suscita il
desiderio di annunciare Colui che si è conosciuto e amato personalmente. Al
termine della sua missione terrena, il Signore ha affidato ai discepoli il
mandato di annunciarLo al mondo intero, un compito – rilevano il cardinale
Giovanni Battista Re, presidente della Commissione, e l’arcivescovo Luis Robles
Díaz, vicepresidente – che non si limita alla vastità geografica, ma si estende
a tutti gli ambiti della vita umana: famiglia, mondo del lavoro, cultura,
economia, politica. Un’impresa di tale portata – prosegue il messaggio - può
realizzarsi solo “con la forza soprannaturale della carità”, che si manifesta
nella testimonianza dell’attività missionaria. Citando in proposito le parole
usate dal Papa nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 2006, la
Pontificia Commissione ringrazia i cattolici spagnoli per l’impegno pastorale
profuso in America Latina durante più di cinque secoli di evangelizzazione e li
esorta a continuare questa missione nel Continente “della speranza”: un
Continente dove brilla una religiosità sempre viva, che tuttavia “oggi più che
mai ha bisogno di essere ridestata e alimentata con determinazione e audacia”.
In conclusione, l’esortazione è rivolta ai
fedeli affinché si impegnino, ciascuno nel proprio ambito, nella
“meravigliosa sfida” dell’evangelizzazione nella consapevolezza che “l'amore è
e resta il movente della missione, il principio che deve dirigere ogni azione e
il fine a cui essa deve tendere” (Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio, 60).
(E. B.)
Oggi, in Burkina
Faso la firma di uno storico accordo tra governo e ribelli,
mediato dalla Comunità di Sant'Egidio, mette fine
alla guerra civile in Costa d'Avorio
Protagonisti
dell’accordo il presidente della Costa D’Avorio, Laurent Gbagbo, e il capo
della ribellione, Guillaume Soro. Determinante il contributo del presidente del
Burkina Faso, Blaise Compaorè, e della Comunità di Sant’Egidio, che, attraverso
una fitta rete di comunità locali, lavora da anni alla costruzione di un clima
di dialogo e di convivenza nel Paese. Un Paese che – come sottolinea una nota
della stessa comunità di Sant’Egidio – a causa della guerra, fin dal 2002 era
praticamente diviso in due parti. Gravi le conseguenze per la popolazione, in
gran parte da anni sprovvista di documenti di identità: a nord, nella zona
ribelle, niente scuole né sanità pubblica; mentre al sud si riversavano i
rifugiati. Tra interferenze e ambizioni politiche, e con un governo di
transizione impossibilitato ad agire, la crisi ha provocato la fuga di un
milione di persone, che hanno trovato riparo nel vicino Burkina Faso. E’
evidente che c’a ancora tanto lavoro da fare, ma l’accordo rappresenta un passo
fondamentale del nuovo corso, illuminato dalla Pace. (A cura di Eugenio
Bonanata)
La solidarietà cristiana ha
caratterizzato i festeggiamenti del capodanno cinese
nella comunità cattolica
I
festeggiamenti per il capodanno cinese, che si concludono ufficialmente oggi,
con la festa di Yuan Xiao (la festa della lanterna), continuano ad essere
occasione di solidarietà cristiana, di evangelizzazione e di comunione per la
comunità cattolica cinese. La conferma arriva dall’agenzia Fides che riporta
una serie di iniziative. Alla vigilia del capodanno, una ventina di famiglie
hanno beneficiato di riso, olio da cucina e vestiti, grazie al parroco don Luo
Li Min che, con tre religiose della congregazione delle missionarie di Nostra
Signora del buon consiglio e due laici, ha percorso duecento chilometri a bordo
di un pulmino partito dalla Cattedrale di Jing Xiang della diocesi di Heng
Shui. Sempre nella provincia dell’He Bei, i sacerdoti di Bao Ding hanno passato
i primi giorni della festa di capodanno nell’ospedale con i malati e con gli
anziani. La fondazione caritativa del Bambino Gesù della parrocchia di Hu
Zhuang dell’arcidiocesi di Ji Nan, nella provincia di Shan Dong, nata a Natale
2006, sotto la guida dei sacerdoti ha visitato un centinaio di famiglie in
difficoltà di 13 parrocchie. Anche la diocesi di Wan Zhou, nella provincia del
Si Chuan, guidata dal vescovo novantenne mons. Giuseppe Xu, ha riunito tutti
coloro che non hanno famiglia. La comunità cattolica, approfittando della lunga
vacanza, ha inoltre intensificato l’evangelizzazione e la pastorale. (E. B.)
