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SOMMARIO del 13/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI presiede la Messa di inaugurazione della V Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e caraibico. In serata, il congedo dal Brasile
  • Il cilma di fervore che regna ad Aparecida e gli echi della visita del Papa alla "Fazenda da Esperanca" nel commento di padre Federico Lombardi
  • Fatima in festa per i 90 anni dalle apparizioni alla Cova da Iria. Il cardinale Sodano inviato del Papa alle celebrazioni
  • Oggi in Primo Piano

  • Un milione di persone in Piazza San Giovanni per il "Family Day"
  • Il "sì" a un continente solidale nel Messaggio ecumenico che ha chiuso a Stoccarda "Insieme per l'Europa"
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Mozambico esortano il Paese a difendere la vita in una nota intitolata “No all’aborto, sì alla vita”
  • Appello alla comunità internazionale del vescovo di Jaffna, in Sri Lanka, per porre fine al conflitto civile nel Paese
  • Al via in Qatar, il primo Centro per il dialogo interreligioso del mondo arabo
  • La tratta degli esseri umani provenienti dall’Africa al centro di un seminario promosso dall’ILO, a Dakar
  • Nuove scritte offensive, a Bologna, contro il presidente della CEI, mons. Bagnasco, e contro il Papa
  • Chiusa la fase diocesana della Causa di beatificazione di fra’ Immacolato Brienza, per 50 anni evangelizzatore dal letto della sua malattia
  • Dalla XII Giornata per la pace celebrata a Pompei, un invito alla fratellanza universale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Panoramica internazionale a cura di Isabella Piro
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI presiede la Messa di inaugurazione della V Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e caraibico. In serata, il congedo dal Brasile

    ◊   Nell’ultimo giorno del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Brasile, nella solennità della Madonna di Fatima, tutta la Chiesa latinoamericana si appresta a vivere un avvenimento straordinario. Oggi pomeriggio, infatti, il Papa aprirà ad Aparecida la V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi. Il Papa pronuncerà un discorso, molto atteso, che darà gli orientamenti all’azione pastorale della Chiesa di questo continente per i prossimi anni. D’altro canto, proprio nel grande piazzale davanti al Santuario, sta per iniziare la grande Messa per l’inaugurazione di questo evento. Ma torniamo alla giornata di ieri, che ha visto due momenti di grande significato ecclesiale e umano: il Santo Rosario con i sacerdoti e religiosi del Brasile e l’incontro del Papa con i giovani della Comunità "Fazenda da Esperanca". Evento, quest’ultimo, che ha offerto momenti di grande emozione, come ci riferisce il nostro inviato ad Aparecida, Alessandro Gisotti:
     
    (Canti)
     
    Come il padre che ama, nella parabola del figlio prodigo, il Santo Padre ha colmato la distanza per andare incontro a dei giovani che si erano persi, ma che hanno ritrovato la vita nell’amicizia con Gesù. Animata da questo spirito, si è svolta, ieri mattina, la visita del Papa alla Comunità "Facenda da Esperanca" di Guaratinguetà. Un evento che rimarrà scolpito nei cuori di questi ragazzi per sempre. “E’ un momento magico”, ha affermato commosso, quasi tra le lacrime, uno dei ragazzi che ha testimoniato il percorso difficile e amaro della sua vita. Papa Benedetto gli è andato incontro e lo ha abbracciato. Un gesto d’amore che ha ripetuto con tutti i ragazzi che hanno letto le testimonianze.

     
    (Canti)
     
    L’evento di Guaratinguetà è stato accompagnato dai canti festosi dei giovani, che hanno voluto, così, esprimere tutta la loro gioia per un incontro tanto gradito quanto inatteso. “In un certo momento della vita”, ha detto il Santo Padre rivolgendosi ai ragazzi, “Gesù viene e bussa, con tocchi soavi, nel profondo dei cuori ben disposti”. Ma Dio, ha sottolineato, “non costringe” né “opprime la libertà individuale”, chiede solo “l’apertura di quel sacrario della nostra coscienza attraverso cui passano tutte le aspirazioni più nobili, ma anche gli affetti e le passioni disordinate”, che offuscano il messaggio di Dio. Poi, parlando della piaga della tossicodipendenza, il Papa ha rivolto un appello vibrante alle coscienze di chi semina morte attraverso la droga:

     
    DIGO AOS QUE COMERCIALIZAM A DROGA QUE PENSEM NO MAL…
    “Agli spacciatori - è stato il suo forte richiamo - dico che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà conto di ciò che hanno fatto”. Ed ha ribadito che “la dignità umana non può essere calpestata in questo modo”. Il male provocato, ha detto ancora, “riceve la medesima riprovazione che Gesù espresse per coloro che scandalizzavano i più piccoli, i preferiti di Dio”. E ai giovani, ritornati alla vita nella "Fazenda da Esperanca", ha consegnato un mandato per il futuro:

     
    VOCES DEVEM SER OS EMBAIXADORES DA ESPERANCA…
    “Voi dovete essere ambasciatori della speranza!”, ha esortato il Papa, che ha ringraziato Dio per “aver voluto porre tante anime sulla strada di una speranza rinnovata, con l’aiuto del Sacramento del perdono e della celebrazione dell’Eucaristia”. Benedetto XVI ha espresso parole di grande apprezzamento per il fondatore della Comunità, Hans Stapel. Ha rammentato, così, che la "Fazenda da Esperanca" ha “come fondamento il carisma di San Francesco e la spiritualità del Movimento dei focolari”. Ed ha sottolineato che la terapia della Comunità non punta solo sull’assistenza medica e psicologica, ma anche su molta preghiera e sul lavoro manuale. Concluso il discorso, a sorpresa, il Papa è sceso a salutare i ragazzi raccolti davanti al palco. Prima dell’incontro con i giovani, il Papa, che ha donato alla Fazenda centomila dollari, aveva visitato la nuova Chiesa della struttura. Qui, Benedetto XVI ha rivolto la parola alle suore Clarisse che lavorano con i ragazzi:

     
    ONDE A SOCIEDADE NAO VE MAIS FUTURO OU ESPERANCA…
    “Dove la società non vede più alcun futuro o speranza - ha affermato - i cristiani sono chiamati ad annunciare la forza della Resurrezione”. Proprio nella "Fazenda da Esperanca", ha aggiunto, “dove risiedono tante persone giovani, che cercano di superare il problema della droga e dell’alcool” si testimonia “il Vangelo di Cristo in mezzo a una società consumistica lontana da Dio”. E’ Cristo risuscitato, ha detto ancora, che “cura le ferite e salva i figli e le figlie di Dio, salva l’umanità dalla morte, dal peccato e dalla schiavitù delle passioni”. E’ l’incontro con Gesù che aiuta a “vincere le prigioni e rompere le catene delle droghe che fanno soffrire i figli amati di Dio”.

     
    ISTO SIGNIFICA JAMAIS PERDER A ESPERANCA…
    “Ciò significa che non bisogna mai perdere la speranza!”, ha detto il Papa aggiungendo l’invito “ad edificare, costruire la speranza, tessendo la tela di una società che, nello stendere i fili della vita, perde il vero senso della speranza”. Il dolore del Crocifisso, “che pervase l’anima di Maria”, ha detto ancora, “consoli tanti cuori materni e paterni che piangono di dolore per i loro figli ancora tossicodipendenti”. Nella Comunità "Facenda da Esperanza", ha proseguito, scopriamo che Gesù è “la mano che il Padre tende ai peccatori”. In luoghi come questi “scopriamo che la bellezza della creatura e l’amore di Dio sono inseparabili”. Quindi, ha esortato le Figlie di Santa Chiara ad annunziare il messaggio dell’amore che vince il dolore, la droga e la morte”.

