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SOMMARIO del 15/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa a Castel Gandolfo fino a venerdì. Domani non c'è l'udienza generale. Il commento dell'arcivescovo di Brasilia sul viaggio di Benedetto XVI in Brasile
  • L'arcivescovo di Asunción: il messaggio del Papa in Brasile, un richiamo forte all'amore e alla solidarietà con i poveri
  • I giovani brasiliani: vogliamo vivere il messaggio di Benedetto XVI: amare ed essere santi
  • Rinuncia dell'Ordinario Militare in Argentina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il dramma dei profughi iracheni in un'Europa che li respinge. Intervista con Cristopher Hein
  • Ricalibrare il sistema di tutele sociali sulle esigenze della famiglia: Domenico Delle Foglie fa un bilancio del Family Day

  • Al centro di un convegno a Roma l'incidenza sociale dei carismi della vita consacrata
  • Grande successo per la Fiera Internazionale del Libro di Torino
  • Chiesa e Società

  • Prima giornata di lavori alla Conferenza di Aparecida: l'intervento del cardinale Péter Erdő, presidente dei vescovi europei
  • I vescovi del Guatemala: la difesa della vita un’urgente sfida da affrontare a cominciare dalla famiglia
  • Questa mattina a Roma i funerali del vaticanista Orazio Petrosillo
  • In carcere per aver manifestato contro l’estremismo islamico: arrestate in Pakistan 24 donne
  • Polemiche e pareri discordi in Kuwait per il rifiuto del ministro dell’educazione di indossare il velo in parlamento
  • Rinnovate le cariche dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali
  • Eletto il nuovo superiore generale dell'Ordine dei Ministri degli Infermi
  • Restano ancora ignote le cause dell’espulsione del padre gesuita Svlvain Urfer dal Madagascar, il 10 maggio scorso
  • Nel 30.mo anniversario delle trasmissioni in esperanto della Radio Vaticana, il movimento esperantista cattolico rinnova la sua consacrazione a Maria
  • 24 Ore nel Mondo

  • Panoramica internazionale a cura di Roberta Moretti e Isabella Piro

  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa a Castel Gandolfo fino a venerdì. Domani non c'è l'udienza generale. Il commento dell'arcivescovo di Brasilia sul viaggio di Benedetto XVI in Brasile

    ◊   Dopo l’intenso viaggio apostolico in Brasile il Papa, trascorre alcuni giorni a Castel Gandolfo, dove è giunto ieri verso le 13.00. Domani non ci sarà la consueta udienza generale del mercoledì. Il rientro di Benedetto XVI in Vaticano è previsto per venerdì prossimo nel pomeriggio. In tutta l’America Latina sono ancora forti gli echi della visita pastorale in Brasile dove il Pontefice ha inaugurato la V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e caraibico. Ascoltiamo in proposito il commento dell’arcivescovo di Brasilia João Braz de Aviz, intervistato dal nostro inviato Alessandro Gisotti:

     R. – Penso che la figura del Papa è stata scoperta in modo molto profondo, in Brasile, in questo viaggio, perché qui soprattutto i mezzi di comunicazione ancora a volte ci dicono che il Papa è una persona troppo seria, è una persona troppo intellettuale, invece noi abbiamo visto un Papa molto “padre”, molto “prossimo”, molto affettuoso e molto capace di trovare l’intesa con il popolo. E per noi è stata una cosa meravigliosa. Il Papa ha affrontato poi i vari aspetti della nostra vita ecclesiale e della società, in un momento cruciale, per noi.
     D. – In tutti i discorsi di Benedetto XVI, c’è un accento ad essere rinnovati evangelizzatori ...
     R. - ... e noi siamo felici, perché c’è questo ritorno all’attenzione al discepolato, l’attenzione alla missionarietà: è il centro, per noi! E noi avevamo bisogno di questa cosa. Il Brasile si sta svegliando, ora, per quanto riguarda la grande realtà dell’Amazzonia, che anche è un campo missionario grandissimo. Le diocesi si aprono anche a molti Paesi dell’Africa e di altri Paesi. Noi già abbiamo missionari brasiliani che lavorano in Europa. E anche questa cosa ci piace moltissimo, perché sappiamo che se la Chiesa va in questa direzione, con la sua testimonianza, soprattutto, potrà dare un grande contributo al ringiovanimento proprio e della società.

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    L'arcivescovo di Asunción: il messaggio del Papa in Brasile, un richiamo forte all'amore e alla solidarietà con i poveri

    ◊   Il Papa ha invitato i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici latinoamericani a rinnovare lo slancio missionario mettendo al centro Cristo e la sua Chiesa, predicando in modo chiaro e senza riduzioni il Vangelo dell’amore e della verità di Dio. Ha quindi ricordato che l’evangelizzazione è strettamente legata ad una liberazione autentica dell’uomo che superi povertà morali e spirituali, lontano dagli errori distruttivi di ideologie materialistiche come quelle del marxismo e del capitalismo. Su questo messaggio del Papa la riflessione dell’arcivescovo paraguaiano di Asunción Eustaquio Pastor Cuquejo Verga, al microfono di Alessandro Gisotti:

     R. – Credo che il suo messaggio sia stato un messaggio molto semplice, umile ma molto importante, con un richiamo forte all’amore – diciamo così – e alla solidarietà dei popoli in America Latina. E credo che i poveri abbiano avuto un appoggio molto forte dal messaggio del Papa: è questo è molto positivo in questo tempo. Per noi, qui radunati per la V Conferenza dei vescovi dell'America Latina e dei Caraibi, è stato anche un messaggio estremamente importante che ci indica un cammino di riflessione in questi 20 giorni di lavori.
     
    D. – Il Papa ha messo l’accento sul tema della Conferenza: missionarietà, discepolato, nuova evangelizzazione: una sfida per la Chiesa dell’America Latina?

     R. – Certamente! Credo che dobbiamo fare un lavoro migliore, rispetto a prima. L’evangelizzazione deve entrare più in profondità nella popolazione. Anche il Papa ha dato una valutazione molto positiva della religiosità popolare, però ha dato incarico a tutti noi di evangelizzare ancora di più all’interno di questa religiosità popolare dell’America Latina, che è veramente un tesoro per questo continente! E’ un’eredità della prima evangelizzazione del 1500, in questo continente; però, noi ora abbiamo la responsabilità di aggiornare l’evangelizzazione in questa epoca di cambiamenti: nella cultura, nella società, nel mondo economico, politico ...

