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SOMMARIO del 31/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Nella Festa della Visitazione il Papa chiude il mese mariano partecipando a una cerimonia nei Giardini Vaticani
  • Udienze e nomine
  • 'Assetato di salvezza per tutti': sarà proclamato Santo dal Papa, domenica prossima, il francescano polacco Simone da Lipnica
  • Santa Sede ed Emirati Arabi Uniti allacciano piene relazioni diplomatiche
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Chiude ad Aparecida la V Conferenza generale dell'Episcopato latinoamericano e dei Caraibi: i vescovi rilanciano la missione e la promozione umana
  • Pubblicato un nuovo documento della CEI a 40 anni dalla Populorum progressio di Paolo VI
  • Violenza in famiglia, quali le cause? Intervista col sociologo Pierpaolo Donati
  • Giornata mondiale senza tabacco: campagna contro il fumo passivo
  • Nei cinema italiani il film "Daratt", storia di speranza nei drammi del Ciad
  • Ultimatum degli estremisti iracheni: le donne cristiane portino il velo
  • Chiesa e Società

  • Iraq: al via il Sinodo della Chiesa caldea per ridare fiducia ai cristiani nel Paese
  • India: mons. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, chiede più rispetto per i cristiani e si appella al governo del Paese affinché cessi l’intolleranza religiosa
  • Pakistan: cristiano condannato a morte per blasfemia
  • Malaysia: la Corte federale non riconosce la conversione della cristiana Lina Joy
  • Prevenzione dei genocidi: Francis Deng è il nuovo consigliere speciale alle Nazioni Unite
  • Camerun: continuano a peggiorare le condizioni dei rifugiati nei campi profughi nell’est del Paese

  • Premiata dalla BBC l’emittente africana “Radio Pacis”: per la giuria è la “nuova emittente radiofonica dell’anno” in Africa
  • Si è aperto ieri a Bose, in Piemonte, il V Convegno liturgico internazionale sul tema “Il Battistero”
  • Domani a Bassano Romano la premiazione dei vincitori del concorso indetto dalla Fondazione Giovanni Paolo II
  • 24 Ore nel Mondo

  • Via libera dell’ONU al tribunale per l’assassinio dell’ex premier libanese, Hariri. In Iraq, almeno 20 morti in un attentato suicida a Falluja
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nella Festa della Visitazione il Papa chiude il mese mariano partecipando a una cerimonia nei Giardini Vaticani

    ◊   Questa sera, nella Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, a chiusura del mese mariano, si svolgerà nei Giardini Vaticani la tradizionale processione con la recita del Rosario dalla chiesa di Santo Stefano degli Abissini alla Grotta di Lourdes. Il rito sarà guidato dall'arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. Al termine della celebrazione giungerà Benedetto XVI per concludere la preghiera con un messaggio per i fedeli. La nostra emittente seguirà l'evento in radiocronaca diretta, a partire dalle 20, con il commento del nostro direttore generale padre Federico Lombardi, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Ma a quali riflessioni ci apre la festa di oggi, che ricorda la visita della Vergine Maria ad Elisabetta, madre di Giovanni Battista? Tiziana Campisi lo ha chiesto alla prof. Cettina Militello, docente presso la Pontificia Facoltà Teologica Marianum:


    R. – Va sottolineato anzitutto l’incontro sororale di queste due donne. Pur se diversamente protagoniste all’interno della storia della salvezza, ciascuna è portatrice in grembo di una nuova vita e non una vita qualsiasi, ma una vita che ha un preciso posto nel contesto del misericordioso farsi prossimo di Dio al suo popolo. Questo incontro diventa rivelatore della identità del Figlio che Maria porta in grembo e in fondo Elisabetta è colei che, in forza dello Spirito Santo, benedice Maria come portatrice della salvezza, come portatrice del suo Signore e la chiama "Madre del mio Signore". La cosa singolare, che è poi affidata a tanta iconografia, è questo incontro solidale. L’incontro di due donne, tutte e due protagoniste, tutte e due capaci di profezia, è un’icona di sororità. Qui la solidarietà non è soltanto secondo la carne, ma è all’interno di questo farsi prossimo di Dio, che accetta la mediazione femminile.

     
    D. – Due donne, pienamente inserite nella storia della salvezza. Queste icone cosa ci dicono oggi?

     
    R. – Secondo me la festa di oggi dovrebbe rappresentare, a livello cristiano, la vera festa della donna. Maria ed Elisabetta ci dicono due cose. Primo il fatto che nella storia salvifica vi è una co-presenza maschile e femminile: Dio non ha mai evitato di agire come Signore misericordioso e salvifico senza le donne, anzi le donne sono al centro – innumerevoli volte – di svolte nella storia salvifica. L’altra cosa è che le donne dovrebbero offrire questo modello solidale: se c’è un aspetto che qualifica l’umanità e la rende veramente tale è proprio la capacità di assumere l’altro; il portarsi di Maria e il riconoscimento di Maria dice appunto questa solidarietà, questa complicità femminile. Si tratta veramente di farsi attenti ed attente all’altro o all’altra.

     
    D. – Si chiude il mese mariano, un mese che ci aiuta a meditare e a riflettere sulla figura di Maria…

     
    R. – Che la comunità cristiana abbia prestato attenzione a Maria è una cosa che, in fondo, la indica come risposta perfetta della creatura al Creatore. Secondo me, si deve guardare a Maria come creatura bella, nella quale il mistero cristiano trova veramente la risposta più adeguata. Maria è discepola e sorella; o la si scopre veramente come compagna di cammino, come modello di cammino, o ci perdiamo in una serie di pie locuzioni e devozioni che talvolta ci fanno staccare da quello che è il senso più vero della figura di Maria nel mistero cristiano.

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    Udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in successive udienze il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi), e alcuni presuli della Conferenza episcopale della Repubblica Centroafricana, in visita "ad Limina".
    In Namibia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Keetmanshoop padre Phillip Pöllitzer, provinciale degli Oblati di Maria Immacolata per la Namibia. Padre Phillip Pöllitzer è nato a Mörtelsdorf (parrocchia di Tamswe, nell’arcidiocesi di Salisburgo, in Austria) il 18 gennaio 1940. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici nell’Istituto degli Oblati di Maria Immacolata a Hünfeld, in Germania (Ordenshoch schule der Oblaten der Makellosen Jungfrau). Ha emesso la sua prima professione religiosa nel 1960 e quella perpetua nel 1965. È stato ordinato sacerdote il 17 dicembre 1965 a Hünfeld. Dopo l’ordinazione sacerdotale, giunto in Namibia nel 1966, è stato designato per il lavoro pastorale nella parte orientale dell’arcidiocesi di Windhoek, chiamata Gobabis. La sua residenza era a Dornfeld, ma ha servito diverse missioni in quella vasta zona, fino al 2001. Dal 2001 al gennaio 2007 è stato superiore provinciale degli Oblati di Maria Immacolata, ricoprendo allo stesso tempo diversi incarichi al livello diocesano: responsabile per la formazione dei diaconi permanenti, vicario foraneo della Regione d’Omaheke, coordinatore della pastorale diocesana e professore al Seminario interdiocesano di St. Charles Lwanga, a Windhoek.
    Il Santo Padre ha nominato vice presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina mons. José Octavio Ruiz Arenas, finora arcivescovo di Villavicencio in Colombia.