     
    (Cori - Rosario)
     
    In serata, dopo aver pranzato con i vertici della V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi, Benedetto XVI ha guidato la recita del Santo Rosario nel grande Santuario Mariano di Aparecida, alla presenza di migliaia di fedeli. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dall’arcivescovo di Aparecida, Raymundo Damasceno Assis, che ha regalato al Papa una replica in scala del Santuario. Il Papa ha dedicato la sua omelia in particolare ai sacerdoti e ai religiosi. “Ispiratevi agli insegnamenti di Maria”, ha esordito Benedetto XVI, cercando di “accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei” ci invia dall’alto. “Come è bello essere qui”, ha detto il Papa, in questa Basilica Mariana “verso la quale, in questo tempo, convergono” le speranze del mondo cristiano e soprattutto dell’America Latina. Poi, ancora una volta in questo viaggio apostolico appassionante, Benedetto XVI ha espresso il suo amore per la Chiesa del Brasile:

     
    O PAPA VOS AMA! O PAPA VOS SAUDA AFETUOSAMENTE!
    “Il Papa vi ama!”, ha detto interrotto da un fragoroso applauso, “il Papa vi saluta affettuosamente”, prega per voi e in particolare per i Movimenti e le nuove realtà ecclesiali, “espressione viva della perenne giovinezza della Chiesa”. Ha così nuovamente ringraziato il popolo brasiliano per l’accoglienza. Le vostre manifestazioni di apprezzamento, ha sottolineato, “dimostrano quanto voi vogliate bene” al Papa. Il mio predecessore, Giovanni Paolo II, ha ricordato BEnedetto XVI, menzionava “diverse volte la vostra simpatia e lo spirito di accoglienza fraterna” ed aveva “pienamente ragione”. Poi, ha rivolto il pensiero alle sfide presenti per i sacerdoti latinoamericani:

     
    QUANTOS DESAFIOS, QUANTAS SITUACOES…
    “Quante sfide”, ha affermato, “quante situazioni difficili”, “quanta generosità” e quanti sacrifici. “La fedeltà nell’esercizio del ministero”, la vita di preghiera, la ricerca della santità. Ancora, la donazione totale a Dio, una vita spesa nel promuovere la giustizia e la solidarietà, tutto questo, ha confidato il Papa, “parla fortemente al mio cuore di Pastore”. Benedetto XVI ha poi ribadito che “la testimonianza di un sacerdozio vissuto bene nobilita la Chiesa” ed è “la migliore promozione vocazionale, il più autentico invito perché anche altri giovani rispondano positivamente agli appelli del Signore”. Di qui, il rinnovato invito a promuovere un’evangelizzazione “sempre più aggiornata”, animata da “fervore missionario”. Quindi, ha voluto mettere l’accento sul significato dell’appartenenza alla Chiesa:

     
    LA IGLESIA ES NUESTRA CASA! ESTA ES NUESTRA CASA!
    “La Chiesa è la nostra Casa!”, ha affermato, “Questa è la nostra Casa”. Nella Chiesa cattolica, ha aggiunto, “troviamo tutto ciò che è buono, tutto ciò che è motivo di sicurezza e di sollievo”. E ancora: “Vale la pena essere fedeli, vale la pena perseverare nella propria fede”. D’altro canto, è stato il richiamo del Papa, “la coerenza nella fede” richiede “una solida formazione dottrinale e spirituale” che contribuisca “alla costruzione di una società più giusta, più umana e cristiana”. Ai diaconi e seminaristi, Benedetto XVI ha ricordato di “avere sempre di fronte agli occhi la figura di Gesù, il Buon Pastore”. Di qui, l’invito ad essere come i “primi diaconi della Chiesa: uomini di buona reputazione, colmi dello Spirito Santo, di saggezza e di fede”. Ha infine indicato nella giovialità, l’idealismo e il coraggio le qualità che “rendono i fedeli più dinamici e portano la Comunità” ad essere “più fiduciosa, gioiosa ed ottimista”. E di ottimismo, qui ad Aparecida c’è ne davvero tanto, stamattina, tra le centinaia di migliaia di fedeli, pronti a vivere con gioia un altro momento indimenticabile con il Successore di Pietro.
    Da Aparecida, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.

     
    A 15 anni dall'ultima Conferenza generale, svoltasi a Santo Domingo, la Chiesa dell’America Latina e dei Caraibi torna riunirsi alla presenza del Papa. I punti forti di questa conferenza di Aparecida sono già delineati nel tema scelto dal Papa: “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i nostri popoli abbiano vita”. A sottolinearlo è il segretario generale del CELAM, il vescovo argentino di Reconquista Andres Stanovnik, intervistato da Tiziana Campisi:

     
    R. - Questi punti si possono esprimere dividendo il tema della V Conferenza in due parti. La prima, "discepoli e missionari di Gesù Cristo", vuol dire che l’identità e la missione di chi segue Cristo si esprime attraverso il farsi discepolo. Discepolo è colui che ha trovato Gesù e ha vissuto l’esperienza di amicizia e comunione con Lui. Questa esperienza diventa messaggio e converte il discepolo in missionario. La seconda parte, “perché i nostri popoli abbiano in Lui la vita”, è un’estensione della prima parte: esprime in un senso più ampio la missione del discepolo e della Chiesa. Si tratta della vita in Cristo, vita piena, integrale, costruita senz’altro nella giustizia, nella solidarietà e la pace.

     
    D. - Al termine della V Conferenza di Aparecida, verrà avviata una grande missione continentale per rivitalizzare l’evangelizzazione in America Latina. In cosa consisterà questa iniziativa di ampio respiro?

     
    R. - Questo lo dovrà dire l’Assemblea di Aparecida. Senz’altro, l’evento come tale, l’evento di Aparecida, è già missione. Questo incontro dei vescovi genera, provoca comunione, rinnova la Chiesa, la mette in ascolto della parola dei fratelli. Aparecida sarà una rinnovata presa di coscienza del fatto che chi segue Gesù diventa missionario.

     
    D. - Quali frutti i pastori del Sudamerica si aspettano dalla presenza del Papa, all’apertura della V conferenza dell’episcopato latino-americano e dei Caraibi?

     
    R. - Prima di tutto, l’incontro con il Santo Padre sarà un’altissima espressione di comunione. Noi siamo in attesa delle parole orientanti del Santo Padre Benedetto XVI.

     
    D. - Dal 9 al 14 luglio, si svolgerà a Cuba l’Assemblea del CELAM. Quali sono le aspettative per questo evento, soprattutto pensando alla situazione della Chiesa cubana?

     
    R. - Si può leggere questa scelta come segno di essere vicini, di fratellanza con la Chiesa che soffre e che si è fatta forte attraverso la fedeltà e la sofferenza. Vuole essere un segno di appoggio e di comunione, senz’altro rispettando le autorità civili, ma anche la Parola di Dio che ci parla di libertà, di farsi carico del fratello. E’ un messaggio delle Chiese dell’America Latina di essere vicini ai nostri confratelli della Chiesa cubana.

    Ai lavori della Conferenza di Aparecida - che saranno aperti alle 16, ora locale, da Benedetto XVI - sarà presente anche una folta presenza del mondo laico. Sul ruolo che i fedeli laici possono svolgere nella nuova evangelizzazione dell’America Latina, Alessandro De Carolis ha intervistato il prof. Guzman Carriquiry, sottosegretario del Pontificio Consiglio dei Laici e delegato alla Conferenza di Aparecida in qualità di perito:   

     
    R. - E’ significativo, perché è la prima volta che succede in una Conferenza generale che tra le categorie dei partecipanti vi sia anche quella dei rappresentanti di movimenti ecclesiali. C’è una nutrita partecipazione dei laici e questo pure sembra molto importante, perché il loro compito nella nuova evangelizzazione è fondamentale. Rendono testimonianza a Cristo e aprono le strade al Vangelo in tutti gli ambienti di vita e sono chiamati a mostrare con la propria vita, le proprie opere, il proprio servizio al bene comune che l’amore è più forte.

