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SOMMARIO del 08/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • “Con grande amore” la Chiesa brasiliana attende domani l’arrivo di Benedetto XVI, nel suo primo viaggio in America Latina. Il commento di don José Tola
  • Mons. Giuseppe Zenti nuovo vescovo di Verona al posto di mons. Flavio Carraro
  • Presentata la nuova edizione dell’Annuario Statistico della Chiesa: sostanzialmente invariato il numero totale dei cattolici, che aumentano decisamente in Africa grazie a un’efficace attività pastorale
  • Il Consiglio speciale per l'Europa del Sinodo dei vescovi: segnali di speranza contrastano le derive relativistiche nel Vecchio Continente
  • Presentati in Vaticano i primi quattro volumi curati dai ricercatori del "Progetto Scienza, Teologia e Ricerca ontologica/STOQ”: ne parla il cardinale Paul Poupard
  • Compie 80 anni il cardinale Laszlo Paskai, primate della Chiesa d'Ungheria. I cardinali elettori sono ora 107
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Unionisti e repubblicani insieme nel nuovo governo autonomo dell'Ulster, guidato da Ian Paisley. Intervista con Raffaella Menichini
  • Migliaia di fedeli a Pompei per la Messa e la Supplica alla Madonna del Rosario, presiedute dal cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe. Con noi, il vescovo prelato di Pompei, Carlo Liberati
  • A Stoccarda, il 12 maggio, "Insieme per l'Europa": manifestazione-testimonianza ecumenica di Movimenti e comunità. Tra i temi: famiglia, città multiculturali, giustizia e pace
  • Chiesa e Società

  • Basta con la persecuzione dei cristiani in Iraq. Così il patriarca caldeo di Baghdad, Delly, che ha denunciato l’inattività della politica irachena

  • Il cardinale Dias ha lodato l’impegno della Chiesa nel nord del Ghana, che in questi giorni festeggia i 100 anni di presenza sul territorio

  • I Paesi ricchi devono rivedere le politiche di aiuto verso l’Africa. E’ l’appello dell’arcivescovo di Abuja, in vista del prossimo vertice del G8 in Germania

  • Lo sfruttamento minerario del Salvador provoca “danni all’uomo e all’ambiente”. E’ quanto denunciano i vescovi locali in una nota

  • L'ex presidente iraniano Khatami ospite al convegno palermitano organizzato dalla Facoltà teologica di Sicilia
  • Rapporto dell’OMS su aborigeni australiani e sanità: “Indietro di oltre 100 anni rispetto al resto del Paese”
  • I Paesi lusofoni uniti per un’ortografia intercontinentale della loro lingua
  • 24 Ore nel Mondo

  • Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti
  • Il Papa e la Santa Sede



    “Con grande amore” la Chiesa brasiliana attende domani l’arrivo di Benedetto XVI, nel suo primo viaggio in America Latina. Il commento di don José Tola

    ◊   “Con grande amore” la Chiesa del Brasile si prepara ad accogliere, domani pomeriggio, Benedetto XVI, in visita nel maggior Paese cattolico al mondo, in occasione della V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e dei Carabi, che il Papa inaugurerà domenica prossima nel Santuario di Aparecida, per poi rientrare in Italia. Si tratta del sesto viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI, il primo in America Latina, dove vive quasi la metà dei cattolici dell’intero pianeta. Il popolo brasiliano è in fervente attesa scrivono i presuli - in un Lettera inviata al Papa lo scorso 2 maggio - per manifestare i loro sentimenti di “affetto, comunione e fedeltà”, sottolineando che la canonizzazione - prevista venerdì 11 maggio - del primo santo brasiliano, Frei Antonio de Sant’Ana Galvao, “sarà un grande beneficio per tutti ed un forte incentivo per la santità nella Chiesa”. L’arrivo in Brasile del Santo Padre - che partirà domani mattina alle ore 9 dall’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino - è previsto alle 16.30 ora locale nella città di Guarulhos, da dove raggiungerà in un’ora di volo in elicottero la grande metropoli di San Paolo. Sui momenti forti del viaggio del Papa e il clima che lo attende, il servizio del nostro inviato a San Paolo, Alessandro Gisotti:

     
    La Chiesa del Brasile aspetta a braccia aperte il Successore di Pietro, dieci anni dopo l’ultimo viaggio in questa terra di Giovanni Paolo II. Per la quinta volta nella storia, un Papa visiterà il Paese con più cattolici al mondo. Ma il viaggio apostolico di Benedetto XVI non si caratterizza solo per l’abbraccio ai fedeli brasiliani. Il momento culminante della visita, infatti, sarà l’apertura della V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi, domenica 13 nel Santuario mariano dell’Aparecida, a 170 chilometri da San Paolo. Un luogo particolarmente significativo: quello di Aparecida, infatti, con 8 milioni di pellegrini all’anno, è il santuario più visitato di tutto il Sud America. Il tema scelto da Benedetto XVI per l’evento ecclesiale è “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i nostri popoli abbiano vita”. La Conferenza di Aparecida, come è stato sottolineato dai vertici del CELAM, il Consiglio dell’episcopato latino americano, non avrà il fine di esaminare questioni dogmatiche, ma avrà un carattere eminentemente missionario e pastorale. Dal secolarismo al fenomeno delle sette, dalla lotta alla povertà alla pastorale vocazionale, tanti i temi all’ordine del giorno della Conferenza, in programma dal 13 al 31 maggio, che riunisce i rappresentanti delle 22 Conferenze episcopali dell’America Latina e dei Caraibi. Per la prima volta, poi, saranno presenti con diritto di voto delegati delle Conferenze episcopali di Stati Uniti, Canada, Spagna e Portogallo.

     
    Come già Paolo VI a Medellin nel 1968 e Giovanni Paolo II a Puebla nel 1979 e a Santo Domingo nel 1992, spetterà a Benedetto XVI aprire la Conferenza generale dell’episcopato del continente latinoamericano con un atteso intervento che darà gli orientamenti alla Chiesa dell’America Latina per affrontare le sfide dei prossimi anni. La prima parte del viaggio del Santo Padre nel “continente della speranza”, come lo definì Karol Wojtyla e come ha ribadito Papa Benedetto nel Regina Caeli di domenica scorsa, sarà invece tutta dedicata alla Chiesa e al popolo brasiliano. Un ruolo speciale lo avranno i giovani, che il Santo Padre incontrerà nella serata di giovedì 10 maggio allo Stadio Pacaembu, di San Paolo, quasi un’edizione brasiliana delle GMG. Poi, sabato 12 maggio, a Guarantiguetà il toccante incontro con i ragazzi tossicodipendenti, ospitati dalla Comunità di recupero "Facenda da Esperanza", fondata nel 1979 dal francescano tedesco, Hans Stapel. I ragazzi aspettano con trepidazione l’arrivo del Papa che - sottolineano alla Radio Vaticana - con questo gesto dimostra il suo amore per chi ha sbagliato, ma in Cristo ha trovato la forza di cambiare vita.