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    I giovani brasiliani: vogliamo vivere il messaggio di Benedetto XVI: amare ed essere santi

    ◊   Pieno di gioia ed entusiasmo è stato l’incontro del Papa con i giovani a San Paolo: il Papa li ha esortati a vivere intensamente la propria vita scoprendo l’amicizia di Gesù e testimoniando la bellezza di essere cristiani. Abbiate il coraggio di scommettere tutto su Cristo – ha detto il Papa – consacrando la vostra vita agli alti ideali della fede e della solidarietà. Ma come hanno reagito i giovani brasiliani? Sentiamo Maristela Ciarocchi, giovane coordinatrice di produzione della TV Aparecida, intervistata da Alessandro Gisotti:
     
    R. – E’ stata splendida l’accoglienza dei brasiliani. Siamo molto felici per tutto quello che il Papa ha fatto, per la sua gioia, per la sua disponibilità con le persone. Tutte le persone con le quali ho parlato, mi hanno detto che questo Papa è stato scelto veramente da Dio e dallo Spirito Santo.

     
    D. – Si è visto poi allo stadio di Pacaembu e alla Fazenda de Esperança che il Papa si emoziona per l’entusiasmo dei giovani ed emoziona i fedeli con questi abbracci e con queste carezze…

     
    R. –Sì, e poi quando lo abbiamo invitato a venire in Brasile per una Giornata Mondiale della Gioventù, lui è stato così felice e per noi è così bello vedere questa gioia che viene da lui. Noi abbiamo il nostro modo di esprimere la gioia, lo facciamo con il nostro calore brasiliano, con gli abbracci e i baci. Ma tutti quanti noi avevamo paura di quale potesse essere la sua risposta. Il Papa è stato così aperto con noi e così felice della nostra gioia brasiliana.

     
    D. – Quindi, quali sono le speranze per il futuro dopo questo viaggio del Papa in Brasile, per la Chiesa del Brasile?

     
    R. – Penso anzitutto la giustizia. Io spero che tutti i giovani brasiliani possano apprendere veramente ad amare e a saper stare vicino a chi sta davanti a loro. Speriamo di vivere il messaggio di Papa Benedetto XVI: di amare e di essere santi.

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    Rinuncia dell'Ordinario Militare in Argentina

    ◊   Benedetto XVI ha accolto la rinuncia al governo pastorale dell’Ordinariato militare per l’Argentina, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Antonio Juan Baseotto, membro della Congregazione dei Redentoristi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - La conclusione del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Brasile: articolo del nostro inviato G. Mattei.

    Servizio estero: in primo piano l'intervento di mons. Michael Miller, segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica, capo delegazione della Santa Sede, alla ventiduesima sessione della Conferenza permanente dei ministri europei dell'Educazione che si è tenuta ad Istanbul il 4 e 5 maggio scorso.

    Servizio culturale - Un articolo di Maria Maggi dal titolo “Le drammatiche conseguenze dell'emergenza idrica sull'equilibrio e lo sviluppo del pianeta Terra”; l'allarme delle Nazioni Unite: tra 40 anni oltre due miliardi di persone saranno completamente senz'acqua.

    Per la rubrica “L'Osservatore Libri”: un articolo di Danilo Veneruso sul tema “Gran Bretagna e Vaticano durante la Seconda Guerra Mondiale”; un’attenta ricostruzione storica di Owen Chadwick portata avanti seguendo le carte dell'ambasciatore britannico D'Arcy Godolphin Osborne.
     Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.

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    Oggi in Primo Piano



    Il dramma dei profughi iracheni in un'Europa che li respinge. Intervista con Cristopher Hein

    ◊   La condizione dei rifugiati iracheni si fa ogni giorno più allarmante e l'’Europa non può più guardare dall’altra parte. Con questo appello il Consiglio italiano per i rifugiati e il Network euro-mediterraneo per i diritti umani, che riunisce 82 ONG del Mediterraneo, sono tornati a puntare i riflettori sulla situazione irachena. Gli ultimi dati dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati parlano ormai di quasi due milioni di iracheni costretti a lasciare il proprio Paese. Ad accrescere la preoccupazione, è la condizione di migliaia di rifugiati palestinesi ospitati in Iraq sotto Saddam Hussein ed ora costretti nuovamente alla fuga. Della questione parla Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, intervistato da Stefano Leszczynski:


    R. - E’ stato denunciato che l’Europa chiude le porte, almeno molti Paesi lo fanno: parliamo anche dell’Italia, dove nelle ultime settimane sono stati respinti più di 200 cittadini iracheni dalle coste adriatiche verso la Grecia, da dove erano partiti. E’ stato citato il caso della Germania, dove a migliaia di rifugiati iracheni già riconosciuti in precedenza viene ritirato il diritto d’asilo. E’ stato menzionato il caso della Svizzera, che respinge cittadini iracheni anche richiedenti asilo, verso le regioni del nord dell’Iraq, dove si suppone che la situazione sia più tranquilla.

     
    D. - Quindi, nonostante la situazione dell’Iraq, alcuni Paesi europei - se non parecchi - ritengono l’Iraq un Paese sicuro?

     
    R. - Almeno ritengono parti dell’Iraq sicure e per quanto riguarda il resto considerano che prima o poi ci sarà la condizione per un ritorno e che quindi non c’è una necessità, per esempio, di un re-insediamento di gruppi di rifugiati iracheni in Europa.

     
    D. - E se la situazione non cambia per il futuro, il problema dei rifugiati iracheni potrebbe diventare molto simile a quello che è stato ed è tuttora il problema dei rifugiati palestinesi?

     
    R. - Ci auguriamo veramente di no! E’ da ricordare che la situazione dei rifugiati palestinesi si trascina dal 1948, quindi da ben più di mezzo secolo. Non vogliamo certamente prevedere che qualcosa di simile accada con questo esodo dall’Iraq, anche se le notizie che arrivano dall’Iraq non parlano certamente di un accenno di un miglioramento della situazione per la gente, e quindi dobbiamo sicuramente prepararci in Europa - e non solo - ad un periodo più lungo, anche, della necessità di dare accoglienza e protezione a queste persone, prima di poter parlare di un loro ritorno in patria.

