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SOMMARIO del 21/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI al neoambasciatore di Timor Est: rafforzare la democrazia sui valori cristiani e sul principio della solidarietà sociale. Ribadito l’invito al Papa a visitare l’ex colonia portoghese
  • Il Papa riceve il presidente della CEI mons. Bagnasco e alcuni vescovi del Mozambico in visita “ad Limina”
  • Nomine
  • Forte della sua fede cristiana, il Rwanda costruisca un futuro di pace e fraternità: messaggio del Papa in occasione del 13.mo anniversario del genocidio che sfigurò il Paese africano
  • Mons. Tomasi alla 60.ma Assemblea Mondiale della Salute: anche i poveri del mondo possano avere accesso all’assistenza sanitaria
  • Importanti progressi nel corso della riunione in Vaticano della Plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra Santa Sede e Stato d'Israele
  • Il Papa invita ad avvicinarci alla festa di Pentecoste in unione con Maria: intervista con mons. Angelo Comastri
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Vampata di violenza in Libano. Mons. Raї: c'è qualche Paese che non vuole la stabilità
  • L’appello del Papa per la pace in Terra Santa sia raccolto dalla comunità internazionale: così il Patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah
  • Padre Najeem: in atto una persecuzione contro i cristiani in Iraq
  • Gli interventi degli arcivescovi di Buenos Aires e di San Salvador alla Conferenza di Aparecida
  • Arriva in tv la fiction su don Luigi Di Liegro, l'uomo della carità della diocesi di Roma
  • Chiesa e Società

  • Conclusa a Mosca la commemorazione di Giovanni Paolo II. Mons. Tadeusz Kondrusiewicz ha ricordato il grande interesse per la Russia del pontefice scomparso

  • Contro la fame in Argentina, ha fatto tappa a Buenos Aires, ieri, la quarta ‘Marcha de los Chicos del Pueblo’
  • Una nuova struttura di accoglienza per i bambini poveri in Romania
  • Attivata, dopo 54 anni, una linea marittima che collega la Corea del Nord e quella del Sud
  • Via alla campagna per l’ospitalità a Sidney in vista della GmG 2008
  • Nella Repubblica Democratica del Congo nasce l’emittente cattolica Radio Kaoze, dal nome del primo sacerdote congolese
  • Oggi a Cascia il conferimento del Premio internazionale Santa Rita a tre donne che si sono distinte per le loro virtù cristiane
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuove violenze in Medio Oriente - In Afghanistan, bombe alleate colpiscono i talebani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI al neoambasciatore di Timor Est: rafforzare la democrazia sui valori cristiani e sul principio della solidarietà sociale. Ribadito l’invito al Papa a visitare l’ex colonia portoghese

    ◊   La “cultura della solidarietà” opposta allo scontro politico ad oltranza per aprire il Paese a un reale orizzonte di democrazia. E’ l’auspicio di Benedetto XVI per Timor Est, il piccolo Stato resosi formalmente indipendente nel 2002, e che l’11 maggio scorso ha visto il Premio Nobel, Ramos Horta, eletto come nuovo presidente. Il Papa si è soffermato sulla situazione di Timor Est nel riceverne il nuovo ambasciatore presso la Santa Sede, Justino Maria Aparício Guterres, che ha presentato le Lettere credenziali rinnovando a Benedetto XVI l’invito a visitare la piccola nazione asiatica, quasi interamente cattolica. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Che la memoria di quei giorni tragici” renda governo e opposizione di Timor Est particolarmente solleciti a “intraprendere la strada del dialogo e della collaborazione, evitando la tentazione di abbandonarsi” allo scontro politico con l’avversario, “non solo perché è moralmente inaccettabile, ma anche perché questo atteggiamento si rivela sempre nocivo per il consolidamento di una corretta dialettica democratica e per lo sviluppo integrale di tutti i cittadini del Paese”. E’ uno dei passaggi del discorso rivolto stamattina da Benedetto XVI al neoambasciatore timorese che meglio rivela la partecipazione del Papa alla storia recente dell’ex colonia portoghese, tuttora segnata dalla sanguinosa transizione che la portò ad affrancarsi dall’Indonesia e dunque ancora alle prime battute del suo nuovo corso democratico. Nei giorni che hanno da poco visto consumarsi il massimo avvicendamento istituzionale, tra il presidente uscente, Francisco Guterres, e il nuovo, Josè Ramos-Horta, resta per i governanti di Timor Est la non facile gestione della cosa pubblica, definita dal Papa “ardua e non priva di ostacoli”. Le “numerose esigenze” di ordine abitativo, sanitario, educativo e lavorativo, ha riconosciuto il Pontefice, si scontrano con gli interessi di chi non è disposto a sacrificare al bene comune gli interessi di partito. E dunque, ha indicato il Papa, sono i 400 anni di fede nel Vangelo a dover aiutare la popolazione timorese - cattolica al 98% - a farsi promotrice di una “cultura della solidarietà e di una convivenza pacifica nella giustizia”.

     
    “Mi sia permesso - ha affermato Benedetto XVI - rivolgere un veemente appello alle persone investite dell’autorità pubblica perché facciano di tutto per restaurare un ordine pubblico efficiente con mezzi legali e restituire ai cittadini la sicurezza nella vita quotidiana, grazie a una ritrovata fiducia nelle legittime istituzioni dello Stato”. E l’appello del Pontefice si è sciolto poco dopo nel ringraziamento alle Nazioni Unite per la “solidarietà” dimostrata verso la popolazione timorese. Un invito inistito, dunque, quello del Papa, alla normalizzazione dopo le ripetute tensioni che hanno condizionato la vita di Timor Est, ma anche un tributo all’azione “assistenziale e caritativa”, oltre che pastorale, svolta dalla Chiesa del posto. Nel suo indirizzo di saluto, il diplomatico timorese accreditato presso la Santa Sede ha ribadito, tra l'altro, a Benedetto XVI l’invito a visitare Timor Est lanciato venti giorni fa dal presidente uscente, Guterres. Sarebbe, ha detto, “una gioia incommensurabile per il nostro popolo”.

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    Il Papa riceve il presidente della CEI mons. Bagnasco e alcuni vescovi del Mozambico in visita “ad Limina”

    ◊   Il Papa ha ricevuto oggi l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, accompagnato dal segretario generale della CEI mons. Giuseppe Betori. I vescovi italiani iniziano oggi in Vaticano la loro 57 ma Assemblea generale con la prolusione di mons. Bagnasco. Al centro della riflessione assembleare è la missione della Chiesa; in tale prospettiva i vescovi esamineranno e approveranno la “Nota pastorale” dopo il Convegno ecclesiale nazionale di Verona. Verrà anche sottoposto all’approvazione dei presuli il “Repertorio nazionale dei canti per la liturgia”. Nel corso dei lavori saranno fornite informazioni riguardanti le iniziative della Caritas italiana, l’impegno nel campo delle comunicazioni sociali e l’azione delle Chiese nell’Unione Europea. Verrà infine presentato un aggiornamento sulla situazione del progetto di riordino della formazione teologica in Italia.
     Sempre stamani il Papa ha ricevuto il primo gruppo di vescovi del Mozambico in visita “ad Limina”.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato capo ufficio nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il padre monfortano Corrado Maggioni, finora aiutante di studio dello stesso dicastero.