     
    Due le grandi Messe che il Papa celebrerà in Brasile. L’11 maggio, nell’area paulista del Campo di Marte, Benedetto XVI presiederà la Messa di canonizzazione di Frei Galvao, primo Santo brasiliano. Alla celebrazione eucaristica, sono attesi almeno un milione di pellegrini. A sottolineare l’importanza dell’evento, all’entrata di molte chiese di San Paolo, spiccano grandi foto di Benedetto XVI accanto all’immagine di Frei Galvao. Centinaia di migliaia di fedeli parteciperanno poi alla Messa di domenica 13 maggio, solennità della Madonna di Fatima, che il Papa celebrerà nel piazzale antistante il Santuario dell’Aparecida. Qui, un grande manifesto alle porte del Santuario dà il benvenuto al Papa in lingua portoghese, ma anche in tedesco, in omaggio alla terra natale di Joseph Ratzinger.

     
    L’articolato programma del viaggio apostolico prevede anche altri appuntamenti significativi a partire dal colloquio tra Benedetto XVI e il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, il 10 maggio. Nella stessa giornata, il Papa riceverà al Monastero San Benedetto i rappresentanti delle altre confessioni cristiane e di altre religioni. Non mancheranno poi gli incontri tra il Papa e l’episcopato brasiliano, che proprio in questi giorni si è riunito a Campinas, in vista della Conferenza dell’Aparecida. Nella monumentale “Catedral da Sé”, la sera dell’11 maggio, il Papa celebrerà i Vespri assieme ai 427 vescovi del Brasile. Benedetto XVI si rivolgerà anche ai sacerdoti, religiosi e religiose del Paese: l’appuntamento è per sabato 12 maggio, quando il Papa guiderà la recita del Santo Rosario nel grande Santuario di Aparecida.
    Da San Paolo, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.

     
    Il Vangelo è la risposta alle grandi sfide di oggi, aveva raccomandato Benedetto XVI, nel gennaio scorso, rivolto alla Pontificia Commissione per l’America Latina. Un’esortazione che chiama, in particolare i presuli latinoamericani, ad un rinnovato impegno di evangelizzazione, come sottolinea il rev. José Tola, officiale della Pontificia Commissione per l’America Latina, intervistato da Alessando Gisotti:
     
    R. - Io credo che tutti i vescovi latinoamericani siano molto consapevoli che l’unico cammino per rendere la società umana più giusta, più riconciliata, sia quello di proporre il Vangelo in modo esplicito. La Parola di Cristo concentra il nostro sguardo su quello che è essenziale e non è difficile - di fronte a tante carenze, soprattutto nel continente latinoamericano dove c’è tanta povertà, tanta ingiustizia - trascurare il fatto che l’azione della Chiesa perde tutto il suo vigore se non è prima di tutto annuncio della persona di Cristo. Credo che solo con questa premessa si possano affrontare con coraggio e con una speranza solida tutte le sfide che presenta la vita dell’uomo in questo tempo.

     
    D. - L’ultima Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e caraibico si è svolta nel 1992. Com’è cambiato in America Latina il modo di rapportarsi con la fede in questi 15 anni?

     
    R. - La fede rimane sempre il patrimonio più importante dell’America Latina. L’America Latina è un continente che si caratterizza - è stato sempre così - per la sua fede, per una fede molto viva, per la sua religiosità. Comunque, non si può trascurare il fatto che negli ultimi 15 anni si sono presentate diverse difficoltà. Per esempio, è importante vedere che la proporzione dei cattolici è diminuita e ci sono tante altre difficoltà come la presenza sempre più forte delle sette. Di fronte a tutto questo, io accennerei a due punti tra i più decisivi del contesto attuale: il primo è quello della pastorale vocazionale e il secondo aspetto è quello della famiglia. Nella nostra riunione plenaria di gennaio, il cardinale Grocholewski ha ricordato nel suo intervento che la famiglia in America Latina ha una grande potenzialità e questa potenzialità occorre saperla sfruttare al meglio.

     
    D. - Sempre nel discorso alla Pontificia Commissione per l’America Latina, il Papa ha messo l’accento sull’urgenza di una nuova evangelizzazione nel continente. Con quale spirito viene accolto questo invito del Santo Padre?

     
    R. - Direi che viene accolto prima di tutto con molta speranza e lo spirito è quello di un’evangelizzazione rinnovata che non è la stessa cosa di una ri-evangelizzazione, perché non si tratta di una ri-evangelizzazione ma di una nuova creatività nel modo di diffondere il Vangelo, nel modo di evangelizzare. Il cristianesimo richiede di vivere il Vangelo con radicalità e per questo sono importantissimi i modelli. Quindi i pastori latinoamericani sanno che con la loro parola e con la loro testimonianza vitale devono infondere il coraggio e la forza nel cuore dei cattolici per creare una grande onda di conversione e santità in tutto il continente.

     
    D. - Cosa può dare ai fedeli e ai pastori dell’America Latina un evento come la visita di Benedetto XVI in Brasile?

     
    R. - Può dare più coraggio, può dare più slancio, più forza, più speranza. Penso che l’America Latina è un continente che ha un amore e un affetto molto particolare per il Successore di Pietro. L’America Latina è ancora profondamente cattolica. La visita del Papa servirà a dare maggior vigore e a rafforzare l’identità profonda di questo continente.

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    Mons. Giuseppe Zenti nuovo vescovo di Verona al posto di mons. Flavio Carraro

    ◊   In Italia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Verona, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Flavio Carraro. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Giuseppe Zenti, trasferendolo dalla sede di Vittorio Veneto. Il nuovo vescovo di Verona, 60 anni, è laureato in lettere classiche all’Università di Verona. E’ stato docente di materie letterarie e pro-rettore nel Seminario minore di San Massimo, e parroco di Santa Maria Immacolata in Borgo Milano, prima di essere trasferito a Legnago, dove è rimasto fino al 25 gennaio 2002, quando è stato nominato Vicario Generale della diocesi.

    Sempre in Italia, il Pontefice ha nominato vescovo di Volterra il sacerdote Alberto Silvani, finora parroco di S. Pietro Apostolo in Avenza. Il neo presule ha 60 anni. Ha ricevuto la formazione nel sacerdozio nel Seminario vescovile di Parma, e conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e la laurea in Lettere e Filosofia presso l’Università Statale di Genova. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto, fra gli altri, i ministeri di docente di materie letterarie nel Ginnasio-Liceo, parroco, rettore del Seminario diocesano maggiore. E’ prelato d’Onore di Sua Santità.

    In Canada, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Saint John, New Brunswick mons. Robert Harris, finora ausiliare di Sault Sainte Marie. Originario di Montréal, il 62.enne neo vescovo ha conseguito la Licenza in Teologia presso il Seminario Maggiore della stessa arcidiocesi. Ha studiato Diritto Canonico a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana. Ordinato sacerdote, ha ricoperto gli incarichi di parroco, responsabile dei seminaristi anglofoni, superiore presso il Seminario Maggiore di Montréal. E’ stato ordinato vescovo nel 2002.

