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SOMMARIO del 07/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI alle religiose dell'Unione internazionale superiore generali: no a comodità e agi, ma piuttosto formazione umana e spirituale per essere fedeli al proprio carisma
  • Mons. Mauro Piacenza nominato segretario della Congregazione per il Clero
  • Verso la Conferenza di Aparecida: le priorità pastorali in America Latina. Intervista con il cardinale Errázuriz Ossa
  • La visita ad Assisi e la canonizzazione di cinque Beati tra gli impegni salienti di Benedetto XVI per il mese di giugno
  • All'Università Gregoriana, inaugurato alla presenza dei cardinali Bertone e Martino un Corso sulla Chiesa cattolica per diplomatici islamici e dei Paesi mediterranei
  • Trentotto nuove reclute della Guardia Svizzera hanno giurato fedeltà al Papa e alla Chiesa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nicolas Sarkozy conquista l'Eliseo: "riabiliterò il lavoro, l'autorità, la morale, il merito e restituirò l'onore alla nazione"
  • Europa tra eclissi di civiltà e fermenti di rinascita. Una riflessione del sociologo Sabino Acquaviva alla vigilia della Festa dell’Europa
  • L'8 maggio, a Pompei, la tradizionale recita della Supplica alla Madonna del Rosario
  • Chiesa e Società

  • Nella festa di Nostra Signora del Libano, il patriarca maronita Sfeir ribadisce che non si deve cambiare la Costituzione per eleggere il capo dello Stato
  • “Nel mondo che privilegia l’istante alla durata, occorre sapersi fermare con Dio, per progredire nella capacità di amare”: così, il cardinale segretario di Stato, Bertone, ai Gruppi di preghiera di Padre Pio, incontrati a San Giovanni Rotondo
  • Assegnato il premio Gwangju 2007 per i Diritti Umani a Lenin Raghuvanshi, attivista indiano che lotta per la dignità dei Dalit
  • Nonostante i rischi, continuano i progetti degli “Amici di Raoul Follereau” nelle Isole Comore
  • Questa sera, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, concerto per i 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI alle religiose dell'Unione internazionale superiore generali: no a comodità e agi, ma piuttosto formazione umana e spirituale per essere fedeli al proprio carisma

    ◊   Mantenete la vostra intimità con Dio, curate la formazione umana e rifuggite le comodità e gli agi per portare a compimento la vostra missione: con queste parole Benedetto XVI si è rivolto alle circa 900 religiose in rappresentanza delle 794 famiglie religiose dell’Unione internazionale delle Superiore generali, da ieri a Roma in Assemblea Plenaria. Il Santo Padre ha ricevuto stamani le rappresentanti delle famiglie religiose femminili che operano nei cinque continenti nell’Aula delle Benedizioni, esortandole ad incarnare il Vangelo “nella realtà contemporanea, specialmente laddove c’è più povertà umana e spirituale”. Ad accompagnare le superiore generali il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di Vita Apostolica. Il servizio di Tiziana Campisi:

     
    “Una Vita Consacrata ‘mistica e profetica’, fortemente impegnata nella realizzazione del Regno di Dio”: Benedetto XVI chiede di promuoverla ad “ogni superiora generale”, “per ‘tessere’, in questa nostra epoca, una rinnovata spiritualità della vita consacrata ed avviare così un approccio apostolico più rispondente alle attese della gente”. Da qui, il suo consiglio alle religiose a curare particolarmente il loro legame con Dio rinunciando a comodità ed agi:

     
    “Non stancatevi di riservare ogni cura possibile alla formazione umana, culturale e spirituale delle persone a voi affidate, perché siano in grado di rispondere alle odierne sfide culturali e sociali. Siate le prime a dare l’esempio nel rifuggire le comodità, gli agi, le convenienze per portare a compimento la vostra missione. Condividete le ricchezze dei vostri carismi con quanti sono impegnati nell’unica missione della Chiesa che è la costruzione del Regno”.

     
    Il Papa ha richiamato più volte alle religiose il tema della loro plenaria - “Chiamate a tessere una nuova spiritualità che generi speranza e vita per tutta l’umanità” - sottolineando che “nella complessa trama del vivere quotidiano, nelle relazioni interpersonali e nell’apostolato” bisogna sforzarsi di “comunicare con le parole e i gesti concreti l’amore di Dio attraverso il dono totale di se stessi, sempre mantenendo lo sguardo e il cuore fissi in Lui”:

     
    “Sono questi i ‘fili’ con i quali il Signore vi spinge, care religiose, a ‘tessere’ oggi il vivo tessuto di un proficuo servizio alla Chiesa e di una eloquente testimonianza evangelica ‘sempre antica e sempre nuova’, in quanto fedele alla radicalità del Vangelo e coraggiosamente incarnata nella realtà contemporanea, specialmente laddove c’è più povertà umana e spirituale”.
     
    “Non sono certamente poche le sfide sociali, economiche e religiose con cui la vita consacrata si deve confrontare nel tempo attuale - ha proseguito il Santo Padre - si tratta non di rado di percorrere inesplorati sentieri missionari e spirituali, mantenendo però sempre ben saldo il rapporto interiore con Cristo”. Benedetto XVI ha spiegato che “solo da questa unione con Dio scaturisce infatti ed è alimentato il ruolo ‘profetico’” della missione di una persona consacrata. E questo il suo invito alle religiose:

     
    “Non cedete pertanto mai alla tentazione di allontanarvi dall’intimità con il vostro celeste Sposo, lasciandovi catturare eccessivamente dagli interessi e dai problemi della vita quotidiana”.
     
    Nel rivolgere il suo saluto a Benedetto XVI, la presidente dell’Unione internazionale delle Superiore generali, suor Therezinha Rasera, ha affermato che credo delle oltre 600 mila religiose sparse nei cinque continenti è “prendersi cura della vita, ovunque questa sia minacciata”, e che la loro presenza non manca in “luoghi di povertà, conflitti, tensioni, guerre”, dove molte volte si vivono “le stesse condizioni e il destino della gente che soffre”. Il Papa ha voluto incoraggiare la missione delle svariate congregazioni femminili impegnate in 85 Paesi di tutto il mondo, esortando le superiore generali a mantenere sempre la loro anima unita a Dio “attraverso la contemplazione”, a non preoccuparsi “tanto di fare delle opere”. Lo sforzo, ha detto il Papa, è soprattutto quello di testimoniare l’amore di Dio, “cercando di viverlo tra le realtà del mondo, anche se la sua presenza può talora risultare ‘scomoda’, perché offre ed incarna valori alternativi”. Infine, Benedetto XVI ha chiesto alle speriore generali di collaborare con i sacerdoti, i laici e le famiglie per “andare incontro alle sofferenze, ai bisogni, alle povertà materiali e soprattutto spirituali” dell’uomo di oggi, ed ancora a coltivare “una sincera comunione e una schietta collaborazione con i vescovi, primi responsabili dell’evangelizzazione nelle Chiese particolari”.

