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SOMMARIO del 23/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Le luci e le ombre dell'evangelizzazione latinoamericana affrontate da Benedetto XVI all'udienza generale, dedicata al viaggio apostolico in Brasile
  • Il Papa presenzia nell' Aula Paolo VI all’esecuzione dell'Oratorio Sacro “Resurrexi” offerto dai vescovi italiani
  • Rinuncia
  • Il "Gesù di Nazaret" scritto dal Papa supera il milione e mezzo di copie vendute nel mondo. Il cardinale Martini: è un libro diverso da molti altri
  • Gravi ritardi nell’informare le popolazioni su come prevenire l’Aids e gravi disuguaglianze tra ricchi e poveri nell’accesso alle cure: la denuncia di mons. Migliore, in sede ONU
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Amnesty International ha presentato oggi il suo Rapporto annuale: aumentano le violazioni dei diritti umani
  • La questione indigena al centro dell'incontro del cardinale Terrazas Sandoval con la stampa ad Aparecida
  • Rilanciare la missione guardando alla persona che vive nelle città: così l'arcivescovo di Taranto Benigno Papa all'Assemblea della CEI
  • 15 anni fa la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi in due attentati nel maggio e luglio 1992. Oggi a Palermo la commemorazione dei due magistrati per rinnovare la loro eredità a servizio della liberta e democrazia
  • Seminario a Roma per lo sviluppo agricolo dell'Africa
  • Chiesa e Società

  • Oltre 100 episodi di violenza subiti dai cristiani in India nel 2007. Convocata, a Delhi, una grande manifestazione per chiedere tutele e diritti
  • Pakistan: l’arcivescovo di Lahore, mons. Saldanha, chiede protezione per i cristiani
  • Inaugurata a Bamyan la seconda missione del Jesuit Refugee Service (JRS) in Afghanistan
  • ONU: nuovi combattimenti e nuovi sfollati in Darfur, nel Sudan occidentale
  • Nigeria: pronto un piano nazionale per sette milioni di orfani
  • “Siamo sopravvissuti!”: messaggio del vescovo di Gizo, isola delle Salomone orientali sconvolta dal terremoto e dallo tsunami di inizio aprile
  • I vescovi del Paraguay si pronunciano su un Progetto di legge sulla gioventù al vaglio del Parlamento: “Non promuove la dignità dell’uomo e della donna”
  • “Con Rita da Cascia sulla via del perdono”: parole del nunzio in Italia, l’arcivescovo Bertello, in occasione delle celebrazioni di ieri per la festa della Santa
  • Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto: sarà presente anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone
  • A Roma, un convegno su Santa Angela Merici, fondatrice della Compagnia di Sant’Orsola, a 200 anni dalla Canonizzazione
  • “Preservare l’identità della scuola cattolica”: così, alla 17.ma Assemblea mondiale dell’Ufficio internazionale dell’educazione cattolica (OIEC), in corso in Spagna
  • 24 Ore nel Mondo

  • Almeno 23 civili uccisi in Iraq per due attentati - La Caritas Gerusalemme riesce a portare aiuti alla popolazione di Gaza - Manifestazione a Parigi per chiedere la liberazione di Ingrid Betancourt, ostaggio da 5 anni delle FARC
  • Il Papa e la Santa Sede



    Le luci e le ombre dell'evangelizzazione latinoamericana affrontate da Benedetto XVI all'udienza generale, dedicata al viaggio apostolico in Brasile

    ◊   Un viaggio tra le molte luci e le ombre sociali e religiose del Brasile e dell’America Latina, per riconfermare la Chiesa di quel continente, ad ogni livello, che è la prospettiva dell’amore di Dio l’unica apportatrice di rinnovamento sia spirituale che sociale. Al ricordo della recente visita apostolica Benedetto XVI ha dedicato l’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro, gremita da circa 50 mila persone. Ce ne parla Alessandro De Carolis:

    Un itinerario tra “storia vissuta, pietà popolare, arte”. Fra i “valori cristiani profondamente radicati” da un “passato glorioso” di fede, che tuttora convivono accanto “a enormi problemi sociali ed economici”. Benedetto XVI ha voluto rendere il più possibile ampio nel racconto - spesso interrotto da applausi - e insieme dettagliato nelle percezioni ricavate da ogni singola tappa, il suo primo approdo in America Latina. Un viaggio nelle “meraviglie” operate da Dio nelle popolazioni che vanno dai Caraibi alla Terra del Fuoco e dunque un pellegrinaggio di fede, conclusosi ai piedi della Vergine Aparecida. “Certo - ha ammesso subito il Papa, parlando alla folla in Piazza San Pietro - il ricordo di un passato glorioso non può ignorare le ombre che accompagnarono l’opera di evangelizzazione del continente latinoamericano”:

     
    “Non è possibile infatti dimenticare le sofferenze e le ingiustizie inflitte dai colonizzatori alle popolazioni indigene, spesso calpestate nei loro diritti umani fondamentali. Ma la doverosa menzione di tali crimini ingiustificabili - crimini peraltro già allora condannati da missionari come Bartolomeo de Las Casas e da teologi come Francesco da Vitoria dell’Università di Salamanca - non deve impedire di prender atto con gratitudine dell’opera meravigliosa compiuta dalla grazia divina tra quelle popolazioni nel corso di questi secoli”.

     
    Guardando al presente, Benedetto XVI ha riaffermato che il Vangelo diventato in oltre cinque secoli “l’elemento portante” dell'America Latina è lo stesso che va annunciato nell’“epoca della globalizzazione”. “L’identità cattolica - ha spiegato - si presenta ancora come la risposta più adeguata, purché animata da una seria formazione spirituale e dai principi della Dottrina sociale della Chiesa”. Un concetto precisato nel momento in cui il Papa ha ricordato il suo festoso incontro con i giovani, a San Paolo:

     
    “Anche oggi la Chiesa fa lo stesso: prima di tutto ripropone i comandamenti, vero cammino di educazione della libertà al bene personale e sociale; e soprattutto propone il 'primo comandamento', quello dell’amore, perché senza l’amore anche i comandamenti non possono dare senso pieno alla vita e procurare la vera felicità”.

     
    Felicità che si traduce in bene comune quando i valori cristiani vengono intessuti nella trama di una cultura. E la “cultura cristiana” del Brasile, ha detto chiaramente il Papa, può rappresentare per il mondo “un nuovo modello di sviluppo”, perché “può animarvi una ‘riconciliazione’ tra gli uomini e il creato”. L’esempio più commovente e incisivo Benedetto XVI lo ha rintracciato nella visita compiuta in una delle comunità della rete che va sotto il nome di “Fazenda da Esperança”:

     
    “In quella che ho visitato, traendone una profonda impressione di cui conservo vivo il ricordo nel cuore, è significativa la presenza di un monastero di Suore Clarisse. Questo mi è parso emblematico per il mondo d’oggi, che ha bisogno di un 'recupero' certamente psicologico e sociale, ma ancor più profondamente spirituale”.

     
    Un brasiliano che incarnò questo orientamento fu il francescano del 18.mo secolo, Fra Antonio di Sant’Ann Galvão, canonizzato dal Papa lo scorso 11 maggio. “La sua testimonianza - ha ribadito - è un’ulteriore conferma che la santità è la vera rivoluzione, che può promuovere l’autentica riforma della Chiesa e della società. Il Pontefice ha dunque invitato i laici cristiani ad essere protagonisti di questo rinnovamento guidati dai loro vescovi, i quali pur operando in un contesto di “religiosità innata” sono chiamati a vigilare “sul deposito della fede”. E riandando con la memoria alla grande inaugurazione della Conferenza episcopale di Aparecida, Benedetto XVI si è inserito nel solco di quanto Giovanni Paolo II disse ad Haiti, durante l’Assemblea del CELAM nel 1983: promuovere una evangelizzazione “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione”:

     
    “Con il mio Viaggio apostolico, ho voluto esortare a proseguire su questa strada, offrendo come prospettiva unificante quella dell’enciclica Deus caritas est, una prospettiva inseparabilmente teologica e sociale, riassumibile in questa espressione: è l’amore che dona la vita”.