    Il Papa ha nominato vicepresidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e vicepresidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra il padre dela Congregazione benedettina olivetana, Michael John Zielinski, abate dell’Abbazia di Our Lady of Guadalupe, che sorge nella città statunitense di Pecos. Nato a Lakewood, Ohio 54 anni fa, padre Zielinski ha emesso la professione monastica perpetua nel 1975 nell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, a Siena. Ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia presso il Pontificio Ateneo di Sant'Anselmo a Roma. Si è dedicato allo studio della spiritualità monastica, della musica gregoriana, polifonica e moderna, della storia medievale e rinascimentale e, soprattutto, della storia dell'arte. Ha quindi conseguito la laurea, con una tesi in Psicologia Sociale, il 27 febbraio 1991 presso l'Università degli Studi di Firenze. Dal 1996 al 1999 è stato Professore associato presso l'Università degli Studi di Siena.

    Il Santo Padre ha nominato sottosegretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa il sacerdote mons. José Manuel Del Río Carrasco, officiale della stessa Pontificia Commissione.

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    Presentata la nuova edizione dell’Annuario Statistico della Chiesa: sostanzialmente invariato il numero totale dei cattolici, che aumentano decisamente in Africa grazie a un’efficace attività pastorale

    ◊   Dal 2000 al 2005, il numero dei cattolici nel mondo è rimasto sostanzialmente invariato: è quanto emerge dallultimo volume dell’Annuario statistico della Chiesa cattolica, preparato dall’ufficio Centrale di Statistica della Chiesa ed edito dalla Libreria Editrice Vaticana, che segnala una realtà in continuo movimento. Sui dati principali, il servizio di Roberta Moretti:

    In cinque anni, i cattolici del mondo sono passati da poco più di 1.045 milioni a circa 1.115 milioni, con un aumento del 6,7%. Un incremento, questo, molto vicino a quello della popolazione mondiale, pari al 6,9%. Ne risulta che la presenza dei cattolici nel mondo è rimasta pressoché invariata: 17,28% nel 2000 e 17,25% nel 2005. Da sottolineare, poi, un aumento del 18% dei cattolici in Africa, rispetto ad un incremento della popolazione di poco meno del 14%, che mette in evidenza quanto sia stata efficace l’attività pastorale nei Paesi africani. Quanto al numero dei vescovi, sono passati da 4.541 a 4.841, con un incremento del 6,61%, specie in Asia e America. Il numero dei sacerdoti, circa 405.700 unità, è aumentato complessivamente dello 0,3%, con un notevole incremento in Africa e Asia (+19,2% e +14,9%). Stazionarietà, invece, per l’America e flessione in Europa e Oceania. Ma mentre il numero dei sacerdoti diocesani ha segnalato una significativa ripresa, (da 265.781 nel 2000 a 269.762 nel 2005) quello dei religiosi appare in costante decllino (da 139 mila nel 2000 a 136 mila nel 2005). Sensibili cambiamenti, poi, circa la percentuale di sacerdoti per continente: l’unico che ha visto diminuire la propria quota è l’Europa, con un decremento dal 51,5% al 48,8%. Ma proprio nel continente europeo e americano, dove appare più problematico il ricambio sacerdotale, si registra un incremento dei diaconi diocesani oppure religiosi con carattere di permanenza nel loro stato, con un aumento, rispettivamente, del 24% e del 28%. In contrazione, invece, il numero dei religiosi professi non sacerdoti, passati da 55.057 nel 2000 a 54.708 nel 2005. “La crisi che ha investito questa categoria di operatori pastorali - si legge nell’Annuario Statistico - non accenna a cessare ed è preoccupante che, ad eccezione di Africa e Asia, in tutto il resto del mondo seguitino a ridursi”. Da segnalare, inoltre, il numero delle religiose professe, corrispondenti a 760 mila unità, circa il doppio di quello dei sacerdoti e per circa il 42% residente in Europa: il loro numero è andato progressivamente diminuendo nello scorso quinquennio in Europa e America, a vantaggio di Africa e Asia. Il numero degli studenti di filosofia e teologia nei seminari diocesani e religiosi, poi, non ha fatto che aumentare fino al 2002, dopodiché è subentrata una fase di sostanziale stabilità fino al 2005. Per quanto riguarda, infine, il rapporto dei candidati al sacerdozio rispetto alla popolazione cattolica, è interessante rilevare che nel 2005 si pongono al di sopra della media mondiale (103 candidati per milione di cattolici) l’Asia (258) e l’Africa (154). I centri pastorali sono passati da 409 mila a 433 mila, con un rapporto medio di 2500 fedeli per centro. Ma se in Oceania e in Europa sono diminuiti, la situazione si presenta molto dinamica in Asia, Africa e, soprattutto, in America, con un aumento del 7,9% in cinque anni.

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    Il Consiglio speciale per l'Europa del Sinodo dei vescovi: segnali di speranza contrastano le derive relativistiche nel Vecchio Continente

    ◊   Sfide e segni di speranza nel Vecchio continente. Sono i due poli attorno ai quali si è sviluppata nei giorni scorsi la settima riunione della segreteria generale del Consiglio speciale per l’Europa del Sinodo dei vescovi, inaugurata da mons. Nikola Eterovic. La Chiesa europea, si legge nel comunicato finale dei lavori, è chiamata ad affrontare le sfide riguardanti l’offuscamento della speranza, lo smarrimento della memoria e dell'eredità cristiane, la paura del futuro, il “crescente affievolirsi della solidarietà”. Dietro “lo smarrimento della speranza - si legge - sta il tentativo di far prevalere un'antropologia senza Dio e senza Cristo”. A far ben sperare sono, nel contempo, quei segni di speranza “che provengono dalla fede cristiana o ne sono fortemente influenzati tra cui: il ricupero della libertà della Chiesa nell'Est europeo e l’integrazione di tali Paesi nel processo unitario europeo secondo i metodi democratici e in spirito di libertà; il concentrarsi della Chiesa sulla sua missione spirituale e il suo impegno a vivere il primato dell'evangelizzazione anche nei rapporti con la realtà sociale e politica, promovendo la riconciliazione tra nazioni e tra gruppi sociali; l'accresciuta presa di coscienza della missione propria di tutti i battezzati, nella varietà e complementarità dei doni e dei compiti; l'aumentata presenza della donna nelle strutture e negli ambiti della comunità cristiana”.

    In Europa, prosegue il comunicato dei partecipanti al Consiglio, “si assiste a fenomeni di particolare rilievo quando si affrontano le diverse situazioni di disagio sociale o civile, poiché le stesse proposte di soluzione dei problemi, come quelli del rispetto della libertà religiosa, dell’applicazione equa delle norme comunitarie, della natalità, della relativizzazione del matrimonio e della differenza dei sessi, sembrano rivelare una certa deriva morale”. A tutto ciò, “si aggiunge, su un piano più propriamente ecclesiale, il grave compito della ricerca di un corretto dialogo ecumenico ed interreligioso, ormai ampiamente diffuso sul suolo d’Europa”. Tali sfide, conclude il comunicato, “dovrebbero spingere tutte le forze vive della Chiesa a rinnovare lo slancio dell’evangelizzazione nel vecchio continente, che dà segni di una certa stanchezza, ma anche di una ripresa”.