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    Forte della sua fede cristiana, il Rwanda costruisca un futuro di pace e fraternità: messaggio del Papa in occasione del 13.mo anniversario del genocidio che sfigurò il Paese africano

    ◊   La fede cristiana aiuti il popolo del Rwanda a “superare un passato di errori e di morte” e a costruire un “Paese nuovo” fondato sull’unità fraterna e la pace: è l’esortazione di Benedetto XVI, contenuta in una lettera al presidente del Rwanda, Paul Kagame, in occasione del 13.mo anniversario dell’inizio del genocidio, evento commemorato lo scorso 7 aprile. Nel messaggio, reso noto oggi, il Papa si unisce in preghiera ai famigliari delle vittime del genocidio e assicura la sua vicinanza spirituale a quanti hanno sofferto a causa di quel terribile massacro, che ha provocato la morte di centinaia di migliaia di innocenti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Guidati dalle autorità politiche e religiose, i rwandesi “si impegnino in maniera più generosa ed efficace in favore della riconciliazione nazionale”: è l’appello di Benedetto XVI, che nella lettera al presidente Kagame chiede anche maggiori sforzi “per la costruzione di un Paese nuovo, nella verità e nella giustizia, nell’unità fraterna e nella pace”. Il Papa assicura la sua vicinanza a quanti sono stati colpiti dal “terribile massacro, senza distinzione di fede, appartenenza etnica o politica”. E ribadisce che la fede cristiana, “se vissuta con coerenza”, può essere “un aiuto efficace per superare un passato di errori e di morte, il cui punto culminante fu il genocidio del 1994”. Allo stesso tempo, rileva il Pontefice, “questa fede rafforza la fiducia nella possibilità offerta a tutti i rwandesi, riconciliati tra loro, di costruire assieme un avvenire migliore”. Un futuro che riscopra “la novità dell’amore che è la sola forza in grado di condurre alla perfezione personale e sociale e di orientare la storia verso il bene comune”. Le motivazioni religiose che sono alla base dell’impegno dei cattolici nella vita quotidiana, aggiunge il Papa, costituiscano “un punto di incontro tra i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà”. Benedetto XVI rammenta infine che la Chiesa “conosce gli effetti del mistero del male”, ma sa anche che la “morte non ha l’ultima parola, perché essa è stata sconfitta dalla morte vittoriosa del Figlio di Dio”.

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    Mons. Tomasi alla 60.ma Assemblea Mondiale della Salute: anche i poveri del mondo possano avere accesso all’assistenza sanitaria

    ◊   Un appello ad una solidarietà concreta della comunità internazionale perché anche i poveri del mondo possano avere accesso all’assistenza sanitaria: lo ha lanciato l’osservatore permanente della Santa Sede presso gli Uffici ONU di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, durante la 60ma Assemblea Mondiale della Salute in corso nella città elvetica. Il presule ha parlato della necessità di ridurre il costo dei farmaci e ha denunciato il fatto che sono proprio i bambini ad avere meno accesso alle cure. Mons. Tomasi ha quindi ricordato l’appello del Papa a non dimenticare l’Africa. Ascoltiamo il rappresentante vaticano al microfono di Sergio Centofanti:
     
    R. – In questo momento c’è bisogno di fare tutto il possibile per aiutare l’Africa a mettere insieme le strutture normali per l’assistenza sanitaria alla sua popolazione e soprattutto per affrontare le grandi pandemie che ancora creano dei problemi ingenti ed enormi in tutto il continente, in particolare riguardo alla malaria, alla tubercolosi e all’AIDS.

     
    D. – Un bilancio di questa 60.ma Assemblea dell’OMS, che sta volgendo al termine…

     
    R. – Sostanzialmente si sono fatti dei passi positivi. In questo momento c’è la volontà da parte – direi – della maggioranza dei Paesi che sono membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di trovare una formula giusta ed equilibrata per rendere accessibili anche ai Paesi poveri tutte le medicine, di cui hanno bisogno. Rimane, però, sempre una lacuna: la diversità di lettura del metodo per arrivare ad ottenere l’obiettivo di un miglioramento della qualità della vita e della salute per le popolazioni dei Paesi sviluppati così come dei Paesi poveri. Il concetto di vita, alla volte, non viene inteso in maniera giusta e quindi rimane la grande preoccupazione da un punto di vista etico e da un punto di vista soprattutto della nostra prospettiva cristiana, che la vita al suo inizio e alla sua fine viene condizionata da interessi immediati e da soluzioni spicciole che non riflettono affatto né la nostra visione antropologica né il piano generale della vita che il Creatore ci ha dato.

     
    D. – Nel suo intervento ha chiesto agli Stati membri di comprendersi bene sul termine “genere”…

     
    R. – E’ chiaro che questo è un termine di moda, che entra in tutti i documenti, in tutte le Assemblee, in tutte le riunioni che si fanno in giro per il mondo in questo momento.

     
    D. – C’è una certa confusione sul termine “genere”...

     
    R. – C’è confusione nel senso che alcune correnti filosofiche e ideologiche cercano di mettere sull’individuo una certa ipoteca, nel senso che l’individuo arriva a definire quello che lui è come "genere", come sesso, indipendentemente dalla realtà fisica in cui si trova. E’ una forma estrema di ideologia che alla fine dei conti scardina l’ordinamento sociale, perché non corrisponde più all’ordine naturale della creazione.

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    Importanti progressi nel corso della riunione in Vaticano della Plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra Santa Sede e Stato d'Israele

    ◊   Incontro oggi in Vaticano nel quadro della Plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra Santa Sede e Stato d'Israele. Le due delegazioni in un comunicato congiunto hanno espresso soddisfazione per gli "importanti progressi" raggiunti nel corso del negoziato. Il servizio di Roberto Piermarini.

    A guidare le due delegazioni: per la Santa Sede il sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati,  mons. Pietro Parolin, mentre per Israele il direttore generale del ministero degli esteri Aaron Abramovich. Al termine della riunione le due delegazioni hanno emesso un comunicato congiunto nel quale esprimono soddisfazione per gli "importanti progressi" raggiunti nel corso dei colloqui i quali si sono svolti in un clima di "grande cordialità". Fissata per la metà di dicembre in Israele, la data per la prossima riunione. Questo nuovo round di colloquii era stato programmato per il 29 marzo scorso, ma Israele aveva annullato all’ultimo momento l’invio dei suoi negoziatori, spiegando che il capo della propria delegazione, il direttore generale del dicastero degli Esteri, era stato costretto a rimanere a casa per un cumulo inatteso d’impegni di politica estera. ll compito specifico della Plenaria è di sbloccare i negoziati sull’ “accordo complessivo" che prevede piste per la sicurezza delle proprietà religiose della Chiesa Cattolica in Israele e la riconferma delle storiche esenzioni fiscali, che la Chiesa già possedeva al momento della nascita dello Stato di Israele e che le Nazioni Unite avevano deciso dovessero essere onorate dallo Stato Ebraico. Questo “accordo complessivo” è richiesto dall’Accordo Fondamentale, che Israele ha firmato con la Santa Sede il 30 dicembre 1993.