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    Ricalibrare il sistema di tutele sociali sulle esigenze della famiglia: Domenico Delle Foglie fa un bilancio del Family Day
     

    ◊   Nel giorno in cui si celebra, sotto l’egida delle Nazioni Unite, la Giornata internazionale delle Famiglie, continuano per gli organizzatori del Family Day i bilanci sul significato della manifestazione che, sabato scorso, ha portato in piazza San Giovanni in Laterano, a Roma, almeno un milione di persone. Sui risvolti di un evento che ha amplificato in modo inedito la voce e il peso sociale e politico del soggetto-famiglia, Alessandro De Carolis ha raccolto la valutazione del coordinatore del Family Day, Domenico Delle Foglie:


    R. - La famiglia si è ripresa la sua soggettività. E’ venuta in piazza al di là di ogni nostra più rosea aspettativa. Noi avevamo fatto una scommessa e ripensandoci, il giorno dopo, a mente fredda, abbiamo corso un rischio incredibile, perché abbiamo detto alle famiglie italiane: “Venite in piazza con i vostri bambini, sarà una grande festa”. A rivedere tutte quelle famiglie, a rivedere tutti quei bambini, il giorno dopo mi è venuta la pelle d’oca. Però, la famiglia ha voluto farsi sentire, ha voluto dire: “Guardate, noi siamo un soggetto meritevole di cura”. E sulla scorta delle parole di Giovanni Paolo II che noi abbiamo ritrovato e trasmesso in piazza - “Attenzione che la famiglia può essere distrutta. La famiglia è delicata, la famiglia va curata” - le famiglie sono venute a ripetere: “Noi siamo la fragilità, ma noi siamo anche la forza. Su di noi si costruisce il futuro. Dateci quell’attenzione che meritiamo”. Bene, questa soggettività straordinaria oggi possiamo dire che è nella sua scena pubblica, è sul tavolo della politica italiana.

     
    D. - Il peso sociale dimostrato dalle famiglie scese in piazza è, di fatto, anche un peso politico. E un primo riflesso di un cambiamento, nell’orizzonte politico, già si coglie…

     
    R. - Sì, io credo che oggi si debba voltare pagina. Che la politica debba riprendere l’ascolto costante della società civile. Noi abbiamo dato voce a questa parte della società civile, la famiglia. Credo, però, che tutto il Paese complessivamente abbia bisogno di trovare una voce non ideologica, occasioni bipartisan, possibilità di esprimere la voglia di costruire il bene. Sembra quasi, in questo nostro Paese, che il bene faccia paura. Sui giornali, sui mass media ancora questa percezione non c’è. E da questo punto di vista, c'è anche una grandissima responsabilità del sistema mediatico. Bisogna fare un’alleanza fra la buona politica, la buona informazione, la buona società civile - che è tanta - per allargare l’area dell’ascolto.

     
    D. - Anche in Italia, c'è il problema dei media che, per dirla con le parole di Bendetto XVI, mettono in ridicolo la famiglia esiste…

     
    R. - E’ gravissimo. Noi facciamo i conti con un sistema culturale che, complessivamente, ha scelto la strada della denigrazione della famiglia, descrivendola in maniera caricaturale, addirittura come luogo di tutte le nefandezze. In altre parole, il pilastro in realtà da tutti riconosciuto, nel profondo del proprio cuore, della costruzione del futuro è diventato invece il simulacro delle cose più abbiette. Fino a pochi giorni fa, si faceva persino fatica a dire: “Guardate che termini come fedeltà, sacrificio, responsabilità sono la sostanza della vita comune, sono la sostanza del bene comune, che si vive nella famiglia e si può proiettare nella società”. Io credo vi sia in Italia la possibilità, partendo da queste premesse, di tornare a costruire una grande piattaforma civile su tre grandi prospettive: la vita, la famiglia, la libertà di educazione. Questa è la piattaforma civile dei cattolici italiani.

     
    D. - E questa è, probabilmente, anche la piattaforma che il Family Day porterà come eredità alla Conferenza sulla famiglia organizzata dal governo per il 24 e il 25 maggio prossimi…

     
    R. - Sì, sicuramente. Io ci sarò in qualità di osservatore, come coordinatore del Family Day, anche per verificare se e in quale misura il governo acquisisca almeno gli input venuti da questa piazza. L’idea di fondo che sarà poi la sostanza della proposta del Forum delle famiglie - che è il soggetto che interloquisce con il governo, con il parlamento, sulle politiche familiari - è quella di cambiare la prospettiva del welfare. Il welfare italiano è stato costruito per decenni sulla figura del lavoratore, del disoccupato e del pensionato. Noi dobbiamo voltare pagina. Dobbiamo costruire il welfare del futuro acquisendo la centralità del soggetto famiglia, perché ogni famiglia è diversa dall’altra: basti pensare alla famiglia numerosa, alla famiglia con anziani, con portatori di handicap. Bisogna riformulare il welfare italiano partendo dall’assunto che quello di domani avrà al centro la famiglia. Con questo spirito, credo, noi andremo alla Conferenza di Firenze.

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    Al centro di un convegno a Roma l'incidenza sociale dei carismi della vita consacrata

    ◊   L’apostolato che le persone consacrate svolgono nelle varie realtà sociali di oggi è il segno della comunione e della fraternità vissuta nelle comunità religiose. E' quanto ha evidenziato recentemente padre Fabio Ciardi, missionario oblato, intervenuto ad un convegno organizzato a Roma, presso il Clarentianum, dal Movimento dei Focolari sul tema “Carismi in comunione nella Chiesa per la città”. Ma che cosa testimoniano nel mondo contemporaneo i carismi della vita consacrata? Tiziana Campisi lo ha chiesto allo stesso padre Ciardi:


    R. - I carismi della vita consacrata sono la progressiva incarnazione del Vangelo nella storia. E’ proprio il Vangelo che si fa vita e che penetra del divino, l’umanità. La domanda è: “La vita consacrata è capace anche oggi di dedicarsi alla società, di incidere sulla società, sulla città?” Possiamo dire che ad esempio il carisma dei Focolari, molto spirituale, ha avuto e sta avendo una grande incidenza, un grande impatto sulla società. Quando Chiara Lubich ha iniziato nella sua piccola città di Trento l'opera poi sfociata nel Movimento dei Focolari, già aveva l’idea di risolvere il problema sociale della sua città. Poi ha creato le “Mariapoli”, piccoli bozzetti, cioè, di città nuova; un’idea nata quando un giorno, nel ’61, lei guardava la cittadella benedettina di Einsiedeln in Svizzera. I benedettini già avevano creato queste piccole città ideali dove si svolgevano tanti lavori, con tante persone attorno alla grande chiesa, e lei guardando questa cittadella benedettina, questo santuario di Maria, disse: “Dovrebbero nascere delle città come queste, in cui il divino è in rilievo ma in cui ci sono anche tutte le attività sociali, economiche, politiche, di una grande città".

     
    D. – Quali sono i frutti della vita di un consacrato?

     
    R. – Quando si parla di un consacrato, tanti pensano immediatamente a persone lontane dalla società, ai monaci che si sono ritirati nei loro monasteri. Di fatto anche queste persone hanno una forte incidenza sociale: nei monasteri confluiscono tante persone che sono alla ricerca di una identità, di una pace interiore ma poi c’è tutta la vita attiva. Basti pensare alle suore. Oggi le suore le troviamo dappertutto: con i bambini negli asili, accanto agli ammalati nelle corsie degli ospedali, sono quelle che vanno nelle famiglie in caso di necessità, che aiutano i genitori. Lo specifico di una religiosa è aiutare concretamente la gente mettendo in questo un’anima. E' quello di cui c’è bisogno nei servizi sociali. I servizi ci sono in una società, ma spesso sono anonimi, non vengono offerti con quella stessa passione e con quello stesso interesse per la persona che un religioso o una religiosa nutrono. Una persona consacrata quando serve vede nell’altro Gesù.