     
    Dopo la sintesi delle catechesi in nove lingue, Benedetto XVI ha concluso con una serie di saluti rivolti, fra gli altri, ai sacerdoti del Collegio San Paolo, che hanno terminato gli studi presso le varie Università Pontificie romane, e ai partecipanti al Terzo Congresso Mondiale dei Media Bulgari, svoltosi a Roma nei giorni scorsi. “Cari amici – ha concluso Benedetto XVI - possa il vostro servizio nelle comunicazioni sociali contribuire a far sì che il ricco patrimonio culturale e spirituale della Bulgaria sia meglio conosciuto e apprezzato in Europa”.

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    Il Papa presenzia nell' Aula Paolo VI all’esecuzione dell'Oratorio Sacro “Resurrexi” offerto dai vescovi italiani

    ◊   Oggi pomeriggio Benedetto XVI presenzierà all'esecuzione, nell'Aula Paolo VI, dell'Oratorio Sacro “Resurrexi”, offerto dalla CEI, la Conferenza episcopale italiana, che è riunita in Vaticano per la 57ma Assemblea generale. Si tratta di un grande Oratorio Sacro contemporaneo, per orchestra sinfonica, doppio coro di voci bianche e coro misto, voce recitante e cinque solisti. E' stato commissionato dalla CEI in occasione del IV Convegno Nazionale Ecclesiale di Verona: un'opera a cui hanno lavorato il compositore Alberto Colla per la musica e Roberto Mussapi per il testo poetico. Il concerto vede impegnati i complessi artistici dell'Arena di Verona diretti da Julian Kovatchev e interpreti del calibro di Massimo Popolizio (voce recitante), Raffaella Angeletti (soprano), Rossana Rinaldi (contralto), Giorgio Casciarri (tenore) e Maurizio Muraro (basso). La Radio Vaticana trasmetterà l'esecuzione dell'Oratorio Sacro a partire dalle 17.40 sull'onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Sulla commissione artistica dell'Oratorio, A.V. ha intervistato il sottosegretario della CEI, mons. Mauro Rivella, e il sovrintendente della Fondazione Arena, Claudio Orazi:

     
    D. – Mons. Mauro Rivella, la Chiesa torna ad essere committente di grandi opere come nel passato...

     
    R. – Ci è sembrato importante, nel grande sforzo della Chiesta italiana di rimettere al centro i valori della cultura, dare anche alla musica l’importanza che ha sempre avuto nella storia, anche come veicolo di cultura religiosa e come modello di evangelizzazione. In questo senso la collaborazione con la Fondazione Arena ci ha permesso di realizzare un’opera eccezionale ed unica, un Oratorio Sacro, che è stato rappresentato in occasione del Convegno ecclesiale di Verona e viene ora riproposto alla presenza del Santo Padre.

     
    D. – Proprio Benedetto XVI è un grande amante della musica ed è lui stesso musicista…

     
    R. – Il Santo Padre è stato veramente lieto di accettare l’invito della Conferenza episcopale italiana in occasione della sua Assemblea generale di presenziare a questo spettacolo. E’ un modo da parte nostra per porgere un segno di devozione e di omaggio al Santo Padre nel suo 80.mo compleanno, ma anche un modo da parte di Benedetto XVI di ribadire l’importanza dei valori della cultura e della musica sacra nella cultura.

     
    D. – Ci sono stati dei vincoli di carattere religioso e testuale rispetto alla Commissione di quest’opera per il compositore?

     
    R. – La collaborazione che si è realizzata fra noi, la Fondazione Arena, Mussapi e Colla, autori della musica e del testo sacro, è stata davvero un’occasione splendida. Non ci sono stati problemi perché c’è stato un incontro vero di sensibilità. come è sempre avvenuto anche nel corso della storia, quando la committenza ecclesiastica ha trovato interlocutori in grado di adempiere al mandato loro affidato.

     
    D. – Sovrintendente Claudio Orazi, qual è il rapporto della Fondazione Arena rispetto al sacro?

     
    R. – In realtà il tema del sacro è un tema fondamentale per la nostra Fondazione, tanto che, a partire dalla primavera del 2008, dedicheremo al tema del sacro e della creatività nel sacro un Festival che si svolgerà nelle Chiese della diocesi veronese. A significare che la musica è il luogo della bellezza o meglio – come venne definita da Giovanni Paolo II nella Lettera agli Artisti – “oceano infinito di bellezza”, che noi vogliamo fortificare e vivificare per testimoniare questa bellezza, specialmente presso i giovani.

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    Rinuncia

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Molegbe, nella Repubblica Democratica del Congo, presentata da mons. Ignace Matondo Kua Nzambi, dei Missionari di Scheut, per raggiunti limiti di età.

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    Il "Gesù di Nazaret" scritto dal Papa supera il milione e mezzo di copie vendute nel mondo. Il cardinale Martini: è un libro diverso da molti altri

    ◊   Ha superato il milione e mezzo di copie vendute il libro “Gesù di Nazaret”, scritto da Benedetto XVI. La notizia è stata diffusa dalla casa editrice Rizzoli, che ha pubblicato il libro in Italia e ne gestisce i diritti in tutto il mondo, per incarico della Libreria Editrice Vaticana. Il dato si riferisce alle edizioni italiana, tedesca, slovena, greca, polacca, americana e inglese. Intanto, continuano le presentazioni ufficiali del volume. Oggi tocca alla Francia, con un relatore d’eccezione, il cardinale Carlo Maria Martini, che lo presenterà nella sede dell'UNESCO a Parigi; domani sarà la volta della Grecia, dove il libro di Benedetto XVI presenta una postfazione firmata dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, il quale parlando della figura di Cristo scrive, fra l’altro: “La conoscenza accademica non è sufficiente, ma è necessaria. Il sentimento non è l’elemento preponderante, ma è molto necessario (…) Come dicono in modo descrittivo i Padri Mistici, bisogna che la ragione entri nel cuore”. Il Patriarca formula l’augurio che il libro del Papa possa far crescere il dialogo teologico tra le Chiese nella "speranza del superamento definitivo della secolare divisione” e perché “le due Chiese e i loro fedeli si uniscano non solo nella carità, ma anche nella fede e nei sacramenti”. Il libro del Papa sarà presentato ad Atene, nell’Aula delle conferenze della Società Archeologica: interverranno, tra gli altri, il nunzio apostolico in Grecia, l’arcivescovo Patrick Coveney, il vescovo di Syros e presidente del Sinodo della Chiesa di Grecia, Franghiskos Papamanolismons, l'arcivescovo di Atene Nikolaos Foscolos, il vescovo di Corfù Ioannis Spiteris e il prof. Evangelos Theodoru dell’Università di Atene. Sull’importanza del “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI, Antony Torzec ha raccolto l’opinione del cardinale Martini:

    Questo libro è un libro diverso da molti altri, perché mette insieme il metodo storico-critico senza gli scetticismi collegati talora con il metodo storico-critico, che quando diventa – come è stato detto – un metodo “imperialista”, cioè che non permette a tutti gli altri metodi di esprimersi, butta molta oscurità sulla vita di Gesù: per alcuni esegeti non sappiamo quasi nulla su Gesù. Invece, lui ritiene un fondamento storico sufficiente per descrivere la vita di Gesù e partendo da qui, poi, con la fede in Gesù scopre tesori e ricchezze grandi della figura di Gesù, Figlio di Dio.