     
    D. - Il tema scelto dal Papa per la Conferenza di Aparecida mette l’accento sull’essere discepoli e missionari alla sequela di Cristo. Quale significato ha oggi questo tema per la Chiesa dell’America Latina e in particolare per i fedeli laici?

     
    R. - Io credo che il patrimonio più grande nella vita dei popoli latinoamericani sia l’aver ricevuto la grande tradizione cattolica, il più grande dono e la più grande responsabilità. Senza questo patrimonio, non si riesce a comprendere a fondo il senso di dignità, la sapienza di vita, la passione per la giustizia, le reti di solidarietà, la speranza contro ogni speranza, compresa la gioia di vivere, che muovono la vita dei nostri popoli. Il tema, dunque, della V Conferenza generale risulta cruciale: discepoli e missionari di Gesù Cristo, perché il nostro popolo abbia in Lui la vita. L’autorità capitale è quella di riprendere, riformulare la tradizione cattolica a partire dall’avvenimento della presenza di Cristo nelle persone, nelle famiglie, nei popoli, per generare nuovi discepoli e missionari.

     
    D. - Giovanni Paolo II definì l’America Latina il "Continente della speranza". Quale contributo può dare la Chiesa latinoamericana al mondo di oggi?

     
    R. - Questo patrimonio della grande tradizione cattolica è la vera speranza nella vita dei nostri popoli. Allo stesso tempo, quel 45 per cento dei battezzati nella Chiesa cattolica che vivono nell’America Latina sono una speranza viva per l’insieme della cattolicità. Questo è motivo di speranza per i nostri popoli e per l’insieme della cattolicità.

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    Il cilma di fervore che regna ad Aparecida e gli echi della visita del Papa alla "Fazenda da Esperanca" nel commento di padre Federico Lombardi

    ◊   A pochi minuti dall'inizio degli ultimi impegni ufficiali di Benedetto XVI in Brasile, sono dunque già molti gli avvenimenti che hanno permesso alla popolazione locale, ma anche di tutto il continente latinoamericano, di apprezzare più da vicino la persona di Benedetto XVI e la forza dei suoi insegnamenti. Al microfono di Alessandro De Carolis, la testimonianza del direttore della Sala Stampa vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

     
    R. - Ad Aparecida, si respira un clima estremamente cordiale ed entusiasta. Bisogna rendersi conto che qui ci troviamo nella capitale religiosa cattolica del Brasile, perché il Santuario è un luogo non solo immenso come dimensioni, ma anche grandissimo come influsso e come devozione, poiché attira persone da tutte le parti di questo grandissimo Paese. E veramente, qui attorno, con il Papa che si muove per le vie di Aparecida in occasione degli eventi - per esempio, ieri sera, andando alla celebrazione del Rosario con i religiosi, con le famiglie - si nota un entusiasmo estremamente grande. Direi che ci stiamo probabilmente avvicinando al culmine spirituale ed emotivo di questa visita, dopo tutti gli eventi precedenti che sono stati bellissimi ma, in un certo senso, hanno caricato anche di intensità un popolo che ha imparato a conoscere il Santo Padre attraverso gli incontri, gli appuntamenti del viaggio e anche le trasmissioni radiotelevisive. Ecco: si avverte il crescere, ora dopo ora, di questo affetto e di questa intensità di preghiera e di festa.

     
    D. - Uno dei momenti che certamente ha caricato di intensità il vertice del viaggio è stata la visita di Benedetto XVI alla Fazenda da Esperança, sia per le parole di sostegno e di amore che il Papa ha rivolto ai giovani, sia anche per quel forte monito indirizzato ai trafficanti di droga...

     
    R. - Sì, certamente. Ma direi che il cuore del discorso, dell’atteggiamento del Papa è stato quello dell’annuncio dell’amore cristiano, quello contenuto nella Deus caritas est, Dio è amore, il tema dell’enciclica di Benedetto XVI. Un tema che poi si traduce nella pratica e si manifesta nell’esperienza cristiana, nella creatività della Chiesa che affronta i grandi problemi della società di oggi e in particolare i bisogni della gioventù quando si trova in difficoltà, attraverso una motivazione di amore gratuito che è immensamente più efficace di ogni organizzazione sociale o sanitaria che sia priva di questa carica interiore dell’amore. E il messaggio della Fazenda da Esperança è stato rivolto non solo ai giovani della Fazenda ma, come diceva il Papa stesso, a tutte le organizzazioni, a tutte le iniziative che - con uno spirito analogo - tentano di affrontare e di risolvere con fiducia, riaprendo un futuro, i gravi problemi della società di oggi. Certo, il monito c’è stato, però io direi che era assolutamente dominante lo spirito dell’amore e della fiducia nella possibilità di ricreare futuro che l’amore ha.

     
    D. - Oltre ai giovani, altre priorità pastorali per il Brasile ma anche per l’America Latina sono state, per così dire, anticipate dal Papa nel discorso che due giorni fa ha tenuto con i vescovi brasiliani. Quali echi si sono avuti di quell’intervento?

     
    R. - E' stato un intervento molto ampio, quindi va riletto e rimeditato anche dai vescovi stessi nel loro insieme: ne parlavo con il nuovo presidente della Conferenza episcopale, dom Geraldo, che appunto desidera farne oggetto di riflessione e di discussione con i suoi confratelli. Uno dei temi messi in rilievo è quello di un rinnovato annuncio capace di arrivare alla gente e di attrarla, anche in alternativa alla diminuzione di adesioni alla Chiesa in favore delle sètte: è una cosa che qui si sente molto. In Brasile, si vedono i canali televisivi animati anche da tele-predicatori di diverse sètte evangeliste, e questo confonde certamente la fede del popolo. Credo dunque che questo sia uno dei punti importanti, oltre che, naturalmente, l’impegno cristiano per la soluzione di gravissimi problemi sociali di disuguaglianza e di povertà, sui quali la Chiesa brasiliana ha però già una grande e bellissima tradizione ed impegno. Quindi, riassumendo, direi: sètte religiose, gioventù, progresso umano, sociale e spirituale e giustizia sono le grandi piste lungo le quali la Chiesa brasiliana camminerà.

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    Fatima in festa per i 90 anni dalle apparizioni alla Cova da Iria. Il cardinale Sodano inviato del Papa alle celebrazioni

    ◊   Migliaia di fedeli si sono radunati oggi a Fatima, in Portogallo, per ricordare il novantesimo anniversario della prima apparizione della Madonna a Francesco e Giacinta Marto e a Lucia Dos Santos. Stamani, il cardinale Angelo Sodano, nella cittadina portoghese come inviato di Benedetto XVI, ha presieduto una Messa solenne nella chiesa intitolata alla Santissima Trinità appena costruita. Ed anche in San Pietro, oggi pomeriggio, sono attese almeno 10 mila persone per celebrare la festa dell Madonna di Fatima. Migliaia di pellegrini percorreranno in processione via della Conciliazione per radunarsi, poi, nella Basilica Vaticana e rendere omaggio alla Madre Celeste, nel giorno in cui molti Paesi celebrano la Festa della mamma. La statua pellegrina della Madonna di Fatima arriverà con un elicottero e la elebrazione eucaristica sarà presieduta dal cardinale vicario, Camillo Ruini. Il servizio di Tiziana Campisi:

     
    Era il 13 maggio del 1917 quando la Madonna affidò a tre pastorelli portoghesi un messaggio per ogni uomo, ogni donna e ogni bambino. Lucia, Giacinta e Francesco avevano portato al pascolo un piccolo gregge nella Cova da Iria, nei pressi della cittadina di Fatima, ed avevano appena recitato il Rosario quando una “Signora più splendente del sole”, dalle cui mani pendeva un rosario bianco, apparve loro chiedendo di pregare molto. Quella “Signora” tornò a manifestarsi altre 5 volte, rivelando poi di essere “La Madonna del Rosario”. Lo ha ricordato il cardinale Angelo Sodano che, nella sua omelia, ha ripercorso l’intera storia delle apparizioni di Fatima:

     
    “Oggi si compiono 90 anni dalle apparizioni nella Cova da Iria e noi vogliamo chiedere a Maria che mostri ancora tutta la sua sollecitudine materna verso gli uomini e le donne del nostro tempo, talora tentati di dimenticarsi di Dio e di porre il loro cuore nel vitello d’oro delle fatuità della terra”.

