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SOMMARIO del 24/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai vescovi italiani: la fede cattolica è il fattore unificante della nazione italiana. Famiglia, vocazioni, lotta alla povertà e dialogo interreligioso tra i temi forti affrontati dal Papa
  • Il Papa riceve delegazioni della Bulgaria e della Macedonia per la festa dei Santi Cirillo e Metodio, secondo il calendario giuliano
  • Nomine
  • Eseguito in Aula Paolo VI, alla presenza del Papa, l'oratorio sacro "Resurrexi" commissionato dalla CEI
  • Oggi in Primo Piano

  • La famiglia protagonista della Conferenza organizzata dal governo italiano a Firenze. Il presidente Napolitano: le preoccupazioni della Chiesa vanno ascoltate
  • Storico abbraccio in Costa d’Avorio tra il presidente Gbagbo e l’ex leader ribelle, ora primo ministro, Soro. Il gesto invocato e favorito dal cardinale Martino, inviato del Papa nel Paese africano e appena rientrato in Vaticano
  • Definiti dai vescovi riuniti ad Aparecida i sette capitoli del documento finale della Conferenza da presentare al Papa
  • Presentato all'Università Gregoriana il "Dizionario di spiritualità ignaziana". Intervista col gesuita, padre Carlos Coupeau
  • Per i suoi 35 anni di fondazione, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo lancia un’iniziativa a sostegno della formazione dei seminaristi nei Paesi in via di sviluppo
  • Chiesa e Società

  • L’Europa deve anzitutto sentirsi una società unita: cosi la Commissione Affari Sociali della COMECE al termine dell’incontro annuale svoltosi a Berlino
  • Lutto nell’episcopato: è scomparso in Cina mons. Bernardino Dong Guangqing, arcivescovo di Hankow
  • Sri Lanka: i continui scontri fra esercito e ribelli tamil hanno costretto la Croce Rossa Internazionale a richiamare il personale impegnato nel nord del Paese
  • Per dire no alle bombe a grappolo, sei donne Premi Nobel per la Pace lanciano un appello da Lima
  • Ieri a Palermo le commemorazioni per i 15 anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta
  • In Italia, Save the children e il ministero delle Comunicazioni presentano un nuovo sito Internet per navigare sicuri
  • Si è spento martedì scorso in Bolivia don Antonio Berta, missionario della Congregazione di San Vincenzo che si è dedicato particolarmente ai bambini
  • Si chiude oggi a Quito, in Ecuador, la Settimana Sociale promossa dalla Conferenza episcopale e dalla Caritas
  • Fino al 3 giugno in Oceania si prega per Unità dei Cristiani e per la Riconciliazione fra le diverse componenti della società civile
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nel nord del Libano regge la tregua tra soldati libanesi e miliziani integralisti asserragliati in un campo profughi palestinese - Blitz delle forze israeliane nei Territori Palestinesi: arrestati 33 membri di Hamas
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai vescovi italiani: la fede cattolica è il fattore unificante della nazione italiana. Famiglia, vocazioni, lotta alla povertà e dialogo interreligioso tra i temi forti affrontati dal Papa

    ◊   Una forza viva, radicata nella società, impegnata a promuovere i valori fondamentali a partire dalla famiglia e dal sostegno ai più deboli: Benedetto XVI ha descritto, così, le caratteristiche della Chiesa italiana, nell’udienza di stamani in Vaticano ai membri della Conferenza Episcopale Italiana, in occasione della 57.ma assemblea generale della CEI. All’inizio del suo intervento, il Papa ha ringraziato il cardinale Camillo Ruini e l’arcivescovo Angelo Bagnasco, che gli è succeduto nella carica di presidente dell’episcopato italiano, nel marzo scorso. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     In Italia, la “fede è viva”, “profondamente radicata” e la Chiesa “è una realtà di popolo, capillarmente vicina alle persone e alle famiglie”: è la certezza di Benedetto XVI, che nel suo discorso ai vescovi italiani ha messo l’accento sul cattolicesimo quale fattore unificante della società italiana:

     
    "La fede cattolica e la presenza della Chiesa rimangono il grande fattore unificante di questa amata Nazione ed un prezioso serbatoio di energie morali per il suo futuro".

     
    Queste “consolanti realtà positive”, ha proseguito il Papa, non devono far ignorare o sottovalutare le insidie e difficoltà presenti che “possono crescere con il passare del tempo e delle generazioni”:

     
    "Avvertiamo quotidianamente, nelle immagini proposte dal dibattito pubblico e amplificate dal sistema delle comunicazioni, ma anche, sebbene in misura diversa, nella vita e nei comportamenti delle persone, il peso di una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca invece di rivendicazioni non di rado ingiustificate".
     
    Ecco, allora, “la necessità di un irrobustimento della formazione cristiana, mediante una catechesi più sostanziosa”. Benedetto XVI ha così indicato l’urgenza di mettere costantemente Dio “al centro della vita” delle comunità”. Ha poi ribadito l’importanza che va riservata alla cura per le vocazioni al sacerdozio, “come anche la sollecitudine per la formazione permanente e per le condizioni in cui vivono e operano i sacerdoti”. E in tale contesto, ha evidenziato che già adesso “il numero troppo esiguo di giovani sacerdoti” rappresenta “un serio problema per l’azione pastorale”. Quindi, ha dedicato una parte cospicua del suo discorso alla famiglia. Ai presuli, ha ricordato, che hanno “una precisa responsabilità” non solo verso le Chiese loro affidate, “ma anche verso l’intera nazione”. Nel “pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica”, ha detto il Papa, non “possiamo non preoccuparci” di ciò che è buono per l’uomo e “in concreto del bene comune dell’Italia”. Un’attenzione, ha affermato ancora, che i presuli hanno dimostrato con la Nota sulla famiglia e le iniziative legislative in materia di unioni di fatto, approvata dal Consiglio episcopale permanente “in piena consonanza con il costante insegnamento della Sede Apostolica”. Benedetto XVI si è così soffermato sul Family Day:

     
    "La recentissima manifestazione a favore della famiglia, svoltasi per iniziativa del laicato cattolico ma condivisa anche da molti non cattolici, è stata una grande e straordinaria festa di popolo, che ha confermato come la famiglia stessa sia profondamente radicata nel cuore e nella vita degli italiani. Questo evento ha certamente contribuito a rendere visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società che ha particolarmente bisogno di essere compreso e riconosciuto oggi, di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui".

    Pertanto, ha aggiunto, “ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata”. D’altro canto, ha rilevato che “la medesima attenzione ai veri bisogni della gente si esprime nel servizio quotidiano alle molte povertà, antiche e nuove, visibili o nascoste”. E’ un servizio, ha detto il Papa, “nel quale si prodigano tante realtà ecclesiali”, dalle Diocesi alle parrocchie, dalla Caritas a molte altre organizzazioni di volontariato. Parole corredate da una viva esortazione:

    "Insistete, cari Fratelli vescovi, nel promuovere e animare questo servizio, affinché in esso risplenda sempre l'autentico amore di Cristo e tutti possano toccare con mano che non esiste separazione alcuna tra la Chiesa custode della legge morale, scritta da Dio nel cuore dell'uomo, e la Chiesa che invita i fedeli a farsi buoni samaritani, riconoscendo in ciascuna persona sofferente il proprio prossimo".

    Benedetto XVI è, poi, tornato con la memoria al grande evento ecclesiale di Verona dell’ottobre scorso, che ha visto riunita la Chiesa italiana. Si tratta ora, ha affermato, di proseguire il cammino “per rendere effettivo e concreto quel “grande sì” che Dio in Gesù Cristo ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza”. Ancora, ha invitato i presuli ad annunciare Cristo ai “figli di quei popoli che ora vengono a vivere e lavorare in Italia”, come anche a quanti si sono allontanati dalla fede e sono “sottoposti alle tendenze secolarizzatici che vorrebbero dominare la società e la cultura” in Italia. Benedetto XVI ha lodato la scelta dell’episcopato italiano di mettere alla base dell’impegno missionario “la fondamentale verità che Gesù Cristo è l’unico Salvatore del mondo”. Citando la Dominus Iesus, il Papa ha perciò sottolineato che bisogna avere piena coscienza che “dal mistero di Gesù Cristo”, “vivo e presente nella Chiesa, scaturiscono l’unicità e l’universalità salvifica della rivelazione cristiana”. Il Papa ha inoltre ribadito “la stima e il rispetto verso le altre religioni e culture”:

    "Non può però diminuire la consapevolezza dell'originalità, pienezza e unicità della rivelazione del vero Dio che in Cristo ci è stata definitivamente donata, e nemmeno può attenuarsi o indebolirsi la vocazione missionaria della Chiesa. Il clima culturale relativistico che ci circonda rende sempre più importante e urgente radicare e far maturare in tutto il corpo ecclesiale la certezza che Cristo è il nostro unico Salvatore".
     