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    Gravi ritardi nell’informare le popolazioni su come prevenire l’Aids e gravi disuguaglianze tra ricchi e poveri nell’accesso alle cure: la denuncia di mons. Migliore, in sede ONU

    ◊   Maggiori informazioni su come prevenire l’infezione dell’Aids, maggiori risorse per curare la malattia e maggiore collaborazione tra i Paesi: le richieste della Santa Sede rivolte per voce dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri ai lavori dell’Assemblea generale dell’ONU, a New York. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Non può esservi scusa” per il fatto che, dopo 25 anni dall’insorgere di questa epidemia, “tutti i popoli in ogni Paese non abbiano ancora informazioni giuste, accurate e affidabili su come educarsi e vivere una vita più sicura”: il monito del rappresentante vaticano, nell’incontro convocato nel Palazzo di Vetro per fare il punto rispetto all’obiettivo di garantire entro il 2010 l’accesso universale ai programmi di prevenzione, cura e sostegno per l’AIDS. Richiamando il dettagliato rapporto in materia del segretario generale, l’arcivescovo Migliore ha sottolineato le più grandi sfide da affrontare, ovvero “assistere 39 milioni e mezzo di persone che vivono attualmente con l’HIV; ridurre il numero di persone che muoiono ogni anno di AIDS, che nel 2006 sono state 2 milioni e 900 mila; prevenire nuove infezioni, oggi circa 4 milioni all’anno; prendersi cura soprattutto dei giovani, interessati l’anno scorso dal 40 per cento di nuovi casi”.
     Ma “se i numeri parlano da soli – ha avvertito il presule - non catturano l’intera realtà”. Infatti su 7 milioni e 100 mila persone che necessitano di farmaci retrovirali solo 2 milioni li ricevono, ha denunciato, aggiungendo che “quantificando le risorse richieste a livello globale”, si stima che per far fronte all’HIV siano necessari ai Paesi a basso e medio reddito 18 e 22 miliardi di dollari per il 2007 e il 2008. “Nell’insieme i numeri sembrano schiaccianti, - ha osservato l’arcivescovo Migliore - ma considerati nel loro contesto, persona per persona, sono solo una frazione di ciò che noi come comunità internazionale possiamo e dobbiamo fare”. Quindi “tutti noi dobbiamo chiaramente intensificare i nostri sforzi”, ha chiesto il presule, riaffermando l’impegno” della Santa Sede nella lotta alla malattia attraverso “una rete globale di circa 1.600 ospedali, 6 mila cliniche e 12 mila iniziative di natura caritativa e sociale nei Paesi in via di sviluppo”. Il presule ha espresso la convinzione che “fornire informazioni e opportunità per un’educazione rispettosa dei valori naturalmente basati sia fondamentale sia per lo sviluppo dei progressi scientifici che per la prevenzione personale”. Infine l’esortazione a tutti gli Stati perché forniscano “numeri accurati”, “per quanto possa essere difficile”, al fine di monitorare e valutare la situazione a livello globale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

    Servizio estero - Libano: migliaia di civili in fuga dal campo profughi teatro della battaglia; fragile tregua dopo tre giorni di combattimenti tra le forze governative ed estremisti islamici.

    Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Costa dal titolo "La capacità di sintetizzare in uno scatto la complessità e le contraddizioni della realtà": al "World Press Foto 2007" di Roma le immagini maggiormente rappresentative degli eventi di un anno.

    Servizio italiano - Rifiuti: fermo richiamo del Capo dello Stato. Tremila tonnellate ancora nelle strade a Napoli, 15.000 nella provincia.

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    Oggi in Primo Piano



    Amnesty International ha presentato oggi il suo Rapporto annuale: aumentano le violazioni dei diritti umani

    ◊   Le politiche della paura creano un mondo pericolosamente diviso. E’ l’allarme di Amnesty International, che oggi ha presentato il suo Rapporto annuale denunciando la globalizzazione delle violazioni dei diritti umani. Francesca Sabatinelli:
     
    E’ la paura a dominare lo scenario tratteggiato da Amnesty International nel suo Rapporto annuale. Una paura alimentata da governi e gruppi armati allo scopo di erodere i diritti umani e creare un mondo sempre più polarizzato e pericoloso. La speranza oggi, ci dice l’organizzazione, proviene dal coraggio e dall'impegno della società civile. Paolo Pobbiati, presidente di Amnesty Italia:

     
    R. - La paura è il sentimento che oggi noi vediamo come il più diffuso al mondo. La paura è determinata dalla mancanza di sicurezza, ma anche la paura di chi è costretto a fuggire dalla povertà. Il problema è che questa paura viene strumentalizzata e addirittura alimentata non soltanto dalle formazioni terroristiche che cercano di creare una base di terrore sulla quale poi consolidare il proprio potere, ma anche da parte dei sistemi repressi che attraverso la paura, agitando lo spettro della sicurezza nazionale, giustificano politiche repressive nei confronti della loro dissidenza intera. Ma quello che è più preoccupante, e che noi denunciamo già da diversi anni, è che oggi attraverso la legittimazione di una sorta di "zona grigia" in cui i diritti umani possono essere sospesi anche le grandi democrazie stanno sdoganando comportamenti come gli arresti indiscriminati, le detenzioni senza limite di tempo, senza accuse né processo e perfino l’utilizzo della tortura in nome della sicurezza. Tutto questo è inaccettabile e noi chiediamo veramente un cambiamento di strategia.
     
    La comunità internazionale è rimasta, quindi, impotente di fronte alle grandi crisi del 2006, quelle più note come i conflitti in Medio Oriente, in Iraq, dove forze di sicurezza incitano alla violenza settaria anziché frenarla, dove tortura, processi iniqui, pena di morte stupri restano nell’impunità. E poi le crisi dimenticate: Cecenia, Colombia, Sri Lanka, Darfur, ferita sanguinante del mondo, ci dice Amnesty. Quello in cui viviamo è un mondo sempre più polarizzato e pericoloso, grazie a politiche miopi che danno luogo a paura e divisione. I governi, afferma l’organizzazione, stanno compromettendo lo Stato di diritto e i diritti umani, attizzando razzismo e xenofobia, separando comunità, acuendo le disuguaglianze e preparando il terreno per altre violenze e altri conflitti. Cinque anni dopo l’11 settembre, si legge, sono emerse nuove prove sul modo in cui l’amministrazione statunitense abbia considerato il mondo come un terreno di scontro tra giganti nella sua guerra al terrore. E ovunque nel mondo, molte voci indipendenti per i diritti umani sono state ridotte al silenzio, come quella di Anna Politkovskaya, giornalista russa uccisa nell’ottobre scorso, alla quale il rapporto 2007 di Amnesty è dedicato. Ancora Pobbiati:

     
    R. - Con lei la Russia non ha perso soltanto una grande giornalista, ma anche uno degli ultimi brandelli di informazione libera ed indipendente. Questo è sintomatico di una situazione che in Russia è particolarmente evidente e che si manifesta anche con provvedimenti legislativi, come quello che ha limitato fortemente le possibilità di operare e di movimento per le Organizzazioni non governative, ma che vanno anche a creare un clima di violenza, di discriminazione e di diffidenza nei confronti di persone di persone come Anna Politkovskaya.
     
    Così come il riscaldamento globale richiede un’azione basata sulla cooperazione internazionale, conclude Pobbiati, allo stesso modo la situazione dei diritti umani può essere affrontata solo attraverso la solidarietà globale e il rispetto per il diritto internazionale.

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    La questione indigena al centro dell'incontro del cardinale Terrazas Sandoval con la stampa ad Aparecida

    ◊   “Gli indigeni latinoamericani sono un gruppo umano straordinario. Da loro abbiamo molto da imparare per accompagnarli, per sostenerli e per evangelizzarli”. E’ quanto ha detto ieri il cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra (Bolivia), in un incontro con la stampa a margine della V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi che si sta svolgendo ad Aparecida, in Brasile. Il servizio di Luis Badilla.

