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SOMMARIO del 29/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Con il suo rinnovato impegno missionario, la Chiesa offre la salvezza di Cristo agli uomini del nostro tempo: così, Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale
  • Un futuro di pace per la Repubblica centrafricana, afflitta da tensioni sociali e conflitti armati: l’auspicio dei vescovi del Paese africano, in visita "ad Limina"
  • Nomine Cor Unum
  • Il profilo del sacerdote Passionista, Carlo di Sant'Andrea, che Benedetto XVI canonizzerà domenica prossima
  • Cambia il Collegio cardinalizio con gli 80 anni del cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore dei Siro Malabaresi: gli elettori sono ora 105
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I 100 mila operatori ONU in azione sul pianeta ricordati nella Giornata mondiale dei peacekeepers. Intervista con Staffan de Mistura
  • I Medici cattolici sulla droga nelle scuole: non solo Carabinieri, ma interventi in sinergia di Ministeri, sanità ed enti
  • Concedere la cittadinanza ai figli degli emigrati per favorirne l'integrazione: è la proposta di legge in discussione al parlamento italiano
  • Il neo ministro dei Frati minori conventuali generale, fr. Marco Tasca, parla ai nostri microfoni della sue elezione, delle sfide per l'Ordine, della prossima visita del Papa ad Assisi
  • La ricchezza tematica della Conferenza di Aparecida, spunto di riflessione anche per il Congresso eucaristico internazionale 2008, in Canada
  • Chiesa e Società

  • “Nel mondo di oggi col coraggio di Pio XI”: così, il cardianale Tettamanzi, arcivescovo di Milano, nel 150.mo della nascita di Papa Ratti
  • India: manifestazione cristiana, a New Delhi, contro le violenze ai danni delle minoranze religiose
  • Cina: i neo battezzati protagonisti, a Pechino, della Celebrazione di Pentecoste
  • Timor Est conferisce un’onoreficenza postuma ai suoi religiosi morti per l’indipendenza
  • Le Università dell’Etiopia chiedono la cancellazione del debito in Africa e un commercio mondiale più equo
  • In crisi i produttori di cotone del Burkina Faso per il forte calo dei prezzi
  • Posa della prima pietra del nuovo Seminario orionino ad Anyama, in Costa D’Avorio
  • In Australia, Settimana nazionale della riconciliazione: ancora lunga la strada verso la piena integrazione degli aborigeni
  • Al cardinale Lustiger il “Premio Jan Nowak-Jezioranski”, per la “costruzione di una società civile nell’Europa centrale e orientale”
  • Accordo di collaborazione tra l’Ospedale Bambino Gesù di Roma e il Miami Children's Hospital in Florida
  • Grande entusiasmo, ieri sera allo stadio San Paolo di Napoli, per la Partita del Cuore 2007
  • 24 Ore nel Mondo

  • Almeno 22 morti per un attacco kamikaze in Iraq - Le due Coree riprendono la via del dialogo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Con il suo rinnovato impegno missionario, la Chiesa offre la salvezza di Cristo agli uomini del nostro tempo: così, Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale

    ◊   Tutti i cristiani sono chiamati ad essere missionari, a testimoniare il Vangelo in questo nostro tempo. E’ l’esortazione di Benedetto XVI contenuta nel Messaggio - reso noto oggi - per la Giornata Missionaria Mondiale, che ricorre quest’anno il 21 ottobre. Il tema della Giornata è "Tutte le Chiese per tutto il mondo". Il documento, firmato dal Papa il 27 maggio scorso - giorno di Pentecoste - ribadisce l’urgenza di un rinnovato slancio missionario, compito al quale la Chiesa “non può sottrarsi”. Sui passaggi salienti del messaggio, il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    “Ogni comunità cristiana nasce missionaria, ed è proprio sulla base del coraggio di evangelizzare che si misura l’amore dei credenti verso” il Signore: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata missionaria mondiale. L’impegno missionario, si legge nel documento, resta “il primo servizio che la Chiesa deve all’umanità di oggi per orientare ed evangelizzare le trasformazioni culturali, sociali ed etiche”. E’, così, prosegue, che la Chiesa offre la salvezza di Cristo all’uomo del nostro tempo, “in tante parti del mondo umiliato e oppresso a causa di povertà endemiche, di violenza, di negazione sistematica di diritti umani”. A questa missione universale, è il richiamo del Papa, la Chiesa “non può sottrarsi”, perché è per essa “una forza obbligante”. E ricorda che avendo Cristo affidato “in primo luogo” a Pietro e agli Apostoli il mandato missionario, questo compete oggi anzitutto al Successore di Pietro e ai vescovi “direttamente responsabili dell’evangelizzazione”. Ribadisce, poi, che in questa impegnativa opera di evangelizzazione, siamo sostenuti dalla certezza che Cristo è “la fonte inesauribile della missione della Chiesa”. D’altro canto, prosegue il Pontefice, un ulteriore motivo che ci spinge a un rinnovato slancio missionario è la ricorrenza del 50.mo anniversario dell’Enciclica Fidei Donum di Pio XII, con la quale “venne promossa e incoraggiata la cooperazione tra le Chiese per la missione ad gentes”.

     
    Nel Messaggio, Benedetto XVI mette l’accento sull’“urgente necessità di rilanciare l’azione missionaria di fronte alle molteplici e gravi sfide del nostro tempo”. Il Signore, è la sua riflessione, chiama a questo compito in primo luogo le cosiddette Chiese di antica tradizione. “Dinanzi all’avanzata della cultura secolarizzata, che talora sembra penetrare sempre più nelle società occidentali, considerando inoltre la crisi della famiglia” e la “diminuzione delle vocazioni”, scrive il Santo Padre, “queste Chiese corrono il rischio di rinchiudersi in se stesse, di guardare con ridotta speranza al futuro e di rallentare il loro sforzo missionario”. Ma proprio questo, è l’esortazione del Papa, è il momento “di aprirsi con fiducia alla Provvidenza di Dio”, che con la potenza dello Spirito Santo guida il suo popolo verso “il compimento del suo eterno disegno di salvezza”. Alla missio ad gentes, aggiunge, il Signore invita anche le Chiese di recente evangelizzazione. Alcune di queste comunità, rileva, abbondano di sacerdoti che vengono inviati a svolgere il loro ministero pastorale anche nelle terre di antica evangelizzazione. Si assiste, così, ad un “provvidenziale scambio di doni”. Di qui, l’invito contenuto nel Messaggio, affinché si intensifichi la “cooperazione missionaria”, nella consapevolezza che “tutta la Chiesa e ciascuna Chiesa è inviata alla gente”. Benedetto XVI fa sua l’invocazione di Papa Pacelli nella Fidei Donum, affinché “lo spirito missionario penetri più a fondo nel cuore di tutti i sacerdoti” e attraverso di loro nel cuore di tutti i fedeli.

     
    Il Papa menziona i frutti ottenuti dalla cooperazione missionaria in Africa e ricorda le schiere di sacerdoti, religiosi e laici, che hanno lasciato la propria comunità d’origine per mettere le loro energie “al servizio di comunità talora appena nate, in zone di povertà”. Tra loro, sottolinea Benedetto XVI, “ci sono non pochi martiri che, alla testimonianza della parola e alla dedizione apostolica, hanno unito il sacrificio della vita”. Il loro esempio, è l’esortazione del Papa, “susciti ovunque nuove vocazioni e una rinnovata consapevolezza missionaria del popolo cristiano” e faccia crescere “la comunione tra le comunità” anche nell’utilizzo dei mezzi “necessari per evangelizzare”. La Giornata missionaria mondiale, è l’auspicio del Papa, serva ad “elaborare insieme appropriati itinerari spirituali e formativi che favoriscano la cooperazione fra le Chiese e la preparazione di nuovi missionari per la diffusione del Vangelo”. Il Papa rammenta che la preghiera è “il primo e prioritario contributo” che siamo chiamati ad offrire all’azione missionaria della Chiesa. Il Messaggio si conclude con l’invocazione a Maria, affinché, rendendoci consapevoli di essere tutti missionari, ci “ottenga una nova Pentecoste di amore”.