     
    D. – Che tipo di testimonianza offrono i consacrati?

     
    R. – Esternano il senso della fraternità. C'è una grande sete di comunione oggi, c’è bisogno di ricreare i legami all’interno della famiglia, dell’ufficio, tra i partiti, allo stadio. Tipico della vita consacrata è proprio l’esercizio della comunione e quindi penso che un altro contributo specifico dei religiosi - oltre a quello di riportare i valori evangelici, oltre a quello della vicinanza partecipe alla gente - è questa capacità di immettere nella realtà di oggi il senso della fraternità, è quello di creare fraternità.

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    Grande successo per la Fiera Internazionale del Libro di Torino

    ◊   Si è chiusa a Torino la Fiera Internazionale del Libro. Grande il successo anche per questa edizione. Tra i libri più venduti anche il “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI. Dal capoluogo piemontese il servizio di Fabrizio Accatino.

     
    Sembrava che l’exploit dell’anno scorso – il balzo da 220 mila a 300 mila visitatori – fosse un miracolo nato sull’onda lunga delle Olimpiadi e in occasione di Torino capitale mondiale del libro. Invece le cifre della Fiera Internazionale del Libro si sono ripetute anche quest’anno, a dimostrare che i lettori in Italia non sono una razza in via d’estinzione. I numeri parlano chiaro: sono stati circa 6 milioni i volumi venduti nel corso della Fiera. I 1000 incontri di cui era disseminato il calendario hanno mobilitato più di 80 mila persone. 30 mila sono stati i ragazzi che hanno preso parte ai laboratori, e 6 mila sono stati gli incontri tra operatori professionali all'International Book Forum. Un risultato andato al di là delle più rosee aspettative persino del presidente della Fiera, Rolando Picchioni:

     
    R. – Non credevamo nemmeno che potesse raggiungere i risultati dell’anno scorso. Voglio ricordare che battiamo i 300 mila visitatori. Il ventennale è stato una scommessa folle. Sembrava fosse assurdo dover pagare per andare ad acquistare un libro. Il fatto che invece ci sia stata dal 1988 ad oggi una crescita esponenziale del pubblico, degli acquirenti, degli espositori fa sì che si possa oggi dire che dopo venti anni il bilancio è ampiamente positivo.

     
    Il successo di una Fiera, però, non è soltanto una questione di cifre, come sottolinea il direttore Ernesto Ferrero:
     
    R. – I numeri non dicono tutto, non dicono la qualità di questi 300 mila visitatori che comprano letteralmente di tutto, ma comprano bene, cioè non vanno a comprare, tanto per fare dei nomi, Dan Brown.
     
    Ora la Fiera volta pagina, con una speranza e una certezza. La speranza è che l’anno prossimo la sede della manifestazione sia l’Oval, il palazzo del ghiaccio lasciato in eredità dalle Olimpiadi, con i suoi 20 km quadrati di spazio. La certezza è il nome del Paese ospite: l’Egitto.Da Torino, Fabrizio Accatino per Radio Vaticana.

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    Chiesa e Società



    Prima giornata di lavori alla Conferenza di Aparecida: l'intervento del cardinale Péter Erdő, presidente dei vescovi europei

    ◊   C’è solidarietà e comunione tra le Chiese latinoamericane ed europee, anche per quegli stessi problemi e difficoltà che condividono. Ad evidenziarlo, ieri, nella prima giornata della V Conferenza dell’episcopato latinoamericano e caraibico che si sta svolgendo ad Aparecida, in Brasile, il presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, intervenuto ai lavori. “In Europa - ha detto - molti guardano con speranza e rispetto verso il mondo latinoamericano, un continente giovane che custodisce valori religiosi ancestrali molto forti”. Il porporato ungherese ha spiegato che nel Vecchio Continente sono numerose le istituzioni sociali, che secondo l’opinione comune sono legate all’ordine naturale voluto dal Creatore, che sembrano perdere importanza e che vengono rifiutate da parte di non pochi europei. Il cardinale Erdő ha espresso anche solidarietà all’episcopato latinoamericano e caraibico per il fatto che l’Europa vive situazioni simili a quelle che caratterizzano l’America Latina. Nelle società europee “e nella vita pubblica, certi concetti, inclusi alcuni diritti umani acclarati nell’epoca dell’Illuminismo, sembrano perdere il loro significato originale”, ha detto il porporato, “e, in certe occasioni, cedono il loro posto ai cosiddetti ‘diritti umani di terza generazione’”. Il presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa ha aggiunto che al tempo stesso, il cambiamento politico di 17-18 anni fa, il superamento della divisione artificiale del continente europeo in due parti, in due sistemi, ha permesso una serie di esperienze molto profonde, soprattutto tra i cristiani. “In questo senso – ha affermato il cardinale Erdő – molti storici latinoamericani ed europei, hanno rilevato la similitudine tra la situazione sociale e culturale delle due periferie del mondo occidentale. “Per noi - ha proseguito l’arcivescovo di Esztergom-Budapest riferendosi alla realtà dell’America Latina - è una consolazione conoscere la fede dei fratelli e delle sorelle, conoscere i loro sforzi, la loro esperienza al momento di affrontare le difficoltà e le sfide del mondo d’oggi in un autentico spirito cristiano”. Il porporato ha terminato il suo discorso esortando alla preghiera: “Chiediamo al Signore – ha concluso – di poter restare fedeli all’eredità cattolica ricevuta, alla persona di Gesù Cristo, affinchè, tutti insieme, con la luce dello Spirito Santo, possiamo trovare le vie per risolvere in modo cristiano le difficoltà del mondo attuale”. (A cura di Luis Badilla)

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    I vescovi del Guatemala: la difesa della vita un’urgente sfida da affrontare a cominciare dalla famiglia