     Il porporato si è riferito specificamente agli indigeni latinoamericani, alle loro culture, così come agli afroamericani. Inoltre, con riferimento ad alcune polemiche artificiose a proposito di quanto aveva detto Benedetto XVI sull’incontro tra il Vangelo e le culture precolombiane nel suo discorso di apertura della V Conferenza, il cardinale Terrazas Sandoval ha precisato che “usare frasi fuori dal suo contesto crea solo confusione, distorce la verità e a volte diventa anche insulto”. “La Chiesa, come ormai è noto da molti anni, deplora il fatto che nel passato alcune persone non abbiano saputo trasmettere, con il loro esempio e la loro vita, la gratuità del Vangelo e del messaggio di Gesù. Al tempo stesso però occorre riconoscere che furono in molti, tra i missionari e altri membri della Chiesa, a dare la vita per gli aborigeni. Il Papa nel suo discorso ha voluto rilevare l’importanza dell’incontro tra culture”, ha aggiunto il cardinale Terrazas Sandoval, che ha ripetuto le parole del Pontefice: “Cristo era il Salvatore a cui anelavano silenziosamente”. Con le acque del Battesimo, questi popoli hanno ricevuto “la vita divina che li ha fatti figli di Dio per adozione; avere ricevuto, inoltre, lo Spirito Santo che è venuto a fecondare le loro culture, purificandole e sviluppando i numerosi germi e semi che il Verbo incarnato aveva messo in esse, orientandole così verso le strade del Vangelo. In effetti, l'annuncio di Gesù e del suo Vangelo non comportò, in nessun momento, un'alienazione delle culture precolombiane, né fu un'imposizione di una cultura straniera. Le autentiche culture non sono chiuse in se stesse né pietrificate in un determinato momento della storia, ma sono aperte, più ancora, cercano l'incontro con altre culture”. Dall’altra parte, mons. Guillermo Ortiz Mondragón, vescovo di Cuautitlán (Messico), durante il colloquio con la stampa ha spiegato, sempre ieri, il lavoro delle Commissioni, specificando che ogni vescovo ha avuto la possibilità di registrarsi in un massimo di tre Commissioni secondo i propri interessi pastorali e competenze dottrinarie. Tutte le Commissioni, alcune delle quali hanno costituito sotto-commissioni, hanno scelto il Moderatore e Relatore. Mons. Ortiz Mondragón, inoltre, ha illustrato ai giornalisti i metodi con cui i vescovi stanno riflettendo su una grande varietà di argomenti, ma con lo “sguardo” fisso sull’elaborazione del Documento finale entro il 31 maggio. In un secondo incontro con la stampa, diversi vescovi, tra cui mons. Julio Cabrera Ovalle, vescovo di Jalapa, Guatemala, hanno offerto ulteriori precisazioni riguardo i diversi Capitoli di questo Documento finale che attira molto l’attenzione dei giornalisti. I presuli hanno ribadito ancora una volta che questo testo non sarà pubblico prima dell’approvazione da parte del Santo Padre. Ovviamente, hanno spiegato, nel Messaggio al Popolo di Dio che sarà pubblicato tra il 30 e il 31 maggio, ci saranno i principali contenuti del Documento finale.

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    Rilanciare la missione guardando alla persona che vive nelle città: così l'arcivescovo di Taranto Benigno Papa all'Assemblea della CEI

    ◊   Avere attenzione alla persona, all’individuo che vive nelle città, in una missione che punta, in particolare, al territorio stesso delle diocesi. È l’indicazione rivolta all’episcopato italiano dall’arcivescovo di Taranto Benigno Luigi Papa nella sua ultima relazione in qualità di vicepresidente della CEI. Il servizio di Tiziana Campisi.

    Nel suo intervento di oggi, alla 57.ma Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana che si sta svolgendo a Roma, il presule ha presentato una relazione sul tema: “Gesù Cristo, unico salvatore del mondo: la Chiesa in missione, Ad gentes, e tra noi”. Prendendo spunto dal 50.mo anniversario dell’enciclica di Pio XII Fidei Donum, mons. Papa ha detto che oggi sono necessarie due forme di missione: una rivolta alle nostre stesse città, l’altra “ad gentes”, che guardi agli altri continenti e che oltre a singoli sacerdoti potrebbe coinvolgere intere cellule sociali come le famiglie. “La città non è il luogo del silenzio di Dio, della morte di Dio – ha detto il presule – è il luogo in cui molti uomini sono in ricerca, e a loro va rivolta attenzione”. Ed attenzione è richiesta anche per gli immigrati, ha sottolineato il vice presidente della CEI; anche a loro va portata l’Eucaristia; bisogna aiutarli a trovare il senso della vita, ma anche a trovare nella Chiesa una famiglia. E il Vangelo, ha detto poi il presule, va annunciato anche a quanti si sono allontanati dalla Chiesa, a quanti, dopo aver ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana, non frequentano più le parrocchie. Il cristianesimo, che illumina le diverse dimensioni dell’essere umano, deve rinnovare la persona, ha affermato mons. Papa, deve porgere una fede pensata che deve diventare oggetto di riflessione critica, ma deve anche avere attenzione alle persone di ogni credo e religione. E a proposito dell’aiuto da offrire agli immigrati, l’arcivescovo di Taranto ha osservato che l’esercizio della carità non deve essere semplice assistenzialismo, ma anche testimonianza; solo così la carità può avere una valenza religiosa che altrimenti potrebbe anche non essere percepita. E ha parlato anche di popolo in missione evidenziando, in questo senso, che nelle diocesi, ciascuno deve mettere a servizio degli altri i propri doni e che tocca a tutti trasmettere la fede, non solo ai sacerdoti, ai religiosi e ai vescovi. Infine, per il vice presidente della CEI non bisognerebbe parlare di missione per il popolo, ma appunto di un coinvolgimento di tutti.

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    15 anni fa la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi in due attentati nel maggio e luglio 1992. Oggi a Palermo la commemorazione dei due magistrati per rinnovare la loro eredità a servizio della liberta e democrazia

    ◊   Quindici anni fa, il 23 maggio del 1992, si compiva la strage di Capaci, in Sicilia, in cui veniva assassinato il giudice Giovanni Falcone, insieme con la moglie e tre agenti della scorta. Due mesi, dopo il 19 luglio, un altro efferato attentato poneva fine alla vita di un altro magistrato, Paolo Borsellino, e di cinque agenti della scorta. “La loro lezione di libertà e democrazia” è stata al centro della commemorazione, stamane a Palermo, nell’aula-bunker dell’Ucciardone, luogo simbolo della lotta alla mafia, dove nel 1986 si è celebrato il più grande processo contro "Cosa nostra". Presenti le autorità dello Stato insieme con i parenti delle vittime, studenti e insegnanti giunti da tutta Italia per raccogliere l’eredità di Falcone e Borsellino e affermare la cultura della legalità e della non violenza. Il servizio di Alessandra Zaffiro:

    “Ci sono tanti indizi che portano alla pista dei cosiddetti mandanti occulti. L'Italia aspetta sempre di sapere quali furono i gruppi di affari che ebbero una convergenza di interessi con Cosa nostra nelle stragi del ‘92”. Così Maria Falcone, nel 15.mo anniversario della strage di Capaci, torna sui mandanti occulti che organizzarono la stagione stragista di Cosa nostra. A ricordare tutte le vittime, gli eroi morti nelle stragi del ’92 sono stati 2.500 studenti, 1.200 dei quali sbarcati oggi a Palermo con la “nave della legalità” e riuniti nell’aula-bunker del carcere Ucciardone per discutere della lotta a "Cosa nostra". “La scuola oggi trasmette una testimonianza concreta di educazione alla cultura della legalità - ha dichiarato il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, intervenendo all’incontro - la testimonianza del rispetto delle regole, per dire ai nostri ragazzi che chi fa bene è premiato e chi fa male è punito”. “La mafia è diversa oggi da com’era quando la combatteva Falcone - ha affermato il ministro dell’Interno, Giuliano Amato - però è quella che lui aveva capito: cioè la mafia che stava passando dal taglieggiamento degli altri al lavoro in proprio nell’economia. L’importanza di questa giornata - ha concluso Amato - è rendere i giovani partecipi di questo clima di dignità civile che è la prima premessa per combattere la mafia”. Il presidente del Senato, Franco Marini, ha ricordato in particolare i giudici Falcone e Borsellino: “Due persone straordinarie per la storia del nostro Paese, due esempi di amore per la nostra Repubblica e di rispetto della legalità”. “A Palermo c’è sicuramente una maggiore consapevolezza, ma sarebbe stupido dire che i problemi siano stati risolti", ha detto il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso. "Bisogna sforzarsi di continuare perché l’esperienza insegna che non bisogna mai abbassare la guardia”.

    Il prezioso lavoro dei pool antimafia ha permesso allo Stato di infliggere duri colpi al potere di Cosa nostra, arrestandone alcuni capi, come Bernardo Provenzano, catturato nel 2006 e tra i mandanti dello stesso omicidio Falcone. Tra i magistrati che hanno coordinato le indagini che hanno portato all’arresto del noto "boss dei boss", il procuratore della Direzione distrettuale di Palermo, Michele Prestipino. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. - L’arresto di un capo dello spessore di Bernardo Provenzano costituisce una grave perdita per un’organizzazione come "Cosa nostra", il che non vuol dire che la mafia sia finita, ma che "Cosa Nostra" deve affrontare il problema. E’ difficile in questo momento pensare ad un capo che si imponga anche sugli altri con il riconoscimento di tutti gli altri. E’ più immaginabile un tipo di direzione che metta d’accordo tutti e che si affidi al dialogo, al rispetto reciproco tra le varie componenti dell’organizzazione. Questo, più o meno, è uno dei possibili scenari.