Il re di Cambogia ha
inaugurato una scuola alberghiera diretta dai salesiani,
nei pressi dalla spiaggia di Ochheuteal
Il re
di Cambogia, Norodom Sihmoni, ha inaugurato nei giorni una scuola alberghiera
animata dai salesiani, a Sihanoukville. Il re per l’occasione si è recato per
la prima volta nella città che porta il nome di suo padre e che è un centro
turistico in crescita. Padre Roberto Panetto, direttore della scuola
alberghiera, ha spiegato al sovrano - racconta Eglises d’Asie, citata dall’Agenzia
"AsiaNews" - che l’istituto
accoglie 50 allievi, scelti tra gli orfani ed i ragazzi di famiglie povere, che
si uniscono ai 300 della Scuola tecnica Don Bosco, studenti di meccanica,
elettrotecnica, amministrazione e turismo. Ai ragazzi, re Sihamoni ha
raccomandato di “lavorare duramente” ed a “osservare i principi della scuola e
rispettare i professori, in modo da acquistare una formazione che contribuirà
allo sviluppo del Paese”. La scuola alberghiera sorge a due chilometri dalla
nota spiaggia di Ochheuteal ed ha anche 19 camere che verranno affittate a
turisti per 30/35 dollari a notte. Sarà un modo, ha spiegato padre Panetto, per
sostenere – almeno in parte – le spese per il mantenimento della scuola, visto
che gli studenti non pagano nulla. (E. B.)
Cresce
la comunità cattolica in Mongolia: 23 nuovi battesimi nella città di Darkhan
saranno amministrati durante la veglia di Pasqua
Ventitrè
persone - bambini e giovani - della prefettura apostolica di Mongolia
riceveranno il Battesimo durante la Veglia Pasquale del 7 aprile. Questo
avvenimento, che contribuirà a ravvivare la piccola comunità cattolica della
città di Darkhan, centro industriale a nord di Ulaanbaatar, rappresenta il
primo importante frutto del lavoro pastorale della Chiesa. “Appena arrivati qui
abbiamo iniziato ad incontrare la gente, in particolare a stabilire un contatto
con i giovani. Il resto l’ha fatto il Signore”, afferma il salesiano, padre
James Cheruwathur, che opera da qualche anno sul luogo con altri due
confratelli. L’evento è un segno di speranza per tutta la comunità cattolica in
Mongolia, che oggi conta 370 fedeli. Il prefetto apostolico, mons. Wens
Padilla, fa osservare come “la Chiesa sta mettendo radici in tutto il Paese” e
che “la progressiva apertura della Mongolia ai valori democratici e al mondo
esterno sta creando spazi sempre maggiori per la pastorale della Chiesa e per
l’evangelizzazione”. Attualmente operano in Mongolia 56 missionari (fra Ordini
maschili e femminili) di 14 Paesi di Africa, Asia, Europa e America Latina. (E.
L).
RADIO VATICANA
Radiogiornale
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
- Ennesima strage in Afghanistan: militari americani hanno
aperto il fuoco dopo un attacco sferrato da un attentatore suicida contro il
loro convoglio. Nella sparatoria, avvenuta nella provincia orientale di
Nangharar, sono rimasti uccisi almeno 16 civili. Situazione difficile anche
nella provincia meridionale di Kandahar dove due soldati della Forza
internazionale di assistenza per la sicurezza della NATO sono morti durante
scontri contro presunti guerriglieri talebani. Oltre alle violenze e alla
crescente insicurezza, l’Afghanistan continua ad essere afflitto da altri,
gravi problemi. Fabio Colagrande ne ha parlato con padre Giuseppe
Moretti, Superiore della Missio sui iuris del Paese asiatico.