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    'Assetato di salvezza per tutti': sarà proclamato Santo dal Papa, domenica prossima, il francescano polacco Simone da Lipnica

    ◊   Predicatore ferventissimo, una vita penitente, intessuta di preghiera e di studio, caritatevole testimone dell’amore accanto ad ammalati e sofferenti, morì di peste, vittima della sua dedizione. Questi i tratti salienti della personalità di Simone da Lipnica, francescano polacco, vissuto nel 1400, che domenica prossima sarà proclamato Santo da Benedetto XVI, insieme con altri tre Beati, in Piazza San Pietro. Giovanni Peduto ha intervistato padre Luigi Perugini, confratello di Simone da Lipnica:
     
    R. - Simone nacque a Lipnica Murowana, nella Polonia meridionale intorno agli anni 1435-1440. Fin da piccolo mostrò un carattere precocemente maturo e pio, una naturale predisposizione alla preghiera e un tenero amore alla Madre di Dio trasmessogli dalla propria famiglia. Incline allo studio, nel 1454 si iscrisse alla famosa Accademia Jagellonica di Cracovia. Proprio in quegli anni era presente in città San Giovanni da Capestrano, che con la santità della vita e il fervore delle sue prediche, attirava molti giovani alla sequela di Francesco di Assisi. Anche Simone, con giovanile entusiasmo, chiese di essere accolto nel convento francescano di Stradom nel 1457. La vita penitente, austera, intessuta di preghiera dei francescani, fu l’humus nel quale si preparò alla professione religiosa e al sacerdozio, ricevuto intorno al 1460. Per circa venti anni si dedicò alla predicazione popolare, manifestando con chiarezza i doni di sapienza e di grazia di cui lo Spirito lo aveva arricchito. Si preparava a questo ministero con lunghe ore di preghiera e con profondo studio delle Sacre Scritture. Nel 1463, primo tra i Frati Minori, ebbe l’incarico di predicatore ufficiale della cattedrale del Wawel a Cracovia. Le fonti più antiche lo definiscono “predicator ferventissimus”. Nell’anno 1478 venne per breve tempo in Italia, per partecipare al Capitolo generale di Pavia. Si fece pellegrino alla tomba di San Bernardino da Siena, all’Aquila, alle Tombe degli Apostoli a Roma. Poi proseguì per la Terra Santa. Simone coronò la sua vita virtuosa con una straordinaria testimonianza di amore per gli ammalati ed i sofferenti. Imperversando la peste, che si era manifestata a Cracovia il 15 agosto 1482, seppe trasformare quel tempo di morte e di dolore in un tempo propizio per la carità. Affiancò i confratelli francescani nell’opera di soccorso agli appestati, moltiplicò la sua presenza al capezzale dei moribondi, passò ovunque confortando, amministrando i sacramenti e annunciando la consolante Parola di Dio. Fu inevitabile che anch’egli rimanesse contagiato dal male, vittima della sua stessa dedizione. Mori il 18 luglio 1482, con gli occhi fissi sulla Croce, chiedendo per sé la più umile delle sepolture.

     
    D. - In quale contesto e’ vissuto e in che maniera ha espletato la sua missione?

     
    R. - L’esperienza spirituale del nuovo Santo si inquadra nell’opera riformatrice dell’Ordine Francescano, promossa da San Bernardino da Siena e introdotta in Polonia da San Giovanni da Capestrano. Questa riforma si proponeva una più rigorosa osservanza della Regola di San Francesco, cioè una rinuncia ai privilegi in materia di povertà, una vita di preghiera ritirata negli eremi, una predicazione di carattere popolare. Ad imitazione di San Bernardino da Siena e San Giovanni da Capestrano, anche il Beato Simone da Lipnica diffuse la devozione al Nome di Gesù, per disporre l’uditorio all’accoglienza della Parola predicata. In occasione dei suoi sermoni invitava il popolo ad invocare quel Nome santo, per tre volte ad alta voce, ottenendo frutti di penitenza, e sincere conversioni.

     
    D. - Quale è stato il suo carisma?

     
    R. - Il Beato Simone da Lipnica è passato alla storia della santità serafica col titolo di “Salutis omnium sitibundus” cioè “Assetato di salvezza per tutti”. Consapevole di essere, in virtù della sua vocazione francescana, dono ai fratelli, li servì instancabilmente, spezzando per loro il pane della Parola di Dio nelle continue e affollate predicazioni, e aggiungendo a questo il pane materiale della carità per i poveri ed indigenti.

     
    D. - Vuole raccontarci un episodio significativo della sua vita?

     
    R. - Nel 1478 il Beato Simone ebbe la gioia di coronare un suo sogno: compiere un pellegrinaggio in Terra Santa. In quell’anno si trovava infatti in Italia ed era per lui più facile raggiungere i Luoghi santi. Visse questa esperienza in spirito di penitenza, da vero amante della passione di Cristo, con la nascosta aspirazione di versare il proprio sangue per la salvezza delle anime, se così fosse piaciuto a Dio. Emulo di San Francesco nel suo amore per i Luoghi santi, nell’eventualità di essere catturato dagli infedeli, prima di intraprendere il viaggio volle apprendere a memoria la regola dell’ Ordine « per averla- diceva - sempre davanti agli occhi della mente ».

     
    D. - Quale messaggio lascia al mondo d’oggi?

     
    R. - Possiamo affermare che il nuovo Santo seppe coniugare in maniera eroica, l’impegno tra evangelizzazione e testimonianza della carità, compito di ogni cristiano. Il grande amore alla Parola di Dio, lo condusse a riconoscere Cristo in ogni fratello, soprattutto i più poveri e sofferenti: quelli che incontrava alla porta del suo convento, o che affollavano le chiese e le piazze per ascoltarlo, quelli infine che furono vittime della pestilenza. L’Ordine dei Frati Minori, che si prepara a celebrare l’VIII centenario della sua fondazione, che si compirà nel 2009, gioisce particolarmente per la Canonizzazione del Beato Simone da Lipnica, perché, riconosce in lui un autentico seguace di San Francesco e un interprete autorevole della povertà, dell’umiltà e della letizia lasciateci in eredità dal Santo Fondatore.

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    Santa Sede ed Emirati Arabi Uniti allacciano piene relazioni diplomatiche

    ◊   “Desiderosi di promuovere rapporti di mutua amicizia e di sviluppare la cooperazione internazionale”, la Santa Sede e gli Emirati Arabi Uniti hanno avviato da oggi piene relazioni diplomatiche. Ciò avverrà - spiega un comunicato congiunto - a livello di nunziatura apostolica da parte della Santa Sede e di ambasciata da parte degli Emirati Arabi Uniti, secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961. Sale dunque a 176 il numero degli Stati che hanno avviato pieni rapporti diplomatici con la Santa Sede. Il servizio di Roberta Gisotti:  

     La notizia è stata diffusa oggi in Vaticano e ad Abu Dhabi, capitale del Paese arabo, Federazione di sette Emirati indipendenti (Abu Dhabi, Ajman, Dubai, Al-Fujayrah, Ras al-Khaimah, Sharjah e Umm al-Qaiwain), situati lungo la costa centro-orientale della penisola arabica. Solo 4 milioni i cittadini, in massima parte arabi, di questo ricco Stato grande quanto l’Austria, che accoglie anche moltissimi stranieri, ben il 70 per cento tra i lavoratori, provenienti soprattutto da Paesi del Medio Oriente, oltre che Pakistan, India, Filippine e Bangladesh. Ciò si motiva con la forte espansione economica nei settori dell’edilizia, della comunicazioni e del turismo, accanto all’attività petrolifera, principale fonte di reddito, insieme al gas naturale. Tra i principali produttori dell’Opec le sue riserve di ‘oro nero’ costituiscono quasi il 10 per cento del totale mondiale. A guidare la Federazione degli Emirati Arabi Uniti, proclamata nel 1971, è oggi lo Sceicco Khalifa Al-Nahyan, presidente dal 2004, eletto dal Consiglio Supremo, massimo organo del Governo federale, composto dai Sovrani ereditari dei sette Stati membri. Se la religione ufficiale è l’Islam, la Costituzione garantisce la libertà di culto, a differenza di altri Paesi arabi e islamici. I cristiani in particolare sono stimati oltre 1 milione, in maggioranza cattolici di un centinaio di nazionalità e possono svolgere pubblica attività religiosa nelle sette chiese presenti nel Paese e nei complessi parrocchiali, mentre varie Congregazioni religiose prestano la loro opera educativa in sette scuole. Gli Emirati Arabi Uniti fanno parte del Vicariato apostolico di Arabia, con sede ad Abu Dhabi, affidato al vescovo Paul Hinder.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Un articolo di Andrea Riccardi dal titolo “Con un passo sereno”: il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Brasile.