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    Presentati in Vaticano i primi quattro volumi curati dai ricercatori del "Progetto Scienza, Teologia e Ricerca ontologica/STOQ”: ne parla il cardinale Paul Poupard

    ◊   Un programma di ricerca post-lauream, cui aderiscono sei Università pontificie romane, incentrato sul rapporto fra scienza, filosofia e teologia: si tratta del “Progetto Scienza, Teologia e Ricerca ontologica/STOQ”, giunto alla sua terza fase e coordinato dal Pontificio Consiglio della Cultura, che stamattina ha presentato alla stampa i primi quattro volumi curati dai ricercatori del Progetto insieme con i nuovi uffici del dicastero, situati in via della Conciliazione. I volumi riguardano metodi matematici impiegati in fisica, rassegne storico-critiche delle definizioni di "vivente" e di "organismo", atti del primo workshop tenuto alla Pontificia Università Gregoriana sulle relazioni tra scienza e filosofia e diversi contributi relativi al concetto di vita e al problema degli organismi. Ma qual è il messaggio di fondo di questi primi libri? Giovanni Peduto lo ha chiesto al presidente del dicastero pontificio, il cardinale Paul Poupard:

     
    R. - Il messaggio che viene da questi primi volumi è che è possibile e anche doveroso dare strumenti semplici e concreti di cultura scientifica a persone che non hanno avuto prima una preparazione prettamente scientifica. Il secondo dato è che questo, fatto da specialisti, dimostra che la scienza - ben lontana dall’essere nemica della fede - aiuta la fede ad inserirsi nel contesto culturale, la permette di approfittare delle sue ricerche e permette che la scienza stessa riceve dalla fede un orientamento profondo che le evita, in particolare, di ridurre l’uomo ad un oggetto invece che una persona.

     
    D. - Il Papa chiede di ampliare gli orizzonti della ragione. Lei vede una crisi della ragione, oggi?

     
    R. - C’è come un dubbio che la ragione, che nel razionalismo pretendeva di eliminare la fede, adesso sia essa stessa a dubitare della sua capacità di ragionare. Allora, è interessante vedere come uomini di fede aiutino gli uomini della "ragione" - se così si possono definire - e i filosofi a riprendere fiducia nella propria ragione. E’ questa la grande lezione che non cessa di darci il nostro Santo Padre Benedetto.

     
    D. - Oggi, molti intellettuali di ispirazione laica stanno riflettendo in maniera positiva sugli interventi di Benedetto XVI...

     
    R. - Certamente. Perché proprio loro trovano un aiuto che non si poteva pensare prima e dunque, nel rispetto totale della epistemologia: e cioè che la ragione stessa scopre la dimensione religiosa della vita e che questa dimensione religiosa fornisce un orizzonte e conforta la ricerca razionale.

     
    D. - Più che mai, oggi è vitale un dialogo non solo tra religioni, ma anche tra fede e cultura laica. Come evitare il ricomporsi di antichi steccati?

     
    R. - Questa è l’intuizione del Santo Padre: di coniugare il dialogo interculturale e il dialogo interreligioso, che così consente agli uomini di cultura di diverse provenienze di incontrarsi, per discutere in modo ragionevole. Ho appena ricevuto un invito dell’Università della Repubblica di Tunisia, che ha una popolazione musulmana, a partecipare a un convegno sul rapporto tra fede e ragione, alla luce di tre grandi maestri: Maimonide, Averroè e Tommaso d’Aquino. Ho appena ricevuto un interlocutore del Marocco che mi diceva che gli incontri tra cristiani e musulmani nel Marocco vertono su questi due ambiti: prima di tutto, l’incontro tra uomini di cultura che scambiano opinioni sul mondo stesso della cultura, e dall’altra parte gli scambi anche sull’esperienza religiosa di credenti.

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    Compie 80 anni il cardinale Laszlo Paskai, primate della Chiesa d'Ungheria. I cardinali elettori sono ora 107

    ◊   Il cardinale primate della Chiesa ungherese, Lászlò Paskai, compie oggi 80 anni. Nato a Szeged, una delle città più importanti del Paese magiaro, è entrato nell'Ordine dei Francescani minori e a 24 anni è diventato sacerdote. Negli anni successivi, ha svolto per lungo tempo l'incarico di docente di teologia, filosofia, ascetica, liturgia. Il 2 marzo 1978, Paolo VI lo ha eletto vescovo e l'anno successivo ha assunto il governo pastorale dell'antichissima diocesi di Veszprém, risalente all'anno 1009. E' stato presidente della Conferenza episcopale ungherese e nel Concistoro del 28 giugno 1988 Giovanni Paolo II gli ha conferito la berretta cardinalizia. È membro della Congregazione per le Chiese Orientali e della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

    Con l'80.mo compleanno del cardinale Paskai, il Collegio cardinalizio risulta ora composto di 184 cardinali, dei quali 107 elettori e 77 non elettori.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Un articolo di Giampaolo Mattei alla vigilia del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Brasile.
    Servizio estero - In evidenza l'Iraq, dove le sanguinose violenze non conoscono tregua.
    Servizio culturale - Un articolo di Stefania Zuliani dal titolo "Folgoranti incontri e sottili malintesi": al Palazzo Reale di Milano una mostra indaga sui rapporti tra Kandinsky e l'astrattismo italiano.
    Per l'"Osservatore libri" un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Il pesante tributo di sangue pagato dai cattolici in Germania per la loro opposizione al nazismo": il martirologio ricostruito da Helmut Moll in un volume di grande valore storico.Servizio italiano - In primo piano il tema della sanità.

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    Oggi in Primo Piano



    Unionisti e repubblicani insieme nel nuovo governo autonomo dell'Ulster, guidato da Ian Paisley. Intervista con Raffaella Menichini

    ◊   Dopo 5 anni, l'Irlanda del Nord ha un nuovo governo autonomo. L'esecutivo è formato da unionisti e repubblicani. Come primo ministro è stato designato Ian Paisley, capo del Partito unionista democratico. Per la carica di vicepremier, è stato nominato Martin McGuinness, dirigente del movimento repubblicano "Sinn Féin". Alla cerimonia di investitura, tenutasi nel palazzo del Parlamento, vicino a Belfast, hanno partecipato il primo ministro britannico, Tony Blair, ed il premier irlandese, Bertie Ahern. Dopo un conflitto costato la vita ad oltre 3600 persone, gli accordi di pace del 1998 e la recente decisione di deporre le armi da parte di vari gruppi paramilitari, si apre adesso una nuova era per l'Ulster. Per assicurare stabilità e dare impulso all’economia locale, l’Unione Europea si è impegnata a sostenere il piano di pace con importanti contributi. Il governo di Londra ha promesso, inoltre, un pacchetto di 75 miliardi di euro in dieci anni. Ma le difficoltà non mancano. E’ quanto sottolinea, al microfono di Stefano Leszczynski, la giornalista del quotidiano La Repubblica, Raffaella Menichini, esperta di Irlanda del Nord:
     
    R. - E’ sicuramente lo sblocco di una situazione che era ormai ferma da cinque anni e faceva veramente allarmare, perché tutti gli sforzi compiuti dopo gli accordi del Venerdì Santo del ’98 sembravano vanificati da una serie di violenze sul terreno e da dispetti reciproci fra i due campi, che apparivano assolutamente non pronti al dialogo reciproco. Il lavoro fatto dietro le quinte, sia dal governo britannico che dal governo irlandese, hanno condotto ad una riapertura. Rappresenta anche una conclusione del mandato di Tony Blair molto importante.