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    Il Papa invita ad avvicinarci alla festa di Pentecoste in unione con Maria: intervista con mons. Angelo Comastri

    ◊   La Chiesa, dopo la festa dell’Ascensione, è tutta proiettata verso la Solennità della Pentecoste che sarà celebrata domenica prossima 27 maggio. Ieri il Papa, durante il Regina Caeli in Piazza San Pietro, ha invitato i fedeli a raccogliersi in preghiera come hanno fatto gli Apostoli “per invocare l’effusione dello Spirito, in spirituale unione con la Vergine Maria. La sua intercessione – ha detto - ottenga per tutta la Chiesa una rinnovata Pentecoste”. Ma come farci accompagnare da Maria verso questo incontro con lo Spirito Santo? Giovanni Peduto lo ha chiesto all’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:  

     Io più volte ho pensato che gli Apostoli, dopo l’ascensione di Gesù al cielo, ebbero sicuramente un momento di smarrimento e forse anche di paura. Gesù aveva detto loro: “Io vi mando in tutto il mondo, andate. Predicate il Vangelo a tutte le creature”. Io penso che in quel momento gli Apostoli si domandavano: "e come possiamo andare in un mondo così com’è ad annunciare il Vangelo che sembra tutto il contrario di quello che pensa il mondo. Ma come potremmo andare a dire ‘Beati sono i poveri’ quando tutti cercano di essere ricchi? Ma come potremmo andare a dire ‘Beati sono i miti', quando tutti cercano di essere prepotenti? Ma come potremmo andare a dire 'Beati sono i puri di cuore', ci rideranno in faccia?" Io credo che in quel momento intervenne la Madonna dicendo agli Apostoli: "ma perché avete paura? Non vi ricordate quello che vi ha detto Gesù? Vi ha detto che prima di partire, voi dovete andare a Gerusalemme e non dovete muovervi da Gerusalemme prima che sia compiuta la promessa, la promessa che avete ricevuto: sarete riempiti di Spirito Santo". Allora si raccolsero in preghiera e l’evangelista Luca dice negli Atti: “erano concordi ed unanimi con Maria”. Qui c’è la fotografia della Chiesa. Erano concordi: allora l’orgoglio si era fortemente abbassato; erano unanimi e perseveranti e questo vuol dire che c’era tanta fede, perché quando si persevera nella preghiera, c’è fede; ed erano con Maria, la donna che educa alla fede: e venne la Pentecoste. La Pentecoste allora è la premessa dell’apostolato. La Chiesa deve andare missionaria nel mondo; è un dovere andare, ma è anche un dovere fermarsi a Gerusalemme. “Aspettate”, disse Gesù; “Attendete, fino a quando sarà compiuta la promessa”: questo la Madonna lo ricordò agli Apostoli. Dobbiamo continuamente rientrare nel Cenacolo e riuscirne una volta che siamo stati riempiti dallo Spirito Santo. Se non abbiamo la forza dello Spirito Santo, noi siamo soltanto dei ripetitori del Vangelo, ma non siamo testimoni del Vangelo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Al “Regina Caeli” Benedetto XVI ricorda il viaggio apostolico in Brasile e ripropone l'attualità del tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali.

    Servizio estero - In primo piano l'intervento del mons. Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente presso l'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, durante la 60.ma Assemblea Mondiale della salute, in corso dal 14 al 23 maggio a Ginevra, dal titolo “La Santa Sede e le odierne sfide per promuovere la salute”.

    Servizio culturale - Un articolo di Agnese Pellegrini dal titolo “Il necessario equilibrio tra estetica e virtù”: il concetto di bello nell'antichità.

    Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.

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    Oggi in Primo Piano



    Vampata di violenza in Libano. Mons. Raї: c'è qualche Paese che non vuole la stabilità

    ◊   Un cessate il fuoco per l’evacuazione dei feriti è stato concordato in Libano tra l’esercito e i miliziani di Fatah Al Islam, gruppo islamico considerato vicino ad Al Qaeda che, per il secondo giorno consecutivo, si stanno dando battaglia attorno al campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, alla periferia di Tripoli. Stamani, almeno 8 civili palestinesi sono morti e circa 70 sono rimasti feriti, mentre ieri erano morte più di 50 persone, tra soldati, miliziani e civili. Intanto, i miliziani di Fatah al-Isla hanno minacciato di estendere la battaglia fuori da Tripoli, se l'esercito non cesserà i bombardamenti. E vengono segnalate tensioni anche nel principale campo profughi palestinese del Libano, situato a sud di Beirut, alla periferia di Sidone. Nella capitale, infine, ieri sera hanno perso la vita due civili per l’esplosione di un ordigno nel quartiere cristiano di Ashrafiyeh. Ma come hanno reagito a queste violenze le principali autorità politiche e religiose del Libano? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a mons. Béchara Raї, vescovo di Byblos dei Maroniti:

    R. – La cosa importante è che tutte le istanze islamiche del Libano, religiose e civili, hanno denunciato questa azione del gruppo Fatah al Islam ed hanno sostenuto che non ha niente a che fare con l’Islam. Si sono, quindi, tutti pronunciati in favore del governo libanese, così come si sono pronunciati in favore dell’esercito libanese e delle forze di sicurezza interna. Purtroppo questo Fatah al Islam è manipolato da qualche Paese che non vuole la stabilità in Libano.

     
    D. – Si può dire, quindi, che di fronte ad attacchi di questo tipo il Libano ha trovato nuovamente una sorta di unità nazionale?

     
    R. – Sì, certo. E questo sia da parte della Comunità occidentale, sia anche da parte della Comunità araba, islamica e palestinese: tutti quanti hanno denunciato, condannato ed hanno detto che il gruppo Fatah al Islam non ha niente a che fare né con i palestinesi né con l’Islam. Il problema è che qualche Paese sta, però, manipolando questo gruppo.

     
    D. – In questo momento, com’è la situazione nelle zone in cui ci sono stati gli scontri?

     
    R. – Adesso c’è il coprifuoco, imposto dall’esercito libanese. Finora non è stato sentito niente di nuovo, eccetto le notizie relative alle vittime ieri, tra i quali 23 soldati ed una trentina di vittime innocenti. A Beirut, questa mattina, una esplosione ha ucciso anche una donna ed ha causato una dozzina di feriti. C’è il coprifuoco soltanto nella regione di Tripoli, perché questi agenti di Fatah al Islam si sono rifugiati nel campo dei palestinesi del nord, chiamato del Baret.

     
    D. – E’ circondato dall’esercito?

     
    R. – Adesso, è circondato dall’esercito. Loro, però, sono fuggiti all’interno per farsi scudo con i civili. Purtroppo è così.

     
    D. – Quindi la situazione è complicata, anche perché si fanno scudo con i profughi palestinesi?

     R. – Si fanno scudo con i palestinesi, dei civili. Vorrei però dire anche un’altra cosa: purtroppo si approfittano della situazione che sta vivendo il Libano e di questa divisione tra unionisti ed oppositori. Ma il problema, in fondo, è legato al conflitto in Iraq tra sciiti e sunniti, che si ripercuote in Libano, perché il conflitto è tra sunniti e sciiti. C’è purtroppo da dire che questi leader politici sono “teleguidati” da altri Paesi.