    Servizio estero - Libano: l’ONU approva il Tribunale speciale per l’omicidio dell’ex premier Rafik Hariri.

    Servizio culturale - Un articolo di Maurizio Fontana dal titolo “Storia e filologia per conoscere meglio la vita della Chiesa”: presentato a Roma il primo volume dei “Conciliorum  Oecumenicorum Generaliumque Decreta”.

    Servizio italiano - In primo piano il tema delle pensioni.

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    Oggi in Primo Piano



    Chiude ad Aparecida la V Conferenza generale dell'Episcopato latinoamericano e dei Caraibi: i vescovi rilanciano la missione e la promozione umana

    ◊   Una solenne concelebrazione eucaristica chiuderà oggi nel Santuario di Aparecida la Quinta Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi che era stata aperta da Benedetto XVI il 13 maggio scorso. Ieri i vescovi avevano pubblicato il Documento finale rilanciando la missionarietà di ogni battezzato. Oggi la diffusione del Messaggio al Popolo di Dio dei vescovi latinoamericani e caraibici. Il servizio di Luis Badilla.  

     I vescovi, in comunione con Benedetto XVI, ribadiscono che il patrimonio più importante della cultura dei popoli latinoamericani è la "fede in Dio Amore". Riconoscono con umiltà le luci e le ombre che ci sono nella vita cristiana e nell’opera pastorale. La prima Parte del documento finale, intitolata "La vita dei nostri popoli", prende in considerazione la realtà della regione e ringrazia Dio per i doni ricevuti, in particolare per la grazia della fede e per la gioia di poter partecipare alla missione ecclesiale. La seconda parte, intitolata "La vita di Gesù Cristo nei suoi discepoli missionari", riflette sulla bellezza della fede in Gesù, sorgente di vita. I vescovi approfondiscono le conseguenze per ogni cristiano della chiamata ad annunziare il Vangelo. Quindi si soffermano sulla santità dei cristiani chiamati a conformare la propria vita a quella di Cristo, vivificati dallo Spirito Santo. La terza parte del Documento finale, dal titolo "La vita di Gesù Cristo per i nostri popoli", riflette sulle principali azioni pastorali da intraprendere nell'odierna realtà storica ed ecclesiale dell'America Latina e dei Caraibi. Si trova in questa parte uno dei contenuti centrali della Conferenza di Aparecida: la missione dei discepoli al servizio della vita piena. La parola d'ordine è precisa: far diventare la Chiesa una comunità più missionaria attraverso la conversione pastorale e il rinnovamento ecclesiale delle comunità e delle strutture. In questo contesto si parla a lungo della Missione continentale di cui si sottolineano le priorità: l’annuncio del Regno di Dio e la promozione umana. Si ribadiscono l'opzione preferenziale per i poveri e per gli esclusi, la promozione della giustizia internazionale, la difesa della vita, del matrimonio e della famiglia, la difesa dell’ambiente. L'ultima parte del Documento finale, intitolata "I nostri popoli e la cultura", conferma e aggiorna le scelte delle Conferenze di Puebla e Santo Domingo per quanto riguarda l'evangelizzazione inculturata. Si trattano temi come: l’educazione e la comunicazione; la pastorale nei grandi centri urbani; la presenza dei laici cristiani nella vita pubblica (con particolare riferimento all'impegno del laico in favore di una cittadinanza piena in una società autenticamente democratica); il tema dei popoli indigeni e afroamericani; la fratellanza e l’integrazione per costruire una comunità regionale di nazioni in America Latina e nei Caraibi. Infine, il Documento si conclude con significative riflessioni sull’amore dei popoli latinoamericani per la Vergine Maria che indica la Via, la Verità e la Vita.
     
    I vescovi, ieri, hanno inviato un telegramma ai leader che prenderanno parte il 6 giugno, in Germania, all’annuale vertice del G8, per chiedere “un'economia mondiale in favore dello sviluppo umano,un’economia ecologica e sostenibile, basata sulla giustizia, la solidarietà e il bene comune globale”. Per i presuli, anche se i Paesi del G8 non hanno un mandato per un governo globale, le loro decisioni hanno delle conseguenze sulla vita di milioni e milioni di persone. Per questo li invitano con forza “ad assumere questa responsabilità con grande solidarietà. Insieme con Papa Benedetto XVI, e condividendo quanto ha scritto al Cancelliere tedesco Angela Merkel, presidente di turno del G8, siamo convinti – concludono i vescovi - che il compito più urgente oggi è mettere fine all'estrema povertà entro il 2015, mettendo a disposizione le risorse necessarie. E' una cosa che riguarda la pace e la sicurezza del mondo”.

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    Pubblicato un nuovo documento della CEI a 40 anni dalla Populorum progressio di Paolo VI

    ◊   A distanza di 40 anni dall’Enciclica Populorum progressio di Paolo VI e a 20 dalla Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, entrambe dedicate al tema dello sviluppo, l’Ufficio Nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro ha presentato ieri un nuovo documento: “Etica, sviluppo e finanza” nel quale si rilancia il messaggio sociale dell’Enciclica di Papa Montini. Un sussidio al quale hanno contribuito anche la Federcasse e la Confcooperative, attive nel campo del finanziamento dello sviluppo ed in progetti per la cancellazione del debito dei Paesi poveri. Alla presentazione c’era per noi Benedetta Capelli.


    “Lo sviluppo integrale dell’uomo non può avere luogo senza sviluppo solidale dell’umanità”. Queste parole forti e piene di modernità venivano scritte nel 1967 da Paolo VI nell’Enciclica Populorum progressio. A 40 anni da allora la spinta verso la solidarietà sociale non si è esaurita e anzi viene rilanciata nel documento presentato dalla CEI dal titolo “Etica, sviluppo e finanza”. Uno strumento a disposizione delle comunità cristiane per affrontare con consapevolezza i temi dello sviluppo e della giustizia internazionale alla ricerca di linee di azione incisive e concrete. Ma in che modo coniugare l’etica, lo sviluppo e la finanza? Sentiamo mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio Nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro:

     
    “Facendo una riflessione seria sulla povertà nel mondo, che è uno scandalo di cui bisogna provvedere e la finanza è uno degli strumenti oggi che può in qualche modo essere messo al servizio di uno sviluppo integrale della persona: ognuno a modo suo è chiamato a sviluppare una cittadinanza attiva, che è una cittadinanza che si esprime nel voto, ma che si esprime anche nel risparmio responsabile, in un consumo responsabile e così via”.

     
    Luce di questo lavoro proprio l’Enciclica di Papa Montini, un documento ancora estremamente attuale. Mons Tarchi:

     
    “Mi pare che l’Enciclica ponga il problema vero della globalizzazione, cioè come la globalizzazione abbia bisogno di essere coniugata con la solidarietà. Addirittura lì si dice con molta chiarezza che il nuovo nome della pace è lo sviluppo. Quindi, credo che su questo ci sia molto da camminare. Credo che l’Enciclica sia profetica oggi anche nel riaffermare questi valori”.

     
    4 i capitoli del documento della CEI nei quali si ribadisce il concetto di finanza a servizio dello sviluppo integrale dell’umanità. E sono diverse le realtà in cui questa prospettiva si realizza. Sentiamo dalle parole di Massimo Pallottino, della Fondazione Giustizia e Solidarietà, l’esperienza di conversione del debito in Zambia e Guinea:

     
    “La nostra esperienza dimostra che sia in Zambia che in Guinea ci sono molti attori sociali che sono attenti alla gestione della cosa pubblica e quindi questo significa far crescere le istituzioni da tutti i punti di vista. Soprattutto sono una testimonianza che sia possibile occuparsi di relazioni finanziarie, di relazioni tra Paesi secondo certi principi”.