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    Mons. Mauro Piacenza nominato segretario della Congregazione per il Clero

    ◊   La Congregazione per il Clero ha un nuovo segretario. Benedetto XVI ha destinato a questo incarico il vescovo Mauro Piacenza, elevandolo in pari tempo alla dignità di arcivescovo. Mons. Piacenza svolgerà ad interim anche gli incarichi di presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e di presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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    Verso la Conferenza di Aparecida: le priorità pastorali in America Latina. Intervista con il cardinale Errázuriz Ossa

    ◊   Le udienze di questi giorni sono per Benedetto XVI le ultime prima della sua lunga parentesi in Brasile, che si protrarrà fino a lunedì 14 maggio. Tra poco meno di 48 ore, la mattina di mercoledì prossimo, il Papa attraverserà l'oceano per atterrare a San Paolo e poi, venerdì 11, trasferirsi nella città mariana di Aparecida, sede della quinta Conferenza generale degli episcopati latinoamericani e caraibici. L'attesa di Benedetto XVI è enorme per la Chiesa brasiliana e non solo. Ecco come il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo di Santiago del Cile e presidente del CELAM - nonché uno dei tre presidenti della V Conferenza in Aparecida - commenta al microfoni di Luis Badilla le sfide e le priorità pastorali di fronte ai vorticosi cambiamenti socio-politici e culturali verificatisi nella regione, in particolare negli ultimi due anni:

     
    R. - La realiadad nuova en parte se debe a la realidad de los ùltimos…
    Va detto che questa nuova realtà in parte si allaccia agli ultimi decenni. Noi che stiamo preparando questa Conferenza, riteniamo che i principali documenti del Concilio che chiamano la Chiesa a servire l’uomo e il mondo, in quanto segno di speranza per i popoli, siano di grande aiuto in molti ambiti dell’impegno pastorale. Dopo il Concilio, in America Latina si registrò in molti gruppi una forte radicalizzazione, a volte di carattere rivoluzionario, e ciò accadde anche tra gruppi cristiani molto importanti. Si potrebbe trarre come lezione che in questi casi la formazione insufficiente era evidente e che la forza interiore della Chiesa non era penetrata adeguatamente in molti cuori. Non si faceva forse ciò che invece si fa molto oggi, nell’ambito del laicato: formazione, catechesi, educazione sacramentale. Occorre però non dimenticare il ruolo preciso del laico chiamato per vocazione e missione a trasformare la società. Questo compito, in passato, è stato sottovalutato e oggi lo si nota. La presenza di laici in politica - parlo di laici coerenti e impegnati - non corrisponde al fatto che i Paesi latinoamericani siano in maggioranza cristiani. Negli ultimi decenni, per quanto riguarda il laico chiamato a costruire il mondo ed a animarlo con le verità del Vangelo, il panorama non si presentava molto incoraggiante. Poi, va ricordato anche che durante i regimi dittatoriali il laico trovava più spazio per agire all’interno della Chiesa e, quindi, sottraeva il suo contributo alla costruzione della società. In questo periodo, la Chiesa poté usufruire largamente dei talenti creativi dei laici cattolici, ma la società tutta in questo senso fu impoverita. Allora io dico: va bene il laico come “costruttore di Chiesa", anzi, rendiamo grazie a Dio. Però non va dimenticato - nella ricerca dell’armonia - che il laico deve essere anche “costruttore di società”. Loro hanno dato in America Latina un rilevante contributo alla comunione ecclesiale in momenti difficili. A questo punto, vorrei riprendere la questione della perdita di fedeli nelle nostre chiese. Penso ci sia un rapporto con la questione di cui parliamo adesso. Quando poc'anzi ho parlato di un calo tra i fedeli certamente non volevo dire che la Chiesa non fosse viva, tutt’altro: proprio nella difficoltà, le nostre chiese si sono rivelate più che vive, direi energiche, per affrontare i loro compiti. Oggi, la Chiesa vive un grande risveglio sia nella pratica sacramentale che nella catechesi e nella missione, soprattutto fra i giovani. Questa nuova realtà per noi pastori è una grande sfida: dobbiamo fare sì che abbiano quello che cercano.

     
    D. - In questi anni, preoccupa molto la questione del relativismo etico. Come si vive questa realtà oggi, in America Latina?

     
    R. - Yo creo que l’America Latina en este tempo que se està preparando…
    A mio avviso, oggi in America Latina - dove si preparano le celebrazioni per il secondo centenario dei processi indipendentisti - siamo di fronte proprio a questa grande sfida che potrebbe essere una specie di “seconda colonizzazione”. I nostri paesi oggi vivono il rischio di essere contaminati con molti aspetti tipici delle odierne società europee, e non solo europee ovviamente, che rientrano piuttosto in una certa decadenza culturale e che nulla ha a che vedere con il grande patrimonio spirituale europeo o di altre civiltà e culture.Per esempio basta una riforma educativa in Spagna perché poco tempo dopo la stessa venga rivendicata anche in America Latina. Così, semplicemente, perché lo fanno altri. Potrei citare molti esempi concreti ma il concetto di base è questo: normalmente le correnti di pensiero forti in Europa, o altrove, arrivano presto in America Latina e ciò accade senza rispettare il contesto, i valori, i bisogni locali. Nel mio Paese, per esempio, abbiamo dovuto chiedere il ritiro di alcuni testi scolastici trapiantati senza nessun senso critico che calpestavano le nostre tradizioni e i nostri valori. Erano stati semplicemente tradotti e messi in circolazione come se niente fosse. Noi diciamo: occorre prendere coscienza della propria identità culturale e occorre anche difenderla non per rinchiudersi in se stesso bensì per disporsi ad un autentico dialogo interculturale. Da questo dialogo possiamo imparare molto se siamo capaci di tenere ferma la nostra identità e la nostra capacità di discernimento.