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R. - I problemi sociali rimangono:
c'è un aumento di prezzi vertiginoso e c'è una disoccupazione altrettanto
preoccupante. Si deve vedere poi quanto la popolazione possa usufruire dei
tantissimi aiuti che vengono dati; bisogna capire quanto questi aiuti possano
effettivamente migliorare le condizioni della popolazione. Manca inoltre
un'edilizia popolare che possa far fronte sia al rientro dei profughi, sia alle
grandi distruzioni della capitale. Il 75 per cento di Kabul è stato distrutto,
soprattutto negli ultimi anni, e c'è
anche una grave carenza nell’assistenza sanitaria. I benefici della popolazione
sono ancora molto scarsi; è una situazione che, da un punto di vista sociale,
deve fare dei passi da gigante. Ci sono ancora violenze sulle donne, problemi
dai risvolti umani ancora più gravi, più preoccupanti. E' un Paese a lenta,
lentissima evoluzione; speriamo che questa evoluzione, pur lenta, non si fermi
del tutto.
D. - Nelle ultime settimane i
Talebani sono tornati a minacciare le forze straniere in Afghanistan,
preannunciando un'offensiva sanguinosa, la più sanguinosa dalla primavera del
2001 a questa parte. Lei avverte le tensioni che sono legate a queste minacce?
R. - Per il momento, da quello che
posso avvertire io, non si sente una particolare tensione anche perché,
eventualmente, questa offensiva dovrebbe svolgersi in un'area abbastanza
limitata, nel sud est del Paese. Se poi, come hanno detto, verranno utilizzate
- speriamo di no - le autobombe, i kamikaze, allora è chiaro che nessun luogo
potrà essere sicuro.
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- In
Iraq, uomini armati hanno ucciso a Baghdad un giornalista sciita iracheno
facendo salire ad almeno 170 il numero di operatori dell’informazione
assassinati nel Paese arabo dall’inizio della guerra, nel 2003. Su Internet è
comparso inoltre un video che documenta nuove violenze: su alcuni siti
integralisti islamici è stato pubblicato, infatti, un raccapricciante filmato
con l’uccisione di 18 dipendenti del ministero dell’Interno, 14 agenti e
quattro civili, rapiti nei giorni scorsi nella provincia di Diyala. Il gruppo
responsabile del massacro, legato ad al Qaeda, ha reso noto che gli ostaggi
sono stati uccisi per vendicare lo stupro di una donna sunnita. Sul versante
politico il premier iracheno, Al Maliki, ha annunciato intanto un rimpasto del
Governo entro le prossime due settimane.
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Urne aperte in Estonia per oltre 940 mila elettori chiamati a rinnovare il
Parlamento. E’ la prima votazione dopo l’ingresso dell’ex Repubblica sovietica
nell’Unione Europea. Si contendono la vittoria i due principali schieramenti
politici: quello di centrodestra del premier uscente e il partito di
centrosinistra. La consultazione è caratterizzata anche da una novità assoluta:
lo Stato baltico è infatti il primo Paese al mondo dove gli aventi diritto per elezioni politiche possono esprimere la loro
preferenza anche attraverso Internet.
- In Danimarca sembra
tornata alla normalità la situazione dopo due giorni di disordini a Copenaghen
seguiti allo sgombero forzato di un centro sociale giovanile. Da giovedì,
quando sono iniziate le proteste, sono state arrestate almeno 700 persone. Il
portavoce della Polizia ha dichiarato che gli
stranieri fermati verranno rinviati nel loro Paese per evitare che partecipino
ad eventuali, nuovi disordini. Nella capitale danese intanto la statua della
sirenetta, simbolo della città, è stata imbrattata con vernice rosa. Le
autorità non hanno ancora chiarito se l'atto di vandalismo sia ricollegabile
agli scontri tra giovani e polizia dei giorni scorsi.
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Oltre 3.000 kosovari albanesi hanno manifestato ieri a Pristina per chiedere
l’indipendenza immediata del Kosovo e protestare contro il piano dell’ONU per
un nuovo ‘status’ della provincia serba. Il piano delle Nazioni Unite, che
prevede per il Kosovo una forma di sovranità parziale sotto il controllo di una
missione internazionale guidata dall’Unione Europea, è già stato giudicato
insufficiente dalle parti. I leader kossovari albanesi, che hanno sempre
respinto l’ipotesi di ulteriori negoziati con il governo di Belgrado, chiedono
la proclamazione immediata dell’indipendenza. Le autorità della Serbia si
oppongono, invece, alla trasformazione del Kosovo in una provincia autonoma.