    Proprio con questa intenzione, ha aggiunto il Pontefice, “ho dato recentemente alle stampe” il libro "Gesù di Nazaret", “libro personalissimo”, ha detto ancora a braccio, “non del Papa ma di questo uomo”. Il Pontefice ha anche parlato dell'incontro con i presuli nelle visite ad Limina. "Per me - ha confidato - è un bellissimo ricordo questo incontro con tutti i pastori della Chiesa in Italia. Ho imparato così la geografia, diciamo, “esteriore”, ma soprattutto la geografia “spirituale” della bella Italia". Benedetto XVI non ha poi dimenticato l'appuntamento con i giovani a Loreto, agli inizi di settembre. “Sappiamo bene - ha avvertito - che la formazione cristiana delle nuove generazioni è il compito forse più difficile, ma sommamente importante” per la Chiesa. Andremo, pertanto, a Loreto insieme ai nostri giovani, ha concluso, “perché la Vergine Maria li aiuti ad innamorarsi sempre più di Gesù Cristo”.
     
    Dal canto suo, nell’indirizzo d’omaggio, il presidente della CEI, l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, ha affermato che oggi “è necessario che si alzi la voce chiara e ferma della Chiesa, unita attorno a Pietro, per riaffermare quei principi inviolabili che devono ispirate la vita personale e pubblica in ogni tempo”.

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    Il Papa riceve delegazioni della Bulgaria e della Macedonia per la festa dei Santi Cirillo e Metodio, secondo il calendario giuliano

    ◊   Le celebrazioni in onore dei Santi Cirillo e Metodio, secondo il calendario giuliano, sono state l’occasione stamani della visita a Benedetto XVI di una delegazione della Bulgaria, composta da autorità statali ed ecclesiali: il presidente del parlamento, i membri del governo, insieme ai rappresentanti della Chiesa ortodossa e della Chiesa cattolica. Il servizio di Roberta Gisotti:

     La Bulgaria potrà contare su una “amichevole attenzione” della Santa Sede nel cammino intrapreso “verso una piena integrazione con le altre nazioni europee”: lo ha assicurato Benedetto XVI ai suoi ospiti, che hanno voluto con questa visita in Vaticano “rendere testimonianza” delle loro radici cristiane. Il Papa ha ricordato come questa nazione, la cui storia certo precede la Rivelazione cristiana, abbia trovato nel Vangelo “una sorgente di valori, capace di rafforzare la cultura, l’identità e il genio tipico” del suo popolo. Per questo, ha osservato il Santo Padre, gli insegnamenti dei fratelli di Tessalonica, Cirillo e Metodio, “ancor oggi quanto mai attuali e necessari” hanno contribuito “a modellare la fisionomia spirituale del popolo bulgaro, consentendone l’inserimento a giusto titolo nella tradizione culturale del continente europeo”:

     
    “Dopo la triste e dura dominazione comunista, la Bulgaria è oggi protesa verso una piena integrazione con le altre nazioni europee”.

     
    Quindi il richiamo di Benedetto XVI a rafforzare “gli obiettivi sinora raggiunti, attingendo a quella fonte di preziosi valori umani e spirituali che ne ha alimentato la vita e lo sviluppo”:

     
    "È mio fervido auspicio che i fondamenti culturali e spirituali presenti nella società bulgara continuino ad essere coltivati non soltanto nel territorio della Repubblica, ma con il suo valido contributo possano essere difesi e proposti anche in quei Consessi di cui essa è ormai autorevole protagonista".

     
    E la festa dei Santi Cirillo e Metodio, secondo il calendario giuliano, ha portato Benedetto XVI a ricevere, poco dopo la delegazione bulgara, anche i rappresentanti di un altro Stato dell’est europeo, la Repubblica di Macedonia, segnata dall’evangelizzazione degli Apostoli dei popoli slavi. Ce ne parla Alessandro De Carolis:

    C’è un patrimonio di fede e di valori da preservare nel Vecchio Continente, attraversato sin dalle sue fasi più antiche dal messaggio del Vangelo e dalla testimonianza dei suoi annunciatori. Due su tutti, Cirillo e Metodio, definiti da Benedetto XVI come “intercessori e protettori di tutti i cattolici d’Europa, desiderosi di conservare inalterato il patrimonio spirituale da loro tramandatoci e costruire insieme un futuro di progresso e di pace per tutti”. Nel salutare le autorità istituzionali della delegazione macedone e i membri della Chiesa ortodossa locale, il Papa ha espresso questo auspicio per la Repubblica ex-jugoslava e tutti gli Stati dell'area:

     
    “Che venga cioè non soltanto condiviso il patrimonio spirituale di cui voi siete eredi, ma che alla vostra peculiare identità sia riservata la dovuta e da voi attesa considerazione da parte degli altri Popoli europei a voi vicini per tradizione e per cultura. Questi Santi Co-Patroni dell’Europa, ai quali voi con pieno diritto vi riferite, hanno tracciato un sentiero umano e spirituale, che fa della vostra Terra un luogo d’incontro tra diverse esigenze culturali e religiose. Il pacifico componimento delle aspirazioni dei popoli che vi abitano, proietta sul Continente europeo uno scenario di fattivo e fecondo confronto, al quale la Santa Sede guarda con favore”.

     
    “Il mio augurio cordiale - ha concluso Benedetto XVI - è che possiate conservare sempre fedelmente l’eredità dei vostri due Santi Protettori, così che la vostra voce, tanto in campo civile quanto in quello religioso, possa essere ascoltata e tenuta nella giusta considerazione”.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato membri del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e del Pontificio Consiglio della Cultura, e l'arcivescovo Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

    Il Papa ha nominato membri della Congregazione per l'Educazione Cattolica i cardinali Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, Marc Ouellet, arcivescovo di Québec in Canada, William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e gli i mons. Edwin F. O'Brien, arcivescovo ordinario militare per gli Stati Uniti d'America; Gil António Moreira, vescovo di Jundiaí in Brasile, Diego Coletti, vescovo di Como in Italia.

    Il Santo Padre ha nominato Membri del Comitato di presidenza del Pontificio Consiglio per la Famiglia i cardinali Christian Wiyghan Tumi, arcivescovo di Douala in Camerun, e Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam in Tanzania). Inoltre, sempre per lo stesso dicastero, il Pontefice ha nominato membri del Pontificio Consiglio per la Famiglia il prof. Carl Albert Anderson e la sig.ra Dorian Loundsbury Anderson (Stati Uniti d'America).

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    Eseguito in Aula Paolo VI, alla presenza del Papa, l'oratorio sacro "Resurrexi" commissionato dalla CEI

    ◊   Ieri pomeriggio, nell'Aula Paolo VI, alla presenza di Benedetto XVI, esecuzione speciale dell'oratorio sacro “Resurrexi', commissionato dalla Conferenza episcopale italiana e dalla Fondazione Arena di Verona - per il IV Congresso Ecclesiale Nazionale di Verona - ad Alberto Colla per la musica e a Roberto Mussapi per il testo poetico. Il servizio di A.V.:


    (parole oratorio sacro)
    “Ho rovesciato la pietra e in essa la memoria. Veri, nell’oltre tempo il mio nome terreno è la storia. Valeva la pena di morirci accanto, se il prezzo di quella morte fu la vita e la condivisione del pane e del vino”.

     
     “Abbiamo insieme ascoltato la rievocazione di personaggi e scene del Vangelo, che ci riconducono al mistero centrale della nostra fede, la Risurrezione del Signore. La Pasqua costituisce il cuore del cristianesimo. Per ogni credente e per ogni comunità ecclesiale è importante l’incontro con Gesù Cristo crocifisso e risorto. Senza quest’esperienza personale e comunitaria, senza un’intima amicizia con Gesù, la fede resta superficiale e sterile. Auspico vivamente che anche questo oratorio, che abbiamo seguito con religiosa attenzione e partecipazione, ci aiuti a maturare nella nostra fede”.

     
    (musica)
     
    Questo il commento e l’augurio che Benedetto XVI ha rivolto al pubblico e ai circa 240 artisti presenti sul palco, dopo la suggestiva esecuzione dell’Oratorio. Il titolo "Resurrexi", sono risorto, tratto dall’incipit latino dell’antifona d’ingresso della Messa di Pasqua, è la presentazione di Cristo, che nella Liturgia si fa riconoscere, appunto, nella sua nuova condizione di Risorto. In sala anche i vescovi italiani in visita ad Limina, guidati dal presidente della CEI, mons. Angelo Bagnasco, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il cardinale decano del Collegio cardinalizio, Angelo Sodano, il cardinale vicario Camillo Ruini. L’occasione, la 57.ma Assemblea generale della CEI. L’omaggio agli 80 anni di Benedetto XVI, attraverso il dono universale della musica, il più apprezzato dal Pontefice:

     
    “Grazie, venerati e cari fratelli vescovi italiani per questo gradito dono”.
     
    Un ringraziamento speciale, accolto da un fragoroso applauso, è stato anche rivolto dal Papa all’arcivescovo Angelo Bagnasco per il suo discorso introduttivo, in cui ha richiamato un saggio del teologo Joseph Ratzinger sull’Estetica della fede, attualizzata dall’esperienza musicale, invocando poi su di lui la benedizione per “l’alto compito - ha detto - che è chiamato a svolgere al servizio della Chiesa in Italia”.