     
    Altra esperienza, stavolta in Ecuador, è quella del Progetto Microfinanza Campesina, modello di cooperazione e assistenza, che ha effettuato interventi finanziari per circa 20 milioni di euro. Ma è l’impatto umano che viene sottolineato dal direttore di Federcasse, Franco Caleffi:

     
    “Bisogna far capire alla gente l’importanza del risparmio, che anche una lira risparmiata ti consente di finanziare poi un percorso di sviluppo virtuoso ed è un’esperienza che esalta tutti, perché è molto coinvolgente, sotto un profilo soprattutto emozionale e umano”.

     Certo è che vicino ad interventi strutturali servono ancora scelte decisive perché accanto allo scandalo della fame e a fronte di una società del benessere ci sia una possibilità nuova che si chiama bene comune.

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    Violenza in famiglia, quali le cause? Intervista col sociologo Pierpaolo Donati

    ◊   Sono ancora in corso le indagini sull’omicidio di Barbara Cicioni, la donna uccisa all’ottavo mese di gravidanza a Compignano di Marsciano in provincia di Perugia. Il marito, Roberto Spaccino, sospettato dell'omicidio si trova in carcere: ma grida la propria innocenza. Domani sarà interrogato dal giudice. La vicenda, al di là dei suoi sviluppi, pone all’attenzione dell’opinione pubblica il problema della violenza in famiglia, che ha registrato in questi mesi nuovi allarmanti episodi: si tratta di un fenomeno in crescita o, diversamente, se ne parla di più rispetto al passato? E quali le cause? Paolo Ondarza ha intervistato Pierpaolo Donati, professore di sociologia all’Università di Bologna e membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali:

     R. – Questi fenomeni sono sempre esistiti. Quello che oggi è cambiato è la grande sensibilità per i diritti della persona. Quello che sociologicamente è rilevante è il fatto che siamo di fronte ad una cultura familiare che non fa passi in avanti. C’è un imbarbarimento delle relazioni familiari. La colpa, però, non è della famiglia, sono altri i fattori. Non c’è l’attenzione alla persona. Le persone vivono in un mondo virtuale di comunicazione, ma non è colpa della famiglia, è colpa di un contesto culturale più generale e di un’incapacità della nostra società di adeguare la modernizzazione tecnologica, lo stile di vita, con una cultura interpersonale. Tutto l’ambiente simbolico in Italia è fatto così. Noi sappiamo benissimo, ad esempio, che dal punto di vista simbolico, i genitori non si sentono attrezzati nell’avere un nuovo figlio. Al contrario, se uno dice “aspettiamo un bambino”, ti guardano come qualcuno che sta attentando alla salute pubblica.

     
    D. – Di fronte a questi frequenti episodi di violenza in ambito familiare, c’è chi approfitta per colpire la famiglia in quanto istituto…

     R. – Attaccare la famiglia perchè c’è violenza in famiglia è un’assurdità, perché la violenza nelle convivenze non basate sul matrimonio è il doppio o il triplo, dal punto di vista statistico. Questo nessuno lo sa, nessuno lo dice. La violenza è nel tratto, nelle relazioni interpersonali, non è da attribuire al matrimonio, all’istituto familiare come tale. Dire che la famiglia è in crisi, questo lo sappiamo tutti. Non è stata aiutata, non è stata valorizzata. Sono parecchi decenni che in Italia la famiglia è stata abbandonata a se stessa e questi sono i risultati.

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    Giornata mondiale senza tabacco: campagna contro il fumo passivo

    ◊   Il tabacco è la seconda causa di morte nel mondo. La metà delle persone che oggi fumano regolarmente potrebbero essere uccise dalle sigarette così come centinaia di migliaia di soggetti esposti al fumo passivo. E’ quanto denuncia l'OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in occasione della Giornata mondiale senza tabacco che si celebra oggi, tanto che il tema scelto per quest’anno è “Ambienti senza fumo”. Antonella Villani ha chiesto a Roberto Bertollini, direttore Salute ed Ambiente di OMS Europa, perché è così importante essere liberi dal fumo:


    R. – Il fumo passivo è un fattore di rischio importante, involontario per coloro che ne subiscono le conseguenze, sia per i tumori che per le malattie cardio-vascolari e va eliminato per proteggere il diritto delle persone ad un ambiente senza fumo.

     
    D. – Quanto si è fatto e quanto si deve ancora fare per raggiungere l’obiettivo “Ambienti senza fumo”?

     
    R. – Penso che l’opinione pubblica almeno in una parte dei Paesi dell’occidente industrializzato, ma anche in alcune regioni del sud del mondo, sta lentamente acquisendo la consapevolezza che il fumo passivo è un elemento di danno per la salute. Le misure che sono state intraprese nel corso degli ultimi anni - specialmente in alcuni Paesi come l’Irlanda, l’Italia, la Nuova Zelanda, l’Uruguay, la Norvegia - sono misure che hanno di fatto iniziato a cambiare un costume sociale cioè il recarsi in un locale pubblico, in un ristorante, laddove non si fuma più, è diventato un dato acquisito e quindi questo sta modificando i comportamenti sociali ed anche l’accettabilità sociale del fumo. Questa linea di tendenza ha aperto un po’ la strada all’applicazione di questa norma che è una delle norme previste dalla convenzione quadro contro il fumo, approvata nel 2003 dall’Assemblea mondiale della sanità ed entrata in vigore nel 2005 dopo che un numero molto alto di Paesi lo aveva ratificato.

     
    D. – Tra l’altro, al contrario di quanto hanno sostenuto fino ad oggi le industrie del tabacco, recenti studi scientifici dimostrano che anche il fumo passivo uccide…

     
    R. – C’è un’evidenza assolutamente inequivocabile nella letteratura scientifica degli effetti sulla salute direttamente imputabile al fumo passivo. Questo contrasta le manovre che sono state intraprese dalle industrie del tabacco nel corso degli ultimi decenni nel tentativo di creare un’evidenza alternativa, di diffondere il dubbio, screditare i ricercatori che avevano portato avanti questo tipo di problematiche.

     
    D. – Ma quante sono le persone che fumano nel mondo?

     
    R. – Sono circa un miliardo, a partire dai 15 anni. Il 35 per cento di questo miliardo è nei Paesi sviluppati e il 50 per cento nei Paesi in via di sviluppo e poi ci sono 250 milioni di donne.

     
    D. – Il trend è in crescita o in calo?

     
    R. – In calo nei Paesi sviluppati per quanto riguarda i maschi e in crescita per quanto riguarda le donne, sempre nei Paesi sviluppati. Nei Paesi in via di sviluppo, abbiamo dei fenomeni molto difformi: è un fenomeno ancora purtroppo non stabilizzato.

     
    D. – A questo punto qual è il suo appello per questa giornata?

     
    R. – Stiamo fermando il fumo negli ambienti pubblici: dobbiamo fermarlo anche negli ambienti privati, cioè nelle case, nelle autovetture, nelle situazioni in cui ancora oggi assistiamo e documentiamo una grande percentuale di bambini, ad esempio, che sono esposti in famiglia, ai rischi provocati dal fumo dei loro genitori o, peggio ancora, nelle macchine. Bisogna riaffermare ancora una volta in principio, che è diritto di ognuno di noi, di qualunque età, di qualunque stato sociale, in qualunque condizione, non essere esposti a fattori di rischio per la salute che provengono stando a contatto con i fumatori contro la propria volontà.

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    Nei cinema italiani il film "Daratt", storia di speranza nei drammi del Ciad

    ◊   Sugli schermi italiani Daratt, cioè Stagione asciutta, del regista ciadiano Mahamat-Saleh Haroun, che firma il suo terzo lungometraggio ed ha portato il suo paese, il Ciad, per la prima volta in concorso a Venezia lo scorso anno vincendo il Premio della Giuria, una Menzione speciale della Giuria cattolica Signis e il Premio «La navicella» dell’Ente dello Spettacolo. Il servizio è di Luca Pellegrini.