     
    Il porporato ha sottolineato, poi, che sono in particolare “i figli che vivono in Europa” ad essere tentati “di dimenticare quella fede che è stata la loro forza nel corso dei secoli”. “Nei nostri Paesi - ha affermato ancora il decano del Collegio cardinalizio - è in corso un’apostasia che ci deve preoccupare”. Quindi ha aggiunto:

     
    “Al cuore immacolato di Maria noi affidiamo oggi le sorti degli uomini e dei popoli del nostro continente, impegnandoci poi a riportare nel cuore della nostra società quel lievito del Vangelo che ne ha permeato la storia nel corso dei secoli”.

     
    Ai tre pastorelli Maria affidò il compito di chiedere al mondo preghiere e penitenze per la conversione dei peccatori, e in particolare per la Russia, ed ancora rivelò profezie: il cosiddetto ‘Segreto di Fatima’. La Madonna permise di rivelarne le prime due parti, chiedendo di non svelare pubblicamente la terza fino a quando i tempi fossero stati maturi. Il messaggio di Maria era strettamente connesso agli eventi storici e politici del tempo, le profezie, una a una, si sono realizzate e a Fatima, intorno al santuario dedicato a Maria, ha visto la luce un grande movimento spirituale da parte di masse di fedeli sempre più numerosi. “Molti buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire; varie nazioni saranno annientate”: sono queste alcune delle rivelazioni della Madonna a Francesco e Giacinta, morti pochi anni dopo le apparizioni, e a Lucia, entrata poi nel Carmelo di Coimbra. Sarà lei a descrivere dettagliatamente nelle sue memorie i dialoghi con la Vergine e a serbare, fino al 2000, la terza parte del segreto: la visione del “vescovo vestito di bianco” che cade “come morto” sotto i colpi di armi da fuoco. Suor Lucia muore il 13 febbraio del 2005, l’anno dopo la sua salma viene tumulata nel santuario dove sono sepolti i cugini. Il messaggio della Madonna di Fatima è l’invito della Mamma celeste ai suoi figli a tornare sulla via della luce, a pregare molto, soprattutto con il rosario, e ad avere coscienza del peccato. È il richiamo di una ‘Madre’ ad un’autentica conversione, ed oggi, nella festa dedicata a tutte le mamme, non possiamo non ricordare la promessa di Maria all’umanità: il suo cuore immacolato trionferà, e un mare di grazia sarà riversato alle anime che a Lei si vorranno consacrare.

     
    Sette anni fa nel Santuario portoghese, durante la cerimonia di Beatificazione di Francesco e Giacinta Marto, presieduta da Giovanni Paolo II, il cardinale Angelo Sodano, allora segretario di Stato, rese nota pubblicamente la terza parte del Segreto di Fatima. Giovanni Peduto ha chiesto al porporato quale parte del Messaggio lo colpì maggiormente:


    R. - In quell’occasione, mi ha colpito soprattutto - più che il messaggio in sé - la grande reazione che esso ha suscitato nella Chiesa, reazione di un grande affetto al Papa. Era un’ondata di venerazione, lo vedevo sul volto dei pellegrini di fronte al Santuario di Fatima, di fronte ai quali io parlavo. Veramente, fu la dimostrazione di un grande amore al Papa: si vedeva in lui la figura del padre, disposto a dare la vita per i suoi figli. I cattolici del mondo intero videro nel Vicario di Cristo colui che era assimilato alle sofferenze del suo Signore. Certo, in quell’anno il Papa celebrava i suoi 80 anni e quindi anche la folla era animata da questa venerazione al Padre comune. Nel mio discorso, ricordai come la visione di Fatima si riferisse soprattutto alla lotta dei sistemi atei contro la Chiesa ed i cristiani, e quindi la visione vista da Lucia era la visione di una Via Sacra di sofferenze di tanti testimoni della fede che erano guidati dai Papi del XX secolo e quindi, secondo l’interpretazione di Lucia, il "vescovo vestito di bianco" era il Papa Giovanni Paolo II. Egli era il Papa che cadeva a terra come morto. Suor Lucia diceva “como morto” - cioè "come morto" nella bella lingua portoghese - sotto i tiri di un’arma da fuoco. E ciò, ovviamente, suscitò nei presenti una grande ondata di amore al Papa, visto come il figlio prediletto di Maria.

     
    D. - Lei, eminenza, è stato per tanti anni il più stretto collaboratore di Giovanni Paolo II: qual era il rapporto tra Papa Wojtyla e Fatima?

     
    R. - Il rapporto del compianto Papa Giovanni Paolo II con la Madonna di Fatima fu molto intenso. Là si recò già nel 1982, l’anno dopo l’attentato, per ringraziare la Madonna per lo scampato pericolo. E sempre là, il Papa ritornò poi ben due volte, nel 1991 e soprattutto nel 2000, l’anno del Grande Giubileo. E nel 2000 soprattutto, mi commuoveva del Papa vedere questa sua tenerezza nei riguardi della Madonna, il desiderio di mettere nelle mani di Maria le sorti della Chiesa e dell’umanità, all’alba del terzo millennio cristiano. E poi, non dimentichiamo che allora Giovanni Paolo II affidò al vescovo di Leira-Fatima quel proiettile che era rimasto incastrato nella jeep dopo l’attentato, incaricandolo di incastonarlo nella corona che c’era sul capo della statua di Maria: era un gesto di gratitudine profonda del figlio verso la Madre.

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    Oggi in Primo Piano



    Un milione di persone in Piazza San Giovanni per il "Family Day"

    ◊   Una enorme adunata di famiglie, anche al di là delle migliori aspettative. Questo si è rivelata la manifestazione “Più famiglia”, il cosiddetto Family Day, che si è svolta ieri pomeriggio a Roma, in Piazza San Giovanni in Laterano. Centinaia di migliaia di persone, famiglie arrivate da tutta Italia, che hanno riempito fino all’inverosismile la piazza e le vie circostanti. La cronaca e gli interventi del pomeriggio nel servizio di Alessandro Guarasci:

    C’è la gioia di chi si sente parte di un progetto negli occhi delle famiglie arrivate a Piazza San Giovanni. Decine di associazioni e movimenti cattolici che hanno portato a Roma più di un milione di persone. L’esigenza è tutelare la famiglia, ma anche contrastare il disegno di legge sui DICO, come dice il portavoce Savino Pezzotta:

     
    “Ha già determinato nell’immaginario collettivo l’idea che vi possa essere nel futuro una normativa che contempli una pluralità di modelli familiari. Questo non va bene! (Applausi) Si è determinata una condizione culturale che noi vogliamo recuperare. Ecco perché minimizzare significa confermare un modello che noi non accettiamo”.