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    L’appello del Papa per la pace in Terra Santa sia raccolto dalla comunità internazionale: così il Patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah

    ◊   “In nome di Dio, supplico che si ponga termine” alla “tragica violenza” che scuote il Medio Oriente. Ha destato ampia eco l’accorato appello di Benedetto XVI, al Regina Caeli di ieri. Il Papa si è rivolto alle autorità palestinesi ed israeliane, affinché rafforzino l’impegno per rilanciare il negoziato di pace. Le parole del Santo Padre sono state accolte con gioia dalla comunità cristiana di Terra Santa. Ecco la testimonianza del Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, raccolta da Alessandro Gisotti:

     R. – Ogni intervento del Santo Padre ridona sempre una nuova speranza, perché siamo in una situazione per la quale non si vede nessuna uscita. I leader israeliani non hanno il coraggio di cambiare le cose, di rischiare la pace. E i palestinesi sono tra di loro in disputa, in lotta anche sanguinosa. Non si vede un’uscita, perciò ogni intervento del Santo Padre dà nuova speranza a tutti noi. Poi, io credo che la sua voce sarà ascoltata dalla comunità internazionale, perché questo nostro conflitto è internazionale, non è locale. Non è palestinese, non è israeliano, è internazionale. E tocca alla comunità internazionale fare uno sforzo per cambiare le cose, per far muovere le cose.

     
    D. – Quale ruolo può svolgere la comunità cristiana per favorire il dialogo tra i popoli in Terra Santa?

     
    R. – La comunità cristiana in Terra Santa è piccola. Stiamo facendo il possibile nel dialogo interreligioso per invitare i capi religiosi ad avere una visione comune su tutte le cause del conflitto e semmai arriveremo a questo, sarà certo un aiuto per i capi politici, per la popolazione. E’ questo il ruolo che possiamo svolgere: un ruolo di dialogo interreligioso e di appello alla pace, alla verità, ai diritti, senza la violenza, ma con le trattative e il dialogo.

     
    D. – Lei ha avuto modo di incontrare, confrontarsi con i fratelli nell’episcopato. Cosa è emerso? Qual è il sentimento che prevale tra i pastori della Terra Santa?

     R. – Abbiamo tutti la stessa posizione, che l’occupazione non può durare. L’occupazione è sorgente di ogni male, perciò non si può continuare in questa situazione. C’è bisogno di una nuova iniziativa. L’occupazione dura ormai da 40 anni e bisogna che tutto questo cambi.

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    Padre Najeem: in atto una persecuzione contro i cristiani in Iraq

    ◊   In Iraq, sette persone sono state trucidate nella provincia di Diyala, mentre viaggiavano a bordo di un minibus che è stato intercettato ad un posto di blocco da insorti che indossavano le divise delle forze di sicurezza. Lo ha riferito l'emittente tv, al Iraqiya, secondo cui i corpi sono stati ritrovati sulla strada per Baquba, accanto ai rottami del minibus, che è stato dato alle fiamme. Ritrovati, intanto, in varie zone di Baghdad 24 cadaveri con evidenti segni di tortura. Si tratta, con tutta probabilità, di vittime delle violenze interconfessionali. In questo scenario, la situazione dei cristiani in Iraq è sempre più drammatica: sabato, è stato rapito padre Nawzat Hanna, parroco caldeo del quartiere Baladiyat della capitale irachena. Ma la crisi è generale. Ai nostri microfoni, padre Philip Najeem, visitatore apostolico per i fedeli Caldei in Europa, intervistato da Massimiliano Menichetti:

    R. – C’è una persecuzione contro tutti i cristiani che stanno in Iraq e che si trovano dunque costretti ad una sorta di forzata immigrazione dalle zone di Baghdad: sono centinaia e centinaia di famiglie cristiane in fuga. Le Chiese adesso hanno aperto le porte, così come le scuole affinché queste famiglie possano trovare rifugio e dormire, ed affinché possano trovare sostegno nelle chiese locali. La situazione è molto difficile. E’ una situazione di sofferenza, di martirio e di testimonianza della nostra fede cristiana: questa è la nostra terra, siamo nati qui, siamo cresciuti qui e moriremo qui.

     
    D. – Sabato il rapimento di un altro sacerdote caldeo…

     
    R. – I sacerdoti sono proprio coloro che danno la loro vita per tutto il popolo iracheno: non distinguono tra musulmani e cristiani, ma cercano di aiutare tutti coloro che ne hanno bisogno. Mentre questo sacerdote faceva il suo dovere pastorale è stato rapito ed ora chiedono una somma veramente elevata al Patriarcato, ma il Patriarcato attualmente non può certo offrirla. Questi rapimenti non sono responsabilità del popolo iracheno, ma di forze oscure venute dall’estero, incoraggiate da qualcuno, che non vuole un processo di pace ed un futuro migliore per l’Iraq e per gli iracheni.

     
    D. – Un’altra notizia allarmante è che in alcuni casi i cristiani sono costretti a pagare o ad andarsene per continuare a professare la propria fede...

     
    R. – Sì, li stanno infatti costringendo a diventare musulmani. Se non diventano musulmani devono pagare una somma di denaro ogni mese. Sono gruppi di integralisti che hanno applicato questa norma ai cristiani ed i cristiani hanno dovuto lasciare la zona ed immigrare altrove. Questa è l’attuale situazione dei nostri cristiani in Iraq.

     
    D. – Lei ha più volte ribadito che la situazione dei cristiani è grave. Come è grave la situazione di molti iracheni…

     R. – I cristiani fanno parte del popolo iracheno e soffrono come soffre tutto il popolo iracheno e quindi sia i cristiani che i musulmani. Queste forze oscure che entrano nel Paese vogliono creare disagi, vogliono complicare la vita di tutta la popolazione irachena, vogliono impedire un futuro di pace in Iraq. Vogliono impedire lo stesso processo di democratizzazione irachena. Qui non viene rispettata neanche la dignità umana di ciascuna persona irachena. Serve la preghiera e serve che la Comunità internazionale attui la sua responsabilità verso questo popolo, che soffre ogni giorno, sia esso musulmano, sia esso cristiano.

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    Gli interventi degli arcivescovi di Buenos Aires e di San Salvador alla Conferenza di Aparecida

    ◊   Hanno illustrato la situazione delle proprie Chiese locali i diversi vescovi intervenuti la scorsa settimana alla prima parte dei lavori della V Conferenza dell’episcopato latinoamericano e caraibico. Inquadrando la pastorale nelle grandi tematiche dell’incontro continentale, i presuli hanno anche presentato le problematiche delle loro diocesi. Il servizio di Luis Badilla:

    “Questa globalizzazione, come ideologia economica e sociale, ha colpito negativamente i nostri settori più poveri”: così si è espresso l’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, durante il suo intervento. Il porporato ha sottolineato che “non si tratta soltanto dei conosciuti fenomeni dello sfruttamento e dell’oppressione, bensì di un qualcosa di nuovo, e cioè, l’esclusione che trafigge la radice stessa dell’appartenenza alla società nella quale si vive”. Il presidente dell’episcopato argentino, ha ricordato inoltre che a molte persone oggi viene negata "l’esistenza sociale", ma che in vari settori della popolazione, soprattutto tra i più bisognosi, vi è una riserva morale che conserva valori di umanesimo autentico. “La tradizione cattolica dei nostri popoli affronta oggi la sfida del pluralismo religioso e della proliferazione delle sette religiose – ha detto – occorre riconoscere che se una parte del nostro popolo non sperimenta la sua appartenenza alla Chiesa ciò si deve, in molti casi, ad un’evangelizzazione superficiale di buona parte della popolazione”. Per il porporato “il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa cattolica all’ambito del privato e delle cose intime”. Inoltre “il secolarismo, negando ogni trascendenza, ha prodotto una crescente deformazione etica, un indebolimento del senso del peccato personale e sociale, un progressivo aumento del relativismo morale che è causa di un disorientamento generale, in particolare durante la tappa dell’adolescenza e della giovinezza, così vulnerabili ai cambiamenti”. Da parte sua, l’arcivescovo di San Salvador, mons. Fernando Sáenz Lacalle, si è soffermato sulla “preghiera, necessaria – ha detto – per vivere in comunione con Dio”. “Quanti problemi abbiamo proprio perché non preghiamo come si dovrebbe – ha proseguito il presule – come non riconoscere che la nostra crisi di vocazioni è anche una crisi di preghiere. Mons. Oscar Romero diceva: come è possibile che gli uomini vivano senza pregare?”. Per l’arcivescovo di San Salvador “questa domanda ci interpella più che mai”, mentre “dall’altra parte c’è l’Eucaristia, che implica un processo di conversione” che “ha bisogno della grazia sacramentale della Penitenza”. Infine, il presidente dell’episcopato salvadoregno ha sottolineato che “il lavoro in favore della giustizia ha bisogno dell’amore” e che “la Chiesa non può lavorare in favore della giustizia senza l’amore”. “Dunque – ha precisato il presule – noi non possiamo prendere parte a processi che polarizzano le nostre società di per sé già tanto divise. La nostra deve essere sempre una voce in favore della pace e della riconciliazione”. Mons. Lacalle ha poi aggiunto che “senza ignorare i grandi problemi, come la miseria in cui vivono molti” salvadoregni, i pastori, devono “offrire sempre un modello di impegno sociale” che non assuma “come propria la lotta di classi” e che, invece, si ispiri alla carità. “Dobbiamo lavorare ancora di più in favore dell’unità – ha concluso – è un bisogno urgente delle nostre società, oggi divise e piene di conflitti”.

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    Arriva in tv la fiction su don Luigi Di Liegro, l'uomo della carità della diocesi di Roma

    ◊   Va in onda su Canale 5 in prima serata, oggi e domani, il film televisivo in due puntate "L’uomo della carità – Don Luigi Di Liegro", una biografia del sacerdote scomparso dieci anni fa, fondatore della Caritas diocesana di Roma ed infaticabile apostolo dell'amore verso i più poveri. Il servizio di Luca Pellegrini:

    (Voce di Giulio Scarpati nella parte di don Luigi):
    “Senti, l’ho detto anche a lui, noi stiamo per aprire una casa di accoglienza, c’è anche una grande mensa e un sacco di posti letto. Tu di solito dove stai? Questo è l’ufficio del Vicariato, casa, tutto quanto… chiamami! Ciao”.

     
    Si spese fino all’ultimo, don Luigi, per i suoi poveri. Si spese fino all’ultimo per gli ultimi di Roma. “Missionario in terra cattolica” lo ha definito il cardinale vicario, Camillo Ruini. Missionario in quelle terre dolorose e difficili abitate dagli indigenti, dai senza tetto, dagli emarginati, dai diversi per etnia e ceto, dagli ammalati che non si vogliono vedere, dai carcerati che non si vogliono visitare, dagli affamati che non si vogliono sfamare. Un apostolo della carità carismatico e concreto, appassionato e volitivo, non avvezzo ai compromessi e alle ipocrisie, perché capace soltanto di un amore autenticamente cristiano ed evangelico. Il film televisivo diretto da Alessandro Di Robilant prende le mosse dagli anni Cinquanta, in Belgio: qui conosciamo Di Liegro nelle insolite vesti di minatore mentre lavora a fianco degli immigrati italiani. La loro sofferenza diventa luce per il futuro di quest’uomo, e destino: alleviare quella di un’umanità affaticata e stanca per incarnare le Beatitudini. Spendendosi fino al 12 ottobre 1997, quando scomparve prematuramente, lasciando un grande vuoto ed una commossa memoria, testimoniata dalle immagini finali del film, quelle dei suoi funerali nella cattedrale romana di San Giovanni in Laterano. Don Luigi è interpretato in modo sincero e credibile da Giulio Scarpati, che ne ha messo in luce il carattere caparbio insieme all’illuminata dimensione pastorale. All’attore, Benedetta Rinaldi, ha chiesto quale memoria e quale ritratto di uomo scaturiscano dalla sua interpretazione:

     
    R. - Un uomo instancabile che camminava. Roma la faceva in lungo e in largo, proprio perché aveva tremila appuntamenti. Ma quella dell’ostello della Caritas, per esempio, era proprio il passaggio da un tipo di carità ottocentesca ad un tipo di carità più moderna: come restituire dignità alle persone e riattivare in loro dei meccanismi di coscienza di sé. Lui raccontava di barboni che perdevano qualunque dignità e voleva riuscire a restituirgliela, e quindi restituire loro il valore di essere uomini. Questa della dignità è una costante. Era una persona tenace, forte, instancabile nel suo spendersi per e con gli altri, con le persone che sono ai margini. Cercava in tutti i modi di far fare loro un salto in avanti, di riuscire a strapparli alla loro condizione di emarginazione. Ha usato anche i media, ha usato anche la stampa, ha cercato di forzare in certi casi anche la politica. Teneva sempre il fiato sul collo su tutte le amministrazioni comunali di Roma, proprio perché sentiva il dovere di difendere i diritti delle persone che non hanno voce.

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    Chiesa e Società



    Conclusa a Mosca la commemorazione di Giovanni Paolo II. Mons. Tadeusz Kondrusiewicz ha ricordato il grande interesse per la Russia del pontefice scomparso
     

    ◊   Si sono chiuse ieri a Mosca le “Giornate di Giovanni Paolo II”, iniziativa voluta dalla Chiesa cattolica russa per commemorare il defunto Pontefice nel giorno del suo compleanno - il 18 maggio scorso - data in cui avrebbe compiuto 87 anni. Dal 18 al 21 maggio, scrive l'agenzia AsiaNews, nella capitale russa, sono state organizzate conferenze sulla figura di Papa Wojtyla e momenti di preghiera in tutte le chiese del Paese. La manifestazione si è conclusa con un incontro di commemorazione alla cattedrale della Madre di Dio a Mosca, al quale hanno preso parte il nunzio apostolico, mons. Antonio Mennini, e l’ambasciatore polacco in Russia Jerzy Bahr. “Giovanni Paolo II ha sempre avuto un grande interesse per la Russia e la Chiesa ortodossa ed aveva preso a cuore le difficoltà esistenti”, ha ricordato l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, ponendo l’accento sull’idea di commemorare Giovanni Paolo II, quest’anno, nel momento in cui la Chiesa russa ortodossa ha sanato ufficialmente lo scisma, durato 80 anni, con la Rocor, la Chiesa ortodossa russa all’estero. Mons. Kondrusiewicz ha espresso la sua gioia per la riunificazione della Chiesa ortodossa russa, ufficializzata lo scorso 17 maggio, in una lettera al patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II. Nella missiva il presule ha auspicato che “il superamento dello scisma e la riunificazione eucaristia dei cristiani ortodossi” possa avere “un effetto pacificatore in tutta la società russa” incoraggiando il dialogo tra le Chiese sorelle. (F.L.)