     
    D. - Quindi, una sorta di "pax mafiosa" che in qualche modo renda le cose più difficili nell’azione di contrasto…

     
    R. - Dopo gli anni delle stragi, la strategia che Bernardo Provenzano ha affermato dentro "Cosa nostra" è stata quella senz’altro di una sostanziale pax mafiosa. Questa scelta, nel bene e nel male, qualche frutto per l’organizzazione mafiosa l’ha dato, anche se lo Stato ovviamente in questi anni ha fatto sentire la sua presenza. Quindi, allo stato delle nostre conoscenze, non c’è motivo per ipotizzare che vi sia un cambio di strategia.

     
    D. - Ormai, si parla da sempre degli interessi mutati della mafia. E’ così?

     
    R. - La mafia da quando esiste ha un solo interesse, quello di accumulare illecitamente ricchezze. Quello che poi è mutato nel tempo è il modo nel quale si è cercato di conseguire questo obiettivo. Ci sono tutta una serie di metodiche. Tanto più l’organizzazione è radicata nel territorio, tanto più significa anche rapporti e relazioni con pezzi della società, con il mondo delle professioni, della politica, delle infiltrazioni nella pubblica amministrazione. Ma questo è il mezzo attraverso il quale poi si realizza il fine che è l’accumulo illecito delle risorse, attraverso il controllo delle fonti di erogazione dei denari pubblici, in particolare.

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    Seminario a Roma per lo sviluppo agricolo dell'Africa

    ◊   Quale sviluppo agricolo per l’Africa? Questo il tema sul quale si dibatte oggi in Campidoglio, a Roma, nell’ambito di un seminario proposto dalla campagna Europa – Africa. Tra gli enti internazionali e non governativi che partecipano all’iniziativa, figura anche la rete di organizzazioni contadine e di produttori agricoli dell’Africa occidentale. A seguire i lavori c’è per noi Stefano Leszczynski:

    Per fare ripartire davvero l’agricoltura africana l’Unione Europea deve aggiustare il tiro. A ribadirlo sono le organizzazioni dei contadini e dei produttori agricoli africani che prendono parte ai negoziati sugli Accordi di Partenariato economico con l’UE. Questi accordi avviati nel 2003 e la cui conclusione è prevista per il dicembre 2007 spingono fortemente in direzione di una integrazione del continente africano nei mercati globali. Una strategia che tuttavia non viene ritenuta valida dai contadini africani che fanno notare come negli ultimi dieci anni non abbia portato risultati apprezzabili. Ma quali sono le strategie più corrette per favorire lo sviluppo di questo continente dove vivono 706 milioni di persone? Ci risponde Antoino Onorati, presidente dell’organizzazione non governativa Crocevia, membro della campagna EuropAfrica:

     
    R. – Quello che è sbocciato di nuovo è, da una parte, la nascita e il rafforzamento delle organizzazioni contadine africane. Quindi, oggi c’è un interlocutore con cui discutere di politiche di sviluppo. Il secondo elemento che emerge con forza, anche nei documenti ufficiali dell’Unione Europea, è che se vogliamo discutere di agricoltura in Africa dobbiamo parlare di agricoltura familiare, di piccolissime aziende, dobbiamo parlare di allevamento nomade, dobbiamo parlare dell’agricoltura africana così com’è, non come a noi piacerebbe che fosse, una sorta di copia, magari povera, dell’agricoltura europea.

     
    D. – Quindi, l’ostacolo non è tanto fare arrivare i prodotti africani in Europa, quanto farli arrivare all’interno dell’Africa…

     
    R. – Sì, noi, per essere brutali, diciamo che è molto meglio preoccuparsi solo di farli arrivare all’interno del mercato africano. I prodotti che arrivano in Europa sono utili se sono un surplus e se sono prodotti che non sono in conflitto con l’agricoltura che dà da mangiare all’Africa. L’Africa ha capacità produttive sufficienti per nutrire se stessa ed ha un mercato alimentare interno, un mercato agricolo in crescita. Quindi, questo mercato deve essere prima di tutto riservato agli agricoltori africani. Se solo questo fosse garantito, l’Africa sicuramente sarebbe capace di risolvere una gran parte dei problemi di insicurezza alimentare.

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    Chiesa e Società



    Oltre 100 episodi di violenza subiti dai cristiani in India nel 2007. Convocata, a Delhi, una grande manifestazione per chiedere tutele e diritti

    ◊   Il prossimo 29 maggio, i cristiani dell’India manifesteranno a Delhi, in un pacifico corteo di preghiera, per chiedere al governo il rispetto dei diritti fondamentali di espressione e di culto, della libertà di coscienza e di religione. E’ quanto hanno annunciato diverse organizzazioni che riuniscono cristiani di tutte le confessioni presenti in India, vista la recrudescenza di atti violenti registratasi nei mesi scorsi. L’organismo ecumenico, “All India Christian Council”, e la “All India Catholic Union”, forum di diverse formazioni laicali cattoliche, hanno segnalato che nel solo 2007 sono stati oltre 100 gli episodi di violenza contro strutture o personale cristiano. “Sacerdoti e suore – si legge nel comunicato che convoca la manifestazione, citato dall’agenzia Fides – pastori e laici, semplici fedeli sono stati uccisi, feriti o malmenati, le donne violentate. I lavoratori cristiani sono maltrattati e umiliati, mentre la polizia tollera le violenze”. I manifestanti rivolgeranno un messaggio al primo ministro indiano e al capo della polizia, fermandosi a leggere e a pregare davanti alla sede del Parlamento Federale, per chiedere che si fermi la violenza “contro una pacifica e piccolissima minoranza religiosa in India”. Su una popolazione totale che supera il miliardo di persone, i cristiani dell’India sono circa 25 milioni e rappresentano circa il 2,5% della popolazione. (R.M.)

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    Pakistan: l’arcivescovo di Lahore, mons. Saldanha, chiede protezione per i cristiani

    ◊   “Il Governo pakistano dovrebbe proteggere noi cristiani”: è il monito lanciato da mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, in un’intervista rilasciata ad “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), citata dall’agenzia Zenit. Secondo il presule, “i cristiani in Pakistan si sentono più insicuri che mai”. “Ci angoscia il fatto – ha denunciato – che i cristiani siano minacciati, nel tentativo di convertirli all’Islam. E’ una cosa che non è mai avvenuta prima”. L’arcivescovo Saldanha ha raccontato di essere stato testimone di una crescente radicalizzazione tra i musulmani: “Vogliono introdurre una forma più ristretta di Islam – ha spiegato – soprattutto la legge islamica. Le donne non potrebbero più uscire di casa per andare a lavorare o a scuola e dovrebbero indossare il velo”. Recentemente, estremisti musulmani hanno attaccato alcuni negozi nella capitale, Islamabad, in cui si vendevano video che i fanatici ritenevano contrari all’Islam. Il 5 maggio, poi, nella zona nord-occidentale del Paese, circa 50 famiglie cristiane hanno ricevuto lettere anonime di minaccia che le esortavano a convertirsi all’Islam. Avevano dieci giorni per decidere, secondo i messaggi; in caso contrario, sarebbero andate incontro a conseguenze violente. Finora le minacce non sono state messe in pratica, ma la gente vive nella paura. Inoltre, secondo una portavoce delle Figlie di San Paolo, pochi giorni fa alcune suore dell’ordine sono state attaccate durante una dimostrazione a Karachi. Sono riuscite a mettersi in salvo, anche se le loro automobili sono state prese a sassate e distrutte dai dimostranti. Per l’arcivescovo Saldanha, la situazione sta diventando sempre più minacciosa. “Tutto il Paese è ora in crisi”, ha avvertito. In Pakistan vivono circa 1,5 milioni di cristiani, 1,1 milioni dei quali sono cattolici. (R.M.)