     
    Molto più di un concerto, l’evento musicale in Vaticano, esaltando una verità di fede, la Resurrezione, ha realizzato quel perfetto binomio tra evangelizzazione ed arte rappresentato dalla musica sacra:

     
    “Abbiamo potuto gustare una composizione concertistica e poetica, caratterizzata da un armonico intreccio tra espressività artistica e simbologia spirituale, melodia e stimolanti spunti di meditazione”.

     
    L’esecuzione ha visto impegnati circa 240 artisti. La voce recitante di Massimo Popolizio per la parte del Cristo; cinque solisti; due cori di voci bianche, il coro misto e l’orchestra dell’Arena di Verona, diretti da Julian Kavatchev. Il compositore Alberto Colla:

     
    “Sicuramente il sacro ha un ruolo molto importante nella mia musica. Posso esserci citazioni dal canto monodico sacro nasce, in fondo, non solo la musica, ma pure il canto. Con questo lavoro in particolare ho cercato anche un linguaggio che fosse il più comprensibile possibile per un ampio pubblico. La voce e il canto hanno un ruolo fondamentale, quindi la parola e il testo”.

     (musica)

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    Oggi in Primo Piano



    La famiglia protagonista della Conferenza organizzata dal governo italiano a Firenze. Il presidente Napolitano: le preoccupazioni della Chiesa vanno ascoltate

    ◊   "Ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata". E' uno dei passaggi del discorso tenuto dal Papa stamattina ai vescovi italiani, tre giorni dopo la prolusione dall'arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, in apertura della 57.ma Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Il presidente della CEI aveva sottolineato, fra l'altro, uno stato di crescente povertà all'interno delle famiglie italiane. Su questo fenomeno si sofferma Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan di Padova, al microfono di Luca Collodi:

    R. - I Centri di ascolto delle Caritas hanno per un terzo, quindi più del 30 per cento - il 33 o 35 per cento - di persone utenti di nazionalità italiana. E non sono le classiche persone dell’immaginario collettivo, cioè persone senza dimora, persone disperate - certo, vi sono anch'esse - ma sono spesso e volentieri famiglie che vivono in condizioni di disagio: famiglie che hanno sofferenze interne, separazioni, figli con grosse difficoltà, con problemi di salute, e che non ce la fanno ad andare avanti. Una parte significativa di queste famiglie sono quelle che in gergo vengono descritte di povertà dignitosa, che cioè non hanno il coraggio o non sanno, o forse non vogliono, rivolgersi ai servizi pubblici e, quindi, si rivolgono alle parrocchie e alle Caritas.

     
    D. - Si può dire che le famiglie medie italiane rischiano quantomeno la povertà?

     
    R. - C’è un impoverimento complessivo delle famiglie. Oggi, avere tre figli vuol dire essere ad alto o ad altissimo rischio di povertà. Se noi guardiamo i dati ISTAT, la povertà in Italia è un po’ superiore all’11 per cento, ma se una famiglia ha tre figli la probabilità di essere povera sale dal 17 al 27 per cento, a seconda che siamo al nord o al sud. Se i figli sono minori, questa probabilità sale ancora. E se poi abbiamo donne sole con figli, questa probabilità è ancora più alta. E questo scenario interessa sette milioni e mezzo di persone in Italia. Sono dati molto alti.

     
    D. - Le istituzioni, sia italiane che europee, ci dicono che l’economia è in ripresa. Quindi, significa produzione di ricchezza e un conseguente benessere maggiore per tutti. Invece Caritas, voi e anche l'ISTAT dicono, al contrario, che le famiglie italiane stanno rischiando la soglia di povertà. Dove sta la verità?

     
    R. - Il fatto che ad un’economia in crescita corrisponda un beneficio per tutti è una favola metropolitana, che spesso e volentieri viene usata per mistificare la realtà, perché invece è noto che quando c’è una ripresa economica e, quindi, ci sono anche maggiori benefici dall’economia, la distribuzione è diseguale e quindi aumentano le disuguaglianze. Questo si vede in Europa e si vede negli Stati Uniti. Per esempio, quando Clinton era presidente, c’è stata una strepitosa ripresa economica, ma è aumentata la povertà dei bambini, che non c’è mai stata come in quegli anni. Quindi, c’è il problema che le briciole sempre di più non cadono dalla tavola e c’è quindi un problema di redistribuzione che va ad allargare il divario fra chi sta bene e chi non sta bene. Questo è un problema etico e politico, che dovrebbe essere affrontato.

     E nel suo Rapporto annuale presentato ieri a Montecitorio, l'ISTAT, l'Istituto nazionale di statistica italiano, afferma che il Paese "riparte ma è ancora indietro rispetto agli standard europei”. Il documento evidenzia il divario persistente tra poveri e ricchi, fra Nord e Mezzogiorno d'Italia, e il problema dell'invecchiamento della popolazione: fattori che investono il mondo della famiglia, oltre all'emergenza economica. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Il Rapporto ISTAT di quest’anno fotografa un Italia che riparte. Tuttavia nel contesto europeo il ritmo di crescita è lento ed incerto. E se da un lato l’aumento del Prodotto interno lordo, della produzione industriale e dell’occupazione, fanno ben sperare, emergono in modo allarmante l’emergenza famiglie, l’invecchiamento della popolazione e la povertà del Mezzogiorno. In Italia vivono infatti oltre due milioni di famiglie povere, 7 milioni e mezzo di persone, che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Persistono inoltre i forti dualismi che affliggono la penisola: nord ricco ed avanzato e sud drasticamente colpito dalla povertà, uomini occupati e donne che faticano a conciliare famiglia e lavoro. Giovani e anziani, imprese di sopravvivenza, che si limitano a produrre un reddito adeguato senza guardare ad orizzonti lontani, e imprese innovatrici. E infine, quello tra le città congestionate e le campagne invase da un lato dagli agglomerati industriali e dall’altro svuotate dai continui flussi migratori.

     
    Dopo un quadriennio di stagnazione, comunque, ha affermato il direttore dell’ISTAT, Luigi Biggeri, la ripresa si staglia abbastanza netta, complice pure un aumento considerevole delle esportazioni, ma non è certo che si tratti di un trend destinato a tenere. Per questo servono: un aumento considerevole degli investimenti, dei consumi privati e una crescita evidente del reddito disponibile delle famiglie. Per ora l’Italia, nonostante l’incremento del PIL pari all’1,9%, resta “maglia nera” nel quadro europeo, soprattutto sul piano occupazionale, malgrado l’apporto dato dagli stranieri che rappresentano il 6% dell’offerta complessiva di lavoro. Urge dunque, secondo Biggeri, un adeguamento alle strategie produttive seguite dai nostri partner europei. Occorre offrire, infine, un quadro di orizzonti individuali e prospettive di crescita valide per tutti.

     
    E la questione famiglia è da oggi la protagonista della Conferenza nazionale organizzata dal governo italiano a Firenze. Ad inaugurare i lavori, che proseguiranno fino a sabato prossimo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tra i presenti, oltre a diverse associazioni laiche e cattoliche, anche il commissario europeo per l’Occupazione, affari sociali e pari opportunità, Vladimir Špidla, e il ministro italiano per le Politiche familiari, Rosy Bindi. Il servizio di Isabella Piro:

     
    Tutte le componenti della società italiana sono chiamate ad un impegno ineludibile: favorire e sostenere la piena affermazione dei valori, delle risorse e delle missioni della famiglia. Queste le parole del presidente Napolitano, intervenuto a Palazzo Vecchio. Per questo, ha ribadito, c’è la necessità di adottare politiche di incentivazione della famiglia, tra cui elevare il tasso di occupazione femminile e assistere i nuclei familiari che vivono in gravi disagi. Il tutto, ha sottolineato ancora il capo dello Stato, in un dialogo continuo fra Chiesa e Stato:

     
    “C’è ampio spazio per un confronto costruttivo sul piano delle analisi e delle proposte per una ricerca di risposte che non dividano il Paese, che non scivolino sul piano inclinato di un’artificiosa e perniciosa contrapposizione tra cattolici e laici. La ricerca deve vedere impegnati il parlamento, le istituzioni rappresentative dello Stato democratico, nel pieno e sereno esercizio dell’autonomia sancita dalla Costituzione e nell’attento e serio ascolto delle preoccupazioni e dei contributi di pensiero che possono venire dalla Chiesa e dalle organizzazioni cattoliche come da ogni altra componente della società civile”.

     
    Sulla famiglia come nucleo fondante della società si è soffermata anche il ministro per le Politiche familiari, Rosy Bindi:

     
    “Nucleo fondamentale della società, la famiglia cui ci riferiamo è quella dell’art. 29 della Costituzione. La famiglia non è un concetto "liquido", adattabile a qualunque situazione. Qualunque sia l’immagine che ciascuno di noi porta con sé, la famiglia resta un bene essenziale e insostituibile per la persona e la società, è il luogo privilegiato dove convivono nella reciprocità affetti, progetti, sensibilità, debolezze e potenzialità”.