     
    Il discorso è semplice. Bisogna difendere il matrimonio tra un uomo e una donna:

     
    “Operare perché sia data centralità culturale, politica e sociale alla famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Aperto alla fecondità esige che questo legame sia sostenuto e che si determini una condizione che veda cattolici e laici agire di concerto”.

     
    Una manifestazione piena di entusiasmo, ricca di canti e balli, uno spaccato della società italiana, cui hanno partecipato anche diversi politici. Il ministro della Giustizia e leader dell’Udeur Clemente Mastella:

     
    "Oggi è una grande festa di popolo e credo che segni un nuovo orizzonte per la politica italiana, della quale ognuno dovrà tenere debitamente conto. Qua ci sono persone, donne e uomini, con bambini, nonni. C’è la famiglia, la sana famiglia italiana, la quale chiede di avere risposte. Non chiede di non fare per gli altri. Ma delle risposte per le proprie esigenze.

     
    Tra la folla del "Family Day", Marina Tomarro ha raccolto alcune impresisoni a caldo dei partecipanti:

     
    R. - Non siamo qui contro qualcosa, ma a sostegno della famiglia, così come la intende la Costituzione e così come storicamente si è affermata.

     
    R. - Siamo qui insieme alle altre famiglie, per testimoniare che la famiglia è importante prima di tutto per me e poi per la società, perché la famiglia dà solidità, dà certezze, in particolar modo alla coppia ma anche ai figli: dà un futuro solido, dà sicurezza.

     
    D. - Cosa vuol dire per lei la parola “famiglia”?

     
    R. - “Famiglia” vuol dire un nucleo fondamentale su cui è costruita tutta la società. Quindi, va sostenuta con politiche importanti che lo Stato deve mettere in atto.

     
    R. - Per me la famiglia è la cosa più importante che ci sia. Dà un senso alla vita.

     
    D. - In che modo la famiglia dovrebbe o potrebbe essere supportata maggiormente?

     
    R. - Creando qualcosa di nuovo, affinché ogni famiglia possa sbarcare il lunario non così come fa oggi. Essere aiutata anzitutto finanziariamente e poi essere sostenuta nelle scelte, nelle azioni.

     
    R. - Aiutando, per esempio, le famiglie giovani ad acquistare la prima casa, le famiglie con figli ad avere dei sussidi nel momento in cui non ce la possono fare. In tutte quelle cose pratiche che in qualche maniera possano aiutare due giovani che decidono di sposarsi e di avere figli ad andare avanti nel tempo.

     
    R. - Senz’altro con politiche più a favore della famiglia. Io ho sei figli e certo non è facile arrivare a fine mese. Mio marito fa due lavori. Siamo poco aiutati in questo.

     
    Pur avendo ribadito nella lunga vigilia che lo ha preceduto la propria fondamentale apoliticità, il Family Day non è stato immune da polemiche a carattere politico. Contrasti dialettici tra il leader dell’opposizione, Silvio Berlusconi, e il premier, Romano Prodi. Nei confronti di entrambi, le critiche di colleghi e avversari che hanno invitato a non strumentalizzare la manifestazione di Piazza San Giovanni. Sul Family Day, si è pronunciato anche il presidente della CEI, l'arcivescovo di genova, Angelo Bagnasco, che ha definito la manifestazione di ieri "una testimonianza rispettosa e gioiosa sul valore della famiglia". Il servizio di Giampiero Guadagni:
      
    Il primo commento ieri è stato quello di Romano Prodi, che da Stoccarda - teatro ha detto basta alle contrapposizioni tra Guelfi e Ghibellini che hanno rovinato l’Italia per secoli. Berlusconi, presente al Family Day, ha replicato: i cattolici veri non possono essere alleati di una sinistra che attacca frontalmente la Chiesa. Controreplica di Prodi: queste sono parole totalmente estranee allo spirito cattolico. Le schermaglie dialettiche tra i leader dei due poli non sono piaciute a chi, sia del centrodestra sia del centrosinistra, era ieri in Piazza San Giovanni. Il presidente UDC Casini da una parte, i ministri Mastella e Fioroni dall’altra, invitano a non strumentalizzare il Family Day. Definiscono una caduta di stile quella di Berlusconi, perché i cattolici sono liberi di stare politicamente dove vogliono. Ma trovano di cattivo gusto anche il riferimento di Prodi a guelfi e ghibellini, perché in Piazza San Giovanni nessuno ha pronunciato frasi d’odio e c’è stato massimo rispetto per tutti. Nessuno minaccia la laicità dello Stato, ha sottolineato da parte sua il presidente di AN, Gianfranco Fini. Un tema, questo, che è stato al centro della manifestazione di Piazza Navona denominata “Coraggio laico”, organizzata da radicali e sinistra. Difesa a spada tratta dei DICO, mentre i ministri che hanno elaborato la legge, Rosy Bindi e Barbara Pollastrini, insistono: i DICO nulla tolgono alla famiglia e non equiparano i diritti delle coppie di fatto al matrimonio. Il dibattito sta per spostarsi dalle piazze in parlamento. Ma a distanza di tre mesi dal varo del Consiglio dei ministri, il provvedimento sui diritti delle coppie di fatto è ancora in Commissione Giustizia del Senato.

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    Il "sì" a un continente solidale nel Messaggio ecumenico che ha chiuso a Stoccarda "Insieme per l'Europa"

    ◊   “I carismi, doni gratuiti di Dio, ci spingono sulla via della fraternità e della comunione come profonda vocazione europea”. E' un brano del messaggio che ha concluso la seconda manifestazione internazionale ecumenica “Insieme per l’Europa”, svoltasi ieri a Stoccarda con la partecipazione di 8 mila aderenti a oltre 250 movimenti e comunità di varie Chiese dell’est e ovest del continente. “La consapevolezza che le nostre diversità rappresentano una ricchezza e non un motivo di paura e di separazione - sono ancora parole del messaggio - può diventare un segno di speranza ovunque sia in pericolo la convivenza”. Un programma che ha avuto incoraggiamento da messaggi di responsabili di Chiese, di Stato e di governo, di istituzioni europee e da interventi di vescovi di varie Chiese e di politici. Da Stoccarda, il servizio di Carla Cotignoli:

     
    “Con i vostri movimenti date un volto all’unità dell’Europa”: sono parole del cancelliere tedesco Angela Merkel, nel messaggio rivolto alla manifestazione. Il volto dell’Europa che emerge a Stoccarda, infatti, ha i lineamenti di un nuovo umanesimo e di una nuova cultura, la cultura della comunione. E’ ben espressa dalla solenne Dichiarazione di impegno finale, letta dai giovani. Movimenti e comunità cattolici ed evangelici, ortodossi ed anglicani insieme dicono “sì” alla difesa della vita in tutti i suoi stadi, “sì” alla famiglia legata da un patto indissolubile di amore fra uomo e donna, “sì” al creato con la difesa dell’ambiente, “sì” ad un’economia solidale, alla solidarietà con poveri ed emarginati e lo sviluppo dei Paesi svantaggiati, in particolare l’Africa; “sì” alla pace, con la mediazione nei conflitti, “sì” a città che siano luoghi di solidarietà ed accoglienza, aperte alle diverse culture.