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    Contro la fame in Argentina, ha fatto tappa a Buenos Aires, ieri, la quarta ‘Marcha de los Chicos del Pueblo’

    ◊   Ha fatto tappa nella Plaza de Mayo, a Buenos Aires, ieri, la quarta ‘Marcha de los Chicos del Pueblo’, organizzata dalla ‘Fundación Pelota de Trapo’ (palla di stracci), l’iniziativa organizzata per chiedere al governo che nessun bambino argentino muoia più di fame o sia denutrito in un Paese che esporta 300 milioni di tonnellate di cibo. Partita il 7 maggio da Puerto Iguazú, dopo aver percorso 4.600 chilometri e toccato le province di Corrientes, Chaco, Formosa e Santa Fe, la manifestazione, scrive l’agenzia MISNA, ha coinvolto circa 400 persone tra genitori, insegnanti, sindacalisti, esponenti politici e soprattutto bambini che vivono per lo più in orfanotrofi o strutture comunitarie di assistenza. Ad attenderli nella piazza di Buenos Aires divenuta storica per le manifestazioni sui desaparecidos, c’erano migliaia di persone e numerose “Madri di Plaza de Mayo”. “Siamo venuti con tanto colore e allegria – ha detto Mario Espínola, uno degli organizzatori – a denunciare quello che accade nel Paese. Se i nostri bambini continuano a morire di fame con tutta la ricchezza di cui ufficialmente si parla, ci troviamo di fronte a un vero crimine. A queste morti rispondiamo con la vita. Questi bambini cambieranno da un momento all’altro il Paese”. La marcia contro la fame è nata con il movimento nazionale ‘Chicos del Pueblo’, che attivo dal 2001, l'anno dopo fece partire la prima edizione dalla provincia di Misiones. Quest’anno è stata scelta Puerto Iguazú perché qui, nel 2006, in un solo mese, 17 bambini della comunità 'mbya' sono morti di stenti. La mortalità infantile in Argentina si aggira, secondo stime correnti, intorno al 30 per mille; in alcune province, come per esempio Corrientes, è denutrito anche il 45 per cento dell’infanzia. (T.C.)

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    Una nuova struttura di accoglienza per i bambini poveri in Romania

    ◊   Un centro educativo diurno e dopo-scuola per bambini poveri è stato inaugurato ieri a Roman, nel nordest della Romania. La struttura, che sarà gestita dai Giuseppini del Murialdo, è costata 150 mila euro ed è stata ultimata in due anni, grazie all’aiuto di alcune comunità della diocesi di Cesena-Sarsina guidate dall’unità parrocchiale San Giorgio-Bagnile. Il centro ospiterà 80 giovani in due turni dal lunedì al venerdì; sabato e domenica funzionerà invece da oratorio parrocchiale. La celebrazione per l’inaugurazione è stata presieduta dal vescovo di Iasi, Petru Gherghel. In Romania, negli orfanotrofi, ci sono circa 80 mila bambini; ma la piaga più grande sono i minori ‘di strada’ o ‘dei tombini’, più di tremila in tutto il Paese. “Con questo centro – ha detto padre Antonio Ferrari, missionario giuseppino – coroniamo il sogno, ricorrente sin dal 1998, l’anno del nostro arrivo nel Paese, di creare un luogo dove i giovani si sentano a casa loro, trovando un prolungamento della realtà familiare in una struttura per la formazione al lavoro”. Il sacerdote ha spiegato che la costruzione è frutto della collaborazione di giovani romeni e italiani e di famiglie che credono sia possibile cambiare una realtà sociale dove i poveri diventano sempre più poveri. La presenza in Romania dei Giuseppini del Murialdo, congregazione di religiosi educatori fondata a Torino nel 1873 da san Leonardo Murialdo ed oggi presente in altri tredici Paesi, risale al 24 marzo 1998. Fra le loro opere il Centro giovanile ‘Sfântul Leonardo Murialdo’ di Popesti-Leordeni, con un oratorio e una scuola di arti e mestieri. Alla fine del 2001 ha aperto i battenti anche la casa di formazione di Roman, a circa 350 chilometri da Bucarest. (T.C.)

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    Attivata, dopo 54 anni, una linea marittima che collega la Corea del Nord e quella del Sud

    ◊   Un mercantile nordcoreano è stato accolto per la prima volta dopo 54 anni in un porto sudcoreano. La Corea del Nord e quella del Sud, riferisce l’agenzia MISNA, hanno inaugurato una nuova linea marittima diretta che collega i porti di Rajin (nord) e quello di Busan (sud). L’imbarcazione che ha ripreso i collegamenti marittimi è il mercantile ‘Kangsong’, con una stazza di 1.800 tonnellate e un equipaggio di 27 uomini. Dopo la linea ferroviara riattivata la settimana scorsa dopo oltre mezzo secolo, il nuovo collegamento è un ulteriore passo verso una effettiva riconciliazione tra i due Stati. Il riavvicinamento fra le due Nazioni era cominciato alla fine degli anni ‘90 e si è sviluppato con la cosiddetta “politica del sorriso”, soprattutto dopo il vertice del giugno 2000 a Pyongyang tra il presidente nordcoreano Kim Jongil e l’allora presidente sudcoreano Kim Daejung. Pur rallentata a causa delle difficoltà per il raggiungimento dell’accordo internazionale sul nucleare nordcoreano, la “politica del sorriso” potrebbe presto portare a un incontro tra Kim Jongil e l’attuale presidente sudcoreano Roh Moohyun, che si è sempre adoperato per il miglioramento dei rapporti con il nord. (T.C.)

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    Via alla campagna per l’ospitalità a Sidney in vista della GmG 2008

    ◊   È partita la campagna “HomeStay” (alloggio in famiglia) in vista della Giornata Mondiale della Gioventù di Sidney del prossimo anno. Mancano 421 giorni e il Comitato organizzatore ha presentato la campagna nel numero di maggio di “e-pilgrimage”, la newsletter di preparazione alla Giornata. “HomeStay è un’esperienza fantastica sia per la famiglia ospitante che per i pellegrini. Il programma, riferisce l’agenzia SIR, sarà incentrato sulle parrocchie per fornire alloggio nelle quattro diocesi di Sydney a migliaia di pellegrini durante la settimana della Gmg” scrive il Comitato organizzatore. In collaborazione con i comitati locali ed organizzazioni come Rotary, Apex e Lions i ‘padroni di casa’ apriranno le porte a pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. Per il Comitato organizzatore della GmG 2008 HomeStay “aiuta non solo a risolvere il problema degli alloggi, ma rappresenta anche un’esperienza pastorale che arricchirà la Chiesa negli anni a venire”. Ogni parrocchia ora sarà invitata a dotarsi di un coordinatore HomeStay, mentre nelle prossime settimane, sul sito ufficiale della Gmg, wyd2008.org, saranno disponibili i moduli e le modalità d’iscrizione. Intanto sono iniziate le iscrizioni per i volontari a lungo termine (fino a dodici mesi) al servizio della Chiesa e della Gmg08. Quelle dei volontari per la sola settimana della Gmg partiranno a fine luglio. (T.C.)