    ◊   Un invito a riflettere sul valore della vita umana: lo rivolgono a tutti i fedeli cattolici e a tutte le persone di buona volontà i vescovi del Guatemala. Nella Lettera Pastorale “La Gloria di Dio è la vita dell’uomo”, i presuli, scrive l’agenzia Fides, esortano i guatemaltechi a reagire dinanzi alla cultura della morte che sta diffondendosi nel Paese. Nel documento i vescovi spiegano che questa si manifesta anzitutto nella “povertà che attanaglia la maggioranza della popolazione”, la quale vive un’enorme disuguaglianza sociale. Secondo dati dell’UNICEF in Guatemala, il 49,3 per cento dei bambini sotto i 5 anni soffre di denutrizione cronica, e per questo la Nazione ne detiene il primato, nell’America Latina, mentre è al sesto posto a livello mondiale. Nella loro Lettera i vescovi evidenziano poi i problemi che attanagliano il Paese: la mancanza di “opportunità di lavoro sufficienti per assorbire i giovani che arrivano all’età adulta e desiderano ottenere un impiego”, “l’emigrazione, ogni giorno più numerosa”, “l’aumento del consumo di stupefacenti tra adolescenti e giovani e la tentazione di molti contadini che vivono in una profonda povertà di dedicarsi alla semina del papavero per la droga. A questo, rileva l’episcopato, si unisce il deterioramento istituzionale, causato dalla dilagante corruzione e impunità e ancora la violenza contro la vita, che si compie in gesti come l’aborto, l’eutanasia, e continui assassini. Approvando la “Legge di accesso Universale ed equo di servizi di pianificazione familiare”, notano poi i vescovi, si cercano di risolvere i problemi sociali “con leggi che compromettono il senso umano e cristiano dell’amore, della sessualità e la trasmissione responsabile della vita” ed “esiste il rischio di oltrepassare i limiti morali in nome dell’egoismo, del piacere disordinato, in aumento per l’influsso negativo di molti mezzi di comunicazione sociale”. Di fronte a tali circostanze, continua la Lettera Pastorale “la difesa della vita è un’urgente sfida che si potrà affrontare vittoriosamente, solo se si realizza a partire da un profondo senso di fede”. I vescovi ricordano inoltre che si richiede una diagnosi chiara delle minacce contro la vita “ed un'accettazione ferma dei principi morali per affrontare le minacce alla fede cristiana". Questa difesa deve cominciare nella famiglia, “santuario della vita”. (T.C.)

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    Questa mattina a Roma i funerali del vaticanista Orazio Petrosillo

    ◊   Si sono tenute questa mattina a Roma, nella storica chiesa di sant’Anselmo all’Aventino, le esequie del collega Orazio Petrosillo morto l’11 maggio scorso all’età di 60 anni, dopo diversi mesi di malattia. Lascia la moglie Claudia e le figlie Eleonora e Marta. Giornalista vaticanista del quotidiano “Il Messaggero” di Roma, Petrosillo aveva lavorato ad altre testate e, per la sua competenza in questioni religiose, era consulente ed ospite anche di importanti trasmissioni radiotelevisive. Spesso interveniva come esperto anche nei programmi e nei notiziari della Radio Vaticana. La cerimonia funebre è stata presieduta da mons. Pierfranco Pastore, già segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali che aveva conosciuto Petrosillo negli anni ’70 quando aveva iniziato la sua attività presso la Sala Stampa della S.Sede. “Orazio amava il suo mestiere che considerava una vocazione – ha detto all’omelia Mons. Pastore - in quanto considerava il giornalismo, una professione dove il sapere va messo in comune con gli altri. Non potremo mai dimenticare il suo sorriso schietto e leale e la sua cordialità” ha detto mons. Pastore davanti ad una folta assemblea commossa. Il presule ha ricordato che Petrosillo è stato più di un giornalista o di un vaticanista perché nei suoi scritti appare chiara la sua fede solida, senza tentennamenti. “In lui conviveva professione e fede. Era un giornalista credente e la sua fede non era solo conoscenza teologica ma soprattutto testimonianza cristiana”. Mons. Pastore non ha voluto dimenticare l’impegno di Orazio Petrosillo in difesa della Sindone “nella quale vedeva – ha detto – una reliquia della resurrezione di Cristo”. Lo stesso Benedetto XVI nel corso della sua visita in Brasile, messo al corrente della morte di Petrosillo, ne aveva ricordato il suo amore per la Sindone. Al termine del rito funebre, molti colleghi che lo hanno amato ed apprezzato per la sua profonda umanità, ne hanno tracciato un toccante ricordo. (A cura di Roberto Piermarini)

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    In carcere per aver manifestato contro l’estremismo islamico: arrestate in Pakistan 24 donne

    ◊   Ventiquattro attiviste del Forum per l’intervento femminile sono state arrestate ieri in Pakistan mentre protestavano pacificamente contro la “talebanizzazione” del Paese portata avanti dagli studenti della Jamia Hafsa, la “madrassa rossa” di Lahore. A darne notizia è l’agenzia AsiaNews che riferisce di una conferma dell’accaduto da parte dei dirigenti del gruppo, che in un documento rilasciato in serata condannano l’arresto e chiedono al governo di “spiegare questa palese violazione dei diritti umani dei suoi cittadini”. Le attiviste, si legge nel testo, “stavano protestando contro l’estremismo predicato dagli imam della moschea Lal Masjid e messo in pratica dagli studenti della madrassa Jamia Hafsa. La manifestazione era pacifica, ma la polizia è intervenuta come se avesse a che fare con dei terroristi”. Eppure, sottolinea il gruppo, “proprio questo atteggiamento condiscendente da parte di Islamabad nei confronti degli estremisti sta creando dei danni enormi: parliamo degli attacchi ai professori liberali dell’università Quaid-e-Azam o della minaccia di sfregiare con l’acido le donne che non portano il velo”. Ad oggi, conclude il documento, “il governo ha fallito nel garantire i diritti dei suoi cittadini. E’ vergognoso che le leggi pakistane e la sua polizia non tengano in alcun conto i diritti umani di base, come quello di manifestare liberamente o rifiutare la talebanizzazione della nostra società”. (T.C.)

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    Polemiche e pareri discordi in Kuwait per il rifiuto del ministro dell’educazione di indossare il velo in parlamento

    ◊   Ha suscitato il risentimento dei ministri islamici, da una parte, e il sostegno degli intellettuali, dall’altra, il rifiuto del ministro dell’educazione del Kuwait, Nouriya Al-Subeeh, di indossare il velo in parlamento. Spiegando le sue ragioni in un’intervista rilasciata al settimanale egiziano Roz Al-Yousuf, scrive l’agenzia Asianews, il ministro ha detto che la scelta di una donna che non vuole indossare il velo deve essere rispettata come quella di chi invece lo vuole indossare. “Dal mio punto di vista – ha aggiunto Nouriya Al-Subeeh – questa è l’essenza della democrazia, rispettare e accettare l’opinione degli altri”. Alcuni hanno invece criticato la decisione della collega, sostenendo che per legge le donne devono indossare il velo. “L’art. 1 della legge per le elezioni del 2005 – affermano – riconosce diritti politici alle donne, che però devono rispettare la legge islamica”. A maggior ragione, secondo loro, il ministro dell’educazione deve dare il giusto esempio e indossare il velo come prevede la legge. Qualche ministro che ha difeso la scelta di Nouriya Al-Subeeh sostiene che il parlamento non è una moschea, dove prima di entrare bisogna levarsi le scarpe e indossare il velo, e che quindi indossare il velo è una decisione personale, non un obbligo. (T.C.)