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    Un futuro di pace per la Repubblica centrafricana, afflitta da tensioni sociali e conflitti armati: l’auspicio dei vescovi del Paese africano, in visita "ad Limina"

    ◊   “Un futuro di pace” per un Paese tormentato da conflitti politici e sociali, sfociati sovente in scontri armati: questo auspicano i vescovi delle Repubblica centrofricana, che ieri hanno iniziato le udienze con il Santo Padre, in occasione della loro visita ad Limina. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    Una storia d’instabilità, che per l’ex colonia francese parte fin dai primi anni dell’indipendenza, nel 1960. Sarà infatti il maresciallo Bokassa ad assumere con la forza il potere nel ’66 e a proclamarsi 10 anni dopo "imperatore", per essere poi destituito nel ’79 con il ripristino della Repubblica. Ma due anni dopo, è il generale Kolingba con un colpo di Stato a prendere il potere, conservandolo per oltre un decennio fino alle prime elezioni libere indette - su pressione internazionale - nel ‘93, che vedono la vittoria di Patassé, a capo del Movimento per la liberazione del popolo centrafricano. I militari tornano in armi - nel ‘97 e fino al 2000 scende in campo l’ONU per mediare - e dopo vari scontri tra governativi e ribelli, è il generale Bozizé nel 2003 a conquistare la presidenza, confermato nelle elezioni del 2005. Tuttavia, i seguaci dell’ex presidente Patassé, in esilio nel Togo, continuano combattere, asserragliati nel nord ovest del Paese, mentre al nord est si sono insediati gruppi ribelli del vicino Ciad. Una situazione aggravata dal diffuso banditismo, che ha precipitato il Paese nell’insicurezza sociale. In questi dolorosi decenni, la Chiesa centrafricana, presente da oltre 100 anni, non ha mai smesso d’invocare la pace e di condannare le violenze che non hanno risparmiato esponenti religiosi, denunciando in anni recenti anche il silenzio mediatico sulla drammatica situazione del loro Paese. Da qui, l’appello lanciato di recente al presidente Bozizé dai vescovi centrafricani, preoccupati per il riacuirsi delle tensioni tra governo e opposizione e la ripresa degli scontri armati nel Nord. I presuli chiedono al capo di Stato d’impegnarsi per trovare una via d’uscita, aprendo un dialogo senza pregiudizi così da arginare il peggio che avanza: tribalismo, anarchia, autoritarismo politico, ristagno economico, rovina intellettuale e caduta di valori, e per garantire a tutti i cittadini “il rispetto della loro dignità”.

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    Nomine Cor Unum

    ◊   Benedetto XVI ha nominato Membri del Pontificio Consiglio Cor Unum i monsignori: Joseph Ngô Quang Kiêt, arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam); Jean-Bosco Ntep, vescovo di Edéa (Camerun); Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon (Corea); il Principe Karl von Löwenstein-Wertheim-Rosenberg, della diocesi di Aachen (Germania); e, in rappresentanza delle Organizzazioni, i sacerdoti Adam Deren, dell'arcidiocesi di Wroclaw, direttore generale della "Caritas Polska" (Polonia); Larry Snyder, dell'arcidiocesi di Saint Paul and Minneapolis, presidente di "Catholic Charities" (Stati Uniti d'America); Flavio Peloso, F.D.P., direttore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza (San Luigi Orione), in rappresentanza dell'Unione dei Superiori Generali; Suor Mary Sujita Kallupurakkathu, S.N.D., superiora generale delle Suore di Nostra Signora, in rappresentanza dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali; e Hans Peter Röthlin, presidente dell'Aiuto alla Chiesa che soffre; Marina Canevali Costa, dell'arcidiocesi di Genova (Italia), presidente dell'"Association Internationale des Charités"; Rafael Del Río Sendino, presidente della "Caritas Española" (Spagna); Denis Viénot, presidente della "Caritas Internationalis"; Jean-Luc Moens (Belgio), presidente di Fidesco; Begoña de Burgos López (Spagna), presidente di "Manos Unidas".


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    Il profilo del sacerdote Passionista, Carlo di Sant'Andrea, che Benedetto XVI canonizzerà domenica prossima

    ◊   Saranno quattro i nuovi Santi che domenica prossima, alle ore 10, Benedetto XVI proclamerà durante la Messa in Piazza San Pietro. Tra costoro, figura il Beato Carlo di Sant’Andrea, olandese, sacerdote Passionista, al secolo Giovanni Andrea Houben, morto mel 1893. Giovanni Peduto ne ha parlato con il postulatore della Causa di canonizzazione, padre Giovanni Zubiani:

     
    R. - Nato l'11 dicembre 1821 a Munstergeleen in diocesi di Roermond, in Olanda, a 24 anni il futuro Santo vestì l'abito dei Passionisti ad Ere, in Olanda, e professò i voti il 10 dicembre 1846. Fu ordinato sacerdote il 21 dicembre 1850, e nel febbraio dei 1852 fu mandato in Inghilterra ove ricoprì gli uffici di vice-maestro dei novizi, e di parroco o cappellano. Nel 1857 fu destinato in Irlanda, al ritiro di Mount Argus, dove rimase fino al 1866. In quest'anno i superiori lo fecero ritornare per otto anni in Inghilterra. Il 10 gennaio 1874 ritornava a Mount Argus e quivi passò gli ultimi 20 anni della sua vita, lasciando una genuina fama di santità accompagnata con il carisma taumaturgico, che lo rese presto noto a tutta l'Irlanda. Morì all'età di 72 anni, il 5 gennaio 1893.

     
    D. - Qual è stato il suo carisma, la sua spiritualità?

     
    R. - Da buon Passionista, padre Carlo aveva una grande devozione per la Passione. Per lui la Passione non era una astrazione, né un mero avvenimento storico, ma un avvenimento reale e recentissimo, come se fosse accaduto ieri. Era sempre per lui come una cosa presente, quasi facendo egli parte di quel gruppo che ai piedi della Croce piangevano insieme a Maria la morte del suo Figlio adorato. Non vi era quindi bisogno di rammentargli il Calvario, poiché questo non era mai lontano dai suoi pensieri. Non di meno portava invariabilmente con sé un piccolo Crocifisso nella palma della sua mano sinistra. Di tanto in tanto si poteva vedere che apriva la sua mano, dava uno sguardo affezionato al Crocifisso e lo alzava teneramente posandolo sulle sue labbra.

     
    D. - Quale influsso ha avuto fra la gente?

     
    R. - Da ogni provincia e contea d'Irlanda in molte città e villaggi dell'Inghilterra, persone di tutte le classi della società, alte e basse, cercavano la sua assistenza nelle loro difficoltà, nei loro dubbi, nella loro prova. Quando una malattia prevaleva sull'abilità professionale, quando si trattava di casi particolari, connessi con la direzione delle anime, quando qualche terribile calamità temporale aveva recato rovina e disastro in qualche famiglia, e non vi era più alcuna speranza terrena, si faceva ricorso al padre Carlo. A causa del grande numero di visitatori che venivano da lui giornalmente, furono stabilite alcune ore per le visite, altrimenti, non avrebbe avuto neppure il tempo di mangiare.

     
    D. Quale messaggio padre Carlo dà agli uomini d’oggi?

     
    R. - Come ha scritto il nostro generale, il messaggio che padre Carlo oggi rivolge alla Chiesa, alla Congregazione della Passione, al mondo, è quindi un invito forte alla fedeltà a Cristo anche a costo della propria vita. Un invito a vivere la memoria di Gesù Crocifisso, esistenza donata per il bene di ogni persona, che diventa nel passionista sorgente per essere a sua volta vita donata agli altri fino alla morte. Questo sperò San Paolo della Croce quando scrisse: "I religiosi, morti a sé stessi, sono disposti a ricevere l'impressione della divina grazia, sicché poi a suo tempo con cuore ripieno di amor di Dio possano intraprendere cose grandi per la di Lui gloria e per la difesa della Santa Chiesa, a costo proprio appunto della vita".