     
    Il ministro Bindi ha poi ricordato i problemi più urgenti che oggi affliggono la famiglia “sempre più piccola e sempre più anziana”, ha detto, e in cui le donne trovano difficoltà a conciliare lavoro ed affetti. Il ministro ha inoltre sottolineato la necessità di un nuovo patto educativo tra famiglia e scuola, per far fronte a fenomeni come quelli del bullismo. Per questo, ha detto la Bindi, occorre varare “riforme coraggiose”, come ad esempio istituire un Tribunale per la famiglia, e ridistribuire le risorse, valorizzando quelle già presenti, tra cui gli anziani. Infine, il governo ha ribadito la sua contrarietà al quoziente familiare, ma si è detto pronto a dialogare su politiche di siostegno.

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    Storico abbraccio in Costa d’Avorio tra il presidente Gbagbo e l’ex leader ribelle, ora primo ministro, Soro. Il gesto invocato e favorito dal cardinale Martino, inviato del Papa nel Paese africano e appena rientrato in Vaticano

    ◊   Non dimenticare mai l’abbraccio tra il presidente Laurent Gbagbo e l’ex leader ribelle, ora primo ministro, Guillaume Soro. Con questo auspicio alla popolazione della Costa D’Avorio, si è concluso il viaggio nel Paese africano del cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Su richiesta di Benedetto XVI e dietro invito della Conferenza episcopale ivoriana, il porporato ha presentato il Compendio della dottrina sociale della Chiesa ed ha visitato varie città di un Paese che in questi mesi getta le basi di una difficile ma fattiva riconciliazione, dopo il tentato colpo di Stato del 2002. Ora il disarmo delle milizie e l’avvio sul cammino della pace. Tra i momenti particolarmente significativi della missione del cardinale Martino - accanto agli incontri con le comunità locali e l’aiuto finanziario offerto, a nome del Papa, ai più bisognosi - la Messa solenne celebrata domenica scorsa nella Cattedrale St. Paul di Abidjan: in occasione dello scambio della pace, è avvenuto l'abbraccio davanti all'altare tra il capo dello Stato e il primo ministro. Il cardinale Martino ricorda quel momento e l’importanza della sua missione in Costa D’Avorio nell’intervista di Giada Aquilino:

    R. – E’ stato un viaggio che ho compiuto su richiesta del Papa stesso, che mi ha raccomandato di visitare la Costa d’Avorio proprio in questo momento di pacificazione. E’ un Paese che è stato diviso per oltre cinque anni e, dopo l’accordo di Ouagadougou in Burkina Faso, favorito dallo sforzo della comunità internazionale, il presidente ha nominato primo ministro il capo dei ribelli. Questo ha consentito di far cadere le barriere, soprattutto in quella zona cosiddetta di “confidenza”, che era larga ben 30 km e che adesso non esiste più. Io ho visitato sia il presidente sia il primo ministro; poi li ho invitati a venire alla Messa solenne di domenica scorsa. Al momento dello scambio della pace, li ho invitati a ricevere la pace da me e poi a scambiarsi il segno della pace tra di loro: lo hanno fatto. Nello scambiarsi la pace hanno detto: “Questo durerà”. Si può immaginare che impatto abbia avuto tale gesto sia sui presenti – la Cattedrale era gremitissima – e sia su tutto il Paese, perché la cerimonia è stata ripresa in diretta dalla televisione nazionale. I vescovi hanno definito questo abbraccio “di portata storica”. Non era mai successo.

     
    D. – Il presidente Gbagbo e l’ex capo dei ribelli Soro, ora primo ministro, insieme: che esempio hanno dato alla popolazione?

     
    R. – Un esempio di riappacificazione. E ciò servirà a tutta il popolo, perché come si sono riappacificati loro, così anche la gente del Nord si riappacificherà con quella del Sud.

     
    D. – Nel 2002 il tentativo di colpo di Stato, il Paese diviso in due, ora il disarmo delle milizie e la riconciliazione: che Paese è oggi la Costa D’Avorio?

     
    R. – Come tutti i Paesi dopo una guerra distruttrice, la Costa D’Avorio ha bisogno di rimboccarsi le maniche e darsi da fare per la ricostruzione. Ho fatto 800 km in auto proprio per vedere la realtà del Paese. Sono passato liberamente attraverso quella che era la zona di “confidenza”. Ho visto, però, abbandono, distruzione, specialmente nel settore sanitario ed educativo. Quindi è lì che devono concentrarsi gli sforzi per ricostruire il Paese. La Costa d’Avorio è uno Stato ricco e quindi c’è speranza che possa riprendersi presto.

     
    D. – In questo quadro, qual è l’impegno della Chiesa locale in Costa d’Avorio?

     
    R. – La Chiesa cattolica non è la maggioranza, è una buona, consistente minoranza, rispettata da tutti, anche dai musulmani. L’episcopato, le comunità cattoliche e tutte le organizzazioni della società civile, che esistono nell’ambito cattolico, saranno e sono già impegnati nella ricostruzione. Per me è stata un’esperienza molto bella: ho visto realizzate le finalità del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cioè quelle di promuovere appunto la pace.

     
    D. – In occasione della Giornata dell’Africa 2007, che si celebra domani, quali speranze ci sono per la Costa d’Avorio e per tutto il Continente africano?

     
    R. – Ci sono ancora, purtroppo, i conflitti dimenticati, come li chiamava Giovanni Paolo II. E mi auguro che l’esempio della Costa d’Avorio possa servire a tutti, in Africa e nel mondo. Se veramente si vuole, la pace non è impossibile, la pace si può fare, specialmente nella mente e nel cuore. Ecco perché non possiamo dimenticare quello che sta succedendo nel Darfur e nel nord dell’Uganda, dove ci sono ancora centinaia di migliaia di sfollati che non possono ritornare alle loro case, alle loro terre.

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    Definiti dai vescovi riuniti ad Aparecida i sette capitoli del documento finale della Conferenza da presentare al Papa

    ◊   L’elaborazione del Documento finale, da presentare al Papa per la sua approvazione definitiva, è stata il centro dell’attenzione delle conferenze stampa che i vescovi portavoce della V Conferenza hanno tenuto ieri in due momenti. Mons. Orani Joâo Tempesta, arcivescovo di Belén de Pará (Brasile), ha confermato che l’elaborazione del documento finale è entrata nella sua fase conclusiva attraverso il lavoro di sette gruppi episcopali, ciascuno dei quali ha la responsabilità di redigere uno dei capitoli del testo. Il servizio di Luis Badilla Morales:

    I capitoli del Documento finale sono i seguenti: (1) L’oggi in America Latina e nei Caraibi; (2) L’allegria di essere discepoli e missionari di Gesù Cristo; (3) La nostra vocazione di discepoli e missionari; (4) La comunità dei discepoli e missionario di Gesù Cristo; (5) L’itinerario dei discepoli di Gesù Cristo; (6) La missione dei discepoli missionari; (7) Conversione pastorale e diverse aree del compito pastorale. In un altro incontro con la stampa, mons. José Divassón Cilveti, vicario apostolico di Puerto Ayacucho, in Venezuela, mons. Anuar Battisti, arcivescovo di Maringá in Brasile, mons. João Braz de Aviz, arcivescovo di Brasilia, e mons. José María Yanguas, vescovo di Cuenca, in Spagna, hanno spiegato, con diversi esempi, la metodologia di lavoro delle Commissioni e dei sottogruppi che studiano materie specifiche. I presuli si sono dichiarati concordi nel confermare che il principio-guida o ispiratore del Documento finale è la “comunione”; in concreto, la “comunione nella Chiesa e la comunione con il mondo (…) Da qui deve scaturire l’appello a tutti i cristiani in favore di un maggiore impegno nella costruzione di una società più umana, più giusta, più ugualitaria e più solidale, in particolare con i più poveri e bisognosi”. Dall’altra parte i vescovi hanno anche sottolineato l’importanza della pluriculturalità latinoamericana. Infine, ritornando alle grandi questioni della salvaguardia del Creato - tema molto presente nelle riflessioni della v Conferenza - i vescovi hanno ricordato soprattutto la necessità di una “superiore e migliore coscienza ecologica” e l’impegno della chiesa brasiliana, e con essa di tutte le chiese della regione, per proteggere e salvare l’Amazzonia, i suoi popoli e le sue biodiversità. La giornata, come sempre, si era aperto con la celebrazione Eucaristica che questa volta ha presieduto Mons. José Luis Lacuna, vescovo di David (Panamá) Con lui concelebrarono mons. Vittorino Girardi, vescovo di Tilarán (Costa Rica) e mons. Francisco Barbosa da Silveira, vescovo di Minas (Uruguay). Nella sua omelia, mons. Lacunza ha parlato soprattutto dell’unità dei cristiani, sottolineando con forza il dovere dei vescovi e dei sacerdoti nell’ambito della formazione ecumenica. Alla fine dell’Eucaristia i partecipanti hanno potuto ascoltare la lettura della catechesi di papa Benedetto XVI in cui ieri, in Piazza di San Pietro davanti a migliaia di fedeli, ha tracciato una sorta di riassunto o bilancio del suo pellegrinaggio apostolico in Brasile con particolare riferimento alla V Conferenza. I presuli hanno ricevuto con affetto la gratitudine di Benedetto XVI nonché le diverse sottolineature che ha fatto sui momenti più rilevanti del viaggio.