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    Rinnovate le cariche dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali

    ◊   Sono stati rinnovati i vertici dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG). La nuove cariche sono state decise la scorsa settimana, a Roma, al termine dei lavori della Assemblea delle superiore generali. Da quest’anno, con l’approvazione della Santa Sede, sono cambiate le modalità, infatti, il Consiglio Esecutivo della UISG ha scelto tre presidenti, che entreranno in carica a cadenza annuale, sull’esempio di quanto accade già negli Stati Uniti con la Leadership Confernce of Women Religious. Le tre presidenti, a rotazione annuale, nel triennio 2007 – 2010, ad experimentum, fino alla prossima Assemblea, sono: suor Amelia Kawaji, delle Suore Mercedarie Missionarie di Berriz (maggio 2007- 2008), suor Louise Madore, delle Figlie della Sapienza (maggio 2008 – 2009) e suor Maureen Cusick, delle Suore di Nostra Signora dei Sion (maggio 2009 – 2010). “Si tratta di una scelta che consente una migliore gestione e allo stesso tempo assicura la continuità senza gravare per un lungo periodo (tre anni) su una sola persona che è allo stesso tempo Superiora generale della sua Congregazione”, spiega suor Victoria Gonzalez de Castejon, segretaria generale della UISG. Della UISG fanno parte 1996 Congregazioni, di cui 1100 di Diritto pontificio e le altre di Diritto diocesano, per un totale di oltre 800 mila religiose in tutto il mondo. Nella dichiarazione diffusa al termine della Plenaria della UISG che si è tenuta a Roma dal 6 al 10 maggio, le religiose sottolineano che oggi deve essere sostenuta l’aspirazione della donna a ritrovare la sua dignità e il suo vero posto nel mondo e nella Chiesa e che la sete di una comunione più profonda tra credenti di religioni diverse e la disperazione di milioni di migranti e di rifugiati, di bambini e di donne vittime della tratta, in cerca di condizioni di vita più umane deve portare le congregazioni religiose a creare legami di reciprocità con i laici, al fine di vivere lo stesso carisma anche al di là delle strutture. Nel documento le religiose si impegnano inoltre, in un costante dialogo con la Parola di Dio, a promuovere ogni forma di dialogo ed in particolare il dialogo interreligioso, ad incoraggiare una visione della Chiesa-comunione in cui si viva una reale reciprocità con i laici e a formare donne consacrate capaci di rispondere con fede e audacia alle sfide di oggi. (T.C.)

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    Eletto il nuovo superiore generale dell'Ordine dei Ministri degli Infermi

    ◊   È padre Renato Salvatore il nuovo superiore generale dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. Il religioso è stato eletto oggi nel corso del Capitolo Generale che si sta svolgendo nella Casa Divin Maestro di Ariccia, in provincia di Roma. Chiamato a guidare l’ordine dei Camilliani per i prossimi sei anni, padre Renato Salvatore succede a padre Frank Monks. Padre Salvatore è nato in Abruzzo, a Ripa Teatina, il 15 maggio del 1955, dopo la professione perpetua, 1981, è stato ordinato presbitero il 15 luglio 1983 dall’arcivescovo Vincenzo Fagiolo. Ha svolto diverse attività, in svariati campi del ministero camilliano, ha insegnato presso il Camillianum e l’Università Lateranense, nonchè in scuole di infermieristica e fisioterapia. Per alcuni anni è stato il rappresentante del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute presso l'OMS a Ginevra.

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    Restano ancora ignote le cause dell’espulsione del padre gesuita Svlvain Urfer dal Madagascar, il 10 maggio scorso

    ◊   Non sono ancora chiare le cause che hanno portato il governo del Madagascar ad espellere, nel fine settimana, di origine francese, il padre gesuita di origine francese Svlvain Urfer, che si trovava da oltre trent’anni nell’isola africana. La mancanza di motivazioni ufficiali ha dato adito a varie ipotesi anche se sembrano ricevere più credito quelle che si concentrano sull’impegno politico–sociale del gesuita, come riferisce l’agenzia MISNA. Responsabile del centro “Foi e Justice”, centro studi da lui stesso fondato nel 1989 e divenuto poi casa editrice di volumi sui principali problemi del Paese – padre Svlvain Urfer è un esponente dell’Osservatorio sulla vita pubblica (SEFAFI) che propone regolarmente dei rapporti sulla situazione politica, economica e sociale del Madagascar. La notizia dell’espulsione di padre Urfer era giunta improvvisa giovedì scorso, quando le autorità malgasce avevano intimato al sacerdote cattolico di lasciare il Paese entro 48 ore. (F.L.)

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    Nel 30.mo anniversario delle trasmissioni in esperanto della Radio Vaticana, il movimento esperantista cattolico rinnova la sua consacrazione a Maria

    ◊   Gli esperantisti cattolici di tutto il mondo hanno rinnovato, domenica scorsa, la loro consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, riunendosi all’ascolto della Radio Vaticana. La prima consacrazione, scrive l'agenzia Fides, risale al 13 maggio 1982, quando l’allora vescovo di Rimini, mons. Giovanni Locatelli, l’ha formulata dai microfoni della nostra emittente. Il Movimento Esperantista Cattolico festeggia inoltre quest’anno i 30 anni di programmi in esperanto della Radio Vaticana. Le trasmissioni in questa lingua sono iniziate il 2 gennaio 1977 e il riconoscimento canonico dell’Unione Internazionale degli Esperantisti Cattolici (IKUE) è avvenuta l’11 febbraio del 1992. L’IKUE, fondato nel 1910 a Parigi, è uno dei più longevi movimenti cattolici ed unisce un’intenzione missionaria (“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”, Mc 16,15) con il desiderio dell’unità (“Che siano una cosa sola”, Gv 17,12). (F.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Panoramica internazionale a cura di Roberta Moretti e Isabella Piro
     

    ◊   Sempre più tesa la situazione in Pakistan. Dopo le violenze dei giorni scorsi, che hanno causato una quarantina di morti al confine con l’Afghanistan, questa mattina un nuovo duro colpo. Almeno 25 persone hanno perso la vita nell'esplosione di una bomba in un albergo della città di Peshawar, frequentato da cittadini afgani. Già nei mesi scorsi la città al confine con l’Afghanistan è stata scenario di numerosi attentati, messi a punto dai miliziani islamici per protestare contro l'alleanza del presidente pachistano Pervez Musharraf con gli Stati Uniti sul fronte della lotta al terrorismo. Ma con le tensioni dei giorni scorsi, la situazione tra i due Paesi non rischia di precipitare pericolosamente? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesca Marino, direttore della rivista “Stringer Asia”, dedicata al subcontinente indiano:


    R. - Tra i due Paesi, senz’altro. Ma quello che è più preoccupante è che rischia di precipitare la situazione in Pakistan.