     
    D. - Le difficoltà erano moltissime, fin quando ad un certo punto Tony Blair ha posto una sorta di ultimatum alle due parti in causa…

     
    R. - Sicuramente, ha giocato molto la carta economica. Gli inglesi hanno fatto delle offerte “prendere o lasciare” proponendo aiuti ingenti. Questa prospettiva sicuramente ha contribuito.

     
    D. - Ci sono ancora delle questioni in sospeso che potrebbero risultare pericolose per la tenuta di questo governo e della pace in Ulster?

     
    R. - La questione dello smantellamento degli arsenali non è ancora del tutto risolta. L’"Ulster Volunteer Force", che è la più grande forza paramilitare unionista, ha dichiarato la cessazione totale delle attività e la messa in sicurezza di tutti i suoi armamenti, ma non è ancora chiaro se sarà possibile verificare il completo smantellamento di questo arsenale. Siamo, comunque, sulla strada buona.

     
    D. - A questo punto vengono archiviate le rivendicazioni indipendentiste e unioniste…

     
    R. - Non credo saranno mai archiviati questi temi e paradossalmente in Gran Bretagna sta succedendo qualcosa che potrebbe in qualche modo ravvivare - speriamo con un carattere più "moderno" - queste aspettative di indipendenza. Abbiamo visto il successo del Partito indipendentista scozzese nelle recenti elezioni locali. Queste spinte a creare delle micro-regioni all’interno dell’Europa possono in qualche modo dare legittimità agli indipendentisti irlandesi. Ovviamente, bisognerà trovare delle forme accettabili per tutte le parti della popolazione nordirlandese.

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    Migliaia di fedeli a Pompei per la Messa e la Supplica alla Madonna del Rosario, presiedute dal cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe. Con noi, il vescovo prelato di Pompei, Carlo Liberati

    ◊   Alla presenza di migliaia di fedeli, si è rinnovata stamani, sul sagrato del Santuario di Pompei, dedicato alla Madonna del Rosario, la tradizionale recita della Supplica: vibrante e corale preghiera di invocazione a Maria, composta nel 1883 dal Beato Bartolo Longo, in occasione della benedizione della prima campana. A presiedere la Supplica e, in precedenza, la celebrazione eucaristica, il cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe. Da Pompei, il servizio di Loreta Somma:


    Avere lo sguardo in avanti è condizione costitutiva della città mariana ed è questo l’augurio che il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli e presidente della Conferenza episcopale campana ha fatto al popolo del Rosario, alle migliaia di fedeli provenienti da tutta Italia, che oggi hanno gremito la piazza antistante il santuario di Pompei, per il tradizionale appuntamento con la Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario. Il cardinale Sepe ha ricordato il fondatore della città mariana, il Beato Bartolo Longo. “Ogni pietra della nuova Pompei - ha detto - continua a parlare oggi di questo grande apostolo della carità sociale”. Ma davanti ai nostri occhi sono ancora più trasparenti i segni disseminati dai grani del Rosario, consumati tra le dita e nel cuore da schiere di fedeli, che qui nella terra di Maria e in ogni parte del mondo hanno dato vita alla più grande di tutte le opere di Pompei, la preghiera. Nel saluto iniziale, mons. Carlo Liberati, vescovo prelato e delegato pontificio di Pompei, ha ricordato l’impegno sociale del Santuario, auspicando una sempre maggiore collaborazione con lo Stato ed altri enti assistenziali.

     
    Per la Radio Vaticana, da Pompei, Loreta Somma.


    Sul valore spirituale di questa celebre Supplica mariana, ecco un pensiero del vescovo prelato di Pompei, Carlo Liberati, al microfono di Giovanni Peduto:


    R. - La supplica è ad un tempo lirica, ma anche musica. Su quelle paginette, sono caduti fiumi di lacrime e si sono stampati miliardi di baci. In questa preghiera universale, confluiscono tutti i dolori e tutte le speranze della famiglia umana. E’ così perfetta la risonanza che essa suscita in ogni cuore cristiano che ciascuno per recitarla ha l’illusione di comporla - egli stesso - per primo. Si direbbe che il vero autore non è Bartolo Longo, ma l’anima popolare, la pietà popolare. E’ la Chiesa che cammina nel mondo e che prega. Si può dire che la Supplica è un fenomeno religioso tra i più notevoli dell’epoca contemporanea. La Supplica che si caratterizza per una coralità unica ed unificante è la preghiera più famosa tra tutte quelle che sono state composte da italiani negli ultimi secoli.

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    A Stoccarda, il 12 maggio, "Insieme per l'Europa": manifestazione-testimonianza ecumenica di Movimenti e comunità. Tra i temi: famiglia, città multiculturali, giustizia e pace

    ◊   “Sarà uno degli avvenimenti ecumenici più importanti del 2007”. Così il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, ha definito la grande manifestazione “Insieme per l’Europa” che si svolgerà a Stoccarda sabato prossimo, 12 maggio. Nel titolo è indicata la finalità: "Insieme per l’Europa". Il Palasport sarà gremito da migliaia di aderenti a oltre 250 movimenti e comunità evangeliche e cattoliche, ortodosse e anglicane di tutti i Paesi europei, legate da una rete di comunione avviata sin dal 1999 ad Augsburg. Servizio di Carla Cotignoli:
     
    Insieme, cristiani di varie Chiese di tutta Europa, dall’est all’ovest: per dare una testimonianza di comunione e fraternità, per gettare ponti tra culture e popoli diversi, tra cittadini e istituzioni, ed imprimere un nuovo impulso alla costruzione dell’Europa. Una manifestazione, quella di Stoccarda che si pone sulla scia del cammino che sta preparando la grande assemblea dei cristiani di Sibiu del settembre prossimo, che testimonierà la luce di Cristo come speranza di rinnovamento e unità in Europa. "Insieme per l’Europa" sarà un evento-testimonianza della vitalità del Vangelo vissuto attinta dai carismi che hanno suscitato la miriade di nuove realtà ecclesiali. La famiglia, ritenuta fondamentale per il futuro dell’Europa dai cristiani di varie Chiese sarà tra le tematiche principali, in ideale continuità con il "Family Day" dove saranno contemporaneamente impegnati i principali movimenti italiani presenti a Stoccarda.

     
    Attraverso l’alternarsi di fatti di vita e di iniziative, in Germania famiglie di vari Paesi daranno testimonianza del superamento delle difficoltà di coppia e delle iniziative per la formazione al matrimonio e alla vita familiare, sull’azione delle famiglia per rendere la società più famiglia. Ma non mancheranno testimonianze su stili di vita improntati alla comunione per la trasformazione del mondo dell’economia e lavoro, sul fronte delle città sempre più multiculturali, delle povertà antiche e nuove, su giustizia e pace con particolare attenzione all’Africa. Le testimonianze saranno precedute, nella mattina da approfondimenti storico-culturali e spirituali di fondatori e responsabili di comunità e movimenti, come Andrea Riccardi, Chiara Lubich, il pastore evangelico, Ulrich Parzany, e l’anglicano, Nicky Gambel. Interverranno anche personalità delle diverse Chiese, come il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, e il pastore De Clermon, presidente del Consiglio di 126 Chiese europee.