     
    Non sono solo punti programmatici, ma l’indicazione di un nuovo sviluppo di quanto è già vissuto nei diversi Paesi d’Europa. Lo ha mostrato, nel pomeriggio, la carrellata di storie personali e di iniziative proprio in questi ambiti. Hanno testimoniato la forza del rinnovamento del Vangelo vissuto. Pure a livello di laboratorio sono state date risposte concrete - e qui citiamo solo qualche esempio - alla crisi della famiglia che rinasce, attingendo in Dio la sorgente dell’amore, ma anche al divario tra ricchi e poveri, colmando anche l’indigenza – non meno grave – di relazioni autentiche, all’impegno a saldare il debito dell’Europa con l’Africa attraverso azioni congiunte per lo sviluppo e la cura dell’AIDS. Nella Dichiarazione finale, c’era anche il “sì” alla collaborazione con istituzioni, forze sociali e politiche. Questa prospettiva si è aperta, in concreto, nel dialogo con il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, e con Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione Europea. Profonda la sintonia con il progetto d’Europa da loro prospettato. In suo un passaggio, riguardante alla famiglia, Prodi ha parlato della necessità di politiche coraggiose, che sappiano unire e non dividere, senza le quali il tessuto profondo dell’Europa rischia di perdersi, mentre Barrot ha prospettato il traguardo dell’unità europea come una tappa ed un modello per altri continenti e per forme di governi della comunità mondiale di domani.

     
    Questa mattina, l’incontro del gruppo dei promotori di “Insieme per l’Europa”: già si prospetta una nuova tappa, ancora da definirsi nei tempi e luoghi.

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Mozambico esortano il Paese a difendere la vita in una nota intitolata “No all’aborto, sì alla vita”

    ◊   “Una situazione allarmante”. E’ la preoccupazione dei vescovi del Mozambico per la diffusione dell’aborto e per una sua possibile liberalizzazione nel Paese, espressa nella nota pastorale - intitolata “Sì alla vita e no alla morte, contro l’aborto provocato” - pubblicata nei giorni scorsi al termine della loro assemblea ordinaria. Il documento, afferma l’agenzia Fides, delinea un quadro allarmante: si parla di aumento dei neonati abbandonati nella spazzatura, degli aborti assistiti negli ospedali e di quelli eseguiti privatamente, spesso su istigazione della famiglia che non vuole avere una “figlia disonorata”. A preoccupare, inoltre, è il dibattito sulla completa liberalizzazione, legalizzazione e depenalizzazione dell’aborto, ispirato da una serie di atti internazionali tra cui il cosiddetto “Protocollo di Maputo”, adottato dalla Sessione ordinaria dell’Unione Africana, tenutasi proprio nella capitale mozambicana nel 2003. La nota ricorda che il Mozambico è uno dei 15 dei 53 Stati africani che hanno ratificato il Protocollo il cui articolo 14 riconosce apertamente il diritto della donna all’aborto. I vescovi, pur riconoscendo gli aspetti positivi del Protocollo, lamentano il fatto che la sua ratifica da parte del parlamento mozambicano sia avvenuta “senza una precedente divulgazione del testo in modo da rendere possibile un dibattito sul suo contenuto”. L’articolo in questione - proseguono i presuli - è contrario alla multisecolare tradizione africana e mozambicana di rispetto e amore per la sacralità della vita umana, oltre ad essere in contrasto con la dottrina cristiana, espressa nel Catechismo della Chiesa cattolica, nei documenti conciliari e nell’Esortazione post sinodale Ecclesia in Africa. Di qui, l’esortazione rivolta ai fedeli, ai cittadini e ai politici a riflettere sulla difesa della “vita di tutti i componenti del popolo mozambicano, sia quelli già in vita sia i nascituri, e degli altri seriamente minacciati nella loro esistenza, ora dal flagello del AIDS/HIV, ora dalle diverse malattie endemiche e da un aumento delle pratiche abortive”. (E. B.)

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    Appello alla comunità internazionale del vescovo di Jaffna, in Sri Lanka, per porre fine al conflitto civile nel Paese

    ◊   È urgente un intervento dei governi stranieri per porre fine alla crisi in Sri Lanka: lo ha detto il vescovo di Jaffna, Thomas Savundranayagam, in un recente incontro con due diplomatici statunitensi, il vicesegretario di Stato per le questioni dell’Asia meridionale e centrale, Richard Boucher, e l’ambasciatore americano a Colombo, Robert O’Blake. Accogliendoli nella città settentrionale, considerata una delle roccaforti delle Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE), il presule ha menzionato “le violazioni dei diritti umani, le difficoltà economiche, le limitazioni negli spostamenti, la mancanza di cibo, le minacce ai media” e altre quotidiane difficoltà degli abitanti di Jaffna. Ha poi chiesto - riferisce l'agenzia MISNA - che la diplomazia internazionale faccia pressione sul governo dello Sri Lanka per una soluzione politica del conflitto, iniziato nel 1983 per l’indipendenza del nord e dell’est e costato finora la vita a circa 80 mila persone. “Le minoranze - ha concluso mons. Savundranayagam - devono sentire che sono cittadini con gli stessi diritti degli altri e devono poter aver il diritto all’autodeterminazione”. (R.M.)

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    Al via in Qatar, il primo Centro per il dialogo interreligioso del mondo arabo

    ◊   Cristiani, ebrei e musulmani insieme in un centro per il dialogo interreligioso. E’ l’iniziativa promossa dall’emiro del Qatar, Shaikh Hamad Bin Khalifa Al Thani, la prima del genere nel mondo arabo. A dare la notizia è il quotidiano Gulf News che cita Aisha Al Mannai, del “College of Sharia” dell’Università del Qatar, il quale afferma: “Siamo felici di annunciare un’iniziativa così importante. Dobbiamo lavorare insieme per promuovere il dialogo”. Come riporta l’agenzia SIR, l’obiettivo della struttura è “condurre ricerche, pubblicare libri sul dialogo, coordinare istituti analoghi nel mondo, organizzare conferenze annuali e seguirne gli sviluppi”. Il Consiglio di presidenza è formato da tre musulmani, tre cristiani ed un ebreo. A rappresentare i cristiani, saranno don Vittorio Ianari, della Comunità di Sant’Egidio, il vescovo George Saliba, dell’arcidiocesi siro-ortodossa di Mount Lebanon, e Johan Taylor, rappresentante ONU dell’International Society for Religious Freedom. Soddisfazione è stata espressa dal nunzio apostolico in Kuwait, Barein, Yemen e Qatar, l'arcivescovo Mounged El-Hachem, che ha però ha precisato che “il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso non è stato invitato a far parte del Centro”. Intanto, nella capitale Doha sono iniziati i lavori della prima chiesa cattolica del Paese. Non sarà aperta al pubblico, ma servirà alla comunità locale composta in maggior parte da stranieri. (E. B.)

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    La tratta degli esseri umani provenienti dall’Africa al centro di un seminario promosso dall’ILO, a Dakar

    ◊   Cresce la tratta degli esseri umani dai Paesi dell’Africa occidentale. È quanto emerge dal seminario regionale sulla tratta degli esseri umani in corso a Dakar, capitale del Senegal, organizzato dall’Ufficio internazionale del lavoro (ILO) e dall’Ambasciata francese. Il fenomeno - riferisce l’agenzia Fides - riguarda soprattutto le donne africane che sono avviate alla prostituzione in Europa e anche nei Paesi della regione. Oltre alla Nigeria, il Paese maggiormente coinvolto nei traffici, le donne provengono da Camerun, Sierra Leone, Togo e Ghana. Sono sorte vere e proprie reti per il traffico degli esseri umani, che ormai coincidono con le organizzazioni che gestiscono la prostituzione. Alcune prostitute inoltre, una volta pagato il debito contratto con i trafficanti, diventano a loro volta sfruttatrici di altre ragazze, diventando quelle che in gergo si chiamano "mama". Queste persone usano mezzi psicologici e violenti per tenere in soggezione le proprie vittime, facendo ricorso anche a pratiche “magiche” ispirate dalla tradizione religiosa africana. Le donne devono pagare ai trafficanti almeno 50 mila dollari per riacquistare la libertà. In seguito, possono comprare altre ragazze da avviare alla prostituzione per una cifra che varia dai settemila ai diecimila dollari. Le donne rimpatriate in Africa dall’Europa devono essere protette dalle organizzazioni criminali che reclamano il pagamento del “debito”. Proprio per questo, a Benin City, in Nigeria, la Chiesa cattolica ha promosso un centro che mira, tra l’altro, al reinserimento sociale delle vittime. Il fenomeno della criminalità transnazionale ha indotto la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale a costituire un organo centralizzato per coordinare gli organi di polizia della regione. (E. B.)