     
    D. - Vuole raccontarci un episodio particolare della sua vita?

     
    R. - Essendo giunta la riputazione della sua santità alle orecchie del Padre generale di quel tempo, questi divenne desideroso d'incontrarlo e di fare la sua conoscenza. Ciò avvenne in occasione di una sua visita in Olanda e il Generale rimase profondamente impressionato per il suo spirito di preghiera ed il grado della sua unione con Dio. Prima di ritornare in Roma egli diede incarico al padre Salviano di osservare diligentemente il padre Carlo e di prendere nota se si verificasse nella sua vita qualche cosa di straordinario, ed anche, se capitava l'occasione, di mettere a prova le sue virtù. Tale raccomandazione era stata data con intenzione di liberalità, conoscendo la tenerezza di cuore la dolcezza ben nota del carattere del Generale. Padre Salviano invece la intese alla lettera e, pur essendo anch'egli tendenzialmente di animo gentile, applicò tale raccomandazione come un sacro compito, tanto che alle volte stimolava talmente la pazienza di padre Carlo fino al punto di fargliela perdere, se tale punto vi fosse stato. Egli, padre Salviano lo correggeva, lo sgridava, lo umiliava davanti a tutta la Comunità, facendo così accrescere immensamente i suoi meriti, poiché naturalmente padre Carlo nulla sapeva delle segrete istruzioni del Padre generale. Ma padre Carlo mai mostrava un risentimento, né cercava di scusarsi o di dare alcuna spiegazione, ma rimaneva silenzioso e penitente, avendo l'aspetto di uno che avesse commesso qualche grande colpa. E se egli per caso pronunciava una parola, diceva queste tre parole ‘povero vecchio Carletto’.

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    Cambia il Collegio cardinalizio con gli 80 anni del cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore dei Siro Malabaresi: gli elettori sono ora 105

    ◊   Compie oggi 80 anni il cardinale indiano, Varkey Vithayathil, dei religiosi Redentoristi, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro Malabaresi. Ordinato sacerdote nel 1954, fu nominato vescovo nel 1966 e consacrato nel giorno dell'Epifania dell'anno successivo. Giovanni Paolo II gli conferì la berretta cardinalizia nel Concistoro del 21 febbraio 1999. Con l’odierno compleanno del cardinale Vithayathil, il Collegio Cardinalizio risulta ora composto di 184 cardinali, dei quali 105 elettori e 79 non elettori.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - "Tutte le Chiese per tutto il mondo": il Messaggio di Benedetto XVI per la LXXXI Giornata Missionaria Mondiale.
    Servizio estero - In evidenza l'Iraq, con i colloqui tra Usa ed Iran.
    Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti dal titolo "Un ponte tra il Settecento veneziano e la Scapigliatura lombarda": 150 dipinti di Giovanni Carnovali esposti a Cremona nella mostra "Piccio. L'ultimo romantico".
    Per l'"Osservatore libri" un articolo di Danilo Veneruso dal titolo "Sacrificati a milioni da una macchina disumana messa al servizio dell'ideologia": "I soldati di Stalin. Vita e morte nell'Armata Rossa" di Catherine Merridale. Servizio italiano - Le elezioni amministrative.

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    Oggi in Primo Piano



    I 100 mila operatori ONU in azione sul pianeta ricordati nella Giornata mondiale dei peacekeepers. Intervista con Staffan de Mistura

    ◊   Il lavoro degli operatori di pace dell’ONU “è motivo di orgoglio per le Nazioni Unite in ogni singolo giorno dell’anno”: scrive così il capo del Palazzo di Vetro, Ban Ki-moon nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale dei Peacekeepers, che nel 2006 - si legge ancora nel messaggio - "hanno superato il numero di 100.000". Un’occasione che serve a ricordare non solo il valore delle missioni di pace, ma anche i tanti Caschi blu caduti sul campo. Qual è, dunque, il significato di questa ricorrenza? Isabella Piro lo ha chiesto a Staffan de Mistura, direttore del Centro Alti Studi dell’ONU e già inviato speciale delle Nazioni Unite:

     
    R. - La Giornata del Peacekeeping è per noi una Giornata fondamentale. Le Nazioni Unite hanno attualmente circa 100 mila persone, donne e uomini, che portano il berretto blu sotto la bandiera delle Nazioni Unite in più di 23 Paesi e lo fanno provenendo da circa 130 nazioni. E’ quindi il momento in cui ci ricordiamo sia di coloro che difendono la pace, spesso - e ce lo auguriamo sempre - non sparando neanche un colpo d’arma da fuoco, ma anche di coloro che hanno perso la vita, difendendo la pace sotto la bandiera dell’ONU.

     
    D. - È il quinto anno che viene celebrata questa Giornata: cosa è cambiato nel frattempo?

     
    R. - È cambiata la situazione geopolitica mondiale e locale. Un tempo il peacekeeping era basato semplicemente sulla staticità: bastava la bandiera dell’ONU ed una presenza militare delle Nazioni Unite per mantenere, in qualche modo, la tregua. Oggi, c’è bisogno di una presenza “muscolare” perché i conflitti non sono più tra Stati, ma, in alcuni casi, sono addirittura condotti da bande o da gruppi armati.

     
    D. - Quali sono, attualmente, le aree di crisi nelle quali è maggiormente richiesta la presenza dei Caschi blu?

     
    R. - Quelle in cui è necessaria una stabilizzazione, come ad esempio il Kashmir, Cipro o il Libano. In queste aree, opera una forza di interposizione che cerca costantemente di impedire nuovi focolai di guerra che potrebbero degenerare in gravi conflitti. Il secondo tipo di intervento è, ad esempio, quello che avviene nella Repubblica Democratica del Congo, dove c’è una presenza militare attiva, con lo scopo di difendere la popolazione civile e le prospettive di pace e di tranquillità nel Paese. La terza, infine, è un’operazione di pura osservazione, come è avvenuto in Eritrea e in molte altre zone del mondo.

     
    D. - Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha proposto un’ambiziosa riforma per il Dipartimento delle Operazioni di Pace delle Nazioni Unite: in cosa consiste?

     
    R. - Consiste nel rendere molto più efficace l’aspetto logistico delle operazioni di pace. Per questo, i due Dipartimenti che si occupano specificatamente del settore sono stati divisi: se non c’è una vera e propria struttura logistica efficacissima, non è certo facile organizzare, nel giro di pochi giorni, la presenza di migliaia di soldati, donne e uomini provenienti da diverse nazioni. Occorre quindi che questo tipo di logistica venga assolutamente reso più efficace, perché a volte - come è accaduto per il Libano - bisogna prendere una decisione nel giro di pochi giorni e realizzarla concretamente subito dopo.

     
    D. - Tra le iniziative da varare entro la fine del 2007, figura anche lo spiegamento del primo contingente di pace tutto al femminile: si tratta di una piccola “rivoluzione”...

     
    R. - In questo senso, è una novità e mi fa piacere vederla. Le donne che ho visto personalmente in azione sono efficacissime, non solo perché sono più che competenti nel settore militare, ma anche perché sono importanti per i rapporti umani. Spesso, devono interagire con le donne del posto, offrendo la loro umanità come un valore aggiunto.

     
    D. - Quali sono, secondo lei, le qualità che deve avere un Casco blu?

     
    R. - Certamente, deve essere un soldato: è vero che le operazioni di pace non sono fatte per i militari, ma è altrettanto vero che soltanto i militari possono e sanno farle. Ma il peacekeeper deve essere anche un negoziatore: deve essere una persona consapevole della bandiera e del cappello blu che porta, dei diritti umani. Inoltre, deve essere capace di costruire la pace, di facilitare il ritorno alla vita normale per un Paese in conflitto. In più, un Casco blu deve essere un comunicatore perché deve sempre far capire alle popolazioni locali che è lì per aiutarle e non per imporre qualcosa che esse non vogliono.

     
    D. - Sono moltissimi i peacekeepers caduti in missione: solo nel 2006, se ne contano più di cento. Come onorare il loro sacrificio?

     
    R. - Continuando a fare quello per il quale sono caduti e per il quale sono morti con coraggio e dignità: ci vuole ancora più coraggio nel difendere la pace senza usare le armi, pur essendo un soldato. Dobbiamo onorare i caduti anche con la determinazione nel far sì che il peacekeeping diventi sempre più efficace. E, infine, non dimenticando mai i loro nomi e i luoghi da dove sono venuti, affinché il loro nome rimanga nella storia dell’umanità.