     
    Tra le personalità politiche, interverranno i primi ministri, l'italiano Romano Prodi, e il croato, Ivo Sanader, oltre al vicepresidente della Commissione Europea, Jacques Barrot. L’evento si concluderà con una dichiarazione di impegno nei vari ambiti della società che verrà consegnata ai politici.

     
    Carla Cotignoli, per la Radio Vaticana.  

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    Chiesa e Società



    Basta con la persecuzione dei cristiani in Iraq. Così il patriarca caldeo di Baghdad, Delly, che ha denunciato l’inattività della politica irachena
     

    ◊   “Chi è al potere metta fine alla persecuzione dei cristiani perché musulmani e cristiani siamo parte di una sola famiglia. E’ tempo che ai cristiani siano riconosciuti i loro diritti”. E’ la presa di posizione del patriarca caldeo di Baghdad, Mar Emmanuel III Delly, che - afferma l’agenzia SIR, citando il blog Baghdadhope - il 6 maggio ha tenuto un discorso ad Erbil, capitale della regione curda, nel nord Iraq, dove migliaia di cristiani dal centro e dal sud stanno fuggendo in cerca di salvezza. E’ la prima volta che il patriarca usa il termine persecuzione. E lo fa - prosegue l’agenzia dei vescovi italiani - davanti a notizie drammatiche. Nel distretto di Dora, a Baghdad, è in atto una “pulizia religiosa”. Fonti locali parlano di “cristiani costretti a lasciare le case senza portare nulla e pagando una sorta di ‘pedaggio di uscita’ di 250.000 dinari a persona e di 500.000 per ogni macchina. Le case che non vengono occupate abusivamente - precisa - vengono legalmente cedute dai parenti di chi, sequestrato, verrà restituito alla famiglia solo dopo la registrazione del passaggio di proprietà. I cristiani di Dora possono rimanere solo se accettano di dare in moglie una figlia o una sorella ad un musulmano, creando - aggiunto - i presupposti di una progressiva conversione dell’intero nucleo familiare all’Islam”. I cristiani - ha detto ancora il patriarca Delly - “sono perseguitati in un Paese dove tutti lottano per interessi personali”. Il patriarca caldeo ha parlato di persecuzione “interna”, operata cioè “dai loro stessi fratelli e della quale sono responsabili tutti coloro che, al potere, non hanno fatto e non fanno nulla per fermare tale tragedia”. Ma c’è anche una persecuzione esterna, che invece “tocca la dignità del popolo iracheno le cui moschee, chiese ed istituzioni sono state distrutte o occupate, senza rispetto per la fede”. A tale proposito, Mar Delly ha espresso disapprovazione per la trasformazione del Babel College a Baghdad in una base militare USA. Per queste ragioni, ha ribadito, “è giunto il momento di reclamare i diritti che spettano ai cristiani”. Bisogna mettere fine alla loro tragedia, ha concluso, “che è sotto gli occhi di tutti: i cristiani minacciati, scacciati, uccisi”. (E. B.)



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    Il cardinale Dias ha lodato l’impegno della Chiesa nel nord del Ghana, che in questi giorni festeggia i 100 anni di presenza sul territorio
     

    ◊   La Chiesa ha svolto “grande ruolo” nel nord del Ghana. Il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, ha definito così il cammino della Chiesa locale che in questi giorni ha festeggiato il centenario della sua presenza sul territorio. Una presenza - ha sottolineato il porporato, come riferisce l’agenzia MISNA - che ha contribuito allo sviluppo di sanità, istruzione, approvvigionamento di risorse idriche e di molte altre attività. Durante le celebrazioni, alle quali hanno preso parte centinaia di religiosi e laici, il cardinale Dias ha poi ricordato come la Chiesa locale fu fondata nel 1906 dai Missionari d’Africa, o Padri Bianchi. Secondo quanto scrive l’agenzia CISA (Catholic information service for Africa), è proprio ai missionari che il porporato ha rivolto il personale apprezzamento, sottolineando come siano “riusciti a comunicare il Vangelo e salvare la popolazione dall’ignoranza e dalle malattie, confrontandosi con difficili situazioni politiche e socio-economiche”. Il porporato è rimasto colpito dalla notevole crescita ecclesiale nel nord del Ghana, dove sorgono cinque diocesi, tutte guidate da religiosi locali. (E. B.)

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    I Paesi ricchi devono rivedere le politiche di aiuto verso l’Africa. E’ l’appello dell’arcivescovo di Abuja, in vista del prossimo vertice del G8 in Germania
     

    ◊   “Non illudetevi: i giovani africani continueranno ad emigrare in Europa a rischio della vita per cercare un mondo migliore”. E’ quanto affermato dall’arcivescovo di Abuja, John Olorunfemi Onaiyekan, che fa parte della delegazione di cardinali e vescovi creata in vista della riunione del G8 in programma quest’anno in Germania. Il presule ha parlato nei giorni scorsi durante la sua visita a Roma nell’ambito della campagna “Make aid work”, organizzata dalla CIDSE (la rete delle agenzie di sviluppo cattoliche di Europa) e da Caritas Internationalis con l’obiettivo di ricordare agli otto capi di Stato e di governo le promesse fatte per la lotta alla povertà. Come riporta l’agenzia Fides, mons. Onaiyekan ha ricordato i paradossi della globalizzazione parlando anche del ruolo dei mass media che contribuiscono a creare, nei i ragazzi africani, un modello di ricchezza e benessere da seguire a qualsiasi costo. Da qui, il crescente flusso di immigrati clandestini, che dalle coste africane partono alla volta di quelle europee. Tutto questo però ricorda ai Paesi ricchi che devono rivedere la propria politica verso l’Africa. E’ stato disatteso - ha sottolineato il presule - l’impegno assunto il 2005 al vertice di Gleneagles, in Gran Bretagna, dove i potenti del mondo si erano impegnati ad aumentare gli aiuti internazionali per i Paesi in via di sviluppo di 50 miliardi di dollari all’anno, per arrivare ad investire almeno lo 0,7% del Prodotto interno lordo entro il 2015. Anche i governanti africani hanno le loro responsabilità. La Nigeria - ha infatti affermato mons. Onaiyekan - guadagna ogni giorno milioni di dollari dalla vendita di petrolio, ma il popolo nigeriano vive ancora nell’indigenza a causa della corruzione dei suoi dirigenti. Nei mesi scorsi, Benedetto XVI, che ha incontrato una delegazione di cardinali e vescovi, era intervenuto sull’argomento, inviando una lettera al cancelliere tedesco, Angela Merkel.