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    Nella Repubblica Democratica del Congo nasce l’emittente cattolica Radio Kaoze, dal nome del primo sacerdote congolese

    ◊   “L’abbiamo chiamata Radio Kaoze per rinverdire il ricordo del primo prete congolese della nostra diocesi e del Paese. Per noi l’emittente è uno strumento di evangelizzazione”. E’ quanto afferma in un’intervista all’agenzia DIA, don David Luhaka, vicepresidente del comitato di gestione di Radio Kaoze, sulla neonata radio cattolica che trasmette nella Repubblica Democratica del Congo. I programmi dell’emittente, scrive l’agenzia Fides, sono incentrati sulla meditazione della Parola di Dio ma toccano anche vari temi: la cultura, la salute e i diritti umani, e inoltre argomenti attinenti alla filosofia, alla teologia, allo sviluppo e all’attualità locale. I responsabili della radio intendono fondare anche il “Club Kaoze” ed hanno in progetto trasmissioni dedicate alla figura di don Stefano Kaoze, il primo sacerdote congolese, ordinato nel 1917. La prima radio cattolica del Paese, Radio Elikya di Kinshasa, ha iniziato invece le sue trasmissioni nel 1995, seguita poi da altre. Diverse emittenti cattoliche, presenti in Congo, fanno parte dell’Associazione delle Radio Comunitarie e Associative - ARCO ed hanno svolto un ruolo fondamentale nella sensibilizzazione della popolazione congolese sull’importanza della partecipazione al voto per le elezioni politiche e presidenziali, esercitando un ruolo fondamentale sia sul piano ecclesiale che su quello politico. (F.L.)

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    Oggi a Cascia il conferimento del Premio internazionale Santa Rita a tre donne che si sono distinte per le loro virtù cristiane

    ◊   Questo pomeriggio a Cascia, al termine della celebrazione del transito di Santa Rita che si svolgerà alle 18 nella basilica dedicata alla mistica agostiniana, sarà conferito il premio internazionale Santa Rita. Il riconoscimento, che ogni anno viene attribuito a tre donne che hanno imitato le virtù della Santa, quest’anno sarà assegnato a Marisa Grasso, vedova dell’ispettore Filippo Raciti, morto a Catania lo scorso 2 febbraio, durante la partita Catania-Palermo, negli scontri tra tifosi; a Teresa Cataldo, il cui marito è stato ucciso dalla ‘ndrangheta nella frazione di Bosco di Bovalino, nella Locride, e a Lidia Cavenaghi, madre di Paola Galli uccisa l’11 dicembre dello scorso anno nella strage di Erba. Il premio alla vedova dell'ispettore Raciti, è stato attribuito per la forza interiore che ha aiutato la donna, con la luce del perdono, a superare la tragedia della morte violenta del marito attingendola a quei valori cristiani che già esprimeva insieme con la famiglia e come catechista nella sua parrocchia ad Acireale. La vicenda di Teresa Cataldo è quasi identica a quella vissuta da Santa Rita: anche lei ha aiutato i due figli a perdonare per troncare la violenza delle faide e dell’odio fratricida. La donna era con il marito nel momento dell’agguato e per salvarlo si era parata davanti al suo corpo, ma gli assassini non le permisero di risparmiarlo. Nel luogo in cui è morto il marito Teresa, insieme ai suoi figli e al vescovo Mons. Giancarlo Bregantini, ha piantato un olivo, ricchezza della Calabria e segno di speranza, di perdono e di riconciliazione. Lidia Cavenaghi, 85 anni e madre di 5 figli, anziana e malata ma donna di grande fede cristiana, ha pregato e perdonato subito chi le ha sottratto in un attimo la figlia, la nipote e il pronipote. Soprattutto il suocero, Carlo Castagna, con un coraggio eroico, è diventato il testimone pubblico della sincerità di questo perdono e della capacità di affrontare un dolore tanto grande solo con la forza della preghiera e dell’amore cristiano. Lidia Cavenaghi e Carlo Castagna hanno condiviso inoltre la difficile scelta del marito di Raffaella e padre del piccolo Youssuf Azouz, di seppellire i suoi cari in Tunisia con funerale musulmano, amando, donando e perdonando. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuove violenze in Medio Oriente - In Afghanistan, bombe alleate colpiscono i talebani

    ◊   Medio Oriente. Anche oggi, per il settimo giorno consecutivo, la zona di Sderot, in Israele, è stata sottoposta a lanci di razzi dalla vicina striscia di Gaza. Su Sderot e sulla zona circostante sono caduti questa settimana circa 130 razzi palestinesi e secondo le ultime stime, un terzo degli abitanti (otto mila su 23 mila) hanno lasciato la città. Intanto, almeno quattro palestinesi sono rimasti uccisi in un nuovo raid aereo israeliano condotto a Jabalya, presso Gaza, contro un veicolo. Secondo le prime informazioni, si tratta di miliziani delle Brigate al-Quds, braccio armato della Jihad islamica. Da parte sua, il ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema, in visita in Afghanistan, ha lanciato un monito a “limitare o azzerare a Gaza il ricorso alla violenza e gli attacchi, sul cui carattere mirato, sulla base degli effetti sulla popolazione civile, c’è motivo di dubitare”. Annunciata, infine, da oggi a giovedì, la missione dell'Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’UE, Javier Solana, in Israele, nei Territori palestinesi, in Libano ed Egitto.

    - Proseguono i bombardamenti aerei della forza multinazionale in Afghanistan. Almeno 25 talebani sono rimasti uccisi nella provincia meridionale di Helmand. Gli attacchi si stanno concentrando in una zona non lontana da dove la settimana scorsa fu rinvenuto il cadavere del mullah Dadullah, già comandante dei ribelli per l'Afghanistan del sud e capo del commando che sequestrò il giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo e due suoi collaboratori locali, poi assassinati. A tal proposito, le autorità afghane hanno informato il ministro degli Esteri italiano, D’Alema, in visita a Kabul, che la procedura nei confronti del collaboratore di Emergency, Ramatullah Hanefi, sospettato di aver avuto un ruolo nel sequestro Mastrogiacomo, è completa e che tra pochi giorni le accuse saranno rese note. - E di Afghanistan si parla nell’incontro tra il presidente americano, George W. Bush, e il segretario generale della NATO, Jaap De Hoop Scheffer, in corso in Texas nella dimora privata di Bush. Tra gli altri argomenti in agenda, il progetto di scudo spaziale e le relazioni con la Russia e la questione Kosovo. I colloqui, cui partecipano anche il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, e il ministro della Difesa, Robert Gates, andranno avanti per tutta la giornata di oggi.

    - La rivoluzione iraniana ha avuto “l’effetto di migliaia di bombe atomiche di Hiroshima” nella situazione politica mondiale, perché stata di ispirazione ai “popoli” per ribellarsi contro “la dominazione”, cioè gli USA. Lo ha detto oggi la Guida suprema iraniana, lo ayatollah Ali Khamenei, parlando a centinaia di studenti Basiji, i volontari delle milizie islamiche.