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    La visita ad Assisi e la canonizzazione di cinque Beati tra gli impegni salienti di Benedetto XVI per il mese di giugno

    ◊   Il sesto viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI in Brasile, dal 9 al 14 maggio, sarà il momento di spicco dell'attività pontificia per il mese in corso. Ma intensa si presenta anche l'agenda papale del mese di giugno, secondo quanto reso noto in un comunicato dell'Uffiocio delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Domenica 3 giugno, Benedetto XVI presiederà alle 10, in Piazza San Pietro, la cerimonia di canonizzazione di quattro Beati, mentre quattro giorni più tardi - alle 19, nella Basilica di San Giovanni in Laterano - il Papa presiederà la Messa, la processione verso la Basilica di Santa Maria Maggiore e impartirà la Benedizione eucaristica nella Solennità del Corpus Domini. Domenica 17 giugno, Benedetto XVI compirà la sua prima visita da Pontefice nella città francescana di Assisi; il 29, solennità dei Santi Pietro e Paolo, sarà il giorno tradizionale dell'imposizione del pallio agli arcivescovi metropoliti, durante la Messa nella Basilica Vaticana alle 9.30.

    La nota dell'Ufficio delle Celebrazioni pontificie ricorda, tra l'altro, la cerimonia di Beatificazione del Servo di Dio, Carlo Liviero, in programma il 27 maggio, alle 11, nella cattedrale umbra di Città di Castello.

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    All'Università Gregoriana, inaugurato alla presenza dei cardinali Bertone e Martino un Corso sulla Chiesa cattolica per diplomatici islamici e dei Paesi mediterranei

    ◊   Inaugurato stamani presso la Pontificia Università Gregoriana dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il Corso d’introduzione alla conoscenza della Chiesa cattolica per diplomatici dei Paesi a maggioranza musulmana del Mediterraneo e del Medio Oriente, sul tema “La Chiesa cattolica e la politica internazionale della Santa Sede”. Promosso, tra gli altri, dalla Fondazione “La Gregoriana” e dall’Istituto internazionale Jacques Maritain, il corso - della durata di tre settimane - presenta l’organizzazione ed il funzionamento dei diversi organi della Santa Sede, l’attività diplomatica delle Nunziature, l’azione umanitaria della Chiesa per la pace. Nel suo intervento, il cardinale Martino ha sottolineato, tra l'altro, l'azione "umanizzante" messa in campo dalla diplomazia vaticana durante conferenze e vertici delle Nazioni Unite, che negli ultimi decenni hanno orientato le politiche sociali ed economiche del mondo contemporaneo. Sull'importanza del Corso, il commento del cardinale Tarcisio Bertone al microfono di Luca Collodi:
     
    R. - Il tema che mi è stato proposto dagli organizzatori di questo provvidenziale incontro è “Il dialogo interreligioso come via per la pace”, quindi come strumento di educazione alla pace per costruire una pace vera e durevole. Questa è la verità. E’ una affermazione che risponde ad una esigenza profonda, perché il dialogo interreligioso non è certo un optional, come ha detto Papa Benedetto XVI proprio durante un incontro con un gruppo di rappresentanti dei Paesi islamici, nel settembre scorso a Castel Gandolfo. Il dialogo è una necessità vitale. Non possiamo rinunciarci, anzi è un impegno da parte di tutti, è un impegno per la costruzione della pace, per la promozione dei diritti umani e fra i diritti umani sono citati due diritti fondamentali: il diritto alla vita e alla libertà religiosa, sui quali dobbiamo far convergere la lotta contro ogni forma di violenza, soprattutto se la violenza è invocata in nome di Dio, in nome della religione. E’ quindi necessario lottare contro le forme di terrorismo. Infine, poi, la costruzione di una convivenza, una convivenza amorevole, fondata sulla reciproca conoscenza e, diciamo, secondo il precetto evangelico fondata sul reciproco amore.

     
    D. - Cardinale Bertone, guardando alla politica internazionale, c’è una preoccupazione particolare che in questo momento è all’attenzione della Santa Sede?

     
    R. - La preoccupazione principale riguarda, come è ovvio, la situazione dei Paesi del Medio Oriente e questo conflitto che non vede soluzioni proprio nella terra di Gesù. La Santa Sede si impegna con tutte le sue forze e con tutte le vie: con la preghiera, anzitutto, con gli incontri interreligiosi, con gli incontri diplomatici, con gli incontri con i capi di Stato della regione mediorientale e con tutti coloro che sono impegnati a promuovere la pace in quella regione proprio per eliminare le cause endemiche di questi conflitti. La Santa Sede, poi, così come è stato anche rilevato nella Lettera di Benedetto XVI al cancelliere Angela Merkel, guarda in modo particolare ai problemi dell’Africa ed insiste soprattutto affinché l’Europa e le grandi potenze del Nord non la abbandonino. Adesso, il Papa parte per l’America Latina e questo è un grande segno di attenzione da parte della Chiesa all’America Latina e alle situazioni che sono state già ampiamente analizzate, anche dalla stampa e dai mezzi di comunicazione in occasione di questo primo viaggio intercontinentale del Papa. Vedremo poi i risultati, vedremo anche i frutti di questo viaggio, dei messaggi forti che il Papa lancerà e che speriamo siano accolti, accolti anzitutto dalle comunità locali e dalle Chiese locali, ma anche dagli uomini politici di ogni nazione.

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    Trentotto nuove reclute della Guardia Svizzera hanno giurato fedeltà al Papa e alla Chiesa

    ◊   Tre dita della mano destra sollevate in alto, a simboleggiare la Trinità: con questo gesto, ieri pomeriggio, 38 nuove reclute della Guardia Svizzera hanno prestato giuramento al Papa e alla Chiesa. La solenne cerimonia è avvenuta nell’anniversario del Sacco di Roma, compiuto dai Lanzichenecchi di Carlo V il 6 maggio del 1527. In quell’occasione, 147 guardie svizzere sacrificarono la loro vita per difendere Papa Clemente VII. Il servizio di Isabella Piro:

     
    (rullo di tamburi)

     
    “Giuro di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice Benedetto XVI e i suoi legittimi successori, come pure di dedicarmi a loro con tutte le forze, sacrificando, ove occorra, anche la vita per la loro difesa. Assumo del pari questi impegni riguardo al Sacro Collegio dei Cardinali per la durata della Sede vacante. Prometto inoltre al Capitano Comandante e agli altri miei Superiori rispetto, fedeltà e ubbidienza. Lo giuro. Che Iddio e i nostri Santi Patroni mi assistano.”