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    Presentato all'Università Gregoriana il "Dizionario di spiritualità ignaziana". Intervista col gesuita, padre Carlos Coupeau

    ◊   Questa mattina si è celebrato un atto accademico nell’Istituto di Spiritualità della Pontificia Università Gregoriana per presentare agli studenti il "Dicionario de Espiritualidad Ignaciana", "Dizionario di spiritualità ignaziana". L’opera è stata redatta in lingua spagnola e si pensa, quanto prima, di tradurla anche in italiano. Giovanni Peduto ne ha parlato uno dei curatori, padre Carlos Coupeau, della Compagnia di Gesù.

     
    R. - Mi piacerebbe far sapere a tutti gli ascoltatori della Radio Vaticana che questo Dizionario è già disponibile. E’ arrivato a Roma il 2 maggio ed è stato molto ben accolto. Abbiamo ricevuto una critica molto positiva. E’ un contributo per tutti coloro che si affidano ad Ignazio, alla sua esperienza spirituale e agli esercizi spirituali, che sono stati il grande contributo di Ignazio di Loyola per la Chiesa. Il Dizionario cerca di dare una visione complessiva di tutte le parole che fino ad oggi forse non erano mai state spiegate, parole che appartenevano al lessico del XVI secolo e che invece adesso sono comprensibili al lettore del XXI secolo.

     
    D. - Le caratteristiche di quest’opera, i destinatari specifici, che sono certamente gli studenti, ma penso possa essere utile anche ad altri…

     
    R. - Senz’altro. Qui, a Roma, ci troviamo con una grande quantità di religiose e religiosi, che "bevono", per così dire, da questa sorgente di spiritualità. Sono tantissimi a ripetere l’esperienza del corso di esercizi ogni estate, ogni anno. Anzi, ci sono tanti laici della comunità di vita cristiana che praticano gli esercizi spirituali. E sono ancora di più quelli che si mettono a confronto con la spiritualità della Compagnia di Gesù: la spiritualità ignaziana è un tesoro della Chiesa per trovare la volontà di Dio e conseguentemente metterla in pratica. La spiritualità ignaziana è una spiritualità per uomini e donne libere che cercano di discernere quale sia la volontà di Dio per loro. Come un famoso autore diceva: “Fino ad Ignazio di Loyola abbiamo cercato di fare la volontà di Dio. Dopo Ignazio di Loyola siamo consapevoli che prima dobbiamo scoprire quale sia la volontà di Dio”.

     
    D. - Un’opera, quindi, che farà ancor meglio conoscere la figura di Sant’Ignazio?

     
    R. - Senz’altro. Il Dizionario ha queste voci, questi termini, che sono biografici e che si indirizzano a scoprire, a rendere raggiungibile per il lettore odierno non soltanto la persona di Ignazio di Loyola, ma anche dei suoi compagni, al momento della fondazione della Compagnia di Gesù, e da allora fino ad oggi la tradizione della Compagnia, oltre al modo in cui trasmettere questa spiritualità.

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    Per i suoi 35 anni di fondazione, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo lancia un’iniziativa a sostegno della formazione dei seminaristi nei Paesi in via di sviluppo

    ◊   Il riscatto dei poveri comincia a scuola: all’insegna di questa intuizione, il 24 maggio di 35 anni fa nasceva l’OPAM, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo. A fondare l’OPAM fu il missionario italiano don Carlo Muratore che, forte della sua esperienza, aveva compreso che l’analfabetismo è una delle principali cause di povertà ed esclusione sociale. Da allora, l’OPAM ha sostenuto economicamente centinaia di progetti di alfabetizzazione in tutto il mondo. Sconfiggere l’analfabetismo, dunque, per eliminare la povertà: a sottolinearlo è il presidente dell’OPAM, mons. Aldo Martini, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. - “La fame d’istruzione - come diceva don Carlo ed è questa una frase che è stata poi ripresa da Paolo VI e Giovanni Paolo II - non è meno deprimente della fame di alimenti”. La sua esperienza è proprio stata questa nei suoi anni di vita missionaria, da cui è poi germogliata questa intuizione: di far leva sulla formazione umana e culturale di quel miliardo e novecento milioni di esseri umani per i quali l’analfabetismo in fondo si traduce in fame, in malattie, in mortalità infantile, in sofferenze di ogni genere. Don Carlo ha lanciato questo appello, che era stato poi un po’ il suo sogno: il giorno in cui questi nostri fratelli, diceva, saranno istruiti e avranno un mestiere in mano, quel giorno segnerà la fine della miseria e il principio di un’era nuova, fatta di operosità, di benessere, di dignità. Un appello che è stato raccolto in molte parti del mondo: Paolo VI ha fatto proprio questo appello di don Carlo lo ha sempre appoggiato in tutti i modi, dicendo “l’alfabetizzazione è la via maestra per lo sviluppo integrale della persona.

     
    D. - Quali sono le iniziative su cui ha puntato maggiormente l’OPAM in questi ultimi anni?

     
    R. - Abbiamo pensato, ad esempio, ad un problema gravissimo che è quello degli insegnanti: occorrono 45 milioni di insegnanti, affinché venga riconosciuto il diritto effettivo alla scuola a tutti i bambini, a tutte le persone. Allora abbiamo lanciato la campagna “Adottiamo un insegnante”: diamo quel minimo che possa garantire la presenza di un insegnante in un villaggio, in una scuola rurale. C’è stata una grande risposta. Un altro cambiamento di prospettiva è stato con le adozioni di gruppo, introdotte accanto alle classiche adozioni di singoli, dove c’è un rapporto da persona a bambino. Nelle adozioni di gruppo c’è invece un rapporto tra una persona o più persone ed una realtà, una comunità intera. L’ultimissimo sogno, nato in questi giorni, è: “Perché non adottiamo dei seminaristi?” In fondo, noi diciamo che l’istruzione è fondamentale per tutti, è fondamentale anche per chi si prepara - non soltanto a diventare elettricista, avvocato o medico – a dare la sua vita per questa causa che è la diffusione del Vangelo. E’ importante prendere un seminarista, aiutarlo a sostenere il costo degli studi, che molte volte rappresenta un ostacolo insormontabile per lo sviluppo di una vocazione. Crediamo, quindi, che anche questa sia una strada sulla quale possiamo camminare e speriamo di portare frutti.

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    Chiesa e Società



    L’Europa deve anzitutto sentirsi una società unita: cosi la Commissione Affari Sociali della COMECE al termine dell’incontro annuale svoltosi a Berlino

    ◊   Il rafforzamento della dimensione sociale dell’Europa è indispensabile quanto l’adeguamento delle sue istituzioni ad una Unione all’interno della quale è aumentato il numero dei componenti. E’ quanto hanno sottolineato a Berlino i membri della Commissione Affari Sociali della COMECE, la Commissione degli episcopati della Comunità europea, sotto la presidenza di mons. Reinhard Marx, vescovo di Trèves, per il loro incontro annuale. “Se si vuole che gli uomini e le donne riconoscano nell’Europa un progetto politico positivo e portante - afferma la Commissione – occorre che al suo interno essi si sentano più sicuri e fiduciosi verso il futuro di quanto lo sarebbero se l’Europa non esistesse”. Nel corso della riunione, che ha visto rappresentate tredici Conferenze episcopali, la Commissione della COMECE ha incontrato anche il vicecancelliere tedesco e ministro del Lavoro e degli Affari Sociali Franz Müntefering che si è detto concorde con i vescovi nell’affermare “la necessità che l’Unione Europea si fondi innanzitutto su un modello sociale adeguato alle sfide della globalizzazione e dell’invecchiamento demografico”. In una nota i presuli affermano che questa necessità “dovrebbe riflettersi nelle consultazioni per una futura conferenza intergovernativa che verrà probabilmente avviata nel secondo semestre 2007” e che avrà lo scopo di “far uscire l’Ue dalla crisi istituzionale seguita ai referendum in Francia e nei Paesi Bassi”. È in programma, fa inoltre sapere la COMECE, anche un incontro con Roger Liddle, membro dell’Ufficio dei consiglieri di politica europea, che ha redatto, su richiesta della Commissione europea, il documento intitolato “La realtà sociale dell’Europa”, e ha invitato la Chiesa a partecipare in modo attivo alle discussioni sul futuro della società europea. Nei prossimi mesi la COMECE prevede di portare il proprio contributo alla consultazione aperta da questo documento affrontando temi come il ruolo delle Chiese nella vita sociale, la promozione della famiglia, la giustizia nel mondo del lavoro. (T.C.)