    - In Bulgaria, il partito di opposizione di centrodestra, GERB, ha sorpassato i socialisti al governo nelle prime elezioni europee nel Paese. Il servizio di Iva Mihailova:

     
    Nelle prime elezioni parlamentari europee della sua storia, la Bulgaria ha consegnato una vittoria sorprendente al nuovo Partito GERB, dell'opposizione di destra, del sindaco di Sofia, Bojko Borisov. Solo il 30 per cento dei 7 milioni di bulgari chiamati al voto si sono recati ieri alle urne. Secondo i risultati ufficiali resi noti stamattina, il GERB ha ottenuto circa il 22 per cento davanti al Partito socialista, dominante nella coalizione governativa. Buoni risultati per il Partito etnico turco, secondo nella coalizione governativa, che ha ricevuto circa il 21 per cento. Ognuno dei tre partiti potrebbe ricevere cinque seggi a Strasburgo. Circa il 17 per cento invece, è andato al Partito nazionalista Ataka e solo il 7 per cento all'altro partito del governo dell'ex re Simeone II. Nessun posto all'Europarlamento, invece, per i tradizionali partiti di destra. Secondo gli esperti, la sorprendente vittoria del neocostituito partito GERB è stata determinata dalla delusione dei bulgari circa l’operato della coalizione governativa, che non ha saputo appagare le loro aspettative dopo l'entrata nell’UE, il primo gennaio di quest'anno. Un'altra spiegazione potrebbe essere la perdita di fiducia nel Partito socialista, il cui ministro dell'Economia è stato coinvolto in un mega-scandalo di corruzione insieme ad un capo della polizia. Molti bulgari, comunque, non hanno ancora capito esattamente il ruolo degli europarlamentari e come essi potrebbero aiutarli a cambiare la loro vita. (Per la Radio Vaticana, Iva Mihailova)

    - Fallisce in Romania il referendum per la messa in stato d’accusa per abuso di potere del presidente Basescu, che si riconferma uno dei politici più apprezzati nel Paese. Un voto caratterizzato da un’affluenza bassa, di poco superiore al 44%, ma con ben il 74,3% degli elettori favorevoli al presidente. Mihaela Iordache, giornalista rumena in Italia, ci spiega quali sono i motivi di un risultato così favorevole a Basescu. L’intervista è di Stefano Leszczynski:

    R. - L’ex comandante di marina, il 55.enne Traian Basescu, tuttora il politico più popolare del Paese, vince così una battaglia, ma non una guerra. Esce rafforzato e torna al Palazzo Cotrocen, sede della presidenza, riprendendo in pieno i suoi poteri. Ottiene oltre un milione di voti in più, rispetto alle elezioni del 2004. A suo favore, vota anche parte dell’elettorato dei partiti, che l’avevano sospeso e avevano proposto la sua destituzione.

     
    D. - Come mai questa vittoria così schiacciante da parte del presidente?

     
    R. - L’elettorato ha votato per Basescu anche alla luce della lotta alla corruzione, da lui proposta. Lui ha insistito per la lotta alla corruzione che riguarda anche molti politici. Da questo punto di vista, i meriti di Basescu sono stati riconosciuti.

     
    D. - C’è da scommettere che le conseguenze politiche di questo referendum non si fermeranno qui…

     
    R. - Sì, è vero. Con l’attuale configurazione politica, Traian Basescu rischia però di essere un presidente dallo strapotere, bloccato nei suoi progetti politici da un Parlamento a lui ostile. La lotta alla corruzione che vede interessati molti politici, la condanna del comunismo, le accuse indirizzate agli oligarchici, l’accesso ai dossier dell’ex polizia politica hanno fatto di lui un personaggio scomodo per molti politici. Dopo i risultati del referendum, tutti i cinque partiti contrari al presidente stanno attraversando, se non una crisi, una brutta esperienza, che potrà avere profonde conseguenze.

    - Sono oltre 35 milioni i cittadini spagnoli chiamati a partecipare domenica prossima, 27 maggio, alle elezioni amministrative. Saranno eletti i sindaci di tutte le città e i governi di 13 tra le 17 regioni autonome in cui è divisa la Spagna. Il servizio di Ignazio Arregui:

    Secondo i risultati delle precedenti elezioni del 2003, attualmente il Partito popolare supera il Partito socialista in termini numerici per quanto riguarda il governo delle città e delle regioni, mentre il Partito socialista supera il PP per numero totale di voti. Nei Paesi Baschi, si è creata una situazione particolare, con il divieto al partito Batasuna, dichiarato illegale per la sua vicinanza all’ETA, di presentare i suoi candidati, anche camuffati sotto altre sigle politiche. Alla campagna prendono parte, ogni giorno, i grandi leader politici, in particolare il presidente del governo, Rodriguez Zapatero, e il capo dell’opposizione, Mariano Rajoy. Troppo spesso sono state affrontate le grandi questioni nazionali lasciando da parte l’ambito dei comuni e delle regioni. Nelle precedenti elezioni amministrative, si è registrata un’astensione attorno al 30-37%. Comincia ad avere una certa consistenza il voto degli immigrati. Potrebbe anche influire nell'attuale equilibrio politico il voto dei nuovi elettori, che saranno circa 700 mila. Anche se non si prevedono grandi cambiamenti per quanto riguarda il risultato dei voti, possono darsi alcune sorprese nella creazione di nuove maggioranze in alcune città e in tre regioni: Navarra, Canarias, e Isole Baleares. (Per la Radio Vaticana, padre Ignazio Arregui)

    - Un attentato è stato sventato stamani in India. Una bomba è stata infatti rinvenuta e disinnescata dalla polizia nella città orientale di Kolkata. Nei giorni scorsi un’esplosione in una moschea nel sud del Paese ha ucciso 11 persone.
     
    - Ancora un attentato contro personalità politiche in Somalia. Il sindaco di Mogadiscio, Mohamed Dhere Omar Habeeb, è uscito illeso dall’esplosione di una mina anticarro fatta detonare al passaggio della sua auto lungo una strada nella parte nord della città. Due passanti sono rimasti uccisi dall’esplosione. Tre giorni fa, un analogo attentato è fallito contro il primo ministro somalo, Ali Mohamed Gedi.

    - In Nigeria, un uomo armato non identificato ha fatto esplodere degli ordigni in una struttura petrolifera gestita dalla compagnia francese Total. L’agguato non ha provocato né morti né feriti. Al momento, non sono state rese note le cause dell’attentato.
     - Il presidente brasiliano, Lula da Silva, è giunto ad Asuncion, in Paraguay, per una visita ufficiale di due giorni, durante la quale siglerà una serie di accordi bilaterali con il collega, Nicanor Duarte Frutos, tra i quali spicca la possibilità di arrivare ad una alleanza strategica per la produzione di biocombustibili. - “Unicredit ritiene di poter realizzare un utile netto di 10 miliardi prima del 2010”: è quanto ha affermato Alessandro Profumo, l’amministratore delegato del neo gruppo bancario, nato dalla fusione tra UnicreditBanca e Capitalia, nel corso della presentazione, stamani a Milano. Unicredit è la prima banca italiana per capitalizzazioni, con 100 miliardi di euro, la seconda in Europa e la sesta nel mondo.  - E’ in gravi condizioni uno dei 26 immigrati clandestini giunti ieri sera a Lampedusa, dopo essere stati soccorsi dalla Guardia costiera a circa 48 miglia dall’isola siciliana. Gli immigrati hanno raccontato di essere partiti dalle coste libiche lo scorso 12 maggio e dopo alcuni giorni due di loro sono morti di stenti e sono stati gettati in mare. Altri due, invece, sarebbero stati trasbordati su un’altra imbarcazione. (Panoramica internazioanle a cura di Roberta Moretti)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 141

     
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