    (musica)
    “Mi chiamo Atim ... Non ho mai conosciuto mio padre ... E’ stato ucciso quando sono nato ...”

     
    Come i deserti che avvolgono la capitale N’Djamena, capaci di rendere opache, riarse e sabbiose le strade cittadine, le case e le baracche, così da lungo tempo è diventato arido e oscuro il cuore di Atim e del nonno e il cuore di tutti i ciadiani che hanno vissuto, meglio subìto, una guerra civile lunga 40 anni capace di mietere oltre 40.000 vittime.

     
    Quando sulle spalle di un’intera nazione grava una storia di sangue e violenze, una delle tante storie di sterminio che hanno martoriato e continuano a martoriare il Continente africano, chi si può davvero ritenere esente dal desiderio di vendetta? Atim e il nonno devono farsi giustizia per trovare una pace, definitiva o transitoria che sia: l’assassino del padre-figlio è impunito, circola libero nella città. Va giustiziato secondo la giustizia che fa capo non alle leggi scritte dell’uomo ma a quelle non scritte della riparazione diretta per i torti subiti. Un mezzo che indirettamente e inefficacemente cerca di contrastare lo stesso potere in carica nel Ciad quando offre la strada accidentata dell’amnistia generale. Atim lo trova, l’assassino diventato panettiere, ma gli eventi, per tutti, saranno imprevedibili.

     
    C’è una verità che comincia a fasi strada nel cuore devastato del ragazzo ed in quello freddo dell’assassino, vi entra lavorando l’animo, come il lievito che entrambi usano per preparare, ogni giorno, il pane. Lontano dall’esprimere il classico dualismo vittima-carnefice, la regia, nei silenzi e con gli sguardi, scopre l’altra faccia di Atim. Il perdono è all’opera. Lievita. Espressioni di grande e sofferto realismo urbano e africano accompagnano la conversione, pudica e nascosta, del ragazzo: sarà una goccia, probabilmente, nell’oceano di violenze e guerre che devastano l’Africa, ma è una goccia dall’enorme valore simbolico, dall’incontestabile spessore umano, dal forte sapore di speranza.

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    Ultimatum degli estremisti iracheni: le donne cristiane portino il velo

    ◊   "Le donne cristiane irachene portino il velo, altrimenti rischieranno gravi conseguenze come la segregazione in casa". E' quanto intimano, in una lettera diffusa in questi giorni a Baghdad, gli estremisti islamici dell'esercito del Mhadi che fa capo all'imam radicale sciita Moqtada al Sadr. La notizia è stata riportata dal SIR, il Servizio Informazione Religiosa, che cita l'agenzia assira “Aina”. Nel testo della missiva vengono, inoltre, riportate le parole del "martire" islamico Mohammad Sadiq al-Sadr, secondo il quale tutte le donne, compresa la Vergine Maria e le spose dei Califfi nel primo e nei successivi Califfati, erano velate. Chiara, infine, la condanna per le donne che non indossano il velo: "sono delle adultere" – si legge nel testo - che "sfidano Allah e il suo Profeta, e ignorano e negano la religione". Salvatore Sabatino ne ha parlato con Souad Sbai, presidente dell’Associazione Donne Marocchine in Italia:


    R. – Questo è proprio l’estremismo totale che vorrebbe mettere in ginocchio qualsiasi diritto della donna di vestirsi come desidera. Questi vogliono creare in Iraq una situazione di tipo iraniano.

     
    D. – Nella lettera anche l’affermazione che la donna che non indossa il velo è un’adultera che sfida Allah e il suo Profeta, ignora e nega la religione. Eppure non tutti gli islamici la pensano in questa maniera. Che interpretazione del Corano è questa?

     
    R. – Questa è una interpretazione radicale, estremista, che non ha niente a che vedere con il Corano e per fortuna. Si tratta di una interpretazione radicale e questo va fermato, perché alla fine non è l’Iraq che volevano le irachene, le irachene cristiane, le irachene musulmane, le irachene sciite. Chi paga alla fine è sempre la donna. Non è giusto, questo. Io spero che anche i Paesi arabi comincino ad intervenire in questo. Non dimentichiamo che questo clima avanza purtroppo anche qui da noi, perché non dimentichiamo che molte delle donne immigrate sono minacciate, continuamente. Le donne e le ragazze scappano da alcuni centri più piccoli, dove ci sono gli estremisti che dettano le loro leggi.

     
    D. – E le donne, a questo punto, concretamente potranno fare qualcosa o dovranno subire questa situazione?

     R. – Purtroppo subiscono, per paura. Qualche giorno fa c’è stato il filmato di quella ragazza lapidata, davanti ai poliziotti iracheni. C’è una forte preoccupazione, anche degli intellettuali arabi. Ne ho sentito qualcuno e sono molto preoccupati. Questi estremisti avanzano in questo modo, avanzano nel dettare regole sulle donne, perché la loro politica è quella, la loro forza è mettere in ginocchio la parte femminile, come hanno sempre fatto.

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    Chiesa e Società



    Iraq: al via il Sinodo della Chiesa caldea per ridare fiducia ai cristiani nel Paese

    ◊   Il problema della sicurezza della comunità cristiana in Iraq ormai dimezzata dall'emigrazione forzata, il futuro del seminario Babel College (unica facoltà teologica del Paese, trasferito da Baghdad in Kurdistan) e la condizione delle diocesi dentro e fuori l’Iraq. Sono gli argomenti al centro del Sinodo della Chiesa caldea irakena, che si apre domani ad Al Qosh, cittadina nel nord del Paese, a 25 chilometri da Mosul. A confermarlo è il procuratore caldeo presso la Santa Sede, padre Philip Najim che, come riferisce l’agenzia SIR, esprime la preoccupazione dei vescovi per le dure persecuzioni messe in atto contro la minoranza cristiana. Padre Najim, racconta ad AsiaNews che “nonostante la scarsa sicurezza, il Patriarca stesso e i vescovi hanno scelto di tenere il Sinodo in patria e non all’estero, per dare un forte segno di solidarietà al nostro popolo, per dire loro che siamo presenti e ci sono a cuore le loro vite”. L’ultimo Sinodo caldeo infatti, si era tenuto a Roma nel novembre 2005. Ad al Qosh saranno presenti i vescovi caldei della diaspora, “arriveranno da Stati Uniti, Canada, Australia e Libano”. Sarà presente anche il nunzio vaticano in Iraq, mons. Francis Chullikat. L’incontro di al Qosh sarà anche un momento per riportare all’attenzione pubblica mondiale la tragica condizione dei cristiani in Iraq, oggetto di una vera e propria pulizia etnica. Per questo ieri a Stoccolma, in Svezia, dove risiede una consistente comunità di caldei della diaspora, circa mille persone hanno marciato nel centro cittadino, davanti al Parlamento svedese, esponendo striscioni con scritto “Non uccidete i cristiani in Iraq”. Alla manifestazione hanno partecipato anche alcuni deputati svedesi, che hanno lanciato un appello per una maggiore protezione dei cristiani. (M.G.)

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    India: mons. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, chiede più rispetto per i cristiani e si appella al governo del Paese affinché cessi l’intolleranza religiosa

    ◊   L’aumento delle violenze anti-cristiane “è irrazionale, crea dei danni enormi allo sviluppo del Paese e proietta all’esterno l’immagine di un India illiberale e autoritaria, che alla lunga distruggerà tutto quello che la sua popolazione ha creato”. E’ il giudizio di mons. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, in merito alla manifestazione di martedì scorso promossa dei gruppi cristiani per denunciare l’aumento degli episodi d’intolleranza religiosa ricorrenti nel Paese. “Ho espresso la mia vicinanza ai dimostranti e, anche se non ho potuto partecipare di persona alla manifestazione – precisa il presule all'agenzia AsiaNews - ho piena fiducia nei cittadini dell’India e nella sua Costituzione". Secondo mons. Oswald Gracias “se il governo fa quello che la legge richiede, non vi saranno più problemi” ma il rischio maggiore – conclude il presule - “è proprio questo giocare con il fuoco: chi è responsabile di atti di violenza contro una comunità che, come i cristiani, ha dato tanto alla nazione sin dai primi giorni della sua indipendenza, non sa che sta rischiando molto. Siamo pochissimi, ma contribuiamo enormemente al buon andamento di parecchi servizi utili alla società, come la sanità e l’istruzione”.