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    I Medici cattolici sulla droga nelle scuole: non solo Carabinieri, ma interventi in sinergia di Ministeri, sanità ed enti

    ◊   Sta facendo discutere, in Italia, la richiesta del ministro della Salute, Livia Turco, di inviare nelle scuole i NAS, i Nuclei Antisofisticazione dei Carabinieri, per scoprire l’eventuale consumo di droga. D’accordo il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, che però punta anche sull’informazione ai ragazzi relativa ai danni che le droghe possono provocare. Alessandro Guarasci:

     
    Il giro di vite contro la marijuana a scuola arriva dopo gli episodi allarmanti degli ultimi giorni. Dapprima, la morte a Paderno Dugnano di un ragazzo di 15 anni, che si è sentito male dopo aver fumato, secondo i primi risultati degli esami tossicologici, una sigaretta contenente crack. Poi, un preside di Torino che ha chiamato i Carabinieri perché si è accorto che tra i suoi alunni circolava hashish. Per la Turco, chi consuma spinelli non va criminalizzato ma bisogna comunque indagare nelle scuole. Per il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, bisogna innanzitutto educare. Dalla coalizione di centrodestra sono arrivati commenti ironici ma comunque concordi sull'invio dei NAS nelle scuole. Gran parte della sinistra estrema giudica invece demagogica la proposta della Turco. Per Luciano Corradini, presidente dell’Unione Insegnanti Medici Cattolici, serve un insieme di interventi:

     
    “E' necessaria la presenza anche di forze appartenenti ad altri ministeri - quello del Welfare, quello dei Giovani, anzitutto, ma anche lo Sport e così via - con intese che si stabiliscano a livello di istituto - la scuola è autonoma - e si stabiliscano a livello di Provveditorato degli Studi, come si diceva una volta. Ma con magistratura, polizia, Aziende sanitarie locali che colgono il problema da diversi punti di vista per intervenire sul piano professionale, ciascuno con le sue chiavi di lettura e anche con i suoi strumenti”.

     
    Alcune associazioni di studenti chiedono che si eviti di mettere continuamente sotto accusa i giovani. Il vicepresidente del Forum delle Associazioni familiari, Giuseppe Barbaro, rilancia il ruolo dei medici:

     
    “Forse sarebbe bene se venissero usate le stesse strutture che possono essere presenti all’interno della scuola. Una volta c’era il medico scolastico, oggi si potrebbe pensare a una "task force" di tipo sanitario, che effettui controlli sui ragazzi aiutandoli a diventare protagonisti di una scelta, e non magari dando l’idea di un giudizio negativo e quindi di un fallimento di un progetto...”.

     
    D’accordo con la Turco si dice anche la Comunità di San Patrignano.
     
    Alla questione del crescente uso delle droghe leggere il prof. Claudio Risè, psicanalista, docente di Sociologia della comunicazione all'Università dell'Insubria, in Lombardia, ha appena dedicato un libro, intitolato "Cannabis, come perdere la testa e a volte la vita", pubblicato dalle Edizioni San Paolo. Al microfono di Fabio Colagrande, il prof. Risè parla del grado di coscienza presente oggi nell'opinione pubblica rispetto a questo problema:

     
     
    R. - Un problema gravemente sottovalutato, non solo per la sua diffusione ma per le conseguenze che la cannabis ha sul corpo e sulla psiche, sulla mente delle persone: conseguenze che, negli ultimi dieci anni, sono state ampiamente dimostrate dalle neuroscienze, dagli sviluppi della psichiatria e soprattutto dall'enorme casistica-clinica prodotte nel mondo dalla continua diffusione della cannabis. L’Italia è rimasta completamente tagliata fuori da questo movimento che ha coinvolto tutto l’Occidente e da noi si continua a pensare alla cannabis come una droga leggera, cosa che l’Istituto superiore della Sanità ha smentito con un pubblico documento firmato dai maggiori scienziati fin dal 2003.

     
    D. - Perché in Italia c’è la convinzione che lo "spinello", la cannabis siano innocui?

     
    R. - Direi, intanto, perché è mancata l’informazione, quella stessa informazione che io presento nel mio libro e che è stata pubblicata in ricerche, atti pubblici. Pensiamo solo che in America, il New York Times ha pubblicato già anni fa un opuscolo di 60 pagine sui danni della cannabis e distribuito a tutti gli insegnanti dello stato di New York. In Italia, non è stato fatto nulla del genere e questo è molto grave e quindi si continua a ragionare sui luoghi comuni della cannabis diffusi negli anni ’60.

     
    D. - Permane il suo carattere di veicolo iniziatico ad altre sostanze stupefacenti?

     
    R. - Assolutamente. Si passa molto spesso, come si è sempre passati, dalla cannabis ad altre droghe. Adesso, poi, c’è questa abitudine di “mixare” le droghe facendo dei miscugli di amfetamine, cocaina... Ma si parte sempre dalla cannabis, perché in qualche modo abitua più facilmente, anche con minor costo, alla cultura dello "sballo", all’abitudine di creare uno stato di coscienza alterata che dà un’impressione diminuita della difficoltà del reale: soprattutto, illude di poter non confrontarsi con la realtà, con le sue durezze e gli sforzi che ci chiede.

     
    D. - Professor Risé, cosa pensa della proposta del ministro della salute Turco: ispezione dei NAS nelle scuole di tutta Italia?

     
    R. - Da una parte, mi colpisce anche favorevolmente perché dimostra che il ministro che pochi mesi fa aveva emanato un decreto di legge per aumentare la dose minima consentita della cannabis, mi sembra averci ripensato. Naturalmente non dobbiamo aspettarci una soluzione globale del problema da misure poliziesche. Tuttavia, proprio perché sono mancate grandi campagne pubbliche, politiche, di informazione collettiva, come è stato fatto invece negli altri Paesi, ed è mancata una politica scolastica contro queste droghe leggere - oggi la scuola è un luogo di spaccio ed è un luogo di consumo molto frequente, uno su tre degli studenti assume hashish e quando lo assume prima dei 15 anni, purtroppo il rischio psicosi sono molto più alti - bisogna allora senz’altro intervenire anche nel monitoraggio.

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    Concedere la cittadinanza ai figli degli emigrati per favorirne l'integrazione: è la proposta di legge in discussione al parlamento italiano

    ◊   L’immigrazione è il futuro dell’Italia e ogni strumentalizzazione politica del fenomeno è dannosa. Così le associazioni e movimenti cattolici italiani che ieri a Roma, in coincidenza con la discussione in Parlamento della nuova proposta di legge in materia di cittadinanza, hanno convocato una conferenza stampa. Molti i bambini, figli di immigrati presenti: la richiesta è che l’integrazione inizi proprio dai più piccoli. A seguire la conferenza per noi c’era Paolo Ondarza.

     
    Una legge da cambiare, quella sulla cittadinanza, anche nell’interesse del Paese. Per questo, le associazioni cattoliche italiane chiedono in tempi brevi procedure facilitate per i minori figli di stranieri, che soggiornano in Italia da almeno tre anni. Nel Bel Paese, sono 585 mila i minori di origine straniera: 350 mila di questi sono nati nella penisola ma non sono cittadini italiani, pur avendo una vita del tutto simile in quanto ad abitudini, giochi, linguaggio a quella dei loro coetanei e compagni di scuola. Il criterio di assegnazione della cittadinanza per ius sanguinis, basato sulle origini dei genitori, è rimasto solo in Italia: in Europa, negli USA e in Canada il principio è quello dello ius solii e dello ius domicilii, derivanti cioè dalla nascita e dal luogo in cui si vive. Le associazioni cattoliche chiedono ai parlamentari italiani un adeguamento a questi ultimi criteri, spiegando che la presente normativa non ascolta il bisogno di integrazione e appartenenza di molti immigrati. Inoltre, occorre sfatare il luogo comune che associa gli immigrati all’illegalità. Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:

     
    “Gli immigrati pagano un miliardo e 800 milioni di tasse all’anno, mentre l’Italia spende solo 200 milioni sull’immigrazione, di cui 190 milioni per le espulsioni, e solo 10 milioni - anzi, 15 - per l’integrazione sociale. Gli immigrati fanno 2 milioni e 300 mila dichiarazioni dei redditi, e cioè pagano mediamente più tasse degli italiani, e le dichiarano!”.

     
    Secondo il direttore della Fondazione “Migrantes”, padre Gian Romano Agnesotto, la cittadinanza agli immigrati, a cominciare dai minori, è un interesse di tutto il Paese:

     
    “E’ interesse del Paese, dare la possibilità a questi giovani minorenni, che si trovano oltretutto in una fase della costruzione della propria identità, e sentirsi veramente parte del nostro territorio, della nostra comunità”.