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    Lo sfruttamento minerario del Salvador provoca “danni all’uomo e all’ambiente”. E’ quanto denunciano i vescovi locali in una nota
     

    ◊   “Nessun vantaggio materiale è comparabile con il valore della vita umana”: lo affermano i vescovi della Conferenza episcopale del Salvador (CEDES), in un documento, citato dall’agenzia MISNA, nella quale si pronunciano contro lo sfruttamento delle risorse minerarie, che, “oltre a causare danni irreversibili per l’ambiente, provoca gravi danni alla salute” dei salvadoreñi. La nota, intitolata “proteggiamo la casa di tutti”, è stata letta l’altro ieri da mons. Fernando Sáenz, arcivescovo di San Salvador, in una conferenza stampa convocata dopo l’omelia domenicale. “L’esperienza vissuta da Paesi fratelli e nostri vicini che hanno autorizzato l’estrazione di oro e argento - spiegano i presuli - è davvero triste e deprecabile. Le persone accusano gravi problemi di salute dovuti principalmente all’uso del cianuro in grandi quantità”. Secondo i vescovi, “la contaminazione avrebbe anche gravi conseguenze sulla flora e sulla fauna, estendendosi inoltre all’agricoltura, l’allevamento e la pesca; e in un Paese così piccolo come il nostro - avvertono - gli effetti negativi si moltiplicherebbero”. La nota giunge in un momento in cui il Ministero dell’ambiente salvadoreño sta valutando numerose richieste da parte di aziende che intendono sfruttare le risorse minerarie nazionali, soprattutto nel nord del Paese, nonostante l’esecutivo del presidente, Antonio Saca, abbia preannunciato che non si concederanno licenze. In proposito, “la Chiesa auspica che il governo continui a mantenere la sua posizione” su una questione che ha ripetutamente sollevato le proteste degli ambientalisti e dei campesinos. (R.M.)


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    L'ex presidente iraniano Khatami ospite al convegno palermitano organizzato dalla Facoltà teologica di Sicilia

    ◊   “La spiritualità via del dialogo fra le civiltà”, è il tema al centro del convegno organizzato dalla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, che si è svolto ieri a Palermo. Ospite dell’incontro, l’ex presidente dell’Iran, Seyyed Mohammad Khatami. Un’occasione per riflettere sull’importanza del dialogo tra le culture, ma anche per meditare su morale, orgoglio e umiltà. Il servizio è di Alessandra Zaffiro:


    “Dialogo vuol dire confidarsi e comprendere la sofferenza dell’altro. Vuol dire aprire il cuore verso l’altro”. E' un'affermazione dell’ex presidente dell’Iran, Seyyed Mohammad Khatami, intervenuto ieri a Palermo al convegno sul tema “La spiritualità via del dialogo fra le civiltà”, organizzato dalla Pontificia Facoltà teologica di Sicilia e dall’Istituto di formazione politica ‘Pedro Arrupe’. “Il dialogo - ha proseguito Khatami - non è dibattito, né mediazione, né significa costringere l’altro al silenzio. Il dialogo è un fatto etico e morale e la morale non deve occuparsi di niente di ciò che riguarda gli interessi”. “Solo l’unità può risolvere i problemi", ha proseguito l’ex presidente dell’Iran. "Dobbiamo accettare che sia noi musulmani che i cristiani, nel corso della storia, non sono stati molto umili: forse oggi saremo un pochino più umili. Dobbiamo dire - ha continuato Khatami - che l’orgoglio è molto pericoloso nel dialogo tra i cuori nella sofferenza. Quando mettiamo da parte l’orgoglio possiamo rendere umili i nostri cuori. Invece di sottolineare tutto ciò che ci divide, dobbiamo appoggiarci a tutto quello che ci unisce”. Con i cronisti, l’ex presidente dell’Iran è tornato sul valore dell’incontro con Benedetto XVI, avvenuto venerdì scorso. Fra islam e cristianesimo, “ci sono state incomprensioni storiche - ha detto Khatami - però il fattore principale che causa tutto questo non è la religione, bensì motivazioni economiche e politiche che, purtroppo, fanno un uso negativo dei sentimenti religiosi. Noi dobbiamo dominare su questa incomprensione storica. Forse questa incomprensione - ha chiarito Khatami - ha causato un’altra incomprensione: alla Gregoriana mi hanno domandato come, considerando le ferite profonde tra musulmani e cristiani, descrivevo l’incontro con il Santo Padre. Io ho detto che le ferite sono aperte e profonde, hanno una radice storica, non ci si può aspettare che con un solo incontro possiamo risolvere tutto. Però, speriamo sia un passo in avanti per curare le ferite. Sono molto soddisfatto. Spero che incontri di questo tipo possano dare frutti positivi per tutto il mondo”.

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    Rapporto dell’OMS su aborigeni australiani e sanità: “Indietro di oltre 100 anni rispetto al resto del Paese”

    ◊   La situazione sanitaria della comunità aborigena australiana è indietro di oltre 100 anni rispetto al resto del Paese al punto che, in alcune zone, la speranza di vita non supera i 33 anni: lo rileva un recente Rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), citato dall’agenzia MISNA, secondo cui gli indigeni, circa il 2% della popolazione, muoiono in media 17 anni prima degli altri abitanti dell’Australia e, nel corso della vita, sviluppano una serie di malattie ormai quasi del tutto debellate nel Nord del mondo, come lebbra e tubercolosi. Sono inoltre più soggetti a tabagismo, abuso di sostanze stupefacenti e sviluppo dell’obesità. Secondo il Rapporto, le principali motivazioni sono da ricercare nell’aver “strappato” queste persone alla loro terra, lingua e cultura, causando “stress, alienazione, discriminazione e mancanza di controllo”. Secondo l’OMS, un aumento di appena l’1% delle spese sanitarie pubbliche per gli aborigeni contribuirebbe a portarli gradualmente al livello del resto della popolazione. (R.M.)

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    I Paesi lusofoni uniti per un’ortografia intercontinentale della loro lingua

    ◊   Un vero e proprio “accordo ortografico” sarà adottato nei prossimi mesi per uniformare la scrittura del portoghese negli otto Paesi lusofoni del mondo: Angola, Capo Verde, Mozambico, Guinea-Bissau e Sao Tomé e Principe in Africa, Brasile in America Latina, Timor Est in Asia e, ovviamente, Portogallo in Europa. Il documento - riferisce l’agenzia MISNA - avrà la forma di un trattato internazionale per l’unificazione della grafia lusofona, oggi “declinata” in modo diverso nei Paesi che nei secoli hanno adottato la lingua dei colonizzatori di Lisbona. Secondo il giornale Portugal Diario, è soprattutto il Brasile che si discosta maggiormente dalla madrelingua: lo 0,45% delle parole hanno una grafia diversa. Inoltre, i brasiliani, che sono oltre 185 milioni, più di tutti gli altri lusofoni messi insieme, usano 26 lettere, tre in più dell’alfabeto adottato in Portogallo. L’accordo prevede l’indicazione della forma corretta di alcuni termini e l’eliminazione dell’accento circonflesso alla terza persona plurale del presente indicativo o congiuntivo di alcuni verbi. Una volta concordato il “nuovo portoghese”, è previsto un periodo di transizione per permettere a Ministeri dell’istruzione, associazioni, editori e produttori di materiale didattico di adattarsi alle nuove norme. (R.M.)
     

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    24 Ore nel Mondo



    Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti

    ◊   - In Iraq, decine di persone sono morte per l’esplosione di un’autobomba a Kufa, nella parte meridionale del Paese. Secondo le prime ricostruzioni, il kamikaze, alla guida di un veicolo imbottito di esplosivo, si è fatto saltare in aria davanti ad un ristorante, nel centro della città sciita. Continua a crescere, poi, il numero di cadaveri ritrovati nelle strade di Baghdad: nelle ultime 24 ore, ne sono stati rinvenuti almeno 30.