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    Pakistan: cristiano condannato a morte per blasfemia

    ◊   Condanna a morte per blasfemia. E’ la pena comminata ieri, da una Corte distrettuale pakistana, a Younis Masih, cristiano accusato di aver offeso Maometto ed il Corano. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, i giudici hanno inoltre condannato l’uomo al pagamento di 100mila rupie di multa. La denuncia per blasfemia è stata presentata alla polizia di Lahore il 10 settembre del 2005: secondo il gruppo di querelanti, Masih avrebbe offeso Maometto ed il Corano durante una lite con un gruppo di musulmani, un’offesa che nel Paese viene punita con l’ergastolo o l’impiccagione. L’avvocato di Masih - che ha annunciato il ricorso in appello - denuncia la mancanza di prove e la negligenza della polizia nel portare avanti le indagini, spiegando che “ malgrado la condanna si basi sul nulla, la testimonianza dei musulmani basta come prova di reato, non serve altro per uccidere un uomo”. “In ogni caso - ha infine ribadito l’avvocato - dobbiamo solo sperare che non ci succeda nulla, perché abbiamo già ricevuto diverse minacce di morte, e poi andremo all’Alta corte di Lahore a chiedere giustizia”. (M.G.)

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    Malaysia: la Corte federale non riconosce la conversione della cristiana Lina Joy

    ◊   La Federazione dei Cristiani della Malaysia (CFM) si dice "preoccupata" per il dilagare della legge islamica imposta anche ai cittadini non musulmani e invita il governo a riaffermare la giurisdizione delle corti civili, "affinché tutti godano di una reale libertà religiosa". L’appello - lanciato ieri attraverso un documento, a firma del presidente della CFM, mons. Paul Tan Chee Ing - suggerisce al governo di rivedere la legislazione e riaffermare la giurisdizione dei tribunali civili in modo che tutti i malaysiani vedano garantito il loro diritto a scegliere una religione. Il documento, come riferisce AsiaNews, è una risposta al verdetto della Corte federale che non ha riconosciuto la conversione di Lina Joy al cristianesimo. Ieri, infatti, la Corte federale della Maleysia, il più alto tribunale civile del Paese, ha rimesso alla corte islamica la decisione sulla richiesta di Lina Joy di togliere la voce “islam” dalla sua carta di identità. La donna, 42 anni, si è convertita al cristianesimo più di 10 anni fa e ha bisogno di questo riconoscimento per sposare il fidanzato, un cristiano di origine indiana. In questo modo, sottolinea il messaggio della CFM, “il tribunale ribadisce la posizione dell’Ufficio anagrafe che per il cambio di religione esige un certificato della Corte islamica , che dichiari ‘apostata’ la donna”. In Malaysia la sharia prevede il carcere o multe salate per chi si converte ad altra religione. La CFM denuncia che si tratta di una piena “violazione del diritto fondamentale di un individuo a professare ed esprimere la propria religione, come garantito dall’art. 11” della Costituzione”. “Notiamo con grande preoccupazione – conclude il mons. Paul Tan Chee Ing nel documento – che questa decisione riflette la crescente tendenza delle corti civili ad abdicare le loro responsabilità nei confronti di chi cerca solo di vivere la sua fede secondo coscienza”. Ad ogni modo, la CFM ribadisce la sua disponibilità a continuare la “collaborazione con il governo e tutti i malaysiani per sostenere il carattere multirazziale, multiculturale e interreligioso della nostra nazione”.(M.G.)

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    Prevenzione dei genocidi: Francis Deng è il nuovo consigliere speciale alle Nazioni Unite

    ◊   Il nuovo consigliere speciale dell’ONU per la prevenzione dei genocidi è il professor Francis Deng, di nazionalità sudanese. La decisione, presa dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, riportata dall’Agenzia Misna. Il professor Deng, che succederà all’argentino Juan Mendez, è attualmente direttore del “Sudan peace project” presso l’istituto americano per la pace con sede a Washington ed in passato ha lavorato con alcune università americane come la Johns Hopkins e il Massachussets Institute of Technology (MIT), con sede a Boston. (F.L.)

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    Camerun: continuano a peggiorare le condizioni dei rifugiati nei campi profughi nell’est del Paese
     

    ◊   La Federazione internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna riferisce che le condizioni delle circa 20.400 persone fuggite dalla Repubblica centrafricana negli ultimi anni e ora ospiti di campi profughi nell’est del Camerun stanno peggiorando. Secondo quanto riferisce l’agenzia missionaria MISNA, i problemi di malnutrizione e insicurezza alimentare tra i rifugiati, il cui numero è andato crescendo a fine 2006 a causa dell’intensificarsi degli scontri, è aumentato e, avendo perso il bestiame, molti di essi - presenti nei distretti di Garoua Boulai, Gado Badzeré, Kentzou e nella provincia di Adamaoua - sono stati costretti a passare dal pascolo all’agricoltura dimostrando anche di non avere competenze sufficienti, né strumenti e materiale necessari per gestire le coltivazioni. La malnutrizione nel Paese interessa il 27% dei bambini, mentre l’89% delle famiglie riesce appena a procurarsi un pasto al giorno. In molte zone mancano i servizi sanitari e solo il 12% dei profughi ha accesso a postazioni idriche regolari. Inoltre, le cattive condizioni igieniche contribuiscono al diffondersi di malattie e rendono più pericolosi i parti, contribuendo ad aumentare la mortalità materna. (F.L.)

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    Premiata dalla BBC l’emittente africana “Radio Pacis”: per la giuria è la “nuova emittente radiofonica dell’anno” in Africa

    ◊   Per il suo“significativo contributo alla conoscenza e sviluppo della zona” Radio Pacis è la “Nuova emittente radiofonica dell’anno” in Africa. Lo ha deciso la giuria internazionale di un premio della BBC (British Broadcasting Corporation) per le radio in Africa, secondo cui Radio Pacis rappresenta “un ottimo esempio di quel che può fare un’emittente comunitaria fuori dalla capitale”. Avviata nel 2004 con l’assistenza dei missionari comboniani, ‘Radio Pacis’, con sede ad Arua, nel distretto rurale del Nilo Occidentale nel nord dell’Uganda, si occupa di questioni locali, fornisce consulenze su questioni medico - sanitarie organizzando anche dibattiti su argomenti a carattere nazionale. Oltre al proprio distretto la radio riesce a trasmettere anche in alcune parti del Sud Sudan e nell’est della Repubblica Democratica del Congo. (F.L.)