     
    Le associazioni cattoliche ritengono, dunque, che conferire la cittadinanza agli emigrati, riducendone così la marginalità, è l’ingrediente numero uno per favorire la sicurezza nel Paese ed evitare che in Italia si verifichino disordini analoghi a quelli delle banlieues parigine.

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    Il neo ministro dei Frati minori conventuali generale, fr. Marco Tasca, parla ai nostri microfoni della sue elezione, delle sfide per l'Ordine, della prossima visita del Papa ad Assisi

    ◊   I Frati Minori Conventuali stanno tenendo ad Assisi, già da tempo, il loro Capitolo generale, e tre giorni fa hanno eletto il nuovo ministro generale. Si tratta del 50.enne fra' Marco Tasca, precedentemente ministro provinciale a Padova. Giovanni Peduto lo ha incontrato e gli ha chiesto in che modo abbia accolto la sua elezione:
     

     
    R. - Ho accolto questa elezione con la fiducia che il Signore guida la mai vita. Lui ce l’ha assicurato che sarà con noi fino alla fine dei tempi, quindi colgo anche questo come un segno del Signore che guida la mia vita. Poi, è per me un segno di fiducia parte dei tanti, dei tanti fratelli che sento vicini e che mi danno anche un appoggio, un sostegno e un aiuto. Poi è stata anche una sfida, ho accolto questa elezione come una sfida per dire che oggi il carisma francescano ha ancora qualcosa da dire.

     
    D. - Cosa vede davanti a sé?

     
    R. - Questo Capitolo generale cade nell’anno o nel cammino celebrativo dell’ottavo centenario dell’origine del francescanesimo: quindi, l’Ordine si sente chiamato alla conversione e a ritrovare lo slancio e la vitalità delle sue origini. Vedo allora un tempo di grazia del Signore, segnato dalla logica del mistero pasquale, l’unica logica che porta veramente ad una vita pienamente realizzata e felice.

     
    D. - Quali sono le principali sfide per l’Ordine francescano nel suo insieme?

     
    R. – “Il Capitolo generale - scriveva il mio predecessore fra' Joachim Giermek, al quale va il grazie e la stima di tutto l’Ordine - è un tempo di verifica seria e laboriosa per vedere come essere fedeli e significativi oggi in questo nostro mondo”. Dunque, la sfida più forte la vedo proprio in ciò, in questa cultura secolarizzata: siamo chiamati ad avere uno slancio generoso capace di testimonianza e di donazione totale come il Santo Padre spesso richiama ai religiosi.

     
    D. - I lavori del vostro Capitolo sono quasi a metà cammino. Quali sono i principali contenuti emersi finora?

     
    R. - Prima di tutto, il contenuto principale emerso è un dire grazie al Signore per quello che in questi sei anni ci ha regalato. Cito alcuni momenti forti del nostro cammino: il Capitolo fraterno dell’Ordine tenuto in Polonia - formatori e provinciali insieme - il primo Congresso missionario tenuto in India, le due assemblee europee in un continente così bisognoso di speranza e di riaffermare le sue radici spirituali. Sono emerse poi le sfide della formazione iniziale permanente, con il conseguente bisogno di formatori adeguati, la sfida dell’interculturalità e dell’impegno missionario ad gentes.

     
    D. - Cosa vuol dire, padre Marco, essere francescani nel mondo di oggi?

     
    R. - Noi viviamo, e ce lo diceva questo nei primi giorni di Capitolo fra' Felice Cangelosi, il vicario generale dei Cappuccini, che ci ha aiutato un po’ ad entrare spiritualmente in questo Capitolo. Viviamo in un mondo caratterizzato, almeno pare nel lato occidentale, dall’offuscamento della speranza, dall’agnosticismo pratico, e dall’indifferentismo religioso. Credo che oggi la cosa più bella che noi possiamo regalare, come Francescani, è di annunciare che vale la pena vivere per il Signore Gesù, vale la pena fidarsi del Signore Gesù, vale la pena vivere come Lui chiede ed è bello fidarsi della sua parola.

     
    D. - Padre Marco, il vostro capitolo vedrà l’arrivo del Papa ad Assisi, un privilegio che penso pochi altri Ordini religiosi possano mai avere. Come vi state preparando?

     
    R. - Ci stiamo preparando proprio con il grande spirito di dire che il Santo Padre - che Francesco chiamava “il Signor Papa” - viene qui in questo anno, come dicevo prima, della conversione di Francesco. Per noi è un invito e un incoraggiamento ad essere ancora più addentro, insieme: sentire “cum Ecclesia”, vivere in questa Chiesa, con il Papa, sotto la sua guida. Credo, quindi, sia un’attesa spirituale e, dall’altro punto di vista, un’attesa per delle parole che ci guidino nel cammino dell'essere Francescani conventuali oggi.

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    La ricchezza tematica della Conferenza di Aparecida, spunto di riflessione anche per il Congresso eucaristico internazionale 2008, in Canada

    ◊   “Il Congresso eucaristico internazionale (in programma nel 2008 a Québec city, in Canada - ndr) prolungherà molte delle riflessioni della V Conferenza; anzi, noi qui abbiamo anticipato importanti contenuti che sottolineano, in particolare, la dimensione trinitaria nonché missionaria del Sacramento eucaristico e abbiamo anche molto insistito sull'ecclesiologia che aiuta a dare risalto alla Nuova Allenza e al simbolismo nuziale del Mistero eucaristico”. Così ha parlato, ieri, durante la conferenza stampa ad Aparecida il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec. Il porporato ha parlato dei preparativi del Congresso 49° che si svolgerà dal 15 al 22 giugno 2008 e che, a suo avviso, servirà a "dare nuovo slancio al movimento eucaristico mondiale che dall'Anno giubilare del 2000 esperimenta un'importante crescita alla luce dello Spirito" (Sito ufficiale in diverse lingue: www.cei2008.ca ). Il card. Ouellet, concludendo la sua conversazione con i giornalisti, ha anche annunciato che dall'11 al 13 giugno si svolgerà un Congresso teologico che, “insieme con quello Eucaristico saranno momenti forti della Grande Missione Continentale in America”. Mons. Angélico Sândalo Bernardino, vescovo di Blumenau in Brasile, anch'egli intervenuto nella conferenza stampa del 28 maggio, è tornato a parlare del Documento finale e del Messaggio al Popolo Dio: sostanzialmente sono pronti, ha riferito, aggiungendo che entrambi hanno un nucleo centrale preciso: ovviamente, il rapporto “discepolo, missionario, vita” alla luce dell’incontro con Gesù Cristo. Mons. Sândalo Bernardino ha precisato che la Grande Missione Continentale sarà anche un vasto movimento chiamato a rinnovare la parrocchia e la vita parrocchiale “tenendo presente che, sotto la guida del parroco, occorre, oggi più che mai, integrare con più responsabilità e più partecipazione nelle decisioni, tutte le comunità del territorio così come il laicato sia maschile sia femminile”. “Il nostro, ha concluso, sarà un messaggio di speranza ed essa trova sostegno nel ruolo e nella missione del laico, discepolo vero e missionario autentico”. Il presule brasiliano ha spiegato che i partecipanti hanno dedicato molto tempo al futuro della “parrocchia e della vita parrocchiale”, realtà molto caratteristiche del cattolicesimo latinoamericano. Queste realtà, ha aggiunto, svelano ancora una volta la questione della scarsità di personale apostolico, in particolare di sacerdoti, ma al tempo stesso dimostrano che è proprio “la parrocchia il migliore punto di lancio e slancio della nuova evangelizzazione da portare a tutti i battezzati, con particolare attenzione verso i fratelli che per motivi diversi oggi sono lontani dalla vita che dona Gesù”. (A cura di Luis Badilla)

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    Chiesa e Società



    “Nel mondo di oggi col coraggio di Pio XI”: così, il cardianale Tettamanzi, arcivescovo di Milano, nel 150.mo della nascita di Papa Ratti