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    Inaugurata a Bamyan la seconda missione del Jesuit Refugee Service (JRS) in Afghanistan

    ◊   Il Jesuit Refugee Service (JRS), ONG dei Gesuiti, ha inaugurato lo scorso 15 maggio una seconda missione in Afghanistan, a Bamyan, nella poverissima regione dell’Hazarajat, a nord-ovest di Kabul. Accolti “con favore” dalla governatrice della zona, Habiba Sarabi – racconta padre Giuseppe Moretti, direttore della missio sui iuris nel Paese, citato dall’agenzia AsiaNews – i tre gesuiti che animano la nuova missione si dedicheranno all’insegnamento della lingua inglese e della biologia all’Università e porteranno avanti corsi di agricoltura per la popolazione, collaborando anche con altre realtà umanitarie presenti sul posto, come la Caritas americana (CRS). Intanto, si attende l’arrivo della quarta Comunità di suore di Giuseppe e Maria in Afghanistan, destinate a Herat, dove il JRS è già presente dal 2005 con sei religiosi. La missione di Bamyan nasce in un territorio “poco appetibile per la maggior parte delle altre ONG – spiega padre Moretti – L’Hazarajat è una delle zone più povere del Paese, popolata dall’etnia hazara. E’ bellissima dal punto di vista naturistico, ma di difficile penetrazione a causa di collegamenti stradali per lo più assenti”. (R.M.)

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    ONU: nuovi combattimenti e nuovi sfollati in Darfur, nel Sudan occidentale

    ◊   A causa dei violenti combattimenti ripresi questo fine settimana in alcune zone del Darfur, in Sudan, un alto numero di civili si sta dirigendo verso il campo per sfollati di Al Salam, nel Darfur meridionale, uno dei tre Stati che compone l’omonima regione occidentale sudanese, teatro dal febbraio 2003 di un conflitto interno che ha causato una grave crisi umanitaria. Lo riferisce la missione ONU in Sudan (UNMIS) nel suo ultimo bollettino, citato dall’agenzia MISNA, precisando che intensi combattimenti sono stati segnalati nella zona di Abu Surug, dove si sarebbero affrontati Forze di difesa locali e un gruppo di circa 120 miliziani arabi. Intensi combattimenti sono avvenuti, sempre nel fine settimana, anche nel Darfur settentrionale, dove, secondo le informazioni raccolte dalla UNMIS, si sono scontrate forze regolari governative e ribelli appartenenti ai movimenti antigovernativi sollevatisi in armi nel 2003 contro il governo di Khartoum, per contrastare la marginalizzazione e il sottosviluppo della regione. La missione ONU fa sapere di non avere bilanci a disposizione sulle vittime di questi ultimi combattimenti. (R.M.)

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    Nigeria: pronto un piano nazionale per sette milioni di orfani

    ◊   Per i circa sette milioni di orfani nigeriani è pronto un piano nazionale quinquennale: lo ha annunciato il governo, prendendo atto dell’elevato numero di bambini senza genitori, dovuto, secondo l’UNICEF, a morti accidentali, elevati tassi di mortalità materna e frequenza di conflitti interni, oltre che alla diffusione dell’AIDS. Come ha ammesso il ministro delle Pari opportunità e Sviluppo sociale, Maryam Ciroma, citato dall’agenzia MISNA, l’impegno a livello nazionale per fronteggiare questo problema non è stato finora proporzionato al considerevole aumento di orfani e bambini ‘vulnerabili’ nel Paese più popoloso dell’Africa, che secondo varie stime potrebbero toccare gli 8,2 milioni entro il 2010. E stato quindi avviato un progetto governativo, che prevede l’istituzione di una serie di meccanismi per la protezione, la cura e il sostegno dei bimbi meno privilegiati, facilitandone l’accesso a servizi essenziali come alimentazione, salute, istruzione, tutela e protezione sociale. (R.M.)

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    “Siamo sopravvissuti!”: messaggio del vescovo di Gizo, isola delle Salomone orientali sconvolta dal terremoto e dallo tsunami di inizio aprile

    ◊   “Siamo sopravvissuti! Nonostante la violenta devastazione, stiamo progredendo lentamente sulla via della ripresa, dopo il terremoto e lo tsunami che ci hanno colpito”: così esordisce il messaggio diffuso da mons. Bernard Cyril O’Grady, vescovo di Gizo, isola delle Salomone orientali fortemente colpita dai violenti disastri naturali di inizio aprile. “Nella distruzione – racconta il presule, citato dall’agenzia Fides – abbiamo vissuto un’esperienza commovente: l’approdo a Gizo della Croce e dell’Icona mariana della Giornata mondiale della Gioventù, che hanno fatto visita alle famiglie sfollate e ai senza tetto, segnati dal lutto”. Il vescovo sottolinea che, dopo il disastro, grande è stata la solidarietà anche fra le vittime: “Tutti hanno lavorato insieme e hanno condiviso quanto restava loro – racconta – tutti hanno pregato il Signore risorto”. “Siamo all’inizio del programma di ricostruzione – nota poi mons. O’Grady – vediamo la nostra Risurrezione. Mentre si avvicina la Pentecoste, la Chiesa rinasce e rinasce la nostra diocesi”. Il presule esprime quindi profonda gratitudine “a quanti ci hanno aiutato nel momento dell’emergenza, con cibo e beni di prima necessità per il sostentamento immediato. Ora – precisa – abbiamo bisogno di un ulteriore aiuto per ricostruire case, edifici, villaggi. In questa fase la diocesi lavorerà insieme con Caritas Internationalis”. E conclude: “Non sappiamo quanto ci vorrà per tornare alla normalità, ma vi è grande buona volontà da parte di tutti. E con l’aiuto di Dio, tutto tornerà a rifiorire. Vi chiediamo di esserci vicini anche con la preghiera!”. (R.M.)

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    I vescovi del Paraguay si pronunciano su un Progetto di legge sulla gioventù al vaglio del Parlamento: “Non promuove la dignità dell’uomo e della donna”

    ◊   A fronte dell’iniziativa della Camera dei deputati del Paraguay, che ha in programma lo studio di un Progetto di legge sulla gioventù, l’Episcopato paraguayano ha ribadito in un documento alcuni insegnamenti dottrinali ritenuti di grande rilevanza. Nel testo del progetto, si usano molti termini che s’inquadrano nelle situazioni di vita che caratterizzano la globalizzazione. Secondo i vescovi, sono parole che occorre usare con cura: per esempio, quando si parla di “genere”, “educazione sessuale”, “educazione riproduttiva” e “salute riproduttiva e mentale”, si deve tener presente il giusto significato di queste definizioni, così come le loro ripercussioni morali. I presuli spiegano che la Dottrina sociale della Chiesa usa molte di queste definizioni, ma lo fa con la convinzione che, anzitutto, occorra promuovere e difendere la vita, retta dalla legge naturale, dall’etica e dalla morale cristiana. E’ questa la ragione per cui coloro che rispettano la vita creata da Dio affrontano queste nuove situazioni con un rigoroso studio morale. Altri, invece, magari trascinati dal relativismo etico-morale, non tengono in considerazione i danni morali e sociali che provocano alle persone, quando oscurano il senso della dignità della persona umana. Inoltre, molte di queste ideologie favoriscono soprattutto il controllo delle nascite e l’aborto. I cosiddetti “programmi di salute riproduttiva” sono iniziative di potenti organizzazioni internazionali che non rispondono a “nessuna cornice etica”. I vescovi del Paraguay riflettono poi sulla cosiddetta “ideologia del genere”, che permette la libera scelta della propria condizione o stato sessuale, e ricordano che la “vita e l’umanità stessa si basano sul rapporto intimo e complementare tra una donna e un uomo”. “Le ideologie contrarie a questo principio antropologico, nonché biblico – affermano – non fanno altro che distorcere il senso autentico della sessualità umana”. Secondo i presuli, una legge che desse lo stesso valore a questa “ideologia del genere” avrebbe delle conseguenze irreparabili per la società e per la gioventù. “La normativa allo studio – concludono – non promuove la dignità dell’uomo e della donna, né tanto meno il rispetto della vita umana, dei rapporti sessuali come espressione dell’amore autentico nella cornice del matrimonio, ma neanche la maternità e la paternità responsabili”. (L.B.)