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    Si è aperto ieri a Bose, in Piemonte, il V Convegno liturgico internazionale sul tema “Il Battistero”

    ◊   “Noi siamo gli eredi, forse inconsapevoli, di un patrimonio antico quanto prezioso e vasto, com’è quello che la bimillenaria storia dell’arte e dell’architettura cristiana ci consegna”. Con queste parole, Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, ha aperto, ieri sera, i lavori del V convegno liturgico internazionale sul tema “Il Battistero”, che si tiene nella località piemontese, fino a sabato prossimo. Tema centrale del convegno di quest’anno è “Il Battistero” che nella riflessione contemporanea – sottolinea il priore di Bose - “rappresenta un tema certamente più attuale e per molti versi più urgente rispetto ad altri”. “Infatti – continua Enzo Bianchi- il contesto nel quale oggi il cristianesimo è chiamato a vivere, specie in occidente, vede crescere anno dopo anno la richiesta di iniziazione cristiana da parte di adulti: in sempre più numerosi Paesi europei questa richiesta rappresenta il più significativo fenomeno ecclesiale al quale si guarda con interesse e con speranza”. Nella prolusione che ha aperto il V Convegno liturgico internazionale, il priore ha poi riportato alcuni dati che fanno riferimento alla situazione nella Chiesa francese: “Nella chiesa cattolica di Francia – ha proseguito il priore di Bose - sono circa 9500 i catecumeni che si preparano al battesimo. Il numero di battesimi di adulti è passato da circa 2400 nel 2001 a più di 2700 nel 2007, con un aumento del 15% circa. Ma dati altrettanto significativi sono riscontrabili in altri paesi di antica cristianità”. Secondo Bianchi è necessario fare discernimento di questi dati per “cogliere anche tutta la necessità e l’impellenza della riflessione condivisa attorno ai luoghi dell’iniziazione cristiana: una riflessione che non può riguardare la singola chiesa locale isolatamente e nemmeno – in virtù del consolidato riconoscimento reciproco – la sola confessione cattolica”. “Il battistero – ha concluso il priore di Bose -, in modo singolare, con quel suo stare un poco innanzi rispetto alla chiesa, quasi ad anticiparla, ne è il punto più avanzato, più proteso verso l’umanità”, si può dire che “è già esso stesso evangelo”. Secondo quanto riferisce l’agenzia SIR l’appuntamento, in collaborazione con l’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Cei, riunisce quest’anno nella comunità monastica del Piemonte 180 esperti provenienti, oltre che dall’Italia, da Belgio, Francia, Grecia, Germania, Malta, Salvador, Stati Uniti e Ungheria. (M.G.)

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    Domani a Bassano Romano la premiazione dei vincitori del concorso indetto dalla Fondazione Giovanni Paolo II

    ◊   Nei grandi spazi del Monastero San Vincenzo Martire di Bassano Romano, si svolgerà domani la premiazione del Concorso per le Scuole Primarie della Provincia di Viterbo organizzata dalla Fondazione Giovanni Paolo II. Le Scuole del viterbese hanno risposto con entusiasmo al bando ed oltre duemila lavori (disegni e composizioni sia artistiche che letterarie) sono arrivati alla Segreteria della Fondazione. Il lavoro della Giuria è stato veramente arduo. Molti elaborati sarebbero stati degni di premio: per questo motivo sono stati aggiunti premi e segnalazioni speciali non previsti dal bando. Un dato è risultato particolarmente significativo: hanno partecipato al Concorso su Giovanni Paolo II non soltanto bambini di famiglie di fede cattolica cristiana, ma anche bambini appartenenti a confessioni religiose diverse. La festa di domani vedrà la partecipazione di autorità sia civili sia religiose, ma pure di Don Giosy Cento e del cantautore Fabrizio Venturi che, accompagnato da un maxi-coro formato da tutti i ragazzi presenti, canterà “Caro Padre”, la canzone da lui scritta e dedicata a Papa Wojtyla. La Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II, annessa al Monastero San Vincenzo dei Padri Benedettini Silvestrini di Bassano Roamano, è una Associazione senza scopi di lucro, che si propone, con opportune iniziative, di valorizzare il messaggio spirituale, culturale e poetico del grande Pontefice, e che la sua memoria rimanga viva per le generazioni future. I membri della Fondazione sono tutte le persone che, affascinate dalla sapienza e dalla santità di Giovanni Paolo II, vogliono farlo vivere nel cuore della Chiesa e dell’intera umanità. Oltre i membri fondatori l’Associazione annovera ed accoglie gli Amici del Papa polacco di ogni parte del mondo. Sono tutte persone volonterose che si rendono disponibili a operare concretamente per la realizzazione delle finalità proprie della Associazione. (A cura di Giovanni Peduto)

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    24 Ore nel Mondo



    Via libera dell’ONU al tribunale per l’assassinio dell’ex premier libanese, Hariri. In Iraq, almeno 20 morti in un attentato suicida a Falluja

    ◊   - Il Tribunale internazionale sull’assassinio dell’ex premier libanese, Rafik Hariri, si farà. Lo ha stabilito ieri sera il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvando una risoluzione vincolante con il voto degli Stati Uniti e dei Paesi europei. Roberta Moretti:


    Alla risoluzione si sono opposti Russia, Cina, Sudafrica, Indonesia e Qatar, che si sono astenuti dal voto. Immediata la protesta della Siria, secondo cui la creazione del Tribunale viola la sovranità del Libano e rischia di destabilizzare ulteriormente il Paese. E in Siria si è subito recato il ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, per incontrare a Damasco il presidente siriano, Bashar al-Assad, ed altre autorità dello Stato. Da parte sua, il premier libanese, Sinora, ha risposto che il Tribunale “non va contro la sorella Siria. E’ una vittoria per il Libano e per i libanesi contro l'oppressione e il crimine – ha ribadito – non si tratta della vittoria di una parte contro un’altra”. Da Beirut, il deputato Saad Hariri, figlio dell'ex premier ucciso, si è felicitato per lo “storico voto”. Intanto, in Libano, si continua a combattere. Diversi militanti del gruppo integralista, Fatah al Islam, sono rimasti uccisi o feriti nel corso di nuovi scontri con l’esercito libanese nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, alle porte di Tripoli, in cui anche tre soldati sono rimasti feriti. Dall’inizio delle ostilità, il 20 maggio scorso, almeno 83 persone hanno perso la vita, tra cui una ventina di civili.

    - Una nuova iniziativa di pace per rilanciare il dialogo tra israeliani e palestinesi è stata annunciata dal Quartetto per il Medioriente, composto da Usa, Russia, ONU e Unione Europea, riunito ieri a Berlino. Priorità indicate: la fine delle violenze ed il cessate il fuoco. Intanto, l’Autorità nazionale palestinese (ANP) ha respinto il progetto, avanzato da un partito israeliano di sinistra, di affidare a una forza della Lega Araba, coordinata con l'Unione Europea, il controllo temporaneo della sicurezza nella Striscia di Gaza. E non si arresta, sul campo, il lancio di razzi palestinesi contro il territorio di Israele, che risponde con raid mirati. Secondo l’organizzazione umanitaria palestinese, Pchr-Gaza, sono 19 i palestinesi, in prevalenza miliziani, rimasti uccisi nelle operazioni militari israeliane condotte a Gaza e in Cisgiordania tra il 24 e il 30 maggio.

    - In Iraq è di almeno 20 morti il bilancio, ancora provvisorio, di un attentato suicida avvenuto a Falluja, roccaforte della guerriglia, situata nella provincia irachena di al-Anbar, nel cuore del cosiddetto “Triangolo Sunnita”. Lo hanno riferito fonti ospedaliere, secondo cui il kamikaze ha preso di mira un gruppo di giovani in fila all'esterno di un centro di reclutamento della polizia, che attendevano di arruolarsi. Ritrovati, inoltre, a Baghdad 23 cadaveri nelle ultime 24 ore. - In Afghanistan, 16 poliziotti hanno perso la vita in un’imboscata dei guerriglieri talebani nel sud del Paese. Intanto, sarebbero 35, e non sette come comunicato dalle forze Nato in Afghanistan, i morti nell'attacco all’elicottero USA Chinook-47, precipitato ieri nella provincia meridionale di Helmand. Lo afferma un portavoce dei taleban, confermando che il velivolo è stato abbattuto dai miliziani.

    - E stamani, l'ambasciatore italiano in Afghanistan, Ettore Sequi, ha incontrato in un carcere afghano Rahmatullah Hanefi, il mediatore di Emergency nella liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo. Lo ha reso noto la Farnesina.

    - Siamo in Pakistan. Tredici le vittime in seguito ad un attacco contro la casa di un capo religioso locale, condotto da uomini armati. Nella notte, il gruppo – forse costituito da militanti islamici- ha lanciato razzi e bombe contro l’abitazione del leader tribale, nel distretto di Tank, provocando anche il ferimento di due persone. Il religioso, nei giorni scorsi, aveva criticato i talebani impegnati nel reclutamento di studenti.