    ◊   “Una grande fede sostenne l’azione di Pio XI, fortificò il suo amore per la verità che sola può garantire la pace nel mondo”. Questo, il tratto distintivo di Achille Ratti, Papa Pio XI, secondo l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, che nella città natale, Desio, ha aperto la Settimana di celebrazioni per i 150 anni della nascita di Papa Ratti, il 31 maggio del 1857. Il porporato, partendo dalla prima Enciclica di Pio XI, “Ubi arcano Dei”, ha ricordato come Papa Ratti fosse soprattutto un prete, anche come Pontefice, in anni difficili, dopo essere stato prefetto della Biblioteca Ambrosiana e poi rettore della Biblioteca Vaticana. Eletto Papa dopo quattro giorni di Conclave, il 6 febbraio del 1922, si trovò a reggere sfide difficilissime, in un mondo che usciva dalla prima guerra mondiale e che – ha sottolineato il cardinale Tettamanzi – stava conoscendo gli effetti nefasti della rivoluzione bolscevica, del fascismo e del nazismo. Di fronte a questo scenario, “Pio XI non ebbe sgomento – ha affermato l’arcivescovo di Milano – rendendo presente Gesù nella famiglia, nel campo educativo, scontrandosi duramente con i totalitarismi del tempo nella sua lotta per difendere la libertà di educare”. Il cardinale Tettamanzi ha quindi ricordato come Pio XI “non ebbe paura di scuotere la Chiesa per impedirle di inchinarsi o di inginocchiarsi davanti ai potenti del mondo, chiedendo con forza che tutti i credenti fossero testimoni pronti anche al martirio”. La città di Desio ha organizzato una Settimana densa di iniziative per ricordare Papa Ratti, deceduto il 10 febbraio del 1939, alla vigilia del 17.mo anniversario di Pontificato e della tragedia della seconda guerra mondiale. (A cura di Fabio Brenna)

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    India: manifestazione cristiana, a New Delhi, contro le violenze ai danni delle minoranze religiose

    ◊   Per la prima volta, le organizzazioni cristiane dell’India hanno fatto sentire la loro voce nelle strade di New Delhi, per protestare contro l’indifferenza mostrata finora dal governo verso il rispetto dei diritti delle minoranze religiose. Dopo la recente recrudescenza degli attacchi contro sacerdoti, missionari e istituzioni religiose in diverse parti dell’India, un gruppo di associazioni cristiane, guidate dall’All Indian Christian Council (AICC), hanno organizzato stamattina una dimostrazione pacifica vicino alla sede del Parlamento per dire basta alla violenza e alle atrocità contro la minoranza cristiana e anche alla strumentalizzazione delle leggi anti-conversione forzata. La protesta, con canti e striscioni, si è conclusa con la presentazione al primo ministro, Manmohan Singh, di un memorandum contenente alcune richieste per una maggiore tutela e protezione. Come ha ricordato padre Bapu Joseph, portavoce della Conferenza dei vescovi cattolici in india, “i recenti attacchi contro un pastore in Rajasthan e altri due missionari in Madhya Pradesh sono i segni evidenti dell’impudenza con cui certe organizzazioni violano i diritti di ogni cittadino sanciti dalla Costituzione indiana”. (A cura di Maria Grazia Coggiola)

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    Cina: i neo battezzati protagonisti, a Pechino, della Celebrazione di Pentecoste

    ◊   Nella Cina continentale e, in particolare, a Pechino, i neo battezzati che hanno ricevuto il Sacramento dell’iniziazione cristiana nella scorsa Veglia pasquale, durante la Celebrazione della domenica di Pentecoste, hanno ricevuto il certificato di Battesimo e il certificato che attesta il cammino compiuto negli ultimi 50 giorni. Si sono quindi ritrovati – riferisce l’agenzia Fides – con i loro padrini e madrine, per un momento di comunione e condivisione. Nell’arcidiocesi di Tai Pei, a Taiwan, la solennità di Pentecoste è stata contrassegnata da una grande festa di beneficenza promossa dalla parrocchia della Sacra Famiglia, in collaborazione con tante realtà civili, per aiutare la gente ad avvicinare il Signore, a conoscere Gesù Cristo e lo Spirito Santo. La festa ha offerto tra l’altro: dimostrazioni dell’arte del tè, cibi e spettacoli etnici. Contemporaneamente alle diverse attività previste, le persone hanno potuto porre domande sulla fede e conoscere meglio la Chiesa, attraverso la testimonianza degli organizzatori. (R.M.)

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    Timor Est conferisce un’onoreficenza postuma ai suoi religiosi morti per l’indipendenza

    ◊   Sacerdoti e religiose impegnati per la liberazione di Timor Est dal dominio indonesiano hanno ricevuto un’onorificenza statale postuma, la medaglia ‘Dom Martinho da Costa Lopes’, in memoria dell’omonimo monsignore, amministratore apostolico di Dili dal 1977 al 1983, che fu costretto all’esilio in Portogallo, dove morì nel 1990, per le sue continue denunce delle violazioni dei diritti umani compiute da Giakarta. La medaglia, consegnata ai familiari dei defunti dall’ex presidente, Alexander Xanana Gusmao, è andata alle suore canossiane, Maria Celeste de Carvalho, di nazionalità est-timorese, e Erminia Cazzaniga, originaria di Lecco, in Italia, uccise il 25 settembre del 1999, dopo il referendum per l’indipendenza dall’Indonesia, e trovate morte a Lautem (Baucau) insieme con un giornalista giapponese. L’onoreficenza – riferisce l’agenzia MISNA – è stata inoltre attribuita a padre Hilario Madeira, della diocesi di Suai, ucciso con altre 26 persone, tra cui tre sacerdoti, durante un massacro compiuto da milizie anti-indipendentiste il 6 settembre del 1999 all’interno della sua chiesa, dove avevano trovato rifugio 200 persone. Infine, la medaglia è andata a padre Mario do Carmo Lemos Belo, che contribuì a nascondere esponenti del Falintil, ala militare del Fretilin, il Fronte rivoluzionario per Timor Est indipendente. (R.M.)

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    Le Università dell’Etiopia chiedono la cancellazione del debito in Africa e un commercio mondiale più equo

    ◊   Una campagna per l’annullamento del debito in tutta l’Africa e per un commercio mondiale più equo è stata avviata dalle università etiopiche che, insieme ad altre istituzioni africane per l’insegnamento superiore, hanno diffuso un appello dalla sede della Commissione dell’Unione Africana (UA). Ricordando che il debito dell’intero continente è stimato in oltre 340 miliardi di dollari, mentre molti dei suoi abitanti sono costretti a vivere con meno di un dollaro al giorno, 21 università pubbliche e cinque private hanno ribadito che questo fardello costituisce “un ostacolo allo sviluppo di numerose attività”. Hunde Dhugassa, presidente del sindacato degli studenti etiopi, citato dall’agenzia MISNA, ha detto che la campagna costituisce “un’ottima occasione” per i laureandi del continente per esprimere la loro opinione in vista del prossimo vertice del G8, in programma a Heiligendam, in Germania, dal 6 all’8 giugno. In attesa dell’evento, gli organizzatori intendono consegnare una petizione all’ambasciatore tedesco ad Addis Abeba, mentre il documento ufficiale della campagna è stato già presentato ai diplomatici dei 40 Paesi africani accreditati in Etiopia. (R.M.)

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    In crisi i produttori di cotone del Burkina Faso per il forte calo dei prezzi

    ◊   Allarme per il calo dei prezzi del cotone in Burkina Faso. Secondo le autorità di Ouagadougou, citate dall’agenzia Fides, “le sovvenzioni concesse dai Paesi del nord ai loro produttori di cotone pesano negativamente sui mercati delle materie prime agricole e non si è registrato nessun progresso significativo dopo la riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio tenutasi a Cancun, in Messico, nel 2003”. Il governo del Burkina Faso è stato costretto a procedere a un aumento di capitale della Società delle Fibre e dei Tessili (SOFITEX), la principale azienda cotoniera del Paese, per evitarne il fallimento. Una decisione che va a intaccare il bilancio dello Stato, togliendo risorse ad altre esigenze vitali della popolazione, come l’istruzione e la sanità. Creata nel 1979, con 3.300 agenti commerciali, la SOFITEX è il più grande datore di lavoro del Paese e acquista la maggior parte del cotone dai produttori locali, i quali accusano ora la società di non pagare loro il giusto prezzo. Il valore d’acquisto del cotone dal produttore è calato infatti da 165 Franchi CFA al chilo del 2006-2007 a 145 Franchi CFA al chilo del raccolto 2007-2008. La SOFITEX risponde alle accuse citando i fattori internazionali che riducono il margine di guadagno dei produttori: aumento del prezzo del concime e del petrolio, sfavorevole tasso di cambio tra il Franco CFA e l’Euro e sovvenzioni dei Paesi più avanzati alla loro agricoltura. Circa 2 milioni di abitanti del Burkina Faso vivono direttamente o indirettamente grazie alla coltivazione del cotone, che rappresenta la principale fonte di valuta straniera del Paese e contribuisce al 5-10 per cento del Prodotto interno lordo (PIL). (R.M.)