     
    (musica)

     
    Con questa formula solenne, pronunciata dal cappellano, mons. Alain de Raemy, e ripetuta da ogni singola recluta, 38 nuove Guardie Svizzere, ieri pomeriggio, hanno giurato fedeltà al Sommo Pontefice e alla Chiesa. La mano sinistra protesa sulla bandiera del Corpo e tre dita della mano destra sollevate ad indicare la Trinità, l’esercito più piccolo del mondo, voluto nel 1506 da Giulio II, ha accolto le nuove leve nel giorno che commemora il Sacco di Roma del 1527. “Cristo stesso sia la vostra corazza”, ha ricordato il comandante del Corpo, il colonnello Elmar Theodor Mäder, presiedendo la cerimonia nell’Aula Paolo VI, scelta al posto del tradizionale Cortile di San Damaso a causa del maltempo. E poi ha aggiunto:

     
    “Sacrificare, ove occorra, anche la vita per la difesa del Sommo Pontefice, non significa semplicemente affrontare la morte in un momento tragico. Occorre qui, con il nostro servizio, oggi e giorno per giorno, dare la vita per il Santo Padre e per la Chiesa”.

     
    Il giuramento non è in contrasto con la Parola di Cristo, ha sottolineato mons. de Raemy, poiché la tradizione cristiana, tra cui San Paolo, afferma che si può giurare per un motivo “grave e giusto”:

     
    “L’esempio che ci danno oggi le Guardie Svizzere è quello dell’assoluta fedeltà, una fedeltà al ministero del successore di Pietro che implica tutte le forze e, se necessario, anche il sacrificio della vita. È veramente un sì eccezionale, un sì da giurare, che conferma e rafforza i sì e i no quotidiani di verità che ci si aspetta da ogni discepolo di Gesù”.

     
    E ieri mattina, l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, aveva presieduto, in San Pietro, una Messa in onore delle Guardie Svizzere. Guardie definite “buoni cristiani e soldati esemplari” dallo stesso Benedetto XVI, che sabato scorso le aveva ricevute nella Sala Clementina.

     
    (musica)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - "Alla Vergine, Madre della Chiesa, affido il viaggio apostolico che compirò in Brasile": al primo "Regina Caeli" di maggio, "mese mariano per eccellenza", Benedetto XVI invita a pregare per il pellegrinaggio nel Paese latinoamericano dal 9 al 14 maggio.

    Servizio estero - In evidenza le presidenziali in Francia, con la vittoria di Sarkozy.

    Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti dal titolo "Oggetti comuni e raffinate opere d'arte per riscoprire la Ravenna dell'antichità": nel complesso di San Nicolò la mostra "La croce, la spada, la vela: l'Alto Adriatico fra V e VI secolo".
     Servizio italiano - In primo piano il tema della sanità.

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    Oggi in Primo Piano



    Nicolas Sarkozy conquista l'Eliseo: "riabiliterò il lavoro, l'autorità, la morale, il merito e restituirò l'onore alla nazione"

    ◊   In Francia, con oltre il 53 per cento dei voti, il candidato neogollista Nicolas Sarkozy, è stato eletto come nuovo presidente. Subito dopo la vittoria al ballottaggio, il neocapo di Stato ha detto di “rispettare” l’avversaria e “i milioni di francesi che l’hanno votata”. Dal canto suo, la socialista Ségolène Royal, che ha ottenuto quasi il 47 per cento dei consensi, ha ammesso la sconfitta e augurato buon lavoro al neopresidente. Il servizio, da Parigi, di Francesca Pierantozzi:
     
    La Francia ha scelto Nicolas Sarkozy e il suo cambiamento. Eletto sesto presidente della Quinta Repubblica con una larga maggioranza del 53 per cento contro il 47 alla socialista Ségolène Royal, in un’elezione che ha visto un’altissima affluenza alle urne dell’84 per cento, Sarkozy ha ora un mandato forte per realizzare le promesse di profonde riforme, economiche, sociali e politiche del Paese. Resta alla destra ancora da vincere un ‘ultima battaglia, quella delle lesgislative del 10 giugno, per avere anche una forte maggioranza parlamentare. Per il momento, il neopresidente si è concesso qualche giorno di riposo, probabilmente in Corsica, prima del passaggio di consegne all’Eliseo con Jacques Chirac il 16 maggio. Ieri il primo discorso da presidente. Con un vocabolario che gli è caro, ha detto di voler “restituire ai francesi l’orgoglio della Francia”. “Voglio riabilitare il lavoro, l’autorità, la morale, il rispetto, il merito, - ha aggiunto - voglio restituire l’onore alla nazione e all’identità nazionale”. Sarkozy ha pero’ voluto mettere subito l’accento anche sull’unità. “Voglio essere il presidente di tutti i francesi” – ha aggiunto. Ha espresso rispetto per la sua avversaria, Ségolène Royal. “La Francia torna in Europa” ha detto, aprendo anche il capitolo internazionale e inviando un appello agli “amici americani”, per dire loro di “non ostacolare la lotta contro il riscaldamento del pianeta”. A sinistra, Ségolène Royal ha subito riconosciuto la sconfitta, ma ha assicurato che non uscirà di scena e che continuerà “la battaglia per il cambiamento della sinistra e della vita politica”. La passione che ha accompagnato la campagna elettorale, è esplosa di nuovo ieri all’annuncio dei risultati. Con rabbia e delusione è stata accolta l’elezione di Sarkozy nelle periferie. Ci sono stati scontri tra giovani e polizia a Parigi, in place de la Bastille e anche a Lione, Nantes, Tolosa e Bordeaux. In totale circa 370 auto sono state bruciate e 270 persone interrogate.
    Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.

     
    Ma dopo questa vittoria di Nicolas Sarkozy che cosa cambierà concretamente nella politica francese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Massimo Nava, corrispondente da Parigi per il Corriere della Sera ed autore del libro “Il francese di ferro: Sarkozy, la sfida della nuova Francia” edito da Einaudi:

     
    R. - Molto dal punto di vista dei risultati dei contenuti, dell’efficienza del sistema nella rigenerazione di tanti ambiti della società civile e soprattutto dell’economia e molto poco su quelle che sono le linee generali, i valori di fondo della Francia di ieri, di oggi e di domani. Credo che Nicola Sarkozy sia soprattutto un gollista attualizzato, un gollista della quarta generazione quindi ogni riferimento al passato e alla Francia di ieri è fuori luogo; nello stesso tempo credo che sia sbagliato attribuire a Sarkozy l’intenzione e il progetto di stravolgere quelle che sono le fondamenta del sistema francese.

     
    D. – Dal palco di Place de la Concorde, ieri Sarkozy ha detto di voler essere il presidente di tutti i francesi...

     
    R. – Dal primo discorso è già stato in linea con quello che è il suo progetto e con quello che vuole fare quando dice “nessuno rimarrà ai margini della strada”. Certo, poi è chiaro che sull’onda delle emozioni e delle elezioni, si possono fare anche molte promesse che rimarranno magari senza seguito. Tuttavia il senso della proposta di Sarkozy è questo, cioè lui parla veramente come un De Gaulle del terzo millennio: non sarà il leader di una parte, il leader di una maggioranza politica anche se chiaramente la logica politica lo impone, ovviamente, quando si tratterà di votare delle leggi all’Assemblea. Il presidente, è nella natura stessa del modello francese istituzionale, si pone veramente al di sopra delle parti, è comunque un po’ il “padre” della Nazione che infatti sceglie un primo ministro per governare.