     
    D. - Quali sono i motivi alla base di questo contenzioso?

     
    R. - Il presidente Karzai accusa il Pakistan di finanziare e di sostenere i talebani. C’è stato, tra l’altro, anche un Rapporto del Ministero degli esteri britannico - un rapporto non formale - in cui si diceva che molto probabilmente sono i Servizi segreti pakistani a finanziare i talebani e si chiedeva addirittura lo scioglimento dell’ISI, l’Inter Service Intelligence del Pakistan. Tra i due Paesi, tra l’altro, c’è anche un contenzioso di confini, ora peggiorato dal fatto che ultimamente il presidente Musharraf sta rinforzando le difese, mettendo praticamente il filo spinato alla frontiera, rendendo quindi un confine provvisorio come definitivo.

     
    D. - L’Afghanistan ha condannato lo sconfinamento anche delle truppe pakistane. C’è, secondo te, il pericolo di conseguenze destabilizzante per l’intera regione?

     
    R. - Sì, certamente. Anche se le truppe pakistane sconfinano da anni e soprattutto lasciano sconfinare i talebani. Certo che il pericolo c’è, ma c’è ormai da mesi.


    - Alta la tensione anche in Iraq: circa 5 persone sono morte e una quindicina sono rimaste ferite a Baghdad, in un mercato nella zona di Bab al Sharji, a causa dell’esplosione di due ordigni artigianali. Un altro attacco ad un posto di blocco a Tikrit ha inoltre provocato la morte di un poliziotto ed un civile. Tre soldati americani sono morti in diversi attentati, mentre continuano le ricerche degli altri tre militari statunitensi rapiti da Al Qaida sabato scorso, dopo un agguato nella zona di Mahmoudiya. Ritrovati, invece, i tre soldati danesi scomparsi ieri dopo un combattimento nella zona di Bassora: i tre uomini si erano rifugiati in un edificio nel vicino villaggio di Hartha.

    - I ribelli talebani hanno scelto il loro nuovo comandante: si tratta del mullah Bakht Mohammad, fratello minore del mullah Dadullah, ucciso in battaglia sabato scorso, durante un raid delle forze internazionali nel sud dell’Afghanistan. Intanto, nel Paese continua la violenza: circa 60 ribelli sono stati uccisi un’operazione della NATO nel distretto meridionale di Zahri. Infine, dall’Unione Europea arriva l’appello a non provocare vittime fra i civili.

    - Non si arresta la violenza nella Striscia di Gaza: nuovi scontri tra i miliziani di Hamas e Fatah hanno provocato almeno otto morti. L’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, chiede che sia garantita la sicurezza nella regione. Il nostro servizio:


    Si torna a combattere tra Hamas e Fatah, nella Striscia di Gaza: almeno otto i palestinesi uccisi. Un portavoce della Guardia presidenziale ha accusato i miliziani di far ricorso ad armi automatiche e mortai, mentre Hamas attribuisce a Fatah della morte di Ibrahim Maniyeh, un miliziano ucciso nella notte a Gaza, vicino ad un posto di blocco. E mentre il premier palestinese Haniyeh si prepara ad incontrare i capi militari, si attende il dispiegamento delle forze di sicurezza deciso ieri, dopo che le dimissioni del ministro dell’Interno, Al-Qawasmeh, avevano reso evidente la crisi nella zona. Una crisi che preoccupa anche l’Unione Europea: l’Alto rappresentante per la Politica estera, Solana, ha infatti chiesto al ministro degli Esteri palestinese, Abu Amr, di “garantire la sicurezza di Gaza”, definendo la situazione “molto grave”. Annunciando l’intenzione di recarsi “molto presto” nella regione, Solana ha ribadito la necessità di compiere tutti gli sforzi possibili per liberare il soldato israeliano Gilad Shalit e il corrispondente della BBC Alan Johnston, rapiti da miliziani palestinesi. E un invito a cessare le violenze arriva anche dal capo di Stato egiziano, Hosni Moubarak, che ha avuto un colloquio con il presidente palestinese Abu Mazen, e dal ministro degli Esteri britannico, Margaret Beckett.


    - Nuove minacce da parte del presidente iraniano, Ahmadinejad, nei confronti degli Stati Uniti. Durante la sua visita negli Emirati arabi uniti, è tornato a ribadire che, se la Casa Bianca dovesse attaccare Teheran, la reazione sarà “dura”. E fonti americane hanno precisato che i prossimi colloqui in programma tra USA e Iran verteranno solo sulla questione irachena e non sul programma atomico della Repubblica Islamica. Intanto, l’Iran ha confermato stamani la detenzione nel carcere di Evin, a Teheran, di Haleh Esfandiari, docente irano-americana accusata di aver commesso reati “contro la sicurezza nazionale”.

    - “Non è un momento facile” per i rapporti tra Mosca e Washington, “ma non si può parlare di una nuova guerra fredda”: parole del segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, che oggi, vicino Mosca, ha incontrato il presidente russo, Putin, e il ministro degli Esteri, Lavrov. Tra i temi in agenda, il contenzioso esploso dopo la decisione di Washington di piazzare parti del suo sistema anti-missile in Polonia e Repubblica ceca.

    - Siamo nelle Filippine. Così come durante la campagna elettorale, la violenza ha dominato anche le elezioni riguardanti il rinnovo di metà dei seggi del Senato e di tutta la Camera dei Rappresentanti e delle amministrazioni locali. Complessivamente, almeno 126 persone hanno perso la vita. Di queste, 58 erano politici. Sul fronte del risultato politico, invece, tutto come previsto. Ce ne parla Maria Grazia Coggiola:


    Come anticipato alla vigilia del voto, i sostenitori del presidente Gloria Arroyo dovrebbero mantenere la maggioranza di due terzi dei seggi della Camera Bassa. Secondo gli exit poll, il Senato sarebbe invece guidato dall’opposizione, che avrebbe conquistato otto dei dodici seggi in palio nelle elezioni di metà mandato di ieri. Ma si tratta ancora di previsioni che dovranno essere confermate a spoglio ultimato, nei prossimi giorni. La partecipazione al voto è stata abbastanza alta: il 75 per cento degli elettori si sono recati alle urne per il rinnovo parziale del Parlamento di Manila, dei governatori, dei sindaci e migliaia di amministratori governativi locali. Seppure oggi la violenza, che ha contraddistinto queste elezioni, si è fermata, all’alba due insegnanti sono stati uccisi a sud della capitale da un commando di uomini armati che ha appiccato le fiamme ad un seggio elettorale dove era in corso lo spoglio delle schede. Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.