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    Posa della prima pietra del nuovo Seminario orionino ad Anyama, in Costa D’Avorio

    ◊   Sabato scorso, si è tenuta ad Anyama, in Costa D’Avorio, la posa e la benedizione della prima pietra del nuovo Seminario della Congregazione di San Luigi Orione. Lo rende noto un comunicato degli orionini, citato dall’agenzia Fides. La Congregazione impianta la sua prima tenda nel continente africano agli inizi del 1971, con don Angelo Mugnai e don Marino Collina. Nel 1972, si prende cura della missione di Bonoua e, in seguito, della missione di Grand Bassam (1981) e di Moussou (1984). A Bonoua, divenuta sede della vice provincia, sorgono nel 1975 il Centro tecnico professionale e nel 1980 il Centro Don Orione per disabili. Nel 1987, la presenza orionina si allarga: viene accettata la missione di Anyama, dove esiste già il Seminario diocesano. Nel 1995, si espande ancora l'attività e i figli di Don Orione vanno al nord, a Korhogo, con l’accettazione della parrocchia Notre Dame de Fatima. Nel 1996, si costruisce la casa del noviziato a Bonoua. Nel 2003, si dà inizio alla costruzione del Santuario dedicato alla Madonna della Guardia. (R.M.)

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    In Australia, Settimana nazionale della riconciliazione: ancora lunga la strada verso la piena integrazione degli aborigeni

    ◊   In 40 anni, alcuni progressi sono stati compiuti, ma per la piena integrazione della comunità aborigena nella società australiana si deve ancora fare molta strada: è quanto affermano leader aborigeni, responsabili di organizzazioni civili, vescovi e leader laici cattolici, durante la “Settimana nazionale della riconciliazione”, in corso dal 27 maggio al 3 giugno, per compiere una verifica sul processo di integrazione sociale e culturale fra le diverse componenti della comunità australiana. Il 27 maggio del 1967 – riferisce l’agenzia Fides – un referendum popolare sancì la concessione della piena cittadinanza agli aborigeni australiani, con una schiacciante maggioranza di oltre il 90% dei voti espressi. “Ma la riconciliazione è spesso ancora una parola vuota”, nota Ravina Waldren, coordinatrice del laicato dell’arcidiocesi di Brisbane, citata dall’agenzia Fides, in quanto i cittadini australiani non si prendono cura delle difficili condizioni di vita delle comunità indigene, ancora relegate ai margini della società. Alcuni membri della comunità aborigena hanno ottenuto il riconoscimento di alcuni diritti, un’istruzione, servizi sociali. Ma la maggioranza versa ancora in una situazione di povertà e indigenza, nota la Commissione “Giustizia e Pace” di Brisbane, segnalando che esistono ancora numerose questioni di iniquità sociale e di assenza di pari opportunità. La Commissione auspica che la Pentecoste 2007, con il richiamo all’unità nella diversità, possa segnare un punto di svolta, invitando le autorità politiche e tutta la società australiana a migliorare le condizioni di vita degli aborigeni, fornendo i servizi sociali essenziali e l’istruzione, contribuendo a ridurre la mortalità infantile e a eliminare le piaghe dell’alcool e della droga. (R.M.)

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    Al cardinale Lustiger il “Premio Jan Nowak-Jezioranski”, per la “costruzione di una società civile nell’Europa centrale e orientale”

    ◊   Il cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo emerito di Parigi, è stato insignito del “Premio Jan Nowak-Jezioranski”, per il suo contributo “alla costruzione di una società civile nell’Europa centrale e orientale”. Il riconoscimento è stato consegnato al porporato, nella clinica parigina dove è ricoverato, dal ministro polacco della Cultura, Michel Ujazdowski, e dal sindaco di Wroclaw, Rafal Dutkiewicz. Il Premio, istituito nel 2004, viene tradizionalmente consegnato in questa città della Polonia il 4 di giugno, giorno dell’anniversario delle prime elezioni libere dopo il Comunismo. Jan Nowak è il nome che prese, durante la seconda guerra mondiale, Zdzslow Antoni Jezioranski (1914-2005), giornalista, scrittore e politico che, quale direttore della sezione polacca di Radio Free Europe, è stato insignito della Medaglia della Libertà, alta onorificenza degli Stati Uniti. (A.M.)

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    Accordo di collaborazione tra l’Ospedale Bambino Gesù di Roma e il Miami Children's Hospital in Florida

    ◊   “La condivisione e l’interscambio di esperienze sul fronte della cardiologia, della neurologia e dell’infettivologia a livello pediatrico, ma anche sugli aspetti delle innovazioni di carattere organizzativo e gestionale e sulla formazione continua dei professionisti e dei medici, anche con l’ausilio delle tecnologie telematiche”. È quanto prevede un accordo di collaborazione assistenziale e di ricerca tra l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e il Miami Children's Hospital in Florida (USA). Le due istituzioni, secondo l’intesa siglata dal presidente dell'ospedale romano, Francesco Silvano, e di quello statunitense, Thomas Rozek, collaboreranno per la condivisione delle conoscenze rispettivamente acquisite nelle proprie aree di eccellenza e lavoreranno in sinergia su linee di ricerca comuni, a tutto vantaggio della salute dei bambini e dei ragazzi che da tutto il mondo si rivolgono alle due strutture. L’intesa – si legge in un comunicato, citato dall’agenzia SIR – nasce da un “accurato lavoro preparatorio durato quasi due anni e fatto di visite reciproche propedeutiche e di un intenso scambio di conoscenze sul piano della diagnosi, delle terapie e della ricerca in pediatria”. L’accordo ha visto nei giorni scorsi lo svolgimento di un simposio a Roma, durante il quale sono state condivise le esperienze più significative raccolte nei due ospedali. (R.M.)

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    Grande entusiasmo, ieri sera allo stadio San Paolo di Napoli, per la Partita del Cuore 2007

    ◊   E’ finita con la vittoria della Nazionale italiana cantanti la Partita del Cuore 2007, disputata ieri sera allo stadio San Paolo di Napoli contro il Napoli Mondiale, squadra composta da stelle dello sport, del cinema, della musica e dello spettacolo unite non solo dall’“appartenenza”, ma anche dall’amore per il capoluogo partenopeo. Un 7a 3 emozionante, che oltre 20 mila persone hanno accolto con l’entusiasmo di sempre. I fondi ricavati dalla vendita dei biglietti saranno devoluti: alla “Fondazione Cannavaro-Ferrara”, per la realizzazione di un laboratorio come centro di formazione e aggregazione per i giovani di un popolare quartiere napoletano; alla “Fondazione italiana per la thalassemia” e alla “Fundacao gol de Letra”, onlus nata anche per volontà del campione brasiliano, Leonardo, a sostegno di progetti per bambini del Brasile. Durante la Partita, inoltre – riferisce l’agenzia Korazym – è stato presentato il Camper della legalità, acquistato dalla diocesi partenopea con il ricavato della partita tra Nazionale cantanti e Agorà dei giovani, svoltasi il 25 aprile ad Ancona, e benedetto dal Papa mercoledì scorso in Vaticano. Un mezzo di trasporto importante per la pastorale della zona, che da tempo ha deciso di raggiungere i giovani nei loro ambienti di vita, anche quelli più difficili. “Il camper – ha spiegato l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe – servirà a stare in mezzo ai giovani anche nelle ore della notte e aiuterà a far fronte al disagio giovanile”. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Almeno 22 morti per un attacco kamikaze in Iraq - Le due Coree riprendono la via del dialogo

    ◊   - In Iraq, un kamikaze si è fatto saltare in aria nel pieno centro di Baghdad, in una zona dove si affollano operai sciiti in cerca di lavoro. L’attentato, che probabilmente aveva come bersaglio una pattuglia della polizia, ha provocato la morte di almeno 22 persone. A nord della capitale irachena, sono morti poi due soldati americani per lo schianto di un elicottero. A Baghdad, inoltre, uomini armati hanno fatto irruzione nella sede del ministero delle Finanze e rapito sette stranieri. Secondo fonti di stampa, cinque ostaggi sono britannici.