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    Lutto nell’episcopato: è scomparso in Cina mons. Bernardino Dong Guangqing, arcivescovo di Hankow

    ◊   Si è spento il 12 maggio scorso in Cina mons. Bernardino Dong Guangqing, religioso dell’Ordine dei frati minori ed arcivescovo di Hankow (Hankou), nella provincia di Hubei. Il presule aveva 90 anni. Nato l’1 aprile del 1917 a Zhangjiazhuang, nel distretto di Xiantao, a 1.230 chilometri a sud di Pechino, proveniva da una fervente famiglia cattolica. E’ entrato nell’ordine francescano nel 1934 e nel 1942 è stato ordinato sacerdote. Religioso intraprendente e attivo all’interno della comunità cattolica della città di Hankou, è stato spesso oggetto di pressioni governative. Il 13 aprile 1958 ha ricevuto l’ordinazione episcopale, la prima illegittima in ordine di tempo ma negli ultimi anni ‘80 ebbe modo di mettersi in contatto con la Santa Sede e ottenne di essere ammesso nella piena comunione ecclesiale. Mons. Dong è stato una personalità di spicco. A lui si devono numerose iniziative, tra cui l’apertura del Seminario maggiore interregionale di Wuchang, che tanto hanno contribuito a dare un nuovo respiro alla Chiesa nella regione. Ma forse, ciò che più l’ha distinto, è stata la capacità di collaborare nel lavoro pastorale e di evangelizzazione nell’area metropolitana di Wuhan che conta circa 20 mila cattolici, una cinquantina di sacerdoti e quaranta religiose. I funerali di mons. Bernardino Dong Guangqing sono stati celebrati il 17 maggio nella cattedrale dedicata a San Giuseppe. I resti mortali dell’amato Presule sono stati tumulati nel cimitero cattolico di Baiquan. (T.C.)

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    Sri Lanka: i continui scontri fra esercito e ribelli tamil hanno costretto la Croce Rossa Internazionale a richiamare il personale impegnato nel nord del Paese

    ◊   La Croce Rossa Internazionale ha ritirato nello Sri Lanka, per “ragioni di sicurezza”, il personale impegnato nelle zone settentrionali del Paese. L’escalation del confronto militare tra esercito e ribelli tamil ha costretto l’organizzazione umanitaria alla drastica decisione, in particolare dopo due attacchi avvenuti nelle vicinanze nei giorni scorsi. Intanto, scrive l’agenzia AsiaNews, i cattolici del Paese chiedono il ritorno ai negoziati e invitano il governo a dichiarare Mannar “Zona di pace”, come segno di disponibilità al dialogo con le Tigri. A Mannar si trova il più famoso santuario mariano del Paese, attualmente nell’area controllata dai ribelli e quindi irraggiungibile dai pellegrini. “Non torneremo indietro finché non avremo parlato con entrambe le parti, per avere maggiori garanzie di sicurezza e ridiscutere le procedure”, ha detto il portavoce della CRI, David Vignati. Ormai gli scontri tra le forze delle Tigri per la Liberazione del Tamil Eelam (Ltte) e l’esercito governativo fanno decine di vittime al giorno e mentre le parti si arroccano sempre di più sulle rispettive posizioni, i cattolici propongono di dare il via ad una campagna per liberare il Paese da “razzismo, violenza, reclutamenti illegali e da tutti quegli elementi che traggono profitto nella guerra”. (T.C.)

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    Per dire no alle bombe a grappolo, sei donne Premi Nobel per la Pace lanciano un appello da Lima

    ◊   Sei donne Premi Nobel per la Pace hanno sottoscritto un appello in occasione della conferenza internazionale che fino a domani a Lima, analizzerà la bozza di un trattato per la messa al bando delle ‘cluster bombs’, le bombe a grappolo, già ampiamente usate in Iraq, Afghanistan, Libano e Cecenia. L’incontro, riferisce l’agenzia MISNA, vede riunite circa 100 delegazioni provenienti da 50 Paesi. “Alziamo la nostra voce a sostegno di un processo rapido affinché si eliminino dalla faccia della terra le bombe a grappolo prima che la loro proliferazione possa trasformarsi in un’altra crisi umanitaria in un mondo lacerato dalle armi”: si legge nel documento delle sei donne Premi Nobel per la Pace. “Nuovi tempi e nuove sfide chiedono una risposta coraggiosa, è tempo di agire” affermano le firmatarie dell’appello, la guatemalteca Rigoberta Menchú, l’iraniana Shirin Ebadi, la kenyana Wangari Maathai, la statunitense Jody Williams e le irlandesi Betty Williams e Maired Corrigan Maguire. “Queste armi – sottolineano – causano molte vittime e feriti tra i civili quando sono lanciate indiscriminatamente in bombardamenti che saturano vaste aree e in seguito restano sepolte come mine antipersona”. Il loro uso, aggiungono i Nobel, “si è convertito in sinonimo di vittime civili” e “il loro controllo non è un tema che solo pochi possono gestire a porte chiuse, ma va inserito in una prospettiva umanitaria”. La conferenza di Lima segue l’incontro internazionale tenutosi a febbraio a Oslo in cui è stato sottoscritto un ‘memorandum di intenti’ per la creazione di uno strumento internazionale vincolante che proibisca l'uso, la produzione, il trasferimento e lo stoccaggio delle bombe a grappolo. Ad Oslo, tuttavia, erano assenti i maggiori produttori e/o utilizzatori di ‘cluster bombs’, fra cui Stati Uniti, Russia, Cina e Israele, contrari ad un bando totale per mantenere aperta l’opzione di un uso a “scopo difensivo”. Secondo un rapporto di ‘Handicap International’, intitolato “Circle of impact” e presentato il 16 maggio a Bruxelles, circa 400 milioni di persone nel mondo vivono in zone disseminate da bombe a grappolo, rischiando quotidianamente la morte o la mutilazione. Stime dell’organizzazione riferiscono di almeno 13 mila civili uccisi o feriti negli ultimi anni da questi ordigni, contenenti ciascuno fino a 650 sub-munizioni, ma il bilancio è probabilmente molto più alto. (T.C.)

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    Ieri a Palermo le commemorazioni per i 15 anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta

    ◊   Un dibattito con le istituzioni, ha riunito presso l’aula bunker del carcere Ucciardone 2.500 giovani - che 15 anni fa non erano ancora nati - di cui 1.200 sbarcati ieri mattina nel capoluogo siciliano con la nave della legalità, per discutere di lotta alla mafia. “La mafia è diversa oggi da com’era quando la combatteva Falcone – ha detto il ministro dell’Interno, Giuliano Amato – l’importanza di questa giornata è rendere i giovani partecipi di questo clima di dignità civile che è la prima premessa per combattere la mafia”. Nell’aula bunker, dove nel 1986 si celebrò il primo maxi processo alle cosche, il presidente del Senato Franco Marini, ha ricordato in particolare i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: “Due persone straordinarie per la storia del nostro Paese - ha detto Marini - due esempi di amore per la nostra Repubblica e di rispetto della legalità”. A Palermo anche il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, che ha firmato un protocollo per la legalità nelle scuole e annunciato un finanziamento di 141 milioni di euro per oltre diecimila istituti. Nel pomeriggio i ragazzi hanno animato i cortei per raggiungere l’albero Falcone in via Notarbartolo, sotto casa del magistrato ucciso da Cosa nostra insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre agenti Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Dal palco di via Notarbartolo, davanti a 15 mila persone, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha detto: “Alziamo la testa, non facciamoci prendere dalla rassegnazione, io non ho mai perso l'attenzione per Palermo, non posso dimenticarla perché qui c’è la ragione sociale, la sede della mafia. Abbiamo inferto grossi colpi alla mafia - ha aggiunto Grasso - ma dobbiamo continuare. Bisogna rifondare una società nuova, diversa: nei partiti, non importa se di destra o di sinistra, nelle scuole, nelle parrocchie, ci vuole una nuova classe dirigente”. “La Sicilia si è veramente risvegliata – ha detto la sorella del giudice Falcone, Maria – d’ora in poi quando andrò in giro per il mondo voglio sentirmi dire che Palermo è l’antimafia”. Alle 17,58, nell’ora in cui 15 anni fa esplose il tritolo a Capaci, la polizia di Stato ha suonato il silenzio. Al termine, un lunghissimo applauso. Padre Vincenzo Sibilio ha celebrato al Centro Ignaziano la Messa per ricordare le vittime delle stragi di Capaci e Via D’Amelio: “Giovanni, Francesca, Paolo e le loro scorte – ha detto don Sibilio nell’omelia - appartenevano alla categoria di coloro che lottano per la libertà. Il potere mafioso, connivente per una cultura omertosa diffusa, non essendo riuscito a distruggerli con la calunnia e la diffamazione, li ha fatti fuori teatralmente per affermare la logica efferata del più forte. Il loro spirito versato, è la nostra forza: essi sono martiri, testimoni di giustizia e di accanito amore per l'umanità”. (A cura di Alessandra Zaffiro)

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    In Italia, Save the children e il ministero delle Comunicazioni presentano un nuovo sito Internet per navigare sicuri

    ◊   Un nuovo sito per ragazzi, ma anche per genitori e insegnanti, per scoprire il piacere di una navigazione sicura in Internet: si tratta di www.tiseiconnesso.it, realizzato da Save the children Italia per conto del ministero delle Comunicazioni. Una sinergia che – riferisce l’agenzia SIR – intende “promuovere attività ed elaborare proposte volte alla tutela dei diritti dell’infanzia, sotto il profilo del rapporto del minore con le tecnologie della comunicazione”. Tre le aree previste nel sito. La prima, dedicata ai ragazzi, contiene 6 sotto aree: navigare (in sicurezza), community (cellulari, chat, blogs), video on line (scelta e uso responsabile dei contenuti), videogiochi (rischi di dipendenza), condividi (diritto d’autore), commercio (elettronico e via cellulare). La sezione dedicata ai genitori contiene informazioni sulle nuove tecnologie e consigli su come aiutare i propri figli a sviluppare un comportamento sicuro. L’ultima, rivolta agli insegnanti, offre indicazioni per inserire i nuovi media nella didattica e promuoverne un utilizzo sicuro. (R.M.)