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    “Con Rita da Cascia sulla via del perdono”: parole del nunzio in Italia, l’arcivescovo Bertello, in occasione delle celebrazioni di ieri per la festa della Santa

    ◊   "E’ la riconciliazione a generare e nutrire la comunione di cui il Paese ha bisogno. Santa Rita ne è il duplice esempio di madre e monaca del perdono possibile perché educa allo spezzare ogni violenza": è uno dei passaggi centrali dell’omelia tenuta ieri, nella Basilica di Santa Rita da Cascia, dall’arcivescovo Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia, in occasione delle celebrazioni per la festa della Santa. Celebrazioni – riferisce il quotidiano Avvenire – centrate, quest’anno, sul gemellaggio con la Locride, in cammino contro la piaga delle faide. E proprio ai tantissimi fedeli giunti dalla diocesi di Locri-Gerace, mons. Bertello ha ricordato come “la comunione tra le persone nutre il necessario perdono di cui le nostre comunità in Italia hanno bisogno. Il Concilio Vaticano II – ha aggiunto – è un faro più che mai attuale per crescere nella dimensione della Chiesa-comunione. La Chiesa di oggi non può che camminare con la gente, con il suo popolo e al suo fianco – ha evidenziato l’arcivescovo – ricordando che la comunione, proprio all’interno della vita ecclesiale, aiuta a superare e affrontare i momenti difficili e di contrasto che possono verificarsi. Da Santa Rita – ha concluso – prendiamo l’esempio per moltiplicare situazioni e scelte di perdono”. Da parte sua, il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Maria Bregantini, ha affermato che la Calabria, che è molto legata alla figura di Santa Rita da Cascia, “donna del perdono e della pacificazione degli animi”, vuole mettersi in ascolto della sua “forza morale”. (R.M.)

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    Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto: sarà presente anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone

    ◊   È confermata la presenza del cardinale segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, al 29.mo Pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto, proposto sabato 2 giugno da Comunione e Liberazione, insieme con le diocesi marchigiane. Lo riferisce l’agenzia SIR, secondo cui il porporato presiederà la Santa Messa allo stadio Helvia Recina. Guida del pellegrinaggio, come sempre, l’ideatore, mons. Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano-Matelica. Per la prima volta da vescovo ci sarà anche mons. Claudio Giuliodori, alla guida della diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia. Dalla Croazia arriverà un gruppo di 25 giovani. Tra coloro che porteranno la loro testimonianza, ci sarà anche quest’anno lo scrittore e giornalista musulmano, Magdi Allam, e, nuovo ospite, Eugenia Roccella, portavoce del Family Day. L’attore e regista Franco Palmieri leggerà la poesia di Giacomo Leopardi dalla quale è stato tratto il tema del 29.mo Pellegrinaggio: “Ed io che sono?”. (R.M.)

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    A Roma, un convegno su Santa Angela Merici, fondatrice della Compagnia di Sant’Orsola, a 200 anni dalla Canonizzazione

    ◊   Per i 200 anni dalla Canonizzazione di Santa Angela Merici, fondatrice nel 1535 della Compagnia di Sant’Orsola, antesignana degli Istituti secolari, la Federazione della Compagnia promuove presso il centro “Salesianum” di Roma un Convegno internazionale. La Santa, nata a Desenzano nel 1474, venne canonizzata il 24 maggio del 1807 da Papa Pio VII. Fu donna rivoluzionaria nell’intuire, agli inizi del Cinquecento, la possibilità di un nuovo status femminile che, prescindendo sia dalla scelta monacale che dal matrimonio, prevedeva la consacrazione a Dio pur restando nel proprio ambiente di vita. Di qui, la fondazione della Compagnia di Sant’Orsola. Tra i momenti salienti della ricorrenza, le celebrazioni di domani alle ore 11.00, nella Basilica di San Pietro, con l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, e venerdì nella parrocchia romana dedicata alla Santa, con il vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Luciano Monari. (R.M.)

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    “Preservare l’identità della scuola cattolica”: così, alla 17.ma Assemblea mondiale dell’Ufficio internazionale dell’educazione cattolica (OIEC), in corso in Spagna

    ◊   “La scuola cattolica deve preservare la sua identità, la cui specificità risiede nel servizio alla formazione integrale dell’uomo, nella quale Dio è il fondamento primo e ultimo”: è quanto ha affermato mons. Julián Barrio Barrio, arcivescovo di Santiago de Compostela, in Spagna, aprendo i lavori della 17.ma Assemblea mondiale dell’OIEC, l’Ufficio internazionale dell’educazione cattolica, in corso a Santiago fino a venerdì. Sottolineando le grandi sfide con le quali si confronta la scuola cattolica in questo millennio, il presule, citato dall’agenzia Fides, ha considerato che “si presenta un momento opportuno per incentivare il rinnovamento della scuola cattolica e per rendere chiaro il servizio educativo che si sta fornendo alla società”. Di fronte alle correnti filosofiche ed educative che si presentano oggi e che “potenziano il sapere scientifico-tecnico con il pericolo di non dare importanza al sapere umanistico e morale, capace di orientare e dare senso alla vita” – ha aggiunto – la scuola cattolica deve preservare la sua identità. L’OIEC, fondata nel 1952 a Lucerna, in Svizzera, rappresenta l'educazione cattolica nel mondo e raggruppa le Segreterie nazionali dell’educazione cattolica dei Paesi affiliati. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Almeno 23 civili uccisi in Iraq per due attentati - La Caritas Gerusalemme riesce a portare aiuti alla popolazione di Gaza - Manifestazione a Parigi per chiedere la liberazione di Ingrid Betancourt, ostaggio da 5 anni delle FARC

    ◊   In Iraq soldati, ribelli e civili, tra cui donne e bambini, continuano a morire a causa di attentati e scontri. A nuovi attacchi kamikaze ed agguati si aggiungono, poi, notizie di macabri ritrovamenti. Il nostro servizio:

     
    Attentati e attacchi continuano a scuotere l’Iraq. La televisione araba Al Jazeera ha riferito che un kamikaze si è fatto esplodere all’interno di un bar in una cittadina a nord est, vicino al confine con l’Iran. Il bilancio delle vittime è pesantissimo: la Polizia ha reso noto che sono morte almeno 20 persone. Secondo gli inquirenti, l’azione sarebbe stata pianificata dalla guerriglia sunnita. L’area, infatti, è abitata in prevalenza da curdi di confessione sciita. Le violenze hanno colpito anche un’area sunnita: un colpo di mortaio ha provocato la morte di almeno 3 bambini in un villaggio, alle porte di Baquba, teatro ieri di scontri tra Forze di sicurezza e ribelli. In un altro villaggio, a sud di Baghdad, l’esplosione di un’autobomba ha causato due morti. A Baghdad, poi, sono stati ritrovati nelle ultime 24 ore più di 30 cadaveri. E’ stato rinvenuto anche il corpo di uno dei tre soldati americani rapiti dai ribelli lo scorso 12 maggio. Negli Stati Uniti, intanto, si mette a punto un nuovo piano per cercare di pacificare il Paese. Il piano si caratterizza per una visione più politica che militare per scongiurare la guerra civile. Ma in Iraq la stabilità sembra ancora lontana e si allunga anche il bollettino delle vittime americane: nella turbolenta provincia di Al Anbar sono rimasti uccisi 2 militari statunitensi. Il comando militare americano ha riferito, poi, che ieri sono stati uccisi altri 9 soldati. Da segnalare, comunque, che a Baquba, nel cosiddetto triangolo sunnita, è stato arrestato un importante leader di Al Qaeda.


    - L’esplosione di una bomba radiocomandata ha provocato la morte, in Afghanistan, di un soldato finlandese impegnato in operazioni di peacekeeping. Lo ha comunicato il Ministero della Difesa di Helsinki. L’uomo, che stava effettuando un’operazione di pattugliamento insieme con 2 soldati norvegesi appartenenti alle truppe della Forza Internazionale di Assistenza per la Sicurezza (ISAF), è l’unico ad essere rimasto ucciso.

    - Nel nord del Libano, sembra reggere la tregua di tre giorni proclamata ieri dal gruppo integralista Fatah al-Islam, che si ispira ad Al Qaeda. I guerriglieri, che restano arroccati all’interno del campo profughi palestinese alle porte di Tripoli, hanno tuttavia escluso l’ipotesi di una resa. Questa mattina, intanto, almeno 10 mila rifugiati sono fuggiti dal campo profughi. In molti temono che, dopo il cessate il fuoco, possano riprendere gli scontri tra soldati libanesi e miliziani integralisti.