    - Grave attentato stamani anche nella parte meridionale delle Filippine, dove almeno cinque persone sono morte per l’esplosione di un ordigno artigianale in un mercato di Tacurong. Secondo gli inquirenti, dietro questo nuovo attacco c’è la mano dei ribelli islamici. Nel sud delle Filippine si stima che, negli ultimi mesi, siano state oltre 42 mila le persone costrette alla fuga a causa di continui scontri tra separatisti islamici ed esercito.

    - Breve periodo di riposo per il neopresidente francese, Nicolas Sarkozy, dopo le elezioni che lo hanno visto prevalere sulla socialista, Segolene Royal. Il prossimo 16 maggio è previsto all’Eliseo il passaggio delle consegne tra il capo dello Stato uscente e il nuovo presidente. Sarkozy dovrà poi nominare il primo ministro al posto del dimissionario De Viellepin. Secondo anticipazioni di stampa, verrà designato come premier l’ex ministro dell’Istruzione e del Lavoro, Francois Fillon.

    - Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha assicurato all’Italia che il processo al collaboratore di Emergency, Rahmatullah Hanefi, avverrà entro due settimane; per l’occasione, saranno anche resi noti i capi di imputazione nei confronti dell’uomo che ha avuto un ruolo chiave nel rilascio del giornalista italiano del quotidiano La Repubblica, Daniele Mastrogiacomo.

    - Il traffico di armi verso il Libano, attraverso il confine siriano, prosegue su base regolare: lo sostiene il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel Rapporto inviato ieri al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Le forniture di armi ai guerriglieri del movimento Hezbollah - spiega il segretario dell’ONU - avrebbero luogo in maniera regolare. “La crisi libanese - avverte Ban Ki-moon - può essere esacerbata” da questo traffico.

    - In Turchia, dove l’opposizione teme un’erosione della laicità dello Stato e una predominanza islamica nelle istituzioni, il Parlamento ha approvato un importante emendamento costituzionale che prevede l’elezione diretta del capo dello Stato, attualmente eletto dall’Assemblea nazionale. Prima di diventare legge, la riforma dovrà essere approvata dal presidente della Turchia, Ahmet Necdet Sezer. In caso contrario, sarà rinviata al Parlamento per un nuovo voto. Ma quale significato ha questo progetto di legge per la Turchia? Gabriella Ceraso lo ha chiesto al vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali, Roberto Aliboni:

     
    R. Io la vedo oggettivamente come un passo populista che mette in mano una carica dello Stato, come quella del presidente della Repubblica, a una votazione popolare. Questo eventuale cambiamento avverrà all'interno di un sistema che non ha mai conosciuto un simile meccanismo. Indubbiamente, è una riforma che avvantaggia il partito di Erdogan: bisognerà poi vedere come, concretamente, verrà gestita. Certo, potrebbe essere uno scivolamento verso un sistema meno democratico.

     
    D. - Quindi si dà per scontato che la popolazione vada comunque verso la scelta del partito dell’attuale premier?

    R. - Credo che i nazionalisti e i laici non abbiano più la maggioranza perché il partito religioso, avendo portato avanti alcune riforme democratiche, ha suscitato delle simpatie anche in strati dove non ci sono né nazionalisti, né religiosi. Però, questa è una previsione un po’ difficile.

     
    D. - Tutto questo avrà un’incidenza agli occhi dell’Unione Europea per l’ingresso della Turchia nelle strutture comunitarie?

     
    R. - E’ molto difficile prendere posizione in questa situazione però, allo stesso tempo, credo che questo non sia un motivo per cui l’Unione Europea si possa astenere. Al contrario, deve impegnarsi ancora di più perché quello che succede in Iraq e quello che può succedere in Medio Oriente richiedono una Turchia non necessariamente dentro l’Unione Europea, ma acomunque vicina all’Unione Europea.

    - Il Parlamento serbo ha un nuovo presidente: si tratta di Tomislav Nikolic, già leader dell’opposizione ultranazionalista serba. Ha ricevuto 142 dei 244 voti dei parlamentari presenti. L’unica altra candidata Milena Milosevic, appartenente al Partito democratico, ha conquistato 99 preferenze.

    - Gli ostaggi stanno bene e non è in corso alcun negoziato per il rilascio dei sei dipendenti stranieri della società americana Chevron, tra cui 4 italiani. E’ quanto si legge in una mail del Movimento per l’emancipazione del delta del Niger (MEND), inviata ad alcuni quotidiani nigeriani. Questa mattina, i ribelli hanno anche annunciato che non ci saranno più sequestri e che chiunque verrà catturato, farà i conti con la loro giustizia. Da segnalare, infine, la rivendicazione di attacchi che hanno provocato la distruzione di tre oleodotti. Ma quali sono i motivi alla base della protesta del MEND? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Irene Panozzo, esperta di questioni nigeriane dell’agenzia "Lettera 22":
     
     
    R. - Da quando la Nigeria è diventata produttore di petrolio, ormai più di 50 anni fa, tutte le entrate petrolifere, che costituiscono un'immensa ricchezza, sono andate essenzialmente nelle casse dei governi centrali. Tale ricchezza non è mai stata ridistribuita nella regione dove si trova il petrolio. Una regione che, quindi, è rimasta estremamente povera e che, negli anni, ha subìto anche gli effetti negativi dello sfruttamento petrolifero: tra di essi, un inquinamento molto grave e quindi condizioni di vita per le popolazioni locali sempre più difficili.

     
    D. - Ad essere presi di mira sono soprattutto i dipendenti stranieri delle multinazionali petrolifere. Eppure, la comunità internazionale è completamente assente: perché questo atteggiamento?

    R. - Perché è difficile fare troppo la voce grossa con un alleato importante. Non dimentichiamo che la Nigeria è il primo produttore di petrolio dell’Africa e il settimo o l’ottavo a livello mondiale. Il Paese africano produce due milioni di barili al giorno e quindi è anche importante per le varie potenze europee: è importante, soprattutto, per gli Stati Uniti tenere dei buoni rapporti con un Paese che è così strategico per i rifornimenti energetici.

     
    D. - Concretamente, quindi, come si potrebbe risolvere questa situazione?

     
    R. - E’ difficile intervenire dall’esterno. Bisognerebbe fare pressioni. Pressioni serie che siano credibili e che possano portare dei risultati affinché il governo federale cambi la situazione. Il governo deve intervenire per ridistribuire i proventi delle royalties e cercare di porre rimedio, per quanto possibile, al gravissimo degrado ambientale che il Delta del Niger vive.

    La Cina invierà un team di centinaia di tecnici in Sudan per prendere parte alla forza dell’ONU che avrà il compito di realizzare il piano di pace nella martoriata regione occidentale del Darfur. Lo ha reso noto il Dipartimento di Stato americano salutando con soddisfazione il contributo della Cina, finora contraria a piani internazionali per il Paese africano. Ma nei confronti dell’esecutivo cinese sono anche state avanzate pesanti critiche: l’organizzazione umanitaria Amnesty International ha accusato, infatti, Cina e Russia di continuare a fornire armi al Sudan. Il rapporto dell'organizzazione umanitaria afferma, in particolare, che le armi finirebbero nelle mani dei janjaweed, milizia filogovernativa responsabile di numerose stragi in Darfur. Si stima che il conflitto nella regione sudanese, abbia provocato oltre 200 mila morti.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 128




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