    - “Per l’Iran è ora di cambiare le sue tattiche”: è quanto ha dichiarato il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, invitando Teheran a rinunciare all’arricchimento dell’uranio, se non vuole rischiare un ulteriore isolamento internazionale. Intanto, è atteso per oggi un incontro a Madrid tra Ali Larijani, capo negoziatore sul dossier nucleare per Teheran, e l’Alto rappresentante europeo, Javier Solana, che ha chiesto all’Iran maggiore “flessibilità”.

    - Suicidio nel carcere cubano di Guantanamo, dove si trovano sospetti terroristi in attesa di processo. Le autorità della prigione hanno riferito che si tratta di un detenuto saudita trovato senza vita nella sua cella.

    - La Lettonia ha un nuovo presidente. E’ Valdis Zatlers, 52 anni, eletto questa mattina dal Parlamento di Riga. Succede alla signora Vaira Vike-Freiberga. L'elezione di Zatlers, con 58 voti sui 98 espressi, era sostenuta dai quattro partiti della coalizione di governo. Battuto il candidato Aivars Endzins, ex giudice della Corte costituzionale.

    - Il Parlamento turco ha riapprovato in seconda lettura la riforma costituzionale che prevede l'elezione diretta del presidente della Repubblica. Il Parlamento ha approvato anche un emendamento costituzionale che riduce da cinque a quattro anni la durata della legislatura.

    - Spagna. Il futuro del Trattato costituzionale dell’Unione Europea è al centro di importanti incontri a Madrid tra il premier, Zapatero, e diverse personalità politiche, in preparazione al prossimo Consiglio europeo, per il quale la Germania, al termine della sua presidenza semestrale di turno, vuole presentare il rilancio di un testo in sostituzione di quello respinto nei referendum di Francia e Olanda. Il servizio di Ignazio Arregui:
     
    Zapatero ha ricevuto ieri la visita del premier olandese, Jan Peter Balkenend, che ha manifestato la speranza che si arrivi a qualche forma di accordo, pur riconoscendo che le trattative saranno difficili. Oggi, invece, arriva a Madrid il presidente francese, Nicolas Sarkozy. L’argomento principale in agenda sarà ancora la questione europea. Sarkozy vorrebbe un trattato semplificato, che possa meritare il sì del Parlamento francese, dopo il voto negativo del referendum. Sembra che il presidente francese voglia offrire a Zapatero, in cambio del suo appoggio, una più stretta collaborazione nella lotta al terrorismo e nel modo di affrontare il problema dell’arrivo di extracomunitari. L’agenda prevede anche altre questioni, come una nuova politica tra i Paesi del Mediterraneo e alcune iniziative bilaterali che riguardano l’elettricità e il trasporto via terra e mare. (Per la Radio Vaticana, Ignazio Arregui)

    - Ucraina. Il presidente filo occidentale, Viktor Iushenko, ha concesso un giorno supplementare al Parlamento per votare i provvedimenti necessari all'organizzazione delle legislative anticipate, che dovrebbero tenersi il 30 settembre. Lo riferisce l'agenzia Interfax. Erano scaduti ieri sera, senza che i deputati fossero riusciti a votare gran parte dei testi in agenda, i due giorni previsti dall'accordo firmato domenica tra Iushenko, il premier filo russo, Viktor Ianukovic, e il presidente del Parlamento, Aleksander Moroz, per uscire dalla crisi politica.

    - Alexander Litvinenko, l'ex agente del KGB morto avvelenato a Londra, era una spia dei servizi segreti britannici: lo ha detto in una conferenza stampa Andrei Lugovoi, anche lui ex agente del KGB e principale sospettato per l’omicidio di Litvinenko. Secondo Lugovoi, inoltre, i servizi segreti britannici avevano arruolato anche l'oligarca in esilio a Londra, Boris Berezovski, e provarono a reclutare lo stesso Lugovoi, chiedendogli di raccogliere “informazioni compromettenti sul presidente Putin”.

    - Intesa raggiunta, in Italia, sulla leadership del Partito Democratico, dopo una lunga riunione notturna di Prodi con i vertici di DS e Margherita, al termine di una giornata segnata da tensioni e malumori. “Il presidente del partito – ha annunciato Prodi – sarà il premier. L’Assemblea costituente del PD, che sarà eletta il 14 ottobre, avrà il mandato di eleggere gli organi di partito, tra i quali il segretario o il coordinatore, con funzioni esecutive”.

    - Rimaniamo in Italia. “Il Paese ha trasformato il proprio sistema bancario, ha iniziato a rimettere in ordine la finanza pubblica, ha ripreso a crescere”: nelle “Considerazioni finali” all'Assemblea di Bankitalia, il governatore dell'Istituto, Mario Draghi, ha lanciato un messaggio di cauto ottimismo. Per Draghi, infatti, ci sono ancora freni allo sviluppo: “Perchè la finanza pubblica torni a essere di beneficio per la crescita e non di freno – ha spiegato – occorre che il suo riordino veda meno spese correnti, più investimenti, meno tasse e che soprattutto continui”.

    - Il primo ministro britannico, Tony Blair, è arrivato questa mattina in Sudafrica, terza tappa del suo tour africano iniziato con la Libia. Ieri Blair, che lascerà Downing Street il 27 giugno, si è fermato in Sierra Leone, dove ha discusso con il presidente liberiano Ellen Johnson Sirleaf delle possibilità di finanziamento ONU per il rafforzamento di una forza di pace africana.  - Sono stati rilasciati i quattro americani presi in ostaggio lo scorso 9 maggio in Nigeria, nella regione del Delta del Niger, da uomini armati che avevano preso d'assalto una chiatta della compagnia petrolifera Chevron. Nelle mani dei guerriglieri del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (MEND) restano comunque altri ostaggi, tra cui i quattro tecnici italiani della Chevron, rapiti il primo maggio: la loro liberazione, secondo quanto aveva garantito il MEND, sarebbe dovuta avvenire entro ieri.  - Sprezzante replica del governo sudanese nei confronti degli Stati Uniti, per la decisione di inasprire ulteriormente le sanzioni economiche su Khartoum, a causa dei massacri commessi in Darfur. Pieno appoggio alle sanzioni giunge anche dalla Gran Bretagna, mentre Cina e Russia si oppongono a nuove misure punitive.

    - Una forte esplosione è stata avvertita in una zona montagnosa vicina alla capitale dello Yemen, Saná, e si teme che abbia causato numerose vittime tra i militari yemeniti. Lo hanno reso noto fonti locali all’agenzia Efe. L’esplosione si è verificata nella regione di Yabal Nagam, dove si trovano i magazzini di munizioni e materiale esplosivo dell’esercito dello Yemen.

    - Il Nepal al voto entro la fine di novembre per eleggere un’assemblea costituente che decida il futuro della monarchia, consolidando un accordo di pace dopo la sanguinosa ribellione maoista. Lo hanno dichiarato oggi le autorità di Kathmandu, posticipando quindi le consultazioni inizialmente previste il prossimo mese.

    - Confermata a Tokyo, in Giappone, la condanna a morte del “chimico” della setta Aum che uccise 19 persone in attacchi con gas nervino nel 1994-95. La Corte suprema ha già confermato la pena capitale per il leader della setta, il santone Asahara. Le esecuzioni sono riprese in Giappone dopo una moratoria di fatto dovuta alla fede buddhista del titolare della Giustizia nel governo Koizumi.

    - Un uomo di 45 anni è morto in Indonesia a causa della variante umana dell'influenza aviaria. Lo ha reso noto il ministero della Sanità. Sale così a 78 il bilancio delle vittime causate dal virus H5N1 nel Paese. Secondo l’OMS, dal 2005 la metà dei decessi nel mondo, a causa della variante umana dell'aviaria, è avvenuta in Indonesia. (A cura di Roberta Moretti)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 151

     

     
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