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    Si è spento martedì scorso in Bolivia don Antonio Berta, missionario della Congregazione di San Vincenzo che si è dedicato particolarmente ai bambini

    ◊   Lo chiamavano “l’angelo dei bambini” ed era noto a tutti col vezzeggiativo di “papi Berta”, “papà Berta”, è morto martedì scorso a Cochabamba, in Bolivia. Don Antonio Berta, il leggendario missionario dalla lunga barba bianca, si è spento per problemi cardiaci e respiratori che lo costringevano ad utilizzare bombole ad ossigeno per 15 ore al giorno. Nato a Sovere, in provincia di Bergamo nel 1927 in una famiglia numerosa – 11 figli – don Berta è stato ordinato sacerdote nella Congregazione di San Vincenzo nel 1950 ed era arrivato in Bolivia nel 1966. Per qualche anno si è dedicato ad un orfanotrofio di La Paz, poi, nel 1971, ha fondato la “Ciudad del Niño”. Costruita su un terreno di 52 ettari, a 2.800 metri di altezza, la cittadella ospita 200 bambini, e ne assiste altri 300. “Aveva un proverbiale ottimismo e il dono della speranza – ha detto di lui don Giuseppe Bracchi, superiore del Patronato di San Vincenzo di Bergamo – era fermamente convinto che con la speranza cristiana è possibile decollare e arrivare fino a mete impensabili”. La "Ciudad del Niño" riceve finanziamenti da istituzioni o persone italiane e possiede una fattoria con 220 animali, con una scuola dove si studia agricoltura. Padre Berta si dedicava particolarmente all'educazione dei bambini "per salvare - diceva - la famiglia del futuro”. (T.C.)

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    Si chiude oggi a Quito, in Ecuador, la Settimana Sociale promossa dalla Conferenza episcopale e dalla Caritas

    ◊   Circa 200 delegati da varie parti dell’Ecuador hanno preso parte, all’università cattolica di Quito, alla Settimana Sociale, che si conclude oggi, sul tema: “Costruire la dignità di tutti gli uomini e le donne”. Organizzata dalla Commissione di Pastorale Sociale della Conferenza episcopale ecuadoriana e dalla Caritas, la settimana ha proposto riflessioni sulla democrazia, la politica e l’economia in Ecuador, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. L’iniziativa, scrive l'agenzia Fides, è stata pensata per dare impulso ad un processo di incontri, di esperienze pastorali e di impegni nel campo politico, sociale e culturale; ma vuole anche dare risposte alternative e cercare la luce del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa nella quotidianità. Preoccupazione della Chiesa in Ecuador è soprattutto quella di dare una risposta alla realtà di impoverimento, disgregazione sociale e deterioramento della politica che vive il Paese. La Settimana Sociale, in questo senso ha voluto offrire un spazio di dialogo e di vissuto della fede, nella cornice della realtà nazionale. I temi discussi hanno voluto approfondire il principio base della dignità umana e del valore intrinseco di ogni persona, indipendentemente dalla razza, dalla cultura o dalla condizione socioeconomica. (T.C.)

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    Fino al 3 giugno in Oceania si prega per Unità dei Cristiani e per la Riconciliazione fra le diverse componenti della società civile

    ◊   Si celebra in questi giorni in Oceania la Settimana di Preghiera per l’Unità del Cristiani che tradizionalmente, nell’emisfero boreale, si svolge dal 18 al 25 gennaio. Sul tema “Fa udire i sordi e fa parlare i muti”, la settimana viene organizzata nel periodo in cui ci si prepara alla Pentecoste perché culmini nella solennità che ricorda la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. La tradizione di celebrare la Settimana per l’Unità dei Cristiani, riferisce l’agenzia Fides, affonda le proprie radici nella preghiera per l’unità condotta dalle comunità cristiane in Sud Africa. La pratica è poi stata adottata in Australia, per la presenza di comunità cristiane della medesima confessione ed è stata istituzionalizzata, in modo da celebrarsi ogni anno, grazie all’accordo e al contributo della Chiesa cattolica, Ortodossa e delle Chiese Protestanti di diverse denominazioni. Nelle Chiese delle diverse confessioni vengono organizzate speciali veglie di preghiera, incontri di riflessione e di approfondimento interconfessionali, che mirano a sviluppare maggiore comunione fra i fedeli e fra i ministri di culto. Dal 28 maggio al 3 giugno le diverse comunità ecclesiali dell’Oceania dedicheranno diversi momenti alla Preghiera per la Riconciliazione, che coinvolgerà anche organizzazioni della società civile e altre comunità religiose. Lo scopo quello di operare coinvolgere diverse realtà per raggiungere l’armonia sociale, per la riconciliazione fra i diversi segmenti della società australiana, e ancora perché ci sia più giustizia e per il bene comune. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nel nord del Libano regge la tregua tra soldati libanesi e miliziani integralisti asserragliati in un campo profughi palestinese - Blitz delle forze israeliane nei Territori Palestinesi: arrestati 33 membri di Hamas

    ◊   - Nel nord del Libano, sembra reggere la tregua tra soldati libanesi e un gruppo di circa 300 miliziani integralisti asserragliati in un campo profughi palestinese alle porte di Tripoli. Ma non mancano segnali inquietanti: l’agenzia ufficiale del "Paese dei Cedri" ha riferito che i militari libanesi e i ribelli fondamentalisti hanno “rafforzato le loro rispettive postazioni” in previsione di nuovi, possibili scontri. Sembrano anche improbabili, al momento, ipotesi di trattative o negoziati tra le due parti. Il servizio, da Beirut, di Barbara Schiavulli:

    "Nessuna trattativa: resa o annientamento”. Lo ha detto Elias Murr, ministro della Difesa libanese che, nel primo giorno di tregua, si è così rivolto ai miliziani di Fatah Al-Islam. Intanto, il gruppo radicale sunnita legato ad Al Qaeda, asserragliato nel campo profughi palestinese di Nahar el Bared. si dice pronto ad allargare la battaglia in altri campi. La fragile tregua non ha fermato l’ondata di persone che sono fuggite impaurite. Migliaia di persone, ora due volte profughe, hanno trovato rifugio nelle scuole di Tripoli e nei campi vicini già sovraffollati. A Nahar manca acqua, cibo, elettricità, soprattutto sicurezza e speranza. I morti nei giorni scorsi sono stati seppelliti, mentre gli ospedali della zona lavorano senza sosta. Ieri sera, davanti all’entrata del campo, è stato trovato il cadavere del numero due di Fatah Al-Islam, insieme con quelli di altri sei militanti. Intanto, poco fuori Beirut, ieri sera, una forte esplosione ha provocato il ferimento di cinque persone. La città di Beirut, in pochi giorni, è stata teatro di 4 attentati. (Barbara Schiavulli, da Beirut, per la Radio Vaticana)


    - La situazione nel campo profughi nel nord del Libano resta, dunque, drammatica. Dall’inizio della tregua, si stima che siano fuggite più di 15 mila persone. Per poter distribuire acqua e cibo, sono stati aperti diversi corridoi umanitari dalle organizzazioni internazionali. In prima fila c’è la Caritas Libano, il cui direttore George Khoury, ci descrive la situazione sul terreno. L’intervista è di Antony Torzec:

    R. – Cette dernière opération dans le nord du pays, ça a rendu beaucoup de miserables ...
    Quest’ultima operazione nel nord del Paese ha causato nuove sofferenze; alla periferia del campo profughi palestinese, che è una zona molto popolosa, tante famiglie di condizioni molto modeste hanno dovuto lasciare le loro case ed hanno subito grandi danni. Inoltre, ci sono stati gravi traumi, perché è stato necessario trasferire anche bambini e anziani.

     
    D. – Voi siete già molto presenti sul territorio. Ma avete i mezzi necessari per far fronte efficacemente a questa nuova situazione di violenza, questa volta a nord?