    - Non accenna a diminuire la tensione a Timor Est, dopo le elezioni presidenziali che hanno consegnato il Paese nelle mani di Ramos Horta. Quattordici persone sono rimaste ferite in alcuni scontri tra bande rivali, che hanno anche incendiato case. I disordini sono scoppiati dopo l’annuncio formale della vittoria alle consultazioni del premio Nobel per la Pace.


    - La Croce Rossa del Nepal chiede una commissione d’inchiesta sulla sorte di più di 800 persone scomparse nel corso della guerra civile, tra il ’96 e il 2006. Ad invocare un’indagine accurata è stata la rappresentante locale dell’organismo a Kathmandu, Mary Werntz. Da giorni, manifestazioni di piazza chiedono di fare chiarezza sui dispersi del conflitto tra i guerriglieri maoisti e la monarchia. La guerra - lo ricordiamo - ha provocato 13 mila morti.

    - Lutto a Samoa: il piccolo Stato-arcipelago del Pacifico piange il suo re, Malietoa Tanumafili II, morto a 94 anni nella capitale, Apia. Era il più anziano capo di Stato al mondo e regnava sulla nazione di 180 mila abitanti dal 1962, quando Samoa, fino ad allora sotto l’amministrazione neozelandese, divenne il primo Stato-arcipelago nel Pacifico a ottenere l’indipendenza.

    - L'Indonesia ha ripreso a fornire campioni del virus dell'influenza aviaria H5N1 all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS): lo ha annunciato a Ginevra, dove è in corso l'Assemblea annuale dell'OMS, il ministro indonesiano della Salute. Temendo che i campioni fossero usati per la messa a punto di costosi vaccini, inaccessibili ai Paesi poveri, l'Indonesia aveva sospeso alla fine dell'anno scorso l'invio di campioni di H5N1. Con 76 decessi, l’ultimo dei quali ieri, l’Indonesia è il Paese che ha registrato il più alto numero di morti per influenza aviaria.

    - L’Ente per l’energia atomica russa ha annunciato oggi la firma di un accordo per la realizzazione di un piccolo reattore nucleare per un centro di ricerche a Myanmar (ex Birmania). L’accordo di cooperazione è stato firmato a Mosca e prevede il controllo da parte dell'agenzia atomica internazionale (AIEA).

    - Un ritiro subito delle truppe etiopiche dalla Somalia, mentre i soldati della forza di pace africana non sono ancora stati tutti dispiegati, porterebbe a una “catastrofe”: lo ha dichiarato ieri sera alla France Presse il presidente della Commissione dell'Unione Africana (UA), Alpha Umar Konaré.

    - Oltre 50 persone, soprattutto donne e bambini, sono morte in un attacco lanciato nei giorni scorsi da razziatori di bestiame contro il villaggio di Lauro Payam, nel sud Sudan, non lontano dal confine col Kenya. Lo riferisce la stampa locale, precisando che l’attacco sarebbe stato lanciato il 4 maggio scorso, anche se se ne è avuta notizia solo negli ultimi giorni.

    - Nel vertice europeo dei ministri degli Esteri a Bruxelles, l’Italia e la presidenza di turno tedesca hanno ottenuto ieri il mandato unanime per preparare il testo della risoluzione sulla moratoria della pena di morte da presentare poi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Per il ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema, si tratta di “un successo europeo di cui l’Italia è il principale artefice”.

    - Francia. Nicolas Sarkozy ha annunciato le sue dimissioni dalla presidenza dell'Unione per un Movimento Popolare (UMP), in conseguenza dell'elezione alla presidenza della Repubblica. L’annuncio è stato dato da lui stesso davanti ai circa due mila componenti del Consiglio nazionale. Sarkozy era stato eletto alla testa del partito fondato da Jacques Chirac il 28 novembre 2004, dopo che Alain Juppè aveva lasciato l'incarico a causa di problemi giudiziari.

    - La Commissione Europea ha accettato, con riserva, il piano nazionale di assegnazione delle emissioni di anidride carbonica dell'Italia per il periodo 2008-2012, nell’ambito dell’applicazione del protocollo di Kyoto. L’UE, però, chiede la diminuzione del totale delle emissioni consentite da 209 milioni di tonnellate a 195,8, per una riduzione totale del 6,3%. Lo ha annunciato Barbara Helffreich, la portavoce del commissario UE all'Ambiente, Stavros Dimas.

    - Successo del centrodestra alle elezioni amministrative in Sicilia, svoltesi ieri. La Casa delle Libertà ha visto la vittoria del proprio candidato sindaco nelle città di Palermo e Trapani e la riconferma della presidenza della Provincia di Ragusa. Finirà al ballottaggio, invece, la sfida di altri 20 Comuni che torneranno a votare il prossimo 27 e 28 maggio. Intanto, esplode la polemica politica. Il servizio di Giampiero Guadagni:


    Il primo test elettorale per il governo Prodi finisce con una netta vittoria del centrodestra, che in Sicilia - già al primo turno - conferma il sindaco Cammarata a Palermo e vince anche al Comune di Trapani e alla Provincia di Ragusa, considerata questa una roccaforte dell’Unione. Ballottaggio, invece, ad Agrigento. A Palermo, però, il candidato del centrosinistra, Leoluca Orlando, parla di brogli e chiede l’annullamento del voto. Immediate le reazioni politiche: Romano Prodi considera le elezioni amministrative siciliane “un test locale e non nazionale”; ma non tutti nel centrosinistra sembrano voler ridimensionare il risultato. Da parte sua, Berlusconi parla apertamente di un messaggio inequivocabile, una intimazione di fine governo a Prodi. E nel centrodestra Forza Italia ed Alleanza Nazionale ripropongono ora con più forza la questione del partito unico, ma UDC e Lega continuano ad avere altri progetti.


    - E l’isola siciliana continua ad essere obiettivo di sbarchi di immigrati: nella notte, circa 70 persone provenienti da Somalia, Eritrea e Costa d’Avorio sono state tratte in salvo a largo di Siracusa. Altri 43 immigrati, tra cui 3 minori, sono sbarcati nei pressi di Gela. Sbarchi anche a sud di Malta, nella baia di Birzebbugia, dove un gruppo di 25 clandestini, tra cui 4 donne e un bambino, è approdato stamattina. Nella notte, la polizia locale aveva arrestato 6 persone nell’ambito di una maxi-retata contro il racket dei clandestini.


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 135

     
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