    - In Afghanistan, un attacco condotto da ribelli nella provincia occidentale di Farah ha provocato la morte di due poliziotti che scortavano un convoglio del Programma Alimentare Mondiale. In seguito ad un altro agguato compiuto a Kunduz, nel nord del Paese, sono morti inoltre due civili afghani. Un soldato britannico è rimasto ucciso, poi, nella provincia meridionale di Helmand. Sale così a 56 il numero dei militari del Regno Unito uccisi in Afghanistan a partire dal novembre del 2001.

    - Resta alta la tensione anche in Libano: nei pressi dell’aeroporto di Beirut, soldati libanesi hanno sparato contro un’auto che ha cercato di forzare un posto di blocco. Nella sparatoria, sono rimaste uccise due persone, l’autista e un passeggero. Il campo profughi palestinese, alle porte di Tripoli, è stato poi teatro, anche oggi, di scontri a fuoco tra soldati libanesi e miliziani integralisti. Secondo fonti di stampa, è rimasto ucciso un militare libanese. Si stima che i combattimenti abbiano causato la morte, finora, di almeno 78 persone. Il governo filo-occidentale del premier, Fouad Siniora, ha concesso altro tempo ai capi delle diverse fazioni palestinesi per trovare un accordo con gli estremisti, considerati vicini ad Al Qaeda.

    - Il presidente palestinese, Abu Mazen, incontrerà il premier israeliano, Ehud Olmert, il prossimo 7 giugno. Lo ha reso noto a Gaza lo stesso Abu Mazen durante una conferenza congiunta con il presidente dell’Europarlamento, Hans-Gert Pottering. Lo scorso mese di marzo, Abu Mazen e Olmert avevano espresso l’intenzione di volersi incontrare ogni due settimane. Ma l’escalation di violenza nei Territori Palestinesi, il continuo lancio di razzi contro il sud dello Stato ebraico e i ripetuti raid israeliani non hanno permesso, finora, di rispettare tale programma. Sul terreno, intanto, due militanti di Hamas sono stati uccisi da soldati israeliani nel sud della striscia di Gaza.

    - Riprende il dialogo tra due Coree: delegazioni dei due governi si sono incontrate a Seul per discutere sul processo di denuclearizzazione nordocreano. Al centro dei colloqui, figurano anche altre delicate questioni. Il nostro servizio:

     
    L’incontro costituisce una nuova, importante tappa nelle relazioni intercoreane. Secondo fonti di stampa, il governo di Seul avrebbe chiesto di rendere permanente il collegamento ferroviario tra le due Coree, ripreso lo scorso 17 maggio dopo 56 anni. L’esecutivo di Seul vorrebbe anche fissare un nuovo incontro per affrontare questioni delicate, come quella delle famiglie separate in seguito alla guerra di Corea, finita nel 1953. La diplomazia cerca dunque di percorrere nuove strade, ma i nodi da sciogliere restano intricati: il governo di Seul ha annunciato nei giorni scorsi di aver annullato l’invio di oltre 400 mila tonnellate di riso, come previsto da un accordo dello scorso aprile. L’esecutivo di Pyongyang non ha ancora completato poi il processo per il disarmo nucleare, come annunciato dopo il vertice dello scorso 13 febbraio a Pechino. La Corea del Nord si era impegnata, in particolare, a chiudere il reattore atomico di Yongbyon in cambio di aiuti internazionali. Ma il congelamento di fondi nordcoreani, bloccati in una Banca di Macao, perché ritenuti di provenienza sospetta, ha impedito finora di rispettare gli impegni presi. Il ministro dell’Unificazione sudcoreano ha comunque precisato che non è stata sospesa, ma solo rinviata la decisione di inviare aiuti alla Corea del Nord. Non mancano inoltre segnali di riavvicinamento: fonti di stampa sudcoreane ritengono infatti probabile un incontro, entro la fine di agosto, fra il presidente sudcoreano Roh Moohyun e il capo di Stato nordcoreano, Kim Jong Il.

    - Rimane tesa la situazione politica in Turchia. Il Parlamento ha nuovamente approvato, ieri sera, la legge di riforma costituzionale voluta dal premier filoislamico, Tayyip Erdogan. Il provvedimento, in un primo momento bocciato dall’attuale presidente turco, Ahmet Necdet Sezer, prevede l’elezione diretta del capo dello Stato. Sezer teme, in particolare, che le riforme costituiscano “una modifica profonda del sistema parlamentare”. Il voto definitivo è in programma il prossimo 31 maggio e se le modifiche costituzionali verranno riapprovate, il presidente turco si troverà di fronte a due possibili scelte: promulgare la legge o indire un referendum popolare in coincidenza con le elezioni anticipate, in programma il prossimo 22 luglio.

    - In Siria, il referendum su un nuovo mandato di sette anni per il presidente Bashar al Assad è stato caratterizzato da un’altissima affluenza e da una nettissima maggioranza di ‘si’: si è recato infatti alle urne oltre il 96 per cento degli elettori e i voti favorevoli sono stati quasi il 98 per cento. La scorsa settimana, il Parlamento aveva già votato a favore di un nuovo mandato di Assad, sostenuto dal partito governativo Baath ed eletto nel 2000 dopo la morte del padre.

    - Un inasprimento delle sanzioni economiche contro il Sudan. E’ quanto ha annunciato oggi il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush. Si tratta di un’azione concreta contro il rifiuto del presidente sudanese, Omar Hassan al-Bashir, di permettere un pieno dispiegamento delle forze di pace, di far giungere gli aiuti umanitari in Darfur e di sospendere il sostegno alle milizie dei "janjaweed". Concretamente cosa accadrà dopo questa richiesta della Casa Bianca? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Irene Panozzo, dell’agenzia “Lettera 22”:

     
    R. - Gli Stati Uniti avevano imposto le prime sanzioni unilaterali contro il Sudan già nel ’96–’97 e questo non ha impedito né alla guerra tra nord e sud di continuare fino al 2005, né a quella del Darfur di scoppiare nel 2003. Per cui, non è detto che un inasprimento possa effettivamente cambiare la situazione.

     
    D. – Bisogna dire che la comunità internazionale resta comunque divisa sulla vicenda Darfur. La Cina ha già fatto sapere di non essere d’accordo con gli Stati Uniti sulle sanzioni. Perché questa differenza così netta?

     
    R. – Per due ragioni. La prima è che la Cina, comunque, ha grossissimi interessi in Sudan; per cui di fronte all’ipotesi, avanzata sempre dalla presidenza Bush, di affiancare alle sanzioni unilaterali già in atto statunitensi anche delle nuove misure da decidere all’interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina ha già detto che probabilmente farà muro come ha già fatto negli anni scorsi. Il secondo aspetto è più diplomatico: l’inviato speciale del governo di Pechino per gli affari africani e per il Darfur, in particolare, ha detto in conferenza stampa a Pechino che, asecondo il governo cinese, non sono le sanzioni e le punizioni che possono risolvere il problema, ma il dialogo. Anzi, un inasprimento delle sanzioni può soltanto creare un problema maggiore. C’è, probabilmente, anche una differenza proprio di ottica diplomatica.

    - In Nigeria, il cosiddetto movimento di emancipazione del Delta del Niger (MEND) ha annunciato che saranno rilasciati domani, senza condizioni, 4 ostaggi italiani rapiti lo scorso primo maggio, insieme con un croato e un americano. I ribelli avevano sequestrato i 6 stranieri dopo aver attaccato una piattaforma dell’azienda americana ‘Chevron’ nel sud della Nigeria.

    - In Italia, il dato più eclatante delle elezioni amministrative parziali, che si sono svolte domenica e ieri, è rappresentato dalla vittoria del centro-destra nelle regioni settentrionali. Nel resto del Paese, invece, il confronto si è rilevato più equilibrato. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha detto di non essere soddisfatto del risultato: nel nord del Paese – ha detto il capo dell’esecutivo – “c’è un disagio evidente nei confronti della politica”. Secondo il leader dell’opposizione, Silvio Berlusconi, si è trattato di una “vittoria sonante”. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti)

      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 149

     

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