    - In Medio Oriente, nuovi raid israeliani nei Territori Palestinesi e il continuo lancio di razzi contro lo Stato ebraico continuano a rendere incandescente la situazione. Nella Striscia di Gaza, intanto, la Caritas Gerusalemme continua, nonostante gli scontri e la violenza di questi giorni, a portare aiuto sanitario e supporto alle fasce più deboli della popolazione, anziani e bambini in particolare. I volontari sul posto hanno reso possibile in questi ultimi mesi operazioni chirurgiche per 41 bambini e l’invio di derrate alimentari. Sulla situazione, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Sébastien Dechamps, della Caritas Internationalis, costantemente in contatto con Caritas Gerusalemme:

     
    R. – La situazione a Gaza è molto preoccupante. Le violenze non sono cessate e dal punto di vista umanitario la situazione è veramente drammatica. Lo stesso accesso alla Striscia di Gaza è sempre più difficile. E’ stata decisa, tra l’altro, una chiusura totale anche per i lavoratori della Caritas.

     
    D. – Nonostante questo, la Caritas Gerusalemme riesce comunque a fare qualcosa di molto importante per la popolazione?

     
    R. – Sì, a Gaza City ci sono delle squadre molto attive, soprattutto in campo medico.

     
    D. – E’ più urgente l’emergenza dei beni di prima necessità, come il cibo e l’acqua, o quella sanitaria?

     
    R. – La cosa più urgente è in realtà la necessità di una soluzione politica. Non si tratta, infatti, del risultato di una qualsiasi catastrofe umanitaria, ma si tratta purtroppo solamente di un risultato politico. Soltanto una soluzione politica potrebbe risolvere la situazione umanitaria.

     
    D. – Quali, secondo voi, potrebbero essere le soluzioni nell’immediato?

     
    R. – Cessare la violenza da tutte le parti. Questa sarebbe la prima condizione per essere in grado di poter lavorare, aiutare e salvare. Sicuramente, è necessario poi ritornare al tavolo negoziale e provare a trovare delle soluzioni, anche con l’aiuto della Comunità internazionale.
    D. – La Comunità internazionale dovrebbe farsi sentire in questo senso?

     
    R. – Sì, soprattutto quelli che fanno parte del cosiddetto “quartetto”. L’Unione Europea ne fa parte, così come ne fanno parte ovviamente gli Stati Uniti; ma l’Unione Europea potrebbe avere, forse, un modo di fare pressione su tutti gli attori per arrivare – almeno – a far cessare la violenza.


    - Il kamikaze che ha provocato ieri ad Ankara la morte di 6 persone e più di 100 feriti apparteneva probabilmente al Partito dei lavoratori curdi PKK. Lo ha riferito il governatore di Ankara precisando che il materiale esplosivo e le modalità usate sembrano portare al PKK. Il commissario europeo all’allargamento, Olli Rehn, ha espresso poi la propria “forte condanna” e manifestato solidarietà alla Turchia. La strage è stata definita dal primo ministro turco Erdogan come “inaspettata” ma adesso si temono nuovi attentati in altre città turche. La Polizia ha arrestato, finora, 8 persone. La Conferenza episcopale turca ha espresso, intanto, vicinanza alle famiglie delle vittime. "Preghiamo per tutta la Turchia - ha detto il portavoce dei vescovi, mons. Georges Marovitch - perchè resti unita davanti a questi attacchi".


    - A pochi giorni dalle prime elezioni europee in Bulgaria, vinte di strettissima misura dal partito di destra del carismatico sindaco di Sofia, Boyko Borisov, il primo ministro bulgaro, Sergei Stanishev, è volato ieri a Roma, dove ha preso parte ad un convegno di mass media bulgari nel mondo. Stanishev si è detto molto fiducioso sul futuro della Bulgaria nell’Unione Europea. L’intervista è di Iva Mihailova:

     
    R. – (Parole in bulgaro)
    “Noi apparteniamo da sempre ai popoli europei e condividiamo gli stessi valori. Tutto questo processo di riforme, di applicazione degli standard europei ha cambiato la Bulgaria. Oggi i bulgari, vivendo immersi nei problemi quotidiani, non notano le velocità dei cambiamenti positivi che stanno passando. Ci vuole più tempo. Per i Paesi come la Bulgaria è importante capire che stanno andando nella direzione giusta. La Bulgaria entra nell’UE con la soddisfazione di un Paese che non solo ha fatto tanto nell’ambito dell’economia; non ha soltanto una ricca identità culturale ed un notevole contributo storico, ma come un Paese che può essere utile oggi alla Comunità Europea del XXI secolo. Secondo me, guardando ai fatti, se ci deve essere l’ampliamento dell’UE, ha senso perché i Paesi nuovi danno una nuova dinamica ed hanno una capacità di adattarsi verso nuovi processi mondiali e realtà che – secondo me – manca ai vecchi membri".


    - I due principali accusati dell’assassinio dell’ex primo ministro serbo Zoran Djndjic, ucciso il 12 marzo del 2003, sono stati condannati a 40 anni di carcere. I due imputati sono Milorad Ulemek, considerato il “cervello dell’attentato”, e Zvezdan Jovanovic, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio di Djndjic.


    - A Parigi è prevista oggi pomeriggio una manifestazione per chiedere la liberazione di Ingrid Betancourt, la franco-colombiana ex candidata presidenziale a Bogotà da cinque anni prigioniera delle Forze armate rivoluzionarie (FARC) in Colombia. La decisione di organizzare la manifestazione è arrivata dopo le dichiarazioni di un ostaggio fuggito che ha rivelato le condizioni di prigionia disumane cui sono sottoposti i sequestrati. Il presidente colombiano, Alvaro Uribe, ha promesso ieri di intervenire con un blitz militare. La Francia considera, invece, un bluff le parole pronunciate dal capo di Stato colombiano. Gabriella Ceraso ha intervistato Stella Spinelli, per anni in Colombia inviata di “Peace Reporter”:

    D. - Il perdurare di questa situazione fin dove può arrivare?

     
    R. - Il fatto è che le FARC non hanno fretta: è da 40 anni che lottano e finché non ottengono la liberazione dei loro compagni, trattengono gli ostaggi anche per cinque, otto o dieci anni.

     
    D. - La Francia ha detto anche che, quello di Uribe, poteva essere un bluff...

     
    R. - Sì, diciamo che è un po’ nello stile di Uribe quello di fare grandi proclami. Sicuramente, vuol vedere fino a che punto la Francia si opponga, vuole “tastare un po’ il terreno” perché probabilmente sa anche lui che andando contro tutto e contro tutti e fare un’azione di forza, per poi portare a casa - Dio non voglia - un cadavere, è assolutamente controproducente anche per lui. Anche se, per la verità, Álvaro Uribe non ha più niente da perdere, perché non può essere più rieletto e in più il suo governo sta veramente cedendo sotto i colpi del capo paramilitare, che accusa l'esecutivo di essere corrotto e di essere legato al narcotraffico.

     
    D. - Chi può fare qualcosa?

    R. - Diciamo “gli attori internazionali”. Questo dovrebbe porre la Francia con l’Europa e addirittura l’Unione Europea, e perchè no anche l’ONU, come mediatori di pace in questa guerra colombiana, che è una guerra che non si identifica soltanto nei sequestrati ma in oltre 300 mila vittime.

     
    D. - Come stanno vivendo i familiari della Betancourt tutti questi anni ormai di assenza?

     
    R. - La loro unica energia la traggono dal non perdere la forza di lottare. Sono convinti che prima o poi la rivedranno.


    - Ancora una vittima dell’aviaria in Indonesia, dove una bambina di 5 anni è morta a causa del virus H5N1, il ceppo più letale per l’uomo. La bambina, ricoverata da più di una settimana nell’ospedale di Solo, una città della Provincia di Java, è morta lo scorso giovedì, portando così a 77 il numero di decessi nel Paese a causa del virus.


    - In Italia, è sempre più alta l’emergenza rifiuti in Campania: cumuli di spazzatura sono stati dati alle fiamme da vandali in varie zone nella provincia di Napoli. La popolazione continua a protestare contro l’apertura di discariche e i sindaci di diversi comuni hanno annunciato di voler adottare misure estreme per far fronte all'emergenza. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha fatto appello ai cittadini e agli amministratori campani invitandoli a trovare al più presto, con senso di responsabilità, soluzione ad una "situzione tragica". Il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, Guido Bertolaso, ha assicurato che l'emergenza potrebbe essere risolta in dieci giorni. Sono allo studio – ha precisato - ipotesi di riapertura di discariche e siti di stoccaggio. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti)


     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 143

     

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