     
    D. - Ségolène Royal da parte sua, ringraziando i suoi sostenitori, ha detto che continuerà comunque nella sua lotta per cambiare la sinistra. Ci troviamo davvero dunque di fronte ad un punto di non ritorno nella politica francese?

     
    R. – Sicuramente sì, con o senza Ségolène Royal perché subito dopo il risultato si è fatto vivo con forza Dominique Strauss-Kahn, il grande escluso della sinistra socialista alla corsa della presidenza e ha detto chiaramente, ha gridato in faccia a tutti quella che è la realtà cioè la sinistra perde da tre elezioni consecutive, è minoritaria nel Paese, l’unico modo per risalire la china è il rinnovamento programmatico ideologico e l’alleanza con i centristi.

     
    Quali orientamenti si possono adesso prevedere nella politica estera francese dopo l'elezione di Sarkozy? Risponde al microfono di Eliana Astorri, il docente di giornalismo all'Università LUMSA, prof. Angelo Paoluzi, corrispondente alla fine degli anni '60 in Francia per il quotidiano "Il Popolo":
     
    R. – La Francia, dopo l’ultimo periodo in cui Chirac si è trovato in qualche difficoltà, credo vorrà riprendere l’iniziativa sul piano europeo. Bisognerà vedere quali sono le proposte che ha Sarkozy nella sua cartella e l’affermazione di questa Francia eterna. Deve, però, far conto con un altro fenomeno e cioè la Francia in questo momento deve pensare al fatto che sta abbandonando l’Africa. Nonostante tutti gli sforzi fatti da Chirac, l’Africa è perduta per la Francia. Quindi, è un problema che è stato poco valutato, ma che Sarkozy si troverà di fronte. Il recupero dell’Africa potrà avvenire attraverso una politica europea generosa.

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    Europa tra eclissi di civiltà e fermenti di rinascita. Una riflessione del sociologo Sabino Acquaviva alla vigilia della Festa dell’Europa

    ◊   Siamo alla vigilia della festa dell’Europa che si celebra dopodomani: ricorda il 9 maggio 1950, quando Robert Schuman presentava la proposta di creare un'Europa unita, indispensabile al mantenimento di relazioni pacifiche fra gli Stati che la componevano. La proposta, nota come “dichiarazione Schuman”, è considerata l'atto di nascita dell'Unione europea. La festa del 9 maggio è diventata un simbolo europeo che, insieme alla bandiera, all'inno, al motto e alla moneta unica, l'euro, identifica l'entità politica dell'Unione Europea. Questa festa particolare significato assume quest’anno in cui il processo di unificazione dell’Europa – avviato con i Trattati di Roma del 57 - compie 50 anni. E’ questa un’occasione per interrogarci sul presente e il futuro del continente. Una parola forte ci viene da una recente pubblicazione dal titolo provocatorio: “L’eclissi dell’Europa, decadenza e fine di una civiltà”. Quali i segnali più allarmanti che hanno portato l’autore, il sociologo Sabino Acquaviva, a questo annuncio così inquietante? Ci risponde lui stesso, al microfono di Carla Cotignoli:

     
    R. - Bisogna pensare ai grandi fenomeni guardando anzitutto alle cifre. E i numeri cosa dicono? Che gli europei non fanno figli, quindi hanno un futuro da questo punto di vista, demografico, preoccupante; che la produzione industriale è più bassa che in alcuni Paesi a grande sviluppo e dietro tutto questo c'è una crisi di civiltà e di valori sulla quale bisogna fermare la nostra attenzione. Mi ricordo un professore egiziano dell'Università del Cairo che mi diceva: “ Perchè vi agitate tanto voi europei? Tanto quattro europei diventano due, perchè ogni coppia fa un figlio. Mentre quattro egiziani diventano cento, quindi vinceremo noi, con la nostra religione, con i nostri ideali.

     
    D. - Professore, lei è un grande esperto del fenomeno religioso, cosa sta succedendo al cristianesimo secondo lei in Europa?

     
    R. - Il cristianesimo ha avuto molti problemi, ha dovuto lottare più di un secolo contro il processo di secolarizzazione. Ma c'è stato anche un processo di secolarizzazione nel marxismo. Mi ricordo che quand'era in corso lo sviluppo economico degli anni ‘60 e andò in crisi la pratica religiosa, un mio amico comunista mi disse: "Adesso finisce il cristianesimo, passeremo a noi". Io ho risposto: "No, perchè la crisi portata dall'industrializzazione e dal consumismo investirà anche voi". Infatti il consumismo ormai passa come uno schiaccia sassi su tutti i valori, su tutti i movimenti politici, religiosi.

     
    D. - Lei conclude il suo libro ponendo l'interrogativo: "L'Europa può salvarsi dando origine a una civiltà diversa da quella che sta morendo?" Secondo lei ci sono segnali che possono essere l'inizio di una qualche risposta a questo suo interrogativo?

     
    R. - Sì, io potrei dire che esistono facendo un paragone fra la fine del paganesimo e il tempo presente. Quando è entrato in crisi il paganesimo si sono presentati moltissimi movimenti, la secolarizzazione della società pagana ha fatto nascere maniere diverse di essere religiosi, di vivere l'esperienza religiosa che è un'esigenza fondamentale anche biologica e psicologica dell'uomo. Quella crisi ha prodotto una serie di fermenti. Ecco, io vedo che la crisi dei nostri giorni, probabilmente, entro certi limiti, produce già oggi una serie di fermenti: ci sono dei tentativi continui di carattere religioso o quasi religioso di riproporre dei significati ultimi dell'esistenza dell'uomo. Dalle indagini sul campo risulta addirittura che quando noi facciamo delle domande per conoscere il livello di religiosità delle persone di primo acchito, per esempio, quando chiediamo:”Lei crede che esista Dio o la religione?! “ No, no”, mi rispondono. Se però vado a fondo, cambio la domanda e chiedo: “Lei ha mai vissuto delle esperienze di una potenza che la trascende, la chiama Dio o no?” Allora molti rispondono di sì. Quindi, c'è un'esigenza di fondo, che in fondo è interna all'evoluzione della specie umana, che riemerge costantemente. Allora noi siamo in una fase analoga a quella che si è avuta nella fase di crisi del paganesimo, c'è una serie di fermenti interni e esterni al cristianesimo, al messaggio evangelico, etc., e il confronto fra questi fermenti e la loro promozione ci dirà domani qual è il futuro della religione e quindi dell'Europa.