- Si
apre domani in Cina, a Pechino, l’Assemblea nazionale del popolo. La sessione
annuale del Parlamento cinese - che comprende anche le riunioni dell’Assemblea consultiva del popolo, iniziate sabato -
dovrà varare, verificare ed approvare in modo ufficiale leggi e politiche
economiche decise dal Partito comunista cinese. Si discuterà anche di progetti
di legge per adeguare la Cina a standard internazionali in vari ambiti. Giada
Aquilino ne ha parlato con padre Bernardo Cervellera, direttore
dell’agenzia del PIME "AsiaNews" ed esperto sinologo.
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R. –
Quello che spinge la Cina a trasformare un po’ il suo volto è soprattutto il
tentativo di farsi accogliere dalla comunità internazionale come un Paese
moderno. Non dimentichiamo che la Cina, l’anno prossimo, ospiterà le Olimpiadi
...
D. –
E’ allo studio anche una legge sulla protezione della proprietà privata.
Entrerà davvero in vigore?
R. –
Lo possiamo sperare; lo spera anche molto la leadership, perché sebbene la
Costituzione sia stata cambiata tre anni fa e quindi difende la proprietà privata,
attualmente non ci sono ancora delle leggi. L’anno scorso era stata presentata,
ma poi era stata all’ultimo momento ritirata, perché ci sono ancora dei
conflitti all’interno della leadership cinese tra chi vuole ancora proseguire
con un metodo stalinista e chi, invece, vuole modernizzare la società.
D. –
Linea dura, invece, contro chi non rispetta la politica del figlio unico. Pare
che nelle fasce abbienti la percentuale di chi ha due o più figli sia in
crescita: qual è la situazione?
R. –
La situazione è che le persone che possono pagare – e ce ne sono moltissimi,
almeno 200 milioni di persone in Cina sono ricchissime! – accettano anche di
pagare tasse elevatissime per il secondo figlio. Bisogna tener presente che la
tradizione cinese pensa alla famiglia come ad una famiglia piena di figli, e
quindi la politica del figlio unico non è amata da nessuno: né dai ricchi né
dai poveri. Naturalmente, però, i poveri o abbandonano i loro secondi nati
oppure spesso fanno aborti selettivi, per cui tengono il figlio maschio e
abortiscono le figlie femmine. Insomma, veramente un grande dramma. Quindi, ora
la Cina ha decretato che aumenterà le pene pecuniarie per questi ricchi. Il
problema rimane sempre, naturalmente, per i poveri, perché sebbene il Governo
cinese si accorga di quanto male stia facendo sia alla popolazione sia anche al
suo sviluppo futuro, dal punto di vista economico, attualmente ancora vuole
rimanere fermo in questa politica.
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- In Algeria quattro persone sono morte in seguito ad un’esplosione
avvenuta ieri a bordo un autobus che trasportava dipendenti di un’azienda russa
ad Ain Defla, a sud della capitale Algeri. Secondo il Ministero degli esteri
russo si è trattato di un attacco terroristico. La società russa sta lavorando
alla costruzione di un gasdotto.
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Cinque cittadini etiopi, rapiti giovedì scorso insieme con 5 stranieri inglesi,
sono stati ritrovati al confine con l’Eritrea. Il governo di Asmara ha respinto
intanto le accuse secondo le quali il gruppo sarebbe stato sequestrato
dall’Esercito eritreo, come sostenuto invece da fonti citate dal quotidiano
britannico “The Guardian”. E’ comunque certo che la tensione tra Etiopia ed
Eritrea resta alta: i due Paese hanno combattuto infatti una guerra sanguinosa
tra il 1998 e il 2000 e la disputa sul loro confine non è stata ancora risolta.
I due Governi hanno assunto inoltre posizioni opposte in Somalia: il governo
etiope ha appoggiato le truppe somale contro le milizie islamiche; l’esecutivo
eritreo, invece, ha sempre sostenuto le Corti islamiche.