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    Nuove scritte offensive, a Bologna, contro il presidente della CEI, mons. Bagnasco, e contro il Papa

    ◊   Ancora un gesto ingiurioso nei confronti del presidente della Conferenza episcopale italiana, l'arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, e questa volta anche una scritta contro il Papa. Nel garage di un centro commerciale di Bologna, sui parcometri che erogano i biglietti, sono comparse le frasi "Bagnasco vergogna" e "Ratzinger vergogna", mentre contro le posizioni della Chiesa cattolica e l’arcivescovo di Genova, sempre a Bologna, durante la processione della Madonna di San Luca, sono stati innalzati cartelli. Le due frasi contro mons. Bagnasco e Benedetto XVI, a quanto si è appreso, sarebbero recenti, ma non è chiaro se siano state scritte in concomitanza con il Family Day, svoltosi ieri a Roma. Dopo la segnalazione, la polizia ha compiuto un sopralluogo. Intorno alla metà di aprile, contro il presidente della CEI erano state trovate nel capoluogo emiliano altre scritte, tra cui quella lungo il portico antistante l’ingresso di un centro servizi ACLI, dove erano stati anche imbrattati, con uno spray, la targa e il simbolo dell’associazione. (T.C.)

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    Chiusa la fase diocesana della Causa di beatificazione di fra’ Immacolato Brienza, per 50 anni evangelizzatore dal letto della sua malattia

    ◊   Venerdì scorso, l’arcivescovo di Campobasso-Boiano, Armando Dini, ha chiuso ufficialmente nella Cattedrale del capoluogo molisano la fase diocesana della Causa di beatificazione di fra’ Immacolato Brienza. La sua - riferisce il quotidiano Avvenire - è la storia di una lunga malattia, che lo ha inchiodato per 50 anni al letto senza però togliergli la forza di chiedere la consacrazione religiosa e di saper continuamente consigliare e aiutare chi si rivolgeva a lui. Nato il 15 agosto del 1922 a Campobasso, a 15 anni Aldo Brienza venne colpito da osteomielite deformante. Desideroso di consacrarsi totalmente a Dio, il 2 marzo del 1948 ottenne il permesso dalla Santa Sede di emettere i voti solenni, assumendo il nome di fra’ Immacolato, nell’Ordine della Regina del Carmelo, pur continuando a vivere nel suo letto. E da quel luogo, con la vita e le parole, annunciò il Vangelo e il primato della preghiera. “Lavorare è bene - ripeteva spesso fra’ Immacolato, che ha offerto la sua vita per la santificazione dei sacerdoti - pregare è ancora meglio, ma soffrire in unione a Gesù è tutto”. Un motto, questo, incarnato fino alla morte, avvenuta il 13 aprile del 1989. Molte le testimonianze da tutta Italia, raccolte in due anni di lavoro, che hanno permesso di entrare nella vita e nella spiritualità di fra’ Immacolato. I sigilli hanno chiuso questa prima fase. Ora la parola passa alla Congregazione per le Cause dei Santi, cui verrà inviata tutta la documentazione. (R.M.)

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    Dalla XII Giornata per la pace celebrata a Pompei, un invito alla fratellanza universale

    ◊   Grande partecipazione, ieri, sabato 12 maggio, a Pompei, per la XII Giornata Per la Pace dei bambini e dei ragazzi. Al mattino, migliaia di studenti delle scuole di ogni ordine e grado della città mariana e di numerosi comuni limitrofi (Lettere, Santa Maria la Carità, Sant’Antonio Abate, San Valentino Torio e Scafati) hanno marciato per le strade cittadine, cantando e scandendo slogan in favore della pace e della fratellanza tra gli uomini e tra i popoli. Con striscioni, poster, magliette e palloncini hanno rimarcato il loro rifiuto della guerra e dell’odio. L’iniziativa, che aveva come titolo un invito all’impegno personale: “Ragazzi, nel deserto dell’egoismo e dell’ingiustizia, alziamo le tende della pace!”, è stata organizzata dal Polo scolastico del Santuario di Pompei, sotto l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica. Nel suo intervento, il vescovo-prelato e delegato pontificio di Pompei, Carlo Liberati, ha affermato: “La pace si costruisce con i fatti, con le azioni e, qui a Pompei, seguendo l’esempio del Beato Bartolo Longo, lo facciamo da oltre 130 anni”. Ha esortato, quindi, gli insegnanti ad impegnarsi di più nell’educazione ai valori umani e sociali ed ha auspicato che Pompei sia sempre “la città di Maria, città della pace e dell’amore”. Il presidente della Provincia di Napoli, Dino Di Palma, ha salutato i ragazzi esprimendo la sua gioia nel partecipare ancora una volta a questa importante e significativa manifestazione. L’attore di “Un posto al sole”, Patrizio Rispo, ha raccontato del suo impegno come ambasciatore UNICEF e, in particolare, della raccolta di fondi per le cure pediatriche. Rivolgendosi ai bambini, ha detto: “Il futuro è vostro, spero che riusciate a viverlo bene, soprattutto in questa nostra regione attraversata da grandi problemi”. Dopo il lancio dei petali di rose da un elicottero, i Vigili del fuoco, con l’autoscala, hanno posto sulla statua della Madonna che sovrasta la facciata del Santuario una corona di 100 rose rosse. Al termine, le Forze dell’ordine assieme ai bambini hanno liberato 100 colombe bianche, in segno di pace. Nel pomeriggio, alle ore 15.30, le bande musicali si sono esibite per le strade della città, mentre, dalle ore 17 in poi, nel cortile del Centro educativo “Bartolo Longo”, si è svolto uno spettacolo con la partecipazione degli "Artisti di strada", dei cabarettisti “I ditelo voi” e della cantante Valentina Stella. (A cura di Giovanni Peduto)

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    24 Ore nel Mondo



    Panoramica internazionale a cura di Isabella Piro

    ◊   In primo piano l’Afghanistan: il mullah Dadullah, uno dei più importanti leader talebani, è stato ucciso durante un’operazione militare nel sud del Paese. Lo ha annunciato il Ministero dell’interno locale. Il corpo dell’uomo è stato mostrato ai giornalisti, con il volto ben visibile e riconoscibile. I ribelli, però smentiscono la morte del loro capo e promettono la diffusione di una sua “recente registrazione”. Il nostro servizio:

     
    Una mutilazione all’altezza del ginocchio della gamba sinistra: è stato questo l’indizio incontrovertibile che quell’uomo disteso su un lettino di ospedale, semicoperto da un lenzuolo rosa che lascia esposto il volto, è il mullah Dadullah. Il leader talebano è stato ucciso insieme al fratello, durante un’operazione militare congiunta delle forze NATO ed afghane, nella provincia meridionale di Helmand. Il suo corpo è stato trasportato nella sede governativa di Kandahar e mostrato ad un gruppo di giornalisti, che lo hanno identificato. L’esposizione del cadavere è stata decisa dopo che i talebani avevano smentito la morte del loro leader: un uomo che si è qualificato come Zabihullah Mujahid, portavoce dei ribelli, aveva infatti telefonato all’agenzia francese AFP per negare la morte di Dadullah e promettere la diffusione di una sua “recente registrazione”. Autore di stragi e sequestri - compreso quello del giornalista italiano de La Repubblica, Daniele Mastrogiacomo - Dadullah Kakar era di etnia pashtun. Stretto collaboratore del mullah Omar fin dall’inizio dell’offensiva talebana, avviata nel 1994, aveva perso una gamba a causa di una mina esplosa nella zona di Herat. A lui vengono attribuiti numerosi eccidi, come quello avvenuto nel 2000 nella zona di Yakaolang, in cui centinaia di civili sarebbero stati trucidati. E sempre lui sarebbe il responsabile, nel 2003, della morte di un dipendente della Croce rossa internazionale, Ricardo Manguia, ucciso a sangue freddo vicino Kandahar. Nominato dal mullah Omar responsabile militare delle province di Helmand, Uruzgan e Kandahar, nel 2005 il mullah Dadullah era stato condannato all’ergastolo in Pakistan, per il tentato omicidio di un politico avverso ai talebani. Nota anche la sua promessa di donare 100 kg d’oro a chi avesse ucciso i disegnatori danesi autori, nel 2006, delle vignette satiriche su Maometto. La morte di Dadullah era stata annunciata più volte, nel corso degli anni, ma poi sempre smentita: l’ultima volta, era stato lo stesso guerrigliero a telefonare all’agenzia Reuters per negare la propria cattura. Secondo gli analisti afghani, la sua scomparsa è un colpo durissimo per i ribelli e potrebbe aprire una possibilità di dialogo tra i combattenti e il governo Karzai.

    Intanto, in Afghanistan non si arresta la violenza: almeno 55 talebani sono stati uccisi dalle forze di coalizione internazionale nel corso di due combattimenti nell’est del Paese. Gli scontri hanno interessato i distretti di Gayan e Barmal.

    E nuovi combattimenti anche tra manifestanti e polizia oggi a Karachi, in Pakistan, all’indomani delle violente sommosse in cui circa 34 persone sono morte e un centinaio sono rimaste ferite. Tre nuove vittime si registrano oggi: tra loro, anche un poliziotto. Ieri, migliaia di pakistani erano scesi in piazza a sostegno dell’ex presidente della Corte Suprema, Chaudhry, rimosso dal suo incarico il 9 marzo scorso per volere del capo di Stato Musharraf. Considerato un difensore dei diritti umani, Chaudhry è stato accusato di presunti “abusi d’ufficio”.

    Tensioni si registrano al confine tra Pakistan ed Afghanistan, vicino al distretto di Jaji, nella provincia di Paktika. Incerto il numero delle vittime: per Kabul, sarebbero morti 7 soldati afghani. Secondo il portavoce militare pakistano, invece, le vittime sarebbero un poliziotto e 3 civili, tra cui due bambini.

    E’ di oltre 50 morti e un centinaio di feriti il bilancio di diversi attentati avvenuti stamani in Iraq. Il più grave si è verificato a Makhmour, nel Kurdistan iracheno, dove un kamikaze si è fatto esplodere a bordo di un’auto davanti all’ufficio del Partito democratico, uccidendo circa 50 persone. Intanto, è stato rivendicato dal gruppo di Al Qaida in Iraq, denominato ‘Stato islamico’, il rapimento dei 3 soldati americani scomparsi ieri nella zona di Mahmudiya, dopo essere caduti in un’imboscata dei ribelli. Nell’agguato, hanno perso la vita altri 4 militari statunitensi e il loro interprete iracheno. Lo stesso gruppo terroristico ha anche mostrato, in un video l’esecuzione, di 3 soldati iracheni, uccisi a colpi di pistola. La loro morte, affermano i terroristi, è dovuta dalla mancata risposta del governo alla richiesta di liberazione di alcuni detenuti.

    Spiragli di distensione tra l’Iran e gli Stati Uniti: secondo quanto riferito dal Ministero degli esteri di Teheran, la Repubblica islamica ha accettato di partecipare ai colloqui con gli USA sulla situazione in Iraq. La data dell’incontro, che si terrà a Baghdad, verrà resa nota nei prossimi giorni. Esponenti politici iraniani ed americani si erano già incontrati il 3 maggio scorso, a margine della Conferenza internazionale per la sicurezza in Iraq svoltasi a Sharm el-Sheik, in Egitto.

    Secondo giorno in Arabia Saudita per il vicepresidente americano, Cheney, che avrà colloqui con Re Abdullah ed altri esponenti governativi. Tra i temi in agenda, la situazione in Iraq e la questione iraniana. Nei prossimi giorni, Cheney visiterà anche l’Egitto e la Giordania.

    Oltre un milione di persone sono scese in piazza oggi ad Izmir e a Smirne, in Turchia, per manifestare a favore della laicità dello Stato e contro l’elezione a presidente di un esponente del partito filo islamico AKP. Le manifestazioni odierne arrivano dopo i grandi cortei svoltisi ad Ankara ed Istanbul nel mese scorso. Ieri, intanto, sempre a Smirne, un ordigno rudimentale nascosto su una bicicletta ha provocato un morto e una quindicina di feriti.

    È stato sfregiato da una bottiglia incendiaria il grande ritratto di Mao Zedong collocato in Piazza Tienanmen, a Pechino. L’autore del gesto è stato arrestato: si tratta di un disoccupato di 35 anni, originario della provincia nordoccidentale dello Xinjang. Il ritratto danneggiato è stato sostituito da una copia. L’incidente è avvenuto ieri, alla vigilia dell’anniversario della protesta studentesca del 1989, che vide in piazza Tienanmen il proprio fulcro.

    In Sri Lanka, le truppe governative hanno ucciso 4 separatisti tamil, durante alcuni scontri nel distretto di Mannar, a circa 200 km a nord della capitale Colombo. L’esercito regolare ha scoperto inoltre materiale esplosivo destinato ai ribelli. Dal suo canto, un portavoce tamil ha smentito che ci siano stati morti tra i separatisti.

    Con il 71,2 % delle preferenze, Amadou Toumani Touré è stato riconfermato, per la seconda volta, presidente del Mali. La Corte costituzionale ha reso noti i risultati definitivi delle elezioni svoltesi il 29 aprile scorso. Già eletto capo di Stato nel 2002, dieci anni dopo aver guidato il golpe contro il presidente Moussa Traoré, Touré resterà in carica fino al 2012.

    Tornata elettorale anche in Armenia, dove ieri si è votato per il rinnovo del parlamento. Il Partito repubblicano, guidato dal primo ministro Sarkisian, ha ottenuto il 40% delle preferenze, mentre altri due movimenti filogovernativi, tra cui "Armenia Prospera", hanno raggiunto il 35%. Le elezioni si sono svolte sotto gli occhi di centinaia di osservatori, fra i quali 300 esponenti dell’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. La campagna elettorale era stata contrassegnata da numerose denunce di voti comprati.

    In Islanda, vittoria elettorale di misura per il Partito dell’indipendenza. Secondo i risultati definitivi, nelle votazioni svoltesi ieri la coalizione di centro destra ha ottenuto il 36,6%, percentuale che le permetterà di mantenere la maggioranza in Parlamento, ma solo per un seggio. Per gli osservatori, è probabile che ora si cerchino altre formule politiche. Alta comunque l’affluenza alle urne, pari all’83%.

    Sono circa 80 gli immigrati avvistati stamani su due barconi a largo dell’isola di Lampedusa. Già la notte scorsa, oltre 150 clandestini sono stati intercettati vicino alle isole Pelagie, a Pantelleria e alla Sardegna. E nuovi sbarchi si registrano anche nelle isole Canarie, dove nelle ultime 24 ore sono giunti circa 400 immigrati. ( A cura di Isabella Piro)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 133

     

     
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