     

     
    D. – Qual è il ruolo dei media nell’evoluzione della crisi di civiltà dell’Europa?

     
    R. – Secondo me un ruolo importante perché i mezzi di informazione in fondo rispondono sempre alle esigenze del mercato. Ora il mercato chiede un certo tipo di consumi, di comportamenti, ecc. Allora i media finiscono per promuovere un nuovo consumatore perché l’uomo deve consumare perché consumando si produce e producendo la società va avanti. Questo fa sì che i mezzi di informazione svolgano questa funzione come uno schiacciasassi andando avanti e indietro sulla società, distruggendo tutto quello che non è il consumo, distruggendo sistemi di valori, valori politici, valori religiosi, quindi direi che in questo meccanismo di distruzione dell’essenziale della civiltà europea, i mezzi di informazione hanno una funzione fondamentale. E poi, soprattutto l’uomo viene spinto ad auto distruggersi anche psicologicamente cioè noi avevamo bisogno, per vivere in questa società, di un sistema di certezze invece ci è offerta la negazione di qualsiasi certezza e quindi una disperazione psicologica contro cui bisognerebbe ribellarsi, la rivolta cioè contro una schiavitù che stranamente non ci viene imposta ma assimiliamo piacevolmente giorno per giorno.

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    L'8 maggio, a Pompei, la tradizionale recita della Supplica alla Madonna del Rosario

    ◊   Domani, al Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, migliaia di fedeli, com’è tradizione da oltre un secolo, si raduneranno per la recita della Supplica a Maria. La preghiera è stata scritta dal fondatore del Santuario, il Beato Bartolo Longo, nel 1883, come adesione all’invito che, nella sua prima Enciclica sul Rosario, Papa Leone XIII aveva fatto ai cattolici, esortandoli ad un impegno spirituale per fronteggiare i mali della società. La Supplica è stata recitata per la prima volta in Vaticano l’8 maggio 1915: la pronunciò a mezzogiorno Benedetto XV, estimatore entusiasta delle opere di Bartolo Longo, che quel giorno si raccolse in preghiera nella Cappella Paolina. Giovanni Peduto ha chiesto al vescovo prelato di Pompei, Carlo Liberati, di spiegare il significato di questa vibrante e corale invocazione alla Madonna:


    R. - La Supplica è una straordinaria preghiera che il Beato Bartolo Longo ha inventato, che è scaturita dal suo cuore, infiammato di amore per il Signore e per la Madonna. In realtà Bartolo, con quella preghiera ispirata, ha dato voce all'oceano di amore e di dolore che sale dalla terra e che si eleva verso il cielo. Il Beato aveva ragione di definire la Supplica come l’”ora del mondo”. E noi attendiamo il Pontefice, se non alla prossima Supplica o a quella di ottobre, magari più in là. Il Papa mi ha promesso nell’ultima visita ad Limina che verrà a Pompei, mi ha detto solo “non ho ancora stabilito la data, il giorno”.

     
    D. - Ogni santuario mariano ha un suo messaggio, un suo carisma. Qual è il messaggio che giunge al mondo dal santuario di Pompei?

     
    R. - Nel mondo contemporaneo, dove noi siamo chiamati a vivere, sulle orme di Bartolo Longo, ognuno di noi non si deve far impaurire dalle difficoltà dalla vita, dalla sofferenza, dal dolore, dalle tentazioni, dalla difficoltà di fare chiarezza dentro di sé. Il messaggio di Pompei è questo. Tutto il bene possibile nella vita lo si può realizzare se noi ci mettiamo sulla strada dell’amore, a fare il bene: perché il bene è possibile, la luce è più forte delle tenebre, la grazia è più forte del peccato, la vita è più forte della morte. Si fa il bene, nella misura in cui lo si possiede dentro e per possederlo dentro bisogna invocarlo dal Signore ed ottenerlo attraverso la preghiera e la grazia. A Pompei c’è questo segreto: tutto il bene che una persona può desiderare e fare nella vita è realizzabile se noi diventiamo uomini e donne che pregano, che pregano Cristo per mezzo di Maria. Credo che questo sia il grande messaggio di Pompei e noi lo realizziamo attraverso la preghiera del Rosario, quella che Bartolo Longo definisce nella supplica la catena “dolce che ci unisce a Dio, il vincolo di amore che ci fa fratelli”.

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    Chiesa e Società



    Nella festa di Nostra Signora del Libano, il patriarca maronita Sfeir ribadisce che non si deve cambiare la Costituzione per eleggere il capo dello Stato

    ◊   Come ogni prima domenica di maggio da 103 anni, migliaia di libanesi di tutte le confessioni hanno celebrato ieri ad Harissa la festa di Nostra Signora del Libano, della quale il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, ha chiesto l’intercessione e l’aiuto in questo difficile momento del Paese. Nel corso dell’omelia – riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews – il Patriarca ha sottolineato il valore della stima che gode il Libano nel cuore del Papa e di tutti i suoi collaboratori e ha invitato i suoi concittadini a seguire la via della ragione e a superare le divisioni che rappresentano il vero pericolo che può distruggere la speranza nei cuori. Il cardinale Sfeir è anche tornato a parlare dell’elezione del presidente della Repubblica, che per la Costituzione libanese è una carica riservata a un cristiano. Il porporato ha ribadito la necessità di organizzare le elezioni presidenziali nel periodo previsto dalle Costituzioni, con un quorum di 2/3 dei deputati, e ha rinnovato il suo rifiuto categorico di ogni emendamento della Costituzione. Nei giorni scorsi, ai giornalisti che gli chiedevano della proposta del generale Michel Aoun, candidato alla presidenza, di procedere “per questa volta” alla elezione del capo dello Stato a suffragio universale, il cardinale aveva risposto che “il ricambio costituzionale deve svolgersi secondo la Costituzione”. E ieri, il Patriarca si è detto pronto a fare il nome di un candidato “di consenso” per la presidenza della Repubblica, “se ci garantiscono che la nostra scelta verrà presa in considerazione”. (R.M.)