     
    R. – S’il s’agit des moyens humaines, nous avons nos volontairs et nos équipes qui ...
    Abbiamo volontari e le nostre équipes che lavorano sul posto; per quanto riguarda, invece, le possibilità e i mezzi materiali per rispondere ai bisogni, devo dire che i nostri mezzi sono sufficienti per far fronte alle tante necessità. Sul mercato libanese ci sono derrate a sufficienza, ma ciò di cui le famiglie soffrono è la mancanza di risorse.

    - Nei Territori Palestinesi, prosegue l’ondata di arresti nei confronti di membri di Hamas: in carcere sono finiti 33 esponenti di rilievo del movimento radicale islamico, che ha conquistato il potere nel gennaio dello scorso anno. Tra le persone fermate, ci sono il ministro dell’Istruzione, il sindaco e il vice sindaco di Nablus. L’operazione è stata condotta dall’esercito delle Stato ebraico in varie località della Cisgiordania. La presidenza dell’Autorità nazionale palestinese ha condannato gli arresti sottolineando che si tratta di “misure punitive e di vendetta che avranno gravi conseguenze”. In un comunicato, l’esercito israeliano ha accusato, invece, Hamas di voler consolidare “la rete del terrore nella regione”.

    - In Iraq, almeno 27 persone sono morte in seguito all’esplosione di un’autobomba lanciata da un kamikaze contro un corteo funebre a Falluja, ad ovest di Baghdad. Nella capitale, la polizia ha ritrovato inoltre almeno 30 cadaveri. Il governo iracheno ha poi espresso “pieno sostegno” alla minoranza cristiana. L’esecutivo – ha riferito un portavoce – ha dato il proprio pieno appoggio, affinché si prendano misure necessarie per proteggere le famiglie cristiane, spesso vittime di minacce e violenze da parte di gruppi terroristici. In Turchia, intanto, il premier Recep Tayyp Erdogan ha avvertito che sosterrà le forze armate turche se decideranno di intervenire nel nord dell’Iraq per attaccare le basi della guerriglia curda.

    - Ancora attentati in Afghanistan: almeno 6 agenti della polizia sono morti stamani a causa dell’esplosione di una bomba nella provincia di Paktika, nel sud est del Paese. Lo hanno reso noto le autorità locali precisando che l’attacco è avvenuto nel distretto di Yahya Kheil, vicino al confine con il Pakistan. L’azione è stata subito rivendicata dai talebani. Intanto, il fratello del mullah Dadullah, il comandante militare dei talebani ucciso nel sud dell'Afghanistan lo scorso 13 maggio, ha detto che la lotta armata contro le truppe governative e le forze straniere presenti nel Paese non si fermerà.

    - Il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha dichiarato che l’Iran non può permettersi di fermare neanche per un istante il proprio programma nucleare. Lo hanno reso noto i mezzi di informazione iraniani, riferendo il messaggio di Ahmadinejad ai comandanti dei Guardiani della Rivoluzione. La Cina, intanto, ha invitato tutte le parti a intensificare l’attività diplomatica per la ripresa dei negoziati sull’intricata questione nucleare iraniana.

    - “La scadenza dell’attuale periodo di detenzione, il 27 maggio prossimo, della San Suu Kyi, dovrebbe essere visto come un’opportunità per la riconciliazione nazionale e un’autentica transizione democratica, nei confronti della quale il governo si è ripetutamente impegnato”. E’ quanto si legge in un comunicato, diffuso oggi dalla presidenza di turno tedesca dell’Unione Europea, che contiene un nuovo appello alla giunta militare di Myanmar per il rilascio del leader dell’opposizione, Daw Aung San Suu Kyi, e di tutti gli altri prigionieri politici.

    - Prosegue senza sosta l’offensiva dei ribelli Tamil nello Sri Lanka, dove in due giorni sono morte almeno 40 persone. Stamani, l’ultimo attentato in ordine di tempo ha colpito la capitale Colombo, dove un kamikaze ha ucciso due militari. Nonostante resti in vigore la tregua siglata nel 2002 sotto l’egida della Norvegia, i combattimenti non si sono fermati e dalla fine del 2005 i morti sono stati oltre 5 mila. Ma perché la forza militare delle Tigri Tamil continua ad essere così efficace? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Francesca Marino, direttore di "Stringer Asia":

    R. – Le Tigri Tamil hanno una rete di raccolta fondi in tutto il mondo e funziona egregiamente.

     
    D. – E’ possibile che la comunità internazionale intervenga in qualche modo nella gestione di questa crisi?

     
    R. – Sarebbe stato possibile concludere questa vicenda in maniera, più o meno, pacifica. Era stata fissata una conferenza tra le Tigri Tamil e il governo, negli Stati Uniti; gli USA, all’epoca, pensarono bene di negare il visto ai Tamil, perché erano sulla lista dei gruppi terroristici. Ovviamente, l’inclusione da parte dell’Unione Europea delle Tigri Tamil l’anno scorso nella lista dei gruppi terroristici ha complicato la situazione.

    D. – Quindi, questo conflitto, che va avanti dal 1972, rischia di entrare nell’elenco dei conflitti dimenticati?

     
    R. – Sì, certamente. Tanto più che in questo momento né il governo né le Tigri vogliono sedersi al tavolo delle trattative. Addirittura l’esercito, per conto del governo, ha dichiarato che prevede di sconfiggere militarmente i Tamil entro due anni. I Tamil, dal canto loro, sono tornati sulle vecchie posizioni e quindi ottenere uno Stato separato. La situazione è assolutamente in fase di stallo.

    - Nuova tragedia in una miniera di carbone russa: una forte esplosione dovuta ad una fuga di metano ha devastato un impianto minerario nella regione siberiana di Kemerovo. Al momento della tragedia, oltre 200 minatori erano al lavoro. I morti accertati sono 38. Tutti gli altri sono riusciti a mettersi in salvo. Lo scorso mese di marzo, 110 minatori erano morti in seguito ad una simile esplosione avvenuta in una miniera della stessa regione.

    - Seggi aperti in Irlanda per le legislative. I sondaggi prevedono un’affermazione del partito Fianna Fail, del premier uscente Bertie Ahern, con almeno il 41 per cento dei consensi. Nessun partito sembra comunque in grado di assicurarsi gli 83 deputati necessari per governare. Si profila, quindi, un nuovo governo di coalizione, probabilmente diverso da quello attuale di centrodestra. I risultati ufficiali saranno resi noti sabato.

    - In Svizzera, la sinagoga del quartiere di Malagnou, a Ginevra, è stata completamente distrutta da un incendio. Le cause del rogo non sono state chiarite. Gli inquirenti non eludono l’ipotesi di un incendio doloso.

    - Si è aperta stamani a Lima, in Perù, la Conferenza internazionale sulle "cluster bomb", le cosiddette bombe a grappolo. Partecipano alla riunione circa 100 delegazioni provenienti da diversi Paesi. Il nostro servizio:

    L’incontro è la seconda tappa del percorso iniziato lo scorso febbraio ad Oslo, quando 46 Paesi su 49 hanno sottoscritto una dichiarazione finalizzata alla stipula di un trattato vincolante per i governi, che metta fine al dramma delle cluster bombs. Il documento impegna gli Stati firmatari a concludere - entro il 2008 - un nuovo trattato che proibisca “l’uso, la produzione, la vendita e le scorte di bombe a grappolo”. Ad Oslo, non avevano firmato la dichiarazione Polonia, Romania e Giappone. Altri Paesi produttori, come Israele, Russia, Stati Uniti e Cina non avevano nemmeno partecipato alla Conferenza. Le bombe a frammentazione, che a prima vista possono sembrare dei giocattoli, continuano a causare vittime, soprattutto bambini, in Afghanistan, Cambogia, Iraq, Laos, Libano e in altri Paesi. Nel sud del Libano, in particolare, quasi il 90 per cento delle terre utilizzate per la coltivazione e la pastorizia è contaminata da bombe cluster. Queste munizioni possono essere lanciate attraverso mezzi di terra o aerei. Costituiscono un grave rischio per la popolazione durante e dopo un conflitto e, a causa dell’alto tasso di mancata esplosione all’impatto, le munizioni cluster diventano delle vere e proprie mine terrestri. Sono state utilizzate in almeno 25 Paesi e prodotte in più di 30 Stati. Le bombe a grappolo non sono esplicitamente proibite, sebbene la Convenzione di Ginevra metta in evidenza i rischi di queste armi per la popolazione civile.

    - Clima di festa a Milano, dove nel pomeriggio un pullman scoperto porterà i giocatori del Milan in varie strade della città per celebrare la conquista della Champions League, il più importante torneo di calcio per club a livello europeo. La squadra milanese ha vinto la Coppa superando, ieri sera in finale, ad Atene, la formazione inglese del Liverpool con il risultato di 2-1. Protagonista del match, l'attaccante rossonero Filippo Inzaghi, autore di una doppietta. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti)


      Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 144

     

     
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