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    “Nel mondo che privilegia l’istante alla durata, occorre sapersi fermare con Dio, per progredire nella capacità di amare”: così, il cardinale segretario di Stato, Bertone, ai Gruppi di preghiera di Padre Pio, incontrati a San Giovanni Rotondo

    ◊   “Accanto al cantiere in espansione della Casa Sollievo della Sofferenza, Padre Pio voleva che ci fosse anche il grande ‘cantiere’ della preghiera e della carità operosa”: è quanto ha affermato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che ieri, a San Giovanni Rotondo, ha presieduto la Santa Messa con i Gruppi di preghiera di Padre Pio, in occasione del 50.mo dell’ospedale voluto da San Pio da Pietrelcina. “Soprattutto in quei frangenti in cui alla sofferenza, al di là della fede, non si riesce a dare alcun senso – ha sottolineato il porporato – bisogna vedere in essa la possibilità di una partecipazione fruttuosa al sacrificio di Cristo, un aspetto della dimensione pasquale della vita di ogni battezzato. Senza meravigliarsi o scandalizzarsi – ha poi precisato – per il fatto che in un mondo scristianizzato questa sublimazione del dolore riesca difficile per molti”. Per questo, “Padre Pio ha voluto i Gruppi di Preghiera come sostegno di coloro che si dedicano alla cura dei malati e alla ricerca scientifica per la soluzione delle malattie”. “Nonostante la diffusa allegria dei nostri giorni che privilegia l’istante rispetto alla durata – ha aggiunto il cardinale Bertone – che valorizza di più l’emozione rispetto alla fedeltà, occorre sapersi fermare con Dio; occorre recuperare il senso vero della disciplina che fa progredire nella capacità di amare: di amare Dio e il prossimo per Dio”. La preghiera in comune, in particolare, che caratterizza i Gruppi di preghiera di Padre Pio, “porta in sé quel supplemento costitutivo della concordia: pregare insieme essendo un cuor solo”. E la società di oggi – ha concluso il porporato – afflitta da tante divisioni e lacerazioni, “ha bisogno di una grande quantità di testimoni di pace e concordia!”. (R.M.)

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    Assegnato il premio Gwangju 2007 per i Diritti Umani a Lenin Raghuvanshi, attivista indiano che lotta per la dignità dei Dalit

    ◊   Il premio Gwangju 2007 per i Diritti Umani è stato assegnato a Lenin Raghuvanshi, 37 anni, fondatore del People’s Vigilance Committee on Human Rights (PVCHR) e simbolo per milioni di Dalit che in India lottano per la dignità. Il lavoro di Raghuvanshi segna, infatti, un cambiamento nel movimento indiano per i diritti umani, essendo lui uno dei pochi attivisti ad affermare che la discriminazione in base alla casta va contro i principi democratici. “In questi anni – racconta Raghuvanshi ad AsiaNews – mi ha molto coinvolto e preoccupato la situazione dei bambini emarginati. Nel 1993, con Swami Agnivesh ho fondato il Bachapan Bachao Andolan (Save the Childhood Movement) e nel 1996 è nato il PVCHR, per rieducare i bambini costretti a lavorare”. A Varanasi, in Uttar Pradesh, una delle regioni più tradizionaliste e segregazioniste dell’India, con scarse risorse e in poco tempo Raghuvanshi ha portato il problema degli emarginati davanti ai tribunali nazionali e internazionali. Nel 2004, per dar voce agli emarginati, è nato il People-friendly village: in un progetto sperimentale, Raghuvanshi ha adottato tre villaggi e un sobborgo dove riaprire le scuole elementari, abolire il lavoro forzato, rendere obbligatoria l’istruzione per le ragazze e diffondere un’educazione non tradizionale. In 45 villaggi situati in vaste aree rurali, inoltre, dove non esiste educazione elementare, il PVCHR ha aperto centri educativi per bambini. Raghuvanshi ha comunque incontrato diversi ostacoli durante il suo percorso. Nel 1996, le forze paramilitari lo hanno malmenato durante una manifestazione in favore dei bambini sfruttati e per l’assegnazione delle terre di Gram Sabha ai Dalit senza terra. Questo caso di violenza venne rilevato da Amnesty International. La cerimonia di consegna del Gwangju 2007 è prevista per il prossimo 18 maggio. (R.M.)

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    Nonostante i rischi, continuano i progetti degli “Amici di Raoul Follereau” nelle Isole Comore

    ◊   Le attività locali dell’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (AIFO) ad Anjouan, nelle Isole Comore, teatro in questi giorni di una crisi istituzionale e militare, non hanno subito interruzioni, nonostante i possibili rischi. Come riferisce l’agenzia MISNA, si tratta di un programma socio-sanitario per il controllo di lebbra, tubercolosi e sanità di base, e di un altro per l’infanzia. L’AIFO precisa che dal 2 maggio, quando gli uomini fedeli al presidente uscente di Anjouan, Mohamed Bacar, hanno assaltato il palazzo presidenziale dell’Unione islamica delle Comore (composta dalle tre isole di Anjouan, Grande Comore e Moheli), la situazione è rimasta molto tesa. “Le linee telefoniche – sottolinea l’AIFO – sono inattive in molti quartieri, mentre banche, posta, uffici pubblici, negozi e scuole sono stati chiusi e porto e aeroporto presidiati dai militari”. L’ospedale del distretto di Pomoni, in cui opera Saverio Grillone, referente locale dell’organismo con sede a Bologna, ha proseguito la sua opera e “ha raddoppiato il numero delle consultazioni” proprio a causa della situazione creatasi nelle ultime ore. Anche le scuole del progetto AIFO per l’infanzia a Dzindri, Imere e Vassy continuano a funzionare, mentre le altre per il momento hanno sospeso l’attività. (R.M.)

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    Questa sera, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, concerto per i 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma

    ◊   In occasione dei 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma, che nel 1957 sancirono la nascita della Comunità Europea, l’Orchestra Symphonica Toscanini e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino eseguiranno questa sera, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, il “Concerto per l’Europa”. Prestigiosi solisti, diretti dal maestro Lorin Maazel, eseguiranno la Nona Sinfonia di Beethoven, da cui è stato tratto l’inno europeo. “Ho raccolto con entusiasmo – ha affermato la presidente della Symphonica Toscanini Foundation, Pia Elda Locatelli – l’appello lanciato dalla presidenza del Consiglio alla società civile perché si attivasse, nelle forme più varie, per le celebrazioni della firma dei Trattati di Roma”. “Noi siamo appassionati d’Europa – ha aggiunto – e con questo evento vogliamo contribuire alla costruzione di un’Europa sempre più forte e integrata, nel segno della cultura.” Al concerto, in programma alle 21.00, saranno presenti alte cariche istituzionali, italiane ed europee. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti

    ◊   - Non accenna a placarsi l’ondata di violenze in Iraq: due attentati kamikaze compiuti da ribelli a Ramadi, nel cosiddetto triangolo sunnita, hanno provocato la morte di almeno 20 persone. Il primo attacco è stato sferrato nei pressi di un mercato, il secondo vicino ad un posto di blocco della polizia. Ramadi, in passato una delle roccaforti dei ribelli, è spesso teatro di scontri tra gruppi vicini ad al Qaida e le forze statunitensi.

    - La Striscia di Gaza continua ad essere teatro di efferate violenze e nelle carceri israeliane i detenuti palestinesi sono spesso vittime di abusi e torture. E’ quanto emerge da alcuni rapporti pubblicati in questi giorni da organizzazioni non governative israeliane e palestinesi. Il nostro servizio:

     
    Secondo un recente studio realizzato da un’organizzazione di Gaza, sono almeno 161 i palestinesi rimasti uccisi dall’inizio dell’anno a causa di episodi definiti di “anarchia armata”. La drammatica situazione nella Striscia di Gaza ha riflessi anche sul versante politico: il presidente palestinese Abu Mazen ha respinto le dimissioni del ministro degli Interni, garantendo maggiori sforzi per cercare di impedire lo stato di anarchia a Gaza. Abu Mazen ha anche lanciato un appello al governo israeliano perchè risponda favorevolmente al piano di sicurezza proposto dagli Stati Uniti. Tale piano è stato però già bocciato da alcuni esponenti di spicco dell'esecutivo palestinese legati ad Hamas. Preoccupa, poi, l’incessante lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele: questa mattina è stata presa di mira, in particolare, la città israeliana di Sderot. Fortunatamente, non ci sono state vittime. Notizie preoccupanti arrivano anche da Israele: in un rapporto di due organizzazioni israeliane per la tutela dei diritti umani si denuncia che alcuni agenti dei servizi segreti dello Stato ebraico si sono più volte resi responsabili di abusi nei confronti di detenuti palestinesi. Il ministero della Giustizia israeliano ha subito bocciato il rapporto aggiungendo che è falsato da “errori, denunce infondate e imprecisioni”.

    - In Afghanistan, un soldato afghano ha ucciso due militari americani mentre stavano allontanandosi da un carcere di massima sicurezza, nella periferia orientale di Kabul. Lo ha reso noto il comando militare statunitense precisando che l’episodio è avvenuto ieri. In base alle prime ricostruzioni, il militare afghano, che è stato poi ucciso dai propri commilitoni, ha aperto il fuoco all’improvviso contro alcuni veicoli americani. Il movente non è ancora chiaro. Nel Paese asiatico, intanto, il gruppo di talebani che ha rapito nel mese scorso il volontario francese Eric Demfreville e i suoi tre colleghi afghani, ha chiesto al nuovo presidente francese, Nicolas Sarkozy, il ritiro delle truppe transalpine in cambio del rilascio degli ostaggi.

    - Si intravedono importanti spiragli nella crisi nucleare nordcoreana e nuovi segnali di distensione tra due Coree. Il nostro servizio:

     
    Sono imminenti nuovi sforzi diplomatici per realizzare l’accordo dello scorso febbraio sul disarmo nucleare nordcoreano che prevede la chiusura di un reattore atomico in cambio di aiuti finanziari e umanitari al governo di Pyongyang. Lo hanno rivelato fonti nordocoreane aggiungendo che il negoziatore statunitense, Christopher Hill, potrebbe recarsi presto nel Paese asiatico. L’azione diplomatica è stata ostacolata, finora, da una spinosa questione legata al congelamento di fondi nordcoreani in una banca di Macao perché ritenuti di provenienza sospetta. Secondo indiscrezioni di stampa, la soluzione sembra comunque vicina: i fondi dovrebbero infatti essere depositati nei prossimi giorni in una banca di New York, da dove saranno poi trasferiti in un istituto finanziario nordcoreano. Al rinnovato corso nelle relazioni tra il governo di Pyongyang e la comunità internazionale si aggiunge inoltre una nuova, importante intesa: è stata fissata infatti, per il prossimo 17 maggio, la riapertura dei collegamenti ferroviari tra Corea del Sud e Corea del Nord, interrotti da oltre mezzo secolo. Attualmente, esistono due diversi varchi ferroviari nella fascia smilitarizzata che divide la penisola nordocreana. Entrambi sono interrotti dall’inizio della guerra di Corea, scoppiata nel 1950.

    - Le Nazioni Unite hanno rivolto un appello alla calma per il secondo turno delle presidenziali a Timor Est, che si svolgeranno mercoledì prossimo. “Ci appelliamo a tutti gli abitanti del Paese affinché restino calmi e pacifici”, ha dichiarato il portavoce dell’ONU, Alison Cooper. Il secondo turno vedrà contrapporsi, il prossimo 9 maggio, il primo ministro Josè Ramos-Horta ed il presidente del Parlamento, Francisco Guterres, candidato del partito di maggioranza, Fretilin. Per garantire un’adeguata cornice di sicurezza, saranno dislocati oltre 4 mila poliziotti.

    - Ancora vittime per l’influenza aviaria in indonesia. Una donna di 29 anni è morta a causa del virus H5N1 trovato in campioni organici della vittima. Lo ha reso noto stamani una fonte ufficiale del Ministero della Salute indonesiano. La donna, originaria della provincia di Riau, a Sumatra, era stata ricoverata per problemi respiratori. Sale cosi' a 75 il numero di decessi per aviaria nel Paese.

    - Nello Sri Lanka, l’aviazione ha bombardato alcune postazioni dei ribelli delle Tigri Tamil nel nord del Paese. Al momento, non si hanno notizie di vittime. Il governo di Colombo vuole inoltre annullare il cessate il fuoco con gli insorti. Tale accordo, ha dichiarato un portavoce del governo srilankese, è stato “ripetutamente violato dai ribelli”.

    - “I quattro italiani rapiti stanno bene e saranno rilasciati il 30 maggio come promesso”. Lo ha reso noto Jomo Gbomo, portavoce del Movimento per l’emancipazione del delta del Niger (MEND), in una mail inviata all’ANSA. Raffaele Pascariello, Alfonso Franza, Ignazio Gugliotta e Mario Celentano, tutti tecnici del gruppo petrolifero americano Chevron, sono stati sequestrati lo scorso primo maggio al largo delle coste dello Stato di Bayelsa insieme con un cittadino statunitense ed un croato. Di nazionalità bielorussa è invece la donna rapita la scorsa notte a Port Harcour, nel sud del Paese. Sale così a 28 il numero degli stranieri rapiti dai ribelli nell’ultima settimana.

    - L’aereo della Kenyan Airways scomparso sabato con 114 persone a bordo è stato ritrovato oggi nei pressi della città di Douala, nel Camerun sud occidentale. Lo hanno reso noto fonti ufficiali. Secondo fonti locali, non è stato ritrovato alcun sopravvissuto.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 127

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